Restauro critico vs restauro mimetico

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Restauro critico vs restauro mimetico

Il restauro è da sempre al centro di una riflessione complessa che coinvolge estetica, etica, tecnica e storia. Due approcci fondamentali si sono confrontati nel corso del tempo: il restauro mimetico e il restauro critico.

Il restauro mimetico, diffuso tra Otto e primo Novecento, punta a ripristinare l’unità visiva dell’opera attraverso ricostruzioni che si integrano perfettamente con le parti originali. L’idea è quella di cancellare i segni del tempo, ricreando un'immagine coerente e continua, anche quando si tratta di ricostruzioni ipotetiche. Questo tipo di restauro ha dato vita a importanti interventi, ma spesso ha suscitato critiche per il rischio di falsificare la storia dell’opera e confondere ciò che è originale con ciò che è moderno.

A partire dagli anni Trenta, e in modo più sistematico nel dopoguerra, prende forma l’approccio opposto: il restauro critico, teorizzato in Italia da Cesare Brandi con la sua “Teoria del restauro” (1963). Per Brandi, ogni intervento deve essere motivato da una lettura attenta e consapevole dell’opera. Il restauro non è un’operazione neutra, ma un atto critico. La reintegrazione deve essere distinguibile, reversibile, motivata. Lo scopo non è cancellare il tempo, ma accompagnarlo, riconoscerlo, restituire l’opera alla sua leggibilità senza alterarne l’autenticità.

Carlo Scarpa si inserisce in questa visione critica. Nei suoi interventi – dal Museo di Castelvecchio alla Querini Stampalia, dal Museo Correr alla Gypsoteca di Possagno – Scarpa non tenta mai di mimetizzare le aggiunte moderne. Al contrario, le rende visibili, dialoganti, spesso anche dichiaratamente contemporanee per materiali, finiture, geometrie. Il suo è un restauro progettuale, che interpreta l’opera storica come un sistema vivo, stratificato, capace di essere letto attraverso un intervento intelligente e misurato.

Castelvecchio è emblematico: Scarpa recupera la struttura del castello medievale, ne evidenzia le fasi costruttive, inserisce scale moderne, supporti per opere, percorsi narrativi. Nulla è mimetico, tutto è rispettoso e al tempo stesso inventivo. Così anche alla Querini Stampalia, dove il nuovo dialoga con il vecchio senza volerlo nascondere. E al Correr, dove la museografia diventa strumento critico per raccontare il passato. In un’epoca in cui il restauro torna ad essere al centro del dibattito culturale e architettonico, la lezione di Scarpa resta quanto mai attuale. Ci insegna che restaurare non è tornare indietro, ma andare avanti con consapevolezza.

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