Autodemolitori n. 2 Aprile 2008

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L’Esperto risponde

L’ESPORTAZIONE DI VEICOLI FUORI USO di Adriano Conti Responsabile del Servizio Gestione Rifiuti della Provincia di Macerata

Il Sig. Roberto Capocasa, Vicepresidente della Confederazione Autodemolitori Riuniti (C.A.R.), ha fatto pervenire il seguente quesito: “Gli autodemolitori marchigiani, al fine di adeguare i propri centri alla normativa nazionale e regionale, hanno sostenuto ingenti investimenti finanziari. A seguito di ciò i centri di trattamento dei veicoli fuori uso siti nel territorio regionale rappresentano un esempio per quanto riguarda il rispetto delle condizioni ambientali, di igiene e sicurezza sul lavoro. Tuttavia a fronte degli impegni economici e dei sacrifici personali da parte degli autodemolitori, taluni Concessionari delle case automobilistiche o rivenditori, operanti nel territorio regionale, dopo aver ritirato veicoli all’atto della vendita di altro mezzo, li conferiscono a centri di rottammazione siti in ambiti extraregional, se fuori uso, o li esportano in altri Paesi UE (Bulgaria, Romania), se obsoleti. Si richiede di conoscere: • se una legge regionale può porre il divieto di conferimento dei veicoli fuori uso (considerati rifiuti speciali pericolosi) a centri di rottamazione siti in ambiti extraregionali rispetto a quelli di produzione? • se i veicoli obsoleti (Euro O , Euro 1, Euro 2) ritirati dai Concessionari delle case automobilistiche possono essere esportati nei paesi della Comunità Europea oppure debbono essere avviati comunque a centri di raccolta veicoli fuori uso?” PRIMO QUESITO Il Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e le successive correzioni ed integrazioni apportate dal D. Lgs 16 gennaio 2008, n° 4 (e ancor prima il decreto Ronchi n. 22/97, oggi abrogato) assegna alle Regioni, alle Province e ai Comuni specifiche competenze finalizzate, tra l’altro, a perseguire iniziative dirette a favorire la prevenzione, la riduzione e la nocività dei rifiuti e ad attuare le migliori azioni perché i rifiuti vengano avviati: • in primo luogo al recupero e al riciclaggio nel rispetto delle migliori tecnologie e a salvaguardia dell’ambiente e della salute dell’uomo; • in via residuale allo smaltimento attraverso il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti tenuto conto della classificazione dei rifiuti e delle necessità di applicare le migliori tecniche disponibili. La normativa nazionale prevede una distinta organizzazione per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti urbani da quelli speciali, in particolare. Per i rifiuti urbani è prevista attraverso una pianificazione in grado di garantire l’autosufficienza per ambiti ottimali, fatti salvi eventuali accordi regionali. Sono esclusi dal divieto di smaltimento in regioni diverse da quelle ove sono prodotti i soli rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata

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destinati al recupero per i quali “… è sempre permessa la loro circolazione sul territorio nazionale al fine di favorire quanto più possibile il loro recupero, privilegiando il concetto della prossimità agli impianti di recupero” (6° comma, art. 182 D.Lgs. 152/2006). Per i rifiuti speciali pericolosi e speciali non pericolosi, il D. Lgs. 152/2006 demanda alle Regioni la predisposizione di Piani regionali per la gestione dei rifiuti. In particolare l’articolo 199, lettera d), stabilisce che detti Piani devono prevedere “lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione dei rifiuti”. In merito alla lettera b) talune Regioni hanno tentato di imporre il divieto di smaltimento di rifiuti speciali (pericolosi e non) prodotti in ambiti extraregionali, emanando apposite leggi regionali. Al riguardo la Corte Costituzionale si è pronunciata circa i limiti imposti sullo smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale, dichiarando anticostituzionali tali leggi. È interessante analizzare sinteticamente le motivazioni addotte dalla Corte Costituzionale. Legge Regione Basilicata. La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge della Regione Basilicata n. 59/1995 (Normativa sullo smaltimento dei rifiuti), come modificata dall’art.46 della legge regionale n.6/2001 (“Disciplina delle attività di gestione dei rifiuti ed approvazione del relativo piano”), nella parte in cui faceva divieto a chiunque conducesse nel territorio della Regione Basilicata impianti di smaltimento e/o stoccaggio di rifiuti, anche in via provvisoria, di accogliere negli impianti medesimi rifiuti, diversi da quelli urbani non pericolosi, provenienti da altre regioni o nazioni. La Corte, confermando quanto sancito da una giurisprudenza oramai consolidata, ha precisato che il principio dell’autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali (ATO) vale, ai sensi dell’art.5, comma 3, lettera a) dell’ex D.Lgs.22/97, per i soli rifiuti urbani non pericolosi (ai quali fa riferimento l’art.7, commi 1 e 4, dell’ex D.Lgs.22/97) e non per altri tipi di rifiuti, per i quali vige, invece, il diverso criterio della vicinanza di impianti di smaltimento appropriati, finalizzato a ridurre il movimento dei rifiuti stessi e correlato a quello della necessità di impianti specializzati per il loro smaltimento, ai sensi della lettera b) del medesimo comma 3. A tale principio non sono stati ritenuti assoggettati i rifiuti speciali (pericolosi che non pericolosi). Legge Regione Piemonte. Con la sentenza 6 luglio 2000, n.281 relativa al giudizio di legittimità dell’art.18, comma 1, della L.R. 13.04.1995, n.59 (“Norme per la riduzione, il riutilizzo e lo smaltimento


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