L’allestimento come opera d’arte

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L’allestimento come opera d’arte

Per Carlo Scarpa, l’allestimento non è mai un’operazione neutra o puramente funzionale. È, al contrario, un atto progettuale complesso, una forma d’arte autonoma che trasforma l’opera e lo spazio in un’esperienza. Scarpa concepisce il museo non come contenitore, ma come dispositivo narrativo, in cui l’architettura guida lo sguardo, orienta il movimento, costruisce emozioni.

Questa visione ha radici profonde. Nel Novecento, la museografia si libera progressivamente dal modello ottocentesco, fatto di stanze ricolme e percorsi didascalici, per sperimentare nuovi linguaggi espositivi. In questo contesto si inserisce il lavoro di Scarpa, che reinterpreta la tradizione veneziana del “vedere attraverso” – filtri, aperture, scorci – e la porta in una dimensione contemporanea. L’allestimento diventa così un’arte del montaggio, simile a quella cinematografica: selezione, ritmo, pausa, inquadratura.

Nei suoi progetti, ogni opera è collocata in uno spazio pensato per lei. Non esistono sale anonime o pannelli ripetitivi: ogni ambiente è costruito come una scenografia essenziale, dove materiali, luce, suoni e silenzio concorrono alla creazione di un’atmosfera. Lo si vede nella Mostra Paul Klee alla Biennale del 1961, dove pannelli mobili, leggii e luce filtrata costruiscono un racconto poetico e immersivo. Oppure a Palazzo Abatellis a Palermo, dove l’“Annunciata” di Antonello da Messina viene isolata in una teca trasparente sospesa nello spazio, come fosse un’icona sacra.

Ogni supporto, ogni vetrina, ogni pedana è progettata con una cura straordinaria. Spesso Scarpa disegna veri e propri micro-architetture: strutture che sollevano, proteggono, esaltano. A Castelvecchio, le statue medievali sono sospese su supporti minimali in cemento e acciaio, come in bilico tra tempo e spazio. Alla Gypsoteca di Possagno, i gessi di Canova emergono da pedane luminose, in un chiaroscuro teatrale. Al Museo Correr, ogni quadro ha un proprio ambiente, una propria luce, un proprio ritmo.

L’allestimento è, per Scarpa, un modo per interrogare l’opera, per restituirla al presente senza tradirla. È un linguaggio che parla senza parole, ma con materiali, proporzioni, silenzi. Un linguaggio che non impone, ma accompagna. Che non spiega, ma suggerisce.

In questo senso, l’allestimento diventa opera d’arte: un’opera che non cerca la scena, ma che crea le condizioni perché l’arte appaia, si sveli, si lasci incontrare.

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