FOTOgraphia 267 dicembre 2020

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ROBERTO POLILLO DI LUCE DI COLORE DICEMBRE 2020 / NUMERO 267 / ANNO XXVII / 267 IN NARRATIVA PAROLE DI FOTOGRAFIA ISA STOPPI GRANDE PER SEMPRE

NONNELLAFOTOGRAFIAEOSSERVAZIONIRIFLESSIONICOMMENTISULLARIVISTACHETROVIINEDICOLA / Sottoscrivi l’abbonamento a FOTOgraphia per ricevere 10 numeri all’anno al tuo indirizzo, a 65,00 euro Online all’indirizzo web in calce o attraverso il QRcode fotographiaonline.com/abbonamento ABBONAMENTO ANNUALE 10 numeri a 65,00 euro info:Per abbonamento@fotographiaonline.com0436716602srlgraphia

Dal nostro punto di vista mirato, l’avven tato annuncio, poi smentito dallo spoglio completo delle schede di voto, che hanno assegnato la quarantaseiesima presidenza degli Stati Uniti al candidato democratico Joe Bilden, richiamiamo un precedente, con tanto di fotografia iconica di accompagna mento. Diversi sono gli scatti del momento che stiamo per richiamare; tra i quali, per ovvi motivi, noi visualizziamo quello di W. Eugene Smith (1918-1978), uno dei grandi del fotogiornalismo del Novecento. 03/ / 45/ / 10/ / 45/ / 11/ 13

Qui e ora non si scrive di Fotografia (forse), in qualunque modo la si possa intendere e qualsiasi cosa questa significhi per ciascuno di noi. Franti; a pagina 8 Prima che la storiografia fotografica predo minante cominciasse a esistere, non c’era il nulla. C’erano i soliti randagi dell’immagina rio sovversivo a mostrare che ogni immagine non è che il prodotto di un’autobiografia, e fuori dall’ideologia mercantile tracciavano le rovine della fotografia dell’inganno universale nel frantoio del conformismo. La morfologia delle civiltà era dettata e la fatalità diventava reale. Pino Bertelli; a pagina 50 In una fiera, quello che conta è ciò che gli espositori propongono; in mancanza, gio vani uomini di marketing parlano di nuova cultura, ma senza chiarire di che si tratti. Giulio Forti; a pagina 48 È una evocazione di un Tempo che c’è stato.

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/ 267 SOMMARIOPRIMA COMINCIAREDI

/SmithEugeneW. L ife Elezioni presidenziali statunitensi del 1948, martedì due novembre. Anche qui, sulla base di proiezioni poi smentite dai fatti, il quotidiano Chicago Daily News titolò a piena prima pagina la vittoria del candida to repubblicano Thomas Edmund Dewey, governatore dello stato di New York, sul democratico Harry S. Truman, presidente uscente. Perentorio: Dewey Defeats Tru man, ovverosia Dewey sconfigge Truman Il titolo errato è diventato malfamato do po che un Truman esultante è stato foto grafato con in mano una copia del giorna le durante una sosta alla St. Louis Union Station, mentre tornava in treno dalla sua casa di Independence, in Missouri, a Wa shington DC. (Tra parentesi, e in aggiunta, questa è una delle immagini spesso uti lizzate in parodia e con attinenze via via riferite all’attualità sociale). Ed eccoci qui... con la Fotografia che re gistra e fissa indelebilmente nel Tempo istanti che avrebbero dovuto (potuto?) ri manere effimeri. Enorme responsabilità!

Di un Momento in cui, soprattutto a e da Mi lano, tutto poteva accadere... e tanto è succes so. Maurizio Rebuzzini; a pagina 34 / Copertina Marrakech, Marocco (2008), di Roberto Polil lo, dai suoi progetti fotografici in interpreta zione e svolgimento arbitrari; da pagina 20 03 / Fotografia attorno a noi Dal foglio filatelico Souvenir che le poste sta tunitensi hanno dedicato agli anni Quaran ta nell’ambito delle decadi del Novecento (18 febbraio 1999). Tra altro, rievocazione della vi cenda del maldestro annuncio delle elezioni presidenziali del 1948, riportata qui accanto Sollecitiamo il rispetto verso gli altri e -soprat . Con accompagnamento PRECEDENTE! All’inizio dello scorso no vembre, sulla scorta delle prime proiezio ni delle elezioni presidenziali statunitensi, il repubblicano Donald Trump, presidente uscente, ha annunciato la propria vittoria.

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Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano

10 / Alle origini Riedizione di L’immagine latente, di Beau mont Newhall, dall’originale del 1969 12 / Di pacco in pacco Episodio “fotografico”, con reiterazione di truffa con due Nikon F4 motorizzate Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini 16 / Sullo scaffale Selezione ragionata di otto titoli dall’attuale col lana 40th Anniversary Edition, di Taschen Verlag 20 / Roberto Polillo Di luce di colore Raffinate rappresentazioni di luoghi e oggetti della vita comune, evocativi del Tempo e del lo Spazio. Stilema squisitamente fotografico 28 / Grande per sempre Modella iconica degli anni Sessanta, e oltre, Isa Stoppi ha consegnato alla Storia un portamen to tanto signorile da essere traccia indelebile di sogni avvincenti di Maurizio Rebuzzini 36 / Giovanni IstantaneeUmicinidaNew York Ultima monografia dell’autore, appena manca to, in inconsueta (per lui) doppia combinazione: colore e polaroid di Angelo Galantini 42 / Parole di fotografia Romanzi ispirati dalla Fotografia, sia d’autore e iconica, sia anonima; anche vicenda biogra fica, autobiografia e fotografie non scattate. Valore della narrativa di Antonio Bordoni 48 / Photokina L’allarme del 2014 di Giulio Forti 50 / Germaine Krull Sguardi su di Pino Bertelli 39 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento po stale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), ar ticolo 1, comma 1 - DCB Milano. ■ A garanzia degli abbonati, nel caso la pubblicazione sia pervenuta in spedizione gratuita o a pagamento, l’Editore garantisce la massi ma riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e in suo possesso, fatto diritto, in ogni caso, per l’interessato di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi della legge 675/96.

/ / 34/ / 08/ / 32/ / 18/ / 14/ SOMMARIO DIRETTORE RESPONSABILE Maurizio Rebuzzini ART DIRECTION Simone Nervi IMPAGINAZIONE Maria Marasciuolo REDAZIONE Filippo Rebuzzini CORRISPONDENTE Giulio Forti FOTOGRAFIE Rouge Ottavio Maledusi SEGRETERIA Maddalena Fasoli HANNO COLLABORATO Pino AntonioBertelliBordoni Fondazione Gian Paolo Barbieri Giulio AngelomFrantiFortiGalantini Roberto EmmanuelePolilloCarlo Randazzo Mora Marco Saielli Ermes Turato www.FOTOgraphiaONLINE.com Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl - via Zuretti 2a, 20125 Milano MI 02 66713604 redazione@fotographiaonline.com ■ FOTOgraphia è venduta in abbonamento. ■ FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125

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■ ■ DICEMBRE

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dopo.Perquanto Facebook abbiaintrodottounasocialità

quantità equivalea qualità;nonsempre, quantità e qualità vannodiparipas

perchéleall’orizzonte,nioni)oimmagini(nonnecessariamenteFotografia,ma!),sistaprofilandounacondizionedellaquadobbiamotenereconto,allaqualedovremmoreagire,il tutto,diventaprestonulla.Comemidicevamia nonesistonoquitinFlaccus;Ma,mamma,nelsuoraziociniocontadino,“iltroppostroppia”.forse,èpiùcoltoriferirsiaOrazio(QuintusHoratius65aC-8aC),dalleSatire(I,1,106-107):«estmodusrebussuntcertideniquefines,quosultracitraqueneconsistererectum»/«esisteunamisuranellecose;determinaticonfini,aldilàealdiquadeiqualipuòesserviilgiusto».

dititàpresentanomiglialegrinonicociascuno,dizioneprincipaleeunicadeinostrigiorni,duranteiqualinelmondo,puòesprimersidaesuunpalcoscedirettoatutti,frequentabiledatutti.Cosìannotando,approdiamoallametaforadelfalcopel/FalcoperegrinusTunstallapace,rapacedellafadeiFalconididiffusointuttoilmondo.Quandoglisitroppeprede,ètantodisorientatodallaquandanonriuscireascegliere,adecidersi...finoalpuntononacciuffarneneancheuna.Pernoi,incollegamen to social,puòaccaderelostesso:dinonsapersiorientare nellaquantità,finoarimanereaboccaasciutta.Ovvero,indipendentementedalriferirsiaparole

pureporotuttilaricondottapensandotografia,qualcosaaspartireconillinguaggiosignificativodellaFoinquantolessicoerepertoriovisuale.Inparallelo,allesoleparole,nessunadiquestepuòesserealcamminodellaletteratura.Senonche,perseparazionetraparolaeletteratura,potremmoessered’accordo;mentre,nonèaltrettantochiaroloscortraimmagineeFotografia.Manonèquesto,nepquesto,ilpunto.L’attenzionechedobbiamoriservareallafenomenologia ,quantomenoalsuoaspetto ,èuntutt’u giornatasintonizzarciqui,nodiparoleeimmagini,ovverosiadicomunicazione.Eccoilpunto:ladoseditrasmissionisullequalipossiamoognigiorno,ogniminuto,ogniistantedella(edellanotte).Nonsempre, eparteso;nonsempre,corrispondonotraloro,nésibilanciano.Acapacitàpersonalidiindividuazionedellefonticerteaccertate,rimaneilfattochela

Facebook èunapplicativochehasdoganatolaconnes

tesionesullealcunasionevirtualeestesaatuttoilpianeta.Senzaentrareinindagineapprofonditasusestesso,piuttostocheconsecuzionichepossonoavernesuperataladiffucapillare,rimaneilfattocheèlegittimostabiliredaeistanti:volenteonolente,c’èstatounprimaec’èun

social conteggiateinquantitàha

quantitativo

quantità èormailacon

suna)trodotto.cherealizzategiornote,allazioneconsiderazioni,acombinatadiparoleeimmagini,nessunosisoffermamaiconsiderareisolivocaboli,perprivilegiare,nellepropriesoprattuttol’immagine,inpropriadefinidi“fotografia”.Dacui,valorisensazionalisticirelativiquantitàdiimmaginipostatequotidianamenteinRedaqualsivogliapiattaformaprepostaafarlo,cheognisuperanodigranlungalaquantitàdelleFotografienelcorsodellasuaStoriaespressiva.Anoinoninteressaquestofronzolodelragionamento,-onestamente-siestingueancoraprimadiessereinInfatti,apparenzaformaleaparte,poche(onesdelleimmagini

EDITORIALE Maurizio Rebuzzini 7

(opi

social

Subito detto. Qui e ora non si scrive di Fotografia (forse), in qualunque modo la si possa intendere e qualsiasi cosa questa significhi per ciascuno di noi. È doveroso rilevarlo, per quanto siamo coscienti di deviare da un percorso net to e prestabilito (per l’appunto, Foto grafia, in intenzione FOTOgraphia). È doveroso rilevarlo, perché -qui e orala Fotografia potremmo non riuscire a inserirla, neppure di striscio, neppu re in tangente, neppure per metafora (né, del resto, intendiamo farlo).

Archivio FOTOgraphia SOLOONLINE// /QR codeSCHESIR SPOT 2017

Ciò premesso, ci accodiamo a uno dei dibattiti latenti nel nostro paese, che per il proprio solito viene affrontato e discusso su base giornalistica: un poco dai periodici; molto di più dal palinse sto televisivo. Immediatamente, a fior di pelle, è questo secondo palcosceni co che ci fa paura, perché risponde so prattutto alla società dello spettacolo, con annessi e connessi. In argomento, ora: ci stiamo riferendo alle prese di posizione, all’alzata di scudi, a favore di... cause nobili, per quanto molte di queste siano addirittura scontate, se non che le relative spettacolarità in troducono protagonismi fuori luogo. In stretto ordine temporale, il caso più recente riguarda lo scorso venti cinque novembre, elevato a Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: ri correnza istituita dall’Assem blea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134, del 17 dicem bre 1999, con invito generale a organizzare e svolgere, in quel giorno, attività indirizza te a sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema del la violenza contro le donne. Sinceramente? Ci mancherebbe al tro! E lo stesso dicasi per ogni altro te ma sociale, che può essere maturato nel pensiero sempre evolutivo della società attuale, anche solo rispetto tempi pre cedenti. Solo che, per dati certi, è sta to certificato che le violenze domesti che riguarderebbero il settanta percen to delle famiglie italiane, senza alcuna distinzione di ceto, cultura e percettibi lità sociale. Da cui, due considerazioni, almeno due: chi esercita violenza sulle donne, spesso ha le chiavi di casa; ogni volta che siamo in dieci, magari su un mezzo pubblico, sette stanno andando a casa ad aggredire la moglie. Questo doveroso dibattito è arriva to in superficie dopo la soluzione di questioni precedenti, tutte dipenden ti dall’atteggiamento da riservare agli altri, soprattutto se diversi da noi, sia in misura evidente (colore della pelle, per esempio), sia in maniere meno vi sibili (disagi individuali).Già:cimancherebbe al tro! Come se i soggetti (nello specifico non le donne, ma i loro persecutori) si presen tassero al pubblico televisi vo, rivelandosi: picchio i figli, picchio mia moglie, importu no le colleghe, evado il fisco, rubo nei negozi, denigro e umilio i deboli, opprimo, sot tometto e anniento gli altri. E qui, contrariamente all’incipit, entra in gioco una certa colpevolezza della Fotografia. Con il fotogiornalista Tano D’Amico, conscio e consapevole del die tro-le-quinte del linguaggio fotografico, nel capitolo Fotografia e società del suo eccellente pamphlet Fotografia e desti no. Appunti sull’immagine, in edizione Mimesis: «Dietro la bellezza formale de gli scatti di celebrati maestri occiden tali si nasconde il tentativo continuo, incessante, di fa sentire “gli altri” come intrusi nella storia, che è occidentale per definizione. Una storia che magnifica una civiltà ricca di bellezza impareggia bile, di cui i non-europei e i non-bian chi non possono godere. La bellezza di quelle fotografie ha dato una parven za di verità a ciò che vedeva lo sguar do dell’alta borghesia bianca, al potere in Europa e nelle colonie. Schiacciando e offuscando con amabilità lo sguardo degli altri. La fotografia dei soddisfatti è stata imposta come la fotografia di tutti. Una fotografia a mo’ di ciliegina sulla torta della vita. Per quelli per cui la vita è una torta. «Per gli altri, la fotografia somiglia più alla carne, al sangue della vita. Può es sere carne e sangue, può costare car ne e sangue. «La fotografia dei soddisfatti è stata imposta ai sottomessi e ai vinti. La forma, la buccia senza frutto, il surrogato della poesia. Che dei drammi dell’umanità fa un inutile involucro. Le pene del mon do sono ridotte e immagini gradevoli e consumabili, buone per ornare scato le di cioccolatini o barattoli di caffè. Mi torna in mente l’acritica arroganza dei miei ricchi compagni di scuola [in stile Cuore, di Edmondo De Amicis, tra le cui fila si salva soltanto Franti]. Si identifica vano con i più forti. Erano rampolli dei più forti. Il potere affida alla fotografia, fin dalle sue origini, lo sciagurato com pito di dividere gli uomini». Che dire, ancora e di più? Soltanto... sollecitare il rispetto verso gli altri e -so prattutto- i diversi Da e con le avvincenti campagne pub blicitarie Schesir, di alimenti per animali domestici (pet, nel gergo acquisito), in annunci stampa e spot televisivi: «Con loro puoi essere naturale. Al 100%». Nello specifico: Con il tuo cane non devi par lare per forza; Al tuo gatto non impor ta se hai un colore diverso; Al tuo gat to non importa se sei troppo colorata; Non ti giudica da come ti vesti; Non ti giudica dalla macchina che possiedi. Davanti agli altri ! ■ ■

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/ ATTORNO A NOI / di Maurizio Rebuzzini (Franti) DIVERSI DA CHI?

Soggetto della campa gna stampa Schesir 2014-2015, al quale si sono abbinati spot te levisivi finale,declinati:analogamentedalQRcodeverso YouTube (spot 2017).

L’immagine latente è uno dei tito li latitanti dell’editoria italiana (secondo Ugo Mulas, si tratta del più importante per un foto grafo e per chi frequen ta la Fotografia). Molti lo citano, per quanto spesso a sproposito, po chi lo hanno effettiva mente letto... anche in misura e dipendenza della sua irreperibilità. Ora, Mimesis Edizioni rimedia a questa man canza e assenza con la pubblicazione di L’im magine latente - Sto ria dell’invenzione del la fotografia, di Beau mont Newhall, nella sua collana Sguardi e Visio ni: introduzione di Ita lo Zannier; 198 pagine 13x20cm; 20,00 euro. Dalla presentazione in quarta di copertina: «Come accaduto per numerose innovazio ni tecnologiche, la fotografia non ha avuto un solo “padre”. Molte menti, in luoghi e periodi differenti, si sono ado perate per sperimentare nuove tecni che per catturare le immagini [ovve ro, la natura che si fa di sé medesima pit trice], ma soltanto nel gennaio 1839, quando l’Académie des scien ces di Parigi certificò di Antonio ORIGINI

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Bordoni ALLE

Tra tante altre compo nenti ed esperienze per sonali, la partecipazione individuale alla Fotogra fia, qualsiasi cosa que sta significhi per ciascu no di noi, è sostenuta e sorretta anche dall’in contro con il pensiero altrui. In particolare, ol tre il bagaglio conosciti vo di immagini e vicen de, si sono avvicinate ri flessioni e meditazioni che vanno sottotraccia rispetto quanto (tanto) è a tutti ben visibile. Al lo stesso tempo e mo mento, accediamo / ab biamo avuto accesso a considerazioni di e in rimando: da-a. A questo proposito, un ricordo soggettivo, che, dal privato dove nasce, si proietta oltre: nei primi anni Settan ta, certamente sull’onda emotiva della prema tura scomparsa di Ugo Mulas, mancato nella primavera 1973 (di no stro primo impegno re dazionale con il mensile Clic), a quarantacinque anni, con coincidente imponente retrospettiva al Palazzo della Pilotta, dell’Università di taleavvincenteapprofondimmoParma,ilsuoefondamenpercorsod’autore. Tra i titoli mirati allora a disposizione, che nel corso del tempo sono poi cresciuti in quanti tà, uno in particolare fu determinante per noi, probabilmente addirittura riso lutivo: La fotografia, in prima edizione Einaudi dello stesso 1973, che ancora/ soprattutto oggi sarebbe un testo del quale non fare a meno. Uomo colto e rifles sivo, perfino della se mantica del proprio agire fotografico, nelle sue considerazioni, Ugo Mulas richiama spesso proprie letture a tema, che interpella a testimonian za di pensieri e riferimenti. Tra i titoli che cita, uno in particolare è qui ele vato ad assoluto: L’immagine latente - Storia dell’invenzione della fotografia, di Be aumont Newhall (19081993; storico della foto grafia e primo curatore del dipartimento di fo tografia del Museum of Modern Art / MoMA, di New York). Allora dispo nibile in (inconsueta?) edizione Zanichelli 1969, da settecento lire, e fi no a ieri rintracciabile soltanto in copiariato,bibliograficiriferimentid’antiquaasettantaeuroa(!),

L’immagine latente - Storia dell’invenzione della fotografia ; di Beaumont Newhall; introduzione di Italo Zannier; Mimesis Edizioni, Collana Sguardi e Visioni, 2020; 198 pagine 13x20cm; 20,00 euro. Lettura indispensabile, specialmente oggi.

/ RIPROPOSTA D’ANNATA /

■ Beumont Newhall, in italiano: prima e antica edizione di L’immagine latente - Storia dell’invenzione della fotografia, Zanichelli Editore, 1969; Storia della fotografia, Einaudi Editore, 1997. Più recente edizione statunitense di Latent Image ; University of New Mexico Press, Albuquerque, 1983.

Archivio FOTOgraphia (3)

Quindi, richiamando una ipotesi di pre-fotografia in forma pittorica, consi deriamo soprattutto un altro debito con la pittura di Caravaggio (Michelangelo Merisi; 1571-1610), alla quale attribuiamo una certa idea di “istantanea” della vi sione, oltre alla sapiente distribuzione della luce all’interno della composizione. In tutti i casi, si tratta di rappresenta zioni eccezionali che hanno influenzato il linguaggio fotografico (e che possia mo conteggiare “fotografia”, così come l’intendiamo: luce, composizione e ca pacità di sintesi visiva), e che dovrebbero appartenere al bagaglio di conoscenze e competenze di tutti coloro i quali si occupano di Fotografia e realizzano Fo tografie, sia con connotati professionali sia con intendimenti non professionali. Infatti, attenzione! Non ci si faccia in gannare dalla sembianza. Non si tratta soltanto di raffigurazione prospettica (apparenza a tutti evidente), ma di in tenzione rappresentativa Dall’immagine latente.

11 il successo di Daguerre, vennero pro gressivamente alla luce i lavori di co loro che lo avevano preceduto, o che sostenevano di averlo fatto. «Questo libro di Beaumont Newhall ripercorre gli albori della fotografia da un punto di vista tecnico-scientifico. Un percorso accidentato, niente affat to lineare, che mette in evidenza co me un procedimento diventato presto universale sia nato dall’opera di pionieri che hanno lavorato molto spesso l’uno all’insaputa dell’altro». Ecco qui il senso e contenuto di que sta Storia dell’invenzione della fotogra fia, che non procede oltre l’annuncio e presentazione, approdandovi dalle nu merose e articolate preorigini. In questo senso, non si arriva neppure alle prime esperienze sul campo, per le quali, se proprio vogliamo farlo, possiamo richia mare tempi e modi di collodio umido, dal 1851, post disegno fotogenico / ca lotipo (1839), a tutti gli effetti processi negativo-positivo dai quali ha effetti vamente preso vita la Fotografia: il da gherrotipo originario, in copia unica, su sottile e delicata lastra d’argento, con visione difficoltosa, per quanto in alta nitidezza, e immagine rovescia. Già: collodio umido. In tempi nei quali la stabilità chimica dei materiali (foto) sensibili e dell’immagine latente era pressoché nulla, la gelatina sensibile alla luce andava spalmata su lastre di vetro, che successivamente avrebbero composto e costituito il negativo foto grafico, immediatamente prima del lo scatto. Le lastre andavano utilizza te ancora umide, con tempi di posa sostanzialmente prolungati, e il trat tamento di sviluppo andava eseguito appena dopo l’esposizione. È questo il motivo per il quale, come appare in incisioni dell’epoca, il fotografo doveva muoversi con un consistente bagaglio, comprensivo sia degli strumenti di ri presa sia delle attrezzature di sviluppo. Da La scampagnata di un fotogra fo, di Lewis Carroll: «Concluso il pranzo, dopo aver ricevuto istruzioni su come raggiungere la casa contadina, ho fis sato alla mia macchina [fotografica] la tenda per sviluppare le fotografie all’a perto, ho caricato il tutto sulle spalle e son partito per la collina che mi avevano indicato. [...] Dopo aver scelto la miglio re prospettiva per la casa contadina, in modo da includere nella foto[grafia] un allevatore con la sua mucca, [...] ho tol to la protezione dell’obiettivo. In capo a un minuto e quaranta secondi l’ho rimessa. [...] Con impazienza, treman do, ho infilato la testa sotto la tenda e ho iniziato lo sviluppo». E, poi, in allineamento con la Storia dell’invenzione della fotografia, in pro prie origini e ispirazioni ideologiche, ancora alla propria preistoria. Dotata di una vera e propria lente (obiettivo), per secoli, la camera obscura -sulla quale la Fotografia ha confezionato i propri strumenti- fu usata da molti pittori come ausilio per il disegno dal vero (due nomi, sopra tutti: Bernardo Bellotto [1722-1780; nipote di Canaletto, figlio di una sorella] e Giovanni Anto nio Canal, detto Canaletto [1697-1768]). In genere, e in generale, quando si pensa a certa preistoria fotografica in for ma di pittura (diciamola e semplifichia mola così), si è soliti riferirsi unicamente a questi debiti di riconoscenza con la costruzione prospettica in forma ottica. Quindi, è evidente: sia consapevol mente, quanto soprattutto inconsape volmente, la visione e costruzione foto grafica avrebbe profondi debiti di rico noscenza con la pittura di Canaletto (e dei vedutisti del Settecento). A differen za, noi non pensiamo tanto e soltanto alla finalizzazione della camera obscura per la definizione prospettica dei pia ni (ribadiamo: dotata di una vera e pro pria lente/obiettivo, la camera obscura fu usata da molti pittori come ausilio per il disegno dal vero), quanto ci riferiamo proprio allo sguardo e luce.

12 Film italiano del 1993, diretto da Nan ni Loy, che lo ha sceneggiato insieme a Elvio Porta, Pacco, doppio pacco e contropaccotto è scandito sulla caden za di dieci episodi che celebrano l’ar te napoletana di arrangiarsi (in forma di commedia, oltre che abito retorico).

Dal nostro punto di vista viziato -per proprio statuto indirizzato alla convinta presenza della Fotografia al Cinema, soprattutto nelle sue sceneggiature-, qui e ora, ci interessa soltanto il decimo finale, che estende il proprio titolo par ziale all’insieme complessivo: per l’ap punto, Pacco, doppio pacco e contro paccotto, che esalta la moltiplicazione della truffa che prolifera su se stessa. Prima di approdare a questo episodio “fotografico”, soggetto esplicito delle no stre odierne considerazioni a tema, sono necessari due preamboli: uno di fondo; l’altro di contenuto. In questo ordine. Dopo aver (già) annotato come e quan to la sceneggiatura del film Pacco, dop pio pacco e contropaccotto sia rivestita di retorica, superficialità, convenzionalità e luoghi comuni, invitiamo a distinguere la vita vera dagli svolgimenti cinemato grafici, per forza di cose spesso sempli ficati e banalizzati, per proprio fine: in questo caso, come in altri analo ghi, con intenzioni di se rena commedia. In pro seguo, l’insieme dei rag giri qui sceneggiati sot tolinea, comunque, un aspetto intrigante della truffa, per perpetuare la quale è buona norma coinvolgere la vittima, prospettandole un ruo lo protagonista. Ovve ro, chi è truffato viene spesso compromesso nell’imbroglio allettato da un proprio possibile guadagno sopra le ri ghe e fuori dalle regole e leggi; dunque, se vo gliamo, è più colpevo le che vittima: come è, per i due involontari (ma volontari) protagonisti della vicenda cinema tografica-fotografica in soggetto attuale. Il contenuto, come d’obbligo, prima di entrare nel nostro specifico. I dieci episodi del film Pacco, doppio pacco e contropaccotto, di Nanni Loy (ribadiamo), si snodano in crescendo. Li sintetizziamo senza indicazioni di interpre ti, perché sono qui presenti come complemento ogget to e non soggetto; soltanto, per rispondere anche all’ine vitabile (?) società dello spet tacolo, segnaliamo almeno presenze più accreditate di altre: Leo Gullotta, Alessandro Haber, Giobbe Covatta, En zo Cannavale, Nunzio Gallo, Angela Luce e Mara Venier. Uno, L’esame: un truffa tore si finge poliziotto per esaminare il “collega” Gen naro Apicella allo scopo di trovare un complice in affari. Due, Non vedente: con la sua auto, un commissario di Polizia fa cadere una moto cicletta, ferendo gravemente il condu cente; in ospedale, scopre che il ferito è tale Rosario Aurispa, un impiegato che per anni si è finto non vedente pur di ottenere un lavoro. Messo alle strette dalle indagini del commissario, per non essere licenziato, il truffatore ricatta alcuni colleghi, minac ciando di rivelare loschi affa ri nei quali sono implicati, e svela alla fidanzata di sape re dei suoi tradimenti con i colleghi dell’ufficio. Tre, Consulenza fiscale: dietro compenso, Gennaro Apicella e un suo collega of frono consulenza fiscale alla moglie di un fruttivendolo nei guai con l’erario; di fatto, occultano i documenti che accertano l’evasione. Quattro, Il fantasma di via Sanità: il cavalier Nicola Set timelli occupa abusivamente un lussuoso appartamento, dal quale viene sfrattato, con un grottesco stratagemma, dallo “spirito” del vero aven te diritto, Alfredo Santoro, la cui moglie Maria si finge vedova. Cinque, Rientro estivo: simulandosi incaricati della compagnia marittima, e intascando il prezzo del biglietto, la solita cop pia Gennaro Apicella e socio imbarcano su un traghetto ancorato per manutenzione alcune famiglie in rientro dal le ferie estive in auto. Sei, Tengo un ame ricano: portinaio in un palazzo dove esercita una bisca clandestina, Gaetano segnala in an ticipo irruzioni e per quisizioni della polizia. Per comprare l’alloggio da cui rischia di essere sfrattato, architetta una truffa ai danni del te nutario della bisca, rica vandone trenta milioni. Sette, Psicologia: con l’ennesima trovata, in piena estate, Gennaro Apicella e suo figlio rie scono a convincere al cuni passanti ad acqui stare soprabiti invernali. di Maurizio Rebuzzini - Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini IN PACCO

DI PACCO

Dal pacco originario, si passa al doppio pac co, governato dal par cheggiatore (abusivo).

Al commissariato di polizia, due arma di pieni di mattoni in forma di reflex.

/ CINEMA /

Creditato agli attori Luigi Attrice, Tommaso Bianco, Giuseppe De Rosa, Oscar Di Maio e Luigi Petrucci, l’episodio Pacco, doppio pacco e contro paccotto è il decimo e conclusivo del film che ne riprende il titolo: re gia di Nanni Loy, edizione 1993. La truffa si basa su due reflex Nikon F4 motorizzate, che attirano e allettano acquirenti in cerca dell’affare.

Certificate come ru bate, due Nikon F4 motorizzate sono confezionate in un pacco di carta. Ma! Ma! È una truffa: den tro il pacco, gli acqui renti trovano due mattoni sagomati.

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Otto, Cuore di mamma: un severo e integerrimo professore di matema tica s’invaghisce di Pupella, avvenen te ballerina di night club, che un suo studente sull’orlo della bocciatura gli presenta come mamma, allo scopo di corromperlo. L’anno scolastico succes sivo, con un ricatto, il professore obbliga il ragazzo a fargli incontrare la madre; all’appuntamento, si presenta invece il padre avvocato (in realtà l’autista per sonale del ricco e furbo studente), che minaccia legalmente e fisicamente il professore, obbligandolo a promuove re a pieni voti l’alunno. E altro, ancora. Nove, Corruzione: (ancora) Genna ro Apicella e socio riescono a compie re una truffa ai danni di un estorsore. Dieci (ed eccoci qui!), Pacco, doppio pacco e contropaccotto, sul quale ci sof fermiamo, una volta approdati, per la componente “fotografica” della truffa in tre tempi successivi e consequenziali. Due ricchi fratelli, con tanto di Por sche, sono allettati da un paio di Nikon F4 motorizzate rubate, del valore com merciale evocato di quattro milioni di lire ciascuna (?), che mercanteggiano da tre milioni di richiesta originaria a un milione “sull’unghia”. Ovviamente, dopo aver accertato il contenuto del “pacco”, rientrando in auto, scoprono che rac chiude -invece- due mattoni sagomati a macchina fotografica. Un parcheggia tore (abusivo) si offre per far recupera re il maltolto. Rintracciato il venditore, si avvia una seconda negoziazione per un altro milione di lire; la compraven dita viene disturbata da un litigio tra

14 una coppia, che si conclude con un in seguimento dal primo piano, lei nuda. Ancora ovviamente, i due scoprono che anche il secondo “pacco”, da cui il doppio pacco, contiene altrettanti due mattoni sagomati. Non resta che denun ciare al Commissariato di Polizia, dove l’agente di servizio ammette l’impos sibilità di rintracciare i truffatori: e mo stra due armadi pieni di identici matto ni camuffati da macchina fotografica. Uscendo dagli uffici, in corridoio, i fra telli incappano in un personaggio che ne. La sa lunga sulla truffa subìta, per la quale propone una strada da per seguire. Arrivati sul luogo dei misfatti originari, nascosti in un androne, i tre assistono all’inizio di una identica truffa. Il finto ex poliziotto interviene e recu pera quello che sarebbe il pacco con tenente le due agognate Nikon F4 di base. Sollecita i due fratelli a tenersele, previa mancia per il suo interessamen to: le ultime trecentomila lire (forse), che hanno nel portafogli. doppio pacco, si approda al contropaccotto: per la terza volta, ancora mattoni sagomati. Scena finale in trattoria, dove stanno mangiando tutti i personaggi della sce neggiata in truffa. Le due Nikon F4 tor nano in campo. Il cameriere propone di venderle a un fotografo lì vicino, che sarebbe disposto a pagarle in contanti. No, neanche a parlarne: «Noi a queste [Nikon F4] teniamo... Con queste qua dobbiamo vivere in tre famiglie!». Avanti un altro. ■ ■ Per certi versi, la Fotografia è anco ra coprotagonista di un’altra, pre cedente, frode in forma cinemato grafica nel film Totòtruffa ’62, del 1961, diretto da Camillo Mastrocin que. La coppia di truffatori Antonio Peluffo e Camillo -rispettivamente interpretati da Totò (in richiamo di titolo) e Nino Taranto- agisce per “nobili” fini: mantenere in un collegio esclusivo Diana (l’attrice Estella Blain), figlia di Antonio, che lo crede ricco diplomatico sempre in giro per il mondo. Tra i tanti raggiri della sceneg giatura, c’è quello della vendita della Fontana di Trevi a un inge nuo turista italo-americano (l’attore Ugo D’Alessio, nei panni di Decio Cavallo), che crede di investire su un reddito costante e continuo: la tariffa per fotografarla e il re cupero quotidiano delle monete lanciate nell’acqua. Altro rimando fotografico ovvio per la stessa Fontana di Trevi, a Roma, celebrata da uno dei pas saggi cult del film La dolce vita, del 1960, di Federico Fellini, uno dei principali per la combinazio ne Fotografia-Cinema, dal quale è nato il neologismo di “Paparaz zo”. Con quanto ne è conseguito.

Ancora un complice della elaborata truffa, per approdare al contropaccotto conclusivo. Ancora abile sostituzione che de lude le aspettative dei due acquirenti. Ancora niente Nikon F4. Comunque, le due Nikon F4 motorizzate non sono in vendi ta, perché sono preziosa fonte di reddito: «Noi a queste te niamo... Con queste qua dobbiamo vivere in tre famiglie!». Se vogliamo vederla così, questo è il lato “buono”, perché fol cloristico, della truffa... della stereotipata “arte di arrangiarsi”.

16 / SULLO SCAFFALE / di Angelo Galantini

▶ Ai Weiwei ; a cura di Hans Werner Holzwarth; Art Edition, in tiratura di cento copie firmate e numerate da 1 a 100, avvolte in una sciarpa di seta e inserite in una scultura di marmo cinese del distretto di Fangshan realizza ta dalla bottega d’arte dell’autore (18,2x76,3x52,2cm); Taschen Verlag, 2015; 724 pagine 100x110cm; 20.000,00 euro (esaurita).

▶ Ai Weiwei ; a cura di Hans Werner Holzwarth; Collector’s Edition, in tiratu ra di mille copie firmate e numerate da 101 a 1100, avvolte in una sciarpa di seta; 724 pagine 33x44cm; 2500,00 euro (esaurita). quarant’anni dell’allunaggio di Apollo 11 (luglio 2009) e riproposta in ulteriore prestigiosa ed esclusiva versione Lu nar Rock Edition, per i cinquant’anni (luglio 2019), addirittura comprensiva di pezzi unici di rocce lunari. Fondata dal lungimirante Benedikt Taschen, nel 1980, la casa editrice rive la una personalità quantomeno singo lare. Da una parte, ha allestito anche propri bookstore in città di riferimen to planetario (tra le quali, Milano; tra le quali. Springfield, nella fervida fanta sia dei cartoni televisivi Simpson); da un’altra parte, celebra le proprie date. In particolare, segnaliamo le edizioni librarie a prezzi favorevoli pubblicate in occasione del ventennale (2000) e dei venticinque anni (2005). Oggi, an cora, è il caso delle edizioni 40th An niversary, all’interno della cui offerta a prezzo più che abbordabile selezio niamo titoli utili e proficui per coloro i quali frequentano e vivono la Foto grafia con partecipazione e intensità.

Ai Weiwei. 40th Anniversary Edition; a cura di Hans Werner Holzwarth; Taschen Verlag, 2020; multilingue inglese, francese e tedesco; 512 pagine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,00 euro.

▶ Peter Lindbergh. A Different Vision on Fashion Photography ; catalogo della mostra allestita a Rotterdam, in Olanda, dal 10 settembre 2016 al 12 febbraio 2017; Taschen Verlag, 2016; 440 pagine 23,9x34cm; 60,00 euro.

SOLOONLINE// /QR codeTASCHEN 40 th

AI WEIWEI Siccome le sue congiunture personali sono in costante mutamento, Il cine se Ai Weiwei (1957) si è affermato come calamita culturale. Rinomato per il suo attivismo politico e l’attività sui social media, quasi quanto per i suoi interventi ideologici, esercita un convincente approccio contemporaneo al readymade orientato verso la conoscenza dei mestieri tradizionali cinesi.

Taschen Verlag è distribuito in Italia da Logos, strada Curtatona 5/2, 41126 Modena; www.libri.it. Taschen Store Milan, via Meravigli 17, 20123 Milano; store-milan@taschen.com.

Peter Lindbergh. On Fashion Photography. 40th Anniversary Edition; Ta schen Verlag, 2020; multilingue inglese, francese e tedesco; 512 pagine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,00 euro.

TASCHEN VERLAG 40th Anniversary Editore tedesco, con sede a Colonia, Taschen Verlag è indirizzato e orien tato nella pubblicazione di libri d’ar te, entro la cui identificazione la Foto grafia svolge un ruolo consistente: sia per quantità di titoli, sia per qualità for male di pubblicazione. Spesso, la Foto grafia è soggetto esclusivo e primario, come possiamo considerare la presti giosa e autorevole edizione di Sumo, di Helmut Newton, del 1999, il primo titolo delle confezioni speciali che, in seguito, hanno caratterizzato il passo di opere di prestigio, realizzate in oc casioni opportune: in questo senso, di scorso particolare per i due tempi di MoonFire. The Epic Journey of Apollo 11, in tiratura numerata e firmata per i PETER LINDBERGH. ON FASHION PHOTOGRAPHY Mancato all’inizio dello scorso settembre, appena prima di compiere settan tacinque anni, Peter Lindbergh è stato uno dei più convincenti e acclamati interpreti della moda a cavallo del Millennio. Se l’attribuzione è accettabile, è storicizzato per la sua serie White Shirts, realizzata su una spiaggia di Ma libù, in California, nel 1988, con le modelle Linda Evangelista, Christy Turlin gton, Rachel Williams, Karen Alexander, Tatjana Patitz e Estelle Lefébure. Da qui ha preso avvio un’era che ha ridefinito la bellezza. In edizione attuale, trecento fotografie di quarant’anni di carriera, che han no alimentario l’immaginario collettivo con visioni seducenti e introspettive.

■ Da 101 a 200, con Al Pacino e John Cazale, (da Il Padrino, 1972).

▶ Steve Schapiro. The Godfather Family Album; a cura di Paul Duncan; Col lector’s Edition, in tiratura di mille copie, firmate e numerate; Taschen Verlag, 2008; 444 pagine 29x44cm, cartonato, in cofanetto; 2000,00 euro (esaurita).

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▶ Steve Schapiro. The Godfather Family Album; a cura di Paul Duncan; Art Edition, in tiratura di cento copie firmate e numerate (ognuna con una stam pa a pigmenti su carta Museo Portfolio Rag 27,9x35,7cm); Taschen Verlag, 2008; 444 pagine 29x44cm, rilegato in pelle, cartonato, in cofanetto; 4000,00 euro (tutte esaurite).

■ Da 1 a 100, con Marlon Brando (da Il Padrino, 1972).

STEVE SCHAPIRO. THE GODFATHER FAMILY ALBUM La trilogia cinematografica del Padrino, di Francis Ford Coppola, è certamen te un cult ben piantato nell’immaginario collettivo. In derivazione dalle edizioni speciali, una selezione di interpreti memorabili: Marlon Brando, Al Paci no, Robert De Niro, James Caan, Robert Duvall, John Cazale e Diane Keaton. Steve Schapiro. The Godfather Family Album. 40th Anniversary Edition; a cura di Paul Duncan; Taschen Verlag, 2020; in edizioni inglese, francese e tedesca; 512 pagine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,00 euro.

▶ Pieter Bruegel. The Complete Works; a cura di Jürgen Müller e Thomas Schauerte; Taschen Verlag, 2018; in edizioni inglese, francese, tedesca e spa gnola; 492 pagine 29x39,5cm (XXL), con fold-out, cartonato; 150,00 euro.

BRUEGEL. THE COMPLETE PAINTINGS La vita e i tempi di Pieter Bruegel il Vecchio (1526/30-1569 circa) sono stati segnati da aspri conflitti culturali. Ha assistito a guerre di religione, al bruta le governo del Duca d’Alba, come governatore dei Paesi Bassi, e agli effetti tangibili dell’Inquisizione. Ancora oggi, l’artista fiammingo rimane avvolto nel mistero. Mentre i primi studiosi enfatizzavano il carattere vernacolare della sua pittura e della sua opera grafica, la ricerca moderna ha attribuito maggiore importanza al suo contenuto umanistico. Volume estratto dalla monografia XXL, per la quale Taschen Verlag ha in trapreso un’indagine fotografica completa sulle quaranta opere dell’artista. Bruegel. The Complete Paintings. 40th Anniversary Edition; a cura di Jür gen Müller; Taschen Verlag, 2020; in edizioni inglese, francese, tedesca e spagnola; 512 pagine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,00 euro.

ARAKI Decenni di fotografie sono state filtrate e decantate dal giapponese Nobuyo shi Araki (1940), per approdare a questa (ennesima) raccolta retrospettiva del suo lavoro. Realizzata sulla base di una originaria Collector’s Edition, la monografia comprende un convincente excursus che spazia dalle scene di strada di Tokyo a volti e cibi, a fiori colorati e sensuali, per approdare all’ero tismo dell’arte giapponese del kinbaku, o schiavitù (per la quale esprimiamo ufficialmente le nostre perplessità, che raggiungono l’indifferenza, prima di estendersi al biasimo e alla condanna). Araki. 40th Anniversary Edition ; Taschen Verlag, 2020; multilingue inglese, francese e tedesco; 512 pagine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,00 euro. ▶ Araki; Collector’s Edition, in tiratura di duemilacinquecento copie firma te e numerate; Taschen Verlag, 2002; 636 pagine 34,5x50cm (XXL), in cofa netto; 3000,00 euro. «Questo libro rivela tutto di me. È stato un contratto di sessant’anni. La fotografia è amore e morte: questo sarà il mio epitaffio»

David Hockney. A Chronology. 40th Anniversary Edition; a cura di Hans Werner Holzwarth; Taschen Verlag, 2020; in inglese; 512 pagine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,00 euro.

▶ David Hockney. A Bigger Book ; Collector’s Edition, in tiratura di novemila copie firmate e numerate da 1001 a 10.000; Taschen Verlag, 2017; 498 pagi ne 50x70cm, cartonato, con stativo di sostegno; 2500,00 euro.

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▶ Wolfgang Tillmans. Neue Welt; Art Edition, in tiratura di cinquecento co pie firmate e numerate; settantadue fotografie stampate su ventiquattro fogli piegati; Taschen Verlag, 2012; 2000,00 euro (esaurita).

Tra i primi autori contemporanei dei quali Taschen Verlag ha realizzato una monografia, nel (lontano?) 1995, insieme con una identificata qualità di ar tisti, Wolfgang Tillmans (1968) ha plasmato la percezione del mondo. Dai primi ritratti dei suoi amici ai viaggi, dai nudi alle fotografie di paesaggio e cielo, al suo lavoro astratto, ha creato una moltitudine di opere iconiche in inconfondibile linguaggio visivo, aprendo nuovi percorsi e possibilità sia per la fotografia sia per l’arte contemporanea. Nel Duemila, è stato il primo fotografo e il primo autore non inglese a ricevere il rinomato Turner Prize.

▶ David Hockney. A Bigger Book ; Art Edition, in tiratura di duecentocin quanta copie firmate e numerate (ognuna con una stampa a getto d’inchio stro a otto colori su carta d’archivio in fibra di cotone 33x44cm su supporto 43,2x56cm); Taschen Verlag, 2017; 498 pagine 50x70cm, cartonato, con sta tivo di sostegno disegnato da Marc Newson; 17.500,00 euro (tutte esaurite).

■ Da 751 a 1000, con Untitled 516, da iPad, del 2010.

Wolfgang Tillmans. Four books. 40th Anniversary Edition; Taschen Verlag, 2020; in inglese; 512 pagine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,00 euro.

DAVID HOCKNEY. A CHRONOLOGY Artista pop, pittore della vita moderna, paesaggista, maestro del colore, esploratore dell’immagine e della percezione, fino agli attuali tempi di iPad.

Rock Covers. 40th Anniversary Edition; a cura di Robbie Busch, Jonathan Kirby e Julius Wiedemann; Taschen Verlag, 2020; multilingue italiano, por toghese e spagnolo; 512 pagine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,00 euro. ▶ Rock Covers; a cura di Robbie Busch, Jonathan Kirby e Julius Wiedemann; Taschen Verlag, 2014; multilingue inglese, francese e tedesco; 552 pagine 29,3x29,3cm, cartonato; 50,00 euro.

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■ Da 1 a 250, con Untitled 329, da iPad, del 2010.

■ Da 251 a 500, con Untitled 346, da iPad, del 2010.

WOLFGANG TILLMANS. FOUR BOOKS

■ Da 501 a 750, con Untitled 468, da iPad, del 2010.

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In questa edizione è sintetizzato il suo cammino, scandito al passo di quat tro titoli della sua storia: la prima monografia Taschen, del 1995, Burg, del 1998, Truth Study Center, del 2005, e Neue Welt, del 2012.

ROCK COVERS Le copertine degli album discografici sono indelebilmente legate ai nostri ricordi musicali collettivi; quando pensiamo ai nostri dischi preferiti, evo chiamo subito le rispettive copertine. Molti fotografi, illustratori e art dire ctor sono diventati celebri grazie alle copertine che hanno disegnato, i cui migliori esempi sono destinati a passare alla Storia come elementi perma nenti nella cultura popolare. Rendendo omaggio a questa forma d’arte, Rock Covers offre una compilation di oltre settecentocinquanta affascinanti copertine di album. Cele brazione visiva che definisce anche i termini dei relativi cult.

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ROBERTO L’attento Roberto Polillo declina un linguaggio espressivo che colpisce il cuore, passando magari attraverso presunte razionalità della mente. Con autorità, si inseri sce nell’eterogeneo filone della più elevata Fotografia d’Autore con una intensa ricerca espressiva scandita su un ritmo a più tempi,(2008)EssaouiraMarocco;

distinti e coincidenti. Il sottile filo che unisce le raffinate rappresentazioni di luoghi e oggetti della vita comune, intimi, evocativi del Tempo e dello Spazio, si estende in ter ritori del mondo via via diversi e propri, ma -alla fin fine e eloquentemente- coincidenti tra loro: stilema squisitamente fotografico

21 POLILLO

(2019)ChicagoCity;The&Future

22 di Maurizio Rebuzzini

(2016)DhabiAbuCity;The&Future(2016)NewYorkCity;The&Future

(2017)ShanghaiCity;The&Future

Senza sfiorare l’annoso e irrisolvibile dibattito sulla presun ta artisticità della Fotografia, in toto, bisogna prendere at to che esistono e si moltiplicano autori che usano il mez zo fotografico per ottenere forme espressive di personalità grande ed efficace. Per entrare presto in argomento, è il caso dei soggetti che il talentuoso Roberto Polillo (in ritor no creativo, dopo antiche e originarie stagioni di fotogra fia del/dal vero, realizzate nel mondo del jazz di decenni tra-scorsi) raccoglie oggi in serie tematiche, che si soffer mano su raffigurazioni visive arbitrarie che hanno origine nella realtà, ma che la interpretano con evidente e volon tario scarto visuale. Nello specifico, è curioso osservare co me e quanto queste opere siano a un tempo fotografiche e non fotografiche. Spieghiamolo.

26)

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(continua

La natura squisitamente e oggettivamente fotografica delle immagini di Roberto Polillo, che si indirizza specifica mente al mondo e mercato dell’arte, dipende proprio dal la mediazione del mezzo e dei materiali che qualificano e definiscono, appunto, l’esercizio fotografico. È questo l’in sieme che trasforma, non per magia, ma per capacità crea tiva e interpretativa, la raffigurazione in rappresentazione La questione è antica e basilare e fondamentale: la Foto grafia è per propria natura raffigurativa, visto che dipende da una presenza fisica oggettiva di un soggetto presunto, reale o costruito che sia; allo stesso tempo, la Fotografia è per propria scelta rappresentativa, considerato che l’au tore interviene sulla definizione dello Spazio e del Tempo che racchiude nella composizione.

(2016)MiamiCity;The&Future (2017)CityMexicoCity;The&Future(2016)NewYorkCity;The&Future(2017)TokyoCity;The&Futurea pagina

24 (2017)CityOldHavana(2017)Havana

25 (2014)Havana(2017)Havana

(2013)HaridwarIndia;(2011)JaipurIndia;(2018)MahalTājIndia; (continua da pagina 23)

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Dopo di che, una componente della Fotografia d’Autore non è tale -cioè non è fotografia, paradossalmente- perché rifiuta uno dei suoi assiomi: quello della replica all’infinito del soggetto, appunto moltiplicabile a partire dal negativo, dal file o dalla matrice originaria. La Fotografia d’Autore è sem pre in copia certificata, non ripetibile rispetto quanto attesta to, in assolvimento di dettami canonici del mondo dell’arte. L’abile e affascinante Roberto Polillo, capace di declina re un linguaggio espressivo che colpisce il cuore, passando magari attraverso presunte razionalità della mente, si inse risce nell’eterogeneo filone della Fotografia d’Autore con una ricerca espressiva scandita su un ritmo a più tempi, di stinti e coincidenti. Il sottile filo che unisce le rappresenta zioni (mai soltanto raffigurazioni ) di oggetti e luoghi della Vita, evocativi del Tempo e dello Spazio, si estende in territori via via diversi e propri, ma -alla fin fine e eloquentementecoincidenti: stilema squisitamente fotografico. Lo sveliamo, perché costituisce la paternità di stile che distingue e qua lifica Roberto Polillo, autore di piglio e personalità accesa. Così, come al critico cinematografico è richiesta l’interpre tazione del film a partire dalla trama presa a pretesto della narrazione, quando si commenta la Fotografia, la chiave operativa serve a sezionare la forma apparente per rivelare il contenuto espressivo. Nella sua Fotografia, Roberto Polillo mantiene un equili brio con il mandato che si è prefisso. Nel suo caso, gli stru menti e i materiali sono coltivati per sovrapposizione di mille attenzioni e dettagli. La sapiente costruzione davanti all’o biettivo e l’abile disposizione dell’apparecchio e del movi mento controllato sono condivise con minuta attenzione, che in questo caso sposa la fotografia estetica, d’autore ed espressiva mediante la volontaria declinazione dei mezzi.

ALTRE IMMAGINISOLOONLINE/ / /QR code (2011)VaranasiIndia;(2011)JaisalmerIndia;(2019)NaduTamilIndia;

Nel concreto, Roberto Polillo seziona l’oppressiva ogget tività della mediazione fotografica introducendo una se quenza di interventi personali, nella propria sostanza so prattutto riferiti a inquadrature e composizioni che rievo cano sapori, atmosfere e, perché no, emozioni. Qual è il suo gesto? Mentre propone una semplificazione visiva (che non è semplicità, né banalizzazione, ma l’esatto opposto), di fatto consegna all’osservatore una consapevole elimina zione di segni. È più che incredibile, straordinario addirit tura, ma alla fine queste fotografie impongono la riflessio ne personale. Ciascuno compia le proprie, sintonizzandosi con le poetiche visioni quotidiane di Roberto Polillo, che riconciliano l’animo di ognuno con una identificata sere nità dell’esistenza. Già l’abbiamo scritto, e qui ribadiamo, ripetendolo: si può affondare nelle sue rappresentazioni che compongono una fotografia di sogno e ascoltare le voci che ci raggiungono e avvolgono. Tra i meriti che si possono ascrivere alla Fotografia, uno sopra tutti va considerato: quello di saper stare a lato, per mettersi a completa disposizione di Autori che ne declinano e coniugano il linguaggio espressivo rivolto al cuore e alla mente dell’osservatore. Ed è esattamente il caso della Foto grafia che Roberto Polillo propone con apprezzata mode stia e umiltà, ma con grande e coinvolgente capacità visiva. Magie visuali.

■ ■

robertopolillovideophotoshelter.comrpolillo@polillophotography

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28 di Maurizio Rebuzzini Nella difficoltà, e forse impossibilità, di rintracciare e rico struire la personalità di Isa Stoppi, ipermodella che ha de finito gli anni Sessanta, e oltre, dei quali ha rappresentato una incancellabile e indimenticabile icona, si può colmare la lacuna con una esaltante edizione libraria del 2016: per l’appunto, Isa Stoppi, a cura di Adriana Glaviano (editing e art director), con testi di Casare Cunaccia e contributi della stessa modella e Gian Paolo Barbieri, una coppia dei quali (testi) in combinazione... l’uno scrive dell’altra e viceversa. In quarta di copertina, elegantemente in tela nera, l’e lenco dei fotografi con i quali ha lavorato: tutti di alto pre stigio, tutti di eccellenza. Scorriamoli insieme, nel rigoroso alfabetico con cui sono rubricati, che è poi anche uno dei passi con i quali si possono evocare fantastiche stagioni della Moda, con propria proiezione sul costume sociale (ci piaccia o meno che così sia e sia stato): Neal Barr, Gian Pa olo Barbieri, Alfa Castaldi, Henry Clarke, Hiro, Horst P. Horst, Jacques Henri Lartigue, Saul Leiter, Johnny Mocada, James Moore, Ugo Mulas, Helmut Newton, Fiorenzo Niccoli, Irving Penn, Gösta Peterson, Bob Richardson, Bill Silano, Oliviero Toscani e Chris von Wangenheim.

Dall’autorevole elenco, ne manca uno, magari fondamen tale: Richard Avedon, al quale -in consueta declinazione spettacolare (da La società dello spettacolo, al solito, con la complicità di Guy Debord)-, si sono riferite alcune rievo cazioni giornalistiche italiane della metà dello scorso no vembre, all’indomani della scomparsa di Isa Stoppi (sedici novembre, a settantaquattro anni; era nata a Tripoli, in Libia, nel 1946). Per esempio, dal sito di Il Giornale.it, complemen tare al quotidiano omonimo: «Per il celebre maestro della fotografia mondiale Richard Avedon era “la donna più bella del mondo, con due laghi al posto degli occhi”» [è successo in un ristorante newyorkese, dove Isa Stoppi indossava una pelliccia di lince bianca: affermazione rievocata anche da Gian Paolo Barbieri nella sua presentazione di Isa Stoppi, in monografia, dalla quale riprendiamo più avanti].

Per conoscenza diretta, a proposito di Richard Avedon, possiamo riferire un altro aneddoto spesso ricordato dal la stessa Isa Stoppi; dunque, raccontiamo di prima mano, senza alcuna altra intermediazione. Anni Sessanta, la sua Bellezza, fascino ed eleganza senza Confini hanno definito il cammino fotografico di Isa Stoppi, modella iconica degli anni Sessanta, mancata a settantaquattro anni. Il suo vol to è simbolo e immagine di un Tempo e di Modi che hanno caratterizzato e definito stagioni che ricordiamo per la propria esu beranza e proiezione in avanti. Ha conse gnato alla Storia, fosse anche solo del co stume, un portamento tanto signorile da essere traccia indelebile di sogni avvincenti

PERGRANDESEMPRE

Toppo;eCoppolaspillaCon/BarbieriPaoloGian©

ItalianaLinea 1968primavera-estate,

1964/BarbieriPaoloGian©

carriera fu avviata dalla folgorante affermazione al concor so di bellezza Miss Italia Universo, nel 1962, a sedici anni. La sua partecipazione alla selezione planetaria di Miss Univer so, a Miami, in Florida, il quattordici luglio dello stesso an no, fu notata dalla leggendaria Diana Vreeland, icona del giornalismo di moda, ai tempi caporedattrice di Vogue Da cui, qualche tempo dopo, consistente portfolio sotto il braccio, Isa Stoppi predispose un proprio tour newyorkese, di presentazione ai fotografi allora in vista.

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Ricevuta da Richard Avedon, nel leggendario studio sul la Fifth Avenue, fu ben accolta... ma! Ma il celebre fotografo scostò la propria poltrona, per mostrarle un pannello pie no di fotografie ritagliate da giornali, appuntate ognuna accanto alle altre. Testuale, circa, indicando un suo ritratto (suo di lei) realizzato da Gian Paolo Barbieri: «Io non riuscirò mai a realizzare una fotografia tanto bella, come questa; per cui, non penso che potremo lavorare insieme. Il con fronto è fuori dalla mia portata». Per quanto poco abbia frequentato personalmente Richard Avedon, che ho incontrato soltanto in tre occasioni imme diatamente conseguenti, venticinque anni fa, riconosco questa sua intima serenità che ha attraversato tutta la sua parabola esistenziale. Tanto che, in appoggio all’episodio di Isa Stoppi, è doveroso riprendere un’altra vicenda che lo riguarda. È raccontata in Evidence 1944-1994, catalogo ra gionato dell’omonima mostra itinerante, che arrivò a Mila no all’inizio del 1995, dall’amico Adam Gopnik (dal 1986, re dattore del prestigioso The New Yorker; vincitore plurimo ai National Magazine Award for Essays and for Criticism e George Polk Award for Magazine Reporting). Attraversando con Richard Avedon il Central Park, di New York, i due incontrano un ambulante che realizza fotobot toni immediati con ritratti polaroid (il fotobottone ha vis suto anche una propria effimera stagione italiana, all’alba degli anni Novanta del Novecento: qualcuno può ricordar lo ancora). Se ne fecero uno insieme, da regalare a una co

1965/BarbieriPaoloGian©

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mune amica e poi coinvolsero l’ambulante in una ulteriore sessione operativa con due ragazze di passaggio. Di fron te alla perplessità dell’artigiano, Richard Avedon fu espli cito. Lo tranquillizzò, affermando «anch’io sono fotografo». In estratto ragionato, leggiamo dal mirabile testo Una su un milione, rievocazione di Gian Paolo Barbieri per l’auto revole monografia Isa Stoppi: «Negli anni Sessanta, la mia carriera era agli inizi e cercavo di trovare modelle che mi aiutassero. In quegli anni, non era facile, perché la moda italiana praticamente non esisteva ancora; e, quindi, c’era no solo ragazze che facevano sfilate nei piccoli atelier. Mio fratello Renzo, sempre attento alla bellezza femminile, mi presentò Isa Stoppi. Feci con lei un servizio di costumi da bagno per la Standa, con un risultato mediocre. La “vera” Isa doveva ancora uscire dal bozzolo. Si presentò con una frangetta e un taglio di capelli molto comune. Inoltre, era paffuttella; e io le consigliai di perdere qualche chilo per avere un volto più fotogenico. «In quel periodo, Pablo [Manzoni], il famoso make-up artist di Elizabeth Arden, era mio ospite a Milano. Gli chie si di rendere l’aspetto di Isa più interessante, perché avevo intuito le sue potenzialità. [...] Facemmo un esperimento; Pablo utilizzò per il trucco dei minuscoli fiori e io mi feci prestare dallo Zoo di Milano un boa constrictor: ne uscì una fotografia«Quandobellissima.Isaandòa New York, Diana Vreeland sventolò questa immagine davanti agli occhi dei suoi collaboratori, dicendo: “I want this”. [...] Il suo volto si illuminò fino sprigio nare il lusso, l’eleganza, la qualità, l’allure e lo charme che possedeva. Era diventata di una fotogenia estrema. Di lato, dal basso, dall’alto, di fronte, era sempre meravigliosa. Isa era intelligente, a differenza delle maggior parte delle modelle poco acculturate; e aveva il dono di dare un tocco personale a tutto ciò che indossava, dote anche questa molto rara. Era diventata una tigre bionda dagli occhi color acqua marina. [...] (continua a pagina 34)

Come riportato nel corpo centrale dell’attuale inter vento redazionale, là dove si richiamano testi in ac compagnamento e introduzione alla autorevole mo nografia Isa Stoppi, pubblicata da Silvana Editoriale, nel 2016, sia Gian Paolo Barbieri sia la stessa Isa Stop pi riferiscono coerentemente il loro incontro a Renzo Barbieri, fratello di Gian Paolo. A questo proposito, in ulteriore celebrazione trasversale della fantastica mo della, mancata lo scorso sedici novembre, è oppor tuno (doveroso?) ricordare una ulteriore trasversalità con lo stesso Renzo Barbieri, che aggiunge un pizzico contorno alla personalità di Isa Stoppi, la cui bellezza esteriore ha dato volto e corpo (e richiamo?) al fumetto Isabella, nato nel 1966 sull’onda lunga dei periodici in formato tascabile in evidente richiamo erotico. Isabel la (Isabella de Frissac) è stata un personaggio creato da Giorgio Cavedon e Renzo Barbieri con i disegni di Sandro Angiolini, declinato nel genere erotico/stori co/avventuroso, inizialmente pubblicato da Editrice 66 (poi ribattezzata Erregi) e infine dalla Ediperiodici. Antesignana di una serie di eroine pro caci e disinibite, che -negli anni Sessantadivennero erotico-avventurosodelme,fenomenoautenticodicostuèlaprotagonistaprimofumetto pubblicato in Italia, che fece da apripista a un nuovo genere. Dal 2 aprile al 20 dicembre 1966 fu pub blicata una prima se rie di diciannove titoli, a partire dal primo ori ginario La duchessa dei diavoli ; quindi, im mediatamente a se guire, dal 3 gennaio 1967 al 10 ottobre 1976, arrivarono altri santatrétotaletrocentoquarantaquatdue(244)titoli,perundiduecentos(263)storie. A margine, e in ul teriore trasversalità a noi congeniale, va ricordato che, tra le sue tante serie a fumetti, la Edi periodici di Renzo Barbieri, che per anagrafe e fre quentazioni giovanili (magari, in caserma) qualcuno può ricordare/individuare per lo squalo stilizzato vi sibile sulla costa dei fascicoli, ha avuto anche Jacu la, altrettanto nel filone erotico/storico/avventuroso.

Da cui, dal nostro punto di vista mirato, richiamo al numero 207, del 30 marzo 1977, intitolato Dagherrotipi, che ha come coprotagonista Louis Jacques Mandé Da guerre, al quale si accredita l’invenzione della Fotogra fia, con tanto di visualizzazione esplicita in copertina.

32 ISABELLA

Archivio FOTOgraphia SchMilaPer/BarbieriPaoloGian©Ön; ItalianaLinea Toppo;eCoppola/BarbieriPaoloGian©1967 Panorama SchMilaPer/BarbieriPaoloGian©1968,Ön; ItalianaLinea 1967BarbieriPaoloGian©

Copertina/BarbieriPaoloGian© Novità&ItaliaVogue 1965Dicembre

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monografiadellacopertina[in1968/BarbieriPaoloGian© StoppiIsa 2016]Editoriale,Silvana;

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Non tanto paradossalmente, perché è vero l’esatto contra rio, il contenuto di questa raccolta di interpretazioni di Isa Stoppi supera quelli che sono alla portata di collezioni di autori fotografi. È un viaggio attraverso i modi della nostra collettività; addirittura, sarebbe un casellario da adottare in una Facoltà universitaria che dalle Scienze Sociali potesse includere Studi Umanistici. È una evocazione di un Tempo che c’è stato. Di un Mo mento in cui, soprattutto a e da Milano, tutto poteva ac cadere... e tanto è successo: il Derby Club, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Dario Fo, Linus, il Capolinea, il Movimento Studentesco, gli ideali, le intolleranze, i sogni, le speranze, la curiosità, la voglia di sapere e capire. Insomma, la Vita. sofi greci, “dove esiste la ragione nasce la bellezza”. Isa sarà sempre grande. È la moda che è diventata piccola». Risponde (?) Isa Stoppi, nella stessa monografia, rivol gendosi a Gian Paolo: «L’incontro che ha determinato il mio destino è stato senza dubbio quello con Gian Paolo Barbieri, uno dei più grandi fotografi italiani, colui che ha saputo cogliere ed esaltare non solo la mia bellezza este riore, ma anche la mia sensibilità e sensualità. Con Gian Paolo, ho costruito un rapporto di amorevole amicizia e di complicità che mi ha accompagnato per tutta la vita. A presentarci fu Renzo, il fratello di Gian Paolo, anche lui un amico insostituibile, sempre vicino e presente attraverso i successivi tornanti della mia esistenza. A lui, che non c’è più, voglio dedicare un ricordo particolarmente affettuoso». (continua da pagina 31)

Nella sua intensa vita, conclusasi lo scorso settembre, a settantanove anni, il flâneur Giovanni Umicini ha sostanzialmente sov vertito l’ordine costituito della Fotografia, così come la si vorrebbe plasmabile per cia scuna intenzione individuale. La sua ultima monografia d’autore My New York, pubblicata a fine 2018, raccoglie un intenso diario di viaggio di più di trent’anni fa, in inconsue

36 ISTANTANEE GIOVANNI

37 DA NEW YORK UMICINI to (per lui) colore, in insolite (per lui) copie uniche polaroid: da cui, 100 Polacolor photos / 1985. Fotografie di un micro/macrocosmo emblema e simbolo di esistenze parallele, senza alcuna convergenza e incontro, che non si esauriscono nella sola connotazione geografica locale, ma -nel proprio insiemesi propongono in una affascinante proiezio ne senza Spazio e oltre il Tempo. Così è...

38 di Angelo Galantini Nell’ampia bibliografia di Giovanni Umicini, fotografo to scano di nascita e padovano d’adozione, venuto a mancare all’inizio dello scorso settembre, a settantanove anni, spicca un titolo apparentemente curioso. In verità non è inconsue to il soggetto, New York, né il suo svolgimento, in punta di penna aderente a quella autentica (!) street photography che ha definito il cammino espressivo dell’autore, coltivato in frequentazioni qualificate e di prestigio, magari a parti re dagli statunitensi Walter e Naomi Rosenblum (rispetti vamente, 1919-2006 e 1925), pratici e teorici del consisten te lessico, che ai nostri giorni, qui in Italia, sta vivendo una stagione controversa e superficiale, soprattutto dovuta a frequentazioni maldestre e confuse. Quindi, per quanto allineate con la visione e interpretazio ne fotografica di Giovanni Umicini, le fotografie di My New York, in autorevole monografia pubblicata da Grafiche Turato Edizioni, nel novembre 2018, segnano un passo autonomo e particolare, peraltro specificato nel sottotitolo chiarifica tore: 100 Polacolor photos / 1985. Ovviamente, la cifra indica l’anno di esecuzione; mentre l’identificazione certifica che si tratta di fotografie a colori (già di per sé estranee al tragitto fotografico soprattutto in bianconero di Giovanni Umicini), peraltro in copie uniche polacolor 8x10 pollici (20,4x25,4cm) esposte con grandangolare fissa Fotoman 810PS dotata di obiettivo Schneider G-Claron WA 270mm f/11.

Curiosamente, questa raccolta -in una certa misura devia ta dal cammino dell’autore- è l’ultima realizzata. Se voglia mo, questa circostanza conferma quella convinzione secon do la quale le coincidenze sarebbero gli unici accadimenti che rivelano come e quanto la vita possa avere senso. Forse. Sottili distinguo a parte, che appartengono a quel luo go entro il quale si coltivano le curiosità, fosse anche solo quelle fotografiche, si impone una affermazione perento ria: My New York. 100 Polacolor photos / 1985, di Giovanni Umicini, è un potente portfolio di alta qualità (in monogra fia, i polacolor 810 sono riprodotti al naturale, 1:1). Fotografia per fotografia, come anche tutte le fotografie insieme nella propria consecuzione, lascia/lasciano una impronta profon da e indelebile nell’animo di coloro i quali vi si avvicinano. Del resto, questo è stato il senso di tutta la Fotografia di Giovanni Umicini, la cui personalità d’autore -va detto, va rivelato- è stata tutt’uno con la sua autentica partecipa zione alla mediazione formale degli utensili. Anche otti mo stampatore bianconero, Giovanni Umicini ha sempre frequentato con convinzione e partecipazione l’evoluzio ne tecnologica degli apparecchi fotografici, privilegiando quelle stagioni nelle quali l’industria ha interpretato l’espo sizione formale di pellicola fotosensibile, in diversi formati di fotogramma. Comprensibilmente, il suo studio ha con tenuto centinaia di macchine fotografiche, la cui quantità e qualità scandisce il ritmo della Storia.

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40 Ma quello che effettivamente ha avuto valore, oltre il culto individuale per l’utensile (mai casuale), è stata la sua Fotografia. Allo stesso momento, professionista e non professionista a tutto campo, Giovanni Umicini ha avuto una singolare vo cazione per il racconto, che ha applicato anche oltre i con fini del mestiere. L’insieme delle sue fotografie per strada, raccolte in corpose mostre personali, è stata esattamente in bilico, se così possiamo esprimerci, tra lo svolgimento di incarichi professionali, in Italia come in giro per il mondo, e le riflessioni personali, ancora in Italia e in giro per il mondo.

Immancabilmente votate alla riflessione visiva dell’au tentica street photography, rigorosamente bianconero (a parte l’attuale escursione con il colore polaroid), inflessibil mente stampate dall’autore, le sue immagini compongono una lunga e articolata esperienza esistenziale. Viaggiando attraverso il tempo e lo spazio (Tempo e Spazio?), Giovan ni Umicini si è collegato a nobili conoscenze e visioni della Storia evolutiva della Fotografia. Non è certo per caso che, acquisendo le sue immagini, ci si senta irrimediabilmen te immersi in un’atmosfera di sano e robusto reportage di origine controllata. Per intenderci, non sono casuali i riferi menti alla Photo League newyorkese degli anni Quaran ta-Cinquanta, e neppure sono evitabili i richiami a quella «venerabile tradizione della fotografia intesa come atten zione ai rapporti tra le persone e ciò che le circonda», come ha saggiamente annotato Naomi Rosenblum.

Ecco qui il senso della monografia My New York. 100 Po lacolor photos / 1985, allestita a trent’anni dalle date di ese cuzione delle fotografie: osservazione di riflesso, diciamo dal bordo, forse anche di contorno, che nel proprio insieme accosta tra loro le infinite tessere di un mosaico espressivo. In origine, i volti e le situazioni sono oggettivamente anoni mi. Non ci sono avvenimenti ufficiali, né annunciati. Però! Però, alla maniera della Photo League, la cui evocazione è obbligatoria, oltre che dovuta, l’insieme delle fotografie di Giovanni Umicini racconta e raccoglie la grandezza del le esistenze attraverso la sistematica e caparbia ripetizio ne del quotidiano. Lontane dalle luci della ribalta, queste inquadrature, queste composizioni, queste autentiche vi sioni (!) ed evocazioni finiscono per raccontare la Vita, con l’autenticità che è solo propria e caratteristica di un sano e consapevole reportage di cuore. Cioè di un reportage che sa decantare Tempo e Spazio, conquistandone il valore, lo spessore e il significato più autentico.

Perché vero! MY NEW SOLOYORKONLINE/ / /QR codeMy New York. 100 Polacolor photos / 1985, di Giovanni Umicini; Grafiche Turato Edizioni, 2018; 124 pagine 30x29,5cm; 60,00 euro.

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Archivio FOTOgraphia (3)

In traduzione dall’originario Three Farmers on They Way to a Dance, del 1985, il romanzo ha avuto una seconda edi zione, sempre Bollati Boringhieri, del 2004: la prima copertina, solo evoca tiva, è stata sostituita da una messa in pagina con la fotografia completa, non soltanto richiamata. Ora, in stretto or dine temporale, la medesima traduzio ne di Luigi Schenoni è ulteriormente ri proposta da La nave di Teseo (giugno 2020), accreditata casa editrice di nar rativa, saggistica e poesia, fondata nel novembre 2015 da Umberto Eco, Elisa betta Sgarbi, Mario Andreose, Eugenio Lio e altri scrittori italiani.

PAROLEDIFOTOGRAFIA

Per certi versi, alcuni dei quali potrem mo anche condividere, la copertina di questa versione di Tre contadini che van no a ballare ha fatto inorridire i puristi della Fotografia, che vorrebbero che le opere della sua Storia (almeno queste) non venissero reinterpretate secondo princìpi temporanei di comodo. Ovve ro, per quanto richieste dalla società dello spettacolo, sia la colorazione sle ale e ingannevole della fotografia ori ginaria di August Sander -peraltro cor rettamente riproposta all’interno-, sia l’invenzione del luogo sono fuorvianti, anche se fanno più bella figura nelle esposizioni in libreria. [Tra parentesi, questa attuale azione grafica ha un proprio doppio preceden te ancora più inquietante nella prodito ria colorazione dell’altrettanto iconica, sia dell’autore sia del costume socia le, New York: immigrati italiani arriva no a Ellis Island, di Lewis W. Hine, del 1905, realizzata in tempi strettamente conseguenti dal Magazine del Corriere della Sera, del Primo maggio 2008, e da La Repubblica, del successivo dieci giugno]. Una volta ancora, oggi come ieri l’altro, non indichiamo alcun col pevole per questo, perché -in fondosiamo tutti solo vittime.

42 di Antonio Bordoni Inizialmente pubblicato da Bollati Bo ringhieri, in edizione italiana, nel 1991, Tre contadini che vanno a ballare..., di Richard Powers, è un affascinante ro manzo la cui narrazione -come dovreb bero aver intuito tutti coloro i quali fre quentano la Fotografia- ruota attorno la celebre fotografia di August Sander, accreditata al Primo maggio 1914; nello spirito avviato lo scorso settembre, se vogliamo, immagine iconica del quali ficato e autorevole autore tedesco. Ov viamente, questa fotografia è stata re alizzata nell’ambito del progetto titani co e incompiuto Uomini del XX secolo, con il quale August Sander (1876-1964) intese catalogare gli archetipi della so cietà tedesca di inizio Novecento [ri quadro a pagina 44].

TRE CONTADINI Prologo a parte, spruzzato con un poco di intolleranza e integralismo, la strut tura narrativa del romanzo Tre conta dini che vanno a ballare (Tre conta dini che vanno a ballare..., in edizione Bollati Boringhieri), dello statunitense Richard Powers (1957), è oltremodo af fascinante e coinvolgente, soprattutto per chi, come noi, frequenta con con vinzione e partecipazione la Fotogra fia e i propri derivati. L’idea di fondo è intelligente e acuta. Infatti, in un concatenarsi di perso naggi di diversa estrazione, differen te età, cittadinanza e periodo storico, protagonista è una fotografia (per noi la Fotografia) di August Sander, rea lizzata il Primo maggio 1914: per l’ap punto, tre contadini vestiti a festa (i fra telli Kinder?), che stanno andando a una celebrazione campestre nel We sterwald, nella provincia renana della Prussia. Addetti a parte, è comunque una fotografia famosa, tra le prime del progetto -già menzionato- degli arche tipi tedeschi del Ventesimo secolo; nel la propria oggettività (apparente), in quadratura e composizione artistiche nella propria essenzialità.

Tre contadini che van no a ballare, di Richard Powers; La nave di Te seo, 2020; 528 pagine 15x21,5cm; 16,00 euro. Tre contadini che van no a ballare..., di Richard Powers; Bollati Borin ghieri, 2004; 376 pagi ne 14x22cm. Tre contadini che van no a ballare..., di Richard Powers; Bollati Borin ghieri, 1991; 376 pagine 14x22cm.

In sostanza, tre storie, cinque vite, che si snodano attraverso i grandi eventi del Ventesimo secolo e che, alla fine, convergono tra loro rivelando i nessi sorprendenti che possono esistere tra il mito, la grande Storia e le vicende di ognuno di noi. Da cui, stante queste solide premes se, ne consegue che, oltre l’apparenza narrativa da tutti fruibile, Tre contadini che vanno a ballare assume e svolge un ruolo superiore, perché altro. In una av vincente cornice di situazioni, ambienti, personalità distinte e sapori di Vita, sot tolinea e ribadisce come certa Fotogra fia assuma e assolva l’incarico e obbli go di rappresentare un Tempo sociale. Attenzione, in attuale epoca social, con le sue impressionanti cifre di figure postate ogni giorno sulla Rete, non in tendiamo attribuire questi valori e tali intenzioni a tutto quanto è banalmente ricondotto al minimo comun denomi natore di “fotografia”, ma li limitiamo a quella che noi abbiamo sempre consi derato Fotografia, che lo è e che non ha nulla da condividere con altre visualiz zazioni quantitativamente esponenziali.

Il romanzo di Richard Powers si artico la su personaggi, tempi e luoghi diver si, in continuo intreccio. Tutto prende avvio dal momento in cui, poco prima della Grande guerra, August Sander in contra i tre contadini e li invita a posare per lui. Da qui, si sbroglia una fitta ra gnatela narrativa, ispirata dalla fanta sia individuale (la sua!), che nasce ana lizzando una fotografia di tanto e tale “realismo” visivo. Da cui, oltre la stessa Fotografia, protagonisti della vicenda sono i destini di quei tre giovani, Peter, Hubert e Adolphe, i casi della Vita che incontreranno, i loro intensi sguardi. «Tre uomini camminano lungo una strada fangosa, il pomeriggio tardi, due ovviamente giovani, l’altro di età impre cisata. Camminano senza fretta. Uno canta: “Carote e cipolle, sedano e pa tate. Che magro pranzo! Se mia madre avesse messo in tavola un po’ di car ne avrei anche potuto non andarme ne mai di casa”». L’autore Richard Powers dà fiato al la propria fantasia. Dopo aver stabilito i caratteri dei tre, ne disegna le sorti, ipotizzandole secondo propri fini: Pe ter si trasferisce a Parigi, dove diventa giornalista; Hubert e Adolphe muoio no soldati nella Grande guerra -la Pri ma, come avremmo conteggiato poi-. In tempi a seguire, o quasi, si dischiu dono altre vicende collegate alla foto grafia; in particolare, due statunitensi. La prima riguarda lo stesso scrittore, che incontra la fotografia dei tre con tadini in un museo di Detroit, e ne ri mane profondamente affascinato, tanto da indurlo a scoprire le origini di quel ritratto, così realistico e così inconsue to. La seconda, in parallelo e simulta neità alla prima, che assume tratti più concreti e fruttuosi, ai fini narrativi, ri guarda il redattore di una rivista tecni ca, che trova una copia della fotografia tra i ricordi di famiglia; il che lo spinge a ricostruire il passato, per capire cosa lo unisca a quei tre uomini.

Primo libro della francese Hélène Ge stern, pubblicato da una piccola e raf finata casa editrice parigina, Arléa, Eux sur la photo, del 2011, è stato insignito di In attuale nuova edizione La nave di Teseo, Tre contadini che vanno a ballare, dello statunitense Richard Powers, è un romanzo affascinante e coinvolgente. Soprattutto lo è per chi si occupa di Fotografia: il richiamo a una celebre icona del Novecento è sufficientemente esplicito. Dalla fotografia di August Sander si incamminano tre storie e cinque vite, che si allungano avanti e avanti nel Tempo. Con l’occasione, altri tre richiami sulla fotografia ispiratrice, con ulteriore richiamo in più (16 photos que je n’ai pas prises): Loro due in quella foto, della francese Hélène Gestern; Camera oscura, secondo capitolo dell’autobiografia del tedesco Günter Grass; e Assassino del padre. Il caso del fotografo Philipp Halsmann (?), dell’austriaco Martin Pollack. Insomma... missione della Fotografia

Loro due in quella foto, di Hélène Gestern; Edizioni Frassinelli, 2012; 250 pa gine 14x21cm; 18,50 euro. Eux sur la photo, di Hé lène Gestern; Arléa, 2011; 300 pagine 11,2x18,1cm; 10,00 euro.

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Ovvero... August Sander, Jacob A. Riis, Lewis W. Hine, Dorothea Lange, Richard Avedon, Gian Paolo Barbieri, Caio Gar rubba, Walker Evans, Robert Doisneau, Oliviero Toscani, Henri Cartier-Bresson, Robert Frank, Albert Renger-Patzsch...

Archivio FOTOgraphia (2)

LORO DUE (?) A questo punto, l’occasione dell’attuale riedizione di Tre contadini che vanno a ballare, di Richard Powers, impone (?) di considerare un altro romanzo al trettanto ispirato da una Fotografia, per quanto anonima (a dispetto dell’ingan no visivo della copertina italiana, in una edizione che ha modificato a proprio comodo il titolo originario).

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Quando si dice un lavoro senza fine: August Sander (1876 1964), uno dei più grandi ritrattisti del Novecento, ha dedicato tutta la sua vita al la realizzazione di un enorme progetto intitolato Uomini del XX seco lo, con la catalogazione dei diversi “tipi” / archetipi del popolo tedesco di inizio secolo. Ordinati per ceto di appartenenza, ritratti in posa, lo sguardo diretto alla macchina fotografica, i più poveri vestiti con l’abi to buono, i soggetti vengono fotografati sia in studio sia in esterni, con una ambientazione ridotta al minimo, e spesso addirittura inesistente, perché ciò che all’autore importa cogliere è l’Uomo fotografato, il suo sguardo, la sua posa, senza ridurre la fotografia a una mera descrizione della sua attività o della sua provenienza. La bravura di August Sander sta proprio nel riuscire a esprimere tutto questo attraverso la sempli ce e scarna ripresa frontale. Maturato nel 1910, il progetto di Uomini del XX secolo avrebbe dovu to articolarsi nella pubblicazione finale di quarantacinque portfolio di dodici fotografie ciascuno (per cinquecentoquaranta immagini com plessive), ma purtroppo è rimasto incompiuto. A osteggiarlo è stato il governo nazista, che considerò August Sander un sovversivo e nemico della politica del Reich, anche perché -nella propria catalogazione di ri tratti­ mostra l’autentico volto del popolo tedesco, sbugiardando il mito della pura razza ariana, atletica, forte e vincente. Il primo e unico volume del progetto Uomini del XX secolo pubblicato da August Sander, Antlitz der Zeit (Volti del tempo), venne censurato dal ministero della Cultura nazista nel 1934: a cinque anni dall’uscita, ne è ordinata la distruzione di tutti i cliché tipografici e delle copie rimaste in magazzino. Ma, paradossalmente, non è il nazismo la causa della distruzione di trentamila negativi sui quarantamila totali realizzati da August Sander: sopravvissuti a due guerre mondiali e alla censura, questi vengono per si, nel 1946, in un incendio accidentalmente provocato da due ladri pe netrati in casa del fotografo.

L’insieme dei ritratti che è arrivato fino a noi, quindi, non è che una minima parte della straordinaria produzione di August Sander, che fi no alla morte si è impegnato in questa impresa titanica, troppo vasta per chiunque, e che probabilmente non avrebbe mai visto la fine, ne anche con condizioni politiche più favorevoli.

Uomini del XX secolo, fotografie di August Sander; Abscondita, 2016; 222 pagi ne 20x28,5cm; 38,00 euro. Riedizione moderna dell’originario Antlitz der Zeit (Volti del tempo), di August Sander, del 1929; Schirmer/Mosel, 1976; 144 pagine 14,5x19,2cm.

INCOMPIUTOCASELLARIO

Tra le tante monografie pubblicate in tutto il mondo, segnaliamo un’edizione italiana Federico Motta, del 1991: Uomini del XX secolo, tra duzione dell’edizione originaria tedesca del 1980, di Schirmer/Mosel. Qui è raccolta la summa del lavoro di August Sander, pazientemen te ricostruita da Ulrich Keller e da Gunther Sander, figlio dell’autore, a partire dagli schizzi e dai negativi sopravvissuti.

autorevoli premi letterari: Prix René Fallet 2012 ; Prix Coup de coeur des lycéens 2012, della Fondation Prince Pierre de Monaco; Prix du Premier Roman de l’U niversité d’Artois 2012 ; Prix de l’Office central des Bibliothèques 2012. E, poi, an che finalista al Prix du roman Fnac 2011. In italiano, Loro due in quella foto è stato pubblicato dalle Edizioni Frassi nelli, nel 2012, con copertina evocativa di una fotografia di Henri Cartier-Bresson, Couple s’embrassant l’extérieur cafe (Coppia che si bacia fuori dal caffè), del 1969, che giustifica la quantificazione “due”, proditoriamente inserita nel ti tolo. E che, forse, potrebbe aver solleci tato l’attenzione di coloro i quali sono a conoscenza del cammino della Storia della Fotografia. Però! Però, l’edizione originaria francese non ha alcuna fotografia in copertina e lascia libero il pensiero evocativo del lettore (mentre edizioni in altre lingue sono spesso/sempre illustrate con fo tografie sostanziosamente anonime). Peraltro, poi, il romanzo esordisce con una evocazione perentoria: «La foto grafia ha fissato per sempre tre figure in pieno sole, due uomini e una don na. Sono tutti vestiti di bianco e tengo no in mano una racchetta. La ragazza sta in mezzo: l’uomo sulla sua destra, piuttosto alto, è chino su di lei, come se stesse per dirle qualcosa. L’altro, alla sua sinistra, si tiene un po’ in disparte, appoggiato alla racchetta, una gam ba piegata, in una posa umoristica al la Charlot. Sembrano tutti e tre sulla trentina, ma il più alto forse è un po’ più vecchio. Il paesaggio sullo sfondo, in parte coperto dagli edifici di un im pianto sportivo, ha qualcosa di alpestre: una montagna, con la cima ancora im biancata, chiude la prospettiva, dando alla scena un’area irreale da cartolina». Insomma, il romanzo non ha nulla a che vedere, né spartire, con la foto grafia di Henri Cartier-Bresson visua lizzata sulla copertina italiana. È un ro manzo ispirato da e a una fotografia privata, forse inesistente, che l’autrice Hélène Gestern ben descrive in avvio di narrazione, scandendo chiaramente i termini della questione... se vogliamo dirla così. [Del resto, spesso, la narrati va francese risponde a questi canoni formali: subito precisa i confini entro i quali si sta per muovere. Da e con Ge orges Simenon, in Turista di banane: «Erano ormai trentasette giorni che l’Îl e de Ré aveva lasciato il porto di Marsi glia. Alla partenza si gelava, e uscendo

Uomini del XX secolo, fotografie di August Sander; a cura di Gunther Sander, testo di Ulrich Keller; Federico Motta Editore, 1991; 560 pagine 23,5x30cm, car tonato con sovraccoperta, in cofanetto.

FOTOgraphia

Archivio (3)

45 da Gibilterra tutti i passeggeri, tranne due, si erano sentiti male. Ma poi, dopo essersi sorbiti per settimane i cavalloni dell’Atlantico, si erano dimenati fino a perdere il fiato nei locali da ballo del la Guadalupa [...]»; in venti righe sono contenute “informazioni narrative” da rimanere stupiti]. In ogni caso, in edizioni Arléa succes sive alla prima, la copertina senza illu strazione alcuna si completa con una fascetta esplicativa: «La photographie a fixé pour toujours trois silhouettes en plein soleil... / La fotografia ha fissato per sempre tre sagome in pieno so le...». Comunque, identificazioni (false) a parte, qui e subito, va rilevato come e quanto quello della fotografia e del potere che esercita sulla memoria sia uno dei temi ricorrenti della letteratu ra di Hélène Gestern. A questo proposito, va richiamato an che e ancora il romanzo Portrait d’a près blessure (alla lettera, Ritratto do po l’infortunio), nel quale la fotografia di una evacuazione dopo un attentato nella metropolitana parigina condizio na due esistenze: storia di due persone alle prese con il potere della fotografia, sia che parli il linguaggio della dignità o il linguaggio del disastro. Nello specifico di Loro due in quella foto, registriamo ancora l’incipit italiano, in risvolto di copertina, che recita: A vol te, una fotografia è tutto ciò che resta di un amore [Baci Perugina? Biscotto della fortuna cinese?]. Ed è questo, in semplificazione da tutti raggiungibile, il succo della trama, indipendentemente dalle nostre considerazioni specifiche sulla Fotografia, qui in ispirazione e in vocazione non solo narrative. A partire da due unici indizi, rappre sentati da due nomi e una fotografia, trovata nelle carte di famiglia, che mo stra una giovane spensierata circonda ta da due uomini sconosciuti -come da descrizione già riportata-, Hélène cerca la verità su sua madre, morta quando aveva solo tre anni. In risposta a un an nuncio pubblicato su un giornale, come un messaggio in bottiglia affidato al mare, entra in contatto con Stéphane, scienziato che vive in Inghilterra, che nel la fotografia ha riconosciuto suo padre. Da qui prende avvio una lunga corri spondenza, e -poco a poco- le storie si ricompongono. Da cui, riflessione sui segreti di famiglia, sulla Memoria e sui Ricordi. Infatti, non basta scoprire un enigma del passato, quello che conta è quanto riusciamo a comprendere e quanto accettiamo di cambiare rispet to ciò che siamo stati finora, alla luce di rivelazioni che ci raggiungono da lontano, indietro e indietro nel Tempo.

Camera oscura, di Gün ter Grass; dall’originario Die Box. geschichtenDunkelkammer ; EinaudiSupercoralli, 2009; 200 pagine 13,5x21,5cm, car tonato con sovraccoper ta; 18,00 euro. Alle presentazioni di Ca mera oscura / Die Box, lo scrittore tedesco Günter Gras si è sempre accom pagnato con un paio di vetuste Agfa Box, le cui magiche evocazioni fo tografiche rappresenta no il motivo conduttore dei ricordi.

AUTOBIOGRAFIA A questo punto, rimanendo in tema “fotografico”, richiamato anche nei ri quadri complementari che accompa gnano l’odierno intervento redazionale, approdiamo all’intrigante Camera oscu ra, dell’esimio scrittore tedesco Günter Grass (Premio Nobel per la Letteratura, nel 1999), in Italia dall’autunno 2009, che può aver attirato l’attenzione di coloro i quali si occupano e/o interessano di Fotografia per ragioni e cause esplici te, a tutti noi note: il titolo, anzitutto, che evoca un retrogusto fotografico, peraltro accentuato dall’inequivocabi le illustrazione di copertina. Proprio l’Agfa-Box evocata in coper tina, in un disegno in punta di penna dello stesso romanziere tedesco, che ha realizzato anche le tante illustrazioni interne al libro, che danno avvio e con cludono i singoli capitoli, è il filo con duttore dell’intero romanzo, che tale non è a tutti gli effetti. Il titolo italiano Camera oscura, adot tato dall’autorevole editore Einaudi, è ereditato dall’originario tedesco, con do verosa semplificazione fonetica che ha tenuto conto della nostra mancanza di identificazione immediata e certa con l’apparecchio fotografico che qui fun ziona da narratore; per l’appunto: Die Box. Dunkelkammergeschichten, alla lettera La Box. Racconti dalla camera oscura (o giù di lì). Questo libro è la seconda parte dell’au tobiografia del controverso Günter Grass. Temporalmente, è immediatamente suc cessiva a Sbucciando la cipolla, pubbli cata da Einaudi nella stessa prestigiosa collana dei Supercoralli. Come rivela no le schede ufficiali di presentazione, nella prima parte della autobiografia, Günter Grass ha raccontato gli anni della sua giovinezza, dalla guerra mondiale e l’arruolamento nelle Waffen-SS fino ai suoi esordi e all’affermazione come scrittore: ribadiamo, premio Nobel per la letteratura, nel 1999. Con Camera oscura, Günter Grass ha completato il viaggio, ripercorrendo le vicende della propria famiglia nell’ul timo mezzo secolo. Lo ha fatto dando la parola agli otto figli, di tre mogli di verse e successive, che hanno aderito con poco entusiasmo (accettando solo per affetto e per non deludere il padre).

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La Fotografia unisce i loro raccon ti. Sono le fotografie realizzate da Ma ria Rama, detta “DàiscattaMariechen” (dall’originario “Knips-mal-Mariechen”), con una vetusta Agfa-Box, la cui ma gica visione mostra insieme passato, presente e futuro della famiglia, e i de sideri di ognuno. Sul periodico tedesco Focus, Rainer Schmitz ha annotato: «Un libro mera viglioso e divertente. Il trucco di spec chiarsi negli occhi dei figli e di collocar si, grazie a una magica camera oscura, in una posizione privilegiata, è un’idea brillante e realizzata in maniera raffi nata. Il libro migliore di Günter Grass da molti anni a questa parte». In un’intervista rilasciata per la pubbli cazione in Germania del testo originario, lo scrittore, nato a Danzica, nel 1927, ha commentato la genesi del libro: «Quan do ricordiamo, ci troviamo di fronte a un confuso insieme di frammenti di memoria, e quando poi cerchiamo di raccontare quello che ricordiamo, già facciamo una scelta, ha inizio un’estra niazione, forse anche un mascheramen to di ciò che ricordiamo. Quando ci si propone di scrivere un’autobiografia bisogna tenere presente questa am biguità. Per Sbucciando la cipolla l’ho fatto. Affrontando gli anni giovanili, mi sembrava di avere sufficiente distacco. «Sbucciando la cipolla si conclude con la pubblicazione di Il tamburo di latta [Die Blechtrommel, 1959]. Intanto, ero diventato padre, la famiglia cresce va, a volte in modo confuso, io scrivevo un libro dopo l’altro, ero stato coinvol to dalla politica, erano successe tante altre cose. Riflettere e scrivere di que sto, quindi anche dei miei libri, non mi interessava minimamente. «Ma gettare uno sguardo su me stes so e su quello che facevo, ad esempio in questo caso dal punto di vista dei miei figli, anche se sulla scorta di una mia invenzione, questo sì mi interes sava. Il libro è nato così».

ASSASSINO / PARRICIDA? In traduzione italiana Assassino del pa dre, in edizione Bollati Boringhieri, del 2009, è la ricostruzione e resoconto del caso giudiziario che ha coinvolto il gio vane Philipp Halsmann nell’autunno 1928, in Tirolo (Austria). Lunedì dieci set tembre, suo padre Morduch Halsmann muore, precipitando durante una gita in montagna in compagnia di Philipp, Assassino del padre (Il caso del fotografo Phi lipp Halsmann), di Mar tin Pollack; Bollati Borin ghieri, 2009; 248 pagi ne 13,5x22cm; 22,00 eu ro [dall’originario Ankla ge Vatermord. Der Fall Philipp Halsmann (Paul Zsolnay Verlag, 2002), che in copertina dà visibilità all’incidente in monta gna e non alla personalità successiva dell’imputato]. Comunque: sarebbe sta to più corretto certifica re “Il caso di Philipp Hal smann”, o “Il caso del foto grafo Philippe Halsman”.

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Sulla reazione dei figli di fronte al li bro, ha dichiarato: «La seconda versione dattiloscritta l’ho mandata ai ragazzi. Le reazioni sono state critiche, in cer ti casi estremamente critiche. Ci sono state discussioni anche aspre, durante le quali ho cercato di stare ad ascolta re, il che in parte mi è riuscito. E quan do mi convincevano, il che è avvenuto spesso, ho lasciato via dei fatti, oppure li ho descritti con maggiore precisione; però, sempre insistendo sul fatto che se la loro vita è parte della mia, la mia è parte della loro, e che nel momento in cui affronto temi autobiografici, il che è un mio buon diritto, non posso tacere i figli, non posso tacerne la pluralità, non posso non parlare dello sfondo da cui hanno avuto origine. Da questo pun to di vista, la terza e la quarta stesura del libro sono anche esito della discus sione con i ragazzi. Ma i nove incontri li ho inventati io, perché, come ho già avuto modo di dire, solo quando men to io riesco a essere preciso». Ovviamente, è una (auto)biografia te desca, che ruota attorno vicende nazio nali, molte delle quali proiettatesi sul palcoscenico planetario. Ma non tutte. Contenuto letterario a parte (Rainer Schmitz: «Il libro migliore di Günter Grass da molti anni»), Camera oscura rivela un proprio retrogusto fotografi co. L’abbiamo già rilevato: le fotogra fie familiari scattate con una Agfa-Box sottolineano lo scorrere del Tempo, al lungano il passato sul presente, intro ducono il futuro. Del resto, guardiamoci negli occhi, non è forse questo il senso della Fo tografia? Non pensiamo soltanto alla Fotografia che scrive la Storia, ma an che -e qui soprattutto- a quella fanta stica Fotoricordo che racconta la Vi ta nel proprio svolgersi, giorno dopo giorno. La Fotografia può farlo; forse, deve farlo. Fin dalle proprie origini, e nella sua lunga evoluzione espressiva, la Fotografia offre Tempo, che arric chisce il cuore, la mente, i sentimenti. Eccolo qui il concetto della Fotografia che supera l’usura degli anni e che si arricchisce di questa. L’insieme delle Fotoricordo è una rac colta di attimi isolati dal contesto dell’e sistenza, che finiscono per rappresen tarla come poche parole potrebbero fare. Dunque, dobbiamo essere grati a queste immagini che fanno entrare il mondo nella nostra vita quotidiana. Privilegiati dalla sua visione, possiamo osservare l’esistenza attraverso rappre sentazioni realizzate con il cuore. Per capirla.

unico presente al fatto, presto accusato di parricidio, in mancanza / assenza di altre ipotesi, che non quella dell’inci dente senza altre responsabilità. A seguito di un processo controverso, infarcito di antisemitismo, Philipp Hal smann fu condannato in prima istanza a dieci anni di carcere duro, aggravato da una giornata di digiuno ogni anno; in appello, si scese a quattro anni di carcere duro, per reato di omicidio con dolo, alleggerito da circostanze atte nuanti. Una via di mezzo compromis soria, che accontentò tutti e nessuno: pena mite, se Philipp Halsmann è stato un parricida; severa e ingiusta, se era innocente. In ogni caso, fu graziato ed espulso dall’Austria. Per la propria ricostruzione roman zata, l’autore del racconto, l’austriaco Martin Pollack, si è basato sulla siste matica raccolta e decifrazione di docu menti dell’epoca; non si esprime mai esplicitamente, non prende posizione, non emette sentenze. Di certo, c’è solo che le circostanze della morte di Mor duch Halsmann, dentista a Riga, in Let tonia, sono state quantomeno equivo che, che il figlio Philipp non fece nulla per screditarsi, che la sua posizione è inquietante e che, comunque, il clima politico e sociale dell’epoca e del luo go sono ostili a un accusato di religio ne ebraica. Si può pensare a un caso Dreyfus austriaco; sono incombenti i fantasmi del nascente nazismo. Sorvolando sulle incognite del testo, il titolo italiano non lascia dubbi: rispetto l’originario tedesco Anklage Vatermord. Der Fall Philipp Halsmann (Accusa di parricidio. Il caso Philipp Halsmann), pubblicato dal viennese Paul Zsolnay Verlag, nel 2002, Assassino del padre non esprime una circostanza, ma pro nuncia una sentenza. Ma non è così semplice, né sempli ficabile. In una atmosfera avvelenata, come è stata la fine degli anni Venti in Tirolo, regione lontana mille miglia dal la capitale Vienna, ammesso che fosse possibile identificarla, la verità si è nasco sta tra le pieghe di molteplici equilibri e insormontabili controversie sociali e politiche, delle quali il giovane Philipp Halsmann ha pagato il conto, maga ri appesantito da sostanziosi interessi. In ogni caso, Assassino del padre è uno di quei libri che si possono anco ra leggere; e lo dovrebbero fare coloro i quali si occupano di Fotografia, che su queste pagine vengono a contatto diretto con una vicenda che riguarda uno dei protagonisti dell’espressività fotografica del secondo Novecento, au tore di centouno copertine di Life, con il nome di Philippe Halsman, una volta emigrato negli Stati Uniti. In nota parallela e aggiuntiva, ricor diamo che questo testo, questa rico struzione, ha fornito solide basi per la sceneggiatura del film-biografia Jump!, di Joshua Sinclair, del 2008. Nel proprio svolgimento, l’intento principale, pri mario ed esplicito del film è quello di sottolineare il clima antisemita che si è affacciato nell’Austria del 1928, sull’on da lunga e malevola del nazismo te desco, che si sarebbe imposto di lì a cinque anni, con l’avvento al potere di Adolf Hitler (1933), che comunque aveva già espresso le sue famigerate idee e opinioni riguardo le proprie intenzioni politiche: con conseguente inclusione della stessa Austria nella “Grande Ger mania”, con l’Anschluss, del 1938. Così che il pur gradevole film si perde tra le pieghe di tanti intrecci, fino a non metterne in risalto alcuno. La rievocazione sceneggiata è adegua tamente realistica, anche se retrodata alla primavera 1954, ciò che è avvenu to nella tarda estate 1959, con Marilyn Monroe che salta su se stessa (per la fantastica serie dei salti, appunto ju mp, che hanno reso famoso Philippe Halsman, che li ha fatti eseguire a una consistente quantità e qualità di perso naggi pubblici): copertina di Life del 9 novembre 1959. Dunque, il film inizia e si conclude con questo set, sul quale si presenta una giornalista del New York Times, alla quale la sorella del fotografo racconta del padre ucciso e dell’accu sa a Philipp, ormai Philippe. Tema dell’intervista sono proprio i sal ti, da presentare al pubblico del quoti diano: per far conoscere l’«immigrato che è passato dalla povertà a un attico del Chrysler Building», uno dei simboli di Manhattan; il fotografo che «ha rea lizzato venti copertine di Vogue, dodici di Marie Claire e settantacinque di Life [che diventeranno centouno]», il fotogra fo «che ha fatto saltare il vicepresiden te Nixon e il duca di Windsor [raccolti nella monografia Jump Book, in edi zione Martiniere BL, del 2015]». Perché i salti?: «Perché la liberazione del salto, libera i nostri istinti [...]; sono come uno strizzacervelli della Kodak. Un estroverso apre le braccia, un introverso salta con attenzione... quando cadi, sei solo... sei un acrobata che vola senza rete». Missione della Fotografia. Fotografo e videomaker fuori dagli schemi e oltre le righe, il francese Be noît Grimalt ha realizza to una monografia “fo tografica” affascinante, perché intrigante. Sulle pagine del delizioso vo lumetto 16 photos que je n’ai pas prises (“volumet to” solo per dimensioni fisiche: quaranta pagine 15x20cm) ha raccolto se dici disegni che manten gono la promessa espres sa nel titolo: Fotografie che non ho scattato «Spesso, mi chiedono perché, come fotografo, non vado sempre in giro con una macchina foto grafica sotto il braccio. Di solito, rispondo che i registi non escono con le loro telecamere e gli idraulici non vanno al ri storante con la loro cas setta degli attrezzi». Tutto qui... quasi. 16 photos que je n’ai pas prises, di Benoît Grimalt; Poursuite Editions, 2017 (quarta edizione); 40 pa gine 15x20cm; 24,48 euro.

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PHOTOKINA

di Giulio FortiL’ALLARME DEL 2014

Non ha stupito il comunicato della Koelnmesse del ventiset te novembre. Che il vento non fosse più quello di una volta era chiaro, e vari espositori discu tevano la vaga idea di lasciare la fiera di Colonia. Una opera zione impossibile, perché “se ci vanno loro, non possiamo non esserci noi”. Così, Koelnmesse e la German Photo Industry As sociation hanno tenuto duro e sono riuscite ad attrarre ancora una volta i grandi marchi agli appuntamenti del settembre 2016 e Nonostante2018. la folla dei soliti centottantacinquemila visitatori ufficiali (185.000) e -addirittu ra- di cenonovantunomila, nel 2016 (191.000), l’edizione 2018 accoglie il pubblico, ma i pa diglioni ridotti e gli ampi spazi non sono un buon segno. Mai come prima, i dirigenti dei gran di marchi ammettono aperta mente che non ha più senso partecipare a Photokina (fiera biennale della tecnologia foto grafica, nell’autunno degli an ni pari, a Colonia, in Germania), spendendo tre o quattro milioni di euro tra progetto, trasporti, allestimento, spazio e centinaia di addetti da pagare. Gli affari non si fanno più in fiera; co municazione e pubblicità sono cambiate; gli stessi siti aziendali e i social annunciano le novità in diretta; che senso ha viag giare fino a Colonia, dall’Asia o dall’America?Nel2019,ladirettrice di Pho tokina è licenziata in tronco; poi, a tempo debito, Koelnmesse an nuncia che la nuova fiera aprirà ai primi di maggio del 2020: du rerà quattro giorni e sarà an nuale, come la prima edizione del 1950. Una scelta schock, che la degrada a livello di fiera na zionale, almeno secondo molti operatori. Addirittura, Fujifilm, Nikon e Sony fanno sapere che non vi parteciperanno; Canon, invece, ci sarà. Il consiglio dell’or ganizzazione cerca di recupe (Photo Marketing Association) attira l’interesse dei maggio ri produttori esteri, e quando scrissi che era diventata sem pre più importante e interna zionale ricevetti una letterac cia dalla Germania. Nel tempo, la Fotografia -sempre più di gitale- trova spazio nelle fiere dell’informatica, alla IFA di Ber lino e poi al CES, che, nel 2012, a Las Vegas, ospita un PMA or mai perduto. Nel 2010, in Giap pone, il CIPA+, di Yokohama, prende il posto dell’itinerante Japan Camera Show, che cre sce dichiarando di essere og gi il maggiore Camera Video Show del mondo. Ho rispolverato il 2014, perché quella edizione fu un allarme preoccupante, come ammette la stessa Koelnmesse nel pro prio comunicato. In una fie ra, quello che conta è ciò che gli espositori propongono; in mancanza, giovani uomini di marketing parlano di nuova cultura, ma senza chiarire di che si tratti. Nelle conferenze stampa si vola alto, con visio ni e sogni poco convincenti; si svelano nuove market strategy, tra le quali il progetto di aprire propri negozi online a livello europeo per unificare i prezzi. Alcuni, invece, professano che il crollo delle vendite è un’op portunità, ma non proiettano rare, trattando con i clienti più importanti, e invita la stampa di settore ad Amsterdam, lo scorso quindici gennaio, per una conferenza sulla Photoki na 2020, prevista dal ventisette al trenta maggio. Il progetto è ambizioso, forse un po’ troppo ottimista; tuttavia, sarà l’orribile Coronavirus a decidere. Tutto è annullato e rinviato al 2022; quindi, c’è più tempo per ragio nare. Ma cosa puoi fare quando il mercato crolla e i conti non tornano? Di fronte alla cruda realtà, il ventisette novembre l’annuncio che l’edizione 2022 è cancellata e Photokina sospesa fino a nuovo avviso. Come ho già rilevato, non stupisce. Come mezzo mondo, l’anno scorso, Koelnmesse aveva sofferto, ma dalla primavera avrebbe perso circa venti milioni al mese. Nel numero di novembre 2014 di Fotografia Reflex, ho riferi to degli operatori che ritene vano Photokina superata. Del resto, non si può essere ottimisti quando, nel periodo 2010-2014, hai visto precipitare macchine fotografiche e compagnia da centoventicinque milioni di uni tà a quarantatré milioni (da 125 a 43). Per anni, Photokina ha combattuto per la sua leader ship mondiale con un’agguer rita concorrenza. Negli Ottan ta, la potente PMA americana più su schermi giganti i dati sulle rispettive quote di mer cato: chi poteva aver voglia di proiettare grafici in precipizio? Quell’anno, alla fiera di Colo nia, debuttarono Blackmagic, Google e GoPro, il fortunato prodotto della action-came ra per definizione, e Lytro, con sensore light field che seziona la profondità delle inquadratu re in quaranta piani di messa a fuoco. Come altre meraviglie, sparirà velocemente, ma c’è comunque ottimismo tra gli informatici più visionari. Per loro era meraviglioso sapere che su Facebook e Instagram venivano caricate miliardi e mi liardi di fotografie, perché “è lì che stanno maturando i nostri clienti”. Evidentemente, non sa pevano che bello era quando miliardi di stampe cartacee a colori producevano milioni di utili e non milioni di like Tutto ciò dava la sensazione di una incertezza generale. Fini te anche le compatte digitali, si punta su modelli di fascia me dio-alta come le “ognitempo” indistruttibili o quasi. Oppure, le bridge con zoom esagerati, che non avranno grande for tuna. Le reflex digitali soffrono meno. Alcune confidenze fanno intendere che ci saranno novità sostanziali con nuovi sensori or ganici e magari la realizzazione del vecchio sogno (!?) del sen sore intercambiabile o qualco sa di demenziale del genere. Oggi, nessuno può dire se Photokina tornerà tra di noi o sparirà per sempre. La sua sto ria, però, resterà, perché inven zioni, sviluppo e futuro hanno attraversato le sue stanze per settant’anni. Ho avuto la fortuna di assistere a una consistente parte di questo processo, dal 1968, quando la Cofas, allora im portatore di Nikon, con la quale collaboravo, mi spedì a Colonia per ricevere i visitatori italiani nello stand di Nippon Kogaku. Sì, il tempo passa.

In una fiera, quello che conta è ciò che gli espositori propongono; in mancanza, giovani uomini di marketing parlano di nuova cultura, ma senza chiarire di che si tratti.

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Prima che la storiografia foto grafica predominante comin ciasse a esistere, non c’era il nulla. C’erano i soliti randagi dell’immaginario sovversivo a mostrare che ogni immagine non è che il prodotto di un’au tobiografia, e fuori dall’ideolo gia mercantile tracciavano le rovine della fotografia dell’in ganno universale nel frantoio del conformismo. La morfolo gia delle civiltà era dettata e la fatalità diventava reale; e il reale ricettacolo del determi nismo mondano buono per tutte le convenzioni e i com piacimenti della creatività esa cerbata nella menzogna. Ma solo il vero rovesciato vede il reale così com’è: un’essenza cri minale di oblio, dove la futilità tocca il fondo dell’esistenza! Le maschere disvelate della necessità affilano il linguaggio fotografico sulla punta dei fu cili, e con l’inchiostro dei gian nizzeri d’ogni potere avanzano nella direzione del successo! I fotografi allevati nella civiltà spettacolare non imparano a fotografare in libertà, ma a ob bedire senza rimpianti! «Chi non soffre a causa della co noscenza, non ha conosciu to niente» (Emil M. Cioran): la sensibilità al dolore deriva da una particolare tensione carat teriale del vedere, ma anche dalla repulsione all’eterna ti rannia della sofferenza. La filosofia comunarda di Germaine Krull (1897-1985) la porta ad attraversare le avan guardie culturali del Cubismo, Futurismo, Surrealismo: a bene scegliere la parte contro la qua le stare, nel secondo conflitto mondiale, s’affranca ai parti giani del Fronte di Liberazione Francese... viaggia nel mondo con la macchina fotografica e la voglia di vivere fuori da tutti gli schemi. L’impegno politico (con i comunisti radicali) non le impedisce di fotografare cele brità, lavorare nella fotografia di hanno radici più profonde di tutti i sorrisi svenduti alle ricet te economiche, politiche, psi coanalitiche che portano alla soggezione di morali, valori e legiferazioni che precludono la liberazione sessuale dell’Uo mo e della Donna e accecano la gioia nelle proibizioni! moda, archeologia industriale e fotoreportage di guerra; s’ac costa alle genti delle periferie, al nudo saffico e a molto altro ancora. Il suo immaginale fo tografico attraversa quasi un secolo, ed è il canto visuale di una donna fuori delle regole. Sapeva che le lacrime secolari La fotografia saffica di Ger maine Krull non ha niente a che vedere con la pornografia lesbica, della quale è stata tac ciata da storici, critici e galle risti: due donne s’intrecciano nell’amore su un letto, si ba ciano, si toccano, si carezzano. Germaine Krull elabora anche sovrimpressioni del momento amoroso: la sensualità, la vo luttà, l’erotismo di quei corpi in amore figurano il desiderio d’attenzione come malinconia aperta della mancanza d’amo re o del pregiudizio che vuo le l’amore come espressione corporea. Soltanto! Qui, l’impudore della fotogra fa si mescola, ed è in correla zione con la seduzione scom posta che prende vita davanti alla sua macchina fotografica: e tutte e tre le donne diventa no testimonianza della circola rità sessuale che non prevede nessun veto. L’amore basta a se stesso e non vuole giudici né eroi a dire cosa è giusto e cosa è sbagliato! Ti amo! Tra passami il cuore! Ma fallo con la dolcezza dei forti! Amami e fa’ quel che vuoi, ma tutto quello che fai sul mio corpo, fallo con amore! Tutto qui. Per le belle passioni, come per le libertà più indecenti, non ci sono catene! «M’ha rapito ier sera la vita del febbricitante tuo occhio, / ma per grazia di quelle tue labbra ne ho fatto un’effigie» (diceva Hāfez, il poeta persia no dell’ubriachezza edonista)! Vivere o fotografare al culmi ne della bellezza svergognata significa raggiungere abissi e cieli inadempienti, dove l’essen za della finitudine oscena spaz za via tutti gli ideali, i simulacri, i miti dell’epoca dell’impostura. Sentirsi soli al mondo o avver tire la sua ferocia, vuol dire re clamare l’incoscienza indignata o la sessualità liberata che re spingono senza mezze misu re la prolungata agonia della civiltà dello spettacolo

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■ ■ / SGUARDI SU / GERMAINE KRULL di Pino Bertelli

La fotografia saffica di Germaine Krull non ha niente a che vedere con la pornografia lesbica, della quale è stata tacciata da storici, critici e galleristi: due

ils’intreccianodonnenell’amoresuunletto,sibaciano,sitoccano,sicarezzano.GermaineKrullelaboraanchesovrimpressionidelmomentoamoroso:lasensualità,lavoluttà,l’erotismodiqueicorpiinamorefiguranodesideriod’attenzione. SULLA FOTOGRAFIA SAFFICA

Dal 1991, i logotipi dei TIPA Awards identificano i migliori prodotti fotografici, video e imaging dell’anno in corso. Da ventinove anni, i qualificati e autorevoli TIPA Awards vengono assegnati in base a qualità, prestazioni e valore, tanto da farne i premi indipendenti della fotografia e dell’imaging dei quali potete fidarvi. In cooperazione con il Camera Journal Press Club of Japan. www.tipa.com

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