Guida al teatro contemporaneo(revisione luglio 2014)

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come attività specifica, va ridotto al minimo. Andrebbe annullato, a dire il vero. Questo spazio è diventato oggi un fosso apparentemente incolmabile, a causa di una falsa distinzione tra necessità organizzative (leggi, provvidenze, enti pubblici e privati, circuiti, etc.) e problemi tecnici e di linguaggio. Questa distinzione va sfatata attraverso una riforma radicale della critica, nuovi modi di comunicazione, nuova estensione del territorio platea-scena, nuovi rapporti unitari con il pubblico popolare»(ll) La preoccupazione si dimostrerà fondatissima e successivamente dilaterà la portata del proprio significato, investendo i fatti nuovi che sono emersi e che influenzano direttamente e prepotentemente i criteri produttivi: la riabilitazione del professionismo inteso come alto livello tecnico; il ritorno allo spazio teatrale tradizionale, cui fa riscontro la fine (prematura) del decentramento e la diffusione delle iniziative accentranti e di massa; l’imprenditorialismo degli Enti Locali; i grossi problemi di concorrenzialità che derivano dalla situazione di “boom” teatrale ma ne limitano di conseguenza la capacità di offerta. Tuttavia il problema che pesa maggiormente sulla produzione è quello del denaro: dal finanziamento di base alla liquidità giornaliera, dai ritardi delle sovvenzioni statali agli estenuanti burocratismi degli Enti Locali alla quasi impossibilità di credito, dall’adeguamento inflazionistico delle paghe ai costi generali di allestimento; il tutto — ripetiamolo ancora — all’interno di un mercato che impone una sempre più agguerrita competitività. Protagoniste del momento produttivo diventano le sponsorizzazioni, le co-produzioni, magari le “irizzazioni”. Mantenere criteri e finalità di tipo qualitativo può diventare difficile, anche perché ci si trova alle prese con un pubblico sempre più “ideologicamente” diffidente nei confronti della proposta rigorosa, cioè sempre più “ideologicamente” convinto del proprio bisogno di evasione. La connotazione “manageriale”, prevalentemente spettacolistica, che il fatto teatrale viene assumendo (non per vocazione interna, e nemmeno soltanto per “rispetto delle tendenze del

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