Convegno internazionale DELOC Tre territori europei di fronte all’internazionalizzazione dei mercati Trois territoires éuropéens confronté à l’internationalisation des marchés Venezia – Mestre, 12 e 13 aprile 2007
Nota: di seguito è riportata la trascrizione libera degli interventi di relatori esterni al progetto Deloc svolti nell’ambito del Convegno. I testi non sono stati rivisti dagli autori.
I Sessione
L’impatto della globalizzazione in tre realtà europee INTERVENTI Federico Callegari (Ufficio studi della Camera di Commercio di Treviso) Il mio breve intervento vuol parlare di “non delocalizzazione”, perché in realtà la globalizzazione stessa genera anche dei fenomeni che non hanno bisogno di reti produttive delocalizzate. La varietà e l’eterogeneita dei percorsi di sviluppo che contraddistinguono il Veneto, già richiamati questa mattina, sono fattori emblematici del modo in cui in un’economia di varietà si possa affrontare per così dire a testa alta lo spiazzamento indotto dalla globalizzazione. Per questo è bene evitare di proporre, anche con il linguaggio, rappresentazioni parziali del fenomeno, così come mi pare sia emerso in alcune delle relazioni che mi hanno preceduto, laddove veniva proposta una visione della globalizzazione un po’ troppo a senso unico. Comprensibile nel caso del Portogallo, dove però alcune concatenazioni sono state determinate da una scarsa lungimiranza in merito al posizionamento di quel paese negli scenari globali. Mentre maggiori perplessità mi ha destato il ripetuto uso e la connotazione negativa data dagli amici francesi alla globalizzazione; mi sono appuntato alcune espressioni: de-localizzazione, de-industrializzazione, smantellamento, abbandono di attività locali; oppure, in logica difensiva, controllo locale degli investimenti, difesa delle produzioni locali… addirittura globalizzazione come “mostro”. Non credo che questo tipo di rappresentazione ci aiuti a governare il cambiamento, nel momento in cui invece nella globalizzazione noi territori dobbiamo vederci e sentirci inseriti all’interno di una griglia di nodi e di reti. Io oggi ho sentito parlare più di reti, di flussi che vanno via. In realtà dobbiamo pensare ad un mix più equilibrato di nodi senza evitare il rischio Portogallo (un nodo fin troppo specifico, fin troppo dipendente al punto da diventare marginale) o di territorio rete, per nulla distintivo e facilmente sostituibile. Quindi, la prima attenzione è al come rappresentiamo, con il linguaggio, la globalizzazione. Non è certamente un percorso a senso unico, come potrebbe sembrare a partire da alcuni passaggi di questa mattina. Seconda attenzione: l’eccesso di politiche che possono “dirigere” il cambiamento. Cito ancora una frase pronunciata da Sylviane Cartaz, “stiamo cercando di poter organizzare la mutazione”. Se può essere utile citare l’esperienza condotta di recente nell’ambito di un altro progetto Fse – art. 6 (…), noi ci siamo convinti del fatto che il cambiamento non lo possiamo organizzare dall’alto. Ma a fronte di questi processi, il cambiamento deve diventare un atteggiamento mentale dei players, soprattutto delle imprese, quindi di una componente essenziale dei nodi; imprese prima di tutto, ma
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