Giorgio Guazzotti

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Balmas, assessore alla Cultura [del Comune], che appoggiò sempre le mie iniziative; anche gli assessori regionali si dimostrarono molto ricettivi, dando un grande contributo alla ricostruzione del Circuito Teatrale del Piemonte. Ad Alessandria, che restò all’esterno del Circuito, creai una Municipalizzata, autonoma sia economicamente sia artisticamente; ad Asti: Asti Teatro, rassegna estiva dedicata al teatro internazionale e poi più specificamente al teatro contemporaneo1. Cito due esempi di realtà che 1

Il festival Asti Teatro è tuttora in attività. Nel 1982 GG ne scriveva così. «Davvero l’idea di Asti Teatro fu una scommessa. Quando, nella primavera del 1979, due assessori di Asti -Lajolo e Canestri- nell’ufficio del Presidente del Teatro Stabile di Torino, Egi Volterrani, presentarono l’intenzione e posero il problema, dopo aver ampiamente dibattuto con loro le difficoltà, conclusi con una sola parola: “proviamoci!”. Certo alcuni presupposti c’erano: teorici e pratici. Asti, come alcune altre città piemontesi “storiche”, ha un buon nome antico, di immediate suggestioni e di facile assimilabilità; dispone di monumenti e di scorci di indubbia bellezza; ed è collocata su un asse geografico che costituisce un perfetto crocevia. Avevamo alle spalle una regione in pieno risveglio teatrale, ricca di fermenti e di determinazione; ipotizzare per lo spettacolo estivo che si andava mobilitando in decine e decine di località un polo attrezzato con ambizioni di confronto internazionale era logico ed auspicabile. Non pensavamo ad una Spoleto pedemontana. Il “miraggio”, subito dichiarato, fu la mitica Avignone. Fu una proiezione indubbiamente fantastica; l’indicazione di un bersaglio lontano, che aveva una irrangiungibile storia alle spalle e una radiosa aurora in un binomio irripetibile: Vilar / Gerard Philipe e il glorioso TNP [Theatre National Populaire]. Anche se, ingenuamente, non erano aliene l’illusione di una affinità occitana e la speranza di poter superare con le semplici ipotesi gli incalliti sbarramenti sciovinistici. Avignone ebbe per noi il valore di un impegno dal profilo subito alto. Fu così che in poche settimane imbastimmo e realizzammo Asti Teatro 1. Fu più che altro una prova tecnica: con produzioni di casa nostra e per di più di riporto. Ma servì a realizzare un primo censimento di spazi da poter “teatralizzare”; lo studio in concreto di problemi organizzativi e di immagine. Il simbolo turrito che scovammo in un prezioso codice, forse inconsciamente, voleva dire che sapevamo -ed eravamo orgogliosi- di partire da una posizione arroccata, provinciale: come una lontananza da colmare. Del resto la serietà e il prestigio di un’organizzazione non ha lo stesso fascino immediato, il valore di proclamazione di un regista o di un interprete famoso. Il decollo è avvenuto sicuramente con Asti Teatro 3 (ma intanto eravamo riusciti a ribadire la continuità, a costruire tenacemente una pur breve storia rigorosa e costante). Alcune importanti coproduzioni internazionali: spettacoli di grande impegno che hanno aperto per la prima volta il loro ideale sipario ad Asti. E intorno una dilagante serie di interventi negli spazi urbani, a interessare, a provocare il tessuto di una città incredula e restia. Ma intanto si erano aperte le prima correnti di afflusso regionali e dalle grandi metropoli del triangolo. La stampa aveva imparato la sigla del nuovo appuntamento, ne sottolineava le linee di originalità e il grosso impegno complessivo, il carattere di intelligente esclusività. Certo quando ci trovammo con Asti Teatro 4 a contendere gli estenuati patrioti del Mundial assaporammo l’amore sapore dell’inferiorità: anche se ci trovammo in anteprima su Avignone alcuni importanti fatti del palcoscenico mondiale. 174


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