Tesi / Relazione Tecnica

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Remaking of



REMAKING OF LITTLE WHITE LIES Relazione progettuale Tesi di I livello, Scuola di Grafica Editoriale Dipartimento di Arti Applicate Coordinatore di Scuola: Prof. Enrico Pusceddu Docente relatore: Prof. Francesco Mazzenga

Accademia di Belle Arti di Roma



INDICE 06

INTRODUZIONE

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Premesse

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Little White Lies Il magazine Anatomia del magazine

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RETHINK & REDESIGN

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Obiettivi

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Rethink Anatomia del nuovo Little White Lies

31 Redesign Tipografia Testata Cover Layout: gabbie e griglie 51

Stampa e confezionamento

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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RINGRAZIAMENTI


Remaking of Little White Lies

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Redesign

INTRODUZIONE

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Remaking of Little White Lies

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Introduzione

PREMESSE NELL’INTRODURRE QUESTO PROGETTO di tesi, credo sia doveroso spendere qualche riga nel raccontare come e perché è nata questa idea. Durante la mia esperienza in Accademia, ho partecipato a molte iniziative promosse dai docenti, e fra queste, la più significativa è stata di certo il progetto “Insight”.
 Insight è il magazine del Dipartimento di Arti Applicate dell’Accademia di Belle Arti di Roma, a cui ho preso parte fin dal suo restyling, nel 2012. Insieme a molti altri colleghi e con la supervisione di alcuni docenti, abbiamo formato una vera redazione e abbiamo lavorato duramente alla realizzazione del periodico, curando professionalmente gli impaginati, le illustrazioni, la tipografia, i testi, ecc. Frequentando il corso di Grafica Editoriale, ho avuto modo di misurarmi in vari campi della comunicazione e della grafica – non solo quella prettamente editoriale – come ad esempio, l’illustrazione, il web design, il video editing. Ho sempre apprezzato molto la progettazione grafica applicata all’editoria, ma non ho mai pensato che sarebbe stato il mio “lavoro”, o quantomeno che sarebbe diventata la mia inclinazione personale. Pensavo che le mie capacità fossero altre e che non sarei riuscita ad applicarmi in quel settore perché lo ritenevo troppo “logico”, poco creativo e non adatto alle mie qualità. Tuttavia, quando ho preso parte alla realizzazione della rivista Insight, lavorando a stretto contatto con molti miei amici e colleghi, come una vera redazione “aperta”, ho potuto cimentarmi sul campo con il giusto approfondimento, se così si può dire. Partecipare ad un progetto reale, mi ha posto di fronte ad esigenze concrete, ed è stato molto formativo dover risolvere personalmente (e con tempistiche strette) le problematiche che spesso sorgevano. 9


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A breve ho capito che mi piaceva molto misurarmi con queste piccole “sfide”, ogni volta diverse, perché mi dava la possibilità di mettermi in gioco continuamente. Ho capito che progettare una rivista non vuol dire solo “rispettare una gabbia”, ma sfruttarla al meglio e, di tanto in tanto, capire come infrangerla. È stato a questo punto che ho approfondito il mio interesse iniziale per le riviste e, più in generale, per i prodotti editoriali. Questo non vuol dire apprezzarne solamente forma o qualità grafica, ma comprendere anche il ruolo del progettista, che si esprime nello scegliere come trasmettere le informazioni ad un pubblico più o meno ampio. Può sembrare scontato puntualizzarlo, ma una rivista non è un esercizio stilistico e non è un prodotto autoreferenziale: è un mezzo per diffondere cultura. Purtroppo, basta dare un’occhiata ad una qualsiasi edicola, per capire che questo concetto non è così diffuso nel nostro Paese… Ovviamente non è un compito da poco: un singolo scatto fotografico tagliato in modo errato, per esempio, può capovolgere totalmente il senso di un articolo. Il colore potrebbe determinare un mood, anziché un altro. Quindi, è molto importante avere un’ottima formazione nel campo della comunicazione, essere degli ottimi e critici osservatori, tenere d’occhio le diverse realtà editoriali e – nel momento della realizzazione concreta – essere consapevoli di ogni elemento utilizzato, come sfruttarlo e del ruolo che ha nella composizione. Ancor prima del lettore, trovo che una rivista sia una fonte di arricchimento soprattutto per chi la progetta: questo uno degli aspetti che ritengo più affascinanti. Parallelamente al mio interesse per l’editoria, ho portato avanti anche la mia passione iniziale, l’illustrazione, e ho sperimentato autonomamente vari stili e tecniche. In tutto questo, quando ho scoperto la rivista inglese Little White Lies, ho subito apprezzato l’originalità e la cura nell’impostazione dei layout grafici abbinati all’eccellente gusto dell’illustrazione utilizzata. Iniziai a maturare l’idea che potesse far parte del mio progetto di tesi, in qualche modo, ancora in work in progress. Ho impiegato molto nel scegliere l’argomento della mia tesi, perché sapevo che sarebbe stata determi10


Introduzione

nante per il mio futuro professionale, oltre che per il progetto in se, quanto per comprendere e potenziare le mie attitudini professionali e le mie capacità. Dopo averne discusso con il mio relatore e altri docenti, ho capito che questa doveva valorizzare le mie capacità, e racchiudere ulteriormente le mie passioni e i miei interessi. In questo modo avrei avuto un prodotto che parla della mia persona sia sul piano attitudinale, che professionale. Dopo aver riflettuto su queste considerazioni, ho capito perfettamente quale strada intraprendere. Infatti grazie alle esperienze che ho collezionato in questi anni – lavorative e non – sono arrivata alla conclusione che i settori che amo di più sono la grafica editoriale e l’illustrazione: dati questi presupposti, ho pensato che il magazine LWL riassumesse tutte le mie passioni in un unico prodotto. È nata così l’idea di realizzarne una versione alternativa, adatta ad un pubblico italiano.

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Introduzione

LITTLE WHITE LIES

La copertina del numero 0, realizzato da Danny Miller come tesi di laurea

Little White Lies è un magazine inglese indipendente di cinema, pubblicata da “The Church of London” con cadenza bimestrale. Viene concepita nel 2002 da Danny Miller insieme al compagno di scuola Matthew Bochenski all’età di 17 anni: l’idea era quella di colmare il divario del settore editoriale fra le riviste di cinema da edicola per il grande pubblico, molto simili fra di loro (copertine patinate ed omologate riempite di celebrità, caratteristiche analoghe e spesso anche stesse firme per le recensioni cinematografiche), e le riviste accademiche specializzate, dai contenuti di alta qualità e apprezzate solo da una ristretta élite e dagli addetti ai lavori. Il magazine vede la luce inizialmente in un numero 0 progettato da Miller come tesi di laurea nel 2002, ma non fu mai pubblicato realmente fino al 2005. Miller, infatti, iniziò a lavorare nella redazione di Adrenalin - la celebre rivista di surf, skate e snowboard – insieme a Rob Longworth e Paul Willoughby. Quando nel 2004 la rivista decide di chiudere, i tre insieme a Bochenski, iniziano a lavorare al numero 1 di LWL. I loro collaboratori sono amici scrittori e investitori e la loro “redazione” era la camera da letto di Willoughby o la sala da pranzo di Jonathan Crocker (editor di alcuni numeri). Il magazine ha un ottimo successo, ben presto la tiratura aumenta e la distribuzione viene estesa anche a molte altre catene come WHSmith, HMV e Urban Outfitters, oltre alle principali catene di cinema indipendenti inglesi come Curzon Cinemas, Picturehouse Cinemas e Everyman Cinemas.Si tratta di una pubblicazione generalmente monotematica, che prende spunto da un film che è in sala nel periodo di uscita del numero (non necessariamente un “blockbuster”), per esplorarne il mondo che ha all’interno e approfondirne alcuni particolari aspetti. In un’intervista, 13


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Mattew Bochenski spiega: «Se parli di un film, non ti soffermi all’infinito ad argomentare le angolature della cinepresa o come sarebbe stato visitarne il set; lo usi come trampolino di lancio per parlare di tutt’altro. È questa la nostra filosofia. Ogni numero di LWL ha come tema un film, ma i nostri autori sono liberi di tirar fuori qualsiasi cosa il film ispiri loro». Nel 2008, Little White Lies vince il premio “Best Designed Consumer Magazine of the Year (under 40)” ai Magazine Design & Journalism Awards. IL MAGAZINE

Little White Lies si presenta già al tatto come una rivista diversa e di qualità. Formato tendente al quadrato (20x24,5 cm) e carte opache, diversificate nella grammatura e nella tipologia: sembra di sfogliare un prodotto da collezione, piuttosto che una rivista. Già dalla copertina, infatti, è possibile comprendere Due copertine di differenti testate con che questo magazine sfugge ad alcune “regole” del lo stesso soggetto campo editoriale: non sono presenti strilli o altri elementi testuaEDITORIA CINEMATOGRAFICA INGLESE li (se non il logotipo Il panorama editoriale cinematografico inglese è spaccato di testata e, a volte, il a metà: da un lato troviamo riviste piuttosto commerciali titolo del film a cui è e dirette al grande pubblico, dall’altro riviste più specializdedicato il numero) zate e settoriali, ma dirette agli esperti o agli appassionaed è quasi totalmente ti. Alla prima categoria appartengono testate come Empiillustrata. L’assenza re o Totalfilm, mentre nell’altra si possono comprendere, di strilli in copertina ad esempio, Sight&Sound o Vertigo. suggerisce che la rivista non vuole catturare l’attenzione del lettore a tutti i costi, persuadendolo con i suoi contenuti interessanti: il lettore è a conoscenza di come verranno trattate le tematiche al suo interno. Con l’obiettivo di distaccarsi dalle classiche riviste commer14


Introduzione

ciali, LWL cerca di essere un prodotto da fruire dopo l’esperienza cinematografica - o sul divano di casa - non vuole attirare lo spettatore davanti al grande schermo, ma vuole spingerlo ad approfondire cosa si cela dietro di esso. Per questo rifiuta il più possibile la fotografia, in favore dell’illustrazione: la prima ha il compito di mostrare quanto più possibile, estratti delle pellicole trattate, l’altra si astiene dal “documentare” ed è anzi, molto soggettiva. Come si è detto precedentemente, ogni numero si concentra su un singolo film, ma questo non avviene solo a livello contenutistico, ma anche a livello grafico. Sebbene la struttura del magazine rimanga invariata, lo stile grafico cambia continuamente e prende spunto, anch’esso, dal film stesso. Il design del numero dedicato a Django Unchained, per esempio, si inspira alle vecchie carte delle caramelle americane (nel trailer, l’attore Leonardo Di Caprio ne scarta una), mentre quello dedicato al film Trance, comprende una serie di illustrazioni psichedeliche ed ipnotiche. Celebre fu il numero che trattava la pellicola Lawless (film a metà fra il western e il gangster), realizzato interamente con illustrazioni e caratteri ispirati ai woodtype. Il target a cui si riferisce il magazine è di giovani tra i 18 e i 30 anni, appassionati di cinema o di design, aspiranti registi o grafici ed illustratori. ANATOMIA DEL MAGAZINE

• Cover La copertina è uno degli elementi più suggestivi della rivista: rappresenta spesso un volto in primo piano del personaggio principale del film trattato nel numero. Ogni copertina è illustrata con tecniche e metodi diversi, a seconda del concept del numero corrente o delle firme che partecipano alla sua realizzazione. Essendo il tramite fra il designer e il lettore, la sua progettazione è determinante: la sfida è trovare ogni volta l’autenticità artistica dei ritratti, perché questo determinerà la giusta impronta a tutto il magazine. La cover – pur essendo molto creativa – è progettata secondo una geometria ben precisa, che sfrutta la sezione aurea. Dividendo l’area in modu15


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li proporzionati si genera una sorta di gabbia, al cui interno si può tracciare, appunto, la spirale aurea. L’andamento del volto, in genere, segue questa spirale sulla quale si trova anche il logotipo di testata: il tutto determina una gerarchia visiva non casuale, molto rigida seppure armonica, in cui ogni elemento presente trova il suo posto, senza generare squilibri visivi. Oltre ad uno schema ben definito, la copertina si serve anche di un concetto che i designer di LWL definiscono “Postage Stamp Principle”, il Principio del Francobollo, e riguarda la riduzione progressiva del layout. Secondo l’opinione dei suoi ideatori, la copertina deve avere un impatto visivo a qualunque dimensione venga riprodotta, fino a quella di un francobollo;

Costruzione della cover di Little White Lies in base alla regola dei terzi e alla sezione aurea

• Endpapers Si tratta della II e III di copertina e della I e IV pagina del magazine, occupate da una texture o un’illustrazione ispirata al tema. Per esempio nel numero dedicato al cinema cinese, c’era una texture ispirata alle porcellane cinesi; 16


Introduzione

Endpapers del numero 10 e 55 di Little White Lies

• Lead Review È a prima sezione del magazine, ed è quella che riguarda la coverstory. La sezione contiene, come da titolo, una recensione approfondita del film in copertina; • Feature Contents È una delle sezioni più consistenti della rivista e tratta articoli riferiti a delle caratteristiche del film. Sono frequenti, quindi, interviste al regista, divagazioni su altri suoi film o articoli sugli attori della pellicola. Dal punto di vista grafico, questa è una delle parti più interessanti del magazine: essa si adatta e trae ispirazione dal contenuto, generando una forte empatia con il lettore; • Reviews Contents Questa sezione contiene recensioni di film che sono nelle sale nel periodo di pubblicazione del numero, ma talvolta anche di pellicole cult. Ogni recensione (anche la Lead Review), si chiude con un giudizio espresso in tre parametri: Anticipation (anticipazione) che valuta come viene pubblicizzato il film prima della sua uscita e che viene considerata parte dell’esperienza cinematografica. Enjoyment (intrattenimento), che valuta la reazione al film stesso ed infine Retrospect (retrospezione), valuta l’impatto sullo spettatore, cosa un dato film lascia allo spettatore e quanto questo continuerà a vivere con lui; • Info magazine Nella parte finale sono contenute alcune informazioni sul magazine, come pagine di chiusura, inviti ad abbonarsi e i credit. 17


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RETHINK & REDESIGN

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OBIETTIVI IL PROGETTO DI TESI CONSISTE nel redesign della rivista Little White Lies, non solo sul piano grafico, quanto anche su quello dei contenuti. Nonostante abbia apprezzato questo prodotto fin dal principio, con il tempo ho iniziato ad analizzarlo più nel dettaglio e ho constatato che, nonostante la grande originalità, nella progettazione ci sono molti aspetti sottovalutati. Little White Lies è una rivista pensata per un pubblico inglese, che certamente si differenzia molto da quello italiano. Chiaramente nella cultura visiva: non è un caso, infatti, che i primi periodici illustrati siano comparsi proprio in Inghilterra, dando seguito ad un filone che successivamente ha preso piede anche nel resto del mondo. In generale, la produzione grafica inglese, ha conservato nel tempo uno schema e delle regole compositive rigide, che ne hanno determinato una particolare riconoscibilità. La scelta tipografica, infatti, risente molto di questa rigidità e comprende una selezione ridotta di caratteri: un graziato per il testo corrente e un lineare piuttosto neutro per le titolazioni. Con lo stesso principio, nella gestione delle recensioni viene esclusa la possibilità di una titolazione introduttiva, dando maggior rilievo al titolo del film. In sostanza, l’uso delle parole è molto contenuto – vista anche la maggiore immediatezza della lingua – e il testo viene presentato senza nessun “artificio”. Diversa, invece, è la situazione nel panorama italiano: non c’è uno schema consolidato e ricorrente nel design grafico, che del resto si sta evolvendo molto rapidamente negli ultimi anni. Questo vale anche per le pubblicazioni periodiche in commercio, molto diversificate fra di loro, che risentono della nostra cultura visiva, più miscellanea. C’è un aspetto, però, che le accumuna tutte e che potrebbe sembrare banale: l’im20


Rethink & Redesign

Alcuni esempi che mostrano l’uso dell’illustrazione nell’editoria e nella pubblicità inglese

portanza delle parole. L’italiano ha un vocabolario più esteso e spesso non è così immediato come le altre lingue. Titolazioni articolate sono la prassi in una rivista italiana, così come gli strilli in copertina, ecco perché Little White Lies si distacca molto ciò che siamo abituati a vedere in edicola. Il mio obiettivo è stato quello di adeguare il prodotto originale inglese ad un pubblico italiano, apportando delle lievi ma influenti modifiche, senza alterare il suo livello qualitativo e l’originalità del progetto. Ho rivisto la scelta tipografica ed ho cercato di gestire i contenuti in maniera più dinamica e piacevole: se le prime due sezioni (Lead Review e Feature Contents) risultano più godibili e l’ingombro del testo viene spesso alleggerito con l’integrazione delle illustrazioni o della tipografia personalizzata, l’ultima sezione (Reviews Contents) appare più asettica, quasi monotona. Non solo, il layout scelto per questa sezione – generalmente testo e una fotografia per ogni recensione – lascia uno spazio marginale all’immagine che è spesso

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Rethink & Redesign

Alcuni layout di Review, sezione della rivista inglese Little White Lies

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inserita in box rettangolari molto stretti e subisce tagli improbabili, non adeguati a tutti gli scatti fotografici. Non c’è dialogo fra immagine e testo, il che rende quest’ultimo meno “appetibile” al lettore, piuttosto difficile da fruire. Premesso questo, ho compreso che il mio obiettivo non era solo il redesign grafico di questo prodotto, ma bensì un vero e proprio rethinking. Ripensare il prodotto. Una volta individuati gli obiettivi, ho deciso il film a cui dedicare il mio “numero 0”. Si tratta de La Grande Bellezza, il film premio Oscar di Paolo EDITORIA CINEMATOGRAFICA ITALIANA Sorrentino, che ho Analizzando il panorama editoriale italiano, ho notato apprezzato fin dalla come il problema che si erano posti Miller e Bochenski prima visione e che sia presente anche nel nostro contesto: c’è un grosso divario fra le riviste mainstream e quelle più specializzarappresenta la parte te, spesso difficili da reperire. Ciak, Best Movie e Empire, più personale e sogper esempio, sono i magazine di cinema più popolari e gettiva della mia tesi venduti in Italia, ma risentono di una forte omologazioperché è il racconto di ne visiva già evidente dalle copertine. L’unico prodotto un viaggio emotivo e che sembra distaccarsi da questo filone è 8½, la rivista di una crescita interiorealizzata dall’Istituto Luce di Cinecittà, che tratta temi re. Ma c’è di più, perriguardanti il mondo della cinematografia, ma che spesso ché La Grande Bellezza, sono trascurati dalla critica (ad esempio economia, innolancia svariati spunti vazione, comunicazione, multimedialità…) e non si sofdi riflessione su molti ferma sulle recensioni delle singole pellicole. Dal punto di aspetti che riguardano vista grafico, è l’unico prodotto che emerge notevolmente rispetto agli altri, sia in copertina che negli interni. la nostra società, come la perdita di valori, la ricerca della spiritualità, il valore dell’arte, il valore della nostra esistenza. C’è ironia, satira, vita, morte, depravazione, spiritualità, rassegnazione e riconquista della propria identità. Inoltre, è un film che parla dell’Italia o meglio dell’“italianità”, se così si può dire, e quindi quale modo migliore per introdurre una versione italiana di un prodotto straniero, se non parlando del nostro Paese? In fondo, anche una rivista racconta una storia – a tratti più suggestiva, a tratti più lenta – ed è per questo che ho provato a raccontare il mondo di questo film, Alcune copertine della rivista 8½ attraverso testi e illustrazioni. 24


Redesign

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Rethink & Redesign

RETHINK NEL RIPROGETTARE LA RIVISTA, per prima cosa ho esaminato le varie zone di cui si compone la versione inglese, ed ho operato dei cambiamenti, dove l’ho ritenuto opportuno. Il formato rimane invariato – ovvero 20x24,5 cm – così come la qualità e il tipo di carta, che nell’insieme conferiscono alla rivista un livello qualitativo di tutto rispetto. Cambia invece la denominazione delle varie sezioni – non più capitoli – che è in italiano. ANATOMIA DEL NUOVO LITTE WHITE LIES

I due logotipi a confronto

Logotipo di testata È una degli elementi della rivista che ha richiesto una progettazione più attenta. Nell’ottica di rendere la rivista meno “rigida”, con un mood più aperto e più vicino al pubblico italiano, ho deciso di trasformare il carattere lineare del logotipo di testata, in un calligrafico (dal sapore gestuale) fortemente contrastato, che fora il cerchio al cui interno si trovavano anche tutte le altre informazioni;

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• Cover Come detto precedentemente, è uno dei punti forti della rivista e determina anche il concetto di “collezione” e quindi, di durata nel tempo. Ancora una volta, nel restyling viene meno la rigidità compositiva, a favore di una maggiore libertà espressiva affidata all’illustrazione. Questa rimane legata al film selezionato, così che il pubblico possa facilmente comprendere il contenuto principale della rivista, senza doverla necessariamente sfogliare;

• Endpapers Anche in questo caso, non ho apportato cambiamenti perché credo che inserire una texture o un’illustrazione nelle pagine di apertura e chiusura della rivista, sia un ottimo modo per iniziare il lettore all’esperienza del prodotto e introdurlo lentamente alla conoscenza e scoperta del film trattato: un espediente per chiudere il magazine in modo quasi ciclico;

Pattern ispirato a un animale presente in una scena de La Grande Bellezza

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Rethink & Redesign

• Colophon Contiene le informazioni del magazine, compresi i dettagli sui componenti della redazione. È all’incirca equivalente all’ “Info Magazine” della vecchia versione. Ho mantenuto l’idea di assegnare ad ogni figura della redazione un’icona diversa, che trae spunto dal film raccontato in copertina;

Le illustrazioni originali, adattate successivamente ad icone per il colophon

• Anteprima È la prima sezione del magazine e contiene la recensione del film in copertina. La denominazione – in origine “Lead Review” – suggerisce al lettore sia la tipologia dei contenuti, sia una continuità e un approfondimento trattato nelle successive pagine della rivista; • Coverstory La seconda sezione comprende dei servizi che approfondiscono alcuni temi e aspetti del film in copertina, da qui il nome “Coverstory”, anziché il precedente “Feature Contents”;

Le illustrazioni utilizzate nelle aperture delle tre sezioni del magazine

• Recensioni È l’ultima parte della rivista ed è simile alla sezione originale “Reviews Contents”, ad eccezione dei contenuti, dove primeggiano invece le recensioni dei film distribuiti durante il periodo di diffusione del numero corrente. 29


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REDESIGN TIPOGRAFIA

Specimen del carattere tipografico Fluidum

Il carattere utilizzato per la testata è il Fluidum, disegnato da Alessandro Butti nel 1951 (e completato in alcuni glifi dal suo allievo Aldo Novarese) e disponibile in due versioni.

ABCDEFGHIJKLM NOPQRSTVUVWXYZ abcdefghijklm nopqrstvuvwxyz 0123456789 Come suggerisce il nome, si tratta è un carattere fluido, simile alla scrittura manuale ma con delle caratteristiche di un FOCUS bodoniano, sopratAlessandro Butti fu uno fra i più importanti disegnatori tutto nell’alto contradi caratteri italiani, oltre che docente e direttore della società Nebiolo di Torino, dove prese come collaboratore un sto fra le aste sottili e altro dei grafici più importanti di sempre: Aldo Novarese. quelle spesse. Questo Fra i caratteri da lui disegnati, (alcuni con l’aiuto di Novasapore quasi retrò, lo rese) ci sono il Paganini, il Quirius, l’Athenaeum, il Norrende decisamente inmandia, l’Augustea e il Microgramma. tenso e funzionale al tempo stesso. Notevole nelle titolazioni. 31


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Specimen del carattere tipografico Marat

Il carattere scelto per il testo corrente, per le informazioni secondarie e gli strilli in copertina è il Marat. Disegnato da Ludwig Übele per la Ludwig Type, in nove variabili, è un carattere romano molto originale. Robusto, compatto e molto leggibile. Il suo grande pregio è quello di avere un’ottima resa sia in tutte le dimensioni, rivelando delle zone bianche eleganti. Nel 2008 è stato selezionato dal Type Directors Club di New York per ricevere il Certificato di Eccellenza in Type Design.

ABCDEFGHIJKLM NOPQRSTVUVWXYZ abcdefghijklm nopqrstvuvwxyz 0123456789

Dettaglio di alcuni glifi nella variante di peso Black

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Rethink & Redesign

Per le titolazioni, i testi secondari, le didascalie e i testi nei box, la scelta è caduta sul carattere Soho, disegnato da Sebastian Lester per la Monotype Imaging. Si tratta di un egiziano versatile, disponibile in oltre 40 varianti. Proprio questa sua versatilità, lo rende perfetto a grandi dimensioni per titolazioni efficaci, ma anche a ridotte dimensioni, per dei testi più piccoli. Un’altra sua peculiarità, è la dimensione contenuta delle aste discendenti e ascendenti, ottima per le titolazioni su più righe, dove normalmente questi due elementi tendono a sovrapporsi.

Specimen del carattere tipografico Soho

ABCDEFGHIJKLM NOPQRSTVUVWXYZ abcdefghijklm nopqrstvuvwxyz 0123456789

Fra paranoia e thiller Dettaglio dell’interlinea e della distanza fra ascendenti e discendenti in una titolazione

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Remaking of Little White Lies TESTATA

Il logotipo attuale di Little White Lies

La testata del vecchio LWL è stata pensata sulla base della copertina, che generalmente ritrae personaggi in primissimo piano. Rispettando la simmetria della composizione, il logotipo si risolve all’interno di un cerchio posto centralmente in testa al layout. Tutte le informazioni necessarie sono contenute all’interno di questo modulo: il codice a barre è visibile sufficientemente da consentirne la lettura, subito sotto, le informazioni sul numero, la mensilità e il costo. Al centro, il logotipo di testata seguito dal motto Truth&Movies. Il carattere della testata, un lineare, è stato creato ad hoc da Angus McPherson (Little White Lies Sans): nel complesso questa grande “bolla” è densa di elementi, ma risulta snella, minimale, anche se un po’ rigida.

Nel progettare il nuovo logotipo della rivista ho deciso di stabilire degli obiettivi ben precisi: innanzitutto, la scelta di una tipografia meno rigida, confacente ad un pubblico italiano. In secondo luogo, trovare un espediente per alleggerire e rompere la compostezza del modulo originario cercando di renderlo più dinamico e, infine, cercare la possibilità di varianti cromatiche. Inizialmente volevo rimanere legata al concetto di un unico modulo che contenesse tutti i dati necessari, come nella precedente versione. Ho progettato, quindi, una testata all’interno di un modulo rettangolare, da utilizzare in più proposte orizzontali o verticali. La peculiarità di questa proposta è quella di risolvere – come per l’originale – in un’unica forma molteplici elementi, che altrimenti dovrebbero essere collocati ogni volta in 34


Rethink & Redesign

Proposte del nuovo logotipo di testata

modo diverso in base alla copertina del numero. Però lo svantaggio di questa forma – pensata per essere collocata nel terzo di sinistra – era quello di non adattarsi perfettamente ad eventuali iconografie illustrate in cover, risultando talvolta invadente e non soddisfacendo gli obiettivi preposti. Quindi ho ripensato l’idea di intervenire sulla forma originaria sferica utilizzata dalla rivista inglese, che più si adatta ad essere collocata centralmente in testa alla cover. Questo tipo di soluzione, poco utilizzata nell’editoria italiana, contribuisce ad enfatizzare il prodotto rendendolo unico. A questo punto, l’operazione è stata quella di utilizzare questo modulo non più come un fondo sul quale “adagiare” i vari elementi della testata, ma piuttosto come unico elemento portante. Infatti, il logotipo “fora” il fondo del cerchio che lo contiene e sborda oltre il peri35


Remaking of Little White Lies

#55 •

sett/ott '14

€10

• le bugie del cinema •

Logotipo definitivo

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Rethink & Redesign

Collocazione del logotipo nel modulo circolare

#55 •

Costruzione della testata

sett/ott '14

€10

• le bugie del cinema • 37


Remaking of Little White Lies

Varianti cromatiche del logotipo di testata

metro dello stesso. Con questi accorgimenti, la testata risulta leggera e diventa una sorta di bollino in negativo che può modificare l’aspetto cromatico in base al concept di copertina, generando un espediente interessante per far dialogare i due elementi.

Successivamente, si è scelto di posizionare esternamente tutte le altre informazioni, quindi, al di sopra della testata troverà spazio il numero della rivista, la mensilità e il costo, mentre, più in basso si posizionerà il motto. Il codice a barre è stato riposizionato sul piede della cover: sebbene questa soluzione necessiti di volta in volta uno studio approfondito, risulta comunque un’opportunità per il designer accorto, nel far dialogare questo elemento con il resto della composizione. Il motto, per la natura del prodotto, cambia radicalmente rispetto alla sua variante inglese: in questo caso si trasforma letteralmente ne “le bugie del cinema”. In parte fa il verso ovviamente al naming del periodico, traducendo “bugie” in italiano, ma avvalorando quello spirito giocoso originario dal format inglese, implementandolo con i valori tipici della cultura italiana. Inoltre, ritorna anche il significato stesso del cinema, che non è altro che una finzione, una menzogna e, in questo caso, una bugia. O meglio una “piccola bugia bianca”, capace di farci vivere delle emozioni uniche, irripetibili. 38


Rethink & Redesign COVER

I 2 concept della cover nelle 3 rispettive varianti cromatiche

La copertina si slega dalle rigide regole compositive della precedente versione, per declinarsi ad un pubblico italiano, meno abituato a riviste completamente illustrate e ad un’estrema sintesi. Nell’ottica di avvicinarsi il più possibile ad altri periodici italiani, pur mantenendo una propria unicità, in copertina è stata pensata l’aggiunta di un unico strillo e di un sottostrillo, se necessario. Questi elementi sono collocati sempre in una zona strategica, in modo da “completare” l’illustrazione fornendo un riferimento testuale immediato per il lettore, che può capire subito il soggetto della copertina e della rivista, nel caso in cui non sia immediato. Per il numero 0 di questa rivista, si è pensato di realizzare due differenti illustrazioni con lo stesso stile, ma proponendo soggetti diversi e utilizzando tre palette di colori, creando diverse varianti cromatiche.

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Rethink & Redesign

Struttura e costruzione delle copertine

Una variante sui toni freddi che richiamano la notte, un’altra sui toni caldi del tramonto, e infine, i toni chiari e aranciati dell’alba: sono i tre momenti in cui è girato La Grande Bellezza. In tutte le versioni appare il personaggio di Jep e il Colosseo, il monumento su cui si affaccia l’attico del protagonista. Nel primo concept la prospettiva del visual è presa dal basso creando una composizione a “V”, all’interno della quale si collocano la testata e lo strillo. Il codice a barre è posizionato in basso a sinistra in una zona non invasiva ma leggibile. La composizione della seconda proposta, invece, è più simmetrica, ma genera anch’essa una “V” ribaltata che contiene allo stesso modo gli elementi della cover; in questo caso è stato possibile posizionare il codice a barre sotto la figura di Jep, in posizione centrale, così da dialogare in modo interessante con l’illustrazione. Nella costa, oltre al logotipo e al numero corrente della rivista, compare anche una piccola icona che sintetizza il film trattato, in modo da cesellare il layout, seppur minimo della costina. In questo caso è ovviamente il Colosseo, simbolo di Roma oltre che presenza ricorrente ne La Grande Bellezza. 41


Remaking of Little White Lies

LAYOUT: GABBIE E GRIGLIE

Gli interni della rivista sono stati progettati sulla base di una gabbia a colonne dispari, in questo caso 5, così da poterne lasciare sempre una libera: lo scopo è quello di creare delle zone di respiro e di bianco per ottenere degli impaginati più dinamici, ma allo stesso tempo snelli ed eleganti. Talvolta, questa soluzione permette di inserire un box colorato che rompe la monotonia del layout. Oltre ad avere un fondo di colore diverso, i box sono trattati con una tipografia dedicata e la fotografia di turno è virata seguendo la paletta cromatica scelta per il box. Il testo viene spesso gestito su due colonne, e la colonna libera è utilizzata solo di tanto in tanto per inserire qualche elemento testuale o iconografico. Dove il testo è lungo e fitto (come nel caso della recensione principale) ho adottato alcuni espedienti per frammentarlo e renderne più facile la lettura. Quindi sono intervenuta sulla tipografia, movimentandola con dei testi sottolineati e dei pesi diversi nei corpi, dove opportuno. Ho aggiunto delle piccole illustrazioni minimali di alcuni oggetti o luoghi importanti nel film descritto nel magazine, e infine ho inserito delle ampie citazioni, sfruttando l’ottima resa del Marat anche a corpo elevato. Specialmente nella seconda sezione della rivista, è ovviamente l’illustrazione che condiziona molto il layout e spesso ne rompe la monotonia. Alcuni elementi possono variare in base alla tipologia dell’argomento trattato, come la titolazione, il sottotitolo, il modo di trattare i credit o il design del capolettera, per esempio. La gabbia a 5 colonne mi ha permesso, però, di progettare anche degli impaginati più densi di informazioni, mantenendo la stessa dinamicità e la stessa eleganza ottenuta precedentemente. Come accade nella sezione delle recensioni. Questa è la zona che ha subito un redesign più intenso. L’obiettivo è stato quello trasformare la staticità e la rigorosità di queste pagine, in una struttura più flessibile e dinamica, che mi consentisse anche di avere una maggior margine di scelta nella colloca42


Rethink & Redesign

Alcune delle numerose varianti di layout che permette questo progetto di gabbia a 5 moduli/colonna

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Applicazione del layout a 5 moduli nelle sezioni Anteprima (nella pagina accanto) e Coverstory (sotto)

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Applicazione del layout a 5 moduli nella sezione Recensioni

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Rethink & Redesign Alcuni particolari del prodotto stampato

zione del box fotografico, dei testi e anche di alcune didascalie che non sono presenti nella versione originale. Ho individuato un format flessibile per ogni recensione trattata che prevede una titolazione, cui seguono le informazioni del film (nome, regista e cast), il testo e le fotografie. Inoltre, ho stabilito una gerarchia dei film recensiti in questa sezione, perché molti, per esempio, potrebbero essere tematicamente inerenti al film in copertina, quindi potrebbero avere una rilevanza maggiore nella rivista. Mediamente ogni pagina contiene una recensione accompagnata da uno o più scatti fotografici e dalla valutazione espressa nei tre criteri: Anteprima, Visione, Flashback. Ognuno di questi criteri ha dei punteggi che vanno da 0 a 4, le icone che segnalano questo punteggio, sono state disegnate sfruttando l’iconografia tipica del “countdown”, frequente al cinema negli anni scorsi, prima della proiezione della pellicola.

0 Le icone di valutazione in versione grafica

1

2

3 4

Le icone di valutazione in versione pittogramatica, utilizzate nel box

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STAMPA E CONFEZIONAMENTO IL SUPPORTO SCELTO per la stampa sono delle carte opache da 130 g/m2 per gli interni e da 300 g/m2 per la copertina. Inoltre, è stato aggiunto all’interno di una segnatura, un quartino stampato su una carta vergata da 150 g/m2. La rivista è stata stampata in digitale con una macchina Canon 7000 e rilegata in brossura con la tecnologia “Gloo”, che prevede l’incollatura delle pagine e consente di applicare la copertina direttamente sul dorso del prodotto, permettendo un’apertura delle pagine a 180°, senza compromettere qualche millimetro sulla piega della rivista come normalmente accade nella brossura tradizionale.

Brossura tradizionale con un esempio di testi impaginati

Brossura tradizionale undiscreto esempio di testi impaginati Allestimento in brussura che deve tener contocon di un margine dalla piega tradizionale che deve tener conto di un discreto margine dalla piega

Con la nuova rilegatura Gloo nessun limite all’impaginazione dei testi anche in piega

Allestimento con tecnologia “Gloo”

Con la nuova rilegatura Gloo nessun limite all’impaginazione Massima creativa dei testilibertà anche in piega Impagina liberamente foto, grafica e testi in qualsiasi punto del foglio, con Gloo hai piena libertà creativa, mantenendo la migliore leggibilità e risultato estetico. Nessun compromesso con la creatività!

Massima libertà creativa

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Bibliografia e sitografia

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA 2014, Costantino D’Orazio, La Roma Segreta del film La Grande Bellezza, Sperling & Kupfer 2013, Jeremy Leslie, The Modern Magazine: Visual Journalism in the Digital Age, Laurence King Publishing 2013, Francesco Franchi, Designing News, Gestalten 2013, Human After All Studio, Curious Iconic Craft 2011, Horst Moser, The Art Directors’ Handbook of Professional Magazine Design, Thames & Hudson 2005, Timothy Samara, Making and Breaking the Grid: A Graphic Design Layout Workshop, Rockposrt Publishers

http://ronreason.com/designwithreason/tag/magazine-redesign/ http://www.stackmagazines.com/the-magazines/little-white-lies/ http://www.creativereview.co.uk/cr-blog/2010/december/ david-carson-little-white-lies-huck http://www.adcawards.org/winners/little-white-lies-the-lawless-issue http://www.authorstream.com/Presentation/rachelhill2-1723677-little-white-lies-front-cover-research/ http://www.theguardian.com/media/2005/sep/12/mondaymediasection http://shahriyar1994.wordpress.com/2012/03/08/little-white-lies-magazine-research/ http://www.frizzifrizzi.it/2013/11/15/issues-little-white-lies-fifty/ 53


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http://www.frizzifrizzi.it/2014/03/18/tuttetipe-una-fanzine-al-femminile-di-aalphabet/ http://www.designweek.co.uk/profile-danny-miller/3018524. article# http://vimeo.com/19293727 http://ohgoodnessgreatness.blogspot.com/2009/10/81-bigblack-truth-danny-miller.html http://theindustryfaces.com/rob-longworth-the-beauty-ofmagazines-is-that-youve-got-all-these-white-pages-andyou-have-to-fill-them-with-content-each-month-and-thatsa-great-thing/ http://www.leparoleelecose.it/?p=11462 http://www.close-up.it/paolo-sorrentino-jep-gambardella-metafora-del-nostro-paese http://www.slowcult.com/cinema/la-grande-bellezza http://photofinish.blogosfere.it/2008/12/le-foto-cafonal-di-dagospia-diventano-un-libro.html http://www.militant-blog.org/?p=9379 http://variety.com/2013/film/reviews/cannes-film-review-the-great-beauty-1200484710/ http://www.artribune.com/2014/03/la-grande-bellezza-percezioni-proiezioni-dellitalia-iii/ http://www.noiroma.tv/wdp/?p=8969&doing_wp_cron=141 2362155.6138379573822021484375

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Ringraziamenti

RINGRAZIAMENTI A CONCLUSIONE DI QUESTA ESPERIENZA vorrei ringraziare le persone che mi hanno aiutato, anche se in minima parte, non solo in questo progetto di ricerca ma anche in questi 4 splendidi anni trascorsi in Accademia. Innanzitutto, vorrei ringraziare (nuovamente) il mio relatore, il prof. Francesco Mazzenga che mi ha seguita in ogni singola parte di questa tesi con pazienza (soprattutto), serietà e professionalità, riuscendo a guidarmi nella realizzazione di un prodotto eccellente e di qualità e permettendomi di infondervi la mia personalità, senza che questo compromettesse il risultato finale. Inoltre vorrei ringraziarlo anche per la fiducia che ha sempre riposto nei miei confronti e dell’entusiasmo con cui ha accolto questo progetto, lo stesso che ho avuto anche io fin dall’inizio. Un ringraziamento va anche a prof. Enrico Pusceddu, per essere stato il primo docente a vedere e credere nelle mie capacità, per essere stato sempre un valido punto di riferimento e per avermi dato la fiducia che tuttora mi accompagna. Non può mancare Giulia, la mia compagna di studio, chiacchiera, riflessioni e confessioni. Grazie per avermi sopportato in questi anni e soprattutto in questi ultimi mesi di tensione: senza di te e senza il tuo sarcasmo non sarebbero stati gli stessi. E grazie anche perché mi sopporterai nei prossimi anni a venire, ovviamente. Grazie anche a Davide, per aver assistito a tutti i miei sbalzi d’umore, a tutte le mie crisi isteriche e per esserci stato nei migliori e peggiori momenti di questi anni. È anche e soprattutto grazie a voi se la vita in Accademia è l’esperienza positiva che ricordo. Vorrei ringraziare anche la mia famiglia, che mi ha sopportato in tutti questi anni e mi ha aiutato a superare tutte le vicende che hanno accompagnato 55


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questa tesi (dito rotto annesso), anche quando avevo perso l’ottimismo che mi accompagna da sempre. Un ringraziamento anche ai gentilissimi Fabrizio Festa e Hannah El-Boghdady di Human After All, per avermi accolto nel loro studio e per avermi fornito il materiale necessario per iniziare questa ricerca. Infine, ma non per importanza, vorrei ringraziare le mie amiche per essere state sempre presenti e per aver ascoltato con comprensione tutti i miei dubbi, incertezze e problemi.

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progetto di Francesca Ceccarelli francesca.ceccarelli@hotmail.com behance.net/FrancescaC



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