RIVISTA EXQUIRERE N.1 LICEO G. GALILEI, ERBA

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Exquirere
rivista del liceo galileo galilei
n.1

COMITATO DI REDAZIONE:

Federica Campi, Luca Galoppo, Massimo Gaffuri, Mariagrazia Girolimetto, Laura Molinari, Anna Mazzola, Francesco Pavesi

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Dobbiamo al nostro collega Ambrogio Molteni l’idea del titolo di questa rivista, e lo ringraziamo.

Exquirere : in latino “cercare diligentemente”, “esaminare”, ma anche “cercare di conoscere, domandare, informarsi”. Questi verbi definiscono gli intenti con cui nasce la rivista online del Liceo scientifico Galileo Galilei di Erba, una rivista che raccoglie contributi di carattere scientifico e letterario elaborati dagli studenti.

Per questo primo numero abbiamo pensato di riservare un’ampia sezione alla figura di Dante Alighieri, nell’anno della celebrazione del settecentenario della sua scomparsa, ma abbiamo deciso di raccogliere anche articoli su diverse tematiche. È un progetto ambizioso, che auspichiamo di vedere crescere, con il coinvolgimento di un numero sempre maggiori di contributori, perché diventi un luogo di scambio, discussione e approfondimento dei saperi.

Crediamo, infatti, che la scuola sia il luogo privilegiato della trasmissione dei saperi, ma anche che la sua missione non possa esaurirsi in questo: la scuola deve stimolare curiosità, deve non solo rispondere, ma anche suscitare domande, deve guidare gli studenti alla costruzione di un proprio autonomo percorso culturale.

Legate al tema dantesco sono anche le illustrazioni che arricchiscono la rivista, opera degli studenti che hanno partecipato alla prima edizione del Concorso di illustrazione del Liceo Galilei, dedicato alla memoria della prof.ssa Giovanna Gastel. Un ricordo speciale infine conclude la rivista: la presenza di un’ospite, il prof. Lamberti, che tante volte ha percorso i corridoi del nostro liceo per trasmettere ai nostri studenti la competenza e la passione per l’astronomia.

La rivista Exquireresi propone di offrire proprio questa opportunità, di dimostrare concretamente che il sapere appreso non è mera ripetizione, ma punto di partenza, trampolino di lancio per nuove e creative investigazioni.

Accogliamo in questo senso l’illuminato messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “La scuola è soprattutto un esercizio di libertà”, e ci auguriamo che la rivista Exquirerene diventi una viva e concreta realizzazione.

La rivista esce con tanto ritardo rispetto alle aspettative, frutto della fatica di tanto lavoro volontario di docenti e studenti. Ci scusiamo con autori e lettori ma siamo convinti che ne è valsa la pena!

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IL PADRE DELLA NOSTRA LINGUA

di Erika Piazzolla, classe 3F

Da diversi mesi, ormai, si ricorda che quest’anno cade il settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri (avvenuta il 14 settembre 1321), personaggio del tredicesimo secolo nonché padre dellalinguaitaliana , a cui è addirittura stata dedicata una giornata nazionale, il Dantedì (25 marzo), istituito l’anno scorso.

Durante di Alighiero (alias Dante Alighieri, meglio

filosofia, fisica, astronomia da un lato (il quadrivio), dialettica, grammatica e retorica dall'altro (il trivio), oltre che il latino medievale e quello dei testi di Cicerone e Virgilio.

Le prime poesie dantesche risalgono al 1284 circa, e sono state inserite dai critici, insieme ad altre scritte anche più tardi, nella raccolta Le Rime .

Tra il 1292 e il 1293 Dante scrive VitaNova , prima

Il nostro caro Dante ebbe la fortuna di appartenere a questa cerchia: nato in una famiglia benestante, ebbe la possibilità di studiare teologia,

Nel 1303 il Sommo Poeta cambia tematica, cominciando la stesura (mai finita) di un altro prosimetro in volgare con l'intento di raccogliere tutto il sapere filosofico del suo tempo: il Convivio.Questo trattato parte con un’esaltazione del

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volgare in cui è stato scritto, per poi affrontare argomenti come la grandezza della filosofia, la nobiltà e l'idea di una monarchia universale.

Ma ora viene la parte interessante. Il DeVulgari Eloquentia.

Ormai Dante sta scrivendo la sua seconda grande opera in volgare, la lingua del popolo, nonostante tratti di argomenti elevati, come l’amor cortese, la politica e la filosofia insomma, il Poeta decide di legittimare l’uso di questa lingua anche in contesti meno mondani, così comincia a scrivere un trattato sull'eloquenza del volgare (e dico comincia, perché anche questo progetto viene abbandonato).

Pur affrontando il tema della lingua volgare, l’opera è scritta in latino, in quanto destinato principalmente ai dotti del tempo, con lo scopo di dimostrare la bellezza della lingua volgare nella lingua che conoscevano meglio. Inoltre Dante scrive in questa lingua per difendersi da eventuali accuse di incultura.

All’inizio dell’opera Dante prova a ricostruire la storia universale delle lingue, cominciando dal mito biblico della Torre di Babele. Secondo lui, Dio infuse lingue diverse tra gli uomini, e all’Europa meridionale né toccarono tre principali: la lingua d'oc, la lingua d’oil (da cui deriva l’attuale francese) e la lingua del sì (parlata dagli italiani); successivamente gli uomini hanno inventato il latino per comunicare tra loro.

Dopo questa premessa, Dante analizza quattordici varietà di volgare italiano, cercandone uno che abbia quattro caratteristiche indispensabili: deve essere illustre , cioè capace di dar lustro a chi lo usa, cardinale , che possa essere un riferimento per gli altri dialetti, aulico , quindi degno di una reggia italica, e curiale , vale a dire che risponde alle norme stabilite da una cerchia ristretta di prestigiosi italiani, in più deve poter essere usata per scrivere di argomenti importanti e non solo

praticamente una lingua perfetta! Il Sommo Poeta riconosce al toscano, al siciliano e al bolognese una solida tradizione letteraria, ma non li ritiene adatti allo scopo, e non trova nessuna parlata che possa essere degna di imporsi sulle altre… in aggiunta a tutto questo, l’appena iniziata Comedìalo costringe a troncare la sua ricerca.

Nonostante il finale deludente, il gruppo degli italianisti (i quali, alla fine dell’800, volevano una lingua comune ispirata ai dialetti toscani per il neonato Regno d’Italia) ha apprezzato il tentativo di Dante, facendo di quest’opera portatrice delle loro argomentazioni sul tema “italiano”.

Manzoni, di altro parere, commentò la scelta dicendo: "AllibroDeVulgariEloquioètoccatauna sorte,nonnovanelsuogenere,masemprecuriosaenotabile;quella,cioè,d'essercitatoda

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molti,enonlettoquasidanessuno,quantunque librodibenpiccolamole,equantunqueimportante,nonsoloperl'altissimafamadelsuoautore,maperchéfuedècitatocomequelloche sciolgaun'imbarazzataeimbarazzantequestione,stabilendoedimostrandoqualesialalingua italiana."

Abbandonato il De Vulgari Eloquentia, il Sommo Poeta comincia la stesura e la pubblicazione della sua opera più famosa, la Comedìa(divenuta “Divina” con Boccaccio), che si diffuse in tutta Italia e non solo. L’opera, scritta in volgare, contiene numerosi latinismi e neologismi danteschi, come “accidioso”, “contrappasso” e “fertile”, oltre che parole più colorite

Nella Divina Commedia Dante stabilisce i registri linguistici e lessicali con cui discutere dei più disparati argomenti, dalla filosofia all’astronomia alla religione eccetera, lasciando in eredità agli scrittori che sono venuti dopo di lui uno strumento che permetteva di parlare di tutto, da argomenti elevati, solitamente enunciati in latino, ad argomenti meno importanti, allargando la platea di persone capaci di comprendere il testo stesso.

È stato calcolato che il 90% del lessico fondamentale dell’italiano in uso oggi (cioè il 90% delle 2000 parole più frequenti, che a loro volta costituiscono il 90% di tutto ciò che si dice, si legge o si scrive ogni giorno) è già nella Commedia.

Ma non solo singole parole, anche intere frasi scritte da Dante Alighieri sono diventati modi di dire tipici della nostra lingua: “fa tremar le vene e i polsi”, riferito alla selva oscura, per indicare qualcosa di spaventoso; “non mi tange”, detto da Beatrice a Virgilio nel canto II dell’inferno, oggi è un modo per dire “non mi riguarda”; “lasciate ogni speranza, voi ch’intrate”, famosissima citazione che non ha bisogno di essere spiegata e molte altre, non solo presenti nella Divina Commedia, per esempio “il Bel Paese” come epiteto dell’Italia, che viene usato nel De Vulgari Eloquentia.

Nonostante ciò, la fama dantesca cominciò a diminuire a partire dal 1525, data la “spavalderia” linguistica e stilistica della Commedia, che indusse i grammatici del Cinquecento (in testa Pietro Bembo, che nelle Prosedellavolgarlingua , stabilì la superiorità del Petrarca in campo poetico e del Boccaccio per la prosa) a mettere da parte il Sommo Poeta. Tale canone porterà a un declino della figura di Dante, che perdurerà per tutto il Seicento e il Settecento, a causa anche della messa all'Indice del DeMonarchia(trattato in latino che espone le posizioni politiche dantesche all’Impero Germanico). Solamente con l'età romantica e risorgimentale Dante riacquisì un ruolo di primo piano, che continua a detenere tutt’ora nel panorama linguistico italiano.

Insomma, possiamo dire che Dante si è guadagnato il titolo di “padre della lingua”.

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DANTE NELLA MUSICA

di Anna Chiara Albonico, classe 3G

L’influenza che Dante e le sue opere hanno avuto nel corso dei secoli non si è limitata ai generi “alti” dell’arte e della letteratura, ma ha coinvolto anche espressioni artistiche più popolari. Possiamo trovare numerose citazioni o riferimenti danteschi anche nelle canzoni degli ultimi decenni.

Sono molti, infatti, i cantautori che nei loro testi hanno inserito versi celebri tratti dalla Divina Commedia.

La breve rassegna di artisti che riportiamo comincia con Jovanotti che, nella sua SerenataRap , inserisce uno dei versi più noti del V canto dell’inferno, pronunciato da Francesca mentre narra a Dante del suo appassionato e colpevole amore col cognato Paolo: “Amorch’ anulloamato amarperdona” , ma ad esso fa seguire un molto meno poetico “porcocane”.

al punto che ancora oggi io non so se Dante era un uomo libero, un fallito o un servo di partito. Ma Paolo e Francesca, quelli io me li ricordo bene perché, ditemi, chi non si è mai innamorato di quella del primo banco, la più carina, la più cretina, cretino tu, che rideva sempre proprio quando il tuo amore aveva le stesse stessi respiri del libro che leggevi di nascosto sotto il banco.”

La lista di famosi artisti italiani che riportano alcuni versi di questa magnifica opera continua con Luciano Ligabue: l’artista cita il primo verso dell’opera in Siamochisiamo , anche se poi nella canzone fa trapelare una certa dose d’invidia verso Dante, che perlomeno aveva una luce da seguire per uscire dalla sua selva oscura.

Ma Jovanotti non è l’unico ad aver “rubato” questo passo al Sommo Poeta, poiché anche Antonello Venditti lo inserisce in CivorrebbeunAmico, cantando:

“E se amor che a nulla ho amato, Amore, amore mio perdona

In questa notte fredda Mi basta una parola.”

Sempre lo stesso artista, nel brano Compagnodi Scuola , canta il ricordo del Dante studiato a scuola, sottolineando il segno che la celebre opera dantesca lascia nel cuore di ogni studente: “E la Divina Commedia, sempre più commedia

Anche Gianna Nannini sembra apprezzare una delle più grandi opere della letteratura italiana, tanto da dedicare dodici canzoni e un intero CD ad uno dei tanti personaggi di rilievo citati nel Purgatorio. La figura in questione, in questo caso, è quella di Pia de’ Tolomei, descritta dalla Nannini, sua concittadina, come un’innocente prigioniera dal capo chino. La cantante, affascinata dalla sua storia, ha rivisitato in chiave rock la sua tragica vicenda, riportandola nella canzone DolentePiacon una tonalità più accesa e vivace rispetto a quella malinconica e rarefatta con cui viene citata nell'opera originale.

Anche all’interno dello Zecchinod’ oro, noto concorso canoro per bambini, sei anni fa venne cantato il brano Unacommediadivina , che narra la storia d’amore tra Dante e Beatrice con una struttura simile a quella della VitaNova . L’opera, accompagnata da relativa animazione, è stata

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cantata dalle voci bianche del coro in occasione dei 750 anni dalla nascita del sommo poeta.

Franco Battiato inserisce in Apritisesamoil celeberrimo verso Fattinonfosteavivercomebruti, maperseguirevirtudeecanoscenza tratto dal XXVI canto dell’Inferno, noto come il “canto di Ulisse” .

Un’altra singolare citazione dantesca è quella di Niccolò Agliardi, che, nella canzone che intitola con lo stesso nome del poeta, immagina una comica scena in cui protagonisti sono Dante e Beatrice. In questa, si sviluppa un curioso dialogo in cui la donna rimprovera il poeta per aver “esagerato lunghezza del poema, senza prestare abbastanza attenzione a lei.

Naturalmente i riferimenti danteschi nella musica contemporanea non finiscono qui. Infatti anche all’estero è possibile notare l’influenza del poeta italiano, tanto che numerosi artisti stranieri lo riportano nelle loro canzoni.

Un esempio lampante è quello dei Radiohead, i quali, nel loro album HailtotheThief titoli o sottotitoli alternativi per ogni traccia, e

uno di questi è TheLukewarm , riferito agli ignavi protagonisti del Canto III dell’Inferno.

Tutte queste citazioni danno dunque l’idea della straordinaria importanza che ha avuto Dante su molteplici aspetti della cultura e dell’arte nei secoli successivi, arrivando a colpire ancora oggi l’immaginario di una vastissima quantità di persone.

Fonti: FS news

La Dante, società Dante Alighieri, il mondo in italiano

DANTE NEL CINEMA E NEL TEATRO di Francesca Formichi, classe 3G

Nonostante siano trascorsi settecento anni dalla sua morte, Dante continua a suscitare fascino e ammirazione anche nei registi, tanto da diventare, insieme ai suoi (capo)lavori, protagonista di numerose opere cinematografiche e teatrali.

Interamente dedicato alla prima cantica della “Divina Commedia” è “L’Inferno”, film del 1911 costituito da 54 scene. Trattandosi di un film muto (forse che Dante abbia preferito lasciare accesa la videocamera e spegnere il microfono per non sovraccaricare la rete internet dell’inferno?) il Poeta deve comunicare senza usare nemmeno una parola delle più di trentamila che compongono la prima cantica. La pellicola, una delle prime ad avere come argomento un’opera del poeta fiorentino, risulta essere pressoché fedele all’originale, anche se vengono omessi vari canti o parte di essi e alcuni riferimenti spaziali ai luoghi dell’inferno Dantesco sono errati o imprecisi.

la scelta di rappresentare “a colori” l’oltretomba, che Dante in molti punti del suo poema descrive come un luogo buio, e di usare invece un cupo “bianco e nero” per le scene che si svolgono sulla terraferma.

Degna di nota è inoltre l’esilarante parodia del sonetto “Tanto gentile e tanto onesta pare”, realizzata nel 1985 da Gigi Proietti con la collaborazione di Eleonora Brigliadori. I due attori propongono una nuova versione del celebre componimento, in cui Dante, alle prese con una Beatrice vanitosa e a tratti presuntuosa, è costretto a modificare il testo del suo capolavoro, “profanando” così ciò che è considerato la vetta del Dolce Stilnovo. A giudicare dalle modifiche apportate all’originale, si può constatare che avrebbe fatto decisamente meglio a non spoilerarle il sonetto.

L’inferno di Dante è anche lo sfondo della commedia del 1955 intitolata “Totò all’inferno”, in cui il celebre attore napoletano veste i panni di Antonio Marchi, un uomo che, dopo essere annegato in un fiume, si ritrova tra i peccatori.

Altrettanto spassoso è “L’Inferno in 6 minuti”, sketch messo in scena nel 2010 dalla compagnia teatrale “Oblivion”. La parodia ripercorre alcuni episodi della prima cantica, i quali vengono esposti in modo molto originale, ovvero adattando le parole di alcune celebri canzoni moderne ai versi della più importante opera di Dante.

Qui, scambiato per Marco Antonio, viene destinato al girone dei lussuriosi, dove già si trova l’amata Cleopatra. Insolita e molto particolare è la

Il “Sommo Poeta” in questo caso diviene dunque “Sommo Cantante” e, riuscendo a ridurre il suo lungo viaggio nell’aldilà a pochi minuti, si guadagna anche il titolo di “Sommo Salvatore” di noi studenti, che grazie a questa parodia abbiamo a

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disposizione un divertente riassunto di ben trentaquattro canti.

Di interpretazione più libera è invece “Inferno”, film del 2016 basato sull’omonimo romanzo dello scrittore Dan Brown. Questa pellicola e lo stesso libro non hanno molto da spartire con l’universo del “Sommo Poeta”, se non la sua città natale, luogo principale in cui si svolge la vicenda, e alcuni enigmi facenti riferimento alla “Commedia”. Circa il romanzo thriller, particolarmente curiosa è la scelta dell’autore di concludere la sua opera con la parola “stelle”, che costituisce anche nell’”Inferno” del poeta fiorentino il termine finale.

Il padre della letteratura italiana è quindi sempre moderno, intramontabile e, per rimanere in ambito cinematografico, una figura per cui probabilmente non ci saranno mai i titoli di coda. Chissà, però, come avrebbe reagito nel vedere il suo capolavoro oggetto di rivisitazioni di ogni tipo: avrebbe apprezzato come registi e attori hanno interpretato il suo poema, oppure li avrebbe “mandati all’inferno”?

Siti consultati:

youtube.com

antoniodecurtis.com

filmedintorni.it

bookciackmagazine.it

edizionidodici.wordpress.com

italyheritage.com oblivion.it

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DANTE TRA UNA VIGNETTA E L’ALTRA di Tommaso Pioltelli, classe 3G

La celebre opera di Dante Alighieri, grazie alla sua straordinaria capacità di rimanere sempre attuale, riesce ad attrarre artisti di tutto il mondo e a ispirarne le opere. Sono molti infatti i fumettisti che si sono cimentati nella loro personale interpretazione della Commedia, tra cui l’italiano Marcello Toninelli, ma anche la Disney e Go Nagai, un autore di manga giapponese.

DANTE NEI MANGA

Uscita nel 1994, la DivinaCommediadi Go Nagai è un omaggio all’opera di Dante. Il tratto dell’autore è inconfondibile, così come la sua particolare rilettura della DivinaCommedia , che aveva già ispirato i manga “demoniaci” di Nagai,MaoDantee Devilman . I tre volumi non rispecchiano la suddivisione classica della Divina Commedia: l’Inferno viene raccolto nei primi due volumi, mentre il Purgatorio e il Paradiso nel terzo ed ultimo volume, in maniera abbastanza disomogenea rispetto ai versi dedicati alle tre cantiche.

L’INFERNO DI TOPOLINO

L'InfernodiTopolinoè una parodia a fumetti della celebre Divina Commedia di Dante realizzata da Walt Disney. Si tratta di un vero e proprio poema in terzine dantesche formate da endecasillabi a rima incatenata, come nell'opera originale, ma in questo caso i protagonisti del viaggio sono Topolino e Pippo. La storia è stata sceneggiata e versificata da Guido Martina e disegnata da Angelo Bioletto. Pubblicato da ottobre 1949 a marzo 1950, l'infernodiTopolinoè stata la prima delle Parodie Disney ad essere realizzata in Italia. Il due protagonisti, dopo essersi addormentati cercando di leggere l’opera del Sommo Poeta, vengono trascinati tra le pagine del libro. Topolino, nelle vesti di Dante, e Pippo, che impersona Virgilio, si trovano obbligati ad attraversare l’Inferno.

Spogliata di ogni valore allegorico, la Divina Commediadi Go Nagai è caratterizzata della percezione dell’autore, e della sua formazione artistica, in cui si nota la scelta di osservare da vicino tutti i demoni e le anime dannate. È chiaro infatti come sia proprio la parte “oscura” dell’opera quella di maggior interesse per Nagai. Dante diventa il vero protagonista dell’opera, assumendo caratteri tipici del fumetto: il poeta arrossisce quando vede Beatrice e versa lacrime, sangue e sudore durante il suo viaggio attraverso l’Inferno, tutti tratti tipici dei manga e di Nagai.

LA DIVINA COMMEDIA A FUMETTI

LaDivinaCommediaafumettiè stata realizzata da Marcello Toninelli negli anni Novanta. Questa parodia della Commediaè la più completa tra le versioni a fumetti, perché ripercorre tutte e tre le cantiche e presenta quasi tutti i personaggi che il poeta incontra nel suo viaggio. Con il suo fumetto, l’autore riesce a spiegare i complicati concetti della teologia dantesca, come il peccato, il contrappasso e la redenzione, e a rendere chiare ai suoi giovani lettori le vicende storiche e politiche del 1300.

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Ma Toninelli è prima di tutto un autore umoristico, e trasforma quindi il poema in un fumetto comico. Ogni striscia ha una battuta finale che presenta giochi di parole o citazioni storpiate, con il fine di far divertire il lettore. Anche i dannati, da figure tragiche, divengono macchiette dei cui peccati si scherza invece di provare orrore o pietà. La matita di Marcello non risparmierà nemmeno gli angeli e i santi del Paradiso; soltanto la Madonna si salva dal suo umorismo e la visione di lei al termine del poema è l’unica striscia priva di una battuta.

FONTI:

La Divina Commedia, su AnimeClick.it

La divina Commedia, su MyAnimeList.net

La Divina Commedia, su GPManga.it

L'Inferno di Topolino - Fumetto Disney di Martina e Bioletto, su Slumberland.it

Le origini dell'Inferno di Topolino, su fumettologica.it.

L'inferno di Topolino su comprensivovr15.it

Dante Toninelli, su fumettologica.it

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LA TECNOLOGIA E LA SCIENZA NELLA DIVINA COMMEDIA di Alessandro Santambrogio, classe 3G

Oggi non vi è quasi nessuna azione che non sia facilitata da un oggetto fabbricato dall’uomo, ma già ai tempi di Dante tecnologia e scienza avevano un ruolo importante nella vita quotidiana.

Nel 1300 l’Europa stava attraversando un periodo di grande sviluppo e il polo tecnologicamente più avanzato del continente era l’Italia centrosettentrionale; il poema di Dante contiene testimonianze dei ritrovati che il poeta vide o di cui ebbe notizie percorrendo quella macroregione.

Nel 1874, lo studioso Luigi Venturi, ne “Le similitudini dantesche”, individuò 597 similitudini nella Divina Commedia: in circa un centinaio di queste, il secondo termine di paragone si riferisce a pratiche e tecnologie. Gesti di personaggi o fenomeni del mondo immaginario di Dante sono chiariti con confronti con la tecnologia, che il poeta era certo che la maggior parte dei suoi lettori avrebbe compreso. Ad esempio, i versi 28 30 del canto XII del Paradiso accennano alla bussola: Dante è attratto dalla voce di San Bonaventura come l’ago calamitato della bussola è attratto dal Nord. È solo un’allusione, ma fa intendere come questo strumento fosse già così diffuso che non servivano lunghe spiegazioni per far capire di cosa si parlasse.

(manutenzione e caratteristiche strutturali come il timone centrale) e tecniche di navigazione (orientamento con la bussola); architettura (fortificazioni, elementi architettonici, materiali da costruzione, mulini a vento); opere idrauliche (canali di irrigazione, dighe, argini per il controllo delle acque); metallurgia e lavorazione del vetro; macchine (la trottola, l’orologio meccanico) e tecnologia militare (la balestra, i dardi).

Non si tratta di precise descrizioni di processi, tecniche od oggetti, ma semplici richiami, che però fanno intuire il livello di sviluppo di una disciplina o di diffusione di uno strumento all’epoca di Dante.

È anche interessante notare come nel poema dantesco non vi siano accenni ad oggetti che pure iniziavano a diffondersi: non si parla, ad esempio, di occhiali, evidentemente ancora poco conosciuti.

Dante fa paragoni con colture e attrezzi agricoli (la trebbiatura, la viticoltura, l’aratro); alimenti e bevande (strumenti da cucina o tecniche di cottura, come la bollitura); filatura e tessitura (fuso e pennecchio); veicoli e finimenti; costruzioni navali

Se in queste similitudini il poeta si limita a citare alcuni ritrovati tecnologici, in svariati passi, invece, Dante delinea in modo accurato alcuni fenomeni fisici, in particolare quelli legati alla luce, allo scopo di rappresentare meglio le visioni o le apparizioni di vari personaggi.

Nei versi 16-21 del canto XV del Purgatorio viene descritto il fenomeno della riflessione, che ha luogo quando un raggio di luce incontra la superficie di separazione fra due mezzi (in questo caso

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COMMEDIA

la superficie di uno stagno) e ritorna indietro nel primo (nell’aria).

Nei versi 1 6 del canto XIX del Paradiso, Dante parla della rifrazione, che si ha quando un raggio di luce colpisce la superficie di separazione tra due mezzi e in parte è riflesso, in parte attraversa il secondo mezzo, cambiando percorso. Sia i versi 88-96 del canto XXV del Purgatorio sia i versi 10 13 e 16 21 del canto XII del Paradiso descrivono la dispersione che forma l’arcobaleno, mentre i versi 67 69 del canto X del Paradiso descrivono l’alone lunare.

Dante, inoltre, parla anche di alcuni fenomeni della termodinamica, come la fusione (Paradiso, canto II, versi 106-108 e canto XXXIII, verso 64); l’evaporazione (Paradiso, canto XII, verso 15);

l’ebollizione (Inferno, canto XXI, versi 7 9; 16 21), e perfino la sublimazione (Inferno, canto XXIV, versi 4 6) e il brinamento (Paradiso, canto XXVII, versi 67 72).

Infine, i versi 43 54 del canto XXI del Purgatorio dimostrano che Dante conosceva anche il ciclo dell’acqua.

Tutti questi fenomeni fisici sono descritti da un punto di vista qualitativo, non quantitativo: in altre parole, il poeta conosce i fenomeni in sé, mentre non può conoscere le leggi che li regolano, dal momento che esse saranno scoperte solo diversi secoli dopo la sua scomparsa.

Fonti: FilippoSilvestri, “Danteelatecnologia”, SocietàEditrice DanteAlighieri,2018 https://youtu.be/gvqq8YjuxzY http://www.fmboschetto.it/didattica/Dante_e_la_scienza/ vetri.htm https://youtu.be/wIxjlEALmvI

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DANTE ALIGHIERI E LA PUBBLICITA’ di Bianca Riccardi, classe 3G

Il Sommo Poeta comparve per la prima volta su un cartellone pubblicitario nel 1912: si trattava del manifesto della Olivetti per promuovere le macchine da scrivere. Oltre ad essere la prima volta che Dante venne utilizzato all'interno di una campagna pubblicitaria, essa risulta anche la più pertinente alla figura del poeta fiorentino.

Altri manifesti più recenti mostrano Dante come promotore di un'azienda di bricolage domestico, l'Arcansas, e come portavoce della regione Toscana: in quest’ultima pubblicità, egli incita i cittadini a non sprecare la risorse idriche, altrimenti "verranno messi all'inferno".

Il poeta fiorentino fa il suo debutto televisivo nel 2003 sponsorizzando un'azienda di prodotti surgelati: qui un Dante bambino recita il primo verso della Commediaalla nonna e i due si scambiano un paio di battute circa il doppio significato del termine "penna", scritta per l'appunto sulla carta igienica; però in quell'anno Dante si trovava già nella condizione di esule e la Commediaera ben lontana dall'essere conclusa; inoltre Beatrice era già morta.

L'ultima apparizione del poeta sullo schermo viene promossa da un'azienda di telefonia mobile in molteplici spot: uno di questi mostra Virgilio e Dante divertirsi nell'Inferno discoteca; in un altro compare la figura di Caronte, e in un terzo anche quella di Lucifero.

Rimanendo in ambito pubblicitario, all'interno di spot televisivi dove non è presente la figura del poeta fiorentino, ma l'universo dantesco, possiamo trovare Beatrice che sponsorizza un'acqua purgativa e alcuni personaggi del Paradiso che degustano caffè.

Per concludere, ricordiamo che il Sommo Poeta è il volto di una diffusissima marca di olio italiana, però molti non ne sanno il motivo: l'olio era nato con questo nome nel 1898 per ricordare agli italiani che emigravano la propria patria

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PAROLA DI DANTE. DANTE E I MODI DI DIRE di Michela Savi, classe 3G

La DivinaCommediadi Dante ha un ruolo fondamentale nella storia della lingua italiana e molti modi di dire trovano origine nei suoi versi. Vediamo di passare in rassegna le espressioni più interessanti.

Fatremarleveneeipolsi

Al verso 90 del Canto I dell’Inferno Dante, dopo aver ritrovato la strada fuori dalla selva oscura, incontra nuovi ostacoli: tre bestie feroci gli si parano davanti impedendogli il cammino, in particolare una lupa che lo spaventa a morte. L’espressione utilizzata dal poeta è quindi stata ripresa per riferirsi a qualcosa che causa molta paura, terrore, spesso in relazione a compiti gravosi e difficili.

Ioeratracolorchesonsospesi

L’espressione viene pronunciata da Virgilio nel Canto II dell’Inferno al verso 52 ed è utilizzata per indicare l’attesa di qualcosa d'importante come una decisione, un giudizio o un verdetto: chi la pronuncia, quindi, paragona, forse inconsapevolmente, la propria situazione a quella delle anime del limbo che vivono sospese tra il desiderio di vedere Dio e la consapevolezza di non poterlo mai raggiungere.

Nonmitange

Queste parole, usate da Beatrice nel momento in cui spiega al poeta latino di non temere affatto il regno di Lucifero in quanto anima del Paradiso, oggi sono sinonimo di “non mi importa”, “non mi interessa”.

Lasciateognisperanza,voich’ intrate Il Canto III è il più ricco in numero e in diffusione di citazioni, a partire dalla nota iscrizione sulla porta infernale al verso 9. Questa viene utilizzata per riferirsi ad ambienti disagiati o situazioni particolarmente difficili, così come Dante la usa in ammonimento ai dannati rispetto a quanto li attende all’interno dell’Inferno.

Sanza ‘ nfamiaesanzalodo

L’espressione al verso 36 del Canto III oggi ha un valore neutro ad indicare “non male, ma nemmeno bene”. Dante, invece, descriveva in questo modo gli Ignavi, ossia coloro che avevano vissuto la propria vita senza commettere gravi peccati, ma anche senza prendere una posizione.

Nonragioniamdiloro,maguardaepassa

L’autore disprezza a tal punto gli Ignavi che non vuole nemmeno prenderli in considerazione, e a Virgilio fa pronunciare questa famosa frase. L’espressione di sufficienza con cui invita Dante a liquidarli mantiene tutt’oggi un forte accento di disprezzo nei confronti di persone che si comportano in modi ritenuti deplorevoli.

Dalle parole di altri celebri personaggi sono nate altrettante espressioni popolari di ampia diffusione.

Galeottofuillibroechiloscrisse

Della vicenda di Paolo e Francesca ricordiamo il verso 137 del Canto V che è entrato a far parte del linguaggio comune per sottolineare la causa scatenante di una situazione. I due amanti si innamorarono leggendo il racconto dell’amore fra Lancillotto e Ginevra: come Galehaut fu determinante per l’amore adultero, così il romanzo lo è stato per Paolo e Francesca.

Fattinonfosteavivercomebruti

Questa espressione proverbiale è usata oggi come esortazione a vivere come uomini e non come bestie, a darsi un contegno degno della condizione in cui si è. Nel Canto XXVI al verso 119 viene pronunciata da Ulisse che incita i compagni a seguirlo nell’impresa di attraversare le colonne d’Ercole.

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Capohacosafatta

Nel Canto XXVIII al verso 107, Dante cita questo proverbio toscano che in origine era capoha.

berti, che pronunciò il celebre motto durante una riunione indetta per uccidere Buondelmonte dei Buondelmonti. Il significato è che un'azione, quando è stata compiuta, non può più essere modificata.

Làdoveipeccatoristannofreschi

È in questo modo che nel penultimo Canto dell ferno Bocca degli Abati indica a Dante la presenza di Buoso di Dovera in quel girone. La frase è stata rielaborata in cosa che andrà a finire male, mentre nel testo è riferita al ghiaccio in cui le anime sono immerse, colpite inoltre da gelide raffiche di vento prodotte dalle ali di Lucifero.

La potenza, l Dante hanno indotto i suoi contemporanei a sentire la necessità di riprendere le parole lette per utilizzarle in occasioni quotidiane, come testimoniato nel commerciante di biade fiorentino, a pochi anni dalla morte di Dante, nel registro di contabilità per descrivere lo strazio della folla dei poveri affamati cacciati da Siena nel 1329, si affida al canto XXXIII verso 66, esclamando, come il conte Ugolino:” Ahiduraterra,perchénont

BIBLIOGRAFIA

Enciclopedia Treccani

Dizionario Zanichelli

Accademia della Crusca

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For the most of men, you know, “the woman” in her deepest aspects will always remain a mystery, despite the myriad efforts to understand her. Yet there’s always an exception (and what kind of exception!) that confirms “the rule”: in our case, William Shakespeare.

With his extraordinary observational and analytical skills, Shakespeare gave birth to feminine characters of great psychological complexity and strong personality. It’s especially in the female characters that this talent has emerged in a remarkable way: it seems that William Shakespeare knows women more than some women know themselves!

In fact, despite having lived in the sixteenth century, a period characterised by little consideration towards the "fair sex", he managed to portray the main personalities of women and to enhance them, assigning each of these to the different protagonists of his works.

The goal of this article is, therefore, to highlight some Shakespearean women and to show their charm, relevance and universality.

Juliet: the rebellious woman in love

Juliet is a young woman ( only 14 years old) belonging to the Capulet family. Among her qualities generosity, courage and the dreamy spirit stand out. The girl is particularly rebellious, challenges her parents’ will for not respecting the marriage imposed by them. Eventually she’s courageous in committing suicide for her love Romeo.

Her personality, therefore, has a good foundation to be considered as a real contemporary woman: she’s daring, smart and strong-willed. She is also capable of making difficult decisions on her own (nowadays an indispensable feature for a successful woman) and she’s independent ( this quality is shown when she stated that she would have preferred to die free rather than depend on someone she didn’t love).

Juliet, however, also has some weaknesses, such as impulsiveness, inexperience and immaturity.

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PRESENT DAY

Cleopatra: the strong and seductive woman

The figure of Cleopatra lies in a cloud of mystery: the legend of her death has always fascinated the peoples of the whole world.

The queen of Egypt maintained her hegemony by relying on her own audacity, determination and moral strength. In addition she is able to use her amazing seductive power. Although she may seem as a "stone fox"”, a lot of insecurity is hidden inside her elegant armour: she is very jealous, sensitive and touchy.

Cleopatra can therefore be compared to a current career woman, who is apparently perfect, but with the same kinds of weakness as all the other ordinary women reveal.

Viola: the enterprising woman

Viola appears to be the best female creation in Shakespearean comedy: she’s enterprising (in fact she disguises herself as a man and is not afraid to reveal this), magnetic, she feels true love, she is intelligent, strong and very practical. Viola's character lives on the border between reality and imagination. She is a positive and determined person, who is not afraid of doing anything to achieve her goals. In our society she would be a strong and career woman, capable of solving problems with diplomacy.

Nowadays having to dress up as a man to have his same possibilities is not common, but certainly similar dynamics occur: many female writers, for example, in the past, signed their books with male names so as not to let their works go unnoticed. We remember Mary Shelley, Frankenstein’s author,, who signed herself with her husband's name.

Lady Macbeth: the greedy woman

Lady Macbeth is a woman with the same strong desire of power as a man, of who she imitates the high-handed and ambitious behaviour. That’s why she commands and manipulates her husband Macbeth, acting just like a mother towards him. Lady Macbeth does whatever it is needed to get what she wants and her conscience, for a certain time, doesn't seem to be troubled by the murders she takes part. Without a doubt she’s one of Shakespeare's most evil character.

A "Lady Macbeth of today" ,for example, could convince a man to change his house, hisjob or even to get him to be away from the people who love him.

Olivia: the complex woman

Olivia is very similar to the girls of current days: she has a complex, sometimes contradictory, character.

Her main strengths are wealth and beauty (in fact she has many suitors).

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WOMEN: FROM SHAKESPEAREAN TIMES TO THE PRESENT

di Chiara Poltresi, Luca Civilla, Rahma Trabelsi, classe 4E

Also from the point of view of the character she is virtuous, strong, determined, she knows what she wants and thinks on her own. She is also very courageous: although life was very difficult for a single woman in her times. She had decided to be alone for seven long years and not to bond with the first man she could meet.

In her personality, however, there is no lack of egocentrism, narcissism, insistence on her beloved and a strange approach to love (actually, she shows little attachment to his affections).

She is different from her contemporary women, not so much because she is rebellious or revolutionary, but because of her resourcefulness and ability to live without a man.

That’s why she’d integrate well into our society.

Katharina: the grumpy woman

If she had kept her rebellious and independent spirit until the end of history, we could well have placed her in our contemporary social context where women need a certain determination to obtain the gender equality

Desdemona: the pure woman

Desdemona is sweet and innocent, but, at the same time, she’s very determined. She’s aware of her dignity. In fact she freely decides her future husband, even if her father doesn’t agree with her choice.

Besides being beautiful and intelligent, she is a very faithful wife, but it will be her honesty and naivety that will make her defenseless in front of of Iago's accusations and, above all, in front of her husband Othello’s uncontrollable and violent jealousy.

She is so in love with her husband that she is unable to impose herself on him and to tell the true version of events, a mistake that will lead her to die in the hands of the man she loves.

Unfortunately, this type of story is not new to us. Even today we often hear episodes of femicide on the news caused by very jealous or aggressive partners towards women who are too infatuated to report this kind of violence.

Here is our overview of Shakespearean women, each of whom played a central role in the work to which they belong.

Katharina's reputation precedes her own person: everyone in town knows her bad, violent and stinging temper. She doesn't think twice before insulting anyone who annoys her and is very grumpy, especially with men: she’s always angry and bad tempered.

Initially it seems that her strength is a healthy self-love, but at the end of the story not even this aspect "is saved" as the girl lets herself be submitted by her husband.

A comedy can induce a laugh, a tragedy creates a moment of reflection, but both make the audience understand that women are decisive in everyday life and in history. They have to be esteemed because in the past, despite the hostile cultural context and the lack of freedom, education and economic independence, they managed to emancipate themselves more and more.

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PRESENT DAY

It’s Virginia Woolf, the author of the essay "A Room of One's Own" that, by inventing a hypothetical sister of William Shakespeare (Judith) as the protagonist of the events, highlights and condemns the disparity between the sexes, both in the past and in her contemporary society.

In the hope that injustice based on false prejudices will no longer occur, and above all the facts regarding murder and violence towards women, we all believe that a good education of young people can be effective to induce them to value women and not to put them aside. In fact women, with their complexity, refinement and sensitivity, are really capable of great things!

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P.S. Which woman has impressed you the most? And. if you are a girl, which woman reflects you the most?

DONNE: DAI TEMPI DI SHAKESPEARE AI GIORNI NOSTRI di Chiara Poltresi, Luca Civilla, Rahma Trabelsi, classe 4E

Per la maggior parte degli uomini, si sa, la donna nei suoi aspetti più profondi rimarrà sempre un mistero, nonostante i mille sforzi di comprenderla. C’è sempre, però, un’eccezione (e che eccezione!) che conferma “la regola”: nel nostro caso, William Shakespeare.

Con la sua straordinaria capacità osservativa e la sua eccellente abilità analitica, Shakespeare ha dato vita a personaggi dalla grande complessità psicologica e dalla marcata personalità. È soprattutto nei personaggi femminili che questo suo talento è emerso in maniera spiccata: pare che William Shakespeare conosca le donne più di quanto alcune donne conoscano se stesse!

Egli, infatti, nonostante abbia vissuto nel XVI secolo, periodo di poca considerazione nei confronti del “gentil sesso”, è riuscito ad individuare le principali personalità della donna e a valorizzarle, attribuendo ognuna di queste alle diverse protagoniste delle sue opere. L’obiettivo di questo articolo è quindi quello di proporre alcune donne shakespeariane e di mostrarne il fascino, l’attualità e l’universalità.

Giulietta: la donna ribelle e innamorata

Giulietta è una giovane donna (14 anni) appartenente alla famiglia dei Capuleti. Tra i suoi pregi spiccano la generosità, il coraggio e lo spirito sognatore. La ragazza si è dimostrata particolarmente ribelle nello sfidare il volere dei propri genitori, non rispettando il matrimonio da loro imposto, e coraggiosa nel suicidarsi per amore di Romeo

La sua personalità ha quindi buone basi per diventare quella di una donna contemporanea: ella è ardita, intelligente e volitiva. Inoltre, è in grado di prendere decisioni difficili da sola (al giorno d’oggi caratteristica indispensabile per una donna di successo) ed è indipendente (qualità dimostrata nel momento in cui affermò che avrebbe

preferito morire libera piuttosto che dipendere da qualcuno).

Anche Giulietta, però, presenta alcuni punti di debolezza, quali l’impulsività, l’inesperienza e l’immaturità.

Cleopatra: la donna forte e seducente

La figura di Cleopatra si cela in una nube di mistero: la leggenda della sua morte affascina i popoli di tutto il mondo.

La regina d'Egitto ha mantenuto la sua egemonia contando sulla propria audacia, determinazione e forza morale, oltre a servirsi di uno strabiliante potere seduttivo. Nonostante possa sembrare una “donna tutta d’un pezzo”, all’interno della sua elegante corazza si nasconde molta insicurezza: è molto gelosa, suscettibile e permalosa.

Cleopatra può quindi essere paragonata ad un’attuale donna in carriera, apparentemente perfetta ma con le stesse debolezze di tutte le altre.

Lady Macbeth: la donna avida

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Lady Macbeth è una donna desiderosa di potere al pari di un uomo, del quale imita il comportamento prepotente e ambizioso. È proprio per questo che comanda e manipola il marito Macbeth, comportandosi come una madre nei suoi confronti. Lady Macbeth fa tutto il necessario per ottenere ciò che vuole e la sua coscienza non sembra essere turbata dagli omicidi a cui ha preso parte. È senza ombra di dubbio il personaggio più malvagio di Shakespeare.

Una “Lady Macbeth dei giorni nostri” potrebbe, ad esempio, convincere un uomo a cambiare casa, lavoro o anche allontanarlo dalle persone che lo amano

Viola: la donna intraprendente

Viola pare essere la miglior creazione femminile nella commedia shakespeariana: è intraprendente (infatti si traveste da uomo e non ha paura di rivelarlo), magnetica, prova il vero amore, è intelligente, forte e molto partica.

Il personaggio di Viola vive nel confine tra realtà e immaginazione. È una persona positiva e determinata, che non ha paura di compiere follie per raggiungere i suoi obiettivi. Nella nostra società sarebbe una donna forte e in carriera, capace di risolvere i problemi con diplomazia.

Ai giorni nostri doversi travestire da uomo per avere le sue stesse possibilità non è cosa comune, ma sicuramente avvengono dinamiche simili: molte scrittrici, per esempio, hanno firmato i loro libri con nomi maschili per non far passare inosservate le loro opere. Ricordiamo Mary Shelley, l'autrice di Frankenstein, che si firmò col nome di suo marito.

Olivia: la donna complessa

Olivia è molto simile alle ragazze di oggi: ha un carattere complesso, talvolta contraddittorio.

I suoi principali punti di forza sono la ricchezza e la bellezza (infatti ha molti corteggiatori).

Anche dal punto di vista caratteriale è virtuosa, forte, determinata, sa quello che vuole e ragiona di testa sua. È anche molto coraggiosa: nonostante ai suoi tempi la vita per una donna single fosse molto difficile, decise di rimanere sola per sette lunghi anni e di non legarsi al primo uomo che capitava.

Nella sua personalità non mancano però egocentrismo, narcisismo, insistenza nei confronti del suo amato e uno strano approccio all’amore (si dimostra, in realtà, poco attaccata ai suoi affetti).

È diversa dalle donne a lei contemporanee, non tanto perché ribelle o rivoluzionaria, ma quanto per la sua intraprendenza e capacità di vivere senza un uomo.

Per questo motivo si integrerebbe bene nella nostra società.

25 NOSTRI

DONNE: DAI TEMPI DI SHAKESPEARE AI GIORNI NOSTRI di Chiara Poltresi, Luca Civilla, Rahma Trabelsi, classe 4E

Desdemona: la donna pura

Desdemona è dolce e innocente, ma allo stesso tempo molto determinata.

È una donna libera e consapevole della propria dignità, di fatti sceglie da sola il proprio futuro marito nonostante il padre non sia d’accordo. Oltre ad essere bella e intelligente, è una moglie molto fedele, ma sarà proprio la sua onestà e ingenuità a renderla indifesa di fronte alle accuse infime di Iago e all’incontrollabile e violenta gelosia del marito Otello.

È talmente innamorata del marito che non riesce, però, a imporsi su di lui e a raccontare la vera versione dei fatti, errore che la porterà alla morte per mano dell’uomo che ama.

Questo tipo di vicenda purtroppo non ci è nuova: tutt’oggi capita spesso di sentire al telegiornale episodi di femminicidi da parte di compagni molto gelosi o aggressivi nei confronti di donne troppo infatuate per denunciare le violenze.

Ecco terminata la nostra panoramica sulle donne shakespeariane, ciascuna delle quali ha ricoperto un ruolo centrale nell’opera a cui appartiene.

Una commedia può provocare una risata, una tragedia invece un momento di riflessione, ma entrambe ci fanno capire che le donne, tanto quanto gli uomini, sono determinanti nella quotidianità e nella storia. Esse sono da stimare in quanto in passato, nonostante l’ostile contesto culturale e la mancanza di libertà, istruzione ed indipendenza economica, sono riuscite ad emanciparsi sempre più.

È Virginia Woolf, autrice del saggio “Una stanza tutta per sé” che, ponendo come protagonista delle vicende un’ipotetica sorella di William Shakespeare (Judith), evidenzia e condanna la disparità tra i sessi, tanto all’epoca quanto ai giorni nostri.

Nella speranza che certi impedimenti ingiusti e basati su falsi pregiudizi non si verifichino più, per non parlare di omicidi e violenze, ci si augura che una buona educazione dei giovani li induca a valorizzare le donne e non a metterle da parte, perché esse con la loro complessità, raffinatezza e sensibilità sono capaci di grandi cose!

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P.S. Quale donna ti ha colpito maggiormente? Se sei una ragazza, quale donna ti rispecchia di più?
NOSTRI

FAHRENHEIT 451: SEEING THE WORLD THROUGH SOMEONE

di Giovanni Cerati, classe 5B e Elisa Villa, 4F

“Fahrenheit 451” is a dystopic novel written by Ray Bradbury. The story takes place in a world just like ours, but where books are banished, there are no relationships between people and everything is controlled by the media. In this place people spend their empty time watching TV and avoiding everything that could spoil their own superficial happiness.

That’s why Guy Montag, the main character, is a fireman who burns books instead of extinguishing fires: because reading makes people understand they don’t have control over the world and, finally, their own lives.

Montag has been living the same old dull life for years with his wife Mildred, but the real twist in his existence is given to him by the few minutes spent with another woman, Clarisse McClellan. The value of these two kinds of relationships doesn’t depend on the time the characters spend together, but by the connection between them. The mentioned turning point lies in the moment when Montag “saw himself in her eyes […], dark and tiny […], her eyes were two miraculous bits of violet amber that might capture and hold him intact.” It’s when Montag stops for a moment and looks at the dew, the flowers, the moon, that he realises who he truly is. It’s when he sees all these things through Clarisse’s eyes, that he dissipates no more.

On the other hand, Montag’s wife, Mildred, sees nothing but her house, the TV that covers the living room walls. By some means, she looks at the world too, but in a comfortable way, through the contents that the media decides to show her. Mildred’s eyes only focus on the things that can keep her busy and that’s why they don’t allow Montag to change.

Somehow, we could even say that Clarisse is the equivalent of Beatrice in Dante’s life. Before meeting Clarisse, in fact, Montag’s existence was so monotonous that he couldn’t even remember what his past years looked like; he couldn’t even

recall to mind the circumstances in which he met his wife, Mildred, for the first time.

Similarly, Dante, in the incipit of “Vita Nova”, writes: “In the book of my memory the part of it before which not much is unforgettable there is a heading that says: “Here begins the VitaNova.” Dante’s memories of his past existence start from his encounter with Beatrice: the birth of his feelings for her is the beginning of VitaNova , of his new life. From that moment on, Dante becomes conscious of the world that surrounds him

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SOMEONE ELSE'S EYES

and he can finally start to remember. It is the same for Montag. Thanks to Clarisse, he starts building his own identity, his own memory. Proof of this is the fact that he’ll even manage to learn a book by heart. From his meeting with Clarisse, a “Vita nova” opens for Montag and it is all about an abundance of memories and anecdotes, that needs to be passed on to whoever comes next. In addition, there’s also the fact that it’s the figure of Clarisse that makes Montag’s journey dynamic: it turns on his desire and makes him begin his trip from the SelvaOscura:

the feeling of dissatisfaction and uselessness, to Paradiso : the consciousness that there’s something more.

So, if the family on TV says “nothing, nothing, nothing”, at the end of the book Montag will discover there’s “something, something, something” more, that goes beyond those four walls: there’s hope, there’s the possibility of a better world and he is finally willing to look for it.

But is it possible for us to experience the same change Montag lived?

We think it’s possible. We want to believe that a person can actually change us inside, inspiring us to become a better version of ourselves. Montag turning the corner and meeting Clarisse remembers us about the times we turned the corners of our blue octagons and bumped into someone fascinating, or a friend, between the dull and grey hours of lesson. In these moments the school takes colour. These meetings add “something” to our student life. Moreover, seeing someone being passionate in class can motivate us to work harder, to engage ourselves in school just like that classmate of ours.

However, these days, this kind of encounter can’t happen the same way, because we can’t walk along the street or in the school hallways, meeting our Clarisse, the person who improves our world insight.

Despite that, we can still live other types of encounters at home, doing activities such as reading a book, watching a movie, things that will turn on our desire. We could experience this time as a chance to get ourselves ready for the meetings that are waiting for us in the future, so that, maybe one day, we’ll be able to become the Clarisse of someone else’s story.

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FAHRENHEIT 451: VEDERE IL MONDO ATTRAVERSO di Giovanni Cerati, classe 5B e Elisa Villa, 4F

Fahrenheit 451 è un romanzo distopico scritto da Ray Bradbury. La storia è ambientata in un mondo come il nostro, ma dove i libri sono stati banditi, non ci sono relazioni tra le persone e tutto è controllato dai media. In questa realtà le persone trascorrono il loro tempo a guardare la TV e ad evitare tutto ciò che potrebbe rovinare la loro felicità superficiale.

Ecco quindi perché Guy Montag, il personaggio principale, è un pompiere che brucia libri invece di spegnere incendi: perché leggere fa capire alle persone di non avere controllo sul mondo e sulla propria vita.

Montag vive la stessa noiosa vita da anni con sua moglie Mildred, ma il vero cambiamento nella sua esistenza avviene grazie ai pochi minuti trascorsi con un'altra donna, Clarisse McClellan. Il valore di questi due tipi di relazione non dipende dal tempo che i personaggi trascorrono insieme, ma dalla connessione che si viene a creare tra essi.

La svolta sta nel momento in cui Montag "si vide con gli occhi di lei [...], nero e piccino [...], gli occhi di lei erano due miracolosi pezzi d’ambra violetta, capaci di catturarlo e mantenerlo intatto". È quando Montag si ferma per un attimo e guarda la rugiada, i fiori, la luna, che si rende conto di chi è veramente. È quando vede tutte queste cose attraverso gli occhi di Clarisse, che non si disperde più. Dall’altro lato c’è la moglie di Montag, Mildred, che non vede altro che la sua casa, la TV che copre le pareti del soggiorno. In un certo senso anche lei vede il mondo, ma in modo confortevole, attraverso i contenuti che i media decidono di mostrarle. Gli occhi di Mildred si concentrano solo sulle cose che possono tenerla occupata ed è per questo che non permettono a Montag di cambiare.

In qualche modo potremmo dire che Clarisse è l'equivalente di Beatrice nella vita di Dante. Prima di incontrare Clarisse, infatti, l'esistenza di Montag era così monotona che egli non riusciva nemmeno a ricordare del suo passato; non riu-

Fanon riusciva nemmeno a richiamare alla mente le circostanze in cui aveva incontrato sua moglie, Mildred, per la prima volta.

Allo stesso modo, Dante, nell'incipit della "Vita Nova", scrive: "In quella parte del libro della mia memoria, prima della quale ricordo ben poco, c'è un titoletto che recita: "Qui comincia la vita nuova".

I ricordi di Dante della sua esistenza passata partono dall’incontro con Beatrice: la nascita dei suoi sentimenti per lei è l'inizio della VitaNova,

GLI OCCHI DI UN ALTRO

della sua nuova vita. Da quel momento in poi, Dante diventa consapevole del mondo che lo circonda e può finalmente iniziare a ricordare. È lo stesso per Montag. Grazie a Clarisse infatti, inizia a costruire la propria identità, i propri ricordi. Ne è prova il fatto che riuscirà persino a imparare un libro a memoria. Dal suo incontro con Clarisse, si apre una "Vita nova" per Montag, fatta di abbondanza di ricordi e aneddoti, che deve essere trasmessa a chiunque verrà dopo.

Inoltre, c'è anche il fatto che è la figura di Clarisse a rendere dinamico il viaggio di Montag. Ella accende il suo desiderio e gli fa iniziare il viaggio dalla SelvaOscura:la sensazione di insoddisfazione e inutilità, al Paradiso:la consapevolezza che esiste qualcosa di più.

Quindi, se la famiglia in tv dice "niente, niente, niente", alla fine del libro Montag scoprirà che c'è "qualcosa, qualcosa, qualcosa" di più, che va oltre quei quattro muri: c'è speranza, c'è la possibilità di un mondo migliore e lui è finalmente disposto a inseguirla.

Ma è possibile per noi sperimentare lo stesso cambiamento vissuto da Montag?

Noi pensiamo che sia possibile. Vogliamo credere che una persona possa davvero cambiarci dentro, ispirandoci a diventare una versione migliore di noi stessi.

Montag girando l'angolo e incontrando Clarisse ci ricorda dei tempi in cui girando gli angoli dei nostri ottagoni blu ci siamo imbattuti in qualcuno di affascinante, o in un amico, tra le grigie e noiose ore di lezione. In questi momenti la scuola prende colore. Questi incontri aggiungono "qualcosa" alla nostra vita studentesca. Inoltre, vedere qualcuno appassionato in classe può motivarci a lavorare di più e lasciarci maggiormente coinvolgere dalla scuola, proprio come quel nostro compagno di classe.

Tuttavia in questi giorni, questo tipo di incontro non può accadere allo stesso modo, perché non possiamo camminare lungo la strada o nei corridoi della scuola, incontrando la nostra Clarisse, la persona che migliora la nostra percezione del mondo.

Nonostante ciò però, possiamo ancora vivere altri tipi di incontri a casa, svolgendo attività come leggere un libro, guardare un film, fare cose che accendono il nostro desiderio.

Potremmo vivere questa esperienza come un'occasione per prepararci agli incontri che ci aspettano in futuro, in modo che, forse un giorno, saremo in grado di diventare la Clarisse della storia di qualcun altro.

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LETTERE DA UN SAGGIO NELLA PANDEMIA

LETTERE IMMAGINARIE DA PARTE DI SOCRATE, EPICURO, ZENONE LO STOICO, AD UNA PERSONA IN CERCA DI CONSOLAZIONE O DI CONSIGLI NEL TEMPO DELLA PANDEMIA degli studenti di 3^F e di 3^G

Cara Francesca, so che in questo periodo, a causa della pandemia di coronavirus, la tua quotidianità ha subito numerosissimi cambiamenti: prima potevi uscire molto più spesso e potevi fare ogni sorta di attività all’aperto, mentre ora, viste le limitazioni necessarie per arginare la diffusione del virus, non puoi più dedicarti a queste attività così liberamente.

Ti scrivo per darti dei consigli, affinché tu riesca a raggiungere la libertà anche in questo difficile momento, in cui tu ti senti imprigionata da limitazioni di ogni tipo.

Ricordati infatti che, anche se ti senti incatenata, la libertà interiore si può sempre raggiungere. Per farlo, però, devi ricercare l’apatia, ed evitare così di farti travolgere dalle emozioni, che sono delle vere e proprie malattie. Pertanto, proprio perché fanno male, te ne devi liberare. Infatti, come puoi notare facilmente guardandoti intorno, le emozioni ti portano ad assumere comportamenti errati e sconvenienti, e influenzano notevolmente i tuoi atteggiamenti di fronte alla realtà. Infatti, quante persone hai visto che, spinte da un’eccessiva paura del virus, arrivano addirittura a negarne la presenza o, al contrario, sono talmente invasi dall’angoscia che faticano ad uscire di casa, per paura di ammalarsi, contraendo il virus?

È quindi importante che tu non ti lasci vincere dall’angoscia, perché altrimenti, anche laddove le leggi ti permettessero di svolgere determinate attività all’aria aperta, tu rischieresti di non uscire comunque di casa per via della paura. Questo comportamento, concorderai con me, andrebbe ad appesantire notevolmente la situazione che stai vivendo, e di certo costituirebbe un notevole ostacolo per il raggiungimento della felicità.

Per evitare le emozioni devi invece farti guidare dalla ragione e devi avere fiducia nella provvidenza. Solo in questo modo potrai finalmente raggiungere la libertà, che però, bada bene, non significa fare tutto ciò che si vuole, ma significa

usare la ragione per comprendere la realtà che ci circonda e la situazione in cui ci si trova. E di sicuro in questo periodo è più importante e porta più benefici utilizzare la ragione che non fare tutto ciò che si vuole, magari anche trasgredendo la legge, come invece fanno coloro che non sono saggi e che pertanto, non ricercando la virtù, si fanno vincere dalle emozioni.

Sappi infatti che il periodo di pandemia che stai vivendo e tutto ciò che sta accadendo fanno parte di un ordine razionale e, dunque, è bene che accadano e non porteranno solo sofferenza. Sappi infatti che la natura non pone le cose a caso, ma le fa per il nostro bene.

Quindi ti do un consiglio: anche se ora probabilmente il tuo punto di vista è molto ristretto e non riesci comprendere il bene che può derivare da questa drammatica situazione, sforzati di usare la ragione perché solo in questo modo, prima o poi, riuscirai ad accettare il dolore e la sofferenza che la pandemia ha suscitato in te, e riuscirai così a rimanere impassibile di fronte ad esso, evitando di farti dominare dalle emozioni. Inoltre, grazie alla ragione, sono sicuro che col tempo riuscirai a scorgere che ciò che sta avvenendo porterà al bene, perché, come ti ho detto, è voluto dal destino.

Dunque, avrai sicuramente compreso che la cosa più importante è la ragione. Ti avverto però che usarla e sfruttarla al meglio non è affatto cosa semplice: te lo devi imporre, perché altrimenti, ci tengo a ribadire il concetto, ti farai guidare del tutto dalle emozioni, che costituiscono un ostacolo per il raggiungimento della serenità.

Ti saluto con un augurio: non farti scoraggiare dal dolore, perché fa parte del percorso della tua vita. Vivi, piuttosto, secondo ragione e abbi fiducia nella provvidenza. Solo in questo modo riuscirai a diventare una persona saggia e a raggiungere la virtù, la quale, inevitabilmente, ti porta alla felicità.

E in questo difficile periodo cercare di raggiungere la felicità è sicuramente la cosa più importante.

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Caro Tommaso,

Come tutti purtroppo abbiamo potuto accurare, la situazione che stiamo vivendo è davvero difficile, ma c’è sempre la possibilità di trovare una soluzione cercando a fondo dentro di noi. Con questa lettera quindi, nonostante io preferisca indubbiamente il dialogo reale, proverò a guidarti e accompagnarti in questa tua ricerca, dandoti qualche consiglio.

Per prima cosa, a parte tutte le regole e le limitazioni a cui siamo sottoposti, questo periodo può anche portare qualcosa di buono per ognuno di noi. Questa situazione può offrirci del tempo che possiamo usare per conoscerci più a fondo. Chiunque dovrebbe trovare dei momenti per guardarsi dentro e capire cosa vuole davvero e quali sono le sue vere potenzialità. Può essere difficile fare questo percorso da solo, infatti solitamente è tramite il dialogo che l’interlocutore raggiunge ciò che stava cercando, ma la solitudine non è un ostacolo invalicabile, per quanto sia importante il confronto con gli altri. Dovrai comportarti da maieuta di te stesso, porti le domande giuste utilizzando quell’ironia che caratterizza la

prima parte dei miei dialoghi, e in fine cercare dentro di te la risposta. Capisco che lo sforzo può essere molto e che a volte non si sa proprio come affrontare qualche problema, ma se ne avrai bisogno potremmo sempre instaurare un nostro dialogo via lettera, e magari, quando la situazione si sarà risolta, potremo anche incontrarci di persone e dialogare nella realtà.

Un altro importante consiglio che mi sento di darti in questo momento è quello di essere capaci di metterti in dubbio. Non essere mai presuntuoso, soprattutto in questo periodo in cui le conoscenze che abbiamo di questo virus sono molte volte incomplete, sparse e anche sbagliate. Cerca invece il dialogo per quanto possibile, se non fisicamente almeno usando tutti i dispositivi di cui disponete in quest’epoca. Ascolta interviste a studiosi e ricercatori, anche con parere opposto al tuo, leggi articoli il più aggiornati possibili e cerca di parlarne anche con i tuoi amici. In mancanza di un dialogo vero e proprio, a causa di tutte le regole a cui siamo sottoposti, bisogna comunque trovare un modo per raccogliere quanti più pareri possibili, perché solo attraverso il

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LETTERE DA UN SAGGIO NELLA PANDEMIA

LETTERE IMMAGINARIE DA PARTE DI SOCRATE, EPICURO, ZENONE LO STOICO, AD UNA PERSONA IN CERCA DI CONSOLAZIONE O DI CONSIGLI NEL TEMPO DELLA PANDEMIA

dialogo e la condivisione dei pareri l’uomo può avvicinarsi alla verità.

Inoltre ricordati l’importanza dei contatti con le altre persone e soprattutto con i tuoi amici. Grazie alle tecnologie moderne è diventato molto più facile rimanere in contatto e avere delle conversazioni, quindi un altro mio consiglio è quello di mantenere vivi i rapporti con gli altri, perché proprio grazie agli altri, molte volte, l’uomo riesce a provare quei sentimenti che se vengono orientati al bene possono dare la spinta necessaria a superare le difficoltà.

Ricorda però che in questi momenti è importantissimo rispettare le regole e le norme che sono state stabilite. Infatti devi sempre mantenere vivo quel senso del dovere, il quale spinge tutte le persone razionali a fare dei sacrifici per la società. Una delle lezioni più importanti che questa pandemia ci ha dato è stata proprio quella che ogni uomo ha bisogno degli altri, anche se a distanza, e che la collettività è più importante della singola persona. Per esempio il dovere di mantenere la mascherina chirurgica ci insegna che se tutti ci impegniamo a proteggere gli altri, di conseguenza tutti saremo protetti.

Anche come studente il senso del dovere e l’onestà hanno assunto dei significati molto più profondi durante la pandemia. Per quanto sia facile cedere alla tentazione, ti consiglio sempre di pensare razionalmente: copiare serve davvero a qualcosa? Alla fine ciò che conta è il voto in sé, oppure quello che riesco ad imparare e fare mio? Come mio ultimo consiglio mi sento di darti quello di non arrenderti mai. Per quanto la situazione possa essere complicata, nonostante le infinite difficoltà in cui possiamo incorrere, se ognuno fa il suo dovere razionalmente e si impegna per la collettività si può superare ogni cosa. So che hai un esempio concreto di questo molto vicino a te: tua madre in questo periodo non si è mai tirata indietro. Sapeva le difficoltà a cui andava in contro eppure ha capito che doveva compiere il suo

dovere di medico, mettendo a rischio anche sé stessa. In ogni momento il suo pensiero era rivolto ai suoi colleghi e ai pazienti, è questo senso di collettività che ci sta aiutando a superare questo momento.

Concludendo, spero che leggerai questa lettera con curiosità e attenzione, ma soprattutto che sarai pronto a scrivermi una risposta in cui mi illustri il tuo modo di vedere le cose. Abbandona la presunzione, riconosci di non sapere tutto e sappi che se vorrai potrò darti da guida.

Dialogando insieme troveremo anche la tua verità.

Attendo una tua lettera. Socrate

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Cara Sveva, ho ricevuto una lettera da tua madre. In essa esprimeva il suo timore nei tuoi confronti, nel tuo cambio di atteggiamento e la preoccupazione per la tua salute.

I tempi sono duri, e probabilmente il cambio di stile di vita indotto da questa pandemia non ho giovato al tuo essere. Essere costretti a limitare il contatto umano con gli altri, rimanendo a casa o addirittura quando li si incontra per strada non è il massimo. Soprattutto per te, che a conoscerti, so che la situazione ti preme molto. È solitudine questo periodo. Sai, la solitudine, come la fame e la sete, si preoccupa per la tua salute. Mentre i primi si interessano del tuo star bene fisicamente, la terza si interessa del tuo star bene socialmente, con origini che si riconducono alla nostra origine primitiva per aumentare le nostre probabilità di sopravvivenza Ma sto divagando. Il punto è: ti fa stare male non potere legare con gli altri come facevi di solito, non ti rende felice, ti priva di un bene, uno “necessario” come li chiamo io.

Tua madre, nella lettera in questione, mi ha anche detto che hai preso a bere più intensamente ultimamente. Ah, bere, che bella cosa! Ti permette di liberarti delle preoccupazioni e dei timori, così da essere spensierato e Felice? Ma è davvero felicità? Quella che ti in poche ore ti lascia da solo, senza energia, peggio di prima?

Io so che dopo grande felicità, quando si raggiunge il punto più alto fino a toccare il cielo, l’unica cosa che si può fare è solo ricadere sempre più in basso; io credo anche, anzi so, un modo per evitare di stare male, essere sempre soddisfatti.

Hai mai sentito parlare delle parole aponia e atarassia? Parole complesse, lo so, ma non farti spaventare da loro, sono tue amiche. Esse significano (con adeguate semplificazioni) mancanza di turbamento. Vedi, mia cara Sveva, prova ad immaginarti una linea. Una linea che va avanti nel tempo, che rappresenta quello che senti, che ti rappresenta. Ogni volta che provi qualcosa, “l’onda” della linea si sposta. Quando sei triste essa si sposta verso il basso, quando sei felice verso l’alto, magari quando sei arrabbiato verso sinistra, ecc. ma ogni singola volta, essa ritornerà al suo punto iniziale, com’era prima. Capirai quindi che tenere quell’onda molto in alto, continuamente, è difficilissimo, impossibile oserei dire. Invece mantenerla costantemente poco in alto, vicino al punto dove riposerebbe normalmente, è tutt’altro che complicato.

Esistono tre tipi di bisogni che possiamo soddisfare:

Quelli naturali e necessari, che sono quelli che si impegnano a mantenere la tua salute per il tuo vivere;

Quelli naturali ma non necessari, che sono estensione dei primi, ma che cercano di più, che evolvono in qualcosa che non è strettamente necessario, ma che ci dà comunque piacere;

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LETTERE DA UN SAGGIO NELLA PANDEMIA

LETTERE IMMAGINARIE DA PARTE DI SOCRATE, EPICURO, ZENONE LO STOICO, AD UNA PERSONA IN CERCA DI CONSOLAZIONE O DI CONSIGLI NEL TEMPO DELLA PANDEMIA

E infine quelli non naturali e non necessari, che sono una terribile esagerazione alla ricerca di cose che non ci servono, e sono solo fonte dei nostri desideri.

Il segreto è abbracciare l’umiltà, e seguire solo i primi due, anzi, principalmente i primi, che sono i più veri e concreti simboli della felicità, e ti garantiranno di potere stare sempre al di sopra della barra, senza mai cadere.

Temo di poterti avere confuso, quindi per sicurezza mi ripeterò. Se non sei felice, cerca di assecondare solamente ciò che trovi essenziale per il tuo organismo (magari qualche volta puoi anche allungare il gomito sui bisogni naturali non necessari. Bada bene però, solo qualche volta!), ed evita totalmente le emozioni intense dei bisogni non naturali, che sconvolgeranno il tuo equilibrio. E se ti senti sola, per soddisfare il tuo bisogno, fai una chiamata a qualcuno. I giovani d’oggi utilizzano persino i computer! Non è la stessa cosa, ma se si tratta di soddisfare il bisogno primario, non sarai delusa. Questa è la chiave per la vera felicità. Questa è la chiave per stare bene.

Spero che questa lunga lettera ti aiuti almeno a “sopravvivere” (ma lo so che per te non mi devo preoccupare, sei sempre stata una ragazza forte) questi anni “interessanti”, e prego di poterti rivedere presto.

Epicuro

Da Epicuro al mio caro amico Gabriele

Sono passati numerosi anni dal periodo in cui ho vissuto ma mi sono reso conto che in questo periodo, a causa della pandemia globale, le certezze e le abitudini che le persone avevano sono state completamente alterate. In particolare le persone della tua età, come mi avevi scritto in precedenza, stanno vivendo un periodo difficile. Mi hai raccontato di come, a causa della pandemia, ciò che amavi fare e ciò che ritenevi fondamentale è crollato, un po’ come se ti sentissi privato dei tuoi beni necessari. In realtà per essere felici è necessario basarsi solamente sui beni naturali e necessari, ovvero sulle necessità primarie dell’uomo.

Posso comprendere come per un ragazzo abituato ad uscire, divertirsi e stare a contatto con gli altri ciò che ti dico possa sembrare quasi utopistico. Il mio consiglio per riuscire a comprendere, è osservare la società in cui sei immerso, le persone sono in costante frenesia, vi è un perenne movimento in quanto l’uomo, nonostante i grandi progressi scientifici, non riesce, nella maggior parte dei casi, a raggiungere la felicità. Questo perché l’uomo brama desideri esagerati e non capisce che la felicità risiede nelle piccole cose,

ovvero nei bisogni primari che garantiscano stabilità. Per esempio mi hai raccontato di come tu non possa praticare più calcio, attività da te considerata fondamentale e insostituibile.

Quando potevamo ancora parlarci mi hai raccontato di come le partite fossero stressanti e allo stesso tempo vi era una costante competizione per riuscire ad ottenere il cosiddetto “posto da titolare”. Come ben sai, dopo certamente aver studiato la mia vita, l’uomo deve aver bisogno di aponia e atarassia. Dal mio punto di vista devi cercare di superare la tua difficoltà pensando a come la tua vita possa essere felice e bella anche senza il calcio, senza di esso puoi vivere un periodo di maggiore serenità in cui non sei sottoposto a tensione costante, la felicità infatti è garantita da una condizione di “pace” in cui non vi siano sollecitazioni e turbamenti esterni.

Inoltre potrai avere maggiore tempo libero da investire in attività, magari più semplici, che prima non ritenevi importanti. Ciò non esclude che devi abbandonare la tua passione per il calcio, semplicemente ti suggerirei di riflettere se effettivamente vale la pena di provare tensione per riuscire ad avere la felicità. Sicuramente in questo momento starai pensando che un giovane ha bisogno di dare emozione alla vita, il cosiddetto effetto sorpresa, il quale ti possa cambiare la vita; in conclusione penserai che un giovane ha bisogno di sperimentare. In parte sono d’accordo con te, per l’uomo è fondamentale trovare quei piaceri che gli permettano di stare bene. La mia avvertenza è che questi piaceri non devono provocare turbamento nel tuo animo, e soprattutto questi non sono bisogni e quindi non sono indispensabili alla tua sussistenza e felicità.

Prenditi pure del tempo per riflettere e conoscere te stesso.

Ritornando alla pandemia, nella scorsa lettera mi hai chiesto la ragione per cui la tua divinità non interviene a porre fine all’esorbitante numero di

morte e sofferenza, confesso che questa domanda è particolarmente ricorrente anche tra gli uomini del mio periodo. Come sai le divinità, qualsiasi esse siano, vivono in una condizione di perfetto equilibrio e per non alterare la loro condizione non intervengono nelle vicende umane. Vi sarebbe poi una grande discussione da fare sulle divinità, ma non penso sia questa la lettera giusta per affrontare questo argomento.

Giungiamo all’ultimo punto, riguardante la morte del tuo coniglio. Ti avevo suggerito di pensare alla morte come il termine delle sofferenze. Mi ricordo la risposta che mi diedi, ovvero che il tuo coniglio era morto improvvisamente in seguito all’attacco di un cane, mi dissi che non potevi concepire la sua morte come la fine delle sofferenze in quanto era un animale sano e non sarebbe dovuta accadere una cosa simile. Seppur anch’io sia rattristato per la “sorte” del tuo animale posso tentare di spiegarti e confortarti: come sai tutte le cose sono fatte da atomi i quali sono soggetti al funzionamento del meccanismo, allo stesso modo il tuo coniglio è stato vittima di un complesso sistema incontrollabile all’uomo. Lo stesso ragionamento si potrebbe applicare alle numerose vittime innocenti del covid, di cui mi parlavi in precedenza. Ovviamente non dimenticarti che l’uomo avrà sempre l’occasione di compiere un’azione libera, grazie al clinamen potrà cogliere l’occasione di cambiare la sua situazione.

Spero che la mia lettera ti possa aiutare a superare i tuoi problemi, scrivimi ancora se hai altre difficoltà e soprattutto godi della tua felicità e non turbarti inutilmente

Il tuo Epicuro

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SE TUTTO VA BENE, SIAMO ROVINATI di Samuele Fusi, classe 5A

Il treno AV9611, partito da Milano Porta Garibaldi e diretto a Napoli Centrale fendeva sicurola pianura. Al suo interno, più precisamente nella terza carrozza di seconda classe, un signore di mezza età osservava con distacco il paesaggio. La vertiginosa monotonia di quanto vedeva gli suscitò una nota di ribrezzo, abituato com’era alle colline della Brianza. Portava una camicia azzurra un po’ sudaticcia - e sopra di essa un completo beige che creava una sgradevole monocromia con la pelle olivastra. Dinanzi a lui sedeva il suo compagno di viaggio. Erano diretti a Roma, decisi ad assistere alla finale di Coppa Italia, che, essendo un derby fra le due milanesi, si preannunciava infuocato.

“Per chi voterai alle prossime elezioni?”.

La domanda gli era stata rivolta da Fede, il compagno di viaggio appunto. Consigliere nel loro piccolo comune e assiduo frequentatore dei più disparati circoli culturali. La barba oculatamente folta e gli occhiali da intellettuale, un po’ vezzosi, lasciavano intuire il suo orientamento politico. L’uomo emise un sospiro e disse: “In tutta sincerità non credo proprio di votare”.

Fede storse il viso in una smorfia di disappunto. Queste frasi semplicistiche e banali, a suo giudizio superate persino nei bar, lo avevano sempre irritato. “Spiegati meglio”.

La giacca beige spostò lo sguardo dal finestrino del treno. Adesso l’amico era nel suo campo visivo. “Ammiro molto la tua passione e il tuo impegno civile ora lo guardava dritto negli occhi ma non credo che il voto, il nostro sistema, sia ancora valido. Me lo sono chiesto per anni, ma negli ultimi tempi ne ho avuto la certezza. La democrazia è un cadavere in decomposizione. E non so nemmeno dirti se sia un bene o un male.” Fede chiuse definitivamente la Gazzetta dello

Sport. La conversazione aveva preso una piega imprevista. I probabili schieramenti di Inter e Milan, le dichiarazioni dei due tecnici, su cui non aveva ancora esaurito le proprie riserve, non furono più di suo interesse.

“Come ti ho detto, è una considerazione che ho maturato da un po’ di tempo, ma l’ho intesa nitidamente quando, durante la pandemia, proprio nel momento di massima crisi, la democrazia è stata messa da parte, sostituita da qualcos’altro . Lì ho letto chiaramente il suo necrologio. Negli attimi in cui si dovevano compiere determinate scelte per affrontare il virus inquadrò la mascherina sul tavolo. Sembrava proprio una vecchia cicatrice il nostro sistema ha dichiarato il suo ultimo, ennesimo, fallimento. Ha palesato la propria inefficienza e lentezza. La democrazia non è adatta ai momenti di pericolo, alle scelte rapide. Durante la seconda guerra mondiale, persino gli stati che dicevano di lottare in suo nome hanno abbracciato forme di governo gerarchiche, autoritarie. La democrazia non è affatto universale, non è il punto di arrivo dell’evoluzione politica. Non va sempre bene. E già questo mi fa paura.”

Fede si aggiustò gli occhiali e si protese in avanti. “Sinceramente credo che quanto accaduto sia stato svolto secondo le regole che” (con tono canzonatorio) “il nostro sistema” (ora con tono normale) “prevede. Certo, se dici che durante la seconda e terza ondata si sarebbe dovuto coinvolgere maggiormente il parlamento, mi trovi d’accordo. Ma non ci vedo nulla di male nel conferire un po’ di potere in più, per limitati periodi di tempo, al capo del gover… -” L’amico lo interruppe “Sì ma questo vuol appunto dire che non è universale. A scuola, al telegiornale, ovunque, si è sempre dato per scontato che questo fosse il sistema definitivo. Non lo si è mai messo in discussione”

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Fede prese il bicchiere di caffè, ormai vuoto, che aveva a fianco ed iniziò a raccogliere col cucchiaino lo zucchero raggrumatosi sul fondo. “E ci mancherebbe altro, direi. Non credo ci siano alternative valide” Alla giacca beige venne in mente una frase di Churchill

“lademocraziaèlapeggiorformadigoverno, eccezionfattapertuttelealtre”.

Non gli parve una frase degna di un grande statista. “Come tutte le cose di questo mondo, pazzo e caotico, non è perfetta” Fede aveva ripreso il suo discorso “soprattutto nel paesepiù pazzo e più caotico, oltre che improbabile, come l’Italia. I demagoghi, gli specialisti, i politici di professione, l’involuzione in questioni interne e ridicole, persino la corruzione,

sonotutte caratteristiche endemiche più che della democrazia, della politica in generale.

Del potere. Inoltre, ti faccio notare come i tempi, la burocrazia di cui ti lamenti siano necessari, in un sistema aperto, che fa del dibattito libero il suo assioma. Sarà che non l’avremo mai messa in discussione noi, ma la democrazia stessa si interroga su di sé. Costantemente.” Avevano passato la stazione di Bologna e ormai il treno era alle prese con la catena degli Appennini. Tutte gallerie. Non c’era molto per la giacca beige, fuori da quel finestrino.

Fede si aggiustò gli occhiali “Se proprio devo trovare una criticità nel sistema democratico, la vedo negli analfabeti funzionali e nel loro facile accesso alle piattaforme social”.

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SE TUTTO VA BENE, SIAMO ROVINATI di Samuele Fusi, classe 5A

“ E non ti sembra anche questa una contraddizione?” Fede si protese ancora più in avanti “In che senso?”

“La democrazia, e questa è semplice etimologia, è il governo del popolo. Si basa sul consenso della maggioranza. Come puoi essere preoccupato se la maggioranza ha accesso immediato all’esercizio del potere?”

Perché la maggioranza è composta da persone poco istruite, da gente che a malapena è diplomata. Soprattutto in Italia, dove i laureati sono molto pochi. Al di là del fatto che parole come “popolo” o “maggioranza”, vogliono dire tutto e il contrario di tutto, ma tu come pensi che l’uomo qualunque possa votare su argomenti complessi come l’economia dello Stato, la campagna vaccinale, il debito pubblico e via dicendo? Semplicemente non ha i mezzi per farlo.”

L’amico sorrise “Stai attento, sono le stesse persone che ti hanno votato, sicuro avessero mezzi sufficienti anche per farti consigliere?”

A Fede scappò una risata. L’autoironia è sintomo di intelligenza.

“Non ti pare dunque una contraddizione chiamarsi “governo del popolo” e poi negargli l’accesso al potere? Sbandierare ideali di uguaglianza e libertà ma poi vincolarli o condizionarli, ponedo mille “ma” e controindicazioni?” “Sai meglio di me che un ideale assoluto ha vita breve in un mondo liquido come il nostro” L’amico gettò un ulteriore sguardo fuori dalla finestra. Ancora galleria. “Questo bisogno di precisare, di porre paletti e ritocchi, mi sembra il tentativo goffo di restaurare una vecchia villa. Una mano di affresco da una parte, qualche allestimento dall’altra e già l’antico splendore della casa si è perso. Ora non c’è altro che una squallida palazzina di periferia, buona per tutti.”

Fede ruotò il collo facendo scrocchiare un paio di vertebre. Condivideva molto poco di quanto detto dall’amico.

Sinceramente credo che il problema risieda nell’origine delle democrazie moderne.”

La giacca beige lanciò un’occhiataccia alla famigliola a fianco a lui. Il piccolo non la smetteva di urlare, e i suoi genitori invece di farlo stare zitto ridevano e gli facevano il verso. “Sarebbe?”.

Il nostro sistema democratico eredita dall’Antica Grecia gli ideali alla sua base, come il voto, partecipazione della cittadinanza e via dicendo. Tuttavia nella pratica è il risultato delle rivoluzioni liberali nate nell’Ottocento. Questi cambiamenti vennero portati avanti da vari pensatori e filosofi, perlopiù esponenti, appunto, della classe borghese. Insomma, la classe ricca, istruita, promotrice di un’economia di stampo capitalista. Ora, come il buon Marx insegna, alla base della società vi sono i rapporti di produzione e di scambio. La cosiddetta“struttura”. Queste dinamiche influenzano poi la cultura, la letteratura, la religione e, chiaramente, la politica. Marx le chiama “sovrastrutture”. Essendo la borghesia promotrice del liberalismo e avendo in mano le chiavi del potere, fu lei a determinare i meccanismi del nuovo ordine politico: la democrazia rappresentativa e parlamentare, appunto. Non a caso, i primi individui ad avere accesso al voto furono i possidenti.

Ma quali conclusioni trarre da questo ragionamento? Il nostro sistema fa fatica a rappresentare in maniera adeguata il popolo, perché non è stato pensato per lui. O meglio, perchè non è stato il popolo ad esprimerlo.

Penso che questa lettura, almeno secondo me, possa chiarire una parte dei tuoi dubbi” L’amico si distese sul sedile. Era piacevole chiacchierare con Fede.

Questa tesi spiegherebbe un’altra criticità.”rispose la giacca beige “Sempre Marx fa notare come le “sovrastrutture” siano poi strumentali alla classe al potere per raccontare la realtà come inevitabile. Diciamo l’unico scenario che può esistere, quando in real-

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realtà non è che una delle infinite, possibilità. Se questa narrazione, questa descrizione, vale per il capitalismo - e su ciò non potrai essere in disaccordo- dovrà essere vera anche per la democrazia rappresentativa e parlamentare. Tutt’ora per noi, me per primo, è inconcepibile pensare oltre questo sistema. Se non altro perché le cure, quelle sperimentate, sono peggiori della malattia. Ci spaventa, mi spaventa, pensare che la democrazia e le sue libertà siano insufficienti o in crisi. Ma purtroppo tant’è. E l’assenza di una risposta valida mi preoccupa ancora di più”. Fede non condivideva il ragionamento dell’amico.

“Tornando alla questione del popolo” la giacca beige aveva ripreso il suo discorso “ritengo che il dramma stia tutto in questo paradosso. Idealmente sarebbe giusto che avesse accesso al potere, che lo esercitasse in maniera totale. Libertà e diritti per tutti gli esseri umani. Ma all’atto pratico, purtroppo, hai ragione. Il popolo non è un elemento costruttivo, ma distruttivo. C’è un’opera molto interessante in merito, “La psicologia delle folle”, di Gustave le Bon, che analizza questo argomento. E’ vero, oggi il web ha portato alla luce tutta la meschinità, la cattiveria, la volubilità del popolo. Ma secondo me non ha creato tutto ciò dal nulla. La gente è sempre stata manovrabile, pronta a divorare chiunque non le sia conforme. In essa il cittadino esemplare regredisce allo stato primitivo.

La democrazia ha due pilastri terribili, uno è appunto il popolo, l’altro è il potere, su cui non è nemmeno troppo il caso di parlare.”

Lo zucchero nel bicchierino di Fede era finito. “Ha bisogno di ampi numeri. Si basa sul voto della massa.

Si potrebbe già far notare come non stia scritto da nessuna parte che la maggioranza abbia matematicamente ragione. Soprattutto considerato il fatto che per tua stessa ammissione è composta da gente poco competente e

inaffidabile. Ad ogni modo, ammesso e non concesso che la maggioranza abbia ragione, il suo consenso è alla base della democrazia e, qualora lo si ottenesse, più ampio è, meglio è. Ora, se per ipotesi un politico fosse un uomo intelligente (cosa difficile, visto che proviene dal popolo), un uomo di qualità, chi mai lo potrebbe seguire fino in fondo e condividerne le idee? Pochi. Molto Pochi. Va da sè dunque che un qualsiasi ideale, per essere condiviso dal più ampio numero di persone, deve esserereso semplice. Deve abbassare dunque la sua qualità. Non so se ci fai caso, ma siamo arrivati al punto in cui le dichiarazioni di intenti della politica - mutui, lavoro, disoccupazione, immigrazione, MES, PIL, INPS - sembrano una lista della spesa.”

Ora il bicchierino di Fede era finito dentro la spazzatura.

“Su questo posso essere d’accordo. Un fenomeno che sto notando è la disaffezione verso il voto” Il compagno sorrise, caustico, ricambiato “ma penso sia a causa di tutte quelle problematiche come la corruzione, la difesa dell’interesse particolare in luogo di quello collettivo… sì insomma, le solite cose che danneggiano più la politica in generale che la democrazia”. Il compagno lo guardò. Non lo stava ascoltando davvero.

“Ti faccio notare una cosa, la democrazia, e questo sin dalla sua invenzione, è la forma di governo che pone il cittadino qualunque al centro della vita dello Stato, scalzando dunque i potenti e le élites , dalla politica. Nulla da eccepire, una costruzione meravigliosa. Nel XVIII secolo questo sontuoso tempio greco è stato ritinteggiato con i colori dell’uguaglianza, dellafratellanza e, soprattutto, della libertà. Un restauro molto gradevole alla vista. Ma in un tale edificio come è possibile che persistano le “solite cose” che hai elencato? Che l’interesse personale, affiancato da quello di categoria, sia ancora perseguito in luogo di quello collettivo? E che a fare questo non

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siano solo i potenti, le categorie secolari che hanno sempre avuto questa fortuna, ma anche i cittadini comuni che svendono il voto a chi gli promette i vantaggi loro più congeniali? Che vi sia corruzione in un organismo che predica per definizione, o per finzione la trasparenza e il governo della pluralità? Forse è vero come dici te, queste sono criticità più della politica che della democrazia, e io mi sbaglierò. Ma un sovrano, o peggio, un tiranno, ha sempre compiuto le sue porcate senza troppo curarsi di nasconderle. Un deputato o un ministro che vogliano compiere un qualche illecito lo realizzano ugualmente. Solo con la grazia di ritardare la sua scoperta. La democrazia a parole si tiene ben lontana dagli arcanaimperii , dagli intrighi e dai giochi di palazzo, proprio perché aperta al popolo. Ma a me pare li abbia esaltati e ne abbia creati di nuovi. I demagoghi ai quali ti riferivi prima esistono solo perchè ora vi è la necessità di persuadere e incantare il popolino, senza che i potenti abbiano davvero abbandonato il loro posto. Come forse saprai, uno dei più noti ed antichi elogi della democrazia, è stato scritto da un uomo che, democraticamente, ha governato Atene per più di vent’anni, fino alla sua dipartita.

Democraticamente. Limitarsi a elencare i limiti della democrazia senza trovarvi alcun rimedio, è la tragedia del nostro tempo. Ma almeno, per fortuna, una cosa è vera: fuori di essa non vi è risposta, gli altri sistemi sono decisamente peggio.” La giacca beige ebbe il timore di avere sostenuto il classico “discorso da bar”. Era ordinario (e questa non è una gran colpa), ma in cuor suo sperava non si desse troppo a vedere. “Siamoarrivatia RomaTermini/Wehavearrivedat RomaTermini” L’impersonale gentilezza del Frecciarossa lo riportò alla realtà.

Fede imprecò, mentre il compagno riponeva in fretta e furia il cellulare in tasca.

“Comunque ribadisco, secondo me andare e tornare in giornata da Roma, senza fermarsi qua a dormire è una cazz Diciamo una mazzata, ecco”

L’amico si girò “massì fidati, sarà un’esperienza come quando eravamo ragazzi. E poi domani ho la cresima del nipotino. Impegni improrogabili”. Sorrise. “Quanto questa finale.”

Le porte del treno si aprirono. “Sarà. Sta di fatto che per stasera la vedo grigia. Il nostro bomber non è al meglio.” Le porte si richiusero alle loro spalle.

La bolgia dello Stadio Olimpico era un boato lontano.

Il treno aveva riaccolto nel suo ventre i due tifosi e zitto zitto li riaccompagnava a Milano. Dovevano scendere alla fermata successiva. Mancava poco all’arrivo ed il vagone era vuoto. Solo loro due viaggiavano a quell’ora. Nessuno li ascoltava.

Fede teneva la testa fra le mani, i gomiti appoggiati sul tavolino. E bestemmiava.

L’amico ora era in camicia. Gli aloni di sudore sotto le ascelle si erano fatti ampi, e il tessuto stropicciato. Teneva lo sguardo fisso sul piccolo corridoio e ogni tanto giungeva le mani, scuotendole perplesso.

Aveva ragione Fede: il loro bomber non era affatto in forma quella sera.

Della partita avevano avuto modo di parlare (e imprecare) diffusamente durante il tragitto. Fede voleva cambiare argomento.

“E quindi dopo tutto quello che abbiamo detto questo pomeriggio, a che conclusioni sei giunto?”

La camicia azzurra girò la testa “Riguardo cosa?”

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“La democrazia”

“Te l’ho detto. Non ho nessuna risposta al riguardo. Solo dubbi e critiche poco costruttive” La consapevolezza dei propri limiti era, secondo il consigliere comunale, una qualità “Secondo me, possiamo percorrere due strade. Una è un’utopia, ed è il comunismo anarchico. Un mondo senza frontiere né gerarchie. Una sorta di età dell’oro, dove tutti viviamo in pace ed in simbiosi con il prossimo. No aspetta, non ridere. So benissimo che non potrà mai accadere sul serio e che non vale nemmeno la pena di fare un tentativo. Lo so, lo so. L’altra strada che si può percorrere (oh, beninteso, secondo me), è il rafforzamento del’istruzione. Sì, insomma, Investire nella scuola. Posto che il potere corrompe tutto e tutti, non resta che migliorare l’altro pilastro della democrazia: il popolo. Renderlo davvero libero, riscattarlo tramite la cultura. Dare importanza alla ricerca, fornire gli strumenti per pensare, documentarsi, rendersi conto dei problemi d’attualità e, perlomeno, tentare di risolverli.

Creare cittadini veramente completi. Non necessariamente dei geni. Ognuno è diverso dall’altro e non tutti nascono Einstein. Ma perlomeno impartire la capacità di informarsi e ragionare in maniera solida, penso sia importante. Anzi anzi, sai cosa? Anche estendere il voto in ambiti che esulino dalla politica può essere un’idea. Non siamo solo cittadini in fondo. Siamo anche meccanici, muratori, insegnanti, impiegati… Però no, sai cosa? Si arriverebbe ad esasperare la nostra burocrazia. Che è già bella lunatica di per sé. Nulla, stavo pensando e parlando allo stesso tempo. Ad ogni modo, i benefici della ricerca vanno poi ben oltre il campo della politica, si estendono all’economia, allo sviluppo, alla società in generale…”

Il treno era arrivato in Centrale, i due scesero.

La giacca beige (ora in camicia, a dire il vero) viene assalita da un misto di emozioni. Sonno, prima di tutto. Ma anche rabbia, delusione per la partita. E in più c’è un sentimento antico che si spande in lui. Uno scoramento che aveva iniziato a provare durante i mesi della quarantena. Lo sguardo si sposta sulla volta di metallo della Stazione Centrale. Vede i suoi orizzonti piatti e squallidi persino di più dei binari a terra.

Non è solo disaffezione secolare per la politica quella che sente. E’ una sensazione ben più profonda.

Guarda gli spot pubblicitari apparire dagli schermi della stazione e vede tutta la loro gioia, la loro fiducia sfondare il display e sprizzare fuori. Chiunque li avesse registrati era riuscito a comunicare il suo messaggio. Senza dubbio. La camicia azzurra li osserva. Gioia, fiducia nel futuro. Sono tutte cose che non appartengono al suo mondo. Trova piacevole quella distanza. Ecco, ecco. Sente che sta per partorire un’altra

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idea. Solo un piccolo sforzo e viene fuori. Non è mai stato un individuo brillante. Solo ordinario, e forse è per questo che pensare gli riesce tanto faticoso. Speranza, felicità. Non sono altro che un miti, scorie del tardo secolo ventesimo. La positività (questa parola lo fece sorridere amaro), appartiene a decenni consumati dalle luci e dalla tecnologia ammiccante. Non sono la sua realtà. Ora la mente vaga al futuro, al ritorno al lavoro “in presenza”, alla moglie che dorme a casa. Alla cresima del giorno dopo! Un pensiero anche per il nipotino. I due sono fuori dalla stazione. Egli spera in una folata d’aria fredda. Gli tocca l’afa di una notte di giugno. Eccolo quà, il famoso surriscaldamento globale. Sorride.

Sotto il lampione un clochard, scorbutico ed indifferente al suoo dolore. La camicia azzurra lo osserva. Fede ora sta chiamando il taxi.

Si, effettivamente andare e tornare da Roma in giornata è stata proprio una pessima idea. Una delle tante sue. Gli torna in mente il discorso conclusosi poco fa. Decide di chiuderlo.

“Massì” si gira verso Fede e sorride “Se tutto va bene, siamo rovinati!”

IL PARADOSSO DI FERMI di Filippo Carpani, 5A

Where is everybody?” , pare essere questa la frase pronunciata da Enrico Fermi durante un pranzo con Edward Teller (il padre della bomba atomica) parlando del fatto che, nonostante nella nostra galassia esistano 100 miliardi di stelle, alcune delle quali presentano condizioni favorevoli allo sviluppo della vita non ne sia stata ancora trovata alcuna traccia. Fermi in realtà prese in considerazioni anche altri fattori, infatti egli sosteneva che, per colonizzare la galassia, viaggiando a velocità ragionevoli (presumibilmente vicine alla velocità della luce), ci potrebbero volere dai 5 ai 50 milioni di anni, un periodo di tempo relativamente breve se prendiamo in considerazione che la terra si sia formata circa 4,5 miliardi di anni fa.

E allora l’interrogativa “whereiseverybody?” , di fronte a tali premesse inizia a non essere così insensata, e proprio in ciò consiste il paradosso di Fermi, perché nonostante tutte queste condizioni favorevoli non siamo mai entrati in contatto con civiltà aliene?

Molti hanno cercato di ipotizzare una soluzione definitiva a tale paradosso senza tuttavia riuscirci, prima però di prenderle in considerazioni dovremmo precisare come già a partire dagli anni ’60 del secolo scorso vari ricercatori, prevalentemente negli stati uniti, hanno cercato di ipotizzare ed addirittura quantificare il numero di possibili civiltà aliene presenti nella nostra galassia; e proprio a tale scopo nacque nel 1974 il progetto SETI (acronimo di Search for Extra Terrestrial intelligence), proposto già una quindicina di anni prima dall’astronomo ed astrofisico Frank Drake, famoso soprattutto per aver ideato un’equazione matematica che potesse definire il numero di possibili civiltà extraterrestri presenti nella Milky Way (via lattea) ; ed è proprio partendo da questa “relazione matematica” che proveremo noi stessi a stimare quanti “vicini” possa avere il nostro pianeta. È necessario premettere che l’equazione di Drake contiene alcuni termini che è impossibile determinare in maniera univoca e precisa.

L’equazione è la seguente:

Cercheremo ora perciò di andare a stimare il numero di civiltà tecnologicamente avanzate nella Via Lattea e per farlo abbiamo bisogno di definire i vari termini che fanno parte dell’equazione. Come suggerisce la scritta in alto all’immagine, i fattori che si trovano in prossimità dell’uguale sono “definibili” in maniera relativamente certa, mentre i valori che si trovano all’estremo opposto sono estremamente incerti e proprio per questo dovremmo stabilirli in maniera del tutto arbitraria.

1 Il primo termine, indicato con R*rappresenta “il tasso medio con cui si formano le stelle”, che, detto in parole semplici, rappresenta il numero di stelle che si formano ogni anno nella nostra galassia, fattore che può essere stimato in maniera abbastanza certa, infatti si suppone che, essendo oggi il tasso di formazione stellare della via lattea intorno alle 3-5 masse solari all’anno (unità di misura: M_sun) ed all’epoca del sole di circa 10 M_sun all’ anno, il tasso di formazione stellare si aggiri intorno alle 7M_sun.

2 Il secondo fattore invece fp simboleggia la frazione numerica delle stelle che si formano ogni anno a cui sono associati sistemi planetari, anche in questo caso, grazie alle moderne tecnologie, è

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possibile determinare questo termine, in maniera quasi certa, infatti, probabilmente, non tutte le stelle hanno un sistema planetario associato, tuttavia quelle che lo hanno “possiedono” più pianeti, e per questo possiamo stimare che a tutte le stelle corrisponda almeno un pianeta; ragion per cui nell’equazione inseriremo, dal punto di vista matematico, questa informazione con il numero 1 (infatti abbiamo detto che ciascuna delle stelle formatasi ogni anno, possiede almeno un pianeta).

3 Drake poi si è chiesto quanti di questi pianeti presentino condizioni adatte alla vita (fattore ne), ed anche qui, nonostante a primo impatto possa sembrare abbastanza difficoltoso determinare un numero preciso, possiamo stimare con un margine di errore (si presume) abbastanza ridotto, che circa l’1/10 dei pianeti possa presentare condizioni favorevoli allo sviluppo di esseri viventi. Tale stima si basa sull’assunto che la vita possa svilupparsi soltanto in presenza di acqua liquida, ed a partire proprio da ciò si può definire per ciascuna stella una zona a data distanza da essa per cui la radiazione emessa sia abbastanza forte da liquefare il ghiaccio, ma allo stesso tempo non così “potente” da far vaporizzare l’acqua. E tali premesse ci permettono perciò di individuare

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IL PARADOSSO DI FERMI di Filippo Carpani, 5A

la cosiddetta “zona di abitabilità”.

4 Già prendendo in considerazione il quarto termine (fl) si presentano le prime difficoltà, esso infatti rappresenta la frazione di pianeti che presentano condizioni favorevoli alla vita che effettivamente la sviluppano. È chiaro come sia impossibile assegnare a tale termine dei valori precisi, e proprio per questo siamo costretti a determinare tali valori in modo del tutto arbitrario, stimiamo 1 pianeta su 10.

5 Ancor più difficoltoso è determinare il quinto fattore (fi), ossia quello che esprime quanti dei pianeti, che effettivamente sviluppano la vita, sviluppano forme di vita intelligenti. Anche qui possiamo solo fare delle supposizioni. Stabiliamo perciò che 1 pianeta su 10 sviluppi forme di vita intelligenti.

6 Per quanto riguarda il fattore fc invece, ossia il fattore che descrive quanti dei pianeti con forme di vita intelligenti possano comunicare, è abbastanza semplice da determinare, infatti possiamo presupporre senza molte difficoltà che le forme di vita intelligenti che abitano questi pianeti siano in grado senza problemi di inviare segnali, anche sulle lunghe distanze, perciò attribuiamo a tale termine il valore 1.

7 Infine l’ultimo fattore Lindica invece un altro termine di cui è estremamente complesso individuare un valore, indica infatti il numero di anni per cui queste civiltà in grado di comunicare lo possano effettivamente fare. Anche qui non possiamo fare altro che stimare un valore, diciamo 100 000 anni.

Ora, dopo aver definito tutte queste variabili che fanno parte dell’equazione di Drake possiamo finalmente calcolare il numero di civiltà aliene (N) in grado di comunicare con noi e presenti, in questo preciso momento, nella nostra galassia:

CIVILTA’ ALIENE STIMATE NELLA VIA LATTEA

Bene, dopo aver fatto tutte queste considerazioni, tutti si domanderebbero “ma allora dove sono tutti?” ( “whereiseverybody?), effettivamente, pur precisando che i termini evidenziati siano stati inseriti in maniera del tutto arbitraria, non si riesce a capire come mai nessun essere extraterrestre sia riuscito a “contattarci” o a dare segni della sua esistenza. E proprio in questo consiste il paradosso di Fermi, di cui ora prenderemo in considerazione le possibili soluzioni che, è necessario premettere, non hanno risolto il problema:

La prima ipotesi, abbastanza scontata, è che la vita extraterrestre sia rara o del tutto assente La seconda invece è che lo sviluppo della vita non sia così insolita, ma al contrario lo sviluppo della vita intelligente sì

Una terza supposizione invece dice che la vita intelligente possa svilupparsi, ma che si estingua prima di ogni contatto con altre civiltà Queste sono forse le ipotesi maggiormente plausibili, ma l’argomento è talmente incerto che è impossibile determinare con sicurezza quale sia il motivo per cui non riusciamo ad incontrare altri esseri viventi, alcuni poi hanno proposto altre soluzioni, forse “più

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CIAO CORRADO!

In ricordo del prof. Corrado Lamberti

Ho conosciuto il professor Corrado Lamberti ad una delle sue conferenze. Come tutti fui conquistato dalla passione e dalla competenza che caratterizzavano ogni suo intervento. Fu facile farmi avanti e chiedergli se aveva voglia di tenere un corso per i ragazzi del liceo Galilei di Erba. Corrado ha sempre adorato lavorare con i ragazzi, introdurli alla nostra adorata fisica, aprire loro nuovi orizzonti.

Per più di dieci anni Corrado ha tenuto corsi di astronomia o di fisica delle particelle nella nostra scuola e ogni anno i ragazzi che si iscrivevano al suo corso crescevano e, invariabilmente, mi dicevano che il corso era più comprensibile e più interessante di quanto avessero immaginato.

Per più di dieci anni, Corrado ha tenuto conferenze divulgative nella nostra scuola e ogni volta i commenti di tutti i presenti erano sempre entusiasti e sottolineavano come la passione e la chiarezza espositiva di Corrado li avesse conquistati.

Il 17 aprile 2020, Corrado ha intrapreso un viaggio diverso, di cui non potrà raccontarci. A me manca moltissimo non poterlo sentire per parlare delle idee e dei progetti per allargare l’offerta della nostra scuola, per introdurre i ragazzi alle scienze.

Ma, se potessimo spostarci su Alfa Centauri, potremmo ancora vedere la luce del nostro sistema solare partita anni fa e, magari rivedere una sua conferenza o una sua lezione.

Ciao Corrado Buon Viaggio.

Prof. Luca Galoppo

Di seguito il ricordo di alcuni dei colleghi che hanno collaborato con Corrado e di alcuni studenti che hanno seguito i suoi corsi o le sue conferenze.

Nell’estate di due anni fa sono stato all’osservatorio astronomico di Asiago per l’alternanza scuola lavoro.

Prima di quel momento avevo letto della stima che tutto il mondo scientifico provasse per il professor Lamberti e della sua popolarità e lì volevo constatare se fosse fondata, così chiesi a tutti i professori e a tutti i ricercatori se l’avessero mai sentito nominare. In ognuno di loro, appena nominato quel nome, vidi gli occhi illuminarsi. Fu come nominare un essere mistico e anche se quella reazione avrebbe dovuto rallegrarmi, in verità mi infastidì un po’. Non descrivevano il Corrado Lamberti che ho conosciuto io.

Sicuramente una persona dall’intelligenza fuori dal comune, ma non fu ció che mi colpì maggiormente di lui la prima volta che lo sentii parlare. Si dimostró la persona più umile e disponibile che potessi incontrare.

Amava ció che faceva. Quando parlava di fisica riusciva a trattare argomenti di una complessità infinita con una semplicitá disarmante. Nelle sue lezioni riusciva per quasi 4 ore a trasportarti nel suo mondo e a non farti sentire minimamente il peso del tempo.

Se ripenso ancora oggi, a distanza di anni, alle sue lezioni, devo dire che è vero, mi sento fortunato. Non perchè ho assistito alle lezioni di un genio, o meglio, non solo, ma soprattutto perchè in lui ho visto un vero punto di riferimento, un uomo da ammirare e da stimare.

Devo ammettere che ancora oggi, quando guardo il cielo e vedo quel numero infinito di stelle, mi vengono alla mente quei momenti in cui spiegava i segreti dell’universo con quella passione che possedeva solo lui e tu non potevi far altro che stare in religioso silenzio e ascoltare. Ascoltare e registrare nella mente ció che stava accadendo perchè sarebbe stata a tutti gli effetti un’esperienza unica.

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Grazie per la passione e l’entusiasmo con cui ci ha svelato i segreti dell’universo. Mi piace immaginarla sul suo asteroide mentre chiacchiera con l’amica Margherita Hack. È stato un privilegio averla conosciuta.

Giulia Gritti

Il dettaglio che mi è rimasto più impresso nella mente, dopo le lezioni e le conferenze del professor Lamberti a cui ho avuto il piacere di assistere, sono i suoi occhi che brillavano davanti alle persone e, soprattutto, agli studenti che lo ascoltavano. Parlava con entusiasmo, con passione, sperando di riuscire a trasmettere almeno una minima parte dell’interesse per quel tanto amato universo che aveva accompagnato fedele la sua vita.

L’impegno costante e la profonda dedizione che impiegava nell’avvicinare noi ragazzi al suo mondo di studio sono qualcosa di prezioso, da non dimenticare, così come il professor Lamberti stesso.

Sono ormai 3 anni che frequento il liceo Galilei. In questo periodo ho partecipato a molte conferenze a scuola. Tra tutte, quelle del professor Lamberti erano le mie preferite. Alle 21, dopo una giornata infinita tra scuola, studio e allenamenti era l'ora delle conferenze ed era semplicemente incredibile, come riuscisse a mantenere viva l'attenzione dei presenti. Era disarmante la sua abilità di spiegare argomenti anche molto complessi in modo semplice, chiaro e dettagliato, facendo trasparire la passione per la materia trattata parlando.

Un momento in particolare resterà sempre nel mio cuore: quando è nato il gruppo Astrofili del Liceo. La passione per il cielo mi accompagna sin da quando ero piccola e nel corso degli anni è diventata sempre più importante. Quando a inizio anno i prof Galoppo e Ravasi hanno proposto l'attività ero entusiasta. Ad una delle prime riunioni, il prof Lamberti aveva tenuto un discorso. Ero tornata a casa determinata a coltivare sempre più questa mia grande passione. Non importa se non sarò mai un'astrore a studiare il cielo, per tenere viva la fiamma ceso e alimentato prima di noi e spero un domani

CIAO CORRADO!

In ricordo del prof. Corrado Lamberti

Ti conobbi per la prima volta ad una conferenza al liceo. L’auditorium era più che mai affollato e presto capii perché questa fosse una caratteristica dei tuoi incontri. Avevi un grande dono: riuscivi a incuriosire il pubblico e a farlo riflettere. La tua simpatia poi intratteneva dall’inizio alla fine e noi, divertiti, ci guardavamo bene dal perdere il filo del discorso, recependo così nozioni anche complesse. Successivamente colsi subito l’opportunità di partecipare ai tuoi corsi a scuola.

Con le tue lezioni ci hai trasmesso l’importanza della fisica e della matematica. Ci hai spiegato come il fine ultimo di studiare teoremi e leggi sia imparare a procedere per passi, in modo razionale, e che assolutamente non bisogna affezionarsi ad alcun modello fisico per non avere paura di sostituirlo con uno nuovo.

Ci facevi compiere veri e propri viaggi nel passato, in cui la storia dell’astronomia e della fisica si ripeteva di fronte a noi, per un attimo. Ci hai fatto rivivere scoperte che hanno ridimensionato la concezione dell’universo. Hai raccontato errori, aneddoti e personalità di astronomi che, prima che agli altri, hanno dovuto render conto a se stessi delle enormi implicazioni delle proprie teorie.

Non hai mai fatto a meno di regalarci preziosi ricordi dei tanti anni passati a fianco di Margherita Hack, dimostrandocene la grandezza e allo stesso tempo l’umiltà che la caratterizzavano. Di questo ti sono grato e allo stesso modo ricorderò il tempo passato ad ascoltarti, anche se ero certo che sarebbe stato molto di più.

Sapevi come comportarti con noi studenti. Sei stato un grande maestro, in grado di stimolare l’immaginazione. Oltretutto eri generoso e pieno di energia, come quando corresti per consegnarmi un calendario astronomico che avresti donato alla scuola per abbellire l’aula dedicata al progetto astrofili, appena partito. Una delle ultime volte che facemmo lezione mi

dicesti che avevi iniziato anche tu ad attrezzarti per fotografare il cielo e che stavi aspettando che la tua macchina fotografica tornasse, appositamente modificata. Poi iniziò a diffondersi il virus. Per me sarai sempre un modello. Sono sicuro che ora sarai tornato in compagnia di Margherita e che, da così vicino, starai facendo un sacco di foto meravigliose alle stelle.

Luca Iachelini

Anche se ci sarebbero molte altre cose più importanti da dire riguardo l'uomo straordinario che è stato Corrado, sento che per me, il miglior ricordo di lui sarà sempre la sua passione nel far capire a noi ragazzi la complessità del nostro universo, in ogni particolare. A lui devo molto perché mi ha insegnato un’immensità di cose, ma soprattutto mi ha trasmesso la sua passione per la fisica, facendomi cogliere la bellezza e la complessità di ciò che ci circonda, che probabilmente senza di lui non avrei capito appieno.

Francesco Brunati

Il professor Corrado Lamberti non lo conoscevo tanto quanto avrei voluto. Frequentavo il suo corso a scuola, avevo assistito ad alcune delle sue conferenze, ed avevo avuto modo di parlarci da solo in qualche occasione. Si era rivelato una persona gentilissima, educata, e ovviamente con una cultura infinita. Ho avuto modo di recuperare alcuni sui scritti, e basta leggere poche righe per rendersi conto di che persona brillante fosse. Ora, questo è un lutto tremendo, dovuto alla grave situazione che stiamo passando in questo momento. Un lutto che ci lascia intristiti, scossi, forse addirittura arrabbiati. Ma dobbiamo andare avanti. Il professore ci aveva dato un grande spunto per cominciare il nostro gruppo di Astronomia, che adesso è una parte che occupa piacevolmente tempo nella mia vita, e credo sia gusto ricordarlo in qualche modo. Questo è un semplice messaggio, per esprimere cosa provo e per

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Un articolo del prof. Corrado Lamberti tratto dalla rivista L
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Un articolo del prof. Corrado Lamberti tratto dalla rivista L
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Un ringraziamento speciale agli studenti che hanno realizzato le illustrazioni a tema dantesco che arricchiscono la rivista, con cui hanno partecipato al Concorso di Illustrazione del Liceo Galilei, dedicato alla memoria della nostra collega Giovanna Gastel. Disegnatori: Isaac Abadane 5B, Anna Bianchi 1B, Chiara Doci 1A, Riccardo Grisoni, Ginevra Lauletta 2B, Arianna Mitzu 4G, Francesco Miotto 3C, Erika Piazzolla 4F, Matilde Rizzi 1D, Elisa Simonetto 3A, Michele Toppi 1D, Gloria Ventimiglia 4F.

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