Il dettaglio come pensiero

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Il dettaglio come pensiero

Il lavoro di Carlo Scarpa è celebre per la sua intensità progettuale, ma anche per una qualità rara: la cura ossessiva del dettaglio. Non si tratta semplicemente di precisione tecnica o di virtuosismo formale: per Scarpa, il dettaglio è il luogo dove l’architettura rivela il pensiero, dove il progetto diventa gesto concreto.

Ogni nodo costruttivo, ogni giunto, ogni passaggio tra materiali è studiato come se fosse un’opera autonoma. Il dettaglio non arriva alla fine del progetto: è parte integrante dell’idea, e anzi spesso è proprio da lì che nasce l’architettura. Non è raro che Scarpa partisse da una maniglia, da una soglia, da una cerniera per costruire un’intera poetica spaziale.

Questo approccio ha radici sia nella tradizione artigianale italiana – in particolare veneziana –sia in un pensiero filosofico e sensibile del fare. Per Scarpa, ogni intervento deve avere una propria logica costruttiva ed espressiva, che trova nel dettaglio il luogo della verità. Un giunto in bronzo, un inserto in pietra, un incastro tra legno e cemento raccontano un modo di intendere la materia e il tempo, l’invenzione e la memoria.

Esemplare è il lavoro alla Fondazione Querini Stampalia, dove la transizione tra il fuori e il dentro si compie in una soglia complessa e raffinata, dove l’acqua, la pietra e il vetro si incontrano in un equilibrio fragile e perfetto. Ma anche a Castelvecchio, nel Museo di Possagno, nel Negozio Olivetti: ovunque il dettaglio è racconto, atmosfera, ritmo.

Il disegno manuale ha un ruolo fondamentale in tutto questo. Scarpa disegnava a mano ogni dettaglio, con tavole che spesso diventavano opere d’arte. L’atto del disegnare era già costruzione, esplorazione, comprensione dello spazio.

Nel dettaglio, Scarpa non cerca la decorazione, ma la densità. Ogni elemento deve avere senso, peso, funzione, ma anche silenzio e bellezza. Come nella tradizione giapponese che tanto ammirava, dove anche la vite o l’unione tra due legni può essere un atto poetico.

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