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11 l’alFabeto di Regina Florio

/ febbraio 2013

Q uotidianaMente Nel laboratorio di pittura creato dall’educatore francese Arno Stern - il Closlieu - tutto il materiale è di ottima qualità. Lo è la carta, di una speciale grammatura capace di reggere l’acqua in eccesso, lo sono i colori, densi, intensi e brillanti, lo sono i pennelli, in pelo di cinghiale, che arrivano da Parigi e costano qualcosa come 14€ l’uno. Eppure nel Closlieu dipingono bambini, anche piccolissimi, a cui normalmente vengono riservate vaschette di plastica e attrezzi made in China, che tanto rompono tutto e non capiscono niente. La scelta di Stern non è casuale, ma è un’espressione del rispetto che l’educatore porta verso i bambini, persone dalla dignità unica, irripetibile e preziosa. Come i pennelli che utilizzano. E il bello che i bambini se ne accorgono e a parte poche eccezioni, esprimono lo stesso rispetto verso le cose maneggiandole con una cura e un’attenzione che spesso stupisce le mamme stesse. Sembra anzi che, frequentando il Closlieu, diventino parecchio esigenti: nel volere cancellare una goccia di colore che cola sul foglio e nel pretendere il pennello sempre pulito. Il messaggio d’altra parte è chiaro: ti reputo abbastanza prezioso da meritare il meglio, non perché il meglio sia segno di ricchezza da sfoggiare, ma perché la qualità dei prodotti è funzionale alla qualità dei risultati. Dovremmo pensarci, quando scegliamo un regalo, un gioco, ma anche un abito. L’oggetto di qualità è destinato a durare, varrà la pena aggiustarlo, dovrà essere conservato con cura. Se è un paio di guanti da sci scalderà senza bagnare le mani, se è un gioco di legno ben fatto o un maglione di buona lana passerà al fratellino, se è un buon libro resterà nella memoria e nel cuore. E il bambino cresce nel piacere del ben fatto, del bello, dell’accurato: sembra impossibile nel nostro XXI secolo? E invece bastano tre pennelli di puro pelo di cinghiale, dei colori stupendi e dell’ottima carta per dimostrare il contrario.

QÊ Ê Ê uantitˆ Secondo le teorie educative degli ultimi decenni, improntate a liberare le madri dai sensi di colpa causati dal lavorare fuori casa, non è tanto importante quanto tempo passiamo con i nostri figli, quanto la qualità del tempo che dedichiamo a loro. Le dodici-quattrordicisedici ore riservate dalla casalinga alla cura dei propri figli potrebbero non valere le due/quattro ore, devolute dalla donna in carriera, al ritorno a casa dopo una giornata di lavoro, se in queste due ore si concentra tutta l’attenzione materna, si sviluppa un buon dialogo, e si instaurano relazioni vere e profonde. Un ottimo modo per far sentire la casalinga un verme. Ma a parte questo, dal basso della mia esperienza di mamma a tempo pieno, mi permetto di dissentire. Non tanto sul “servizio” offerto ai miei ragazzi - saranno loro a giudicare, e saranno impietosi come ogni figlio che si

ilÊb ilancio Si stanno moltiplicando, su e giù per l’Italia, i corsi per fidanzati e neosposi, timido tentativo di arginare il disfacimento delle famiglie attraverso una maggiore consapevolezza e informazione. Ne è partito uno recentemente, in un paese vicino a noi, con l’intento di offrire alle giovani coppie gli strumenti per affrontare con fiducia e concretezza le difficoltà quotidiane: si insegna come organizzare la dispensa, come riciclare gli avanzi e come fare quadrare il bilancio, tema molto “caldo” per ogni coppia, eppure bellamente ignorato (per fortuna) nei momenti d’oro dell’innamoramento. E così, le ragioni economiche diventano una delle cause più comuni di divorzio, le liti sulle spese (dell’altro) possono minare i rapporti più idilliaci. La crisi che stiamo vivendo non ci facilita la vita e obbliga un po’ tutti a prendere in mano le proprie spese e fare due conti. I tecnici al governo la chiamavano “spending review” (controllo delle spese), un’operazione ormai inevitabile per tutte le famiglie. D’altra parte, quadrare il bilancio significa fare in modo che le uscite non superino le entrate… e, per arrivare almeno al pareggio, occorre avere bene chiare le voci di spesa, in cui si disperde il nostro povero stipendio. Se non lo avete mai fatto, può essere un esercizio molto salutare. Prendetevi carta e penna, e una buona dose di tempo e cercate di appuntarvi tutte le spese che affrontate. Dal caffè al bar, al giornale, al pacchetto di sigarette, al supermercato, alla cura della casa, all’abbigliamento, tutto, proprio tutto quanto spendete in un mese. Vi accorgerete che i nostri bilanci sono gravati da spese “invisibili”, come le pizzate dei figli, la ricarica dei cellulari, la benzina dell’auto. Quei dieci, quindici euro che non ti sembra nemmeno di spendere e vanno invece a incidere pesantemente sui conti finali. Poi certo ci sono le bollette, il riscaldamento, gli apparecchi dentali, le spese improvvise, ma quelli sono accidenti su cui possiamo lavorare ben poco. Più facile invece tagliare sull’invisibile e sul generico, come ormai fa il 50% delle famiglie italiane. Spesa nel discount per la pulizia della casa, fresco al mercato ortofrutticolo, meno carne (che non fa nemmeno troppo bene), meno dolci, bibite e merendine (si risparmia anche in dentista), comprare sempre seguendo la lista per evitare pericolose improvvisazioni… Acquisti on line, baratto e banche del tempo sono altri ottimi strumenti di risparmio, ancora tutti da esplorare, insieme ai gruppi di acquisto, più o meno spontanei, che permettono di acquistare prodotti di qualità direttamente dal produttore. Ma l’importante, quando si tratta di far quadrare i conti, è scegliere i tagli di comune accordo, così come le spese, concedendo equamente, appena possibile, alcune piccole libertà. trascinare da soli il grande carro della famiglia può essere pesante e insopportabile: condividere il peso con gli altri componenti è essenziale per riuscire ad andare avanti…

rispetti-, quanto su alcune verità inconfutabili. Restare a casa con i propri figli, ormai universalmente riconosciuto un lusso per pochi, ti dà la possibilità impagabile di essere presenti in una lunga serie di occasioni imperdibili. Il primo sorriso, la prima parola, i primi passi. E poi lo spettacolo irrinunciabile del vederli giocare da soli, concentrati e seri nello studiarsi le manine, la scarpa, poi la bambolina, quindi il Lego e così via… In questi casi, esserci è una grande fortuna: esserci per rassicurare, per rispondere o semplicemente preparare la merenda. La quantità, nel caso del tempo, è importante. Ci vuole tanto tempo per crescere, occorre averne tanto per osservare i cambiamenti, accorgersi delle sfumature, dei cambi di umore. Ci vogliono ore e ore di vicinanza per conoscersi e la conoscenza genera sicurezza, fiducia, serenità. Peccato che il nostro sistema di welfare non lo capisca, non lo riconosca e che ancora si preferisca costruire un asilo nido, piuttosto che offrire alla mamma che lo desidera la possibilità di restare a casa con il proprio figlio, almeno nei primi tre anni di vita. Un lusso, per mamma e bambino, ma anche un investimento per un futuro più sereno.

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tra le altre cose, devo alle mie diverse gravidanze la scoperta dello yoga, a cui forse, altrimenti, non mi sarei mai accostata. Ero incinta di Roberta, alla ricerca di tutto quanto potesse farmi vivere bene la gestazione: ho incontrato questa pratica che non richiedeva nessuno sforzo e nessuna capacità, insegnata da una sessantenne minuta, dal fisico da ragazzina, in maniera molto occidentale, molto pratica e molto poco “esoterica”. Richiamava la nostra attenzione sulla respirazione a cui io non avevo mai prestato la minima attenzione. Ho così appreso che, attraverso il respiro, si impara ad entrare in sintonia con il proprio corpo ma soprattutto si obbliga la mente a fermarsi sul “qui e ora”. Niente pensieri su cosa farò dopo, le spese, il bambino da accompagnare a calcio: la mente è obbligata a rimanere lì, con te, e a godersi per una volta tanto il presente. Non è facile, anzi. C’è sempre un’idea, un ricordo che tenta di riaffiorare, ma il respiro lo rimette a posto, e tu riprendi a essere totalmente cosciente di quello che fai: respiri. Senti battere il tuo cuore, il tuo ventre gonfiarsi e svuotarsi. Non hai progetti, non hai rimpianti. Una grande sensazione. Da provare, almeno ogni tanto, mentre si guida l’auto o si lavora al PC. Qui e ora.


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