CSPE. Centro Oncologico Fiorentino

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OPERE CONTEMPORANEE



CSPE CENTRO ONCOLOGICO FIORENTINO STORIA DI UNA TRASFORMAZIONE VERSO MODELLI FUTURI story of aN ADAPTIVE REUSE FOR NEW models OF CARE

DI / BY CRISTINA DONATI E / AND GIULIO FELLI


EDITORIAL PROJECT / PROGETTO EDITORIALE

Forma Edizioni srl, Poggibonsi (Si) redazione@formaedizioni.it www.formaedizioni.it COORDINAMENTO EDITORIALE / publishing COORDINATION

Laura Andreini coordinamento redazionale / editorial coordination

Valentina Muscedra Giulia Pellegrini TRANSLATION / TRADUZIONI

Miriam Hurley PRINTER / STAMPA

Forma Edizioni srl, Poggibonsi (Si) IMAGE CREDITS / CREDITI FOTOGRAFICI

Alessandro Ciampi Antonio Andreucci pp. 19, 20, 21

©2010 FORMA EDIZIONI SRL, POGGIBONSI (SI) - ITALY NESSUNA PARTE DI QUESTO LIBRO PUÒ ESSERE RIPRODOTTA O TRASMESSA IN QUALSIASI FORMA O CON QUALSIASI MEZZO ELETTRONICO, MECCANICO O ALTRO SENZA L’AUTORIZZAZIONE SCRITTA DEI PROPRIETARI DEI DIRITTI E DELL’EDITORE. ALL RIGHTS RESERVED. NO PART OF THIS PUBLICATION MAY BE REPRODUCED IN ANY FORM OR BY ANY MEANS WITHOUT THE PRIOR PERMISSION IN WRITING OF THE PUBLISHER. PRIMA EDIZIONE: DICEMBRE 2011 / FIRST EDITION: DECEMBER 2011 ISBN: 978-88-96780-19-0

un RINGRAZIAMENTO SPECIALE A / special thanks to ARCH. ALESSANDRA MARINO E ARCH. FIORELLA FACCHINETTI DELLA SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI PER LE PROVINCIE DI FIRENZE, PRATO E PISTOIA PER LA CURA E LA DISPONIBILITÀ DIMOSTRATA FABIO FALCIANI PER L'ATTENTA COMPETENZA NEL RESTAURO DELLE MURATURE E DEGLI AFFRESCHI si ringraziano INOLTRE / We would also like to thank SILVIA TORTOLI, ALESSANDRO FOCARDI, MARCO LUCHI, MANOLA CARUSO, RICCARDO MASCIONE, IACOPO BAGLINI, CRISTINA SORDELLA, MARCO DE LUCA, SIMONA VIGNOZZI, CAMILLA BINI, DANIELE BELLOMO


Il contesto e il dialogo. il valore della storia e il rapporto tra progettisti e committenti Context and Dialogue. the Value of History and the rapor between Architects and Clients 009

origini e SVILUPPO del nucleo antico ORIGINS AND DEVELOPMENT OF THE HISTORIC CORE

025

i protagonisti: obiettivi e visioni dei Progettisti e deI committenTI KEY PLAYERS: ARCHITECTS' AND CLIENTS' GOALS AND VISIONS

041

DIARIO DI CANTIERE SITE DIARY

Il progetto. il linguaggio dell’architettura e l’organizzazione funzionale The Design. the ArchitecturAL Language and the healthcare planning 049

Il linguaggio della nuova architettura in armonia tra Psiche e Techne THE LANGUAGE OF THE NEW ARCHITECTURE: HARMONY BETWEEN PSYCHE AND TECHNE

099

cura e ricerca per la centralità della persona e della multidisciplinarità clinica CARE AND RESEARCH BASED ON MULTIDISCIPLINARITY AND A PATIENT CENTERED DESIGN

La cultura. il dibattito evolutivo sui nuovi Modelli per la cura e la ricerca Approach. the Discourse on New Models for CARE and Research 135

L’ospedale che cambia The Changing Hospital

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Gli orizzonti della ricerca oncologica Oncology Research's New Horizons luca mencaglia

APPARATI APPENDICES 156

CREDITI DI PROGETTO, PRINCIPALI AZIENDE FORNITRICI e scheda degli impianti tecnici PROJECT CREDITS, list of the main SUPPLIERS and building services DATA

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BIOGRAFIe BIOGRAPHies


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LA CULTURA DEL PROGETTO OSPEDALIERO XXXXXXX  7

Il contesto e il dialogo. il valore della storia e il rapporto tra progettisti e committenti CONTEXT AND DIALOGUE. THE VALUE OF HISTORY AND THE RAPOR BETWEEN ARCHITECTS AND CLIENTS


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VEDUTA AEREA DEL 1968 AERIAL VIEW, 1968


IL CONTESTO STORICO HISTORICAL CONTEXT  9

ORIGINI E SVILUPPO DEL NUCLEO ANTICO ORIGINS AND DEVELOPMENT OF THE HISTORIC CORE M. Mannini, Le strade e i popoli della podesteria di Sesto nel XVI secolo, Firenze 1991.

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Il toponimo Termine prese il nome dal confine relativo alle due giurisdizioni ecclesiastiche confinanti: il Popolo di S. Maria di Quinto e S. Michele a Castello; infatti la villa era anticamente posta a cavallo delle due podesterie. Termine stava ad indicare non il fiume omonimo, ma la posizione geografica di confine. Successivamente il confine venne spostato e fatto coincidere con il fiume che prende appunto il nome di Termine.

2

“La Torre al Termine: qual sorta di termine abbia dato ragione al nomignolo di questa villa non è facile stabilire. Non è impossibile che in località così ricche di antichità romane si alluda a qualche termine romano, com’è che si tratti del limite di confine tra i due popoli di Castello e di Quinto. La casa da Signore era nel XV secolo dei Boni dai quali passò dai Del Bene per ritornar poi in quella famiglia e andar successivamente in eredità ai Michelozzi per causa di fanciulle fattesi monache, pervenne nel monastero di San Girolamo sulla Costa che l’ebbe fino alla soppressione francese. Come la vicina villa di Fonte Nuova fu modernamente dal Prof. Antonio Bartolini.” G. Carocci, I dintorni di Firenze, tomo I, Firenze, 1906, pp. 289, 290 L’individuazione della Torre in questa zona (si veda a questo proposito la tavola relativa alle fasi storiche di ampliamento) è solo presunta, in quanto non sono rimaste tracce delle antiche mura; nel catasto del 1940 si può notare comunque la porzione muraria di notevole consistenza che andava man mano diminuendo nei piani successivi, questo è tipico delle torri o delle case – torri; inoltre se si fa riferimento alle fotografie aeree del 1935-36, si noti come questa parte è più alta rispetto agli altri nuclei ed è a sé stante, con una propria copertura. è da notare infine le misure planimetriche della Torre, 13x13 braccia fiorentine (7,50 m circa ogni braccio fiorentino), che corrispondono alle misure dei cosiddetti palagi turriti o meglio conosciute come case torri. 3

“…che dal castello omonimo in Mugello era discesa in antico a Firenze” G. Carocci, Op. cit., p. 289.

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Scrive il dott. Ragionieri: “In prossimità della Villa Ragionieri, c’era un’altra costruzione, già “casa da signore”, nel XV secolo, poi utilizzata come dipendenza della Villa Fonte Nuova, per l’abitazione del colono, in antico denominata “La Torre al Termine”, probabilmente per qualche termine romano rintracciato nella zona o più semplicemente per essere situata lungo il torrente, che da secoli costituisce il confine tra i popoli di Quinto e Castello.” P. Ragionieri, I cento anni di una farmacia, Sesto Fiorentino, 1992, p. 46.

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“Questi Boni giunsero a Firenze da Gubbio fin dai tempi antichi dedicandosi al traffico della seta. Bono di Giovanni di Bono, il primo della famiglia a ottenere il priorato nel 1442, fu investito da Renato d’Angiò della carica di cavaliere col privilegio di inserire nel proprio stemma uno scudetto con i gigli d’oro. Alla signoria dettero in tutto dodici priori, l’ultimo dei quali fu Giovannibattista di Leonardo eletto nel 1529. Nel 1554 Andrea di Giovanni venne nominato console della nazione fiorentina a Roma. Suo figlio Giovanni accrebbe il prestigio sociale e politico della famiglia con i numerosi incarichi svolti al servizio del granduca. Fu prima ambasciatore a Modena, con funzioni di rappresentante permanente della corte toscana;

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Sviluppo territoriale di Sesto Fiorentino e prime testimonianze documentarie di Villa Fontenova Nel 1423, un provvedimento legislativo della Signoria di Firenze stabilì che il contado, ovvero la massima parte delle borgate del territorio immediatamente fuori dalla cerchia muraria della città, fosse diviso nelle quattro podesterie di Sesto, Fiesole, Bagno a Ripoli e Galluzzo. Il territorio della podesteria di Sesto era compreso entro i limiti giurisdizionali delle antiche pievi e di quelli, a queste subordinate, delle chiese parrocchiali o popoli, eredi delle comunità di villaggio di epoca romana. Come riportano i registri delle tratte, con definitivo ordinamento del 17 novembre 1424, la Signoria aggiunge a questa originaria configurazione territoriale anche la parrocchia di Querceto che dalla giurisdizione della podesteria di Calenzano viene trasferita a quella di Sesto, stabilendo così un assetto urbanistico che rimarrà praticamente immutata per oltre cinque secoli. Come documenta il Mannini1, l’aggregazione dei diciotto popoli (o parrocchie) subirà un drastico ridimensionamento a undici quando, in attuazione al Regio Decreto 2562 del 1 novembre 1928, verrà modificata la circoscrizione comunale di Sesto Fiorentino con il passaggio al Comune di Firenze di alcune località, tra cui quella del Popolo di S. Michele a Castello dove, sul confine con il popolo di Santa Maria a Quinto, si trovava appunto Villa Fontenova, che prese probabilmente nome da una sorgente che un tempo scorreva in quei campi. Ancora oggi, la Villa è parte del Comune di Sesto Fiorentino ed ubicata sull’attuale via Attilio Ragionieri, l’asse stradale realizzato nell’ultimo ventennio sul precedente tracciato di accesso all’antica Villa Fontenova che, come documenta il Mannini, fu della famiglia Boni e successivamente dei Michelozzi. Lo sviluppo del complesso dal 1427 al 1949 I primi documenti che fanno riferimento alla villa sono datati 1427, anche se con molta probabilità, il nucleo originario risale al Trecento e cioè al tracciato murario della così detta Torre al Termine2, a cui fa riferimento il Carrocci3 quando cita Fonte Nuova o la Torre, unendo le due unità come se fossero parte dello stesso organismo. Si può, quindi, ipotizzare che inizialmente fu edificata la Torre ma che, già a partire dai primi anni del Quattrocento, la struttura cominciò ad incorporare altri fabbricati. La Torre apparteneva alla famiglia dei Da Fortuna4 che, nel XV secolo, la cedettero alla famiglia Boni. Così testimonia il Doc. I datato 1427, che riporta la dicitura “casa da signore e podere5 posta nel Popolo di San Michele a Castello, Podesteria di Sesto e intestata a Matteo di Bartolo di Bono Boni6 e suoi nipoti”; facendo pensare che la Torre avesse già iniziato la sua trasformazione in agglomerato residenziale tipo “casa da signore”. A partire dal 1430, la “casa”7 venne divisa equamente tra i discendenti dei Boni8: l’ultimo erede di questo ramo della famiglia fu Lionello di Giuliano di Lionardo Boni che, non avendo figli, fece un testamento, in data 20 luglio 1493, mediante rogito di ser Simone Grazzini, sottoponendo questa residenza ed altri beni a fidecommisso cosicché, alla sua morte, i possedimenti della Villa e del podere annesso andassero al suo più prossimo parente.9 Verso la metà del XV secolo, la famiglia dei Boni incrementò i propri possedimenti, convogliando a nozze prima con il casato dei Dini, poi con quello dei Benci ed, infine, con una ricca famiglia di Sesto Fiorentino. A memoria di questi eventi vennero dipinti stemmi araldici sulle pareti che, ancora oggi, testimoniano l’unione dei diversi casati.10 Dal 1517, Villa Termine11 e il giardino tornarono di proprietà della famiglia Boni, nella persona di Bono Boni di Giuliano di Lionardo. Morta la figlia Margherita Boni, senza lasciar alcun erede, per rispettare il testamento di fidecommisso stipulato dal fratello, i beni della famiglia passarono al discendente più prossimo: Giovanni di Andrea di Bono Boni.12 Uomo di rilevante potere politico, ma anche amante dell’arte e dell’architettura, Giovanni si dilettò in ampliamenti e abbellimenti, anche perché, come si trova scritto sulla lapide posta sulla porta della corte est, i suoi antenati avevano trascurato gli immobili, lasciandoli in uno stato di precario abbandono.


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1300 1400-1600 1595 1700 1800 superfetazioni del 1900

PIANTA CON LEGENDA DELLE STRATIFICAZIONI STORICHE E DELLE SUPERFETAZIONI DA DEMOLIRE / PLAN WITH KEY OF THE HISTORICAL DEVELOPMENT AND DEMOLITION OF ACCRETIONS


IL CONTESTO STORICO HISTORICAL CONTEXT  17

M. Mannini, Le strade e i popoli della podesteria di Sesto nel XVI secolo, Firenze, 1991.

1

2 The name Termine (meaning "end" or "boundary" in Italian) comes from the boundary of the two neighboring ecclesiastical jurisdictions of the Popolo di S. Maria di Quinto and S. Michele a Castello. The villa formerly straddled the two podestas. Termine was not a reference to the river of the same name, but its geographical border position. Later, the boundary was moved and made to coincide with the river that then took the name of Termine. 3 “The Torre al Termine: it not easy to establish what kind of termine gave its name to this villa. It is not impossible that in a place so full of Roman antiquities it alluded to a Roman boundary, as it is the boundary line between the two popoli of Castello and Quinto. In the 15th century, the manor belonged the Boni family, from whom it passed into the possession of the Del Bene family and then back to the Boni family, and then was inherited by the Michelozzi family, and because of daughters who became nuns, it became part of the monastery of San Girolamo sulla Costa, which owned it until the French suppression. Along with the nearby villa of Fonte Nuova, it was owned in recent times by Prof. Antonio Bartolini.” G. Carocci, I dintorni di Firenze, tomo I, Florence, 1906, pp. 289, 290. The location of the tower in this area (see the chart about the historical phases of expansion) is only presumed, as there are no remnants of the old walls. In the land registry of 1940, we can nonetheless find a wall portion of considerable size that gradually decreased in later plans, as is common of towers and house/towers. Furthermore, if we look at aerial photographs from 1935-36, we can see how this part is higher than the other cores and is self-standing with its own roof. Also noteworthy are the tower's floor plan measurements, 13x13 Florentine arms (one Florentine arm equals about 7.50 m), which corresponds to the measurements of "palagi turriti better known as tower houses.

".. who from the castle of the same name in Mugello had long ago come to Florence" G. Carocci, ibid, p. 289.

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5 Dr. Ragionieri writes, "Near Villa Ragionieri, there was another building, formerly a "lord's manor" in the 15th century, later used as an annex to the Villa Fonte Nuova, for the sharecropper's home, formerly called the "La Torres al Termine", probably for a Roman border (termine) in the area, or more simply because it was located along the river that has for centuries been the boundary between the popoli of Quinto and Castello." P. Ragionieri, I cento anni di una farmacia, Sesto Fiorentino, 1992, p. 46. 6 "These members of the Boni family came to Florence from Gubbio in the distant past and became silk merchants. Bono di Giovanni di Bono, the first in the family to obtain the priorship in 1442, was knighted by René of Anjou with the privilege of adding to his coat of arms a shield with golden lilies. They were a total of twelve priors in the seigniory, the last of whom was Giovannibattista di Leonardo, named in 1529. In 1554, Andrea di Giovanni was named console of the Florentine nation in Rome. His son Giovanni increased the family's social and political standing with the many commissions performed in service of the Grand Duke. First, he was ambassador to Modena, serving as permanent representative to the Tuscan court. Then, he was granducal commissary to Pisa and then general commissary of the ducal troops. His political career peaked in 1565 with his assignment as senator. When he died in November 1644, the family line came to an end, bringing into succession a branch of the Michelozzi family through their daughter Lucrezia", R. Ciabani, Le famiglie di Firenze, vol. I, Florence, 1992, p. 124.

Until the 16th and 17th centuries, it was still a lord's manor and podesta. Only starting in 1595, did it start to become a "villa" in the proper sense of the term.

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Doc. III.

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See, from Doc. V.

The one on the right represented the family of the groom and that on the left of the bride. (author's note)

Development of Sesto Fiorentino and the first documented mentions of Villa Fontenova In 1423, a legislative provision of the Signoria of Florence established that the rural district, the majority of the villages in the area immediately outside of the city wall, be divided into the four podestas of Sesto, Fiesole, Bagno a Ripoli and Galluzzo. The area of the podesta of Sesto was between the jurisdictional boundaries of the former parishes and their dependent smaller parishes called popoli, descending from the Roman-era village communities. As reported in the records of the bills, with the final order of November 17, 144, the Signoria added to this original land configuration, the parish of Querulous, which was transferred from the jurisdiction of the Podesta of Calenzano to that of Sesto, establishing a configuration that would remain almost unchanged for over five hundred years. As Mannini1 reports, the grouping of eighteen popoli (or parishes) was dramatically reduced to eleven when the Royal Decree 2562 was implemented on November 1, 1928, changing the municipal boundaries of Sesto Fiorentino with the transfer of some areas to the City of Florence, including the Popolo di S. Michele a Castello. It was here, on the border of the popolo of Santa Maria a Quinto, that Villa Fontenova was located, which was likely named for a spring that once flowed in these fields. To this day, the villa is part of the Municipality of Sesto Fiorentino on present-day Via Attilio Ragionieri, the road built in the last twenty years based on the route of former road accessing the historic Villa Fontenova, which as Mannini reports, was owned by the Boni family and then the Michelozzi family. The estate's development from 1427 to 1949 The first documents mentioning the villa date to 1427. However, it is very likely that the original core dates to the 14th century, which would be the wall enclosure of the Torre al Termine tower2, which Carrocci3 references , when he calls Fonte Nuova or the Tower, combining two units as if they were part of the same entity. We can theorize that the tower was built first, but in the early 15th century it had already started to incorporate other buildings. The tower belonged to the Da Fortuna4 family who, in the 15th century, sold it to the Boni family. This is stated in the Doc. I dated 1427, which includes the words "lord's manor and farm5 located in the Popolo di San Michele a Castello, Podesteria di Sesto and the property of Matteo di Bartolo di Bono Boni6 and her grandchildren"; this gives us cause to think that tower had already started becoming a residential complex of the "lord's manor" type. Starting in 1430, the "house"7 was divided equally between the descendants of the Boni8 family : the last heir of this branch of the family was Lionello di Giuliano di Lionardo Boni who, having no sons, wrote a will, on July 20, 1493, through the deed of Ser Simone Grazzini, placing this home and other assets on fidei-commissum, so that upon his death, the villa and connected farm estate would go to his closest relative.9 Around the mid 15th century, the Boni family increased its properties, joining by marriage first with the Dini family, and then with the Benci family and, then, with a wealthy family from Sesto Fiorentino. To commemorate these events, coats of arms were painted on the walls, which remain to this day to witness the union of these families.10 In 1517, Villa Termine11 and the gardens returned to the property of the Boni family in the person of Bono Boni di Giuliano di Lionardo. As his daughter Margherita Boni died without leaving any heirs, to respect the fidei-commissum will of his brother, the family's assets went to the closest relative, Giovanni di Andrea di Bono Boni.12 A man of considerable political power, as well as a connoisseur of art and architecture, Giovanni took pleasure in making expansions and embellishments, partly because, as was written on the plaque on the door of the eastern courtyard his predecessors had neglected the property, leaving it in a precarious state of disrepair.

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The name Fontenuova was given at a later date. Originally, when it started to take the form of a villa, it was called Termine, the name of the tower, as well as indicating the border between the two popoli of Sesto Fiorentino. 11

IOANES. BONIUS.ANDREAE.F. VILLA.TERMINU.A.MAJORIB.ACCEPTA


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IL DIALOGO TRA I PROTAGONISTI THE DIALOGUE BETWEEN THE KEY PLAYERS  25

I PROTAGONISTI. OBIETTIVI E VISIONI DEI PROGETTISTI E DEI COMMITTENTI KEY PLAYERS. ARCHITECTS' AND CLIENTS' GOALS AND VISIONS

Il CSPE ha caratterizzato la sua trentennale attività professionale con un approccio che integra l’attività di ricerca al dialogo con la committenza: due strumenti concepiti come indagine conoscitiva rivolta alla previsione e verifica delle logiche evolutive del progetto. Oggi, questa circuitazione interdisciplinare è particolarmente strategica perché è lo stesso dinamismo delle politiche sanitarie a richiederlo. La volontà di ascolto e la ricerca applicata sono quindi i valori aggiunti che hanno guidato le soluzioni e gli orientamenti culturali di un intervento che ruota intorno agli orizzonti dell’assistenza oncologica e alla migliore architettura dove farla crescere. Di questi obiettivi e visioni del progetto parlano progettisti e committenti in una ideale tavola rotonda.

Paolo Felli

Quanto hanno inciso i forti vincoli storici e paesaggistici nel percorso e nell’esito progettuale?

Direttore Cspe

Ricordo la prima visita al cantiere e la presa di coscienza del totale abbandono in cui versava un complesso quasi ridotto a rudere. Il primo impatto è stato allucinante, anche se il patrimonio edilizio ed il contesto paesaggistico rimanevano di altissimo pregio. Ricostruire la genesi del nucleo antico è stato quindi un grande impegno della prima fase del progetto, in cui ci siamo occupati di riportare alla luce l’impianto originario, nascosto dalle indiscriminate superfetazioni che si erano succedute negli anni. Questa operazione di ripulitura ha richiesto la demolizione di ingenti cubature, nella consapevolezza che i volumi che andavamo a sottrarre dovevano essere recuperati nel lotto di espansione che la Sovrintendenza aveva previsto nell’area un tempo occupata dagli orti della villa. La seconda sfida è stata quella di inserire un Centro ad alta intensità tecnologica in un contesto pedecollinare caratterizzato da un’architettura di antiche ville toscane. La nuova tipologia era totalmente diversa dall’identità del luogo ma doveva riuscire ad integrarla con il minimo impatto ambientale. Su questi presupposti abbiamo sviluppato un concept di progetto che prediligeva il frazionamento delle morfologie e la modellazione volumetrica in funzione dell’andamento del terreno. Man mano che il progetto progrediva, abbiamo affrontato una terza criticità connotante l’intervento che è costituita proprio dal rapporto tra antico e nuovo, fisicamente rappresentato dal muro che delimita la villa ad ovest. La prima reazione è stata quella di ipotizzare un elemento di chiara separazione che si è poi evoluto nel giunto volumetrico dell’atrio che è un filtro di connessione funzionale, tecnologica ma anche emozionale. Stabilito l’approccio al recupero storico, quali sono state invece le criticità maggiori nella formulazione dell’ampliamento ex-novo? La ricerca della massima razionalizzazione in funzione del più sostenibile management sanitario ha richiesto approfondite analisi per riuscire ad ottimizzare al meglio i flussi distributivi che in un ospedale incidono pesantemente sui costi, sull’efficienza ma anche sul benessere dello staff medico e paramedico. Questo obiettivo ha suggerito la soluzione tipologica della grande piastra che consente la massimo rapidità di movimento, grazie alla riduzione dei percorsi e collegamenti tra i vari reparti. D’altro canto questa soluzione può causare disagi dovuti al disorientamento per carenza di luce naturale. Per risolvere questo problema, cioè coniugare l’efficienza della piastra con il benessere del contato emozionale con l’esterno, abbiamo creato tagli, modellazioni, fughe spaziali da cui percepire o da cui catturare la luce. Abbiamo spezzato il senso opprimente della chiusura e fatto in modo che il personale percepisse la sensazione della luce naturale e del passare del giorno e delle stagioni.


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IL NUOVO CENTRO ONCOLOGICO, SULLO SFONDO MONTE MORELLO ED IL CONVENTO DI SANTA LUCIA IN CASTELLINA, COMPLESSO CONVENTUALE DEL XVI SECOLO CFO SKYLINE AND, IN THE BACKGROUND, THE 16TH CENTURY CONVENT OF "SAINT LUCIA IN CASTELLINA" IN THE HILL OF MONTE MORELLO

Come avete gestito il rapporto con la Committenza e che contributo ha dato allo sviluppo del progetto? Essere selezionati per questo incarico, sapendo con quale attenzione Fondiaria sceglieva i suoi consulenti, pensiamo a colleghi come Maldonado, ci ha dato conferma della nostra professionalità ma anche consapevolezza di un impegno che avremo dovuto portare a termine ai massimi livelli. Le prime idee di progetto le abbiamo esposte a Fondiaria poi, dopo l’acquisizione da parte di SAI, al Dott. Ligresti e alla sua nuova equipe, in cui l’unica continuità di riferimento era il Dott. De Scalzi. La Committenza era quindi duplice: da un lato, la dirigenza della Società FondiariaSai; dall’altro, la direzione sanitaria, i medici ed i chirurghi della futura struttura. È stato un rapporto continuo dalle prime proposte alla definizione della soluzione finale. Un’esperienza diversa da quelle con la Pubblica Amministrazione. Sappiamo che il costo della gestione di un ospedale in tre anni supera quello del capitale di costruzione: questo significa che se si ottimizzano funzioni e distribuzioni, il risparmio può arrivare ad essere tale da permettere la realizzazione di un ospedale ex novo ogni 10 anni. Abbiamo studiato diversi modelli distributivi proprio in virtù delle ricadute dirette sull’efficienza gestionale, senza che andassero a discapito del benessere e della massima soddisfazione dei pazienti e del personale. Per ottenere questo risultato, abbiamo adottato un inedito sistema morfologico. Il corpo di fabbrica del CFO è infatti un ibrido che inizia quintuplo e poi si biforca per diventare triplo. Una tipologia che consente una rapidità di connessione tra spazi serviti e di servizio che ottimizza l’efficienza del servizio per offrire il meglio dell’assistenza. Quanto la realizzazione di prototipi al vero ha agevolato la definizione della soluzione esecutiva finale? Il modello al vero della camera tipo e del relativo bay window è stato uno strumento di verifica con il personale ma anche con chi si occupava delle logiche costruttive e manutentive. Il modello è diventato un vero e proprio laboratorio con contributi sul design, sui materiali, sui componenti di cui, grazie anche all’esperienza del passato, siamo stati in grado di prevedere le possibili ottimizzazioni. Non c’è stato quindi solo un rapporto con i vertici della Direzioni Sanitaria ma anche con gli operatori a tutti i livelli.


IL DIALOGO TRA I PROTAGONISTI THE DIALOGUE BETWEEN THE KEY PLAYERS  27

LA MODELLAZIONE E LA COPERTURA VERDE SOPRA IL BLOCCO OPERATORIO THE GREEN ROOF OVER THE OPERATING BLOCK

La flessibilità è una tematica progettuale molto dibattuta a livello internazionale e particolarmente indispensabile in un settore a forte dinamica evolutiva come quello oncologico. Come l’avete affrontata al CFO? La struttura ospedaliera si modifica in continuazione e la nostra esperienza ci ha consentito di mantenere il progetto “aperto” fin quasi all’ultimo momento. Abbiamo impostato il layout portante in modo che accessi, percorsi, flussi e impianti fossero elementi molto chiari. Lo scheletro distributivo aveva cioè una sua logica forte ed in grado di assorbire tutte le indispensabili messe a punto del processo realizzativo. Abbiamo lavorato dividendo le costanti dalle variabili, gli spazi serviti e di servizio. Infine, vorrei ricordare che la flessibilità non è solo un fattore tecnico, ma si concretizza nel momento in cui anche la programmazione ha il potere di far dialogare le diverse aree strategiche dell’ospedale. ROMANO DEL NORD

Direttore Cspe

Si discute molto di Ospedale Modello: esiste, secondo lei, un Modello prefigurabile verso cui tendere? Alla luce del dibattito odierno c’è da chiedersi se abbia ancora senso parlare di “modello di ospedale del futuro” o se non sia più corretto focalizzare l’attenzione sui requisiti che dovrà soddisfare l’intero sistema assistenziale e conseguentemente ciascun “polo” della complessa rete deputata all’erogazione – in forma integrata e complementare – dei diversi servizi sanitari. Anche perché la complessità che potrebbero assumere alcuni nodi del sistema, quale l’ospedale di riferimento territoriale, è connotata da dinamiche evolutive difficilmente prefigurabili e ancor meno standardizzabili. Centri di terapia super attrezzati, distinti dai luoghi della diagnosi, della convalescenza e della riabilitazione, coesisteranno sul territorio con strutture altrettanto importanti che, col tempo, diventeranno anch’esse più complesse per effetto dell’innovazione tecnologica diffusa. La formazione, l’aggiornamento professionale, la diffusione sempre più capillare dei risultati della ricerca e degli effetti dell’innovazione implica un ripensamento dell’interazione organizzativo-funzionale tra il momento terapeutico e quello scientificodivulgativo con una chiara differenziazione delle strutture Ospedaliero Universitarie rispetto a quelle Ospedaliero Assistenziali e, ancora, rispetto agli Istituti di Ricovero e Cura a carattere scientifico. Per ragioni come queste e per altre, più rigorosamente connesse al significato di “Modello”, c’è forse da riflettere se orientare la cultura della progettazione verso soluzioni cristallizzate e preconfezionate sia proprio la strada più giusta. Personalmente ritengo che la diversità dei vincoli contestuali, della dimensione ed articolazione delle prestazioni da erogare, dell’ambiente culturale di intervento e, non ultimo, della specificità di ciascuna tipologia di committenza debbano privilegiare l’idea di


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IL DIALOGO TRA I PROTAGONISTI THE DIALOGUE BETWEEN THE KEY PLAYERS  31


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DIARIO DI CANTIERE SITE DIARY  41

diario di cantiere site diary


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>26.11.2003

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>12.01.2004

02

>10.01.2005

05

>01.01.2006

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>20.07.2006

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>15.09.2006

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DIARIO DI CANTIERE SITE DIARY  43

>10.03.2004 01. LO STATO DI DEGRADO ALL'INIZIO DEI LAVORI 02. LE DEMOLIZIONI DELLE SUPERFETAZIONI 03. IL CONSOLIDAMENTO DEL NUCLEO STORICO 04. LE NUOVE CAPRIATE 05. LO SCAVO PER IL NUOVO PADIGLIONE 06. LE ARMATURE DELLA PLATEA DI FONDAZIONI 07. LE STRUTTURE IN ELEVAZIONE DELL'AMPLIAMENTO 08. I SOLAI DELLA NUOVA PIASTRA 09. LA STRUTTURA PORTANTE DELLA MORGUE 10. IL COMPLETAMENTO DEI PILASTRI DELLA DEGENZA 11. IL RESTAURO DELLA VILLA

>12.10.2006

03

>15.06.2005

04

>24.06.2006

07

>10.05.2007

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01. STATE OF DISREPAIR AT START OF PROJECT 02. DEMOLITION OF ACCRETIONS 03. REFURBISHMENT OF HISTORIC CORE 04. NEW TRUSSES 05. EXCAVATION FOR NEW PAVILION 06. REINFORCEMENT OF THE FOUNDATION PLINTHS AND PILLARS 07. ELEVATION SUPPORTS OF NEW ADDITION 08. THE NEW ADDITION’S FLOORS 09. BEARING STRUCTURE OF THE MORGUE 10. COMPLETION OF PILLARS OF THE WARD 11. RESTORATION OF THE VILLA

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IL LINGUAGGIO DELL’ARCHITETTURA THE LANGUAGE OF ARCHITECTURE 49

IL LINGUAGGIO DELLA NUOVA ARCHITETTURA IN ARMONIA TRA PSICHE E TECHNE THE LANGUAGE OF THE NEW ARCHITECTURE: HARMONY BETWEEN PSYCHE AND TECHNE

L’architettura ospedaliera non può avere un valore avulso e autoreferenziale ma deve ambire ad essere il risultato di una corretta interpretazione dei luoghi, delle risorse, dei bisogni e delle aspirazioni di progettisti, utenti e committenti. Con questo spirito, se il polo pediatrico Meyer ha richiesto una lunga ricerca nel mondo dell’infanzia, il Centro Oncologico Fiorentino (CFO) è emblematico di un’architettura che dialoga e riflette gli orizzonti culturali, umani e scientifici della cura e della ricerca oncologica. L’identità del CFO: un centro umanizzato a diversa intensità tecnologica per la cura, la formazione e la ricerca Il progetto del Centro Oncologico Fiorentino racconta la storia di una lunga trasformazione che affronta il recupero e l’ampliamento di un’antica villa del Seicento per adeguarla in un centro sanitario ad alta specializzazione in cui integrare cura, formazione e ricerca. Un intervento tra passato e futuro: un passato lontano ed un futuro incerto, perché imprevedibili sono gli sviluppi della ricerca e le previsioni del quadro esigenziale della cura. In un certo senso, il progetto sanitario raggiunge i suoi obiettivi quando rimane un open text che può continuare a riscrivere il suo esito finale, adeguandosi a logiche gestionali sempre più dinamiche e transdisciplinari. Consapevole di uno scenario in continuo divenire, il CSPE propone un’architettura che invera l’espressione del dialogo con la committenza, con la storia e l’identità dei luoghi per offrire la migliore risposta alle esigenze del presente e la libertà di riscrivere il futuro. Un approccio che ha consentito di assorbire i cambiamenti in corso d’opera di un programma fortemente multidisciplinare, reso ancor più delicato dal pregevole contesto paesaggistico alle pendici del Monte Morello e dai vincoli imposti dalla Sovrintendenza al nucleo edilizio preesistente. Il progetto controlla quindi una trasformazione complessa, generata dal rapporto tra tradizione e modernità, che ha già caratterizzato in passato l’esperienza del CSPE: basti pensare alla realizzazione del polo pediatrico Meyer di Firenze, dove si sono riproposti i vincoli di una preesistenza storica, circondata da un parco consolidato nello scenografico profilo collinare di Careggi. Se al Meyer, i committenti “silenziosi” erano i bambini ed il loro fragile mondo nel momento della malattia e della lontananza dagli affetti familiari, i referenti “emotivi” del CFO sono stati i pazienti oncologici che, seppur non più bambini, vivono una condizione psicologica vulnerabile che necessita anche di terapie consolatorie e socializzanti per spezzare la preoccupazione e ridurre lo stress di un “viaggio” che può prospettarsi particolarmente lungo, difficile e doloroso. In questo caso, la forza ed il successo del progetto risiede nel non fermarsi all’ottimizzazione operativa del modello funzionale, ma nel suo farsi disciplina olistica, che interpreta le aspettative emotive, difficilmente esplicitabili, delle diverse categorie di utenza. L’umanizzazione, intesa anche come spazio psicologicamente interattivo, teorizzato negli anni ‘60 dalla ricerca anglosassone sull’ evidence-based-design, significa conferire all’ambiente ospedaliero il valore aggiunto di un potenziale effetto terapeutico. L’architettura non potrà guarire, ma potrà contribuire ad accelerare il processo di recupero attraverso l’interazione psico-sensoriale che instaura con il paziente. In sintonia con questi obiettivi, la Direzione sanitaria e scientifica dichiara nella propria missione etica di voler “sviluppare un’organizzazione capace di accogliere ed accompagnare i pazienti, attraverso un rapporto fondato sull’ospitalità, la relazione, la partecipazione e la corresponsabilità. Così come cercare di mettere a disposizione quelle cure che si dimostrino le più efficaci ed al contempo le meno invasive, guardando costantemente alle evidenze scientifiche e alle innovazioni tecnologiche, in funzione della qualità della vita dei pazienti. Queste convinzioni rendono necessario sviluppare una forma di organizzazione sanitaria adeguata ai tempi attuali: attenta al valore dei risultati che ottiene, consapevole che per ottenerli deve ricercare il benessere delle persone che ci lavorano: medici ed infermieri, ricercatori e tecnici, personale di supporto ed amministrativi, così come fare un uso intelligente delle risorse che le sono necessarie per funzionare e crescere”. Parole da cui traspare quella “centralità del paziente” che, oramai scientificamente riconosciuta parte attiva del processo terapeutico, ha guidato il CSPE nell’adeguamento dell’antica villa in un moderno centro oncologico, con l’obiettivo di trasformare una con-


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edilizia ospedaliera. Un’architettura a valenza materica con giustapposizioni di ampio respiro, reminiscenti della tradizione toscana, che però comunica un linguaggio tecnologico ed espressivo contemporaneo. Nel rispetto di un contesto fortemente storicizzato, è stata quindi inserita una piastra per l’alta intensità che si articola in un piano interrato e tre fuori terra dove si trovano spazi high e low tech, cioè: il blocco operatorio, ma anche la degenza e la hall d’ingresso che, oltre a collegare la villa storica al nuovo padiglione, rappresenta il principale snodo distributivo e, non ultima, l’interfaccia pubblica della struttura ospedaliera, che vuole comunicare tutto il valore conferito alla centralità della persona. L’architettura della degenza: sostenibilità e centralità del paziente verso una connotazione alberghiera dell’ospedalizzazione L’architettura della nuova degenza è una leggibile composizione modulare, scandita dal ritmo di bay-window a doppia altezza che creano una sequenza di aggetti e recessi in cui prevale la trasparenza e la volontà di stabilire un dialogo tra “ospedale” e “mondo esterno”. Questo voler uscire dall’autoreferenzialità è simbolico di una ricerca progettuale in cui innovazione ed umanizzazione si coniugano in un’unica etica olistica del costruire. I progettisti si rivolgono quindi alla complessa fenomenologia di rapporti tra uomo e ambiente per realizzare una degenza, lo spazio a maggior valenza emotiva, in cui l’interazione psicofisica e sensoriale è considerata prioritaria, secondo quella filosofia scientificamente condivisa, che l’ambiente è propedeutico alla terapia, specialmente in oncologia. Con questo spirito, la “sostenibilità” e la “centralità del paziente” permeano le scelte compositive, dalla modellazione volumetrica a grande scala, fino al design della camera, dove l’arredo integrato e l’attenzione per le finiture animano un’accoglienza di carattere alberghiero che ha perso l’esplicita connotazione ospedaliera istituzionale. Un modello ospedaliero nuovo che non si ottiene solo con le consolidate tecniche di dettaglio, ma grazie ad una gamma di accorgimenti che rivisitano l’ambiente con innovativa sensibilità. Un esempio è la manipolazione della luce che costituisce un importante filo conduttore del progetto, fino ad incidere profondamente nell’identità morfologica ed architettonica della degenza. La trasparenza dei bay window crea dinamici effetti di sospensione dei volumi e, soprattutto la sera, fa prevalere la luce alla più tettonica matericità dei prospetti, nella loro comunicazione diurna. I pannelli vetrati a tutta altezza dematerializzano la percezione di “interno” ed “esterno” ed, al tempo stesso, segnano i confini di una nicchia aggettante che delimita uno spazio per la privacy o la socializzazione dei pazienti: un luogo flessibile dove stare soli o in compagnia ma, soprattutto, dove assume grande valore il dialogo emozionale con il paesaggio, simbolico di un mondo “altrove” con cui restare in contatto anche durante il prolungarsi dell’ospedalizzazione. Un quadro di verde satura i moduli vetrati delle finestre, che entra nella stanza come una presenza concreta, consolatoria, rasserenante, comunque sempre espressione di un benefico contatto con la Natura e con la città. è infatti scientificamente provato che gli stimoli percettivi sollecitati dalla luce naturale e dalle vedute costituiscono risorse psicologiche importante a supporto del benessere di pazienti e familiari durante la permanenza in ospedale. All’interno della camera, l’arredo è realizzato con l’intento di promuovere una qualità dell’accoglienza in grado di ridurre al minimo il potenziale stressogeno che può causare, ad esempio, l’impatto visivo delle tecnologie medicali, strategicamente nascoste dietro sobri pannelli in legno. Il testaletto dalle linee minimaliste e retroilluminato con luce regolabile crea un’atmosfera domestica e non invadente. Oltre a potenziare l’illuminazione naturale ed il contatto terapeutico con il paesaggio, le generose superfici vetrate della degenza funzionano anche da accumulo termico, contribuendo al riscaldamento passivo e ad un sostenibile comfort termo-igrometrico interno della camera. Lo studio dei dettagli esecutivi del bay window sono stati condivisi con la Direzione Sanitaria: un confronto agevolato dalla realizzazione di un prototipo al vero che si è rivelato un ideale strumento di dialogo tra tecnici e committenza. La sostenibilità, declinata in funzione della centralità del paziente, diviene quindi lin-

L’INGRESSO AGLI AMBULATORI THE OUTPATIENT ENTRANCE


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1. INGRESSO PRINCIPALE 2. Accesso dal parcheggio pubblico 3. accesso merci 4. Accesso secondario 5. Complesso storico 6. Nuovo Padiglione 7. Parcheggio personale 8. Parcheggio pubblico 9. Corte giardino d’ingresso 10. Ingresso 11.INGRESSO ALLA SALA CONVEGNI 12.INGRESSO AGLI AMBULATORI 1. MAIN ENTRANCE 2. Entry route from public parking 3. Goods entrance 4. Secondary access 5. Historical villa 6. New Pavillion 7. Staff Parking 8. Visitor Parking 9. Healing Garden 10. Entrance lobby 11.ENTRANCE TO THE CONFERENCE HALL 12.ENTRANCE TO THE OUTPATIENT CLINICS

PLANIMETRIA  SITE PLAN

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guaggio formale ed estetico a cui concorrono ulteriori accorgimenti come lucernari e solatube, che consentono alla luce naturale di raggiungere anche gli spazi interclusi dei corridoi delle degenze, delle aree della diagnostica e della laboratoristica. Vetrate continue a nastro caratterizzano, invece, i fronti dell’area critica, dove la luce può essere regolata da lamelle meccaniche schermanti. Come sottolinea Romano Del Nord, “la percezione della luce e dell’alternarsi della notte e del giorno, anche nell’area del risveglio e della recovery room, diventa una prestazione fondamentale per regolare il ciclo circadiano e perseguire quegli obiettivi di umanizzazione che la ricerca scientifica e il dibattito culturale internazionale in corso, considerano prioritari nella concezione della struttura ospedaliera di eccellenza”. Così, l’architettura diviene dialogo continuo che si sostanzia, a scale diverse, nei rapporti tra territorio, preesistenze e utenti per realizzare luoghi in cui l’interazione psicofisica e sensoriale è considerata un obiettivo progettuale propedeutico alla terapia oncologica. L’atrio: tecnologia e cognizione spaziale L’atrio, con la reception e le attese, è un luogo emotivamente simbolico nella gerarchia degli spazi sanitari. In ambito ospedaliero, la distribuzione non è infatti solo un susseguirsi di percorsi ma assume una valenza psicologica che, nel 1960, Kevin Lynch definisce con l’espressione di wayfinding, con cui propone il concetto di orientamento come cognizione psico-sensoriale dello spazio. La tipologia dell’atrio, o della hospital street, come elemento generatore dei flussi distributivi, come luogo sicuro, accogliente e riconoscibile da dove iniziare il viaggio all’interno dell’ospedale, è uno dei temi progettuali ricorrenti del CSPE che concepisce lo spazio-ambiente come un campo semiotico all’interno del quale avviene un’interazione dinamica fra il luogo e chi lo abita. è con questa logica, che Paolo Felli definisce la hall come “un giunto volumetrico, luminoso e trasparente, realizzato con materiali leggeri che consentono di percepire i cambiamenti della luce durante il giorno e le stagioni”. Uno spazio che non è una semplice cerniera tra la fabbrica antica e la nuova, ma un luogo con una sua valenza architettonica in grado di istaurare un dialogo con il tempo, il territorio e la storia. L’atrio si estende per tutta la lunghezza dei fabbricati come una strada urbana polifunzionale a forte connotazione simbolica; è cioè un filtro psicologico per i pazienti in attesa di entrare in ospedale, un filtro funzionale in cui si svolgono una gamma diversificata di attività e, infine, un filtro distributivo per il collegamento tra il nucleo antico della Villa ed il nuovo Padiglione, cioè tra le soft e high technology. Una sfaccettata identità che si riflette anche nella connotazione di un luogo in equilibrio tra ambiente protetto e spazio urbano: un arredo accogliente dai colori tenui si inserisce infatti in un contesto a forte impatto materico con pavimentazioni in pietra serena e pareti parzialmente rivestite in santafiora. D’altro canto, la dematerializzazione delle chiusure perimetrali e della copertura trasformano l’atrio in un volume propulsore di luce naturale che penetra all’interno dei corridoi della degenza per offrire un fulcro luminoso che facilita l’orientamento, la cognizione ed il benessere ambientale. L’arredo: ergonomia e design Il progetto degli arredi è stato finalizzato ad obiettivi come flessibilità, manutenzione, durabilità, igiene ma anche a priorità meno tecniche come, la potenzialità di agevolare la socializzazione ed il comfort dei pazienti. Concepito come un micro-cosmo di comunicazioni percettive, l’atrio prende vita con l’arredo che, con la sua forma sinuosa, agevola le funzioni ed asseconda la fuga fluida dello spazio. Il disegno delle sedute che si snoda con andamento concavo e convesso, suggerisce infatti un’informalità dell’attesa che favorisce la privacy ma anche la possibilità di comunicazione, rendendo la sosta meno tediosa e solitaria. Le doppie sedute speculari rafforzano quindi il concept globale del progetto ed, al tempo stesso, risolvono la problematica tecnica di raccordare il dislivello di quota tra i due piani di calpestio, quello del nucleo antico e quello della nuova piastra. All’interno della villa, l’arredo persegue sempre gli obiettivi di integrazione funzionale,


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L’INGRESSO DAL PARCHEGGIO DEI VISITATORI THE ENTRANCE FROM THE VISITOR’S PARKING


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morfologica e percettiva ma è anche occasione per una rilettura critica dello spazio storicizzato. Le scrivanie, le sedute e gli scaffali librari adottano un design dalle forme essenziali e rigorose che aggiornano le linee più artigianali della tradizione toscana preesistente. Un contrasto che sceglie di dichiarare le appartenenze ad epoche diverse ed offrire una soluzione di continuità all’insegna dell’autenticità della storia e della contemporaneità. Per ottimizzare la flessibilità e la rifunzionalizzazione degli ambienti senza interferire con le murature originarie, è stato studiato un mobile in grado di trasformarsi in postazione lavoro con ripiani e scrivania. Si tratta di una composizione modulare su ruote ad ante richiudibili che può generare diverse combinazioni di spazi ufficio. Nel day-centre, l’arredo centrale genera quattro stazioni di controllo che ruotano intorno ad un cilindro rivestito in legno dove sono nascosti i cavedi impiantistici. Il design riflette quindi la visione olistica del progetto e coniuga sempre funzionalità e manutenzione con una percezione psico-sensoriale dell’ergonomia dei materiali e delle forme. Il giardino: da hortus conclusus a healing-garden Un significativo impegno del progetto ha riguardato la sistemazione dei terrazzamenti esterni ed il recupero delle corti a verde. La più ricca di messaggi simbolici è la corte d’ingresso che costituisce il primo “filtro cognitivo” nella successione degli spazi che porteranno all’interno dell’atrio, concepito come un volume in cui predomina la vista del cielo e del paesaggio e, solo successivamente, dentro l’ospedale. Questa gradualità con cui viene gestita la percezione dell’intensità tecnologica e specialistica dichiara il valore conferito alla centralità della persona e alle sue dinamiche psicologiche in risposta agli stimoli della comunicazione ambientale. Una strategia ricorrente del CSPE che antepone il contatto antistressogeno con la natura all’impatto immediato con l’ospedalizzazione. Racchiuso tra le antiche mura perimetrali, il giardino è un luogo protetto, reminiscente dell’hortus conclusus medievale. La sua posizione e morfologia lo rendono uno spazio verde privilegiato che il progetto integra nei due percorsi di arrivo in ospedale: quello in asse all’accesso principale e quello dal parcheggio pubblico, da cui si raggiunge l’ingresso attraverso un camminamento coperto realizzato con una leggera ed essenziale pensilina in ferro e vetro, lambita da una folta siepe di lavanda addossata alla muratura storica del giardino. La proprietà della Natura di essere risorsa per il benessere emotivo dell’Uomo è un assunto che guida l’approccio globale al progetto del paesaggio. Con questo spirito, l’intervento valorizza l’impianto dell’antica corte, ispirandosi alla filosofia dell’healing garden, cioè del giardino curativo, che protegge ed accoglie, garantendo privacy e sollecitando un rasserenante contatto con il verde. D’altro canto è scientificamente dimostrato che agire positivamente sullo stato psichico riduce i fattori stressogeni dell’ospedalizzazione e, nella fase del recupero operatorio, accelera il ripristino delle condizioni fisiche che consentono di lasciare prima l’ospedale. Il nuovo landscape ha valorizzato l’impianto del giardino all’italiana preesistente, proponendo un disegno geometrico lineare con una vasca d’acqua centrale, da cui si diramano contenitori in acciaio corten che delimitano grandi aiuole rialzate: alberi di arancio amaro, fiori, erbe aromatiche e trifoglio formano una scacchiera verde che ritaglia percorsi, dove il contatto psico-sensoriale con la Natura favorisce il processo terapeutico, il relax e la socializzazione. La scelta materica del corten ha una duplice finalità: da un lato, introdurre un’innovativa identità tecnologica; dall’altro, testimoniare con la sua patina il valore del passare del tempo. Un giardino in cui materiali e finiture comunicano la loro appartenenza alla contemporaneità senza, però, mai dimenticare il contributo umanizzante della memoria e delle risorse emozionali della Natura. L’architettura ospedaliera non può avere un valore avulso e autoreferenziale ma deve ambire ad essere il risultato di una corretta interpretazione dei luoghi, delle risorse, dei bisogni e delle aspirazioni di progettisti, utenti e committenti. Con questo spirito, se il polo pediatrico Meyer ha richiesto una lunga ricerca nel mondo dell’infanzia, il Centro Oncologico Fiorentino è emblematico di un’architettura che dialoga e riflette gli orizzonti culturali, umani e scientifici della cura e della ricerca oncologica.


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SEZIONE TRASVERSALE AA SULLA DEGENZA  sopra: SCORCIO DEL BLOCCO DELLE DEGENZE

AA CROSS WARD SECTION above: THE WARD WING

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three different types of activity coexist: diagnosis and treatment, medical and scientific research, and professional training and updating.
 It is this multi-disciplinary approach that led to the solution adopted by the project and the choice to use the villa’s historic areas for functions of lower technological intensity. The historic core holds the scientific and outpatient daytime functions, including a research center, library, conference rooms, outpatient departments, cancer treatment day ward, a department for day medical-surgical operations and the hospital management offices.
 The buildings’ severe state of disrepair required an extensive preparatory historical analysis on materials and techniques to perform a philological restoration of the highest quality elements. This analysis was then coupled with the plan for reorganizing the interiors. The main goal was to create an environment able to facilitate communication between doctors and researchers working on issues, such as the progress of controlled clinical trials and observational and post-genomic studies, which are an integral part of the center’s research programs. 
The renovation joined remodeling of the villa’s interiors, turning it into an international scientific center. The layout of the new functions within the old areas of the building was planned by keeping in mind the original purpose of these spaces, avoiding obscuring their historic layout, while enhancing their spatiality and distributional relationships. The Superintendency safeguarded the artistic value of its frescoes, finishes and construction techniques in order to protect the cultural heritage of its historic core. However, it also allowed the new spaces and their furnishings to express their modernity clearly. Old and new are paired in “pure juxtapositions”, i.e. without mingling different historical periods, so that we can always recognize elements and remodeling phases from different time periods. Full-height glass walls are set alongside historic walling, preserving visual continuity and enhancing the feeling of spaciousness. The furnishings, featuring precise, geometric lines, help contribute to defining a balance between history and innovation.

 The new pavilion and the language of sustainability The reinterpretation and restoration of the original layout of the building were followed by defining the plan’s environmental criteria, and the architectural relation between existing structures and the new expansion. The cancer center was completed with the addition of a new pavilion. The impact of this new structure’s volume is subtle, achieved through a shaping of the land that used terraced areas and green roofing to integrate the new structure within the features of the landscape, as if it always belonged there. The high technology building slab is partly buried and camouflaged by a garden roof that forms a green courtyard, enclosed and bounded by the ward floors. The courtyard extends in two directions from the atrium, southwards, towards Florence, and northwards to the lush, hilly landscape of Mount Morello. The tenets of sustainable architecture dictate that the dialogue with the landscape should be the basis for an approach to design that expresses optimal formal and material continuity with the surrounding natural and human-built environment. Copper, stone, terracotta, as well as the building envelope’s colors, all speak of an architecture that does not intend to disappear in a total camouflage, but seeks accord with the surrounding nature. Nature is also reflected on the glass surfaces of the building to become part of it.
 The architectural language interacts and dialogues with history to express the CFO’s defining will to listen. CFO’s growth potential is directly based on the interaction between clinicians, researchers, doctors and patients. CSPE interprets this intent of the new center and translates it into the materials, technologies and features that offer the best quality of life. From a design standpoint, this means that the pentagonal shape of the floor plan resulted from alignments with the historic core, whose springing lines and ridge heights are never exceeded. The roof level has three “towers” with pitched roofs and terracotta tiles connected by pre-oxidized copper bands that evoke the colors of the surroundings. This project is eminently site-specific in both form and content, while the resulting architecture is true to its specific identity, that sets it apart from institutional healthcare architecture.


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SEZIONE LONGITUDINALE CC LUNGO LA HALL  CC LONGITUDINAL SECTION THROUGH THE HALL

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hospital, a functional filter in which many diverse functions are performed, and lastly a distributional filter for the connection between the villa’s historic core and the new pavilion, between soft and hard technologies. This many-faceted identity is also reflected in the creation of a place in balance between protected environment and urban space. Its decor is inviting with soft colors that sets it in a context with a powerful material quality with pietra serena floors and walls that are partially covered in Santafiora. On the other hand, the dematerialization of the perimeter walls and the roof turn the atrium into a space filled with natural light that penetrates the corridors of the hospital to provide a bright focal point that facilitates orientation, cognition, and environmental well-being. Furnishing: ergonomics and design The project to furnish the center was carried out with objectives such as flexibility, upkeep, durability, and hygiene, as well as less technical priorities, such as facilitating patients’ comfort and creating a social atmosphere. Conceived as a microcosm of visual communication, the atrium comes to life with its furnishings whose curving forms add to the space’s fluid movement while facilitating its functions. The design of the seats, which snake through the room with concave and convex shapes, imparts an informal mood to the waiting room that fosters privacy, while still giving the option of communication, to make the wait less tedious and solitary. The mirrored seats reinforce the overall concept of the project, and at the same time, solve the technical problem of joining the height difference between the two portions of the floor: that of the historic core and the newer slab building. Inside the villa, the furniture pursues functional, physical, and visual integration, while offering a critical reinterpretation of the historical space. The desks, chairs, and bookshelves’ are designed with clean, precise forms that modernize the more traditional lines of the pre-existing Tuscan environment. This contrast declares its belonging to different eras, and creates a continuity between the representation of historical authenticity and the contemporary age.



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IL BANCONE DELL’ACCETTAZIONE NELLA HALL THE RECEPTION DESK IN THE HALL

POSTAZIONE LAVORO NEGLI UFFICI NELLA PAGINA PRECEDENTE: L’INTERNO DELLA BIBLIOTECA THE WORKSATATION MODULAR DESIGN IN THE PREVIOUS PAGE: THE LIBRARY INTERIOR


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IL PROGETTO FUNZIONALE THE HEALTHCARE PLANNING 99

cura e ricerca per la centralità della persona e della multidisciplinarità clinica CARE AND RESEARCH BASED ON MULTIDISCIPLINARITY AND A PATIENT CENTERED DESIGN Si ringrazia il Dott. Andrea Vannucci, Direttore Sanitario del CFO, per il contributo scientifico dato al capitolo. We would like to thank Dr. Andrea Vannucci, CFO Healthcare Director, for his scientific contribution.

Le parole chiave dell’oncologia di questi anni sono la “ricerca traslazionale” e la “comprehensive care” del cancro. La prima rinforza un rapporto tra medicina e ricerca biologica in grado di produrre nuovi e più tempestivi risultati. La seconda mette in rilievo quanto le cure per il cancro derivano dallo sforzo comune di specialisti diversi che integrano esperienze e conoscenze per un risultato altrimenti inferiore e quanto sia cruciale che queste competenze cooperino in ambiti temporali e spaziali condivisi. L’oncologia non è una specialità ma un approccio di cura: è anche una delle espressioni della medicina e, come tutta la medicina contemporanea, vive una crisi di trasformazione e sta ripensando la sua ragion d’essere. Se finora l’idea di riferimento è stata quella della scientificità, della razionalità delle conoscenze nei confronti del mondo fisico della malattia, il futuro richiede qualcosa di diverso e di più. Cosa significa organizzare un ospedale oncologico oggi, se non comprendere l’attualità. Oggi la medicina non può prescindere dall’attualità di una società complessa e dinamica e deve assumersi la responsabilità delle relazioni sociali adeguate. In quest’epoca travagliata dalle politiche e dalle economie dei paesi occidentali, la medicina si trova stretta tra opportunità di innovazione di rapida affermazione e vincoli finanziari imprescindibili, che pongono gravosi dilemmi di equità etica. L’oncologia è uno dei campi della medicina dove maggiori e più acute sono queste tensioni. Una parte consistente di ricerca in campo oncologico è orientata ad individuare specifici bersagli all’interno delle cellule tumorali con la finalità di adottare terapie mirate per il singolo paziente. Un tipo di ricerca definita anche traslazionale, cioè riferita a quell’indagine biomolecolare pre-clinica in grado di produrre risultati rapidamente trasferibili alla diagnosi e terapia. Tutto questo non basterebbe e non basterà senza un pensiero medico orientato ad una visione nella quale la malattia fa riferimento ad un individuo che vive un determinato tempo ed una determinata storia. Il Centro Oncologico Fiorentino (CFO) è nato nel 2010 per svolgere un ruolo significativo nel campo delle cure e della ricerca oncologica. è il primo esempio in Toscana di un Istituto Oncologico, cioè di un luogo e di un organizzazione interamente dedicati alle cure delle malattie oncologiche, con un approccio basato, dalle decisioni di cura fino alle modalità di intervento, sulla multidisciplinarietà e sulla partecipazione dei pazienti. Su questi presupposti, una progettazione integrata e multi professionale ha realizzato un complesso a misura d’uomo, sicuro, flessibile, aperto alla partecipazione della comunità medico-scientifica e di quella sociale, in grado di offrire servizi basati sull’appropriatezza e l’efficacia clinica, integrato alla rete esistente e quindi capace di garantire la continuità terapeutica. I malati di cancro che vengono in ospedale per essere operati, o per ricevere cure mediche e radioterapiche, sono persone che hanno paura. Spesso sono costrette a tenere dentro di sé la sofferenza, per non gravare troppo sui familiari. Il loro bisogno di avere spazi per poter attenuare le tensioni, non solo in forma verbale, ma anche corporea, è enorme. Il CFO è progettato come un luogo di interazione dinamica dove l’architettura non può guarire ma può contribuire a facilitare il benessere di coloro che stanno attraversando un momento difficile della loro vita. Oggi in oncologia è possibile, e quindi doveroso, disporre di cure che determinino il massimo risultato con la minima aggressività. Già possediamo le tecnologie che ce lo consentono, è altrettanto logico predisporre luoghi dove anche l’accoglienza, il soggiorno, le relazioni siano coerenti e sinergiche. I servizi clinici e gli ambiti della ricerca Concepito sui principi della personalizzazione e della massima efficacia delle cure con la minima invasività, il nuovo Centro Oncologico Fiorentino privilegia la flessibilità per evolutive esigenze assistenziali, l’ottimizzazione della fruibilità interna, l’accoglienza, la sicurezza, il contenimento dei costi di gestione. Su questi obiettivi, il progetto organizza relazioni spaziali e distributive per agevolare la gestione di un complesso sistema di servizi che afferiscono all’area medica, chirurgica e diagnostica.


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LA CULTURA DEL PROGETTO OSPEDALIERO CONTEMPORARY HOSPITAL CULTURE  135

L’OSPEDALE CHE CAMBIA THE CHANGING HOSPITAL

M. Elio Guzzanti, Recenti Progressi in Medicina, Vol. 97, N.11, Novembre 2006 p. 594.

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Sunand Prasad, Changing Hospital Design, RIBA Publications, London 2007 p. 2.

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Florence Nightingale si interessò delle condizioni igieniche ed umane degli ospedali con particolare enfasi alla ventilazione ed al confort della camera di degenza. Così scrive, nel 1860, in un suo Diario: “I mention from experience, as quite perceptible in promoting recovery, the being able to see out of a window, instead of looking against a dead wall; the bright colours of flowers, the being able to read in bed by the light of a window close to the bedhead. It is generally said the effect is upon the mind. Perhaps so, but it is no less upon the body on that account…”.

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AAVV, Investing in Hospital of the Future, World Health Organization 2009, p. 209 e seguenti.

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Verderber e Fine, Healthcare Architecture in an Era of Radical Transformation, Yale University, 2000 p. 20.

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Il CSPE, nei lunghi anni dedicati alla comprensione del miglior spazio per la cura, ha elaborato una cultura del progetto che si discosta da formule e modelli prestabiliti per proporre architetture che siano sempre rinnovate espressioni di un dialogo interattivo tra programma e pianificazione. Questo significa adottare una metodologia in grado di esplorare i rapporti espressivi e formali tra paesaggio e preesistenze, cura e benessere psichico, innovazione e continuità. Fattori come i nuovi flussi demografici, l’allungamento della vita e la multiculturalità stanno modificando le aspettative dei cittadini e condizionando sempre più il progetto ospedaliero, che non può quindi limitarsi a obbiettivi contingenti né a soddisfare normative cogenti, ma deve ricercare le soluzioni attraverso l’interpretazione di bisogni collettivi complessi, spesso non esplicitati né nei bandi concorsuali, né nei programmi sanitari. Tematiche eterogenee, spesso conflittuali, a cui il progetto offre una risposta unica e globale: controllare questi forti dinamismi richiede leadership e volontà di sfidare le incertezze del futuro. A questo proposito, come sottolinea Elio Guzzanti, “affrontare il problema degli ospedali, e soprattutto del loro futuro, comporta necessariamente una visione non limitata all’ospedale come struttura edilizia ma estesa invece a molti altri fattori, quali le linee di indirizzo della politica sanitaria, le modalità di finanziamento del sistema sanitario e degli ospedali in particolare, ed anche il progresso scientifico, tecnologico, l’evoluzione demografica ed epidemiologica, fattori che, nell’insieme, determinano le esigenze e le priorità da affrontare da parte dei sistemi sanitari ed il ruolo che in questo contesto viene affidato all’ospedale".1 Consapevole di questa condizione, il CSPE concepisce l’architettura ospedaliera non come un gesto auto-referenziale nè auto-celebrativo, ma come un progetto partecipato che diviene landmark civico al servizio della Collettività. Solo con questo spirito, l’ospedale può aspirare a divenire un luogo democratico, accogliente ed integrato alla rete dei servizi di cui fa parte, secondo la logica della capillarizzazione dell’offerta sanitaria che si sta prefigurando per il futuro. Le molte esperienze maturate negli anni, di cui si ricordano alcune opere pilota come, l’Ospedale di Piombino, della Valdichiana, di Foligno, di Modena e, a scala urbana, la cittadella sanitaria di Careggi con il Nuovo Ingresso, il Polo Pediatrico Meyer, il Pronto Soccorso Generale, Le Nuove Chirurgie ed il CTO, tracciano un percorso in cui il protagonismo dell’architettura riesce ad essere condiviso da tutte le istanze del progetto. Questo significa che ogni realizzazione ha una sua propria ed unica identità determinata dallo specifico contesto territoriale e sanitario. Uno scenario che obbliga l’architettura ospedaliera ad una rilettura critica rivolta ad una sua rifondazione disciplinare che recuperi antichi valori per proiettarli verso inediti Modelli futuri. Questo rinnovato interesse si deve anche alla ricerca di matrice anglosassone che alla fine degli anni ‘80 consolida il concetto di patient focused medicine, a cui seguirà l’assunto progettuale che una patient focused care necessita di un patient focused design.2 D’altro canto, l’idea che l’ambiente fisico contribuisce al processo terapeutico risale alla genesi stessa dei luoghi di cura e cioè circa al 500 a.c., quando gli Asclepi dedicano ai malati uno “spazio dello spirito” vicino al Tempio, dove la guarigione avviene per discrezionale intercessione degli Dei. Una fede estrema nell’Olimpo, come altrettanto assoluta ed alienante è la fede nel Progresso che, nel XX secolo, trasforma il paziente in un homme machine e l’ospedale in una machine à guérir. Seppur agli antipodi, entrambe le ideologie soffrono di eccessiva radicalità deontologica, come gli spazi che hanno generato: l’ospedale non può essere né un mistico santuario, né una fabbrica tecnocratica. Né tecnica né divina provvidenza, la medicina contemporanea aspira quindi ad un approccio olistico in grado di abbracciare la persona in tutta la sua complessità, sia fisica che psicologica. Così, da spazio spirituale a luogo tecnocratico e ritorno, l’innovazione contemporanea rileggerà la storia, elaborando l’eccellenza di un percorso lungo secoli. Una presa di coscienza che rende necessario un profondo ripensamento del progetto ospedaliero: un impegno internazionale che sta rivoluzionando il modo in cui si concepisce il futuro dell’innovazione sanitaria in Europa e nel mondo.


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Lo stesso parlare di “architettura” è già una conquista: il XX secolo era infatti più incline a concepire l’ospedale come una tipologia edilizia, relegata ai dettami della manualistica. Il nuovo Umanesimo, su cui teorizzare la definizione dei Modelli del XXI secolo, mira invece a trasformare l’ospedale in emblema della dignità dell’Uomo e della qualità civica del suo sistema sociale e geo-culturale. Così, in ritrovata armonia tra Psiche e Techne, l’ospedale del futuro è luogo in cui si celebra un’architettura al servizio di due fondamentali obbiettivi: la centralità della persona e la ricerca biomedica avanzata. Un aggiornamento globale, condiviso a livello mondiale, come dimostra il network di convegni, pubblicazioni e dibattiti che caratterizzano la condizione contemporanea. è quindi in atto un intenso confronto su programmi, management sanitari, modelli spaziali, tecnologie costruttive, parametri economici di gestione e di realizzazione resi ancor più indispensabili dall’acuirsi della competizione internazionale determinata anche dalle Direttive Europee e dalla Legge Quadro sui Lavori Pubblici che richiedono, per incarichi professionali complessi come quelli ospedalieri, procedure di gara a carattere europeo. Simbolicamente, è l’art. 20 della legge 132 del 1988, che prevede un investimento pari a 30 miliardi di lire, finalizzati ad un lungo piano Decennale, ad aprire il dibattito sul rinnovamento della sanità italiana che si sostanzierà nel “Nuovo Modello di Ospedale” elaborato dalla Commissione istituita dall’allora Ministro della Sanità Umberto Veronesi che si avvale della consulenza dell’architetto Renzo Piano. Nel 2001 viene presentato il noto Decalogo che costituisce l’incentivo per avviare la prima complessiva revisione della rete ospedaliera nazionale costituita da strutture, costruite negli anni Settanta-Ottanta sui dettami della legge Mariotti (1968), ritenute oramai in gran parte obsolete ed inadeguate ai bisogni di una moderna ospedalizzazione. Il Decalogo propone le espressioni di “urbanità” e “socialità”: concetti che nella realtà si traducono in ospedali che integrano spazi per l’accoglienza come il centro commerciale, la ludoteca, la scuola e la biblioteca: luoghi dove anche il lungodegente può svolgere attività del vissuto quotidiano. Con questa logica, l’ospedale si trasforma da “fortezza chiusa” in “istituzione civica”, aperta alla comunità ed al comprensorio. Il rapporto città-ospedale è quindi uno degli aspetti nodali del progetto contemporaneo che avviene oramai nella consapevolezza che l'ospedale debba essere un centro civico e la sua architettura, espressione di una disciplina olistica. Nuovi Modelli tipologici, flessibilità, umanizzazione, sostenibilità e qualità civica sono quindi i macro temi all’intero dei quali si sta sviluppando un intenso dibattito che coinvolge una miriade di contributi su cui si gioca il rinascimento dei poli ospedalieri del futuro. Dal PADIGLIONE alla TORRE al CAMPUS: l’evoluzione dei Modelli tipologici in risposta ad una sanità che cambia L’evoluzione dei luoghi di cura non segue un percorso costante e lineare ma è segnata da lunghi periodi di stasi seguiti da profonde trasformazioni, quasi a scadenza di secolo. Il Settecento fonda i primi ricoveri caritatevoli; l’Ottocento elabora la prima modernità con il modello a padiglioni indipendenti che viene sostituito negli anni Trenta del Novecento, dalla tipologia a padiglioni collegati; negli anni Sessanta, dal monoblocco verticale; negli anni Settanta, dal poliblocco. Un Modello che dal padiglione si trasforma in torre, piastra, rue hospitalier ed è, oggi, in attesa del suo ultimo esito innovativo. Secondo la logica del percorso storico evolutivo, il XXI secolo dovrà quindi elaborare il suo Modello che sembra indirizzarsi verso la configurazione di un campus a sviluppo orizzontale, concepito come una cittadella sanitaria sostenibile a basso impatto ambientale, dove integrare cura, formazione e ricerca. Un assetto urbano che in parte rivaluta l’impianto a padiglioni ma con sostanziali differenze nella concezione e nel layout interno dei nuovi poli sanitari che richiedono diversificate morfologie edilizie in funzione del ruolo che rivestono all’interno della rete dei servizi del territorio.

IL PROSPETTO TIPO DELLA DEGENZA / THE TYPICAL WARD FAçADE


LA CULTURA DEL PROGETTO OSPEDALIERO CONTEMPORARY HOSPITAL CULTURE  137


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impossible for human hands. This leads to increased dexterity and ergonomics (optimization of the surgeon’s position) to minimize fatigue and resulting errors. In addition, robotic surgery eliminates hand tremors, enabling higher precision, even in extremely cramped and narrow spaces, and letting internal sutures be sewn even in very difficult situations. An essential factor is that this technology reduces and simplifies the learning curve for surgeons looking to conduct highly complex procedures by “artificially” increasing their dexterity and facilitating their progress. We are therefore moving away from the hard to imitate “performance” of master surgeons seen as artists of surgical technique, and move closer to surgery done more by machines, even if guided by humans. 
 One step that is still yet to be defined completely is the control of robots from a remote console anywhere from a few meters to a thousand kilometers away from the patient and the operation. . This is already technically possible, but has yet to be defined procedurally and ethically. Both laparoscopic and robotic surgery can be made even less invasive by employing “single port” or NOTES (natural orifices transluminal endoscopy) techniques. The single port technique consists of passing all of the instruments necessary for surgery (optical and surgical tools) through a single opening, instead of the three or four that are typically necessary, both for laparoscopic and robotic surgery. NOTES employs the body’s natural orifices (ear, mouth, vagina, anus, and navel, which is considered an orifice), to further reduce the invasiveness of a procedure, in the spirit of respecting the integrity of the human body as much as possible and save it from scars. Quality of life Taking cancer patients’ quality of life into account has revolutionized many principles at the foundation of modern oncology. Patients enjoy longer lives, but at times with reduced faculties. Accordingly, major international organizations for the control of clinical studies (NCI, FDA) recommend including quality of life (QoL) as one of the principal indicators in studies’ results, in addition to traditional indicators, such as survival and rate of relapse. If minimally invasive techniques can achieve the same results as traditional techniques in terms of recovery and survival, then it is highly pertinent to take quality of life into account as well. 
 Today, cancer is, in many cases, a disease that can be cured or reduced to a chronic condition, and as a result, the life expectancy of many cancer patients is very high. It follows that one should seek to ensure these patients a quality of life as close to normal as possible. The aesthetic condition of the body after an ailment is a fundamental factor, and therefore clinical research in this particular field is beginning to look towards procedures entirely employing MIS, or at least giving the most possible attention to patients’ physical integrity.


GLI ORIZZONTI DELL'ONCOLOGIA ONCOLOGY'S NEW HORIZONS  155


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CREDITI DI PROGETTO PROJECT CREDITS

PRINCIPALI FORNITORI MAIN SUPPLIERS

CENTRO ONCOLOGICO FIORENTINO / FLORENCE ONCOLOGY CENTER DIRETTORE SANITARIO / HEALTHCARE MANAGER Andrea Vannucci DIRETTORE SCIENTIFICO / RESEARCH COORDINATOR Luca Mencaglia

IMPRESA / GENERAL CONTRACTOR IM-CO, C.P.F. Costruzioni Spa Rivestimento esterno / External cladding KME, Idroflorence Sistemazioni esterne / Landscape and external paving Impresa Grassi Moreno, GLA Garden srl Infissi / Wood and Metal frameworks CNS spa, SEMI srl, AN.SAL. snc, Falegnameria Tosca Schermature / Shading Model System s.p.a. Illuminazione /Lighting systems ZUMTOBEL illuminazione Pavimentazioni / Interior flooring Noraplan, Cotto Ferrone, Liuni Cartongessi / False ceiling and internal walls Toscopan Ascensori / Lifts KONE Impianti elettrici / Electrical plants Fanfani Bandinelli srl, EDIL SAS (blocco opertaorio / OPERATING ROOMS) Impianti meccanici / Mechanical plants CEFLA Arredo / Furniture Malvestio (arredi sanitari / HEALTHCARE FURNITURE), Tino Sana (arredo / FURNITURE), Top Edile (porte tagliafuoco / FIREPROOF DOORS) Attrezzature medicali / Equipments Siemens, Storz, General Electric (blocco operatorio / OPERATING ROOMS), Bioclass (laboratori / LABORATORIES), Morviducci Srl (bunker / BUNKER), Maspres Firenze (medicina nucleare / NUCLEAR MEDICINE)

LUOGO / LOCATION Sesto Fiorentino, Firenze PROGRAMMA / PROGRAM Un nuovo Centro Oncologico con le seguenti dotazioni sanitarie: 150 posti letto, 8 sale operatorie, 9 ambulatori / A new Cancer Treatment Centre with the following services: 150 beds, 8 O.R. suites, 9 outpatient consultation rooms SUPERFICIE LOTTO / PLOT AREA CA 19.500 M2 SUPERFICIE COSTRUITA / BUILT AREA 18.000 M2 (2.500 m2 restauro / REUSE 15.500 m2 nuovo ampliamento / new pavilion) CRONOLOGIA / CHRONOLOGY 2000-2003 PROGETTAZIONE / DESIGN 2003-2009 REALIZZAZIONE / CONSTRUCTION COMMITTENTE / CLIENT EUROPROGETTI SRL AMMINISTRATORE DELEGATO / MANAGING DIRECTOR MAURIZIO DE SCALZI PROGETTO ARCHITETTONICO / ARCHITECTURAL DESIGN CSPE (CENTRO STUDI PROGETTAZIONE EDILIZIA) PAOLO FELLI, ANTONIO ANDREUCCI, ROMANO DEL NORD, GIULIO FELLI, CORRADO LUPATELLI DIREZIONE LAVORI / PROJECT MANAGEMENT PAOLO FELLI PROGETTO DELL’ARREDO / FURNITURE DESIGN CSPE (CENTRO STUDI PROGETTAZIONE EDILIZIA) IN COLLABORAZIONE CON / IN COLLABORATION WITH MARCA (Marco Antonelli e Camilla Andreucci) CONSULENZA PAESAGGISTICA / LANDSCAPE ARCHITECT mm studio PROGETTO COSTRUTTIVO SALE OPERATORIE / OPERATING ROOMS CONSTRUCTION PROJECT STUDIO ARCHè progetto STRUTTURALE / STRUCTURAL ENGINEERING AEI PROGETTI (niccolò DE ROBERTIS, STEFANO VALENTINI) IMPIANtI ELETTRICI E MECCANICI / ELECTRICAL AND MECHANICAL ENGINEERING CONSILIUM (PIETRO PAOLO BRESCI, LEOPOLDO D'INZEO) IMPIANTI SPECIALI / SERVICE ENGINEERING SANDRO PERRONE SICUREZZA / SAFETY ON SITE CORRADO LUPATELLI

SCHEDA DEGLI IMPIANTI TECNICI BUILDING SERVICES DATA Potenza Termica complessiva / TOTAL HEATING POWER 3750 kW - 25% di ridondanza / REDUNDANCY Potenza frigorifera comVplessiva / Total cooling power 3600 kW 25% di ridondanza ottenuta con gli avanzatissimi gruppi a levitazione magnetica, scelti per la loro particolare silenziosità / REDUNDANCY ACHIEVED WITH STATE-OF-THE-ART MAGNETIC LEVITATION GROUPS, CHOSEN FOR THEIR EXTREMELY QUIET OPERATION Aria in circolo / Circulating air 400.000 mc/h complessivi / 400,000 TOTAL MC/H Potenza elettrica complessiva / Total electric power 4800 kVA 33% di ridondanza / 4800 KVA 33% REDUNDANCY Potenza elettrica di riserva no – break / No-break power reserve 1400 kVA 50% di ridondanza / 1400 KVA 50% REDUNDANCY Potenza elettrica di riserva preferenziale / Preferential power reserve 2000 kVA CDZ dedicato nei locali server / DEDICATED CDZ IN SERVER ROOMS


APPARATI APPENDICES  157

BIOGRAFIE

BIOGRAPHIeS

CSPE Centro Studi Progettazione Edilizia Il CSPE (Centro Studi Progettazione Edilizia) è stato fondato a Firenze, nel 1975, da Paolo Felli, Antonio Andreucci e Romano Del Nord per lo sviluppo di ricerche, progettazione e consulenze nel settore della sanità e del sociale. Dal 1999 ai tre partner fondatori sono affiancati gli architetti Giulio Felli e Corrado Lupatelli. Da oltre un trentennio, le esperienze progettuali del CSPE coniugano innovazione e sperimentazione con l’intento di ridefinire i rapporti tra tecnologia, funzionalità ed estetica per l’aggiornamento del complesso sistema sanitario: un ambito in cui la ricerca deve dotarsi di visioni e strategie globali mirate a far dialogare le priorità dell’efficienza del servizio con quelle più psicologiche legate all’umanizzazione dello spazio. Tra le più significative opere si ricorda: l’Ospedale Unico della Valdicornia a Piombino (1990), gli Ospedali Riuniti della Valdichiana a Montepulciano (2000), l’Ospedale Generale di Baggiovara a Modena (2005), l’Ospedale di San Giovanni Battista a foligno (2006), il Polo Pediatrico Meyer (2007), l’ampliamento dell’Ospedale di San Giovanni di Dio a Torregalli (2009), il Pronto Soccorso di Parma (2010) ed, in corso, il Policlinico dell’Università degli Studi della Magna Graecia ed il campus ospedaliero universitario di Careggi a Firenze che comprende il Padiglione DEA e delle Nuove Chirurgie, il Nuovo Ingresso e la ristrutturazione del Centro Traumatologico Ortopedico. Negli anni, il CSPE, per la qualità della ricerca e delle realizzazioni, ha ricevuto importanti riconoscimenti da Istituzioni internazionali come la Comunità Europea, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unesco.

CSPE Centro Studi Progettazione Edilizia The CSPE (Centro Studi Progettazione Edilizia; Building design study center) was founded in Florence in 1975 by Paolo Felli, Antonio Andreucci and Romano Del Nord for research, design and consulting in the field of healthcare and social services. In 1999 the three founding members were joined by architects Giulio Felli and Corrado Lupatelli. The design experience that CSPE has gained over more than 30 years in business successfully combines innovation and experimentation, aiming at redefining the relationship between technology, functionality and aesthetics to bring health care facilities up-to-date. In this field, research must necessarily adopt a global point of view to strike a balance between service efficiency and psychological issues such as the humanization of the space.
 A few of their most important works include: the Hospital of Valdicornia, in Piombino (1990), the Joint Hospitals of Valdichiara in Montepulciano (2000), the General Hospital of Baggiovara in Modena (2005), the San Giovanni Battista Hospital in Foligno (2006), the Meyer Children's Hospital (2007) , the extension of the San Giovanni di Dio Hospital in Torregalli (2009), the Emergency Department in Parma (2010). Other facilities under construction include the General Hospital of the University of Magna Graecia and the University Hospital of Careggi, in Florence, which includes a DEA and New Surgeries pavilion, a new entrance, and the renovation of the Orthopedic Trauma Center. Over the years, CSPE has received many important awards in recognition for the high quality standards of its research and projects, from international institutions, such as the European Union, the World Health Organization and UNESCO.

Antonio Andreucci nato a Cesena (Forlì) nel 1937, si laurea presso la Facoltà di Architettura di Firenze nel 1967. Professore Ordinario del Laboratorio di Tecnologia dell’Architettura presso il Dipartimento di Architettura e Design “Pierluigi Spadolini” dell’Università degli Studi di Firenze e membro del Centro Interuniversitario di Ricerca sui Sistemi e Tecnologie per l’Edilizia Sanitaria TESIS. All’attività accademica e professionale, affianca l’esperienza pittorica con una produzione di quadri a pastello, in cui rivive l’atmosfera dei paesaggi della campagna toscana ed emiliana. La sensibilità per la trasposizione pittorica di luci e colori dell’ambiente naturale, si ritrova con forza nell’approccio ai temi architettonici: dalle scelte morfologiche, all’inserimento ambientale, ma soprattutto nel trattamento dei componenti e delle loro texture che vengono esaltate dalle giustapposizioni materiche e cromatiche ricorrenti nelle molteplici opere realizzate.

Antonio Andreucci was born in Cesena (Forlì) in 1937 and graduated from the Faculty of Architecture, University of Florence, in 1967. 
 He is a full Professor of the Architectural Technology Workshop of the "Pierluigi Spadolini" Department of Architectural Technology and Design, University of Florence, as well as a member of TESIS, an inter-university research center on systems and technologies for health care architecture.
zIn addition to his academic and professional work, he is also an artist of pastel paintings, which capture the atmosphere of the countryside of Tuscany and Emilia Romagna. His affinity for the visual rendering of lights and colors of the natural environment strongly affects his approach to architecture. This can be seen in his choices of form and structure, setting in the environment, and especially in his treatment of the components used in his works and their textures, which are enhanced by matching different materials and colors. This quality recurs in the many projects he has designed. Paolo Felli was born in Montefalcone (Gorizia) in 1939 and graduated from the University of Florence in 1965.
He is full Professor of Architectural Technology at the "Pierluigi Spadolini" Department of Architectural Technology and Design of the Faculty of Architecture, University of Florence, as well as Director of the Workshop for Final Projects within that Faculty. Teacher of the postgraduate course "Project Management in Hospital Facilities". He is professor of the postgraduate course "Project Management in Hospital Facilities". He is a member of national and international associations, including the Academy of Art and Design of Florence, the Public Health Group PHG/UIA, TESIS, inter-university research center), the Società Italiana di Tecnica Ospedaliera (SITO), and the International Academy of Design and Health. He was formerly President of the Società Italiana di Tecnologia dell’Architettura (SITdA).
 Head of internationally-important studies, he has published articles, essays and manuals about material technology and health care architecture, such as: La casa di Maternità: linee guida per la progettazione, ETS, Pisa, 2006; Ospedali Riuniti della Valdichiana a Montepulciano. L’Ospedale Unico, Alinea Ed., Florence 2003;

Paolo Felli nato a Monfalcone (Gorizia) nel 1939 e laureato a Firenze nel 1965. Professore Ordinario di Tecnologia dell’Architettura presso il Dipartimento di Tecnologie dell’Architettura e Design “Pierluigi Spadolini” della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze e Responsabile del Laboratorio di sintesi finale presso la medesima Facoltà. Docente del Corso di Perfezionamento in Project Management della Struttura Ospedaliera. Membro di associazioni nazionali ed internazionali come: l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, il Public Health Group PHG/UIA, il centro interuniversitario di ricerca TESIS, la Società Italiana di Tecnica Ospedaliera (SITO), l’Accademia Internazionale di Design and Health. Già Presidente della Società Italiana di Tecnologia dell’Architettura (SITdA). Responsabile di ricerche di rilevanza internazionale, ha pubblicato articoli, saggi e manuali sulle tecnologie dei materiali e sull’edilizia sanitaria, tra cui: La casa di Maternità: linee guida per la progettazione, ETS, Pisa, 2006; Ospedali Riuniti della Valdichiana a Montepulciano. L’Ospedale Unico, Alinea Ed., Firenze 2003; M.C. Torricelli, R. Del Nord, P. Felli, Materiali e Tecnologie


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per l’Architettura, Ed. Laterza, Roma, 2000. L’attività accademica si svolge parallelamente a quella professionale iniziata collaborando con Pierluigi Spadolini su alcuni significativi progetti, tra cui: la Cassa di Risparmio di Pisa (1968), il Palazzo dei Congressi a Firenze (1971), il restauro della Sede storica del Monte dei Paschi di Siena (1972). Il lavoro con un Maestro come Spadolini imposterà una metodologia progettuale che si trasformerà in una eredità rivolta a valorizzare l’etimo sociale ed umano dell’architettura ed a dimostrare l’importanza della tecnologia all’interno della cultura del progetto. Una cultura che adotta la ricerca come strumento per interpretare la realtà e generare una architettura che esprime, come ricorda nei molti convegni Paolo Felli, “l’interesse per la cultura materiale in continua evoluzione, aprendo all’indagine progettuale ogni ambito d’intervento, senza pregiudizio di scala: dall’architettura, al sistema, al componente”. Romano Del Nord nato a Manfredonia (Foggia) nel 1947, si laurea in Architettura a Firenze nel 1970. Professore Ordinario di Tecnologia dell’Architettura presso il Dipartimento di Tecnologie dell’Architettura e Design “Pierluigi Spadolini” dell’Università degli Studi di Firenze. Dal 1991 é Direttore del centro interuniversitario di ricerca sui sistemi e tecnologie per l'edilizia sanitaria TESIS a cui afferiscono le Università di Firenze e Roma "La Sapienza". Ha ricoperto l’incarico di Prorettore all’edilizia dell’Università degli Studi di Firenze. Collabora con il Ministero della Pubblica Istruzione, dell’Università e della Ricerca per la definizione di standard normativi e di modelli per il calcolo del fabbisogno di edilizia universitaria e scolastica. Coordinatore dei Master di “Design and Health” e di “Gestione della Sicurezza”. Presidente della Commissione Nazionale del Ministero (MIUR) per l’attuazione degli interventi di edilizia residenziale universitaria. Responsabile scientifico nazionale e locale dei progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN), finanziati dal MIUR: "L'ospedale universitario come centro di eccellenza per la produzione e la diffusione della cultura biomedica avanzata"; “Controllo dello stress nelle strutture sanitarie”; “Architettura per l’Alzheimer”. Responsabile scientifico della ricerca sui “criteri di progettazione per l’umanizzazione delle strutture ospedaliere”, svolta per conto del Ministero della Salute. Coordinatore del Gruppo di definizione dei “costi standardizzati per l’edilizia ospedaliera” per l’Autorità di Vigilanza dei Lavori Pubblici; Responsabile scientifico della Società Italiana di Tecnica Ospedaliera. Rappresentante nazionale nel PHG (Public Health Group) dell’UIA. La partecipazione al dibattito internazionale sui temi legati alla tecnologia inizia nei primi anni Settanta, quando il rinnovamento della tecnica diventa un incisivo fenomeno culturale che porta Romano Del Nord ad interessarsi di gestione dell’integrazione tecnologica nella progettazione degli edifici intelligenti con esperienze in America e Giappone. Sempre, attivo nell’organizzazione di eventi congressuali a livello internazionale, è stato responsabile scientifico dell’Accademia Internazionale di Design and Health e della corrispondente collana editoriale congressuale, ha pubblicato saggi, articoli e manuali sulla progettazione tecnologica, tra cui si ricordano le recenti pubblicazioni: Le nuove dimensioni strategiche dell’Ospedale di eccellenza, Polistampa, Firenze, 2011; The culture for the future of healthcare architecture, Alinea Editrice, Firenze 2009; L'ospedale del futuro. Modelli per una nuova sanità, Il Prato, Padova, 2008; Lo Stress Ambientale nel Progetto dell’Ospedale Pediatrico, Motta Ed. Milano, 2006; Il Piano Edilizio dell’Ateneo Fiorentino, Firenze, 2005; Architecture for Alzheimer Disease, Alinea Editrice, Firenze 2004; M.C. Torricelli, R. Del Nord, P. Felli, Materiali e Tecnologie per l’Architettura, Ed. Laterza, Roma, 2000.

M.C. Torricelli, R.Del Nord, P. Felli, Materiali e Tecnologie per l’Architettura, Ed. Laterza, Rome, 2000. His academic work goes hand in hand with his professional work, which began working with Pierluigi Spadolini on several important projects, such as: the Cassa di Risparmio di Pisa (1968), the Palazzo dei Congressi (Congress Palace) in Florence (1971), and the renovation of the historic headquarters of the Monte dei Paschi di Siena bank (1972). Working with a master of the caliber of Spadolini, Felli was able to develop a methodology aimed at enhancing the human and social legacy of architecture, while stressing the importance of the role of technology within the project approach. This approach uses research as a tool to understand the world and create architecture that expresses, as Felli has said in many conferences, "interest for an ever evolving approach to materials, enabling design to explore any kind of project, regardless of its scale: from the building as a whole to the system, to the single component". Romano Del Nord was born in Manfredonia (Foggia) in 1947, and graduated in Architecture from the University of Florence in 1970.
 He is full Professor of Architectural Technology at the "Pierluigi Spadolini" Department of Architectural Technology and Design of the Faculty of Architecture, University of Florence. Since 1991 he has been head of TESIS, an inter-university research center on systems and technologies for health care architecture, of which the University of Florence and of the "La Sapienza" University in Rome are part. He has served as Vice-Dean for Building at the University of Florence. He works with the Department of Education, University and Research to define standards and models used in determining the building needs for schools and universities.
He coordinates Masters programs in "Design and Health" and "Safety Management". He is chairman of the National Commission of the Ministry (MIUR) for the implementation of university housing plans.
 He is national and local head of research for the following "projects of significant national interest" (PRIN) funded by MIUR: "University hospitals as centers of excellence for the creation and dissemination of advanced biomedical culture"; "Stress control in health care structures"; "Architecture for Alzheimer’s". He was head of research for the project "Design criteria for the humanization of hospital facilities", on behalf of the Department of Health.
 He coordinated the working group for the definition of "standard costs in hospital building" on behalf of the Authority for Public Works; he is head of research for the Società Italiana di Tecnica Ospedaliera. He is a national representative of the PHG (Public Health Group) of UIA. He has participated in the international discourse on issues of technology since the early seventies, when technology innovation became a widespread cultural phenomenon. During this time, Del Nord started to take an interest in technology integration management applied to the design of "intelligent buildings", with experiences in the United States and Japan. He has long been active in organizing international conventions and served as head of research for the International Academy of Design and Health and the series of related conference publications. He has published essays, articles and manuals on technological design, most recently: Le nuove dimensioni strategiche dell’Ospedale di eccellenza, Polistampa, Florence, 2011; The culture for the future of healthcare architecture, Alinea Editrice, Florence 2009; L'ospedale del futuro. Modelli per una nuova sanità, Il Prato, Padua, 2008; Lo Stress Ambientale nel Progetto dell’Ospedale Pediatrico, Motta Ed. Milan, 2006; Il Piano Edilizio dell’Ateneo Fiorentino, Florence, 2005; Architecture for Alzheimer Disease, Alinea Editrice, Florence 2004; M.C. Torricelli, R. Del Nord, P. Felli, Materiali e Tecnologie per l’Architettura, Ed. Laterza, Rome, 2000.


APPARATI APPENDICES  159

Giulio Felli nato a Firenze nel 1963. Dopo la laurea collabora con studi in ambito anglosassone, partecipando alla redazione di progetti e concorsi internazionali. Dal 1999 inizia la sua attività professionale al CSPE dove si occupa del coordinamento, della progettazione e dell’integrazione dei programmi sanitari all’interno del progetto ospedaliero. Nel 2000 riveste il ruolo di Professore a contratto presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara per il corso di “Progettazione di Sistemi Costruttivi”, dal 2005 è incaricato del corso di “Costruzioni dell’Architettura”. Corrado Lupatelli nato a Mantova nel 1957. Nei primi anni di attività pro-

fessionale, si dedica al settore dell’edilizia residenziale e commerciale, con particolare interesse al riuso del patrimonio edilizio storico. Dal 1990 focalizza l’attività nel campo dell’edilizia sociale e specificamente sanitaria, coordinando lo sviluppo di progetti e realizzazioni ospedaliere del CSPE. Esperto nel settore della prevenzione incendi, dal 1988 è coordinatore della sicurezza per i principali progetti pubblici e privati del CSPE.

Giulio Felli was born in Florence in 1963. 
 After graduating, he worked with design studios in English areas, taking part in the international projects and competitions. He started working at CSPE in 1999, coordinating, designing and integrating health care plans as part of hospital design. From 2000 he started working as an adjunct Professor of "Design of Building Systems" at the Faculty of Architecture, University of Ferrara. Since 2005 he has led the course "Architectural Constructions".

 Corrado Lupatelli was born in Mantua in 1957. During the early years of his career he worked in the sector of residential and commercial building, with a particular interest in the restoration and reuse of historic buildings.
 In 1990 he started focusing on public sector building, and more specifically on health care related projects, working at CSPE as coordinator for hospital projects. His expertise in the field of fire safety led him to work, since 1988, as a safety coordinator for CSPE in their most important public and private projects.


THIS VOLUME WAS PRINTED IN DECEMBER 2011 BY FORMA EDIZIONI QUESTO VOLUME È STATO STAMPATO NEL MESE DI DICEMBRE 2011 DA FORMA EDIZIONI




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