Napoli_diagnosi_di_una_citta

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FONDAZIONE LABORATORIO MEDITERRANEO

FONDAZIONE

MEDITERRANE

LABORATORIOO


Caterina Arcidiacono

Napoli diagnosi di una cittĂ I giovani e il lavoro Prefazione di

BIAGIO DE GIOVANNI

magma


Napoli: diagnosi di una cillà. I giovani e il lavoro

Opera senza fine di lucro. © Fondazione Laboratorio Mediterraneo Via Merge!Iina 35d - 80122 Napoli Te!. ++39 / 81 / 660074 - Fax ++39 / 81 / 668873 © Edizioni Magma Via F. Crispi 51 - 80121 Napoli

Te!. ++39 / 81 / 665147 magma@mbx.idn.it ISBN 88 - 8127 - 028 - 5


Équipe di ncerca

- Direzione: Caterina Arcidiacono, docente di psicologia di comunità, corso di laurea in psicologia, Seconda Università degli Studi di Napoli. - Gruppo di ricerca: Fortuna Procentese, psicologa, Scuola di specializzazione in Psicologia del ciclo di vita, Ricercatore borsista Fondazione Laboratorio Mediterraneo Massimiliano Sommantico, psicologo, Scuola di specializzazione in Psicologia del ciclo di vita, Ricercatore borsista Fondazione Laboratorio Mediterraneo Ornella Isacco con una tesi di laurea coordinata alla ricerca, relatore Prof. Bruna Zani (Università di Bologna). - Ricerca bibliografica: Concetta Mautone - Gruppo di consulenza e collaborazione: Michele Capasso, architetto, docente ambiente e aree urbane mediterranee; Floro Caroleo, docente di Politica Economica e Economia del lavoro - Università degli Studi di Salerno; Gabriella Ferrari Bravo, Associazione Italiana di Psicologia di Comunità - psicologa dirigente Centro per le Famiglie (progetto integrato Asi Na I-Comune di Napoli); Paola G. Arcidiacono, studiosa; Paolo Mele, architetto. - Comitato di audit di processo del progetto composto da esperti in ricerca di psicologia di comunità: B. Zani (prof. ordinario Università di Bologna), D. Francescato (prof. ordinario Università di Roma), M. Prezza (prof. associato Università di Roma), N. De Piccoli (ricercatrice Università di Torino) con la collaborazione di E. Cicognani, Luca Pietrantoni (dottorandi Università di Bologna), Francesca Alparone (dottoranda Università di Firenze), Terri Mannarini (dottoranda Università di Lecce). - Comitato di audit dei risultati composto dagli esperti chiave, rappresentanti istituzionali della città, delle associazioni, partecipanti e protagonisti dei focus group Tra questi: B. de Giovanni (Parlamentare Europeo), M. Sbandi (Presidente corso di laurea in Psicologia, II Università, Napoli), M. ·Incostante (Assessora alla Dignità), A. Tamborlini (Direttore G. lsfol), G. Gribaudi (Docente di Storia contemporanea, facoltà di sociologia, Università Federico II Napoli), O. Nicolaus (Psicologo Cnr), G. Lamanda (Ministero del Tesoro), Dott. A. Fuccio (Fondazione Leone), V


Dott. P. de Padova (Manpower, filiale Napo li ce ntro) M. Imparato Manpower (li li ale Salerno e Centro Direzionale), Cooperativa IRENE 95, L. Di Santo (ImprenditorialitĂ g iovanile), G. Laino (Associazione quartieri spagnoli), M. De Nigris (Oncia Rosa), Don M ichel e (O pera don Guanella), C. D' Ambros io (FORES), M. Principe (Ps icologo esperto devianza min ori le), C. Varriale (Psicologo), E. Venclitti (Centro Aiuto al M inore te lefono Azzurro), O. Altademo (Comu ne Napoli Responsabile politiche giovanili), D. Barba (Pres idente Arc igay), S. Lionetto (Consule nte formazione professionale), Padre G. Reale (Oltre il Chiostro), G. Serrite lli (Presidente associazione culturale Simposio), C. Cremona (responsabile giovani DS), O. Frodella (operatrice commerc iale area giovan i), C. Riccio (Sportello Giovani Comune di Napoli), S . Veneziani (Agenzia per l'impiego), C. Moreno (Educatore, pedagogista), P. Giannino (Gi udice, Tribunale dei Minori), R. Sepe (Area SerT ASL NA I), A. Lepre (Allenatore sporti vo), N. Cosentino (Responsabile C.U.S.), R. Felerico (Esperta Formazione Regione Campania), Giovani in cerca di occupazione, disoccupati , sottooccupati, lavoratori attivi nei lavori socialmente utili , nel volontariato e terzo settore, nel teatro e nello sport. In una prospettiva mediterranea ad essi si integra Ibrahim Ri ahi, Console della Tunisia a Napoli.

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Indice

Prefazione Biagio de Giovanni

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Introduzione I . Nuove povertà e nuovi bisogni » 1.1. Napoli città competente - Descrizione della ricerca » 1.2. Empowerment e sviluppo umano » 2. Diagnosi di comunità e ricerca partecipata: note di metodo » 2.1. Comunità grandi: le città »

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PARTE PRIMA: RICERCA FASE/ NAPOLI CITTÀ COMPETENTE: DIAGNOSI DI COMUNITÀ I. Sono IL SOLE DEL VESUVIO. LA CITIÀ ATTRAVERSO IMMAGINI, STEREOTIPI E SENSO DI COMUNITÀ I. Profilo psicologico e senso di comunità 1.1. Rappresentazioni e narrazioni quotidiane della storia 1.2. Immagini e stereotipi 1.3. Identità e senso dei luoghi 1.3.1. Una città di frontiera, un luogo di mezzo e di contaminazione 1.3.2. La memoria perduta e confusa dei luoghi 2. Etica 2.1. Etica, mediazione e redistribuzione 2.2. Genere: città maschile e femminile 3. L'immagine e processi identitari 3. I . Immagine, Identità, Riconoscimento 4. Miti - Riti - Costumi 5. Senso di comunità 5.1. Isolamento e socializzazione

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5.2. Intermediazione e aggregazione 5.3. Appartenenza, disprezzo e senso di comunità

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Il. PROFILO DEMOGRAFICO

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III. PROFILO TERRITORIALE

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6. La napoletanità risorsa per il III millennio

IV. PROFILO SERVIZI SOCIOSANITARI E RICREATIVO-CULTURALI 1. Area sociosanitaria 1.1. Comune 1.2. A.S.L. NA I I .3. Terzo settore 1.3.1. Ambiti di intervento nella prospettiva della concertazione interistituzionale 2 . Area educativa e formativa 3. Area ricreativo-culturale V. PROFILO ANTROPOLOGICO

VI. PROFILO DEL MERCATO DEL LAVORO A NAPOLI VII. NAPOU OGGI: PUNTI DI FORZA E PUNTI DI DEBOLEZZA PARTE SECONDA:

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RICERCA FASE I/

I GIOVANI, LA CITIÀ E IL LAVORO C. Arcidiacono, F. Procentese, M. Sommantico, O. Isacco

I. I GIOVANI E LA CITTÀ Premessa 1. I giovani 2. Giovani e lavoro 2.1. Politiche per l'occupazione giovanile in Italia 2.2. Giovani, lavoro e Napoli 3. La famiglia: giovani e problematiche di dipendenza

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M. Sbandi

Il. LA CITTÀ E I GIOVANI NELLE PAROLE DEI TESTIMONI PRIVILEGIATI » l. l. Giovani - bisogni » 1.2. Giovani - punti di debolezza 1.3. Giovani - punti di forza 1.4.1. Giovani - senso di comunità - appartenenza VIII

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1.4.2. Giovani - senso di comunità - empowennent 1.4.3. Giovani - senso di comunità - riconoscimento 1.4.4. Giovani - senso di comunità - connessione 1.4.5. Giovani - senso di comunità - confini 1.5. Giovani - valori 1.5.1. Giovani - valori - senso del tempo 2.1. Città - risorse esistenti 2.2. Città - proposte 2.3. Città - risorse da attivare 3.1. Lavoro - doti e risorse 3.2. Lavoro - difficoltà 3.3. Lavoro - proposte 4. Bisogni - Risorse come categoria e come commento finale alle interviste

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Il!. I GIOVANI E LA C ITIÀ NELLE PAROLE DEI PROTAGONISTI I. Descrizione dei focus group 2. I . Giovani - punti deboli 2.2. Giovani - punti di forza 2.3.1. Giovani e senso di comunità - Appartenenza 2.3.2. Giovani e senso di comunità - Riconoscimento 2.3.3. Giovani e senso di comunità - Connessione 2.3.4. Giovani e senso di comunità - Confini 2.3.5. Giovani e senso di comunità - Empowerment 2.4. Giovani e valori 2.4. 1. Giovani e valori - Il tempo 3. 1. Città - risorse esistenti 3.2. Città - risorse da attivare 3.3. Città - problemi 3.4. Città - proposte 4.1 . Lavoro - doti e risorse 4.2. Lavoro - difficoltà 4.3. Lavoro - proposte 5. Bisogni e risorse IV.

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ANALISI DEI DATI E D ISCUSSIONE SU ALCUNI DATI EMERGENTI

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l. Risorse e limiti 2. La famiglia 3. Bisogni 4. L'informazione

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5. Lavoro e formazione 6. Progettualità, autostima e imprenditorialità 7. Aggregazione, comunicazione 8. Napoli, giovani e senso di comunità

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PARTE TERZA METODOLOGIA E PROCEDURE DI RICERCA C. Arcidiacono, M. Sommantico, F Procentese

I. METODOLOGIA, PROCEDURE E ATTIVITÀ 1. Costituzione dell'équipe 2. Raccolta dati ed elaborazione profili 3. Seminario di valutazione delle procedure: 13-14 giugno 1998 4. Ridefinizione degli obiettivi e focalizzazione ad imbuto della ricerca 5. Interviste con gli operatori chiave e focus group 5.1. Grounded theory e interviste 5.2. Interviste di gruppo focalizzate 6. Strumento di analisi dei materiali 7. Destinatari 8. Seminario di valutazione con la città: 5 febbraio 1999 9. Riflessioni sul metodo

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3. Il metodo induttivo

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4. Le domande 5. Modalità di conduzione nella ricerca

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Il. LA GROUNDED THEORY l . Codifiche 2. Raccolta dati

III. INTERVISTA DI GRUPPO FOCALIZZATA 1. Importanza dell'interazione 2. Composizione e conduzione

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IV. SENSO DI COMUNITÀ E REALTÀ METROPOLITANE COMPLESSE: NOTE IN MERITO ALLA DIAGNOSI DI COMUNITÀ NELLA COSTRUZIONE DEL PROFILO PSICOLOGICO E DELLA DEFrNIZIONE DEL SENSO DI COMUNITÀ 1. Storia, antropologia, cultura delle comunità X


2. Storia p. 3. Cultura » 3. 1. Immagini e stereotipi » 3.2. Miti - riti - costumi » 3.3. Identità e senso dei luoghi » 3.4. Etica di una comunità: ideali e valori » 4. Legami » 4.1. Senso di comunità » 4.1.1. Appartenenza e spirito di comunità » 4.1.2. Fiducia: influenza e potere » 4. 1.3. Soddisfazione dei bisogni nel piacere degli scambi » 4.1.4. Connessione emotiva e condivisione di simboli » Appendice 1. Progetto di ricerca «Nuove povertà e nuovi bisogni: Napoli città competente» 2. Metodologia e Programma 2.1 . Finalità 2.2. Obiettivi 2.3. Contenuti 2.4. Attività 2.5. Strumenti 3. Fasi

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Bibliografia

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La Fondazione wboratorio Mediterraneo

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Ndr: La ricerca è stata realizzata con un parziale contributo della Società Umanitaria di Milano.

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Preniessa

1. La cosa che più colpisce della ricerca su Napoli - dedicata ai giovani e il lavoro - diretta da Caterina Arcidiacono nell'ambito delle iniziative della «Fondazione Laboratorio Mediterraneo», è il tentativo di tenere insieme due dimensioni di solito alternative e reciprocamente escludentisi: quella dell'identità storico-culturale della città e l'altra più strettamente psicosociologica relativa all'ambito specifico di una ricerca che entra in complesse statistiche e valutazioni sull'attualità di un lavoro che disperatamente manca e di una prospettiva che sembra mettere in gioco il destino di una generazione. La cosa colpisce e pare di grande interesse. Isolare la seconda dimensione, quella che adesso ho citato, e guardarla in se stessa soltanto, avrebbe potuto condurre all'analisi di una «zana depressa» guardata astoricamente, secondo parametri generali dedotti da analogie con altre situazioni simili per giungere infine a concludere soprattutto su analisi quantitative. La connessione fra le due dimensioni, per intendersi quella storica e l'altra psicosociologica, innesta e avvia una ricerca ben altrimenti ricca e capace di sviluppi. Ciò vale, si potrebbe aggiungere, per ogni ricerca sul Mezzogiorno: aree depresse esistono dappertutto, zone di economie arretrate possono considerarsi l'India o l'Egitto, la Cina o il Messico, ma, come è stato scritto, a questi paesi manca una condizione che appartiene più propriamente al Mezzogiorno d'Italia, e particolarmente a Napoli, «l'essere cioè questa un 'area sottosviluppata o di depressione nell'ambito di una civiltà nazionale e internazionale caratteristica dei paesi dell'Europa occidentale», partecipe al moto civile e culturale dell'Europa occidentale. Ecco perché la storia divenla essenziale, non come generico contesto al quale riferirsi ma come elemento che si interna nella ricerca propriamente detta, e ne illumina non pochi tratti. Napoli città «porosa», città difficile, città abitata dai napoletani (fra gli ultimi centri storici italiani abitati solo da «indigeni»), città carica di storia europea, città attraversata da mille dinastie, da mille ceppi e popoli, normanni e svevi, francesi e spagnoli... , città con una forte senso di «comunità», prospettiva essenziale di

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questa ricerca che ne fa un vero e proprio asse, città illegale, ma ciflà dove il <<nomos» ha avuto i suoi primi diritti di cittadinanza, città con poche risorse ma con la capacità di vivere e di sopravvivere e di «inventarsi l'esistenza» come poche altre al mondo. Città violenta, Jìn nel lessico quotidiano e insieme città dolce affettuosa, umanissima come sapeva Vico che da Napoli deduceva l'umanità delle nazioni. Dentro l'idea f?enerica di depressione, si innesta questa storia vivente, questa complicatissima fenomenologia di dati storici e antropologici, culturali e geografici, sociali e politici. Città con un passato, dove il passato, come scrive Caterina Arcidiacono, «non si perde, si conserva, si sposta, retrocede e si mischia in mille volti dalle mille immagini» Napoli, come sospesa fra tradizione e modernità, colloca questa «sospensione» nella coscienza di intere generazioni, e ne definisce mentalità e comportamenti.

2. Come tradurre tutto questo in categorie più definite? La. ricerca evita di estrapolare da tutto questo complicato magma napoletano la categoria di «napoletanità», anzi vi si oppone fermamente. Contro gli stereotipi della napoletanità, scrive Arcidiacono, bisogna recuperare il diritto alla normalità e innestare su questo il discorso sul Jì1turo di Napoli. Passione e ragione insieme, ma come tradurre questo in più Larghe categorie di comprensione. in connessioni significative da un punto di vista generale? Provando, credo, a trovare un equilibrio fra idea di «comunità» e idea di «società civile», come mi sembra inviti a fare lo spirito di tutta la ricerca. Prendiamo il caso dei giovani napoletani. Lo dico nel modo più netto ed icastico: in essi è forte il senso di appartenenza che spinge verso una «continuità di senso», qualcosa che incardina una idea di comunità, ma in essi è forte anche il senso dei «diritti», di una struttura dei diritti e di un loro riconoscimento. Ma che cosa è questo, se non il carattere di una stretta relazione fra un principio di comunità e un principio di società? Se non il tema di un incontro fra comunitarismo e liberalismo? Arrivare subito agli «ismi» rischia sempre L'astrattezza, ma voglio sottolineare una cosa assai semplice: lo spirito di comunità non può essere semplicemente interpretato in una chiave di critica della modernità vista come fonte di atomizzazione e nel classico schema di contrapposizione fra comunità e società. In questo schema si è inserita con forza l'idea di cittadinanza, che fa da punto intermedio di confronto, il principio di un riconoscimento di diritti, una idea di dimensione cittadina rispetto alla quale la dimensione di «appartenenza» non fa necessariamente da ostacolo premoderno e tradizionalista. Non dico affatto che La ricerca individui un raggiunto equilibrio fra le due dimensioni indicate, né immagino che Napoli XIV


possa rapprese!ltare qualcosa cli esemplare su quell'equilibrio in discussione. Ma il fatto che a Napoli e nella coscienza dei giovani le varie forme di appartenenza (alcune fac ilitanti l'idea di comunità, altre assai meno) siano così vive, rende necessario inrerrogarsi in merito al terna universale del riconoscimento dei diritti - alla formazione, al mondo delle competenze, al lavoro, alla partecipazione, alla pienezza della vita sociale - e alla sua capacità di tutelare il valore della comunità piuttosto che di essere fondato da esso. Domando: è in questa direzione che si può immaginare un laboratorio napoletano? Dove l'idea di appartenenza esca dalle chiusure «di quartiere», per diventare orizzonte, bisogno, in grado di trasformarsi in domanda attiva di diritti civili e sociali? Dalla ricerca, mi sembra che questa possa essere una linea di tendenza, un orizzonte verso il quale guardare, nel senso che se la forma della modernizzazione a Napoli s'incontrerà sempre con il tema della comunità, si tratterà di vedere in quale misura la forza di questa idea potrà misurarsi - senza sopraffarla - con la rivendicazione «liberale» di diritti civili politici sociali che già compaiono nella costituzione mentale dei giovani napoletani. 3. La Napoli dell'attualità è presente in tutta la ricerca. Questa si inquadra infatti in una idea di ripresa della città, dopo anni di un suo soffocamento nei lacci di un sistema in cui essa aveva raggiunto un massimo di degrado. La vera novità che si deve percepire è la seguente: la nuova amministrazione della città ha contribuito a far diventare Napoli un soggetto attivo di situazioni culturali politiche istituzionali, ed è muovendo da qui che si deve guardare oggi il problema di Napoli. Intanto, per una ragione di fondo: sicuramente e'è stata, negli ultimi anni, una ripresa di «coscienza» della città, e all'interno di essa una più schietta volontà di rinascita, qualcosa che si può chiamare «orgoglio» e senso di riconoscimento di sé. Ciò sembra particolarmente significativo come contesto della ricerca su Napoli, i giovani, il lavoro: se riprende il senso di sé della città, anche tutto questo tema si libera di ogni possibile sociologismo per introdurre la dimensione propriamente storico-politica, per portare l'attenzione su una sorta di nuova costituzione materiale della città che si riaggrega e mette in campo delle possibili energie imprevedibili fino a qualche tempo fa. La nuova immagine è diventata anche «realtà» in tante cose e soprattutto in un punto che va valutato in tutta la sua forza, nello stabilirsi di un rapporto di fiducia verso l'amministrazione, nella convinzione generalizzata che si è interrotto un inestricabile intrico di affari e politica, e che si è insediata nel comune di Napoli una classe dirigente ben diversamente disposta verso una politica più

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trasparente e più intesa al sen,izio dei cittadini. Cià dobbiamo darlo per acquisito, ma con L'intenzione di guardare avanti, con L'intento di tra~formare un ri~:ultato politico in stabile acquisizione culturale e politico-amministrativa. pa città «incompetente», a città «competente» questo è il passaggio decisivo che si deve operare. Ora qualcosa in questa direzione è avvenuto, e val qui La pena di sottolinearlo perché la nuova progettualità espressa si è anche talvolta delineata in atti concreti, visibili, proiettati soprattullo nel ridefinire «/'insieme» di Napoli verso il proprio interno e verso l'esterno. Ma, insisto, Napoli deve diventare città «competente», questo è ora il vero compito per il futuro. Che intendo comunicare con questa espressione? Che la politica complessiva deve diventare amministrazione, capacità meditata di scelta, forza di individuare percorsi amministrativi prevedibili e veloci, passerelle capaci di trasferire domande e bisogni in decisioni e scelte. Su questo, si gioca un vero destino della città come uno sguardo alle grandi metropoli europee dimostra a sufficienza. Uscire dall'idea deteriore di «napoletanità» è possibile se si compie questo passo decisivo. Ma bisogna far presto, giacché tutto il patrimonio di credibilità accumulato può non dico disperdersi ma certo indebolirsi se la politica non diventa «nonnalità», efficienza, ragionamento e decisione pacata sulle mille questioni che sono aperte, e che sono state aperte nella nuova Napoli. La vera novità è che non ci si possono più attendere doni dall'esterno, interventi risolutori affidati alla mediazione di un ceto politico, come avveniva nel passato. Oggi, è dal/'interno della città che si deve attendere la rinascita. E questo ha molto a che vedere con l'oggetto della ricerca diretta da Caterina Arcidiacono, perché dire che la speranza è tutta «dentro» la città, nelle sue energie sopite, nelle sue stesse lacerazioni evidenti, nella sua intelligenza depositata dalla storia di secoli, significa che i «giovani» diventano protagonisti: o protagonisti di questa rinascita o del ritorno indietro e della regressione. Ecco perché dai dati che questa ricerca offre, bisogna trarre la Lezione che più sembra importante: il rapporto fra la nuova generazione e le forme politico-istituzionali di una città che cambia. Se questo rapporto si salderà, Napoli ha delle speranze, se ciò non avverrà, i problemi potranno indurirsi ancora. Ma bisogna che la fiducia prevalga, giacché essa è già atto politico che prepara la salvezza. BIAGIO DE GIOVANNI

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Introduzione

L'obiettivo di questa ricerca è offrire ai protagonisti attivi di Napoli, a coloro cioè che agiscono per il suo funzionamento e trasformazione, dati e materiale di riflessione che aiutino a focalizzare iniziative e progetti per la stessa città. Abbiamo raccolto strumenti di «lettura delle città», e dei bisogni degli abitanti attraverso metodologie attive e partecipate di ricerca, capaci di raccogliere informazioni concernenti aspetti strutturali e antropologici relazionali; incrementare processi di scambio e comunicazione delle competenze e risorse per una buona amministrazione; attivare e diffondere strumenti e metodologie di partecipazione attiva, favorendo un processo di self-empowerment dei cittadini 1. L' attenzione alle città intese quali unità complesse e interagenti ha spinto alla individuazione di risorse e bisogni a livello di un grande contesto urbano del Mezzogiorno. Obiettivo ultimo è p0rsi come strumento per il superamento delle problematiche emerse e il potenziamento delle risorse individuate. Il nostro è un approccio che parte dalla psicologia di comunità e ne uti1izza gli strumenti di indagine e intervento. La psicologia di comunità è infatti quel segmento della psicologia che si occupa dell'interazione tra l'individuo e l'ambiente tenendo conto di ambiti multidimensionali; nel rivolgere l'attenzione a una grande città quale Napoli, c'è la convinzione che proprio le città, per fornire vivibilità e benessere ai propri abitanti non possono offrire solo interventi di manutenzione automatica 2. Questo richiede una nuova leva di amministratori capaci di unire fan-

l Cfr. Obiettivi e mezzi per il partenariato euromediterraneo, Fondazione Laboratorio Mediterraneo, Magma edizioni, Napoli, 1998, pp. 218-219, 298. 2 A. V ELLA, / segni della ciuà, viaggio di un sindaco attraverso i simboli della comunicazione, Edizioni T&M, Napoli, 1998, p. 74.


tasia, responsabilità e serietà-1. C'è necessità di forme di professionalità e nuove metodologie capaci di cogliere e canalizzare i bisogni in uno stretto processo di partecipazione attiva. La città nell'essere spazio di vita è luogo di affetti, di relazioni e scontri, di tradizioni e futuro. C'è pertanto necessità di conoscerne bisogni e risorse oggettive e soggettive. Conoscenza e progettualità sono ciò che consente la capacità di progetta­ zione; ciò è valido a livello aziendale, ma deve diventare lo strumento opera­ tivo di tutto il complesso movimento di federazione delle città e delle regioni che non attribuisce più alle città compiti di mera gestione ordinaria 4_ Il city marketing è uno strumento che ha alla sua base l'analisi del mercato e della pianificazione strategica oltre che l'analisi dei punti forza e di debolezza della propria offerta, unitamente alla capacità di individuare gli elementi di concorrenzialità s. Con quale approccio individuare bisogni e risorse? Al fine di individuare quali siano i bisogni emergenti di una complessa metropoli mediterranea, si è voluto prendere Napoli come oggetto di ricerca e non separare il tema dei bisogni materiali e immateriali da quello delle ri­ sorse presenti. Si è altresì ritenuto poco opportuno limitare la ricerca alla individuazione di indicatori sociali solo dalla letteratura corrente. Si è pertanto pensato di delineare i profili di comunità della città e proce­ dere poi con una ricerca-intervento partecipata, i cui risultati fossero 'resti­ tuiti' agli organismi ed istituzioni preposti al governo della città e significati­ vamente presenti al suo interno. Per costruire una welfare community che superi lo stato sociale, e che sia in grado di mettere in atto processi di presenza e attivazione sociale abbiamo infatti pensato di affrontare il tema dei bisogni e delle nuove povertà nel­ l'ambito dell'intero panorama di problemi e risorse che il sistema di riferi­ mento, in questo caso la città, offre. 3 A. BASSOLINO, La Repubblica delle città, Donzelli, Torino, 1996. 4 A. BASSOLINO, 8. BRACALENTE, M. CACCIAR!, V. CHITI, A. LA FORGIA,

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VITALI,

in: Mi­

cromega, 1/98, pp. 7-13. 5 R. VITELLI, Venezia, Genova, Napoli: idee per un triangolo culturale, in: Nord e Sud,

sett.-ott. 1996, pp. 65-73. L'autore richiama il riferimento alle 4 celebri P strategiche (parti­ tioning, prioritizing, positioning, providing) unitamente alle 4 P tattiche (product, price, piace, promotion ovvero prodotto, prezzo, distribuzione, comunicazione) che costituiscono la base del city marketing.

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I. Nuove povertà e nuovi bisogni Non vi è alcun fenomeno che più de lla povertà possa definirsi complesso, giacché in esso s i intrecciano varie forme di esclusione. Esclusioni formali e informali interagiscono s inergicamente nel ridurre le potenzialità del cittadino di rispondere ai propri bisogni. Sono queste le condizioni in cui si riducono le condizioni di esigibilità dei diritti sociali fondamentali. La prima considerazione concerne pertanto il fatto che i diritti di cittadinanza e l'esercizio de i diritti fondamentali non sono, infatti, ugualmente accessibili per tutti. La povertà non è così solo quella materiale. Si possono considerate nuove forme di povertà sociale sia l'esclusione e l'allontanamento dai processi sociali, sia l'i mpossibilità di accedere ai servizi e alle risorse. La povertà culturale e relazionale è infine anch'essa un'ulteriore forma di povertà largamente diffusa e pertanto l'indagine si allarga al tema dei valori e del benessere socio-ambientale e relazionale. «Dare considerazione ai processi di povertà significa oggi far crescere il senso di cittadinanza come partecipazione responsabile a partire dal proprio territorio, per esempio dalla conoscenza (con la corrispondente informazione) del lavoro degli Enti Locali e dall'incidenza sulla vita della gente. Le possibilità sono molte, dipendono da una capacità creativa e progettuale a cui appartenga, come un 'abito mentale', l'attenzione ai bisogni e alle povertà e la costante verifica dell'impatto sulle fasce più deboli di popolazione delle varie scelte (legislative, amministrative, economiche; a livello centrale e locale). In base a ciò verificare, per esempio, le politiche scolastiche e educative, gli iter formativi alle varie professionalità, l'organizzare i servizi alla persona e l'assetto del territorio, gli orientamenti per lo sviluppo economico e occupazionale» 6. Risulta così evidente come l'individuazione di povertà emergenti richiede anzitutto l'attenzione all'interazione di diversi fenomeni a livello locale e ter-

ritoriale. 1.1. Napoli città competente - Descrizione della ricerca Sono stati redatti il profilo territoriale, demografico, dei servizi sociosanitari e ricreativi culturali, lavorativo-occupazionale, antropologico-psicologico di Napoli. 6CARITAS ITALIANA, FONDAZIONE

E. ZANCAN, / bisogni dimenticati, Feltrinelli editore, To-

rino, 1997.

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Per ogni tema specifico sono stati consultati repertori e biblioteche cittadine, e fonti di ricerca nazionali. Alla luce dei materiali raccolti, l'équipe di ricerca unitamente al comitato di valutazione delle procedure 7 , riuniti nell'incontro del 13 giugno 1997, ha deciso che la problematica e mergente da approfondire e per la quale studiare misure di intervento fosse quella dei giovani in relazione alla tematica del lavoro. L'esame della letteratura, e dei quotidiani cittadini dei primi sei mesi del 1997, ha fatto individuare come prevalente i giovani e il lavoro. Inoltre l'esame dei progetti già in corso di realizzazione da parte di associazioni e enti locali aveva fatto rilevare l'assenza di iniziative significative in tale ambito. E così, dopo la raccolta della documentazione disponibile e la redazione dei profili di comunità, l'équipe e gli esperti del comitato di valutazione delle procedure nell'incontro del giugno 1997 hanno indicato come rendere operativa e partecipata la ricerca con giovani in relazione al lavoro. Pertanto in un processo di ciclicità della ricerca-intervento questa acquisizione è stata il risultato raggiunto dalla prima fase di ricerca, da cui poi si è ripartiti per gli approfondimenti successivi di cui alle fasi seguenti. Sono state infine effettuate circa 30 interviste di profondità con «testimoni privilegiati», altresì detti «esperti grezzi» (Fase II) e focus group (Fase Ili) con oltre I 00 giovani tra 20 e 30 anni con diploma di scuola professionale che fossero disoccupati, sottoccupati, attivi nei lavori socialmente utili, studenti, attivi nello sport e nel teatro e in progetti dell'imprenditorialità giovanile. Ciò al fine di delineare i bisogni emergenti a carattere materiale e immateriale in questo segmento di popolazione.

1.2. Empowerment e sviluppo umano Per descrivere un ulteriore criterio seguito, necessita qui una digressione sul concetto di empowerment, caposaldo della psicologia di comunità e a nostro parere altresì fondante dei percorsi culturali della Fondazione Humaniter.

7 Il comitato di valutazione delle procedure è composto da B. Zani (Università di Bologna), N. De Piccoli (Università di Torino), D. Francescato e M. Prezza (Università di Roma), T. Mannarini (Università di Lecce), riunito per valutare le procedure metodologiche della ricerca, conformemente alle indicazioni proposte da Rappaport dell'Università di Chicago.

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La tradizione culturale della Società Umanitaria 8, di cui Humaniter è una filiazione napoletana, sembra essere un'antesignana di quelle che oggi si chiamano politiche di empowerment ovvero promozione delle potenzialità e risorse individuali e collettive nel fare fronte ai problemi. Il suo fondatore nel proporre alle persone di sollevarsi da se medesùne intendeva dare voce e supporto alle capacità del singolo di utilizzare risorse inespresse acquisendo conoscenze e competenze di cui era carente. Ciò potrebbe essere reso oggi con le parole di Kieffer9: «sviluppo di un più potente senso di sé, in rapporto con il mondo (meno sensi di impotenza e alienazione) ; costruzione di una comprensione più critica delle forze politiche e sociali che impattano il proprio mondo quotidiano; elaborazione di strategie funzionali e di reperimento di risorse per raggiungere scopi personali ed obiettivi sociopolitici. - Il termine empowerrnent in psicologia di comunità intende così - i pattern e i processi attraverso cui cittadini svantaggiati acquisiscono maggiore potere».

2. Diagnosi di comunità e ricerca partecipata: note di metodo

La riflessione politica e filosofica sul concetto e definizione di comunità è oggetto di massimo interesse. Scarsa tuttavia la letteratura per indagini di comunità a livello di grandi aree orbane. È evidente che le città, grandi agglomerati urbani hanno assunto crescente interesse nella vita culturale e politica del Paese. Al loro interno le forme di aggregazione urbana rivestono interesse antropologico, sociologico e psicologico per le nuove forme di organizzazione che la vita relazionale vi assume. Esse rivestono grande interesse per la psicologia di comunità che attraverso un approccio di ricerca naturalistica (Rappaport, 1990) nell'ambito della tradizione dell'human ecology (Park, 1925, 1952) ha colto le sollecita8 Prestigioso ente laico di accoglienza e promozione sociale, costituito a Milano nel 1&93 per volere di Moisè Loira con lo scopo di «mettere i diseredati in condizione di rilevarsi da se medesimi, procurando loro appoggio, lavoro e istruzione». Nel corso di 100 anni l'opera dell'Umanitaria si è articolata in interventi di tipo sociale e culturale, nella convinzione che l'elevazione culturale e l'emancipazione culturale sono due facce della stessa medaglia. Ha avuto rilevante funzione sociale nel primo Novecento. Oggi, a Milano, è spazio di fertile dibattito culturale; suo ambito privilegiato d' intervento: le nuove povertà ai margini della società moderna. 9 C.H. K1EFFER. 1982, in: ARCIDIACONO et al. , Empowerment sociale, Franco Angeli, Milano, 1996, p. 17 e p. 31.

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zioni della sociologia di origine tedesca (Tonnies, 1887) ampiamente sviluppate dalla scuola ecologica di Chicago 10. In questo filone si colloca il modello di diagnosi di comunità proposto in Italia da Francescato ( 1983), descritto, analizzato e sperimentato da Martin i e Segui (1995) che tiene conto di un approccio multidimensionale alla lettura della realtà sociale comunitaria. Sua peculiarità è porre attenzione alla individuazione delle risorse, cosiddette 'punti forza' di ogni sistema o individuo; assunto valoriale di base è favorire in tutte le circostante processi di partecipazione attiva, e pertanto anche nella gestione e indirizzo della realtà locale. La ricerca presentata nelle pagine seguenti vuole sperimentare questo paradigma per approfondire le risorse e le problematiche di Napoli. Attenzione è posta nell'avere la città quale protagonista della ricerca, in questo senso l'équipe di ricerca si colloca come strumento di raccolta ed elaborazione di materiali, da restituire alla comunità promuovendo l'attivazione di strumenti di cittadinanza attiva. Ulteriore scopo, ugualmente significativo, è quello di verificare la validità della metodologia di ricerca utilizzata, e il suo riutilizzo in altri contesti; last, but not least, la necessità di individuare stmmento e metodologie mirate, il più possibile attive e partecipate, in particolare per quanto concerne la ricerca sui processi comunitari. Il concetto di comunità sviluppato dalla letteratura statunitense nello studio e definizione di piccole comunità locali e più di recente in interventi di promozione dello sviluppo ad opera di organismi internazionali nelle aree svantaggiate del globo, ha assunto come punto di riferimento lo studio e l' intervento al livello dei bisogni delle piccole comunità locali. Tonnies distingue tra comunità e società, l'una Gemeinschaft in cui i vincoli sono basati su «un modo di sentire comune e reciproco» con un condiviso patrimonio valoriale e l'altra Gesellschaft ove il contratto e la certezza del diritto definiscono le regole comuni. Differenza ancor meglio definita da Weber nella distinzione tra comunità nel senso di appartenenza affettiva Vergemeinschaftung e comunità dove il legame è stabilito statutariamente, dove si ha una comunità di interessi razionali Vergesellschaftung (tradotto con associazione) rispetto a valori e IO Per una discussione sull'esame della dimensione comunitaria nel suo passaggio attra-

verso la filosofia antica, i grandi movimenti di pensiero della cultura occidentale fino al nascere della sociologia e dello spazio che essa occupa nella psicologia cfr. Amerio 1995a, pp. 19-36 e 1996. 6


scopi comuni. L'affermarsi di tale distinzione ha tradizionalmente collocato le grandi città al di fuori del paradigma comunitario. Solo di recente la letteratura sociologica sembra avere superato tale dicotomia (Donati, 1993). Di particolare ricchezza il contributo di Esposito ( 1998) 11 che nella rilettura di Hobbes e Heidegger mina i presupposti teorici di una comunità intesa come comunanza di ideali, ma fonda la presenza della società civile, quale strumento di solidarietà e connessione che renda migliore la vita dei piccoli e grandi aggregati umani. Nella vita delle grandi città l'insorgere di associazioni di autoaiuto, volontariato e del privato sociale esprime sia l'esigenza dei cittadini, sia della organizzazione societaria che valori comuni siano di riferimento a tutta I' organizzazione sociale. Anche al di fuori della psicologia e della sociologia si costituisce l' emergenza di un pensiero che pone la mutualità alla base dei rapporti sociali. Ai diritti fondamentali che lo stato deve garantire, il cittadino unisce il bene della solidarietà, del volontariato, della relazione. L'ente locale è sempre più consapevole delle proprie funzioni di indirizzo e governo nonché di promozione e attivazione sociale; in questo senso un comune attivo solo a livello della definizione societaria risulta ormai carente e inadeguato. 2.1. Comunità grandi: le città Si vuole così sperimentare come la diagnosi di comunità può essere utilizzata in una grossa area urbana, quale la città di Napoli, e allo stesso tempo quali indicazioni metodologiche devono essere assunte e seguite. In questo senso ad esempio, la funzione di <<esperti grezzi» non va assegnata a figure attive nel quartiere e nel piccolo villaggio. Quella che in tali comunità può essere la funzione del farmacista o del prete, viene qui assunta dai rappresentati delle organizzazioni di cittadini e di · servizi della città già attivi in alcuni ambiti specifici della vita sociale. La nostra ricerca, nella fase preliminare, ha pertanto dedicato ampio spazio alla discussione di come individuare figure chiave nella vita della città. Si è vagliato se focalizzare la ricerca a livello di alcuni quartieri emblematici, predefinendo ambiti specifici di ricerca. Ciò avrebbe consentito un

11 C. ARCIDIACONO, Note in margine a Communitas, in: Psicologia di Comunità, anno I, ottobre 1998, pp. 3-5.

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attivo radicamento nelle dinamiche circoscrizionali e una più diretta partecipazione alla vita sociale (in questo filone, nell'ambito di un approccio interdisciplinare attivo e partecipato alla vita dei bambini nel quartiere, la ricerca di Miretta Prezza in V circoscrizione di Roma ha carattere emblematico). Tuttavia, per tematiche che coinvolgono indistintamente la vita della città, ove alcune possibili azioni sono a livello comunale, l'azione a livello di quartiere non costituisce a nostro parere un motivo privilegiato. La necessità di partire dalla ricerca di bisogni sociali prioritari presenti in un'ampia comunità e di individuare forze attive per la loro risoluzione o per essi vincolanti deve, nella nostra esperienza, necessariamente portare, attraverso una metodologia ad «imbuto», alla definizione di un ambito di ricerca più ristretto e definito. Solo in questo modo si può soddisfare l'esigenza di complessità coniugandola con la specificità e concretezza di un tema focale da affrontare.

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PARTE PRIMA

Ricerca fase I.

NAPOLI CITTÀ COMPETENTE: DIAGNOSI DI COMUNITÀ



I. Sotto il sole del Vesuvio. La città attraverso immagini, stereotipi e senso di comunità*

I . Profilo psicologico e senso di comunità

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Napoli è ricca di descrizioni che caratterizzano la città e i suoi abitanti. Pertanto per non incorrere nell'ovvio ed essere allo stesso tempo in grado di delineare elementi utili per comprendere la vita della città e i suoi trend di sviluppo, abbiamo deciso anzitutto di rintracciare in contributi noti e significativi della letteratura sulla città gli indicatori per individuare un profilo antropologico-psicologico della città attuale, utile per comprendere le dinamiche di appartenenza, identità e progettualità che in essa si esprimono. Remo Bodei (1998) ci invitava recentemente a riflettere sull'indebolimento dei legami comunitari e del senso di appartenenza di tutti i cittadini ad un'unica storia come possibile risorsa, considerando «i l fatto che vi siano più memorie separate e inconciliate» addirittura un vantaggio. In questo scenario di «noi diviso», è desiderio e scopo di questo lavoro conoscere come si compone il nostro noi napoletano e meridionale e come esso possa agire nelle interrelazioni sociali di un sistema planetario e nella costruzione del nostro comune futuro di paese europeo. La griglia di lettura utilizzata è quella proposta dalla psicologia di comunità. Il presente volume indica una possibile modalità di applicazione in relazione a grandi e complesse realtà urbane, quale Napoli. 1.1. Rappresentazioni e narrazioni quotidiane della storia

Parlare della storia di Napoli significa ripercorrerne le vicende dai tempi della fondazione di Palepolis e Neapolis sul Monte Echia a opera di coloni greci, attraverso le conglobazioni greche, romane e poi nel corso dei secoli i successivi ampliamenti viari, sovrapposizioni, stratificazioni e fortificazioni, cinte murarie e castelli strategici attuati nel Regno di Napoli e da coloro che

• C. Arcidiacono. 1I


lo conquistarono. Napoli è città dalla storia articolata e complessa. «Per circa duemila anni città capitale. Capitale di un ducato autonomo o cli un regno, che in alcune non brevi sue età, ha avuto rilevanza di un impero egemonico e mondiale» 1 • Capitale unica, con più lingue, differenti etnie e contrapposte classi sociali 2 . Molte le dominazioni succedutesi e le influenze subite. Si possono contare le innumerevoli 'genti' che hanno ottenuto il governo del territorio: Romani, Ducato cli Bisanzio, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Francesi, Spagnoli, Austriaci. L'intero percorso è molto lungo e complesso; oltre 15 differenti popolazioni si sono succedute. Si possono tuttavia anche enumerare i diversi periodi in cui la città ha mantenuto la propria autonomia ed è interessante osservare le forme di governo stabilite dai vincitori. Sottomessa dai Romani nel IV secolo avanti Cristo fu governata attraverso un patto federativo. Per quasi tre secoli, dal 763 al 1139, il piccolo stato napoletano è autonomo e lotta contro Saraceni e Longobardi. Pur nella successione di diverse dinastie e nel vassallaggio di Roma, dal 1266 con I' arrivo di Carlo d'Angiò fino al 1501 il regno di Napoli è indipendente. In seguito sia sotto gli Spagnoli e i Francesi le strutture di governo contemplano forme di autonomia locale nei processi decisionali. A detta di Croce anche per Ferdinando II massimo scopo fu, dopo aver sottratto il regno alla tutela austriaca di mantenerlo indipendente, libero anche dalle influenze inglesi, allora potenti nel mare, «un regno nelle cui vicende nessun altro stato avesse da immischiarsi» 3. Vi sono stati conflitti dell'aristocrazia verso l'autorità reale (I e II congiura dei Baroni del 1458 e 1487); insurrezioni popolari per evitare I' introduzione, in forma più esasperata delle sanzioni del Santo Ufficio (1547); conflitti tra le diverse classi sociali 4 di cui è testimonianza la vicenda dell'Eletto Genoino che nel 1620, con l'appoggio del Viceré, schierato contro i nobili, rivendicava benefici per le classi inferiori. Sommosse e tumulti contro lo stato per dogane e gabelle (la più nota è la rivolta contro gli Spagnoli I

F.

TESSITORE,

L'immagùie della cultura, in: AA.YV., Ritratto di Napoli, F. Fiorentino

Editore, Napoli, 1994, p. 59. 2 Nel '600 erano in uso il latino, il tosco e il napoletano; vi abitavano greci, ebrei, autoctoni urbani e immigrati dalle terre del regno, genovesi, fiorentini ecc.; aristocratici, lazzari e popolo minuto. ' B. CROCE, Storia del Regno di Napoli ( 1924), ed. 1992, p. 325. 4È interessante che all'epoca del Viceregno spagnolo nel governo della città esistesse ancora un Sedile del popolo il cui Eletto presiedeva al Governo della città insieme agli Eletti della nobiltà degli altri Sedili. I suoi effettivi poteri in realtà erano molto ridotti , ciononostante nella seconda metà del Seicento si attuò la totale sottomi ssione degli Eletti del seggio popolare ormai scelti per designazione di palazzo.

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capeggiata da Masaniello nel 1647) che porterà poi alla breve real repubblica napoletana sotto la guida del duca di Guisa; a cavallo del '700 si acuisce il conflitto tra clero e nuove correnti culturali sa cui segue la insurrezione capeggiata dal principe di Macchia ( 170 I) che fa da premessa alla presenza austriaca in città; per non tralasciare la pur sconfitta rivoluzione del 1799. La vivacità politica e l'irrequietezza del pensiero non è mai assente: si rintraccia anche più recentemente nei noti moti carbonari ( 1820), nelle lotte per l'unificazione d'Italia che portano Garibaldi a Napoli nel I 860, durante il II Conflitto mondiale nella cacciata dei tedeschi (4 giornate di Napoli del I 943). Insomma una storia che non è possibile leggere solo come sottomissione. La storia di Napoli non è solo una storia di vinti: di chi non è entrato in quella del Paese né con il Risorgimento né con la Resistenza. È tuttavia una storia di chi ha negletto e rimosso il proprio passato facendo spazio al dominatore, ritirandosi allo stesso tempo nel proprio privato in una sorta di non adesione, silenzioso misconoscimento, assenza di consenso. Nelle diverse epoche uomini e donne di cultura, sovrani e sovrane illuminate, pittori e pittrici, insigni poeti, teatranti musici e cantori famosi sono stati suoi ospiti; politici e amministratori accorti, rivoluzionari e pensatori ne hanno retto le sorti. In una prospettiva di genere sarebbe interessante conoscere meglio le vicende delle donne che hanno retto le sorti della città quali ad esempio la regina Sancia di Maiorca, moglie di Roberto d'Angiò, fondatrice del convento di Santa Chiara; studiare le modalità di esercizio del potere delle regine governanti quali nel XIV secolo Giovanna I, prima donna a cingere la corona del regno di Napoli; o ancora la promozione della cultura e il buon governo delle più autorevoli mogli di re quale ad esempio Isabella di Lorena moglie di Renato d'Angiò, nominata dal marito luogotenente generale del regno dal 1434 al 1438. O ancora lo spazio pubblico di nobili non mogli quali la potente anonima Lucrezia d' Alagno, all'epoca di Alfonso il Magnanimo; e così via con le donne come Vannella Gaetani, attive nella congiura dei baroni, ecc. Lo stesso dicasi per le donne di grande cultura del '500 o la «esplosione di genio femminile» 6 a Napoli nel '700 - si pensi tra le altre ad Enrichetta Caracciolo. Quante sono le napoletane per cui Vittoria Colonna, Isabella

5 Tra il 1688 e il 1693 si imbastì il famoso processo per ateismo che aveva per nemico il moto di cultura iniziato negli ultimi decenni del '600. 6 M.A. MACIOCCHI, Cara Eleonora, Milano, Bur, 1996.

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Bresagna o la più vicina Jessie White Mario sono nomi che suscitano emozione o ammirazione? La felice ricorrenza dei duecento anni della rivoluzione del 1799 sta per fortuna rivitalizzando il dibattito sulla funzione della Pimentel e della Sanfelice nella rivoluzione dell'epoca e nella storia insieme alle molte altre presenze femminili in quegli eventi . Questi riferimenti a vice nde note e meno note vuole portare l'attenzione sul fatto che la storia di una città è data anche dal modo in cui essa viene rac-

contata e tramandata: i personaggi che vi assumono rilevanza e rispetto. Ripercorrere il senso di questa grandezza, o della sua assenza nella immagine dei napoletani è di estremo interesse. Pestilenze, emozioni, invasioni, rivolte, differenti dominazioni hanno costruito una storia dove la tradizione è solo certezza di possibile mutamento e non sempre di sicuro benessere. In questo senso è città viva, dall'intrinseco senso del cambiamento; il che da una parte è continua incertezza, per contro è capacità di cogliere e affrontare il cambiamento. Per Napoli non sembra esservi memoria e orgoglio delle complesse e alterne vicende che hanno avuto la città come protagonista colta e potente. La presenza di dominatori stranieri sembra avere oscurato ogni altra forma di ricchezza. Le peculiarità attribuite ai napoletani, oziosità, illegalismo e arte di arrangiarsi sembrano le uniche eredità del passato da ascriversi alle origini esclusivamente lazzare e incolte della città. Se poi si inscrive la storia di Napoli nella storia del Meridione ancora più cogenti gli effetti di una unificazione d'Italia che ha quasi i caratteri di un'annessione impotente. Riferisce Ghirelli (1973) che i Romani avevano nei confronti dei Greci sensi di inferiorità e ne riconoscevano la tradizione e cultura. Non altrettanto sembra dirsi per la considerazione mantenuta dal Regno Borbonico nella costruzione del Regno d'Italia. Ciò che qui ci interessa indagare è anzitutto il rapporto dei cittadini con

la propria storia, ovvero quella che sembrerebbe dirsi la non storia. Non ci interessa l'approfondimento della conoscenza storica, ma cercare di riflettere sulla memoria, rappresentazione e processi identitari degli attuali abitanti. Se da un lato esiste, e da sempre, un esiguo gruppo di intellettuali e borghesi colti a cui sono note le vicende della città, anzi direi di cui sono ben edotti e informati, per contro la più grande parte della popolazione non ha alcuna memoria consapevole del proprio passato, né fierezza delle proprie origini. Oggi, il primo gruppo è ben più vasto, attraversa la borghesia tradizionale e si nutre dell'interesse delle nuove generazioni. 14


Manca invece una cultura storica di base diffusa. Un fiero e orgoglioso senso di appartenenza. È una capitale di cui gli abitanti sembrano essere detronizzati. La memoria collettiva si nutre dei suoi personaggi più pittoreschi, lazzari e poco edificanti. Si conosce ad esempio il pescatore ribelle Masaniello e il Re Nasone - Ferdinando IV - anch'esso lazzaro e avvezzo solo alla lingua napoletana, ma pochi conoscono i meriti di Bernardo Tanucci di o rigine toscana che amministrava egregiamente per suo conto. Anche la tradizione culturale della città risente di quella memoria dissipativa che mantiene ma non ricorda. Così per la presenza di Sannazzaro, le sue prestigiose accademie, il pensiero di Vico e lo spirito dell'abate Galiani e ancora, i contributi di Filangieri e Genovesi; ne11'800 la presenza di Fortunato, Villari De Sanctis e più recentemente Croce e Labriola e così l'attività dei primi rivoluzionari unitari, Settembrini e Spaventa, e ancora per quanto di grande è stato prodotto nella musica nel teatro e nelle arti. Con l'Unificazione d'Italia, la storia locale risulta sussunta in quella nazionale. Il passaggio all'Italia unita attraverso l'unificazione al regno di Sardegna, nel ruolo di vinti ha creato un posizionamento scomodo per tutte le istituzioni e risorse del Sud. Le istituzioni sociali dei Borboni; pur sopravvissute nella storia locale, non hanno mantenuto idonea dignità nazionale. La Real casa dell'Annunziata, ad esempio, prestigiosa istituzione secentesca che soprintendeva alla gestione e manutenzione della infanzia abbandonata, con il passaggio nazionale ha perso di rilevanza culturale. Per contro l'Istituto degli Innocenti di F irenze, nei secoli ben meno importante dell' Annunziata, è oggi banca dati del Ministero degli Affari Sociali per i problemi dell'infanzia, continua a svolgere attività per i minori in difficoltà avendo saputo mantenere e onorare le proprie tradizioni. A partire dagli anni '80 si è attivato un apparentemente silenzioso, ma direi corale, lavoro di recupero della tradizione e storia napoletana in relazione

ai grandi temi del Mezzogiorno, della cultura, arte, musica e recupero della memoria dei luoghi di cui sono testimonianza il sempre più ampio numero di pubblicazioni e ristampe dei 'classici' della cultura napoletana (Croce, Doria, Colletta, Fortunato, Compagna, Genovesi, Basile), e della letteratura e teatro (Totò, De Filippo, di Giacomo, Ortese, ecc. ecc.) e dei 'forestieri' che hanno scritto sulla città. Le grandi mostre sulla civiltà del '600 e '700 degli anni '80 hanno permesso una nuova e forte rappresentazione della storia della città ai suoi abitanti e al mondo intero. 15


Valore emblematico ha avuto in questo processo l' Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che attraverso le parole di Gerardo Marotta non manca di denunciare la perdita della memoria storica e la necessità di «far appassionare le nuove generazioni ai grandi temi storici come quello che riguarda l'esempio di educazione politica che proviene dalle caratteristiche delle nostre grandi rivoluzioqi.·che nel 1799, nel 1820, nel 1848 e nel 1859 videro, come parte negativa, l'inerzia della borghesia e del brigantaggio politico sempre risorgente e, come parte attiva, le minoranze degli uomini di cultura che non avevano interessi materiali da difendere e che, vocati all'universale e all'interesse generale, si oneravano di quei compiti che in Francia nella Grande Rivoluzione si era assunti la classe borghese impegnata, per la sua affermazione, nella creazione del mercato nazionale e nella formazione dello stato moderno» 1. L'infelice rapporto dei napoletani con la propria storia afferma a gran voce la improrogabile necessità che la storia locale sia oggetto di studio nella scuola dell 'obbligo. Visite degli alunni e studenti delle scuole al Museo di San Martino per conoscere la storia civica della città; percorsi guidati alla ricerca delle vestigia delle diverse epoche dovrebbero essere parte integrante dei curriculum scolastici. La scuola fornisce l'educazione di base ed è ad essa che va rinviata la costruzione del senso civico di un paese. L'attaccamento di gruppi colti e politicamente avvertiti sempre più vasti alla memoria non è sufficiente per costruire il senso civico dei cittadini. È questo un primo elemento che deriva dalla attenzione alla storia della città. Solo la conoscenza delle vicende nella loro complessità consente di superare stereotipi e immagini parziali che si tramandano e in qualche modo entrano a far parte dell'autorappresentazione dei napoletani e dei processi identitari della città. 1.2. Immagini e stereotipi Vorrei ora riprendere alcune delle tante immagini della città tramandate nei secoli per capire di cosa si sono nutriti i suoi abitanti e quali stereotipi si siano creati. È in questo tessuto che si colloca la storia futura della città.

7 G. MAROTIA, Se da Napoli riparte la Vandea, Iceberg 3, Napoli capitale europea, in: Micromega, Editrice Periodic i Culturali, 3/94, p. 138.

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I topoi classici sono la solarità dello spirito napoletano le cui voci e suoni si esprimono nelle emozioni e passioni della musica e del teatro, l'arguzia e lo spirito creativo; a questi luoghi dell'immaginario collettivo si contrappone il disordine, il degrado e la confusione, l'assenza di regole e confini. «Gli osservatori della realtà napoletana hanno fatto proprio uno dei due aspetti più radical i della ' lettura' che a essa si può dare. A un estremo, coloro che apprezzano Napoli per le bellezze naturali, artistiche, storiche ed anche culturali, ma disprezzano, fino al disturbo e alla ripulsa ossessiva, la sua visceralità, il 'carattere' napoletano, levantino, ciarliero, superficiale, imbroglione, troppo 'carnale' ... All'altro estremo, coloro che difendono, anzi profondamente amano Napoli per i motivi esattamente opposti : perché resiste alla modernità, ai suoi aspetti disumanizzanti e omologanti. Pasolini aveva paragonato, per questa resistenza, i napoletani ai tuareg» s. Per rintracciare i 'fili ' della vasta letteratura sulla città di Napoli esaminata al fine di definire il «profilo antropologico-psicologico» del napoletano, così almeno nella definizione che assume nella descrizione letteraria, ho voluto entrare meglio in questo grande immaginario, racchiudere neJla individuazione di profili, in qualche modo contigui, ma allo stesso tempo differenzianti, la descrizione della città e degli abitanti. A una Napoli 'degli ozi', sede della ricca borghesia romana di età imperiale, succede la Napoli paradiso degli umanisti. «Capitale mitologica degli angioini e degli aragonesi, splendido borgo di Boccaccio, l'idillio quattrocentesco delle 'dolcissime aurette' o delle 'onde odorose care a Jacopo Sannazzaro'» 9. La città il mare e i suoi giardini - territori dell'armonia perduta esprimono una straordinaria bellezza accompagnata da clima che non conosce gelo e rovente calore. Napoli è città edenica, meraviglia del mondo, regno di armonia naturale. «Quel che più conta in questo ritratto, sono i 'vaghissimi giardini', e le fontane e le acque che dei giardini sono appannaggio, e che ' la fanno sempre ridente nell'amenità di tante riviere'». A partire dal '600 lo scenario naturale si accompagna con immagini di passione, carnalità violenta, talvolta impudicamente oscena. È una città ofana e boriosa nella sua aristocrazia, cenciosa nella sua plebe che pur tuttavia esprime attraverso le arti la passione e vitalità prorompente della sua brulicante umanità. Caravaggio con le sette Opere del Pio Monte della Miseri-

8 V. D1N1, R. EsPOSITO, O. NICOLAUS, Il mare bagna Napoli. Le ragioni della sinistra, in: Micromega, 4/93, p. 34. 9 A. GmRELLI, La storia di Napoli, Einaudi, 1992, p. 27.

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cordia, cavalli e cavalieri possenti di Aniello Falcone, 'beoni stravolti, ragazzi deformi dal sorriso ebete', vecchie barbute dei quadri di Ribera ne sono rappresentazione emblematica. Nella seconda metà del '700 la ricerca neoclassica delle forme e dello stile porta l'attenzione su l retaggio della tradizione romana e greca. Le stampe dell'epoca ove cimeli e iscrizioni antiche sono oggetto d'attenzione ne sono testimonianza. [n quegli anni la città è allo stesso tempo gentile e abitata da diavoli 10; nei diversi riferimenti sociali dei visitatori: «Napoli vien detta la gentile, epiteto in verun modo da disputarle; e chi vuol esserne convinto conversi solo colla nobiltà ed entri nei chiostri, che ne potrà fare esperienza, perché certo non ne uscirà che colmo di civiltà e pieno di soddisfazione» 11. A Kaspar Goethe che apprezza la cultura delle classi alte rispondono i viaggiatori che si addentrano nei fondaci oscuri dei lazzari di cui la rassegna di Mozzillo (1993) dà ampia disamina. La più piena letteratura del grand tour sarà poi focalizzata sul pittoresco: espressione che coniuga in sé l'insieme di stravaganza, creatività insolita e pur tuttavia affascinante e paradisiaca 12. Grotte urbane, camminamenti e passaggi segreti sotterranei, teschi accuditi e lavati, sangue che si liquefa, sorgenti sulfuree, montagna incandescente ne sono l'attrazione oscura; il richiamo della vita attraverso l'immediatezza del gesto e la comunicazione emotiva costruiscono il mito del 'gemtitige rohe Knabe', il buon selvaggio di Ghoete. Il pittoresco divénta nel tempo sempre più invivibilità e lazzaroneria. Nel procedere dell'800, Dickens si compiace nel volersi differenziare dal viaggiatore neoclassico alle cui descrizioni e acquerelli non vi è monumento, statua o dipinto famoso che possa essere sfuggito 13; e con le sue parole dà voce alla denuncia sociale del degrado della città: «Noi che pur siamo amanti e ricercatori del pittoresco, non dobbiamo fingere di ignorare la depravazione, la degradazione e la miseria a cui è irrimediabilmente legata l'allegra vita di Napoli!» 14• Tale voce isolata diverrà nella seconda metà dell'800

10 Il riferimento è alla celebre descrizione di G uvOT DE MELVILLE ( I718), Paradiso abitato da diavoli. 11 J. GASPAR GOETHE, Napoli ciuà gentile ( 1740), Alfredo Guida, l 993, Napoli, p. 116. 12 fl corricolo di DUMAS (1835) si inscrive in questo approccio. 13 C. D1CKENS, Pictures /rom ltaly, 1846, ed. by D. Paroissien, Deutsch, London, 1973,

p. 36. 14C. D1cKENS,

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Impressioni di Napoli, Colonnese E., Napoli, 1985, p. 39.


rinforzata da autori locali: pensiamo a I vermi di Mastriani, il Ventre di Napoli ( 1884) di Matilde Serao, Jessi White Mario, ecc. Nel secondo dopoguerra la descrizione della città riprende il carattere del degrado, in qualche modo potenziato; è come se a esso si aggiungesse una sorta di connotazione morale. Immagini di degrado umano e sociale della brulicante e rumorosa città compaiono in ogni epoca a contraltare del paradiso dell'armonia. Pur tuttavia è dopo l'Unità che assumono carattere di coralità, senza scusanti pittoresche. «La denudata Sirena mostra tutta la miseria de lla sua vecchia carne, antiche ferite e più recenti metastasi, profonde lacerazioni, purulente e sconce cicatrici, ma nessuno si muove a soccorso»"· 'Sollevare la sottana di Partenope', oscura la grande capitale che fu. È lo sguardo impietoso del vi ncitore che si addentra nella terra del vinto. In questo senso la lette ratura di denuncia sociale diventa strumento di oppressione e identificazione con il vincitore. Mi viene da pensare che forse l' ironia di Totò non trovò colti estimatori proprio in quanto la sua rappresentazione non ha mai permesso le lenti de lla distanza o del disconoscimento. Tra le immagini attuali due mi sembrano le più forti: da un lato la descrizione disperata e violenta e impotentemente morta delle periferie di Lanzetta e dall'altra l'immagine identitaria di orgoglio e forza a cui Bassolino ha fatto da coagulante e promotore, di cui parleremo in seguito. 1.3. Identità e senso dei luoghi Napoli è forse l'unica città al mondo ad essere ospitata dalla natura; mentre Roma, Parigi, Londra, New York ecc. ospitano pezzi di natura (parchi, fiumi ecc.) Napoli è ospitata in un contesto naturale tra i più meravigliosi del mondo: il Vesuvio con la sua dinamica distruttiva e il mare con le sue metamorfosi, le isole di Capri e Ischia, gli scenari lunari dei Campi Flegrei. Napoli è viva e potente: il sangue vivo che si rapprende e scioglie nel miracolo di San Gennaro e della meno nota Santa Patrizia; città dalle acque sulfuree che sgorgano in pieno centro (fonte di Santa Lucia) sotto l'irrequietezza e turbolenza del sonnacchioso e potente Vesuvio con cave di tufo naturali e artificiali che fanno da contraltare alla città della luce. Questa natura sovrasta i pezzi di città e ne condiziona la vita e lo sviluppo.

15 A. MOZZILLO, Quartieri bassi, in: D'AMBRA, Napoli antica, Di Mauro Editore, Napoli,

1993, p. XIV.

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L'identità col lettiva più recente c i parla di una città all'ombra del Vesuvio e non di una città sotto il sole del Vesuvio 16. Considerando che esso è a est non ha mai potuto fare ombra, e che all'alba è da lì che spunta il sole, s iamo già, nel primo impatto con la natura dei luoghi, a confrontarci con la loro rappresentazione. Insieme al Vesuvio, il mare ne lla sua presenza o assenza è il primo genius loci napoletano. È un'identità immateriale e simbolica. Non ha attributi. È punto di riferimento fondamentale. Il mare di Napoli è. Spesso si sente ripetere che Napoli è città medite1rnnea. Quale s ia il senso di questa affermazione non è chiaro. L'attributo ha di per sé mille significati e molte accezioni: intende la presenza di un mare antico, la memoria storica di molti arrivi e partenze. Richiama emozioni e segreti, passioni ed amori, melanconia e dolcezza. Con Braudel mi sembra di trovare la mediterraneità c he meglio esprime la città. Mediterraneo crocevia, paesaggio fisico ed umano che «si presenta al nostro ricordo come un'immagine coerente, un sistema in cui tutto si fonde e si ricompone in un'unità originale» 11. Melting pot di tradizioni, religioni, storie e identità confusamente sovrapposte e originalmente intessute nelle radici storiche delle emozioni e delle identità napoletane come è affermato nel bell'articolo di Micromega del

J993 IL mare bagna Napoli is. Quale l'essenza profonda del Mediterraneo? Il susseguirsi interminabile, ieri e oggi del confluire di favori e maledizioni della natura e di sforzi molteplici degli uomini in un paesaggio fragile interamente creato dalla mano dell'uomo; un luogo ove tutto «ha dovuto essere costruito, spesso più faticosamente che altrove 19»; che risiede sotto il sole e l'ombra di una geologia ribollente e minacciosa. Uno spazio dell'uomo e del la natura dove la fatica si coniuga con l'intelligenza. Uno spazio che non impartisce lezioni di misura, ordine e armonia classica. il Mediterraneo aspro e inebriante in cui Braudel ha scelto di stabilirsi: «Il mediterraneo dei poveri» 20.

16 M. CAPASSO, C. ARCIDIACONO, Sotto il sole del Vesuvio, Fondazione Laboratorio Mediterraneo, materiali di lavoro, 1994. 17 F. BRAUDEL, Il Mediterraneo ( I 985), tr. it. Bompiani, Milano, I 987, p. 9. 18 V. DINI, R. ESPOSITO, o. NJCOLAUS, Il mare bagna Napoli, in: Micromega, 4-93, pp. 29-40. 19F. 8RAUOEL, op. cii., p. 19. 20 Ibidem, p. 282.

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1.3.1. Una città di frontiera, un luogo di mezzo e di contaminazione La apertura verso il mare rende Napoli città aperta. Bassolino pensa che questo tratto fondante determini «un pluralismo etnico culturale restio agli integralismi>> 21. La Napoli dei sentimenti, della cultura romantica trovava nella famosa fenestella iI suo genius Loci. Piazza del Plebiscito è il simbolo del recupero di una tradizione storica di grandezza e festosità. Tale luogo ha funzione unificante, di costruzione di identità cittadina. In questo senso non è luogo di vivibilità ordinaria, di incontro e intrattenimento. Non è parco giochi; non è area attrezzata. È il luogo delle grandi manifestazioni, dei grandi concerti. Tutto ciò che accompagna la piazza è grande: era il luogo dei grandi comizi in cui negli anni '60-'70 si misurava la forza dei partiti e degli oratori; era la piazza delle grandi feste borboniche. È un santuario della civiltà laica, vubta di panchine ed edicole, piena delle grandi aggregazioni ideali. L'identità dei luoghi si esprime attraverso la funzione di aggregazione simbolica che alcuni luoghi rivestono rispetto ad altri. Si può in qualche modo effettuare una mappa dei percorsi rituali cittadini che scandiscono le fasi della vita e il rapporto tra le generazioni e i gruppi sociali. Anche il mare non a tutti appartiene nello stesso modo: la differente fruibilità del mare caratterizza i diversi gruppi sociali. Sono esistiti persino abitanti dei fondaci che non lo avevano mai visto. Nel secolo scorso Santa Lucia e l'attuale Mergellina appartenevano al popolo e alla plebe. Gregorovius (1853) dà un'accurata descrizione dell'uso del lungomare in rapporto alle attività e alla classe sociale dei cittadini evidenziando che invece, dalla zona intermedia, tra Castel dell'Ovo e la rotonda Diaz, ovvero i Giardini dell'attuale Villa Comunale, «il popolo vi è escluso; i giardini appartengono solo alle classi superiori. Sulla spiaggia stessa non si vedono che pochi pescatori, ed i bagni che sorgono colà costano troppo caro». I conflitti tra pescatori estromessi dal mare all'epoca della realizzazione della Villa, i compromessi negli anni seguenti per l'ormeggio delle barche, la vendita del pesce, e le recenti conflittualità per le licenze agli acquafrescai sono emblematici dei diversi percorsi di appartenenza al mare della città e delle modalità di risanamento dei conflitti e definizione di confini tra popolo e classi agiate. 21 Intervista di Gennaro Sangiuliano con A. Sassolino, Ciuà meridiana, fronte della diversità, in: Nord e Sud, Napoli, marzo I 996.

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Le attuali Santa Lucia e Mergellina nulla hanno a che vedere con gli stessi siti prima de l risanamento quando erano un brulicare di voci, suon i, folle e mercati 22 . Il permanere su via Caracciolo di un mercato ambulante di pesce negli orari mattutini dà il segno di un compromesso urbano tra esigenze contrapposte. La litoranea nell'area portuale ri sulta invece dedicata alle attività comme rcial i nel comune consenso cittadino. Il bisogno di recuperarne la vivibilità per qualificare la vita urbana insieme alla promozione della sua funzione commerciale è un obiettivo recente. 1.3.2. La memoria perduta e confusa dei luoghi Le molte dominazioni succedutesi non avevano rispetto per le vestigia delle epoche precedenti; il progresso e la trasformazione avvie ne così nella disattenzione per la memoria dell'identità dei luoghi. Il San Carlino, famoso teatro di Pulcinella al porto, è ormai solo un luogo della parola 23. I Centri culturali e politici si spostano nei secoli da un luogo all'altro, pur in uno spazio geograficamente ristretto, così che il concetto di centralità di un luogo o monume nto non è mai definibile se non lo si contestualizza all'epoca e alla funzione svolta. Ciò rende difficile leggere la città nelle sue complesse espressioni. La perdita dell'identità dei luoghi è vicariata dall'attaccamento cognitivo e affettivo ad una storia di degrado e sottomissione perdente. La storia della città e dei monumenti , in variegati percorsi culturali, si intreccia e contamina tra sovrapposizioni, eliminazioni e trasferimenti. La vicenda di decontestualizzazione delle statue e delle fontane 24 di Napoli è in questo senso significativa. La fontana monumentale di Piazza Garibaldi è ora a piazza Sannazzaro. La fontana del Sebeto è sul lungomare di Mergellina (Largo Sermoneta). La fontana di Santa Lucia è in Villa Comunale nei pressi dell'Acquario. Di esse rimane solo la dimensione estetico22Gregorovius (1853) dà un'accurata descrizione dell'uso del lungomare in rapporto alle attività e alla classe sociale dei cittadini. «Il popolo vi è escluso; i giardini appartengono solo alle classi superiori. Sulla spiaggia stessa non si vedono che pochi pescatori, ed i bagni che sorgono colà costano troppo caro». Le attuali Santa Lucia e Mergellina nulla hanno a che vedere con gli stessi siti prima del risanamento quando erano un brulicare di voci, suoni, folle e mercati. Knight ( 1995, p. 88 e p. 281 e segg.) ricostruisce i conflitti tra pescatori estromessi dal mare all 'epoca della realizzazione della Villa, i compromessi negli anni seguenti per l'ormeggio delle barche, le strategie dilatorie delle amministrazioni cittadine. 23 Mi pareva un San Carlino, esprime il riferimento a un qualcosa di molto divertente e immediato. 24 N. LEONE, La vita quotidiana a Napoli ai tempi di Masaniello, Bur, Rizzoli, Milano, 1994.

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monumentale, hanno perso la memoria connessa alla funzione che svolgevano nel contesto precedente. Alcune, quale quella del Molo furono perfino smontate e imbarcate per la Spagna. Per quella di Santa Lucia, Giancarlo Alisio 25 propone che il suo ritorno a Santa Lucia faccia parte del piano di recupero alla vivibilità di Santa Lucia e della zona prospiciente palazzo Reale, che il Comune ha promosso. Molte statue sono 'fuori posto': Vittorio Imbriani sta a piazza Mazzini; Mazzini è a piazza Cavour. Nicola Amore ha raggiunto Giovanni Nicotera a piazza Vittoria; per un momento la mia fantasia è che lo spostamento sia frutto della contestazione del loro operato. In realtà, racconta Luigi Necco 26 che nel ' 39, per addobbare il Rettifilo con insegne littorie, fu spostato e poi lasciato a guardare il mare. Si tratta in ogni caso di personaggi allontanati dal luogo loro destinato le cui statue hanno perso continuità con le tradizioni dei luoghi a cui erano dedicate. La memoria dei luoghi scomparsi e di quelli ritrovati o mai abbandonati ci dice più della storia in senso stretto degli eventi. La statua di Garibaldi ha sloggiato la fontana della sirena Partenope (ora a piazza Sannazzaro) daila piazza della Stazione, (sic) Garibaldi. La statua del Nilo, ritrovata a via Nilo, proprio per la sua continuità è stata nei secoli chiamata Corpo di Napoli. La denominazione postunitaria delle strade insieme al permanere della denominazione precedente è il segno del persistere silente di forti memorie socialmente deboli: via Toledo ritorna su via Roma che le aveva usurpato e sottratto la strada; viale Gramsci già viale Elena; piazza Trieste e Trento già piazza San Ferdinando. Nessuno ricorda invece che piazza dei Martiri si chiamava piazza della Pace. Grande è il numero di strade dedicate a personaggi significativi della storia napoletana; tuttavia purtroppo tali nomi sono per la maggior parte dei cittadini anonimi. Quanti conoscono Ugo Ricci (poeta) o distinguono Domenico Morelli, il pittore dell'800 napoletano, da Michele, il martire carbonaro impiccato nel 1822, ecc. 25 G . Aus10, Caro de Seta, Ora la Fontana torni a Santa Lucia, in: li Mauino, domenica IO gennaio 1999. 26 A testimonianza del recente mutato interesse per la città nel recupero della sua storia, nel mentre stiamo concludendo questo capitolo su lla costruzione del senso di comunità a Napoli , descrivendo il ballo delle statue e delle fontane, leggiamo «In Piazza va di moda il valzer delle statue», Il Mattino del I 2 febbraio I 999, intervista a Luigi Necco che dà il senso di come l' interrogarsi sulla propria storia stia diventando un terreno di incontro tra studiosi e cittadi ni.

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Il processo di cancellazione ha avuto momenti forti e noti come a esempio le vicende che portarono al Risanamento, tan to che D'Ambra ( 1889) ritenne di dovere pubblicare una memoria dei luoghi passati per tu telarne la memoria o evitarne la distruzione 21. L'eccezione più bella è piazza del Plebiscito, dove Umberto I di Savoia, forse per il bisogno di 'bonificare' la presenza dei Borboni, fece collocare sulla facciata del Palazzo Reale le statue dei fondatori delle diverse dinastie del regno di Napoli l'una affianco all'altra in una serie che si chiude con Vittorio Emanuele II di Savoia. È un intervento molto intelligente e arguto se l'intento era quello di trovare collocazione ai Savoia nella storia dell' antica città. In una metaforica campagna di scavo urbano non si troverebbero stratificazioni successive delle diverse epoche; vi è infatti un continuo cancellare e permanere di tracce. Memoria di presenze che si trasferisce in un altrove. Ciò che negli ultimi anni sembrava coprire ogni memoria è il degrado. È emblematico che nello studio urbano di epoca attuale la scena sia dominata dal degrado: come si rappresenta nei diversi gruppi 2s, come superarlo, come prevenirlo. L'attività di Napoli '99 e della sua presidente Mirella Barracco nel corso degli anni '80 fino alle più visibili espressioni del maggio dei monumenti e Napoli adotta un monumento sono le forze che maggiormente hanno contribuito a una rivalorizzazione dei luoghi e al renderli spazio di identificazione collettiva. Credo tuttavia che paradossalmente il restauro dell'arco di trionfo di Alfonso d'Aragona in Castelnuovo o degli affreschi del Domenichino nella Cappella del Duomo ad esso subito seguente siano costati alla Fondazione Napoli '99 maggiore fatica che non gli ultimi eventi costruiti nel pieno consenso sociale amministrativo e culturale degli abitanti, dei media e dei turisti.

2. Etica Parlare di etica c i introduce al tema dei diritti e dei doveri. Riferendoci alla città sorge spontanea la domanda: diritti di chi? doveri di chi? Diritti dei cittadini e doveri delle Amministrazioni o viceversa? 27fu così che palazzo Como di Via Duomo sfuggì all' abbattimento ottenendo di sopravvivere retrocedendo la facciata dal piano stradale. 28 I. GALLI, la rappresentazione sociale del degrado urbano in un campione di soggelli in età evolutiva, in: Ricerche di Psicologia, n. I, voi. 22, 1998, pp. 7 1-87.

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Napoli è una città con 28 clan camorristici 29 che presiedono al funzionamento dei territori e al controllo monopolistico di settori d'attività con grande consapevolezza delle regole d'accumulazione e delle logiche di investimento produttivo. Ma la «supplenza mafiosa» ha possibilità d' azione proprio in virtù dell'essenza delle presenze istituzionali dello Stato. «La presenza dello Stato nella società meridionale - afferma Amato Lamberti - si è fin dalla unificazione configurata come debole. Tanto è vero che le modalità del rapporto tra Stato e Mezzogiorno sembrano definite da tre ordini di difficoltà o di debolezze: carenza di legittimazione, basso livello di penetrazione, assenza vistosa di integrazione)) 10. Lo Stato è presente con le tenenze dei carabinieri e della polizia, quasi mimetizzate nell'assetto urbano. Ci sono e neanche in tutte le circoscrizioni, sembrano quasi che essendo in terra straniera non vogliano dare l'idea di essere truppe d' occupazione. Le sezioni comunali, con qualche eccezione (Vornero ad esempio), sono l'espressione della peggiore immagine istituzionale. Quella di Avvocata Montecalvario, quartiere di circa 90.000 abitanti tra cui molti anziani, è localizzata a un terzo piano alto senza ascensore 31. A Chiaia è solo a un primo piano alto senza ascensore. È vero che gli impiegati per anziani che deambulano a fatica scendono in strada a raccogliere la firma (mi è accaduto personalmente), ciò è tuttavia espressione del loro senso di comunità, ma non della solerte azione dell'istituzione per i suoi cittadini. Se andiamo invece all'etica come valore dobbiamo ritornare a lla dimensione della complessità di cui prima accennavamo. Infatti la capacità di contemplare allo stesso tempo istanze molteplici e irriducibili rende qualsiasi regola relativa. «La possibilità di pensare l'ordine come pluralità di possibilità 12. La relatività della legge riduce la obbligatorietà di qualsiasi prescrizione. Da qui forse l'illegalità diffusa peculiare nella vita quotidiana dei Napoletani. Volendo cercare una dimensione in positivo possiamo dire che trattasi della volontà di aderire simultaneamente a più codici: affettivi, relazionali, sociali. In questo senso è emblematico il valore relativo del rosso al A. CORDOVA, Pulvis. Umbra. Fumus. Iceberg 2, in: Micromega, 4/97, pp. 79-89. Così governa La camorra, in: Micromega, 4/90, pp. 111-126. 31 Di recente si è trasferita al primo piano dello stesso stabile. Sempre senza ascensore e 29

30 A . LAMllERTI,

comunque impraticabile per chi ha seppur lievi difficoltà di deambulazione. 32 M. NroLA, Totem e ragù, Pironti Editore, 1994, p. 60.

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semaforo: esiste un codict: parallelo, il ::;emaforo dove è obbligatorio fermarsi, anzi necessita essere molto cauti nel ripartire e quello dove è lecito e usuale passare con il rosso; vi sono luoghi in cui si attraversa senza guardare, altri in cui si è cauti al di là della apparente percorribilità. E così via gli esempi potrebbero essere molti. La regola nella sua dimensione prescrittiva è poco rispettata, pertanto per ottenere il rispetto delle regole si richiede che esse siano democraticamente condivise ma affinché siano rispettate che si attivi un sistema di sanzione e controllo immediato e diffuso. Ciò dicasi per la microcriminalità, la guida dei motorini senza casco, l' abusivismo edilizio, il governo del traffico. Tuttavia si può chiedere il rispetto delle regole quando la prescrizione impositiva è solo una delle misure di buon governo: quando essa si accompagna alla protezione, efficienza e progettualità nel rispondere ai problemi. Solo in tal modo la legalità diventa strumento per l' esercizio di normalità. Il conflitto morale tra bene collettivo e interesse particolare, individualismo e solidarietà assume qui caratteri particolari. Nei processi decisionali della vita quotidiana la fiducia è attribuita a quanto deriva dai circuiti affettivo-relazionali coniugato con una sorta di sfiducia/svalutazione per tutto quanto provenga da altri contesti. È questo il meccanismo sottostante al ' familismo amorale' attribuito alle popolazioni del Sud e all'aspetto individualista isolazionista attribuito al napoletano. È quello che Amalia Signorelli splendidamente descrive come solidarismo particolaristico 'della solidarietà ad personam e non ad principium' e che è la caratteristica del sistema clientelare italiano 33. Si provvede a rendere più difficile l'accesso alle prestazioni, così che quando esse vengano offerte si debba creare un circuito di gratitudine e riconoscenza. Pertanto il potere del funzionario si accresce non in relazione al servizio, ma nella misura in cui risolve difficoltà da lui stesso create. L'uso delle relazioni di legame come strumento operativo piuttosto che i legami istituzionali (l'amico impiegato, piuttosto che lo sportello informativo) rende vana l'istituzione di questi ultimi in un sistema autoperpetuantesi di riproduzione dei legami esistenti o della creazione di legami finalizzati ali' ottenimento del rispetto dei diritti. 2.1. Etica, mediazione e redistribuzione L'etica di una comunità è leggibile nell'esame dei processi redistributivi.

In senso stretto tale aspetto rientra nella sfera dell'economia, tuttavia le mo33 A.

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SIGNORELLI, /

santi in paradiso, in: Micromega, 4/90, pp. 127-134.


dalità con cui tali politiche sono state perseguite negli ultimi anni portano a considerare la intermediazione economica nei flussi di risorse che vengono trasferite al cittadino al l'interno di una riflessione sulla etica collettiva. La centralità del ruolo della camorra risulta eguagliata da quella dei ceti intermedi e imprenditoriali nella redistribuzione delle risorse. Affermava Barbagallo che «si consolidava negli anni '80, uno schieramento consociativo interpartitico, sedicente produttivistico, che favoriva nel Mezzogiorno, invece dell'auspicato sviluppo economico e sociale, l'espansione assistita di un blocco di potere politico-affaristico, esteso e differenziato socialmente, dentro cui operava alacremente la moderna criminalità camorristico-mafiosa ... Il partito unico della spesa pubblica, che abbatteva ogni vecchia ideologia, traversava partiti di governo e di opposizione, si specializzava nel!' inventare 'occasioni' ed 'emergenze' per riprodurre gestioni eccezionali e incontrollate di cospicui finanziamenti statali» 34. Anche le capacità dei politici sono state nella mediazione tra centro e periferia, piuttosto che nell'impiego efficace delle risorse di cui disponevano; il consenso non viene conseguito attraverso il controllo dell' uso delle risorse pubbliche in una prospettiva di efficacia ed efficienza, bensì attraverso il controllo a fine particolaristici e clientelari della redistribuzione 35. Afferma Sales: «per un lungo periodo storico il principale ostacolo sulla strada di un Mezzogiorno sviluppato fu 'il blocco agrario', quel coacervo di interessi economici e sociali che si aggregava intorno alle difese del latifondo e all'odio per il movimento contadino e bracciantile che chiedeva 'la terra a chi lavora' .... dagli anni '60 si è ricostruito ed ha assunto, ancora una volta, la forma di un unico sistema di potere sociale e politico altrettanto forte e dominante quanto l'antico ... Caratteristica di questa 'nuova classe' è un ruolo di conservazione politica e al tempo stesso di dinamismo sociale tramite la distribuzione delle risorse pubbliche. È una classe che non possiede mezzi di produzione o capitali propri, quanto piuttosto il monopolio dell'utilizzo delle ri sorse pubbliche. È una classe che ha fatto divenire predominante nel sud il momento della mediazione e del controllo delle risorse rispetto a quello della produzione» 36. Il nodo ove si smista e afferma il particolare personalistico è nei criteri che presiedono alla ripartizione e all'accesso alle risorse pubbliche. La mediazione esclusivamente mirata alla costruzione di consenso, in un'etica di 34 F. BARBAGALLO,

Campania Felix, in: Micromega, 4/97. 35 C. TRIGILIA, Mezzogiorno da ridefinire, in: Dove sta Zazà, febbraio ' 93, n. I , p. 72. 361_ SALES, Le due dittature, in: Dove sta Zazà, n. 2, 1993, p. I O.

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particolarismo tribale, è stato il limi te perverso della ridistribuzione dei grandi enti attuata dal ceto politico-meridionale. E oggi quali regole? Progettualità competitiva misurata in base ad efficienza e efficacia sono concretamente perseguibili? Ceci e Lepore propongono nuove forme e istituti della vita civile che «liberando la metropoli da ogni forma di dirigismo, sappiano decentrare poteri, concertare decisioni, associare cittadini, promuovere risorse umane, mobilitare abilità e saperi. Insomma, una riforma democratica costruita dal corpo o ltre che dalla testa della città» ,1 . Nella ottica della centralità qui data alla funzione della mediazione, la scommessa è nel non trasformare la partecipazione consociativa in intermediazione particolaristica. Ovvero partecipazione come allargamento dei circuiti ridistribuiti, così come g ià accaduto negli anni passati nella offerta di nuovi servizi comunali, così come acutamente descriveva Ada Becchi (1994). 2.2. Genere: città maschile e femminile

Aprire un breve paragrafo sul genere della città ci apre anche all~ attribuzione di valore. La letteratura antropologica riasserisce la natura femminile della città. Niola (l994) riprende il mito della grande madre mediterranea; richiama i riti di Cibele e poi Venere dea della fecondità nelle grotte Platamoniche del Chiatamone; Napoli città mestruata di San Gennaro e Santa Patrizia; Napoli gravida di Pulcinella, maschio con naso fallico e sottanone che partorisce pulcinellini. Napoli città di femminielli inseriti nella vita sociale. Napoli di Porporino che canta il desiderio impossibile di essere l'uno e l'altra ,s. L'archeologia ci segnala l'antico tempio di Cerere nell' area di Santa Patrizia. Riti di fecondità nelle grotte di P iedigrotta. Non intendo tuttavia rimarcare una antica tradizione materna onnipotente e matrilineare. Voglio invece esaminare studi sul genere che ci danno stimoli interessanti per comprendere attributi a lei peculiari e precipui. Il valore relativo della legge è ritenuto un comportamento più frequente tra le donne a cui viene attribuita la capacità di contemplare codici diversi. Mi sovviene infatti il lavoro di Caro! Gilligan (1982) che mostra come i processi cognitivi della formazione del senso etico differiscano nei maschi e nelle femmine. Ma non è forse peculiare della immagine del napoletano la

37 F. CECI, D. LEPORE, Arcipelago vesuviano, p. I I 6. 38 M. N10LA, Totem e ragù, Pironti Editore, 1994, p.

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104.

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capacità di utilizzare codic i relazionali affettivi-emozionali piuttosto c he legalistici-cognitivi o a coniugare entrambi? Non può questa essere una risorsa dove la dimensione affettiva serve per costruire pe rcorsi solidaristici allargati? L'arte di arrangiarsi attribuita al popolo napole tano e la peculiarità di un processo mai lineare che si esprime nei mome nti in cui vi è necessità di grande passione morale per aderi re o sostenere una causa; a pensarci bene, la presenza di donne nella politica non emerge, forse, prevalentemente nei momenti di crisi? È ricorre nte che nei diversi periodi storici e nelle diverse formazioni politiche le donne si trovano sulla scena della storia quando vi è necessità di figure appassionate capaci di trascinare gli animi. In questo senso la capacità tutta napo letana di far fronte all' emergenza e agire 'per picchi'. La particolare capacità di adattarsi sempre peculiare del napoletano richiama gli studi di Jean Baker Miller ( 1976) sulle donne intese quale gruppo sociale subalterno e in quanto tale addestrato a essere subordinate e pertanto attente a cogliere le nicchie di riconoscimento: esaudire i desideri delle classi dominanti; annullarsi per meglio servire e di rimando essere indispensabili e insostituibili pur nella assenza di potere diretto. In questo senso capacità di esercitare pote re pur nella dominazione altrui. Insomma una città Penelope che mantie ne la sua continuità e identità sotto lo strapotere dei Proci; una città Ulisse ai cui figli viene riconosciuta virtude e conoscenza solo nel peregrinare lontano dai patri lidi. In questo senso una città ancora una volta mediterranea. Secondo l'autrice c hiunque si trova in una posizione subordinata deve apprendere ad armonizzarsi agli umori, piaceri e dispiaceri del gruppo dominante. In America gli scrittori ne ri hanno descritto molto bene questo aspetto della vi ta relazionale. I gruppi subordinati possono però utilizzare queste capacità così acquisite come una delle poc he armi disponibili nella lotta contro i dominanti. L'intuizione e le astuzie femminili ne sono un esempio. In questa prospettiva la capacità femminile, ma anche molto napoletana, a districarsi nel mondo emotivo è una risorsa da coltivare e utilizzare come forza. Ulteriore presenza di forti valori 'femminili' si evidenzia nella cura della prole. È questa una modalità che fornisce attenzione e risorse ai bambini pur in presenza di scarse disponibilità materiali. Suo limite è la 'patologia di eccesso d'amore' la quale è figlia della mancanza e della incertezza. L'assenza del tempo futuro come prospettiva mentale fa sì c he la crescita dei figli sia tutelata nel soddisfacimento immediato delle esigenze primarie, sonno e cibo. Da qui uno stile di cura molto attento al soddisfacimento dei bisogni immediati e considerazioni fatalistiche per il futuro.

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Pensate alle scene famigliari su spiagge estive dove mamme inseguono i tigli con maccheroni o alla attenzione perché il figlio si copra (la cosiddetta 'maglia della salute' in un clima notoriamente temperato è un riconosciuto principio igienico a carattere locale). La copresenza d i un regime del sentimento con quello della ragione, di passione e intelligenza è ciò che rende Napoli città femminile. Tuttavia tutti i recenti studi che hanno per matrice il pensiero delle donne ci indicano la necessità di considerare questa capacità una grande risorsa. Jessica Benjarnin e il nuovo pensiero psicoanalitico femminista americano ritengono che la capacità dell'adulto è proprio quella di sapere essere in connessione e in autonomia; insomma la capacità tutta napoletana di dare spazio alle emotività nei processi relazionali e sociali è una grande risorsa a cui attingere nella costruzione della vita sociale. Si può così chiamare femminile la capacità tutta napoletana di coltivare la cultura del rapporto umano a fronte della cultura della efficienza, di ·mantenere identità pur in presenza di forze estranee che spingono alla assimilazione ovvero la capacità di adattamento senza assimilazione; la capacità di far coesistere sinergicamente codici affettivi e codici etici, in un universo complesso e multiforme. Questa visione in positivo delle competenze generalmente esercitate dalle donne contrasta con una lettura ortodossamente freudiana della realtà, dove la forte presenza di principi femminili viene vista come una carenza di sviluppo; la diffusione di modalità femminili di interazione è letta come un permanere ai confini dell'Edipo, ovvero nella subalternità dipendente e insicura da una madre matrigna onnipotente e divorante. In questo senso, come afferma lo psicoanalista napoletano Principe 39 l'assenza di borghesia, di stato, progettualità e senso del tempo futuro è proprio da ascrivere ad una incapacità di separazione e assunzione di responsabilità adulta, ovvero al permanere in eterno nel regno della grande madre, nella fusionalità preedipica.

3. Immagine e processi identitari Non si può affrontare il tema dell' immagine della città senza ripercorrere le vicende che nell'anno 1993 hanno portato al G7 e alla elezione a sindaco di Antonio Bassolino. È questo un anno di particolare rilievo in quanto le silenziose e isolate operazioni di cura della città attivate nel terribile decennio precedente da Napoli '99, la Curia, le Sovrintendenze e molteplici as39 Commento

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alla intervista effettuata per la presente ricerca.


sociazioni per la conoscenza della città si sono coagulate nella preparazione del G7. Il neo sindaco ha accolto su di sé la volontà di cambiamento che le frange avvertite della città manifestavano e si è fatto portavoce di istanze di vivibilità e benessere impotentemente rimosse dalla fantasia della maggior parte degli abitanti. In pochi mesi si è costruito un evento di successo: il restyling dei luoghi significativi, la capacità di accogliere adeguatamente i capi del mondo. Tale evento ha acquisito dimensione simbolica: una intera città si è guardata allo specchio, scoprendosi improvvisamente bella e amabile. Bassolino, con profonda sagacia psicologica e competenza sociale, ha agito da psicologo di comunità che per interveni re nell' ambito di uno spazio comunitario si inten-oga anzitutto sulle modalità con cui costruire il senso di comunità. Ha agito da policy maker puntando su i punti di forza e competitività che la città gli offriva. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Egli stesso dichiara che «ha potuto capovolgere gli stereotipi più umilianti che gravavano su Napoli in una identità positiva: una delle spinte motrici che ha portato i cittadini al co·nsenso e una partecipazione sempre più convinta alle sorti del Comune» 40. Molte le cose fatte ... «è stata realizzata forse la cosa più difficile da farsi : la rivoluzione del sentire collettivo tra la popolazione napoletana, un mutamento della soggettività, una nuova apertura di credito alla politica come azione capace di alleviare i disagi del vivere quotidiano ... » 41. E ancora « ... puntare sulle nostre risorse specifiche, e dunque in questo modo far scattare anche un senso di appartenenza, un sentimento di identità un orgoglio civico ... 42 abbiamo saputo far leva su questo sentimento quasi disperato di identità, abbiamo saputo toccare bene questa corda 43. E così come era stato diffusissimo in negativo un sentimento di appartenenza negl i anni passati, quando si era arrivati vicino al disastro, così è stato fortissimo, in positivo, un sentimento di nuova identità quando si è capito che dal disastro si poteva uscire con le proprie forze» 44. La costruzione di un'immagine è un processo complesso; in questo caso il livello della società civile era così degradato, che si potrebbe pensare che 40Cunversazione con Bassolino, Napoli, il Sud e la 'rivoluzione comunale', in: Meridiana, Rivista di Storia e Scienze sociali, maggio-settembre 1996, p. 205. 41 Ibidem. 42 Ibidem, p. 210. 43 Ibidem, p. 210. 44 Ibidem, p. 211 .

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sia bastato poco. In real là non è il caso di misurare la quantità di quanto è accaduto bensì la qualità. Le immagini vivono di vita propria e trovavo sostegno e rinforzo negli eventi del reale . Pertanto l'immagine di positività della città si è potuta fon11are e poi essere mantenuta in quanto ad essa hanno corrisposto eventi reali rinforzanti: l'effettiva e veloce manutenzione dell'assetto urbano, la capacità di spesa intelligente, la concertazione istituzionale, che hanno consentito ai napoletani di riconoscersi in una eccezionali tà altrove normale; il senso di autoriconoscimento espresso da media nazionali e i_nternazionali oltre che da ospiti illustri e turisti hanno permesso il rinforzo di elementi di identità positiva. L'anno 1993, come afferma Barbagallo 4\ aveva portato allo scoperto il basso e degradato livello delle istituzioni della società civile. Il processo attivato ha poi conseguentemente portato alla individuazione di un senso di ide ntità e riconoscimento collettivo. Dopo l'unità d'Italia nessun processo di investimento e trasformazione del Mezzogiorno aveva permesso il recupero di una identità meridionale positiva; di qui il successo riscosso e la funzione di monito avuto per le molte amministrazioni del Sud da parte di Napoli e del suo sindaco nella prima metà degli anni '90. Bassolino costruttore di immagine ha i suoi detrattori 46, in coloro che vedono nella cultura dell'immagine un elemento di inutile autocelebrazione. Avere un'immagine in cui riconoscersi vuol dire dar corpo alle speranze; l'empowerment, come dice Bruscagliene, si attiva nel momento in cui il soggetto ritrova la propria 'margherita del possibile'; quando il desiderio diventa pensabile e il soggetto cerca il modo di darvi corpo. In questo senso la acquisizione di immagine è parola fondante quando ad essa corrisponde una volontà progettuale e i conseguenti strumenti politici e amministrativi di realizzazione. 3.1. Immagine, Identità, Riconoscimento Nell'attivarsi della triade di immagine, identità e riconoscimento si è attivato un processo di mutamento valoriale e motivazionale. Il complesso lavoro di immagine è stato alla base di un progetto culturale di acquisizione e recupero di nuovi valori. Tale percorso ha avuto luogo laddove ha innescato un processo identita45

F. BARBAGALLO, Campania Iceberg 2, in: Micromega, 4/97, pp. 90-97.

46 G. R AGONE,

Napoli oggi tra luci e ombre, in: Quaderni di Sociologia, voi. XLI, 1997. n. 14, Rosenbcrg & Sellier, Torino, pp. 4-18.

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rio. Se le città hanno un'anima e si possono ad esse applicare i principi della psicologia individuale dobbiamo qui ricordare che per ogni soggetto umano g ià in Rousseau il sentimento d ' esistere precede l'esistere. Nella costruzione della storia umana i I sapere di essere viene prima del sapere chi essere. Insomma il sentimento di sé ha funzione costitutiva per l'identità personale. I percorsi psicoanalitici hanno al fondo l'incontro con il cuore dell'identità: vedersi è essere; i tanti corsi per lo sviluppo dell ' autostima e il superamento della depressione mirano al recupero del soggetto inteso quale risorsa per se stesso. La dimensione dell'immagine ha scatenato identità in quanto ha permesso il riconoscimento. La sensazione di essere pervadeva i napoletani che durante il G7 giravano per la città ebbri, alla scoperta di una storia e di un passato che le mura non avevano più comunicato. L'identità del fare non è qui contrapposta a quella dell'essere, ma vi trova il suo radicamento. L'identità di Napoli si colloca più generalmente in quella delle popolazioni del Sud. E qui per parlare di attribuzione di identità e costruzione di immagini bisogna andare ai giorni seguenti l'Unità d'Italia e la fine del regno delle due Sicilie. Gabriella Gribaudi nota con puntualità che gli eventi della storia hanno collocato il Sud fuori dagli eventi identitari del Paese. Essi hanno inoltre consentito che il Sud assumesse su di sé le immagini attribuite dal vincitore del Regno unito. E pertanto il Sud ha acquisito e fatto propria una immagine svalorizzante delle proprie differenze. «L'identità meridionale si è formata in negativo, come mancanza di rispetto a un modello ideale: mancanza di borghesia, di imprenditorialità, di ceti medi; talora come individualismo, talora come solidarietà. Nei miti fondativi della nazione italiana, se si esclude un astratto richiamo alla classicità greca e romana, i tratti culturali del Mezzogiorno stentano un riconoscimento positivo; la sua storia diventa storia di anni bui, la cui peggiore espressione prende corpo nel governo dei viceré spagnoli e dei Borboni. D'altronde l'Italia ottocentesca cerca le radici di una possibile identità nazionale nella storia dei comuni medioevali ... da questa storia e dagli archetipi cui essa rimanda il Sud è naturalmente escluso» 47. Anzi è accaduto che proprio lo stesso Sud nel rapporto con il governo centrale ha cercato misure compensatrici in virtù delle proprie carenze, alle quali esso stesso ha fatto da cassa di risonanza. Come afferma Taylor la differenza tra vincitori e vinti è diventata portatrice di misconoscimento. 47 G. GRIB/\UDJ,

Una questione d'identità, in: Nord e Sud, marzo 1997, pp. 74-85.

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Mi accorgo di mantenere la distinzione tra immagine e identità. Nel primo caso mi riferisco alla forma che assume una determinata dimensione nelle rappresentazioni sociali , letterarie, musicali; mi riferi sco a ll ' identità quando attengo ai processi identificatori del soggetto e alle dimens ioni identitarie collettive. Mentre l' immagine vive di per sé priva di un soggetto ospitante quale pura rappresentazione, l'identità non ha vita senza un soggetto individuale o coll ettivo che l'assuma su di sé. Trattando di città e genti vado al pensiero di Taylor quando evidenzia l' importanza de i processi di riconoscimento e disconoscimento nella costruzione delle identità delle classi suba lterne. Infatti, anche seguendo un percorso psicologico dove vi è riconoscimento vi è la possibilità di ind ividuazione e crescita; il legame trova altrimenti espressione nell'appartenenza impotente che agisce segretamente, ma di cui bisogna rimuovere il potere.

4. Miti - Riti - Costumi Permangono nella tradizione napoletana il culto dei morti che si esprime come in tutta la società meridionale nell 'attenta visita al cimitero nei giorni festivi e ne lle ricorrenze: onomastico, anniversario, nasci ta dell'estinto. Permane tuttavia, nelle popolazioni del centro antico, il culto delle anime dei morti attraverso riti di manutenzione e dedizione alle ossa conservate nel cimitero delle Fontane lle e di specifici luoghi di culto. La cura delle anime dei morti della città di Napoli ha mantenuto nella iconografia napoletana degli ultimi sessant'anni ampio spazio; è questo tuttavia un costume facilmente rintracciabile nell'antica cura dei morti e delle sepolture di cui sono memoria il Cimitero delle monache sul castello aragonese di Ischia e la cripta del convento dei Cappuccini di Palermo e di Roma. La documentazione antropologica dà segno di queste usanze. Permane invece, in strati più ampi della popolazione, il culto del miracolo di San Gennaro e la devozione alla Madonna de ll'Arco, il primo lunedì in Albi s. Si tratta di riti antichi che hanno ancora valenza sociale riconosciuta; di essi è interessante notare come sì intreccino con le forme attuali del potere, del sapere e dell'aggregazione giovanile. Secondo Marino Niola 4s il rito di San Gennaro è storicamente intrecciato con le vicende de lla città. A nostro parere è significativo che secondo la tra48 M. N10LA, La microflsica del sangue (nel segno di San Gennaro), in: Micromega, Editrice Periodici culturali, 3/94, pp. 123- 13 1.

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dizione sia Presidente della Deputazione del Tesoro di San Gennaro 49 il sindaco di Napoli che in tale veste apre la processione in onore del Santo. L'organizzazione del rito è espressione di un complesso e democratico intreccio o, in parole più attuali, concertazione tra potere religioso e autorità pubbliche, che non dimentica la presenza del popolo espressa dalle parenti del Santo. Insomma un rito che tiene conto dei diversi poteri prevedendo per ognuno uno spazio di rappresentazione. Sempre secondo l'autore vi è nell'immaginario napoletano una complementare unità simbolica tra il Santo e il Vesuvio; «questo simbolo di una presenza minacciosa e di una energia virtualmente nemica, da controllare; quello simbolo di una presenza protettrice e soccorrevole e di una potentia miracolosa. Metafore dimidiate e complementari o, meglio, campiture di uno stesso emblema 'panico' che raffigura una riconciliazione fra vita e morte, fra terra e cielo, fra uomini e natura, che nel sacro ha il suo 'luogo' e nel miracolo esibisce la sua esplicazione» so. Il rito ha funzione di controllo della potentia del Santo e della minaccia incombente (peste, eruzione), e ciò è avvalorato dalla presenza delle parenti, espressione del legame e pertanto della facoltà di controllo che viene riconosciuta agli abitanti. Pertanto al di là di tutte le collocazioni antropologiche del rito quale strumento di comunicazione con la vita e la morte, mi sembra che esso esprima anche la facoltà di controllo che la comunità si assume in virtù del legame; e pertanto il miracolo e il rito assumono così una funzione di rinforzo della comunità e dei suoi abitanti. Elemento di identificazione e confine. Se il clero può cambiare al mutare delle dominazioni, le parenti originavano nel quartiere in cui nacque San Gennaro, parenti della sua bai ia s1• II rito della Madonna del!' Arco ha funzione di aggregazione sociale giovanile e intergenerazionale. Esso è particolarmente forte nei quartieri antichi del centro storico, ma anche in quelli abitati da fasce sociali miste o di nuova inurbazione. Tale rito ha grossa valenza di aggregazione sociale e antica istruzione

49 Il 13 gennaio I 527 fu istituita una Deputaz ione composta da dodici membri, gli Eletti della città, con il compito di presiedere ai festeggiamenti per il Santo. Essa è sopravvissuta nei secoli e oggi i membri sono scelti dal Presidente della Repubblica su una terna proposta dalla Deputazione. 50 R. GUIDIERI, 1988, p. 408, in: NIOLA, op. cii. , p. 131. 51 C.A. MAYER, Vìta popolare a Napoli nell'età romantica, Bari, Laterza, 1948, p. 255 e segg.

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alle regole colletti ve. La letteratura c ita la disciplina necessaria per condurre il torsello a ritmo di danza dal quartiere di appartenenza fin o al Santuario, 5-7 c hilometri fuori città. Si nota che nonostante la sinergia e l'abilità ri chie!:>ta non vi è memoria di incidenti o morti. L' intera letteratura antropologica e relig iosa descrive il ri to nelle sue cadenze mus iche e ritmi. Ciò che a me sembra significativo evidenziare è che questa festa sia tuttora molto sentita. Le settimane precedenti la S. Pasqua giovani vestiti di bianco raccolgono soldi per la festa del lunedì in Albis; si apprestano e s i om ano edicole alla Madonna dell'Arco; ogn i quartiere, circoscri zione prepara il proprio torsello e adorna la propria Madonna. Il giorno della festa, secondo un ordine gerarchicamente definito, i portatori, i cantanti , i questuanti , i musici e gli accompagnatori di ogni corteo prendono posto e si avviano al Santuario. Ciò che colpisce è la capacità di aggregazione che si determina in relazione ai preparativi della festa tra giovani e bambini, oltre che tra adulti e anziani. Sarebbe interessante effettuare interviste individuali e collettive per cogliere come i riti di questa festività s i inseriscono nella vita del quartiere (connessioni con la parrocchia, la camorra, la circoscrizione) come si ' posizionano' nell'immaginario indiv iduale in relazione ai miti contemporane i della moto, de lla discoteca e della droga. Sarebbe poi interessante conoscere se vi è un ruolo particolare svolto nella vita sociale in virtù delle funzioni assunte per la festività; e se infine la dedizione individuale allo svolgimento de l rito s i esprime anche con la presenza in ulteriori momenti di partecipazione o ruolo in processi decisionali dell a piccola collettività rituale zonale. Ho poi presente una giovane donna che soffriva di vaginismo primario che all'avvio della terapia psicologica (tra l'altro condotta a termine con buon esito sessuale e la nascita di una bambina) avvenuto ne lla Settimana santa unì la richi esta di protezione alla Madonna dell'Arco il seguente lunedì in Albis. A chi ascrivere il merito della guarigione? Probabilmente il trattamento clinico-psicologico si è sinergicamente avvalso della piena adesione morale e motivazionale della giovane donna e dell'intero nucleo fami liare. Forse gli uffici della Madonna dell'Arco hanno avuto p iù potere dei poveri mezzi della psicologa della A.S.L. Certamente è da rimarcare l'interesse per il meticciato culturale che l'evento esprime. Della festa di Piedi grotta famosa fino agli anni '50 è rimasta una traccia nella memoria storica c ittadina, ma non ha alcuna relazione con la vita cittadina attuale. Dalla più antica tradizione festaiola della città di cui è espressione l'iconografia settecentesca trae invece vita la tradizione della ' grande festa' e dei fuochi d 'artificio che hanno il loro epigono nella festa di Capo-

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danno. Nei quartieri popolari, i 'botti' salutano anche le ricorrenze delle principali festività religiose: l'Assunta, Sant' Anton io, San Giovanni , San Gennaro, San Luigi, Santa Maria ecc. Non ho ancora capito se siano in onore del Santo o di qualche festeggiato particolare. Sempre nei quartieri del centro storico e zone ad essi confinanti o anche importati in aree della borghesia sono espressi in gennaio dalla festa del cippo . In questa ricorrenza giovani del quartiere radunano vecchi oggetti, massimamente gli addobbi natalizi e gli alberi ormai morti, per fare fuoco in onore di Sant' Antuono Abate, protettore degli animali. Altra ricorrenza religiosa che sancisce il legame con gli animali è la festa di San Giuseppe. In questa ricorrenza presso via Medina avveniva la fiera degli uccelli canori. Una maggiore coscienza ambientalistica ha ridotto il tono della festa, che è tuttavia ancora presente negli strati sociali di più antico riferimento cittadino. Nell 'ambito dei riti e della mitologia contemporanea bisogna invece ascrivere il gioco del calcio. È questo un legame interclassista e intergenerazionale che aggrega nel nome della intera città. Nessun g ioco o squadra sportiva ha assunto la stessa funzione sociale. La squadra della Canottieri Posillipo è un segno di riconoscimento per la città. La presenza di grandi campioni quale Cuomo (schenna), Oliva (pugilato) Abagnale (canottaggio) hanno determinato un aumento di tifoseria o di senso di riconoscimento alla città. Nessuno sport ha tuttavia la stessa funzione sociale del calcio. Ampia è la letteratura su 'Maradona mito' s2. In questa sede interessa più genericamente il calcio quale mezzo di espressione sociale. Ricordo nei primi anni '80 le suore di un asilo napoletano che al momento dell' uscita intrattenevano i bambini intervallando canzoncine di origine religiosa «Evviva Maria, ... con un altrettanto potente ritornello «Maradona, si meglio e Pelé ... » integrando onori sacri e profani. Un prezioso articolo di Christian Bromberger53 dà un'ampia descrizione del calcio napoletano quale metafora di una identità collettiva. Partendo dall' ipotesi che ogni squadra ha il suo stile di gioco percepito dai tifosi come simbolizzazione di un modo specifico di esistenza collettiva, egli afferma che il napoletano apprezza particolarmente il gioco fantasioso, pieno di fronzoli e di virtuosismo; l'azione di spicco e il numero spettacolare; in questo senso

52 Cfr. il video e il volume curato da Eleonora Punti Ilo e il convegno organizzato da O. Nicolaus per la Società della complessità, nell'antisala dei Baroni nel 1994. 53 C. BROMBERGER, L'immaginario di Napoli attraverso il suo football, in: Micromega, Editrice Periodici culturali, 4/1990, pp. 17 1-1 81.

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calciatori di spicco sono proprio quell i che riescono a incarnare questa dimensione dell'immaginario locale. Così anche la forma del tifo esprime modernità e tradizione della città; Bromberger lo evidenzia contrapponendo ironici slogan partenopei a quelli stigmatizzanti e degradanti di squadre del Nord. Afferma poi «È proprio delle città s inistrate, nostalgiche di un grande passato e oggi al loro esterno disprezzate, sostenere con un fervore oltre la comune misura la squadra che le rappresenta» 54 . In questo senso Napoli tanto più si aggrappa alla sua identità quanto più essa è altrove disprezzata. Il calcio assume, inoltre, una funzione di ampia aggregazione sociale; è la struttura di base della socialità tra vicini, così come nei luoghi di lavoro; tuttavia è proprio nei quartieri del centro e delle periferie che, attraverso i club Napoli, si attualizza una forma di aggregazione e affiliazione significativa. Gli stili di tifoseria si differenziano tra i diversi club e si è costmito un preciso protocollo nella gestione degli spazi per gli striscioni; il che è segno di rigida e autorevole organizzazione collettiva. È questo un modulo organizzativo che sarebbe interessante meglio indagare nelle sue regole e consuetudini consolidate; risulta ben strano che una città il cui stereotipo dominante è stato a lungo il caos e la disorganizzazione sappia invece gestire con meticolosa organizzazione il proprio tifo.

5. Senso di comunità 5. l. Isolamento e socializzazione Il rapporto tra apertura e chiusura dei gruppi esistenti è caratterizzato per un verso da grande tolleranza, di cui è segno il fatto che Napoli non abbia mai avuto un ghetto, e dalla tradizione di accoglienza e apertura offerto in genere dalle città di mare. È una società che mostra e cerca indipendenza, libertà e autonomia dove l'autoriferimento si coniuga con l'apertura. Tale distacco individuale è raggiunto utilizzando la famiglia. Essa è la rete in cui l'individuo si racchiude: la famiglia dei piani alti delle classi medie e la rete di strada il vicolo delle famiglie meno abbienti. La famiglia come garante del confine e della continuità; «essa è una strategia di risposta sul piano sociale a una mancanza, a un vuoto che riguardano soprattutto lo stato ... è luogo in cui si definiscono i confini dell'indipendenza individuale e

54 BROMBERGER,

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op. cit., p. 177.


di gruppo, ribadendo le proprie caratteristiche strutturali al fine di affermare la propria continuità» ss. Il quartiere ha la dimensione di famiglia allargata e segna il confine tra aree geografiche e appartenenze differenziate. Esso è il limite di più forte riconoscimento identitario. La vita tra i quartieri è di conseguenza caratterizzata dal distacco. Non esiste una relazione tra quartieri. Invisibili fili segnano i confini e i centri di riferimento. Ogni quartiere è un'isola chiusa in se stessa. Ogni quartiere è centrato su se stesso, autoriferito. Vi è una sorta di indifferenza verso ciò che accade altrove. Restare nei confini del quotidiano garantisce sicurezza. Apertura e chiusura si esprimono anche nella costruzione delle relazioni sociali nei quartieri. Nella città molte appartenenze si coniugano con la vita dei quartieri; per questo forse tutta la letteratura del primo novecento è ambientata in vicoli oscuri dei quartieri del centro antico e oggi sono sempre di più sulla scena le periferie. Attualmente il calcio e il volontariato esprimono forme riconosciute di aggregazione della società cittadina, mentre il quartiere sembra avere perso la sua funzione di protezione e sicurezza. Ulteriore veicolo di differenziazione nelle forme di socializzazione è il gruppo sociale di appartenenza; tali modalità relazionali sono radicate in «tipizzazioni stereotipate» che pur tuttavia rendono l'immagine di alcune peculiarità sociali. La letteratura e il teatro ci portano l'immagine dell'aristocratico vanesio e narcisista, megalomane e dissipatore, in ogni caso centrato su se stesso e i propri interessi: vengono alla mente le macchiette dell'avanspettacolo, personaggi della commedia napoletana - Fefè il barone dalla erre molle, di Nino Taranto - e che oggi si incarnano in alcuni personaggi delle canzoni di Federico Salvatore - si pensi alla canzone Incidente al Vomero. L'iconografia del lazzaro svelto e cazz,immàro si è trasformata nel giovane muschi/lo e poi efferato giovane di camorra. In mezzo i napoletani silenziosi, ironicamente e malinconicamente chiusi in loro stessi cui De Filippo ha dato anima, presi nel «piccolo cerchio delle loro ossessioni quotidiane o della loro farniglia,Jimorosi di Dio e della autorità» 56 o nella distanza riflessiva e autoescludente - vedi il protagonista di Questi fantasmi.

55 S. DE MAITEIS, Lo specchio della vita, Il Mulino, Bologna, 1991, p. 96. Incroci e stratificazioni, in: Dove sta Zazà, febb. '93, p. 86.

56 G . GRIBAUD!,

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5.2. Intermediazione e aggregazione Nell'esaminare la letteratura de lla città si comprende bene che per ' leggere' le modalità relazionali che fanno da sfondo alla comuni tà napoletana, bisogna tene re conto degli effetti incrociati di tre parametri di cui, tra altri, Franco Barbagallo, Gabriella Gribaudi e Isaia Sales danno descrizione: il posizionamento delle vicende cittadine nel!' intreccio tra camorra e gestione pubblica, le modalità di esercizio della intermediazione tra c ittadino, fondi e risorse pubbliche a livello locale e centrale, il posizionamento delle politiche della e sulla città nel più vasto intreccio delle politiche del Mezzogiorno e di Napoli in relazione al potere centrale. Da tale esame si evidenzia la presenza della camorra, ma anche di moda1ità di gestione del tessuto sociale-amministrativo del tutto particolari che sono la base sulla quale si costruiscono le alleanze sociali. È questa modalità di intermediazione che si costituisce come forma portante delle relazioni sociali, creazione di consenso e riconoscimento. 5.3. Appartenenza, disprezzo e senso di comunità

In una ricerca effettuata a Napoli nel quartiere Vomero nell'anno accademico 1993/94 57 che indagava la relazione tra senso di comunità e componente cognitiva della qualità di vita emerge l'assenza di correlazione tra senso di comunità e soddisfazione nei confronti della vita, così come tra senso di comunità e sostegno sociale percepito e tra senso di comunità e autostima. Il senso di comunità veniva indagato attribuendo punteggi secondo una scala da uno a quattro alle risposte dei soggetti che indicavano rispetto al quartiere il proprio: senso di sicurezza, livello di socialità, sostegno percepito, senso di appartenenza, senso di riconoscimento della memoria storica dei luoghi, e autostima. La stessa ricerca evidenziava invece una relazione significativa tra soddisfazione nei confronti della vita e sostegno sociale percepito e tra soddisfazione nei confronti della vita e autostima. Dalla ricerca è proprio il senso di comunità che non trova risposta nella vita del quartiere.

57 V. CHIAROLANZA, Senso di comunità e benessere soggettivo: ricerca in un quartiere di Napoli, Tesi di laurea in psicologia di comunità, Università degli Studi di Roma, anno accademico 1993/94.

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Credo tuttavia c he poiché gli strumenti utilizzati non indagavano la sfera em otiva e affettiva, i ri sultati dell'indag ine siano da considerare del tullo parzial i. Analizzando Napoli alla luce de lla g rig lia di osservazio ne che la ps icolog ia di comunità propone essa risulta essere una città caratterizzata da un forte senso di apparte nenza c he trova la sua forma ne l d isprezzo e rifiuto. Insomma un legame espresso attraverso la sua negazione. Di ciò vi è traccia nel linguagg io: è tipicam ente napoletano il detto: ogni scarrafone è bello a mamma sua, per indicare il rapporto con la prole. Vi è a nzi un legame che va al di là de l ri conoscimento del figl io anz i c he e nfatizza la pregnanza del legame pur ne ll'impossibi lità di riconoscergli degli attributi positivi. Sembra riandare a l tema del riconoscimento di cu i si parlava precedentemente. Il linguaggio della vita sessuale assume anche qui un carattere particolarme nte aggressivo; l'atto sessuale è gergalmente detto chiavata o in altre locuzio ni ha sempre un qualcosa di offensivo sciammèria; anche nei momenti di g randezza non perde la dimensione: na dio e chiavata per indicare un o ttimo rapporto o una bella ragazza, na chiavatona. Le emozioni di cui si parla sono sempre descritte con toni aggressivi; si na chiavica, per indicare riprovazio ne; l'uso costante e frequente quasi nella forma di inte rca lare della espressione gergale dell 'organo maschile per indicare meraviglia: chi cazz'è ?; presunta presunzione ma chi cazz' si crede! disprezzo: sto cazz' e ... fastidi o: è arrivato sto cazzo e guardiano; insomma un linguaggio poco improntato alla leggerezza e alla delicatezza. Nel 1887, Federico Verdinois 58 in Al vico Tre re così descrive una coppia di maturi coniugi. «La barba nera e la donna grassa, marito e moglie si amano come colombi. La moglie, per chiamare il marito, g rida con voce strascicante e tenera m a in maniera da farsi sentire da tutto quanto il vic inato: - Neh! fetente! È un vezzeggiativo irresistibile. Il marito accorre ... La famiglia mangia. Donna Raffaella nella effusione irrefrenabi le di quel1' ora soave, ha già due o tre volte indirizzato al marito l'epiteto vezzeggiativo e laudativo di fetente, accompagnandolo con un sorriso».

58 F.

V ERDINOIS, Quel e/re accadde a Nonnina, Catania, 1887.

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Nord e Sud dell'ottobre 1994 nota: «Napol i è una città c he, curiosamente, in ogni divis ione comprende anche gli altri termini della divisione .... Questo rappresenta la complessità della città. A Napoli è difficile operare una distinzione sia a livello cu lturale che, oserei dire, antropologico. Qui è il curioso fenomeno che tutti tendono a distaccare gli altri, non si fidano tra d i loro, s i odiano persino. Possono disprezzarsi. E questo disprezzo nasce perché ci sono delle somiglianze spaventose tra l'intellettuale, ad esempio, che non vuole avere a che fare con la gentaglia, e viceversa. Il disprezzo reciproco nasce dalla somiglianza. Che motivo ci sarebbe di odiare un altro, se nel tuo intimo tu non ritieni di poterne prendere qualche cosa, di poter essere in qualche modo contaminato? Purtroppo in questa città tutti pensano di poter esser contaminati da tutto» 59. Altro e lemento indicativo del rapporto di appartenenza e disprezzo con gli oggetti d'amore è rintracciabile nella presenza delle parenti di San Gennaro, oggi più ecumenicamente dette 'consorelle'. Ad esse è dato nella tradizione di officiare il rito insieme al clero. E anche negli epiteti - vale per tutti il famoso faccia ' ngialluta con cui si indirizzano al santo 'reticente' nel fare il miracolo può essere letto quale espressione di appartenenza e legame che consente il dileggio ; infatti possesso e appartenenza è espresso anche nelle preghiere delle parenti «Iesci e fance grazia, Santo bello, gran campione di Gesù Cristo. Santone nuosto ... » 60. L'aggettivo possessivo nostro compare iteratamente in relazione agli attributi alle attività e alle caratteristiche del Santo. Nelle storie di guarattelle Pulcinella è sempre malmenato e i bambini ne ridono. Anche qui il processo identitaria sembra realizzarsi in un personaggio vinto che subisce la sua malasorte. Ancora una volta la fo rza della identificazione è data dal riconoscersi nella vicenda del perdente. Subire è sì essere vittima, ma è anche senso di identità profonda. Non vi è necessità di sostenere la trasgressione, le botte riequilibrano il desiderio di rivalsa, piacere o vendetta.

La ricerca di segni di appartenenza espressi da forme di disprezzo mi ha portato al famoso emblema del ciuccio che la squadra del Napoli si è data nel 1926. Il significato attribuito non è univoco. Bromberger riporta che dopo un campionato catastrofico un tifoso avrebbe paragonato la squadra a un asino; 59 fnferno al sapore di pizza. Intervista di D. Morea a Michele Serio, Nord e Sud, ottobre 1994, p. 110. 60 Citato in: V. PETRARCA, Un miracolo rituale: la liquefazio11e del sangue di san Gennaro, in: La ricerca Folklorica, n. 28, aprile 1994, p. 63.

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in una tradizione opposta il presidente della squadra avrebbe scelto tale simbolo dopo che in un trionfante campionato ' derby del sole' , un tifoso era arrivato a Roma in groppa ad un asino. «I napoletani rimangono fortemente attaccati a questo emblema, che è stato uffic ialmente sostituito da qualche anno, a dispetto dai tifosi, da un Gennarino, dall'aspetto assai più moderno. Battuto, trattato con disprezzo, accusato di tutti i mali, l' asino rappresenta bene l' immagine che g li altri rinviano ai napoletani, i quali l' assumono sorridendo» 6 1. Tuttavia anche qui la poco nobile figura del ciuccio, pur tuttavia risorsa dei poveri, non esprime forse attraverso l'ironia un processo identitarie negativo in quanto il simbolo della collettività è dato da una figura dileggiata ma pur tuttavia elemento di forza trainante e ricchezza nella miseria. Negli anni del post-terremoto dell' 80, Salvatore Pica, noto napoletano, istituì l'Accademia della Catastrofe. Era questa una associazione culturale che aveva il compito di promuovere aggregazione sociale proprio nel mettere a centro dell'attenzione l'impossibilità dell' esistenza. Piscopo 62 coglie nel «Il resto di niente» di Striano un gusto indecente del niente, il senso del degrado, della decadenza, che si pone con continuità all'interno della narrativa napoletana e che meriterebbe maggiore attenzione. Ci parla de «Il famoso piacere della degradazione connotando il grado zero di una condizione esistenziale, che ha assoluto bisogno di provare il niente per poter aspirare di concepire il tutto» . Una strana dimensione dove arrivando alla fine si sancisce l'inizio. Di qui forse il successo di Striano. Nella letteratura sociale si evidenzia la «pratica autodenigratoria tipica delle popolazioni marginalizzate» 6\ Flora Savastano riprende Lanzetta quando nota che Bronx è il titolo di un suo volume ed è anche l'etichetta che i residenti hanno attribuito ai palazzoni della ricostruzione a Taverna del Ferro a San Giovanni. «Svalutare il proprio quartiere e disprezzare i propri vicini diventa quasi un modo per accrescere la stima di se stessi come individui o come membri della famiglia, ritrovando nella conformità alla norma dominante e nella convalida della percezione negativa che se ne ha dal di fuori il mezzo per sentirsi 'diversi'»64. Si tratta ora di considerare come tale atteggiamento agisce nella costruzione del senso di comunità e nei processi aggregativi.

op. cit., pp. 174-175. PISCOPO, li coraggio dell'eresia, in: Nord e Sud, Febbraio 1995, pp. 83-85.

6 1 Cfr. BROMBERGER,

62 F.

63 F. SAVASTANO, Cronaca di un 'esperienza in sta Zazà, n. 3/4/ 1994, p. 77.

u,1

quartiere della ricos1ruzione, in: Dove

64 Ibdem, p. 78.

43


In si ntesi si può dire che la dimensione di appa1tene nza riporta il napoletan o a gue lfa che l'abate Genovesi, come ama ricordare Sasso li no, ne l '700 definiva ' nons ipuotismo' , la condanna all ' impotenza della natu ra delle cose. È un'appartenenza vincolante e paralizzante. Mi viene in mente che il topo «zòccula» ha tanto spazio nel linguaggio popolare proprio perché in una interpretazione simbol ica assume le valenze della dipendenza impotente e passiva. Alla luce delle categorie che la psicolog ia pone per valutare il senso di comunità di un gruppo vediamo a Napoli un forte senso di appartenenza che si esprime, per dirla con un linguagg io ps icolog ico. in un attaccamento evitante, rifiutante e rabbioso ove il legame si afferma dietro alla sua apparente negazione. A Napoli le carte vengono gettate a terra; è un atto di diretta ed espl icita aggressione con cui sancire il legame con il territorio. Non si tratta pertanto di maleducazione ma di codice comunicativo e legame con il suolo da sporcare. L' intenzionalità dell'atto è la chiave dell'azione. Il legame con la città è un legame che non dà soddisfazione diretta. Vi è forte connessione emotiva ma poco senso di riconoscime nto e potere. II legame con la storia è nostalgia della grandeur, piuttosto che senso di un bene da riconquistare; è un rapporto coniugato al passato. Il connubio di appartenenza connessione emotiva e scarso riconoscimento facilita forme di distanza. In questo senso può essere letta l' ironia, il distacco e l'attaccamento alla vita famigliare. Il senso di appartenenza alla comunità ha così un effetto paralizzante sulla costruzione di processi sociali collettivi che escano dalla quotidianità del presente. Non si proietta nel futuro. È un senso di appartenenza che non crea solidarietà ma distacco. L'impotenza ne è il sentimento. Ciò fa sì che il forte legame con la città non diventi strumento di progettualità. Esso non si coniuga al passato per guardare al futuro. Vi resta confusamente e fu sionalmente immerso. Di qui l'isolamento, l' ironia e la distanza rispetto al presente. La difficoltà di rendere pensabile il futuro . Bisognerebbe riuscire a coniugare il forte senso di appartenenza con larivitalizzazione della memoria al fine di essere capaci di costruire progettualità. Ovvero va considerata la dimensione di impotenza connessa alla appartenenza al fine di poterla superare. Vanno valorizzate la capacità di distacco e ironia del napoletano e il suo continuo autoriferimento ; esse vanno intese come punti di forza, risorse e non come peculiarità di paralis i impotente. Esse consentono che la continuità del senso di sé permanga pur nelle continue mutazioni. In questo senso costituiscono un autoriferimento, radica44


mento nella memoria personale che consente di affrontare mutazioni e cambiamenti esterni. Da un punto di vista organizzativo il modello di riferimento è ad una sorta di sistema a legame debole dove I' autori ferimento permane sempre forte, ma è risorsa per la trasformazione e non solo difesa passiva della impotenza.

6. La napoletanità risorsa per il Ili millennio Le tante immagini attribuite al la città e le diverse rappresentazioni che emergono nella letteratura, nell'arte e nella pittura costruiscono immagini peculiari e contraddittorie del napoletano: ozioso e alacre; duttile, sagacissimo frodatore, saldo puntello dei più retrivi movimenti politici, beffeggiatore delle sorti e del progresso 65 o, imbrog lione, con poca fede nella politica; melanconicamente innamorato, canterino, gesticolatore; ingegnoso e creativo; indifferente, scettico e incredulo. Tra i tanti, quattro attributi che appaiono con ricorrenza sia in forma accennata che forte mi sembra possano essere considerati peculiarità significative, punti forza da utilizzare come risorsa per i processi di sviluppo di comunità; essi sono il senso della relatività, la dimensione della complessità, l'alacrità e capacità lavorativa, la dimensione dell'eccedenza o dell'eccezionalità. Il carattere complesso della città porosa 66, della Napoli dalle mille luci e mille colori 67 è dato dalla natura stessa delle stratificazioni della città che non avvengono con un percorso lineare. Il passato in essa non si perde, si conserva, si sposta, retrocede e si mischia in mille volti dalle mille immagini; è presente nella sua rimozione e negazione. Il nuovo non nega, si aggiunge ma non cancella. Tale capacità a contenere senza essere invasi, diventa capacità fecondante, humus di pensiero, emozioni e creatività se si posiziona con uno sguardo fiducioso al futuro. II senso della relatività che qualcuno richiama alle antiche radici del pensiero eleatico 68 ha forse origine nella continuità delle variegate tradizioni di 65 G . DoRIA, La città della favola, I 955, in: AA. YV., Ritrailo di Napoli. F. Fiorentino Editore, Napoli, 1994, pp. 31 -44. 66 Definizione di Walter Benjamin, ripresa da E. Bloch ( 1992). Per una elaborazione a più voci della immagine e delle sue potenzialità vedi La cìllà porosa di C. VELARDi, E. CRONOPIO, Napoli, 1992. 67 Napule è, canzone di Pino Daniele. 68 G. ARTIERI (1980), Dedica a S.Gennaro, in: Golfo di Napoli, Le vie del mondo, anno I , n. 4, novembre I996, p. 12.

45


pensiero 69 sempre presenli e variamente espresse nei diversi secoli, esso è elemento fondante del la educazione al dubbio e alla riflessione e pertanto al la ricerca e alla creatività. La tradizionale attitudine all 'isnlamento riflessivo può diventare una risorsa per guardare lonra110, con occhi disincantati. Ciò richiede che la connotazione melanconica acquisti una dimensione fiduciosa. L' autostima non venga mantenuta nell'isolamento difensivo e autarchico, bensì diventi coscienza critica dei processi di trasformazione e partecipazione sociale. Nulla prosegue per via ordinaria, costante la dimensione della eccezionalità. Si tratta di un procedere per picchi eccelsi. È questa una risorsa che ha permesso di far fronte a terremoti e pestilenze, ma anche dar corpo ai veloci preparativi del G7. La capacità di far fronte agli eventi limite è una preziosa risorsa che bisogna studiare come spendere nella gestione dell ' ordinario. La scommessa è vincere l'ordinaria impotenza del quotidiano mobilitando le forze congelate che si esprimono solo di fronte al rischio dell'annullamento totale. I picchi di speranza e di isolata sopraffazione devono essere incanalati nella voglia e possibile realtà di comunicazione e vivibilità. Il regime dei miracoli è da contraltare all'impotenza del quotidiano; il miracolo della vivibilità quotidiana attraverso il coraggio di grandi progetti collettivi è l'obiettivo. La risorsa dell 'eccezionalità non può essere Io strumento per programmazioni arrangiate, realizzazioni all'impronta, politiche dell'ultimo minuto. L'arte di far fronte all'emergenza deve vincere e superare l'arte di apparare che ne è traduzione operativa riduttiva. La capacità di cogliere il cambiamento e adattarvisi; senza assimilazione, essere nei processi di trasformazione. È effetto dell'interagire delle suddette peculiarità; da qui discende la necessità di sostenere e incanalare la vitalità ed effervescenza vesuviana attraverso progetti di lunga durata dove la creatività immediata si coniughi con formazione e specializzazione. Tuttavia il considerare queste peculiarità come risorse ci deve obbligare a non considerarle come limite da abbattere ma punti di forza su cui fare leva nei processi di trasformazione sociale. Superare la carenza di normalità e manutenzione ordinaria delle nostre amministrazioni, arricchita ma non vicariata dalla capacità di essere eccezionali. Se la Napoli di domani si inserisce nel crollo della società moderna; nella fine del mito calvinista e fordista che ha portato avanti la società occidentale

69 F. TESSITORE, L'immagine della cultura, in: AA.YY., Ritratto di Napoli, F. Fiorentino Editore, Napoli, 1994, p. 60.

46


alle soglie de l terzo millennio, sono inratti proprio questi attributi che possono candidare la città al recupero della sua dimens ione di grande capitale. Se Trois i rivendica il diritto dei giovani del sud ad essere viaggiatori e non per forza emigranti, contro gli stereotipi della napoletanità bisogna rivendicare il diritto alla normalità proprio attraverso l'utilizzo, in forma rinnovata, delle peculiarità qui descritte che hanno invece finora costruito il sostrato del pregiudizio e della svalorizzazione. Coni1:1gare sinergicamente passione e ragione, alacrità e isolamento/riflessività, portano a far incontrare efficienza e cultura dei rapporti umani. Spin-

gono a coniugare i valori dello spirito e della cultura con l'intelligenza pratica fatta di concretezza e immediatezza; di qui le risorse su cui puntare per costruire una città trasversale e solidale.

47



II. Profilo demografico*

Napoli è, come da definizione ISTAT, un Grande Comune ed infatti le cifre (v. Tav. I) relative alla popolazione residente parlano in tal senso. Considerando solo gli abitanti dell'area urbana, oltre un milione, Napoli si attesta una fra le più grandi città italiane, e di sicuro la più espansa del meridione. TAVOLA

I. Popolazione residente 1994 MF

1.062.208*

M

510.824

F

551.384

Fonte: Informatore Statistico Campano 1996 * L'aggiornamento ISTAT del 1997 riporta un decremento della popolazione, che si attesta a circa 1.036.000 abitanti.

Questo grosso Comune è caratterizzato dalla presenza di un gran numero di giovani: dai dati ISTAT si evince infatti che la classe d'età maggiormente rappresentata è quella compresa tra i 15-24 anni (v. Tav. 2). Ma la città presenta anche un indice di vecchiaia pari al 68,8 e quindi una percentuale di 65enni e più del 61,3. Allora anche questa città esprime, sebbene in forma più attenuata, uno degli aspetti più significativi delle tendenze demografiche: il fatto che a partire dal 1995 la popolazione italiana sperimenta, per la prima volta nella storia, uno scambio intergenerazionale, per cui il numero degli ultrasessantenni supera quello delle persone con meno di 14 anni. E tutto ciò con i ben noti problemi connessi a un grave sbilanciamento tra le fasce attive e le fasce non attive.

* M. Sommantico , C. Arcidiacono.

49


TAVOLA

2 . C/ossi di e tà

0-5 5-9 10-14 15-24

62,037 65,920 76,737

25-34 35-44 45-54 55-64 65-74

204,969 167,684 135,687 11 6,020 110,011 79,842

75 e più

48,458

5,8o/o 6,2% 7,2°/o 19,2% 15,7% 12,7% 10,9% 10,3% 7,5% 4,5%

Fonte: ISTAT 1991

Al contempo la città si presenta come territorio dove varie comunità straniere hanno stabilito la propria residenza, come indicano i dati della Tav. 3. Non è poi calcolato, se non attraverso stime, il numero dei clandestini. Sempre più infatti la nostra sta diventando una società multietnica, e Napoli è in linea con tale tendenza. È inoltre da segnalare il fatto che al capoluogo afferiscono anche tutti quegli extracomunitari, che, clandestinamente e non, hanno creato delle vere e proprie comunità nell'hinterland. TAVOLA

3. Stranieri

Stranieri Stranieri residenti

5.604 5.337

5,3% 5,0%

Fonte: ISTAT 1991

Basso permane però l'indice di natalità, specialmente se confrontato col tasso di mortalità (v. Tav. 4).

Napoli, ma il Sud in generale, è caratterizzata inoltre da un forte decremento del tasso di fecondità. Le dinamiche del comportamento riproduttivo, infatti, sono molto differenziate a livello territoriale. Mentre nel Nord e nel Centro Italia una natalità superiore ai due figli per ogni donna (dato che permette di raggiungere il livello di sostituzione) è stato un fatto raro, concentrato negli anni del baby boom (1964), la vera rivoluzione «si lenziosa» è stata compiuta nelle regioni meridionali che, partendo da un tasso superiore a tre figli per ogni donna, sono ormai scese sotto il livello di sostituzione, registrando il massimo decremento. 50


TAVOLA

4. Na talità e morralitcì

N ati vivi Morti

13.573 I0.405

Fonte: In for matore Statistico Campano 1996

Strettamente connesso al problema delle nasc ite è la questione del matrimonio. La città di Napoli si caratterizza per un e levato numero di coniugati, anche se coloro che rappresentano lo stato civile più diffuso nella metropol i partenopea (v. Tav. 5) sono i/le celibi/nubili. Anche questo dato è in linea con le tendenze demografiche nazionali ed internazionali, tenendo ino ltre presente il fatto che la maggior parte dei / le celibi/nubili è senz'altro costituito di giovani, i quali sempre più costituiscono le cosiddette «famiglie unipersonali» o «monopersonali ». TAVOLA

5. Stato civile Celibi/Nubili Co niugati Separati di fatto Separati legalme nte Divorziati Vedovi

519,461 467,288 3,706 7,558 6,922 66, 136

48,7% 43,8% 0,3% 0,7% 0,6% 6,2%

Fonte: ISTAT 1991

Napoli, in linea col resto del meridione, si caratterizza ancora come una delle città in cui è presente per la maggioranza la famiglia di numero medioampio. Infatti il maggior numero di famiglie è formato di 4 componenti (v. Tav. 6) . Rispetto a c iò comunque Napoli rappresenta sicuramente un distanziamento dal fenomeno italiano generale, per il quale invece sebbene sia aumentato progressivamente (dal 1961 ad oggi) il numero di famigl ie, è andato progressivamente diminuendo il numero medio di componenti (oggi pari a 2,8). Inoltre la tipologia familiare più rappresentata è senz'altro quella della coppia con figli. Confrontando questi dati con quelli relativi alla natalità a Napoli, è possibile ipotizzare che tali nuclei familiari siano caratterizzati dalla presenza di figli giovani piuttosto che bambini , figli che escono di casa ad un'età sempre in avanzata. 51


TAVOLA

6. Famiglie e tipologia familiare Famiglie N. medio componenti I componente 2 componenti 3 componenti 4 componenti 5 componenti 6 componenti 7 o più componenti Coppia senza figli Coppia con figli Padre con figli Madre con figli

312.376 3,4 46.124 59.516 56.964 75.648 44.184 18.303 11.637 47.078 170.477 13.71 6

17,9% 64,7% 5,2%

32.131

12,2%

Fonte: ISTAT 1991

Per quel che riguarda poi il livello d'istruzione, la popolazione napoletana fornita di titolo di studio è caratterizzata essenzialmente da coloro che hanno conseguito la licenza elementare, la licenza media e il diploma. Permangono comunque un 11,6% di abitanti alfabeti privi di titolo di studio ed un 2,5% di analfabeti (v. Tav. 7). TAVOLA

7. Livello d'istruzione popolazione in età da 6 anni in poi Forniti di titolo di studio Laurea Diploma Licenza Media Licenza Elementare Alfabeti privi di titolo da 65 anni in poi Analfabeti

da 65 anni in poi

852.971 60.192 190.472 294.34 I 307.966 I 15.424 17.2 13 24.557

85,9% 6, 1% 19,2% 29,6% 31,0% 11 ,6% 1,7% 2,5%

9.324

0,9%

Fonte: ISTAT 1991

I dati fin qui presentati ci servono da cornice per affermare che, da quanto emerge in letteratura, i fattori associati alla povertà nel Sud risultano essere il titolo di studio materno, l'occupazione e la residenza nelle stesse regioni meridionali. Tali fattori risultano inoltre in stretta relazione con le condizioni di salute infantile. Allora, come evidenzia bene Baronciani 52


( 1996) esistono veri e propri gruppi a rischio relativamente alla natùnortalità, alla mortalità neonatale precoce e alla mortalità infantile, mettendo tali situazioni in relazione con i fattori di rischio su esposti. Allora dall'analisi dei dati ISTAT emergono come gruppi a rischio: «l'ordine di nascita superiore al secondo: il terzogenito presenta un rischio di 1.19 rispetto ad un rischio teorico di I per la natimortalità ed un rischio di 1.32 per la mortalità dopo la prima settimana; la filiazione illegittima: che comporta un rischio di 1.17 per la natimortalità, di 1.28 per la neonatale precoce e di 1.36 per la mortalità dopo la prima settimana; la minore scolarità materna: i nati da madre con scolarità elementare o nessun titolo di studio presentano un rischio di 1.52 per la natimortalità e di 1.63 per la mortalità neonatale ed infantile; i bambini nati nelle regioni meridionali: che presentano un rischio di 1.30 per la natimortalità e di 1.54 per la mortalità neonatale precoce» (Baronciani, 1996). E sempre seguendo quest'analisi anche la condizione di basso peso alla nascita emerge come correlata significativamente alla filiazione illegittima e alla bassa scolarità materna, quest'ultima essendo anche correlata ai dati relativi alla crescita staturale. TAVOLA

8. Popolazione che si sposta quotidianamente all'interno del Comune Occupati Studenti Totale

192.757 225.232 1.382.262

Ma la città risulta anche caratterizzata da un'elevata mobilità. All'interno del Comune, tale fenomeno è essenzialmente attribuibile agli spostamenti di studenti (v. Tav. 8), mentre per quel che attiene gli spostamenti tra il Comune e l'esterno, il fenomeno è essenzialmente attribuibile al pendolarismo lavorativo (v. Tav. 9). TAVOLA

9. Popolazione che si sposta quotidianamente in entrata o uscita dal

Comune Occupati in entrata Studenti in entrata Totale Occupati in uscita Studenti in uscita Totale

120.927 86.500 207.427 26.533 5.076 31.609

Fonte: ISTAT 1991 53


Toli doti sono co11fer111mi do quelli riportati 111 Tav. IO. in cui si vede come il fenomeno del pendolarismo studentesco e lavorativo porti quoridianamell!e allo spostamento verso altri Comuni 449.598 abitanti, e da questi Comuni verso Napoli ben 625.4/6 abitanti. TAVOLA

I O. Popolazione che si sposta da e verso i grandi Comuni

Origine Na1>oli Stesso Comune Pozzuoli Casoria Pomigliano S.G. Cremano Arzano Altri Totale

417.989 2.991 2.898 2.535 1.956 1.656 19.573 449.598

Destinazione Napoli Stesso Comune S .G. Cremano Portici Pozzuoli T. del Greco T. Annunziata A ltri Totale

417.989 10.648 10. 109 7.992 6. 291 2.585 169.802 625.416

Fonte: ISTAT 1991

Per quel che attiene poi ai veri e propri fenomeni migratori, benché non particolarmente significativi numericamente (se confrontati con i dati relativi ad altre città specie del meridione), vediamo come il trend migratorio sia più verso il trasferimento da Napoli verso altri Comuni che non viceversa. E ciò forse a rappresentare, anche sotto veste numerica, le difficoltà legate al vivere quotidiano in questo grande Comune: difficoltà lavorative, elevati costi dei fitti, ecc. Un dato da segnalare è comunque legato alla scarsissima migrazione verso l'Estero che caratterizza la città di Napoli: sebbene sia presente un fenomeno di allontanamento dalla propria città, è al contempo difficile quello dalla nazione, che non sembra costituire un retaggio culturale della città, a differenza di molti Comuni dell'entroterra. Dato questo che risulta in contrasto con le richieste di mobilità sempre crescenti, derivanti dal mondo del la54


voro, ma anche in contrasto con l'imminente abbattimento delle frontiere europee e con la tradizione di «apertura» propria del le città di mare. TAVOLA

11 . Fenomeni migratori

Iscritti da altro Comune Iscritti dall'Estero Trasferiti ad altro Comune

Trasferiti all'Estero

4.232 312 7.003 84

Fonte: In formatore Statistico Campano 1996

Gli indigenti della città, calcolati nel numero di c irca 11 O.OOOmila I in rapporto ai 270.000 della Campania, non possono essere esclusi dalla indag ine sulla città. Le utenze dei Centri di servizio Sociale della città danno un' indicazione solo parziale della tipologia di problemi e della loro caratterizzazione. Per una stima effettiva di coloro che hanno un reddito inferiore alle 800.000 mensili necessita aspettare la valutazione delle domande che il Comune di Napoli sta attualmente raccogliendo per l'erogazione del minimo vitale (legge 285/97), che già ora sono stimate non inferiori alle I 0.000 istanze. La popolazione in stato di totale precarietà è ricavabile dal numero di pasti consumati presso le mense cittadine (calcolati con una stima per difetto in circa 1500 al giorno) e dal numero delle presenze presso il dormitorio comunale che sono circa 300 l'anno - tra cui anche una piccola percentuale di giovani - con una presenza di I00 ospiti per notte. Di questi circa il 30% sono frequentatori abituali 2. Tuttavia per una effettiva valutazione degli homeless, senza fissa dimora che comprende i cosiddetti 'senza ritorno' che sfuggono anche ai circuiti della assistenza laica e religiosa, bisogna calcolare per la città di Napoli una stima di 400-500 soggetti 2 .

Bibliografia di riferimento D.

La tutela della salute ed il rischio povertà e disuguaglianza, in: G. CIRILLO, P. SIAN!, G. TAMBURI NI (a cura di), / bambini a rischio sociale. Generazioni a perdere o investimento sociale. Napoli, ESI, 1996.

BARONCIANI ,

I

Dati Fondazione Banco Alimentare, Corriere del Mezzogiorno, Dicembre 1998.

2 Fondazione Massimo Leone, esame e stima flussi d i utenza dormitorio pubblico comu-

nale anno 1997.

55


P.

DONATI,

Terzo rapporto su/la .famiglia in. Italia, Cinisello Balsamo, Ed. Paoline,

1993.

Demographic Statistics, Luxemburg, 1992. A. GOUNI, Tendenze demografiche e politiche per la popolazione. Terzo rapporto IRP, Roma, II Mulino, 1994. Informatore Statistico Campano 1996 - Regione Campania - Assessorato Ricerca Scientifica, Statistica, Sistemi Tn formativi, Informatica. ISTAT, 13° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni, 30 ottobre 1991. E. SCABINI, Psicologia sociale della .famiglia, Torino, Boringhieri, 1995. EuROSTAT,

56


III. Profilo territoriale*

Il confine di Napoli città si estende, a nord, sulle propaggini meridionali della Terra di Lavoro, sulle prime pendici del Vesuvio e, ad ovest, su una parte più estesa dei Campi Flegrei. La prima notazione è che l'orografia napoletana è a carattere accidentato, dato questo che ha vincolato lo sviluppo urbanistico della città. Tale carattere è rilevabile dal fatto che, molto sinteticamente, la topografia di Napoli è riconducibile alla presenza contigua di quattro conche che determinano altrettante dorsali e un altopiano: la conca di Neapolis, tra S. Elmo (249 m) e Capodimonte ( 153 m); la conca di Chiaja, tra Pizzofalcone, S. Elmo e Posillipo (180 m); la conca Fuorigrotta-Coroglio (30 m in media), tra vari crateri ed il vulcano di Agnano; la conca di Soccavo (85 m) adiacente al cratere di Pianura (150 m), separati dai Camaldoli, il punto più alto dei Campi Flegrei (458 m); l'altopiano Vomero-Arenella (180 m), tra le dorsali di Neapolis, Chiaja, Soccavo (Rossi, Buondonno, 1995). Questo stesso carattere accidentato rende conto anche del carattere vulcanico del territorio napoletano. In generale comunque, il Comune di Napoli occupa una superficie territoriale di 117. 24 Kmq, dei quali 83,14 sono costituiti da fabbricati e 9,48 da infrastrutture di urbanizzazione (strade, ferrovie, ecc.). La città si caratterizza quindi come un Comune dall 'elevata densità abitativa. Come indicato dai dati in Tav. I, il numero totale di abitazioni è 344.294, con una densità di abitazioni per Kmq pari a 9. 102 (ISTAT, 1991). TAVOLA

I.

Abitazioni occupate e non occupate

Abitazioni non occupate Abitazioni occupate Abitazioni occupate in proprietà, usufrutto o riscatto

Abitazioni occupate in affitto o subaffitto

32.563 311.731 138.330 159.236

44,4% 51,1%

Fonte: ISTAT 1991

* M. Sommantico, C. Arcidiacono.

57

t


1 dati della Tav. 2 si riferiscono alle sole abitazioni occupale (311.731 ), dove gli indici mostrano chiaramente una condizione media di sovraffollamento. TAVOLA

2. Abirazioni occupare

Sup. media N. stanze N. mq x abitante

N. occupanti abitazioni occupate

80,4 mq 4

24 3,4

Follte: ISTAT l 991

Un ulteriore dato relativo alle abitazioni, e che rende conto della vita delle famiglie dell'area del Comune di Napoli, si riferisce al numero medio di occupanti ogni singola abitazione e alla percentuale di famiglie coabitanti, come indicato da Tav. 3. TAVOLA

3. Coabitazione

Famiglie coabitanti (x l .000) N. occupanti abitazioni occupate

2,0% 3,4%

Fonte: ISTAT 1991

Dal complesso dei dati delle tre precedenti tabelle si può quindi osservare come, a fronte di un numero relativamente alto di abitazioni non occupate, esista un numero notevole di coabitazioni, che in alcuni casi costringono in situazioni di sovraffollamento abitativo, indicato in letteratura come uno degli stressors in grado di peggiorare la qualità della vita (Bonnes, Secchiaroli,

1992). In tale linea risulta fondamentale un'analisi di quelli che vengono definiti dall'ISTAT come «indicatori ambientali» (v. Tav. 4). TAVOLA

4. indicatori ambientali

Rifiuti Solidi Urbani (Kg/ab) Raccolta differenziata (Kg/ab) Raccolta diff./RSU % Densità di verde (%) Verde urbano (mq/ab) Autovetture (/100 ab) Piste ciclabili (Km) Fonte: aggiornamento dati ISTAT 1996

58

521,3 0,8 0,2

1,8 60,6 2,0


Rispetto al dato dei RSU, Napoli risulta, a livello di Grandi Comuni, essere l'ottava dopo citti:t come Torino, Bologna, Milano o Bari, con i suoi 521,3 Kg di rifiuti per abitante. li dato, non quantificabile, che caratterizza però il nostro Comune è allora quello relativo al frequente disservi zio da parte delle ditte che si occupano del ritiro dei RSU. Napoli però risulta essere in assoluto la città dove è meno diffusa la cultura della raccolta differenziata dei rifiuti, come testimonia il dato a ciò relativo (0,8 Kg di rifiuti raccolti in modo differenziato per abitante). A l suo opposto troviamo invece Milano con ben 62,2 kg/ab di rifiuti raccolti in modo differenziato. Anche i dati relativi al verde cittadino attestano Napoli, come Venezia (0,8 %), seconde solo a Catania (0,2%), come una delle città con la più bassa densità di verde. Tale dato è confermato anche da quello relativo ai mq di verde urbano per abitante (2,0), dove, ancora, la nostra città è seconda solo a Catania (1,2). Rispetto alla numerosità delle autovetture, la situazione è invece più simile a quella dei RSU. Napoli infatti risulta il quinto Comune con maggior numero di autovetture (/100 ab), dopo città come Cagliari, Milano, Roma o Torino. Non esistono inoltre nel nostro comune piste ciclabili, situazione che caratterizza l'intero mezzogiorno; per contrasto riportiamo la situazione di Torino, che si attesta con i suoi 25,4 Km di piste ciclabili su territorio cittadino, o quella di Milano (16,4) o Bologna (14,9). A fronte di ciò Napoli è però una delle città con il maggior numero di percorsi pedonali artistico-culturali, in una situazione comunque dove la difficoltà è proprio quella di veicolare in maniera massiccia una simile cultura. L'esame dei dati in nostro possesso ci fa così collocare la città di Napoli tra quelle che hanno più difficoltà a raggiungere livelli elevati di vivibilità secondo i cosiddetti parametri ambientali (verde, traffico, inquinamento, ecc.), ed infatti i dati relativi alla Campania, per quel che attiene a Difficoltà di parcheggio (46,7), Traffico (47,4), Inquinamento dell'aria (41 , I) o Rumore (45,9), rendono la nostra Regione una di quelle che, come Lombardia, Lazio o Piemonte, vengono definite «i nvivibili}) dal punto di vista ambientale. Un riscontro a questi dati viene anche dalla ricerca «Chek up mobilità nell'Italia di oggi» effettuata dall'Ufficio Studi della Conferenza del Traffico e della Circolazione (Federtrasporti 1999) in 18 città. Stando ai risultati di questo studio, Napoli risulta essere la città dove la circolazione con i mezzi pubblici risulta la più lenta d'Italia: in 60 min. si percorrono appena 11,8 km. Le città più vivibili rispetto a tale parametro sono Perugia e Venezia (rispet59


tivamente 24 e 20 km), mentre seconde a Napoli sono, nell'ordine, Palermo ( 12 km), Milano ( 13 km) e Roma ( 14 km). Interrogativi rispetto alla qualità della vita nelle varie regioni d ' Italia sono que lli che anche l' ISTAT s i è posto. In generale emerge che l'aspetto che maggiormente soddisfa i cittadini de lla Campania (ma una s ituazione simile caratterizza l'intero Paese) è la famiglia, ed infatti il 37,7% degl i intervistati, a fronte di una media nazional e del 39,7%, si sente soddisfatto della stessa. Seguono la salute ed il rapporto con gli amici. Mentre ben diversa è la situazione rispetto alla condizione economica: per il 5% dei campani è peggiorata, rispetto al 4,6% italiano. I dati scendono ancora se si parla di disponibilità di risorse economiche: il 5% dei campani le ritiene insufficienti, a fronte di un 3,4% nazionale. Ma i dati forse più sconcertanti sono quelli relativi alla sicurezza. Infatti, il 42,4% dei campani ha paura di camminare da solo ed il 53,5% evita luoghi e persone quando cammina di sera. A fronte di ciò i dati sulla criminalità, con il I0,6% dei reati nazionali e col 15, I% di persone de nunciate alla magistratura, rendono conto dello scarso senso di sicurezza vissuto dai campani (v. Tav. 5). TAVOLA

5. Percezione della propria sicurezza

Da solo al buio Da solo in casa di sera Solo in casa di giorno chiude la porta Solo in casa di notte chiude la porta Al rientro in casa controlla che non ci siano intrusi

Campania

Italia

42,4%

28,8%

16,5%

11 ,8%

37,4%

40,8%

83,5%

83,9%

27,7%

19,2%

Fonte: ISTAT - Campania 1999

Ulteriori dati sulla qualità della vita a Napoli provengono dalla indagine sulla vivibilità dei centri urbani che per il 1998 (v. Tav. 6), considera la città

come una delle meno vivibili d'Italia.

60


T AVOLA

6. Qualità della vita a Napoli Valore

Il tenore di vita Reddito pro capite Costo appartamento zona centrale Pensione media Jnps Risparmi (lire depositate in banca/ab.) Spesa media ab. per assicurazioni Inflazio ne Gli affari e il lavoro Imprese/ab. Nuove imprese (sul totale registrate) Numero imprese falli te ogni mille rcg. Presenza infrastrutture Iscritti alle liste collocamento (su tot.) Disoccupati meno 29 anni (su tot. iscr.) I servizi e l'ambiente Tempi medi attesa Iiquidaz. pensioni Medi a giorni consegna lettera Posti letto osp./1000 ab. Media studenti per classe (superiori) Pagella ecologica Legambientc Automobili /I 00 ab. Criminalità e ordine pubblico Numero omicidi/100.000 ab. Rapine ogni I 00 sportelli bancari Furti appart. de nunc./100.000 ab. Minori denunc./ 100.000 ab. Truffe denunc./100.000 ab. Borseggi/scippi denunc./ I00.000 ab. La popolazione Ab./kmq Tasso mortalità 1997 Numero suicidi/100.000 ab. Tasso mortalità infantile (per 1000 ab.) Residenti da altre province/] 00 part. Divorzio/10 famiglie Il tempo libero Associazioni/100.000 ab. Spesa ab. per eventi sportivi Spesa ab. per teatri/concerti Cinema/I 00.000 ab. Palestre/100.000 ab. Librerie/I 00.000 ab.

17,5 mil./anno 3 mil./mq 960.870 11 ,77 mii. 196.076 2,3%

Posizione

83 95 39 70 77 66

6,92 12,1 % 65,84 122,4 19,1 % 27,6%

99 89 102 13 77

48 gg. 2,7 gg. 4, 1 22,4 40,50 53,5

65 93 100 95 85 51

4,14 8,9 168,5 5,7 130,6 445,7

97 75 5 39 85 94

2661,9 7,61 2,4 12, 17 82,8 24,4

103 2 I 92

26,47 9.911 9.456 1,86 8,02 7,57

80 32

77

95 41

33

82 73 53

Fonte: Sole 24 Ore, dicembre 1998

61


Sebbene tal i dati siano abb:.istanza eloquenti la reaz ione dei c ittadini è stata di senso contrario, e riassumibile nell'affermazione per la quale, sebbene Napo li s ia una c ittà caratterizzata dal diso rdine, ne llo stesso si riesce comunque a vivere bene . Negli ultimi anni il Comune di Napoli si è indirizzato verso una politica di ri valutazione del patrimonio artistico-culturale della città. Così hanno preso il via, e sono ancora in discussione, vari progetti tesi alla ristrntturazione e al riuso (con nuove destinazion i d'uso) di risorse già esistenti, come be n evidenziano i dati in Tav. 7 e 8, che si riferiscono ai progetti più importanti in tal senso. TAVOLA

7. Uso-riuso delle risorse esistenti I

Progetti realizzati Capannoni portuali di Pietrarsa Ex area ILVA Ospedale della Pace Castel dell' Ovo Castel Sant'Elmo Parco Comunale d i Ponticelli Palazzo Corigliano Parco dei Camaldoli

Musco Nazionale Ferroviario Città della Scienza Spazio espositivo per mostre Spazio espositivo e museale Spazio espositivo, museale e centro convegni Riassetto parco pubblico Sede Università degli Studi Riassetto parco pubblico

Sembra inoltre che la valorizzazione dei B eni Culturali, operata nel Comune di Napoli, abbia suscitato orgoglio, senso di protezione e appropriazione ideale da parte del quartiere e dell' intera c ittadinanza; dato questi ipotizzabile dall 'analisi della stampa cittadina, che da tempo ormai non riporta più episodi di vandali smo ai monumenti (Zampino, 1996). TAVOLA

8. Uso-riuso delle risorse esistenti 2

Proposte o progetti in via di realizzazione Albergo dei poveri Sede Uni versità degli Studi

Ex area Italsider - Bagnoli

Polo scientifico culturale cittadino

Zona portuale

Riasselto fronte mare; recupero capannoni per centri polifunzionali Recupero antiche botteghe artigiane Recupero antiche botteghe artigiane Recupero strutture dismesse atte a vario utili zzo; spostamento nuova Stazione Centrale; riassetto polo industriale; creazione svincoli stradal i, ecc.

Rivitali zzazione P.zza del Plebiscito Recupero Galleria Principe di Napoli Area Est

62


Tale politica, in un 'ottica di maggior fruibilità de i monumenLi pr~senli sul te rritorio, ha consentito di migliorare anche le condi zioni di vivibilità, incentivando i flussi turistici e rilanciando le attività commerciali e artigianali, con ricadute positive anche in termini di opporlunifa lavorative (Bassolino, 1996). Come evidenziano i dati riportati in Tav. 9, il Comune di Napoli è caratterizzato da un'elevata presenza di beni storico-artistici, ampiamente distribuiti sull ' intero territorio cittadino. Risulta quasi impossibile distingue re zone più ricche in tal senso, eccezion fatta per il vero e proprio centro storico (recentemente inserito dall'UNESCO ne l patrimonio mondiale). Ma tale stratificazione rispecchia comunque l'evoluzione storico-artistica del Comune stesso. Napoli infatti si è espansa nei vari periodi storici a partire dal centro urbano, situato nella zona che comprende i quartieri S. Ferdinando, Avvocata, Montecalvario, Pendino, M ercato, che risulta infatti quella caratterizzata da una maggior concentrazione di monumenti, per di più quelli risalenti alle epoche storiche più antiche. Il resto della città, di urbanizzazione posteriore, è invece rappresentata da costruzioni di epoche storiche successive, ma non per questo m eno rilevanti sotto il profilo artistico-culturale. TAVOLA

9. Zone storico-artistiche

Quartieri

Tipo di 11w1wme11to

Colli Aminei S. Carlo ali' Arena - Stella

Museo di Capodimonte e Bosco Reale Museo dell'Osservatorio Astronomico Museo Archeologico nazionale Galleria Principe di Napoli Accademia di Belle arli TcaLro Bellini Orto Botanico Albergo dei Poveri Cimitero delle Fontanelle Catacombe di S. Gennaro Porta S. Gennaro Palazzi - Chiese

Vomero - Arcnella

Certosa di S. Martino Castel S. Elmo Villa Floridiana e Museo Duca di Martina Eremo dei Camaldoli Palazzi - Chiese Segue

63


segue:

TAVOLA

9. Zo11e storico-artistiche

Quartieri

Ttpo

Chiaia - Posillipo - S. Ferdinando

Castel dell'Ovo e Borgo Marinaro Palazzo Rea le e Biblioteca Nazionale Teatro S. Carlo Castel Nuovo e Museo civico Villa Comunale. Acquario e Salone degli affreschi Villa e Musco Pignatelli Teatro Mercadante Galleria Umberto I Parco Virgiliano Istituto Suor Orsola Benim:asa Sinagoga Palazzi - Chiese

Avvocata - Montecalvario S. Lorenzo - Pendino

Castel Capuano e Porta Capuana Port'Alba UniversitĂ degli Studi Complesso Archeologico del Duomo Farmacia degli Incurabili Napoli Sotterranea Palazzi - Chiese

Mercato - S. Giuseppe Porto

Borgo degli Orefici Palazzi - Chiese

Poggioreale - Vicaria

Porta Nolana Cimitero Monumentale Palazzi - Chiese

Bagnoli - Fuorigrotta

Mostra d'Oltremare Terme di Agnano Palazzi - Chiese

Barra - S. Giovanni Ponticelli - Ins. 167

Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa Palazzi - Chiese

Chiaiano - Piscinola Marianella - Ins. 167

Casali Ville - Chiese

Miano - S. Pietro a Patierno Secondigliano

Masserie Casali - Chiese

Pianura - Soccavo

Terme Romane Masserie - Chiese

Fonte: Comune di Napoli, 1996 64

di

IIIOIIUIJle ll/()


Un discorso simi le può essere fatto per que l che attiene al problema della congestione delle sedi lavorative. Napoli s i caratterizza in modo simile a lle grandi città italiane ed e uropee, per una e levata diffusione territoriale delle sedi stesse. Ciò c he s i può rilevare è che quasi ogni quartiere della città contiene al suo inte rno veri e propri centri commerciali che vivificano la vita economica del posto. Ogni quartie re ha un suo mercatino rionale, ha suoi uffici (sia del settore pubblico che di quello privato), un suo centro commerc ia le. Unica eccezione va fatta per le zone più periferiche de l Comune (come ad esempio i quartie ri di Chiaiano, Piscinola, Marianella e l'Ins. 167 o ancora S. Giovanni e Pianura) . Tali zone, a differenza de lle restanti, non costituiscono centri ad elevata densità lavorativa. Un'ulterio re caratteristica de l Comune di Napoli è quella di avere un Centro Direzionale, da intenders i come luogo in cui si concentra un alto numero di uffici (de l settore pubbl ico e privato), ed un centro c ittadino allargato in cui si concentra la maggior presenza di Istituzioni Pubbliche (Consolati, Questura, Pretura, Comune, Regione, Provincia, ecc.). L'alta concentrazione di sedi lavorative in queste due aree urbane nodali è forse una delle cause a monte dell 'elevata densità di traffico automobilistico, che crea non pochi problemi a ll'area cittadina nel suo comp lesso. Documentazione: Esiste dal maggio 1998 un centro di documentazione situato presso la Villa Letizia di Barra che svolge funzione di informazione sull'assetto urbanistico e la progettazione della città per i cittadini. Raccoglie sotto un unico tetto sia iniziative nate dalla collaborazione con le scuole e con le associazioni civiche, tra le quali «il concorso fotografico» per i ragazzi di Barra sull'area Orientale, sia mostre di scala metropolitana, tra le quali la carta della vegetazione, dell'intero territorio napoletano (elaborato dalla Facollà di Agraria), che la mostra sulla pianificazione urbanistica, con particolare attenzione per il «Laboratorio Bagnoli». È in allestimento una biblioteca sull ' urbanistica. Il centro è aperto a tutti coloro che volessero informarsi sulle attività, progettazione in campo di urbanistica, senza limiti di età. Villa Letizia, Via G.B. Vela 110, 80147 Napoli: tf: 08125523 12-5751547-57558205757903 - fax: 0812552312-5752019. E-mail: casacitta@media.cesvitec.it Apertura al pubblico: dal lunedì al giovedì.

Bibliografia A. BASSOLINO, Presentazione, Maggio dei monumenti 1996, Il Mattino, Napoli. M. BONNES, G. SECCHIAROLI, Psicologia ambientale, NIS, Roma, 1992. 65


Maggio dei monumen ti 1996, Il Malli no, Napo Ii. lSTAT. 13° Ce nsimento genera le de ll a popo la;,.ionc e delle abitazioni, 30 ollobrc 1991. A.L. Rossi, E. B uoNDONNO, / Riardi11i storici di Napoli, Tascabili Economici Newton, Roma, 1995. G. ZAMPINO, Prese11raz.io11.c, Maggio dei mon umenti 1996, li Mattino, Napol i.

COMUNE n1 NAPOLI,

66


IV. Profilo servizi sociosanitari e ricreativo-culturali*

I . Area sociosanitaria I.I. Comune Negli ultimi anni l'amministrazione comunale ha promosso iniziative e progetti tendenti ad attivare politiche sociali e territoriali che hanno reso pos­ sibile il passaggio dall'assistenza all'integrazione e inclusione del sociale, al fine di offrire opportunità innovative. I servizi offerti dal Comune di Napoli ricoprono tre aree: socio-assisten­ ziale, socio-educativa e ricreativa le cui attività sono caratterizzate da una programmazione frutto di un coordinamento e partecipazione di vari organi­ smi e gruppi più o meno formalizzati tra i responsabili delle istituzioni e de­ gli enti pubblici e del terzo settore (A.S.L., Provveditorato agli studi di Na­ poli, Ministero di Grazia e Giustizia, Tribunale per i Minorenni, Prefettura, Forze sociali, Volontariato, Privato sociale e Associazionismo), e tra gli ope­ ratori dei servizi e organismi sudd_etti impegnati nella realizzazione di pro­ getti territoriali, in maniera da affrontare più adeguatamente la complessità degli interventi. L'attività del Comune nell'area sociale si sta caratterizzando per la promozione di sinergie tra attività dell'Ente locale e associazioni del terzo settore in una politica di promozione delle risorse spontanee. Manca tuttavia sia una valutazione dell'effettiva incidenza degli interventi proposti e della capacità dei Servizi Comunali, sia piani organici di riqualificazione del personale ad essi addetto. Gli utenti a cui sono offerti i servizi per la maggior parte sono anziani e minori e in minima parte sono famiglie e donne in difficoltà. Per i minori oltre agli interventi che l'ente è tenuto a garantire sono stati sviluppati nuovi programmi di intervento e potenziate le iniziative a carattere preven­ tivo-educativo che superano la tradizionale presa in carico burocratica. Per le attività rivolte agli anziani l'intervento del!' Assessorato alla Dignità pre­ vede il mantenimento dei soggetti interessati nel proprio domicilio mediante * F. Procentese, C. Arcidiacono.

67


interventi di assistenza domic iliare, il te lesoccorso e il sostegno alla famiglia che si impegna ad accudirli ne lla propria abitazione e parte degli interventi sono tesi ad impegnare g li anz iani in attività di utilità, di rilievo sociale e culturale. I Centri servizi sociali hanno funzioni di segretariato sociale con l'attivazione di una rete istituzionale. L'attenzione all' integrazione dei servizi territoriali ha permesso di istituire organismi di partecipazione che offrono servizi più vic ini ai bisogni e necessità della collettività e dell'utenza. Tra questi i più significativi sono due gruppi di lavoro interistituzionale, uno si occupa dei c ittadini immigrati, e l' altro di progettazione e coordinamento di interventi di prevenzione, recupero e reinserimento sociale de i tossicodipendenti. Altri organismi sono: Comitato cittadino permanente, Consulta cittadina dei consultori familiari, Gruppo di coordinamento integrato per la gestione de ll'affido diurno, Gestione integrata A.S.L. e Comune per le problematiche de lla famiglia, Consulta cittadini anziani, Consulta per handicappati e disabili, O sservatorio per la rilevazione e monitoraggio della condizione delle carceri, Coordinamento degli organismi, gruppi di volontariato e privato sociale per la realizzazione de i progetti di rete per minori a rischio. Uno de i supporti alla atti vità di concertazione è offerto dagli sportelli Volinforma, per tutte le realtà di volontariato. TAVOLA

l. Elaborazione da guide ai Servizi Comunali Servizi Sociali del Comune di Napoli

n.

Ambiente e sanità Anziani Handicap Famiglia Disagio e servizi sociali

9 4 3 3 IO 4 16

Giovani Diritti

Per i servizi ricreativi il Comune offre attività per la cultura e lo spettacolo, di essi 1,3% hanno una maggiore valenza di trattenimento culturale, mentre 0,7% sono mirati all'area dell' istruzione.

t .2. A.S.L. NA 1 Nella città di Napoli i servizi sanitari sono offerti da diversi enti, in particolare dall' Azienda Sanitaria Locale Napoli 1. L'attività svolta dalla A.S.L. ha un bacino di I .067 .399 ute nti ai quali sono offerti i seguenti servizi: 68


- assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro; - assistenza sanitaria di base; - assistenza socio-sanitaria residenziale a soggetti non autosufficienti e lungodegenti; - ass istenza specialistica semireside nziale e territoriale; - assistenza ospedaliera. Le strutture territoriali e funzionali dell'azienda che realizzano l'integrazione tra i diversi servizi territoriali sono i Distretti Sanitari. In tutto sono I O e assicurano prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. Ognuno di tali Distretti coordina diverse unitĂ operative dislocate in ogni quartiere, esse sono costituite da poliambulatori, consultori, centri di salute mentale, SER.T (servizio tossicodipendenze), strutture di riabilitazione, di assistenza agli anziani, di medicina legale e farmaceutiche. Le unitĂ operative che sono presenti in percentuale maggiore sono i centri di salute mentale che ricoprono il 17% dei servizi territoriali della A.S.L., i poliambulatori il 15 % e i consultori l'I I% (per la rimanente parte vedi Tav. 2). TAVOLA 2. Elaborazione dalla carta dei Servizi Sanitari 1996

UnitĂ operative

Poliambulatori Consultori Centri di salute mentale

Distrelli

44 2 2 1

SER.T

Assistenza riabilitativa Assistenza anziani Farmaceutica Prevenzione collettiva

45 3 2

46 3 2

4 1

3 I

I

2

2

2

Il.

47 48 49 50 51 52 53 1 3 2 2 3 3 4 I 2 3 3 3 1 2 3 3 5 3 3 3 L

2 I 2

I I

I 2

1 l

I

1

l

1 2

26 20 30 IO 14 10 12 11

%

15 11 17

5,7 8 5,7 7 6

Prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro Relazioni con il pubblico e integrazione sociale Punti di informazione e accoglienza Medicina legale Totale

1

l I 2

I 2

1

3

1 4

1

10

o

9

o o o

7 17

5,7 5 4 9,6

15 20 18 17 19 19 18 17 16 17 176 100

69


Le suddette unità operative sono dislocate sul territorio in maniera equa per la maggior parte de lle tipologie di servizi, me ntre si nota una differente presenza rispe tto ai Poli ambulatori che nel quartiere Colli Aminei, S. Carlo ali' Arena e Stella è solo de l 4 %, rispetto all 'intera cittù, mentre è presente una concentrazione del 15% nella zona di Poggioreale. I consultori sono presenti nelle zone di Scampia, Montecalvario e Poggioreale per il 5%. Una maggior concentrazione, 17%, de i Servizi di Salute Menta le è riscontrata nel quartiere di Secondigliano-Miano. L' A.S .L. Napol i I , per favorire lo sviluppo di iniziative per la promozione delle attività sanitarie e il miglioramento de lle qualità delle prestazioni, ha istituito il servizio centrale di controllo di qualità e pubbliche re lazioni. Il servizio assicura anche le attività volte al miglioramento del rapporto tra i cittadini e il servizio sanitario nazionale, ma oggi non tutti i centri hanno ancora sede operativa, e in alcuni quartieri non sono ancora presenti. Le attività e servizi rispondono ad una domanda di salute che oggi si caratterizza come domanda non solo medica, ma anche sociale e psicologica. Tali attività si rivolgono a tutte le fasce di età. In particolare l'utenza che si rivolge al servizio sanitario è costituita da soggetti alle cui richieste vengono offerte attività che impegnano prevale ntemente l' individuo singolo, altre volte la coppia e altre ancora la famiglia. Per l' utenza delle cosiddette fasce deboli vi sono servizi specifici in particolare i SER.T, e l'Assistenza Riabilitativa per soggetti maggiorenni disabili, portatori di handicap e i minori di 18 anni a rischio di invalidità. L'assistenza sanitaria a tutela dell'a nziano, in integrazione con quella sociale de l Comune, è rivolta a soggetti dai 65 anni in su, ponendosi come obiettivo il miglioramento della qualità della vita. Per la diagnosi e cura delle malattie acute, c he non possono essere affrontate in ambulatorio o a domicilio, vi sono i Presidi ospedalieri presenti sul territorio con 11 strutture e 2 ex ospedali psichiatrici per la gestione residenziale protetta. Ove si presenta necessità I' A.S.L. prevede la possibilità di ricovero in ospedali a convenzione obbligatoria e in Case di Cura accreditate in città; i primi sono 2 e le seconde sono 18. Nella città sono presenti altre aziende ospedaliere non dirette dall' A.S.L. e sono in numero di 3, altre due strutture sono dirette dal! ' Azienda Universitaria, ed è presente una Fondazione per lo studio e la cura dei tumori. Le Associazioni di volontariato presenti sul territorio, a livello distrettuale, offrono prestazioni in collaborazione con le A.S.L., in supporto alle attività ospedaliere o de lle unità operative. 70


I .3. Terzo settore

Per quanto concerne il terzo settore è interessante verificare quanto a Napoli le forme di solidarietà, c he trovano es pressione nel volontariato, rappresentino l'elemento di unione tra i cittadini e tra questi e la realtà sociale della città. Come sottoli neano A merio e al. ( 1996), in una prospettiva socio-cu lturale, il comportamento a ltrui stico è visto come prodotto del l'evoluzi one soc iale c he s i sviluppa all'interno di amb iti socio-culturali in cui sono presenti particolari valori e mode lli di azione che vengono progressivamente acquisiti dai singol i indi vidui. L'impegno dei cittadini in organismi di volontariato ci permette di cogliere i bisogni collettivi in un confronto con i servizi presenti sul territorio. Nell 'ambito del terzo settore i servizi socioassistenziali sono offerti da enti presenti sul territorio, che si differenziano per configurazione giuridica, obietti vi e metodologie di intervento. Il 35% è costituito da Associazioni di vo lontariato, e il 54% da Enti rel igiosi e Ecclesiastici. Tali organizzazioni operano nel terzo settore, svolgendo attività di assistenza, accoglienza, prevenzione e riabi litazione. Vi è un ampio spettro di iniziative nell'area dell'emarginazione sociale, e un più ridotto numero di servizi rivolti ad anziani e minori che collabora con i servizi dell'ente locale preposti allo scopo. Il 73% delle attivi tà svolte dalle suddette organizzazioni sono rivolte all'assistenza socio-assistenziale e sanitaria, mentre per la restante parte vengono svolti servizi sociocultural i. In particolare offrono spazi e attività di aggregazione, con dive rsi contenuti educati vi di social izzazione, differenziandole in base alle fasce di utenza, che sono formate prevalentem ente da minori, anziani e disabili. Viene inoltre svolta attività di alfabetizzazione in particolare per gli immigrati. TAVOLA

3. Elaborazione dalla guida pratica al servizio sul territorio, Caritas 1995

Configurazione giuridica

Associazioni di volontariato Enti ecclesiastici Istituti religiosi Enti privati Cooperative sociali Fondazion i Organizzazioni non governative

Totale

Il.

%

100

35, 1 33,3

95

16

21, I 5,6

6

2, l

5 3 285

1, I

60

1,7 100 71


Per quanto riguarda lo sviluppo delle cooperative sociali negli ultimi anni si sono realizzate forme di integrazione con il pubblico anche creando significative esperienze territoriali nell'ambito delle attività riabilitative, di animazione e assistenza per soggetti dismessi dagli ospedali psichiatrici; di riabilitazione sociale e sanitaria per persone disabili e per anziani; di prevenzione, recupero e risocializzazione di minori a rischio, della devianza giovanile e di tossicodipendenti; di preaddestramento e reinserimento al lavoro dei soggetti svantaggiati. Un punto debole che evidenzia D'Angelo (Presidente Gesco Campania) è individuato nella scarsa offerta e poca attenzione per i settori della formazione, per le limitate iniziative di autonomia progettuale, l'eccessiva residualità delle attività svolte e le numerose situazioni, di lavoro precario. Dunque diviene importante migliorare e potenziale tali segmenti, per una crescita ed impegno sociale per saper rispondere in maniera professionale ai bisogni collettivi. In molti casi, ulteriore punto di debolezza è nella discontinuità o mancanza di effettivo raccordo operativo con le strutture pubbliche

1.3.1. Ambiti di intervento nella prospettiva della concertazione interistituzionale

Aids Le organizzazione che si occupano delle attività nel settore AIDS sono in numero esiguo - secondo il censimento Auser 1, in Campania non superano il 3% delle organizzazioni del III settore, rispetto al problema che assume dimensioni sempre più vaste. Le associazioni presenti sul territorio effettuano interventi relativi alla prevenzione della dipendenza da sostanze e solo successivamente in relazione al disagio sociale collegato ali' AIDS. In particolare le attività più frequenti sono: assistenza sociale e sanitaria; informazione e prevenzione sui diversi aspetti della malattia; primo contatto di ascolto; tutela e promozione dei diritti dei sieropositivi.

Anziani Napoli rispetto alla realtà regionale è la provincia dove vi sono le maggiori organizzazioni che si occupano di attività rivolte a soggetti anziani in I Per reperire l'elenco aggiornato delle associazioni (tipologia dell'ente, tipologia d'intervento e di utenza, indirizzo ecc.) cfr.: MORNIROLI A. (a cura di), Strumenti di cittadinanza sociale. Guida al terzo settore in Campania, Auser Campania Dedalus studi e ricerche, Arei

Solidarietà. Regione Campania. Assessorato alle Politiche Sociali, Napoli 1998. 72


TAVOLA

4.

UN PIANO DI AZIONI PER IL BENESSERE DELL'INFANZIA

Nisida Futuro Ragazzi

Immigrati e nomadi

Maltrattamento e abuso familiare

'\

lo

Bambini ~spedalizzati Drop out scolarizzazione

e diurno

Tutor per l'affido

Punti nascita

LABORATORI DI EDUCATIVA TERRITORIALE

Avvio comunità affoggio per minori

Sicurezza e solidarietà

Normalità Diritti ed educazione alla legalità

Città

Lui:loteca comunale

D D

Centri diurni comunali

giovani ragml

PROGETTI 285 ANNUALITÀ 1997 ATTIVITÀ GIÀ IN CORSO FINANZIATI CON ALTRI FONDI DELL'.ASSESSORATO ALLA DIGNITÀ

Fonte: 94° Servizio. Comune di Napoli 1999.

73


una logica di as:--istenza sanitaria e restituzione del diritto di cittadina nza - la loro presenza è inferiore solo al numero di associazioni ed enti rivolti a g iovani e minori e handicap. Tre l'altro trovano espressione anche iniziative che vertono sull'attivazione dell'anziano come soggetto attivo e promotore del suo benessere. In tal senso molte le iniziative che coinvolgono gli anziani in attività di impegno sociale e a carattere educativo con la finalità di aumentarne le competenze e il bagaglio culturale in quanto gli stessi anziani sono risorsa per la promozione dei servizi e delle forme di autorganizzazione sociale. Considerando che g li anziani costituiscono la memoria storica di una comunità si potrebbero progettare interventi finalizzati a restituire il valore della narrazione storica della comunità attraverso la loro testimonianza. Un primo passo in tal senso è forse l'istituzione del "nonno civico". La agenzie complessivamente impegnate sono circa sessanta.

Detenuti ed ex-detenuti Il settore in cui sono meno impegnate le organizzazioni del terzo settore (non oltre il 3% I degli enti attivi in Campania) è nell'aiuto ai detenuti ed ex detenuti. Forse per la scarsa possibilità di accedere a finanziamenti pubblici in tal ambito. D ieci le associazioni presenti a Napoli che offrono attività e servizi di assistenza sociale e sanitaria; di informazione e cultura; di tutela dei diritti; di ascolto e di segretariato sociale in tal ambito. Donne La maggior parte delle associazioni è nell'area culturale; poche quelle che offrono servizi di assistenza sociale e o sanitaria, servizi di tipo informativo, di ascolto e di tipo ricreativo e culturale specificamente rivolti a donne. Tra le attività prevalgono quelle che hanno carattere informativo per la prevenzione di alcune malattie femminili, altre attività sono di ascolto e auto aiuto rivolte alle vittime di abuso e violenza sessuale. Altri servizi sono finalizzati all'assistenza legale, al supporto negli iter burocratici e alla promozione delle pari opportunità. Festa ( 1998) I evidenzia come le attività svolte dalle associazioni che si interessano in particolare delle donne, si sviluppano in coerenza con le linee politiçhe e legislative europee, nazionali, regionali sulle pari opportunità e che tra i loro programmi si individuano azioni fondamentali per combattere la violenza, la povertà, la difesa della salute, l'informazione, il lavoro, la formazione, i diritti e l'istruzione. Un punto debole è la scarsa informazione diffusa tra le donne sulle possibilità di finanziamento pubblico esistenti. 74

·-


I111111ig rati Per quanto attiene gli inte rventi rivolti agl i immigrati il Comune, per favorire un più faci le accesso ai servizi e maggiore partecipazione al la vita della città, ha istituito 7 sportelli informativ i, dislocati nei diversi quartieri che, in collaborazione con le associazioni di volontariato, svolgono: attività di orientamento al lavoro dipendente e autonomo, attività di orientamento per minori e fam ig lie immigrate, iniziative per l' inserimento dei m1non ROM, attività di educazione interculturale, corsi di lingm} italiana.

Handicap-psicofisico Molte delle associazioni svolgono attività per soggetti con handicap psico-fisico, da numerosi anni ed hanno storicamente svolto funzione vicariante e sostitutiva delle strutture pubbliche. Oltre 50 gli organismi presenti sul territorio napoletano che si caratterizzano attualmente per la trasformazione qualitativa della tipologia dei servizi offerti. Infatti, da un livello di intervento mirato all'assistenza di base sociale e sanitaria si sono sempre più sviluppate iniziative per la promozione e tutela dei diritti dei disabili e dei portatori di handicap fi nalizzate al raggiungimento dell 'autonomia, al supporto di percorsi di inclusione sociale. È recente il progetto sole che vede in tale ambito l'efficace interazione tra servizi della A.S.L., del Comune e del volontariato.

Disagio mentale Le associazioni di volontariato, formate da familiari di utenti, cost1tU1scono una risorsa significativa che esprime la fonna di solidarietà sociale più attiva in tale ambito. Esse sono di supporto agli operatori e agli sforzi dell' utenza specie nei processi di de-istituzionalizzazione. È questo l'ambito in cui la presenza delle cooperative sociali di tipo A e B (rispettivamente 5 e 3) rivestono un ruolo fondamentale. Queste ultime finalizzate al reinserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati rispetto al mercato del lavoro hanno tuttavia una dimensione quantitativa modesta.

Barboni e senza fissa dimo ra I servizi per i senza dimora vedono un forte impegno di enti religiosi e associazioni di volontariato per l'assistenza materiale. Ancora carente la promozione di legami di relazione. Molta la solitudine. Il Servizio Sociale del Comune, il donnitorio pubblico, e le iniziative delle Suore di M.T. di Calcutta ins ieme ad associazioni di volontariato, quale la Fondazione Massimo Leone, offrono una rete integrata di offerta di allog75


gio, prestazioni sanitarie, risposte di sussistenza. Ad essi sono sinergicamente integrati gli interventi della Caritas, della comunità di Sant'Egid io, della Ronda del cuore ecc. Molte le mense cittadine di solidarietà sociale che con una stima in difetto offrono 1.500 pasti al giorno 2. Dipendenze da sostanze È questa l'area di più antica integrazione tra attività del III settore, Sert e servizi del Comune; in essa interagiscono i Sert, servizi di documentazione ed educazione del Comune insieme a circa 16 associazioni 1. Un coordinamento e rapporto con il pubblico, inteso non in una logica di sostituzione dei servizi, bensì come percorso concertato di programmazione e realizzazione degli interventi a carattere preventivo informativo, di recupero e supporto all'inclusione sociale e di reinserimento lavorativo. Tale sviluppo è stato favorito da provvedimenti legislativi tra cui la legge 309/90. I servizi gestiti dalle cooperative sono prevalentemente centri diurni, comunità e iniziative per il reinserimento lavorativo integrati ai percorsi istituzionali. Se la stima dei tossicodipendenti dell'area cittadina è intorno a 10.000-13.000 soggetti, quasi la metà di essi è variegatamente coinvolta nell'offerta di attività e servizi istituzionali integrati. La dipendenza da alcol si presenta, invece, come problema 'silenziosamente sommerso' alla logica delle istituzioni e del sociale. Sono tuttavia presenti in città espressioni del volontariato o meglio mutuo-aiuto per alcolisti. Famiglie È questa l'area in cui solo di recente si sta avviando una trasformazione dalla logica assistenziale burocratica a quella della presa in carico e promozione dei diritti: in tal senso si esprime la linea progettuale del Centro per le famiglie struttura integrata A.S.L.-Comune e le iniziative di supporto alla funzione genitoriale della scuola e del volontariato (affido sociale, gruppi di autoaiuto per genitori, iniziative educative). Minori e adolescenti

È questa l'area che vede il maggiore investimento di risorse umane e finanziarie. Le più diffuse sono di tipo ricreativo e culturale, privilegiando i momenti di aggregazione che trovano larga espressione nelle attività di laboratori educativi ed espressivi. Il recupero scolastico, campi estivi, e l'orienta2 La Parrocchia di S. Vitale a Fuorigrotta, l'Istituto Ozanam dei Vincenziani a Capodimonte, la Parrocchia di S . Onofrio, Don Antonio Pizzo alla cappella della Stazione Ferroviaria, S. Onofrio, S. Tarcisio ai Ponti Rossi, al Carmine Maggiore, le Figlie della Carità ali ' Arco Mi relli , la Fondazione S. Stefano a Gianturco, la parrocchia S. Antonio a Secondigliano, la Chiesa d i P.zza del Gesù ecc.

76


mento sono a lcune delle attività ri volte ai minori e giovani de lla città e in particolare per i minori a risc hio sociale. Di particolare rilievo tutte le iniziative per la prevenzione dell'emarg inazione sociale: inserimento scolastico e lavorativo e comunità educative. Allo stato attuale.ì le organizzazioni c he rivo lgono il loro inte rvento a ll' infanzia-adolescenza sono c irca trecento, mentre pe r i minori a rischio sono c irca c inquanta. In questo ambito il terzo setto re è attivo anche in iniziative sine rgiche ai servizi del Comune e della A.S.L. rese possibili, tra l'a ltro, dai finanziamenti della legge 216/91 e della legge 285/97 4 . Quest'ultima ha offerto risorse integrative a l budget comunale c he consentiranno un coinvolgimento di 1.000 operatori e 10.000 utenti (cfr. Tav. 4). Se il dato numerico relativo alla tipolog ia dei servizi offerti in relazione alla popolazione bersaglio, indica il grande impegno della Amministrazione comunale, indicatori di efficaci a/effic ienza dei numerosi interventi attivati sono ancora da individuare. In relazione alla offerta di prestazioni sociali, sanitarie ed educative emerge la necessità di attivare u na banca dati cittadina che raccolga in forma interconnessa i dati inerenti il mancato completamento dell' obbligo vaccinale, la mancata iscrizione alla scuola dell'obbligo, l'abbandono e la dispersione scolastica, le richieste di convitto, semiconvitto e affido unitamente alla iscrizione a l collocamento e nelle liste di disoccupazione ecc. Ciò permetterebbe di individuare le aree di degrado e maggior esclusione sociale, monitorare l'efficacia-efficienza delle risorse investite e dei progetti attuati. Un repertorio integrato degli utenti dei servizi sociali, del volontariato e dei servizi sanitari, in relazione agli indicatori di disagio e rischio psicosociale permetterebbe inoltre di definire i nucle i cosiddetti multiproblematici soggetti a interventi di assistenza disconnessi e parziali, al fine di una reaJe e integrata offerta di servizi e prestazioni integrate.

2. Area educativa e formativa Il P rovveditorato agli studi di Napoli offre in città, oltre la scuola del-

!' obbligo, diversi orientamenti per la scuola secondaria, in particolare per il 24% licei, per il I 0% istituti mag istra li, per la rimanente parte istituti tecnici professionali, 66%. 3 Relazione

Assessore alla dignità, convegno Napoli città sociale, Napoli, aprile 1999.

4 Prima annualità L 5.724.532.234.

77


1 ~\VOJ.A

5. Elabm'[tzùme su dmi del P1'01'\'ediroraro agli Studi dì Napoli 1996

Scuole medie s11periori

%

Il .

L ice i Ginnasi Licc i Scientifici Istituti Magistrali Istituti Tecnici Professionali

9

IO

58

66

Totale

88

100

9

IO

12

14

Napo li ha l'unica scuola italiana per futuri militari che prepara i ragazzi dai 15 ai 19 anni alla carriera militare con due corsi di studi, il liceo classico e lo scientifico. Al di là del l'istruzione secondaria vi sono scuole dirette ai fini speciali, l'Accademia delle belle arti, l'ISEF, o i corsi di laurea breve offerti dall'Università Statale Federico II, dall'Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa e dall'Orientale; in tutto sono 13 i corsi attivati in diverse aree. Mentre sono 12 le scuole dirette ai fini speciali. Sono presenti sul territorio scuole di formazione professionale dirette dalla A.S.L. Napoli I: sono 6 con sede in ospedali, alcune di esse offrono più di una qualifica professionale. La città è dotata infine di cinque Università che hanno attive 26 facoltà. Al fine di comprendere le modalità di accesso alla istruzione è utile riportare i dati reperiti inerenti l'abbandono e la dispersione scolastica: TAVOLA

6. Elaborazione su dati del Provveditorato agli Studi di Napoli 1996

Istruzione

n. istituti

Scuole Materne comunali Scuole Materne statali

79 174

Scuole Elementari

Scuole Medie statali Scuole Medie superiori Scuole professionali A.S.L. Università statale Accademia delle belle atti Accademia di danza Liceo musicale Conservatorio Scuole Medie inferiori private Scuole Medie Superiori private Scuole professionali private

78

88 circoli didattici

101 88 IO

5

I I I I 14 38 22+11


L'osservatorio sulla Dispersione scolastica del Comune di Napoli è l'uffic io che dal 1994 si occupa della raccolta dei dati riguardanti la dispersione scolastica de lle scuole dell ' obbligo, con l' intento di prevenire ta le fenomeno. Nell' anno scolastico 96/97 è stata censita la totalità delle scuole pubbliche e dai dati raccolti emerge (v. Tav. 5) che la percentuale di inadempienti per la scuola e le mentare è dello 0,50% mentre per la scuola media è de ll' 1,86%. Tali dati nel raffronto con i due anni precedenti danno indici significativamente più bassi. TAVOLA

7. Scuola eleme11tare. Dati Osservatorio Dispersione Scolastica del Comune di Napoli

Zolle

Circoli didattici (11.) Alwmi iscrilli (n.)

/11adempie11ti (11.) Inadempienti (%)

Cenlro

30

15.7 19

107

0,68

Coll ina

4.745

6

0,13

10.962 9.358 12.226

15 60

0,14 0,64

Nord

8 17 15 18

82

0,67

Totale

88

53.010

270

0,50

Occidente Orienle

In particolare l'O.D.S. ha effettuato anche per il 1996 un confronto sulle zone de lla c ittà, raggruppando i quartieri storicamente e socialmente omogenei per ottenere una visione complessiva della distribuzione geografica sulla dispersione scolastica. In riferimento a tale aree è possibile cogliere quali zone de lla città in maggior percentuale indicano l'inadempimento scolastico. TAVOLA

8. Scuola media. Dati Osservatorio Dispersione Scolastica del Comune di Napoli

Zone Centro

Inadempienti (n.) lnadempienli (%)

Scuole medie

Alunni iscritti

41

14.395

230

1,59

9

4.389 9.306

8 63 166

0,18 0,66 2,72

321

3,92

828

1,86

Collina Occidente

19

Oriente

13

Nord

19

6. 105 8. 183

Totale

101

42.378

79


Per quanto riguarda la scuola elementare l'incidenza del fenomeno è così rilevato: nella zona del centro con lo 0,68%, nella zona nord con lo 0,67% e nel la zona orientale con lo 0,64%. Nelle scuole medie tale fenomeno ha un'incidenza più alta e le zone maggiormente interessate sono la zona nord, con il 3,92% di inadempienti, e la zona orientale con il 2,72%. Tuttavia se si disaggregano tali dati per quartieri vediamo che esistono aree dove la dispersione, considerando quella della scuola media, può essere considerata un vero e proprio indicatore di marginalità: Piscinola Marianella 7,70%, San Giovanni a Teduccio 6,72%, Scampia 6,07%, Mercato Pendino 4,23%, Miano 4%, Avvocata Montecalvario 3,10%. Tale fattore unito a quello della frequenza irregolare dovrebbero essere considerati quali indicatori per una mappa della esclusione sociale nella città. Per quanto concerne la scuola media superiore i dati del Centro studi del

Provveditorato di Napoli, indicano una percentuale molto alta di alunni che si assentono dalla scuola, che in totale corrisponde al 4,5% della popolazione degli iscritti nell'anno scolastico 1996/97. Più in specifico si rileva 1'8,36% di giovani assenti iscritti alle prime classi, mentre minore incidenza delle assenze è rilevata per gli alunni degli ultimi anni (0,96%). TAVOLA

Classe

I II III IV V Totale

80

9. Fonte Provveditorato agli Studi di Napoli Alunni iscritti

Alunni assenti

%

17.298 14.022 13.445 11.250 9.230

1.446 589 440 363 92

8,36 4,2 3,3 3,23 0,96

65.245

2.930

4,5


3. Area ricreativo-culturale T AVOLA

I O. Elabo razio11e dati Guide sulla città di Napoli / 995- 1997 Tipologia di servizi prese/lii in città

Musei e Gallerie Pinacoteca Biblioteche Mass-media (televisione e radio) Associazioni, centri e circoli Centri servizi culturali Teatri Spazi teatrali Centri di animazione Scuole di danza Musica scuole Parchi e giardini Sport e impianti Cinema

Nu111e1v

19 2

16 15+6=21 18 5 15 2

6 4 5 9

5 39

Napoli offre diversi spazi ricreativi culturali legati alla storia più antica della città, e più di recente al riutilizzo di zone dismesse o degradate. Napoli è una città dall'elevato numero di musei alcuni dei quali hanno carattere e rilievo internazionale; altri invece hanno carattere più scientifico e documentario. Le biblioteche presenti sul territorio sono specializzate in alcuni settori; in prevalenza raccolgono opere letterarie e storiche; in particolare alcune di esse conservano opere musicali della scuola napoletana. Altre possiedono pubblicazioni di scienze economiche, giuridiche e sociali. L'emeroteca raccoglie giornali di ogni tempo e luogo. Numerose le radio e le TV locali sono diverse. Le televisioni private, oltre 15, proiettano soprattutto film, telefilm, cartoni animati, show musicali,

giochi a premi, altra parte del lavoro è svolto per diffondere l'informazione. Le radio si differenziano per quelle a dimensione «quartiere», dalle quali si ascolta musica napoletana, raccogliendo una larga fetta di ascoltatori che intervengono telefonicamente partecipando in diretta per esprimere una preferenza musicale. Altre radio raccolgono un pubblico giovanile che ascolta esclusivamente musica. Alcune radio trasmettono musica jazz, rock. Poche sono le radio locali inserite in un circuito nazionale. La musica fa da sfondo costante alla scena napoletana, negli anni '90 la 81


città è vivacissima di gruppi musicali nascenti di fama internazionale, tra questi Bisca-99 Posse e Almamegretta. I centri sociali più importanti della città sono 2, Officina 99 e Tien 'A' Ment, dove si tengono concerti e si svolgono molteplici attività politiche, culturali e ricreative a cui accedono i giovani della città. Vi è poi una rete fitta di locali nei quali viene programmata musica dal vivo. Gli istituti presso i quali è possibile imparare a suonare sono 3 nella città; il riferimento alla tradizione di musica classica è rappresentato dal Conservatorio Statale. In città ci sono diversi gruppi che svolgono attività ricreative, attraverso le associazioni culturali, le cui finalità sono per la maggior parte dirette alla promozione di dibattiti, mostre, incontri, rassegne cinematografiche, rappresentazioni teatrali e musicali, spesso per un pubblico giovane. Nella città dal 1965 sono presenti tre servizi per lo sviluppo culturale che attualmente hanno attive le biblioteche e i centri di documentazione. I gruppi teatrali operanti in città sono diversi, professionali e non. Essi sorgono sotto forma di associazionismo realizzando spettacoli e organizzando laboratori teatrali, seminari; tendono spesso a impostare un discorso complessivo di ricerca sul corpo e sulla comunicazione per un teatro che rappresenta il sociale. Due gli spazi teatrali più significativi in città, uno di questi nasce con l'intento di un lavoro di ricostruzione critica di tradizioni culturali e un lavoro di documentazione, di contatto e confronto con le esperienze culturali nazionali e internazionali. L'altro spazio teatrale si muove su un filone di ricerca al fine di promuovere la ricerca per un rinnovamento del teatro. Il Comune di Napoli patrocina le attività della scuola popolare di musica nata dall'iniziativa di alcuni musicisti e operatori culturali napoletani, ove si tengono seminari e ricerca sulla musica contemporanea. I polmoni di verde sono diversi e dislocati in differenti punti della città, di cui di recente è stata fatta un'opera di rivalutazione. Il Bosco di Capodi-

monte è il parco che ospita il maggior numero di frequentatori di età diversa. La tenuta degli Astroni è il parco più grande della città, con un'estensione di 2.700.000 mq. Napoli offre una vasta scelta per le sale cinematografiche; calcolando anche la suddivisione delle multisale ci sono nella normale programmazione 55 possibilità. Il Comune di Napoli offre ai giovani della città opportunità di incontro at-

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traverso l'attivazione di centri giovanili forniti di ludoteca e di laboratorio attrezzato di burattini e musica. Inoltre, organizza corsi, rassegne, laboratori, interventi di animazione sul territorio, in collaborazione con le associazioni di volontariato. L'Informagiovani segnala le iniziative sulle attività nel tempo libero. L'individuazione dei servizi presenti sul ten-itorio ci permette di rilevare i bisogni dei cittadini a cui le istituzioni e gli enti preposti rispondono e le modalità caratterizzanti tale risposta. La maggior parte delle iniziative e dei programmi di attività si muovono seguendo una politica di partecipazione e cooperazione tra le istituzioni e i cittadini interessati. Molti dei servizi sono offerti alle fasce deboli quali, minori a rischio, anziani, soggetti portatori di handicap e alle famiglie. Pochi sono i servizi offerti ai giovani se non a soggetti di questa fascia di età che si trovano in situazione di rischio o forte disagio; alcune offerte si muovono infine sul piano informativo o ricreativo.

Bibliografia COMUNE DI NAPOLI, 1999.

Ass. ALLA DrGN[TÀ, Piano Infanzia e Adolescenza, legge 285197,

COMUNE DI NAPOLl, Ass. ALLA DIGNITÀ, Progetto Immigrati, depliant 1998. COMUNE DI NAPOLJ, Guida ai servizi comunali, 1997. COMUNE DI NAPOLI, Napoli. Città solidale, guida ai servizi in rete, 1999. CARITAS DIOCESANA DI NAPOLI, Volontariato e Solidarietà, I 995, guida pratica al servizio sul territorio, alle istituzioni, ai problemi. ASL REGIONE CAMPANIA, Carta dei servizi Sanitari, 1996, guida per l' utente 1996/97. M. STAZIO, S. TRAIOLA, 1981, Vedi Napoli, Garnmalibri Milano. Yellow pagine gialle giovani, 1995, Napoli giovane, SEAT. M.F. INCOSTANTE, G. ATTADEMO, 1997, Napoli città sociale, in Prospettive sociali e

sanitarie n. 18-19, pp. 7-12.

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V. Profilo antropologico *

Da un'analisi della letteratura antropologica su Napoli emerge anzitutto il rapporto della città con il tempo: l'antico ed il moderno si incontrano e si scontrano senza avere una giusta distanza prospettica. La modernità non ha mai annientato l'antichità che conferisce a Napoli il carattere peculiare del caos, del «non ordine». Questa è una caratteristica che sembra restituire alla città una sua identità in cui i c ittadini si riconoscono. M. Niola la definisce: «la maschera del tempo». La sua stessa struttura ne è un esempio, i suoi luoghi, come Spaccanapoli, in cui sembrano convergere le contraddizioni. Secondo l'antropologo americano Thomas Belmonte «a Napoli si avverte un senso della storia come capriccio piuttosto che come meccanismo di causa e di effetto». Egli ritiene che sia importante per un'analisi antropologica, «non dimenticare che fino a non molto tempo fa quella napoletana era una società fatta di due sole classi in cui il ruolo della plebe era di servire i signori a raccogliere le briciole cadute sotto la tavola. Nel labirinto della società preindustriale nasce l'economia del vicolo fondata sul baratto e su un gioco dello scambio di tipo aggressivo e competitivo che fa pensare a quella che l'antropologo americano M. Sahlins chiamava 'reciprocità negativa' - che in altra forma abbiamo già esaminato nel concetto di connessione in negativo per la costruzione del senso di comunità. - Accanto a questo si sviluppa una tradizione di mutualità non sempre altruistica. Napoli è sempre stata una città - la sola città europea - in cui furbizia e generosità hanno sempre costituito l'una il paradossale 'pendant' dell'altra» 1• Esistono a Napoli una serie di simboli e rappresentazioni collettive strettamente intrecciati provenienti dalle classi elevate e ridisegnate dal popolino per i suoi bisogni pratici (il culto delle Madonne, S. Gennaro, buffonerie di Pulcinella). L'antropologo Belmonte ha rilevato che la città di Napoli si caratterizza per il grottesco, come modo di opporsi al sovrano: è una sorta di opposizione * O. Isacco, C. Arcidiacono. I T. BELMONTE, in: NIOLA ( 1994),

Totem e Ragù, p. 160.

85


simbolica che fa dei napoletani «gli arti sti del prendere in g iro». I napoletani hanno una grande risorsa: la capacità di difendere la loro umanità (andare d'accordo in pochi metri quadrati); il che testimonia la vitalità di una cultura che non è semplicemente di povertà ma di grande ricchezza umana 2. Per Guidieri 3, invece, la cu ltura napoletana ha in sé la matrice che conserva, che custodisce, e ciò si evince anche dalle bellezze dell'orrido; il Sud e Napoli scoprono la bellezza anche nella spazzatura. Egli vede Napoli come l'incarnazione della poetica baudelairiana dello «straccio», della spazzatura da cui nascono cose be lle: per questo non si preoccupa di nasconderle. Napoli non cela tutto questo. Remo Guidieri considera Napoli come luogo di fortissima memoria che egli non si astiene dal definire «viva nella città» differenziandola dalle altre per non essere «museografizzata». Questo è dovuto ad una ibridazione tra arcaico e moderno che esiste solo a Napoli, dove l'arcaico non è museografico: esso è strumento, tana, nicchia, abitazione. L'antropologo ritiene che Napoli abbia una grande risorsa: quella «della sua terribile voglia di vivere». Spaccanapoli è per Niola il posto più profondo dell'anima napoletana; questo come molti altri sono i luoghi materiali e simbolici di Napoli. L'autore definisce Napoli peculiare in quanto è stata sempre considerata la città della monumentalità e della religiosità diffusa, nel senso che il monumento non è separato da ciò che non è monumento; esso non è visto solo in chiave storico-artistica ma come pilastro di una più ampia costruzione della memoria. Ci sono molti luoghi in cui l'immaginario collettivo può prendere vita, come: il «sotterraneo», oppure via dei Tribunali fino alla chiesa di S. Maria del Purgatorio ad Arco; il quartiere della Sanità (antica area cimiteriale); le Catacombe di S. Gaudioso; il cimitero delle Fontanelle; la chiesa di S. Agostino alla Zecca ecc. In questi luoghi prende il via la fantasia popolare che attribuisce a crani sconosciuti l' identità di «anime del Purgatorio». Sono luoghi, ricchi di storie e leggende in cui il rapporto tra passato e presente viene espresso nella forma di una opposizione tra i morti e i vivi. Ci sono luoghi, poi, forse meno religiosi, ma che i napoletani percepiscono come maggiormente rappresentativi: la storica via Caracciolo affiancata in questi anni da piazza del Plebiscito; luogo rivalorizzato grazie ad iniziative ricreativo-culturali e che ha assunto il simbolo della rinascita. I napoletani, poi, attribuiscono un notevole valore simbolico anche a luoghi molto

T. BELMONTE in: NIOLA (1994), op. cii., p. 163. 3 R. Gu101ERI in: N1ou. (1994), op. cit., pp. 164-170.

2

86


spesso ind icati come aree a «forte rischio» e cioè: i quartieri spagnol i, la Sanità, Forcella ecc. Esse hanno un forte connotato storico e culturale soprattutto perché vi sono nati «uomini simbolo» di Napoli: Totò ed Eduardo De Filippo (per citare i più famosi); uomini che sono stati assunti come «miti», perché rappresentano persone che attraverso la creatività sono riusciti ad uscire da situazioni di disagio . Napoli, inoltre, è una città in cui è ancora fortemente sentito dai propri cittadini il culto della morte che supera il mero evento fisiologico per divenire espressione dell~ religiosità popolare. Napoli è la città dei riti, forme di autorappresentazione popolare come il sangue di S. Gennaro. Ogni anno il popolo napoletano aspetta la liquefazione del «Sangue Santo», tutti i cittadini radunati nel Duomo acclamano il miracolo: segno di buon auspicio per Napoli. Un altro rituale che contraddistingue questa città, anche se non ha le caratteristiche di religiosità del precedente, è quello dei «botti di Capodanno». Questa Santa notte per i napoletani diventa palcoscenico illuminato da effetti pirotecnici provenienti da tutte le case. I fuochi sono elementi altamente simbolici per i cittadini, una sorta di «rito di passaggio». L'aspetto sacrale che consiste nel superare il passato bruciando le negatività; esso convive con l'aspetto più ludico della festa che ha in sé un significato liberatorio rispetto al passato e scaramantico rispetto al futuro. Napoli è anche e soprattutto arte che si rispecchia nella canzone partenopea ormai riconosciuta in tutto il mondo come simbolo della città e dei cittadini. La canzone napoletana è assunta a Napoli e fuori Napoli come un modo di vivere e di essere di un intero popolo. Le sue espressioni, i valori dei quali è portatrice, i modi di essere e di sentire in essa rappresentati, sono stati sempre presentati come valori, espressioni, sentimenti, universali ed eterni, comuni a tutti gli uomini di tutti i popoli. Attraverso la canzone popolare, tra le forme culturali «colte» e quelle popolari, viene ad esserci un continuo interscambio, un continuo cedersi l'un l'altra modelli. Proprio l'ambiente culturale dell'epoca come quello dei giorni nostri sembra conferire a Napoli quell'impressione di «globalità» e di pienezza di vita. Gli antichi valori di allora sono talmente forti e sentiti che oggi sono riemersi in ogni forma: dalla recita burlesca di 'lbtò e De Filippo (per citare i più comuni), alla continua riscoperta delle mai dimenticate canzoni napoletane. Proprio dal periodo «aureo» della canzone popolare, nasce l'immagine del napoletano spensierato, eterno cantore del sole, del mare e «dell'ammore». La canzone partenopea, così come il teatro napoletano, hanno contribuito a dare spessore al vivere quotidiano del cittadino; una canzone in cui si po87


tevano identificare perché raccontavano, allora come oggi, le viciss itudini del popolo. A Napoli la gioia non è data solo dalle canzoni e dal teatro ma, come tutti sanno, anche i fuochi sono considerati dai cittadini come un momento di gioia e di festa, ma ne percepiscono anche la loro pericolosità, sia diretta (per l'incolumità del cittadino) che indiretta (andando ad aumentare le casse della camorra attraverso il mercato illegale). TAVOLA

I. la percezione dei botti Totale(%)

Una cattiva abitudine Una tradizione Senza opinione

49 48 3

Totale

100

Fonte: IPR Marketing - Gruppo Cirm, 1997

Grazie a questa consapevolezza che emerge nei napoletani sembra che, accanto a questa cultura, si stia facendo avanti un modo nuovo di fare festa, legato pur sempre ai botti, non tra le mura domestiche ma nelle piazze e tra le strade della città. TAVOLA

2. Suggerimenti p er arginare la vendita di botti pericolosi Totale(%)

Andrebbero intensificati i controlli Andrebbero più severamente puniti i fabbricanti Andrebbero puniti coloro che li acquistano Senza opinione Totale Fonte: IPR

50 20 15 15

100

Marketing - Gruppo Cirm, 1997

A Napoli anche il sottoproletariato può essere considerato una cultura. Girando per i vicoli di Napoli si possono notare bancarelle di ogni tipo, dal «tarallo» alla nocciolina. Ci sono innumerevoli piccole industrie familiari, soprattutto nell'artigianato e nel calzaturificio che fanno parte del lavoro sommerso, sono persone costrette ad «arrangiarsi», ad inventare ogni g iorno la loro sopravvivenza. Vivono in stretta vicinanza, non intesa solo in senso fisico, ma anche culturale. Questo modo di vivere le relazioni, di condividere 88


i problemi d i sopravvivenza, per il numero di persone che si trovano in tale condizione e per il fatto di esserlo ormai da «sempre», ne fa una cultura. È una città non soggetta ad un solo ordine ma altamente complessa e, con una ingovernabilità d i fondo che si rispecchia in codici, strutture, immagini del mondo che si fronteggiano e ridefiniscono nello stesso traffico cittadino e nella «logica di vita»: dove c'è posto per due c'è posto anche per tre e per quattro (logica dell'accum ulo e della giustapposizione). Questa log ica sembra prendere vita soprattutto nel vicolo, in cui nascono i rapporti «caldi» e viscerali che hanno fatto attribuire ai napoletani le caratteristiche di popolo aperto, disponibile e amico di tutti. Così nasce un'organizzazione di tipo comunitario che si contrappone a quella dei luoghi dell'industria e della sua organizzazione del lavoro che hanno improntato anche i rapporti fra gli individui. TAVOLA

3. Grado di favore per le feste in piazz.a a Capodanno Totale(%)

Molto Poco Per nulla Non sa/non risponde

Totale

41 32

14 13 100

Fonte: IPR Marketing - Gruppo Cirm, J 997

Sembra che a Napoli tutto acquisti caratteristiche peculiari nell'atteggiamento dei cittadini, anche il fenomeno del clientelismo e della raccomandazione che non sono esclusivamente napoletani o meridionali. Ciò che rende particolarmente «napoletano» questo fenomeno è l'atteggiamento con il quale i napoletani vi guardano, l'accanimento con cui si «raccomandano» a vicenda, la fede che nutrono per tale modo di agire. Questo modo di fare tipico è dovuto in parte ancora al vivere del vicolo e dei rapporti personali ed economici che si sviluppano e che impongono un modello gerarchico tipico della raccomandazione, in cui il più forte deve aiutare il debole, così come ciascuno, lavorando (dal minore alla donna), a suo modo aiutava la famiglia. Questo fenomeno poi sembra avere anche connotazioni religiose - «chi non ha i santi non va in Paradiso» -. Tutto a Napoli sembra essere determinato da una cultura di fondo; la stessa violenza sembra avere connotazioni storiche, sociali e culturali, soprattutto quella sui minori.

89


Tutto è eccessivo in questa città, anche le donne che spingono il loro essere madre ad un evento coatto che raggiunge la violenza che si esplica anche nel linguaggio. È una cultura che predispone ad eventi camorristici, che con le sue gerarch izzazioni definisce troppo i ruoli tra maschi e femmine secondo una immagine del dominio. Per questo la donna napoletana ha avuto ed ha ancora oggi una grande diffico ltà ad acquisire una propria autonomia. È una città ad illegalità diffusa e tollerata. Sussiste una sorta di complicità passiva. D i solito le analisi del fenomeno camorrista privilegiano la dimensione politico-giudiziaria, e, al massimo, quella socio-economica. Il peso di fattori culturali viene, invece, quasi sempre sottostimato. In realtà nella cultura napoletana sussistono sicuramente dei caratteri che raggiungono il limite della legalità e lo varcano giungendo ad una vera e propria criminalità. Sono alcuni dei suoi valori come: la furbizia, il raggiro, l'illegalità di massa, la prepotenza, ecc. La cultura di fondo della camorra è rassicurante per i napoletani, vicina, familiare. L'accumulo di violenza nei rapporti quotidiani, soprattutto nei confronti o da parte dei bambini stessi, è frutto della povertà mai risolta, delle numerose dominazioni, della dolorosa invivibilità della città, ed un ' antica tendenza alla rabbia che ha soffocato la tradizionale gioia, come pure l'entusiasmo dei napoletani. Laura Sestito ritiene che allo stato attuale sia necessario rivedere la situazione napoletana, perché quelle che sembravano certezze acquisite paiono ormai discutibili stereotipi. Anche se qualcosa va cambiando, comunque la città e la gente di Napoli sente di essersi abituata a convivere con quella che una volta veniva presentata come una emergenza. È importante, secondo Sestito, impossessarsi della complessità, mutevolezza e problematicità del fenomeno delinquenziale e del suo intreccio con la società di cui sono espressione. A Napoli, infatti, secondo la studiosa anche la reazione alla camorra assume una configurazione ambigua e contraddittoria; la risposta sociale si va concretizzando da un lato in una serie di iniziative ufficjali, interventi legislativi speciali, convegni, dibattiti e progetti educativi, che si moltiplicano e si accavallano nel tentativo di analizzare il fenomeno alla radice, sensibilizzare le coscienze individuali e le responsabilità, lanciare talora severi moniti o precisi atti d'accusa. Dall'altro, nella vita di tutti i giorni della gente comune, la risposta sociale va assumendo la fisionomia di tollerante acquiescenza, di paziente rassegnazione e di passiva accettazione delle numerose e complesse iniziative della criminalità organizzata. Ciò che sembra dunque caratterizzare in modo peculiare la reazione alla camorra è proprio la divaricazione tra il livello formale, in cui viene espressa

90


condanna ed esecrazione delle sue manifestazioni più cruente e macroscopiche, ed il livello concreto, in cui si esprimono comportamenti ed atteggiamenti derivanti da una matrice culturale evidentemente condivisa dai gruppi devianti e non devianti, nonché l'adesione e la partecipazione a valori, modelli e abitudini comuni ai rispettivi gruppi socioculturali (Aleni Sestito, 1997). Sestito ritiene che al di là delle reazioni ufficiali di condanna registrate o forse enfatizzate dai mass-media, esistano altri aspetti della risposta collettiva alla camorra, all'interno dei quali è forse possibile rintracciare alcune delle ragioni del suo perpetuarsi, a dispetto dei tanti tentativi di combatterla e del coesistere di gruppi sociali e modelli culturali solo apparentemente distinti e diversi. Secondo l'autrice la camorra riesce a stabilire con l'intero contesto sociale e culturale, nel quale opera e si esprime, peculiari rapporti d'interazione ed interdipendenza che a loro volta costituiscono la vera essenza del problema. Il fenomeno «camorra» è molto articolato al suo interno ma è significativamente caratterizzato soprattutto dal tipo di relazione che sembra riuscire a stabilire tra i suoi «affiliati» e la gente comune, cioè tra persone appartenenti a gruppi non devianti, ma partecipi in entrambi i casi dello stesso contesto culturale. È già stato sottolineato da tempo come la presenza e la solidità di un'organizzazione criminale quale la camorra nel contesto della società napoletana, correlata a processi di distorsione che investono le strutture portanti della società, vale a dire le istituzioni politiche ed economiche, si poggia e si alimenta su una presenza radicata di una sub-cultura deviante che riproduce e rafforza modelli di comportamento, stili di vita, aspettative dichiaratamente antisociali, i quali si legittimano presso ampie fasce della popolazione in quanto capaci di fare realizzare finalità socialmente desiderabili (successo, denaro, prestigio) ma al tempo stesso difficilmente raggiungibili. La popolazione denota ormai una grossa diffidenza nei confronti del!' au-

torità, sfiducia rassegnazione o resistenza passiva al cambiamento. La speranza è forse rappresentata dall'impegno di associazioni, gruppi culturali o assemblee di cittadini. L'orgoglio dei cittadini è stato troppo spesso calpestato o anche oggetto di commercializzazione, per cui il senso di appartenenza si esplicita troppo spesso ormai in un ~~coagularsi contro», che ben si ricollega alla sopracitata violenza o aggressività. Fino ad oggi difficilmente qualcosa sembrava ottenibile al di fuori di una logica dell'aggressività rabbiosa o del clientelismo/favoritismo. Ma i napoletani come percepiscono oggi la città? e la loro qualità della vita? 91


Abbiamo visto che la graduatoria nazionale sulla vivibilità urbana (cfr. p. 61) colloca Napol i per il 1998 agli ultimi posti . Un sondaggio del C irm nel 1997 metteva in ev idenza che la maggior parte dei c ittadi ni ritiene che a Napoli si viva meglio rispetto a due an ni fa. In realtà questo dato generale viene cambiato se s i entra nel merito delle singole variabili che incidono sull a vivi bilità, analizzando, con la lente di ingra ndimento, i diversi gradi della percezione cittadi na. La città appare così racchiusa, per molti aspetti, in una sorta di insoddisfazione collettiva. Rispetto al traffico i due terzi dei napoletani non percepisce miglioramento negli ultimi due anni . Nei confronti dei trasporti pubblic i altrettanto. Il 90% degli utenti non nota miglioramenti nell'efficienza degli uffici comunali, mentre circa la metà dei napoletani non vede una città più pulita. Inoltre il c ittadino pe rcepisce in maniera molto evidente il pericolo della microcriminalità e della camorra, visto che per la quasi totalità dei partenopei la situazione ri ma ne critica (91 %) . È questo un dato di insicurezza, precarietà e malessere generale. Tuttavia, il pretesto per discutere della camorra è offerto dalla cronaca giudiziaria, e dai suoi attenti osservatori (Barbagallo 1999), sembra tramontato il tempo in c ui l'attenzione sociale e politica era rivolta solo ai nodi problematici della città. Lo sforzo, invece, che 1'Amministrazione comunale ha profuso per aumentare le iniziative cul turali a Napoli è stato vissuto in maniera positiva dalla popolazione. L' 81 % dei cittadini, infatti, ritiene che le attività culturali abbiano subito dei migliorame nti. È questo un dato che stimola una riflessione di orgoglio sulla rinascita della città. Pertanto, nonostante i giudizi negativi espressi, la riappropriazione della cultura e della storia proposta rende positiva la valutazione complessiva sulla vivibilità (55%). TAVOLA

4. Valutazione di alcuni fattori della vivibilità a Napoli Migliorata

Peggiorata

39%

27%

41%

22%

48% 59%

Microdelinquenza Camorra Attività culturali

34% 37% 9% 9% 81 %

17%

43% 32% 2%

Efficienza uffici comunali

I 0%

75%

15%

Pulizia della citlà

57%

37%

6%

Traffico Trasporti pubblici

Fonte: IPR Marketing - Gruppo Cirm, 1997

92

Rimasta uguale


Insomma, una città «reale» che deve fare i conti con i problemi quotidiani e una città «virtuale» da mostrare al mondo come proiezione dei desideri: una città in cui il c redere e riconoscersi è il primo tassello di un processo di pen sabilità positiva. Il presente lavoro vuole essere un tassello pe r ridurre lo iato tra le due realtà, studiandone i meccanismi di rappresentazione sociale per costruire progetti finalizzati realme nte incidenti.

93



VI. Profilo del mercato del lavoro a Napoli*

Napoli si colloca in una regione che nell'ultimo decennio, al pari della gran parte del Mezzogiorno, non è riuscita a far convergere il proprio reddito pro capite verso le medie europee, e per questo si discosta da quanto è invece avvenuto per altre regioni più svantaggiate dell'Unione Europea. Più in particolare nei cinque anni tra il 1992 e il 1997 il Pii del Mezzogiorno è aumentato solo del!' 1,7% contro un tasso medio del 7,7 nel centro-nord. Infatti, come si evince dalla Tav. l, tra il 1988 e il 1997, mentre la Campania ha visto ridursi la quota di redditi pro capite rispetto alla media, le 25 regioni

TAVOLA

I. Reddito pro capite e tassi di disoccupazione. Confronti tra la regione Campania e le regioni d'Europa Campania

Reddito procapite/EUR 15 Tasso di disoc. Di cui: Maschi Femmine < di 25 anni Di lunga durata Tasso di occ. Di cui: Maschi Femmine

Prime 25 regioni*

1988

1997

1988

68 23,0

66** 26,1 21,9 34,I 64,9 79,3 38,8 54,3

52

23,5

1997 59•• 23,7 19,3 30,8 45,4 54,4 45,0 59,5 30,7

Europa (EUR 15)

1988

1997

100

100 10,7 9,5 12,2 20,9 49,0 60,9 70,9 50,9

Fonte: Commissione Europea - DG XVI

* Per quanto riguarda il reddito pro capite i dati

si riferiscono alle prime 25 regioni con le percentuali più basse. Per i dati sulla disoccupazione e occupazione si intendono le prime 25 regioni con tassi di disoccupazione più elevati.

** 1996. * O. Isacco, F. Caroleo, C. Arcidiacono.


piì:1 povere della «Comunità>> hanno invece, sia pur lentamente, effettuato un percorso di convergenza verso le suddette. La dimensione del tasso di disoccupazione complessivo si ripercuote su tutte le categorie specifiche (Maschi - 2 l ,9% rispetto al 19, 3% delle prime 25 regioni e al 9,5 % delle regioni europee - ma soprattutto Femmine e giovani a lunga durata - 34, I% per le prime e 64,9% dei secondi). Altrettanto grave è il quadro dell'occupazione (60% delle regioni europee contro il 38% della Campania), in cui le donne risultano ancora le più svantaggiate. Questo, come si può ben immaginare, ha comportato seri problemi in termini di mercato di lavoro. Il tasso di disoccupazione, infatti, risultando molto più elevato, colloca la Campania tra le prime I O regioni con percentuale maggiore in termini di disoccupazione. Questo porta conseguentemente a far riflettere su alcune problematiche che riguardano il mondo del lavoro: il «sommerso» e la cattiva distribuzione del reddito. La Campania si caratterizza dunque per una mancanza di occasioni di lavoro soprattutto per le donne e per i giovani. TAVOLA 2. Posizion i lavorative e Unità di lavoro, Centro Nord e Mezzogiorno - Percentuale sul totale Unità di lavo,v

Posizioni lavorative

1985

Totale Regolare Non regolare Irregolare

/995

/985

1995 SUD

C. N.

SUD

c. N. SUD

100 6,5

100 49,2

100 82,5

100 66,0

100 100 82,5 66,4

50,6 18,4

31,5 4,6

50,8 17, 1

17,5 5,0

34,0 22,6

18,0 33,6 5,7 21,0

2,2

2,9

1,3

2,1

2,0

2,9

l2 ~ ~-

1,5

1,6 22,7

2,0 27,4

2,3 23,3

2,7 28,9

2,0 8,5

2,7 5,8

2,8

3,8 7,3

c. N.

SUD

C. N.

100 69,1

100 49,4

30,9 4,4

Occupazione non dichiarata Stranieri non residenti Lavori aggiuntivi

t -

8,3

Fonte: ISTAT

La dimensione del lavoro <<Sommerso», non regolare si evince dalla Tav. 2 che mette in evidenza come il peso di tali lavori non regolari nel Mezzogiorno sia di gran lunga più elevato rispetto al Centro Nord. Tale risultato è influenzato dalla dimensione che il settore agricolo ha nelle regioni meridionali, dove si annida la gran parte del lavoro irregolare. Tuttavia anche nel settore industriale la percentuale di tali lavori è molto 96


più elevata che nel Centro Nord. Infatti ne l 1995 tale percentuale nel Centro Nord è del l' 11,8 mentre ne l Mezzogiorno è il 40,5. Tali dati si riferiscono ad una fonte ufficiale dell ' ISTAT, ma accanto ad essi ve ne sono altri non confrontabili , in quanto fanno parte di fonti diverse dalla prima, ma che possono essere utilizzati per mostrare il quadro più spec ifico della situazione campana e napoletana. L'attività sommersa nel napol etano è una realtà de lla città tutta, del vico lo come del centro storico e de lla periferia. L'occupazione non regolare in Campania nel 1996 era pari al 35,3% quando l'occupazione non regolare in Itali a era pari al 22,6% 1. Una denuncia dell ' Asso C ampania 2 riporta che in giro per la «città abusiva» sono stati individuati: 182 punti vendita abusivi di pane; 26 punti vendita di latticini e formaggi ; 4 di pesce; 2400 punti vendita di sigarette di contrabbando, in particolare la domenica il 40% del venduto è abusivo. Una conferma dell'entità del fenomeno proviene dai risultati dell'attività della task force contro il lavoro nero istituita su iniziativa della Prefettura di Napoli che ha svolto 272 sopralluoghi presso aziende della provincia di Napoli tra il 1996 e il 1997: su 3.462 posizioni lavorative ha accertato che 1.466 (più del 40%) sono risultate irregolari, di cui: 1'85% costituito da italiani, in prevalenza donne (54%); il 12% da extracomunitari, di cui donne il 44%; il 3% da minori. Infatti, il settore dove si concentra di più il lavoro sommerso è il settore tessile-abbigliamento (65%)3. Per quanto riguarda il lavoro minorile esso rappresenta un fenomeno tanto diffuso quanto incontrollabile. La scuola sembra e ssere il primo campanello d'allarme del fenomeno: le aree geografiche dell'evasione scolastica si sovrappongono, infatti, a quelle dove è più diffusa l'economia sommersa dei piccoli laboratori che producono merce falsa. Nella scuola media si registrano percentuali di assenti sopra il 4% in pieno centro di Napoli e in periferia va anche peggio visto che si raggiungono punte del 12% 4 . Naturalmente "è importante non pretendere dalle statistiche dell'occupazione più di quanto possano dare". Ciò è vero soprattutto per ciò che concerne il lavoro nero, che rende altamente instabili le percentuali rilevate sul fenomeno; questo perché: (<nelle rilevazioni campionarie, al di là della stima

1 fl Maflino, mercoledì 12 agosto 1998. z La Repubblica, 2 aprile '97. 3 Il Mallino, mercoledì 12 agosto 1998. 4 Lavoro Corriere della sera, 18 dicembre 1998.

97


ufficiale che è già molto consistente, il lavoro nero compare - probabilmente - un po' dappertutto a seconda delle risposte degli intervistati: nel lavoro dipendente, in quello indipendente, nella disoccupazione e nelle persone in condizione non professionale» s. TAVOLA

3. Famiglie per classe di reddito al 1998 - composizione percentuale Fino a i 5 mii.

15-30 mii. 30-50 mii. 50-100 mii. Oltre 100 mil. Totale

Centro Nord

14,5

24,0

24,4

30,1

7 ,1

100

Mezzogiorno

27,4

30,0

22,1

16,5

4,0

100

Italia

18,8

26,0

23,6

25,6

6,1

100

Fonte: IRPEF

Per quanto riguarda la distribuzione del reddito, la Tav. 3 mette in evidenza come nel Sud d 'Italia vi sia una più alta percentuale di famiglie con dichiarazione di reddito fino a 15 milioni; questo è un indicatore di povertà molto semplice ma significativo. Per quanto riguarda in specifico la città di Napoli e, facendo riferimento ai dati IRPEF del 1993, possiamo notare come sia Catania (29, I%) che Napoli (27,2%) hanno la maggiore percentuale di contribuenti con reddito imponibile netto fino a 1O milioni di lire contro il 16,8 di Bologna e il 18,9 di Milano.

5 MELDOLES I,

98

1998, Dalla parte del Sud, p. 61.


TAVOLA

4. Popolazione di 15 anni e oltre per condizione, pro1,incia e sesso - J997 (dati in migliaia) Salerno Campania

A velfi110

B enevento

CaJ·erta

Napoli

Maschi Forze di lavoro 100 Occupati 84 J"n cerca di lavoro 16 Non forze di lavoro 66 Popolazione presente 167 Saggio cli partecipazione 59,9 50,3 Tasso di occ. Tasso di disoc. 16,0

66 57 9 48 115 57,4 49,6 13,6

184 141 43 134 318 57,9 44,3 23,4

729 552 178 460 1.189 61,3 46,4 24,4

257 219 38 171 428 60,0 51,2 14,8

1.337 1.054 283 880 2.217 60,3 47,5 21,2

Femmine Forze di lavoro 57 Occupati 40 In cerca di lavoro 16 Non forze di lavoro 120 Popolazione presente 177 Saggio di partecipazione 32,2 22,6 Tasso di occ. Tasso di disoc. 28,I

47 38 9 72 118 39,8 32,2 19,I

99 60 39 230 329 30,1 18,2 39,4

326 196 130 929 1.255 26,0 15,6 39,9

148 106 43 297 445 33,3 23,8 29,I

677 440 237 l.648 2.324 29,1 18,9 35,0

Maschi e femmine 157 Forze di lavoro Occupati 125 In cerca di lavoro 33 Non forze di lavoro 187 Popolazione presente 344 Saggio di partecipazione 45,6 Tasso di occ. 36,3 21,0 Tasso di disoc.

113 95 18 120 233 48,5 40,8 15,9

283 201 81 364 647 43,7 31,1 28,6

1.055 747 308 1.389 2.444 43,2 30,6 29,2

405 325 80 468 873 46,4 37,2 19,8

2.014 1.494 520 2.527 4.541 44,4 32,9 25,8

Fonte: Elaborazioni Agenzia per l'Impiego Campania su dati ISTAT

Il confronto per province mette in evidenza come Napoli abbia molti indicatori al di sotto della media regionale; tuttavia alcune percentuali sono tanto rilevanti da evidenziarsi ad una semplice lettura: il tasso di occupazione della provincia di Napoli (30,6%) è, infatti, in totale il più basso rispetto alle altre provincie della Campania, ma soprattutto esso è rappresentato in misura minore (elevata disoccupazione) nelle donne (15,6%). 99


Si può capire come una tale situazione possa essere fonte di disagio sociale. Quando si commentano i dati sul collocamento vanno ricordate alcune caratteristiche intrinseche alla natura di queste informazioni, poic hé persiste una certa confus ione sulla loro valenza e sul come vadano correttamente interpretate nelle analisi sul mercato del lavoro. Ci si riferisce alla facile assimilazione dei concetti di iscritti al collocamento da un lato e di disoccupati così come sono contati dalle indagini statistiche sulle forze di lavoro. Soprattutto in Campania i primi costituiscono una classe ben più numerosa dei secondi. Questo è causato da due motivi principali: la prassi, diffu sa e lecita, delle iscrizioni a scopi essenzialmente amministrativi e il secondo, invece, è riconducibile alla presenza di posizioni multiple per quei soggetti che sono contemporaneamente alla ricerca di un lavoro e impegnati in attività lavorative precarie di varia natura o in attività di studio. È quindi molto probabile che chi, secondo la definizione dell'lstat, è disoccupato, sia anche iscritto al Collocamento, ma non necessariamente è vero l' inverso e cioè che chi è iscritto al Collocamento venga contato tra le persone che cercano lavoro dal1' Istat. Parte della differenza che tra i due valori viene di volta in volta riscontrata, può, ad esempio, essere colmata dalle forze di lavoro potenziali che costituiscono l'aggregato in cui l' Istat inserisce le persone che cercano lavoro ma che hanno svolto attività di ricerca in un periodo superiore all' ultimo mese antecedente l' intervista 6 . In ogni caso la possibil ità di discutere i dati del Collocamento a livello territoriale costituisce una utile fonte di informazioni sulle caratteristiche di chi cerca lavoro a Napoli. La circoscrizione di Napoli da sola rappresenta con i propri iscritti più del 55% del totale regionale. La Tav. S mostra innanzitutto l'estrema variabilità del fenomeno. Gli iscritti al Collocamento nella regione Campania sono circa un milione e settantamila soggetti. Si tratta di una cifra notevole che tra l'altro sembra non volere per nulla diminuire . La distribuzione per provincia evidenzia che la quota più elevata di iscritti si registra a Napoli con il 55,5% del totale; seguono poi le province di Salerno e Caserta (con un peso attorno al 17% circa) e a distanza quelle di Avellino e Benevento (con valori intorno al 5%). Il grafico mostra, inoltre, il diverso apporto, nelle singole province, della componente femminile nel determinare il livello di iscritti.

6

100

Agenzia per l'Impiego della Campania, 1998.


TAVOLA

5. lscrilli alle liste di co!loca111ento per provincia e sesso - /997 AFelli110

Be11eve1110

Caserta

Napoli

Salemo

Campania

Femmin e

29.078 30.674

22.297 25.294

98.464 82.679

3 17.607 277.723

90.121 98. 188

557.567 514.558

Totale

59.752

47.591

181.143

595.330

5,6%

4,4 %

16,9%

55,5%

Maschi

Tot. percentuale

188.309 1.072.125 17,6 %

100,0%

Fonte: Elaborazioni Agenzia per l'Impiego della Campania su dati DRL

Si può notare, poi, come la circoscrizione di Napoli abbia il 22% di iscritti al collocamento in la classe B (in cerca di prima occupazione), che rappresentano i soggetti potenzialmente destinatari di uno dei maggiori provvedimenti contenuti nel Piano straordinario per l'occupazione giovanile, per esempio le borse di lavoro. TAVOLA

6. Iscritti al collocamento in la classe B (in cerca di prima occupazione) con età tra 21 e 32 anni e con anzianità di iscrizione di almeno 30 mesi

Circoscrizioni

Napoli Provincia di Napoli Totale prov. Napoli

N.

%*

39.214 67.241 106.455

2 1,9 37,4 59,3

Fonte: elaborazione Agenzia per l' Impiego della Campania su dati DRU * Percentuale degli iscritti nella classe B sul totale degli iscritti.

Dalla Tav. 7 si evince che dell'insieme degli iscritti più della metà sono quelli che lo sono da oltre due anni e la classe di età che raggiunge il peso maggiore è quella tra i 30 e i 40 anni. Anche incrociando le due variabili, l'età e l'anzianità di iscrizione, il segmento di maggior peso relativo è appunto quello degli iscritti da oltre due anni in età tra i 30 e 40 anni. È quindi per questa particolare fascia di soggetti che si possono ipotizzare le maggiori difficoltà di uscita dallo stato di disoccupazione. L'esame dei dati per titolo di studio ci indica che sono gli iscritti in possesso di licenza media inferiore quelli maggiormente presenti. Un altro elemento di interesse è fornito dalla lettura incrociata dei titoli di studio con l'anzianità di iscrizione. La maggior parte degli iscritti la si trova tra coloro che lo sono da più di due anni, tuttavia ciò non è sempre vero disaggregando il dato per titoli. Infatti tra gli iscritti sprovvisti di qualsiasi titolo la quota di coloro che sono iscritti da più di due anni è la più bassa in 101


T AVOLA

7. l scritri al colloca111e11to presso la circoscrizione di Napoli nel 1997 p er classe di età, durata de/i' iscrizio11e e titolo di studio

Classi di età

Anzianità di iscrizione I anno

2 anni

oltre 2 anni

62,6 68,3 64,4 46,5 39,1 29,0 46,5

18,4 11 ,6 11 ,9 13,6 15,8 15,6 14,3

19,0 20, 1 23,7 39,9 45,1 55,4 39,3

50,0 35,6 29,5 26,3 24,4 24,8 29, 1

23,9 18,0 18,4 16,0 15,4 15,0 16,9

26,0 46,3 52,I 57,7 60,2 60,2 54, 1

43,9 23,7 22,2 18,0 17,4 20,8 20,8

26,3 16,2 13,2 11,5 13,9 14,2 14,2

29,8 60,1 64,5 70,4 68,7 65,0 65,0

45,1 23,0 20,7 20,7 26,2 29,8

26,6 17,5 12,8 11,5 18,2 17,9

28,4 59,5 66,5 67,8 55,5 52,3

Totale

27,3

17,5

55,2

Laurea 14-21 22-25 26-29 30-40 41-50 Oltre 50

14,3 43,0 31,3 26,6 38,4 40,7

71,4 18,4 17,7 13,9 12,3

Totale

30,6

15,9

14,3 38,7 5 1,1 59,5 49,3 38,9 53,5

Nessun titolo 14-2 1 22-25 26-29 30-40 41-50 Oltre 50 Totale Licenza elementare 14-21 22-25 26-29 30-40 41-50 Oltre 50 Totale Media inferiore 14-21 22-25 26-29 30-40 41-50 Oltre 50 Totale Diploma superiore 14-21 22-25 26-29 30-40 41-50 Oltre 50

Fonte: Agenzia per l'Impiego della Campania su dati DRL

102

20,4


assoluto (39,3%) vedi Tav. 7 La quota più e levata è quella che si riferisce a coloro che hanno un'età compresa tra i 30-40 e il titolo di licenza media inferiore. Il segmento dei laureati sembra essere l'unico che, assieme a quello dei senza titolo, presenta durate di iscrizione mediamente più basse. L'immagine che scaturisce da questi dati è quella di un mercato fortemente segmentato in cui sono presenti, da un lato, i maschi (30-40 anni) in possesso di licenza media, che hanno maggiori difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro e con forti discontinuità nei periodi di occupazione. Dal!' altra, invece, ci sono i soggetti «marginali» e i laureati; soprattutto i primi sembrano essere coloro i quali incontrano difficoltà minori a causa della loro adattabilità lavorati va. Nella provincia, con i livelli di disoccupazione che abbiamo, il bisogno di affrettare il raggiungimento di risultati sulla questione del lavoro è pressante. Veniamo da venti anni di disoccupazione che hanno visto crescere, soprattutto nella provincia di Napoli, il numero di iscritti al collocamento (da 200 mila del 1977 a 600 mila nel 1997), il tasso di disoccupazione è passato dal 6% al 29%, la durata media della disoccupazione dai 13 mesi del 1980 ai 38 attuali, che conferma i dati della Tav. 1 sulla disoccupazione di lungo periodo. Gli aspetti socialmente critici vanno ricercati, quindi, nella esclusione di larghe fasce di popolazione femminile, giovane e adulta, dal mercato; nella segregazione di larghe fasce di popolazione non qualificata, giovane e adulta, nel lavoro irregolare; nella precarizzazione e nell'impoverimento di larghe fasce di popolazione occupata, ed infine soprattutto nel processo di condizionamento che viene esercitato sul sistema politico, istituzionale, amministrativo e attraverso esso sulla gestione politica regolativa, amministrativa delle relazioni economiche e sociali. Il ricatto della disoccupazione, lo scudo della disoccupazione, nell'azione politica ha sempre prodotto effetti che nel lungo periodo sono apparsi in tutta la loro negatività: l'occupazione «gonfiata» nel settore pubblico, l' assistenzialismo clientelare diffuso, la tolleranza verso l'economia sommersa e l'illegalità, il recente stravolgimento di un settore nuovo e fortemente innovativo come quello dei lavori socialmente utili, sempre per dare risposta all'emergenza, sono solo gli esempi più dolorosi di ciò che si è fatto in nome della disoccupazione. La disoccupazione giovanile napoletana vive in questo contesto di «disoccupazione diffusa» e da esso trae specifiche connotazioni: il tasso di disoccupazione giovanile supera il 50%, più di 100 mila giovani sono iscritti al 103


collocame nto solo nella città di Napoli, 336 mila nella provinc ia. Su i giovani, si sono riversati più direttame nte gli effetti negativi di una dinamica demografica c he ha eserc itato una forte pressione sulla c rescita dell'offerta di lavoro; sui giovani gravano tuttora le barriere di ingresso nell' occupazione legate alla carenza di spazi consistenti di nuova occupazione che possano assorbire le nuove leve; sono i giovani, inoltre, i più colpiti dalle arretratezze strutturali che ancora caratterizzano il sistema economico: sono soprattutto i g iovani, e il loro lavoro precario, una delle risorse principali su cui poggia l'economia tradizionale delle piccole imprese manifatturiere, del commercio e dei servizi; infine, i giovani occupati, ormai universalmente assunti a termine, sono tra le fasce più esposte al rischio di diventare disoccupati 1. I dati delle unità industriali (vedi Tav. 8) sembrano confermare quelli precedentemente emersi; infatti , prevaricano nettamente le unità industriali nel settore di amministrazione pubblica con i relativi addetti, così come è alta la percentuale di industrie manifatturiere, anche se dalla tabella si evince una netta diminuzione delle stesse, rispetto al periodo '8 1, decennio in cui la percentuale era quasi del doppio maggiore rispetto a quella attuale. Questa situazione ci fa riflettere sui cambiamenti avvenuti proprio in questo ventennio che hanno riguardato prettamente tale settore, mi riferisco in particolare alla chiusura di note attività industriali della provincia, come l'Italsider di Bagnoli. TAVOLA

8. Unità locali e addetti per settore di attività. 1981/199 1 1981

1991

Unità Locali

Addetti

Unità Locali

Addetti

33 5.973 46 1.516 24.427 2.201

971 39.409 5.707 15.5 12 54.354 8.141

16.303 163 2.435 61.804 6.018

158.550 8.626 22.064 133.987 20.444

Trasporti e comunicazioni

1.371

41.782

3.449

56.652

Credito e assicurazioni Servizi Ammin. Pubblica

1.255 14.054

13.963 146.605

6.958 19.492

30.088 174.066

Agricoltura e pesca Industria manifatturiera Energia, gas e acqua Costruzioni Commercio e riparazioni Alberghi e pubblici esercizi

Fonte: ISTAT 1991/1981

Per quanto "riguarda la caratterizzazione settoriale delle unità industriali e lavorative (vedi Tav. 8) i dati sembrano confermare la prevalenza relativa del 7 Agenzia

104

per l' Impiego della Campania, 1999.


settore di amministrazione pubblica, me ntre la perce ntuale di industrie manifatturiere si è dimezzata ne l corso del decennio. La ridu zio ne degl i addetti e delle U.L. avvenuta negli anni '80 è il risultato del fortissimo processo di deindustria lizzazio ne che ha inte ressato la c ittà (vedi ad es. Ital sider). TAVOLA 9. Occupati per ramo di attività eco110111ica per regioni, nelle ripartizioni territoriali e sesso - Valori percentuali, 1997 Campania

Mezz.ogiomo

Centro Nord

Italia

Agricoltura Industria Di cui costruzioni Altre attività Di cui Commercio Totale occupati

10,6 23,4 36,4 66, 1 24, 1 100,0

12,0 23,5 42,7 64,5 25,8 100,0

4,8 35,5 20,0 59,7 27,8 100,0

6,8 3 1,8 24,7 60,5 27,2 99,0

Maschi Agricoltura Industria Di cui costruzioni Altre allività Di cui Commercio Totale occupati

7,7 28,7 40,7 63,7 27,9 100,

11,l 28,9 47,7 60,0 28, 1 100,0

52,2 42,0 25,5 52,8 3 1,8 100,0

7,0 37,9 30,8 55, 1 30,8 100,0

Femmine Agricoltura Industria Di cui costruzioni Altre attività Di cui Commercio Totale occupati

17,5 10,7 8,5 71 ,8 16, I 100,0

14,1 10,5 9,8 75,5 19,5 100,0

4,2 25,1 5,3 70,7 23,0 100,0

6,5 21 ,8 5,8 71,8 22,2 100,0

Maschie e Femmine

Fonte : Agenzia per l'impiego della Campania - elaborazione su dati ISTAT

Vediamo ora la povertà industriale che caratterizza la Campania e Napoli in particolare. La povertà industriale è confermata se si confronta il dato regionale con il e Ne l'Italia. Dalla Tav. 9 s i evince che l'attività in cui sono maggiormente impiegati gli occupati nel Mezzogiorno e, in specifico nella Campania, è l'agricoltura. Questo sembra maggiormente vero poi quando ci si sofferma sulla differenza sessuale; infatti, in tale settore è impiegata una percentuale maggiore di 105


donne, mentre è basso il peso del settore industriale (23,4% contro il 35,5% del C N). Dato le differenze di sesso emerse, sembra naturale chiedersi che ruolo abbiano le donne e come sono inserite nell'ambito lavorativo. I dati relativi a l rapporto che sussiste in Campania tra le donne e il mondo del lavoro, mettono in luce, in primo luogo, la forte disoccupazione femminile. Il 68% delle donne, infatti, non ha un lavoro in questo momento, e la percentuale cresce maggiormente se si considerano in particolare le realtà della città di Napoli, dove la disoccupazione femminile raggiunge il livello più alto, il 77%. Disaggregando i dati per età si nota che la disoccupazione incide in maniera maggiore tra le donne giovani (66%) che tra quelle adulte (59%). La difficoltà a trovare lavoro comunque, come emerge dai dati, riguarda maggiormente le donne con un grado di istrnzione basso, in quanto si riscontra che il livello di occupazione scende in rapporto al titolo di studi conseguito. Le donne laureate, infatti, risultano quelle che in misura minore (44%) sono oggi senza occupazione, sia rispetto alle diplomate (61 %) che a quelle con la licenza elementare (75%). TAVOLA IO. Delitti e persone denunciate nella circoscrizione di Napoli nel 1996 In totale

Contro la persona Contro la famiglia Contro il patrimonio Furto Rapina Estorsione Contro l'economia e la fede pubblica Contro lo Stato, le istituzioni sociali e l'ordine pubblico Altri delitti Totale

Di cui minori di 18 anni

MF

F

563 2.528 577 653

70 5 23 1 65 28

1.084 526 147

331

24

14

2.474

268

176

12

1.808 2.298 11.245

208 187 1.086

93 262 2.352

14 3 178

13

MF

F

49

11

I

73 63 2

Fonte: Ministero di Grazia e Giustizia

Concentrando l'attenzione sulle donne che lavorano, dai dati appare che queste sono soprattutto lavoratrici dipendenti (24%) e che, più di un quarto

106


di queste (27%), presta la propria opera a nero. A lavorare in questo modo sono soprattutto donne giovani (48%) e con un basso livello d' istruz ione. La percentuale maggiore delle lavoratrici in nero poi s i registra a Napoli (57%) dove il dato risulta doppio ri spetto all a media. Le donne che hanno una propria attività imprenditoriale sono risultate essere 1'8%. Sono do nne giovani (10%), con un alto livello d ' istruzione il 15% ha la laurea, più presenti ne i comuni med io grandi (a Napoli sono il 3%) s.

Attività illegali e criminali Parlare di attività produttiva ci obbliga a considerare la criminalità cittadina intesa quale fattore di produzione economica e controllo sociale, così come limite per gli investimenti. Nel complesso il fenomeno criminale è elevatissimo e grave in tutto il Mezzogiorno, con punte negative per la Campania e Napoli: nel 1997 sono state scoperte in Campania 29 organizzazioni camorristiche, denunciate per l'art. 416 bis 777 persone, commessi 103 omicidi, portate a termine 274 azioni di polizia contro l'usura. Secondo i dati del Ministero dell'Interno sarebbero affiliate alla camorra 6.700 persone, con una concentrazione nella città di Napoli . Le principali attività svolte dalla camorra rimangono l'estorsione, l' usura, il traffico di droga, lo sfruttamento della prostituzione, il riciclaggio di risorse provenienti da attività illecite. Dalla Tav. IO s i evince che la percentuale maggiore dei reati risulta essere quella contro il patrimonio, soprattutto per ciò che riguarda la rapina (soprattutto nei maggiorenni), mentre una percentuale nettamente inferiore risulta essere il reato contro la famiglia. Si evince molto chiaramente quindi che, su una scala d i valutazione, quest'ultimo dato si trova in posizione opposta a quella del dato precedente. TAVOLA

11 . Minori denunciati 1995/1994

Minori denunciati

Provincia

988

Napoli Regione Campania

1.635 23.367

Italia

Di cui per furto

Minori denunciati

Provincia

1.075

Napoli

444

1.695

10.015

22.239

Campania Italia

248

Di cui per furto

259

459 9.5 13

Fonte: Dati forniti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, segretariato generale 8

IPR Marketing-gruppo CIRM.

l07


La Tav. 11 ev idenzia un aumento delle denunce a carico de i minori ne l 1995, ri spetto ai dati de l 1994, reg istrando un aume nto percentuale de l 5,07. Tale incremento costituisce motivo di seria riflessione perché, malgrado la devianza minorile sia un fenomeno che - in qualche mi sura - è sempre esistito nel nostro Paese, in questi ultimi anni esso te nde ad assumere caratteristiche nuove e preoccupanti e a differenziarsi secondo l'area territoriale entro cui si manifesta. li rapporto assume un valore medio, a livello nazionale, che è pari a 42,86% e funge da termine di paragone con i valori che si reg istrano in Campania (27,15%) e con il dato a livello provinciale - Napoli (25,10%) -. È il caso di ricordare che in Campania sul fronte della prevenzione e repressione sono in campo 15.000 agenti (6.700 polizia, 5.000 carabin ieri, 3.300 finanza) 9. È tuttavia evidente che la massiccia presenza de lla camorra è di freno alt' investimento di capitali stranieri e locali.

Fonti http://www2.iperbole.bo.it/pianocont/menustat.htm Comune di Napoli - Ufficio Statistiche http://www.IG.it http://www.istat.it/novita/Fless.htm SYJMEZ, Rapporto 1998 sull'economia del Mezzogiorno. Istat Campania Agenzia per l' impiego della Campania

9 Un agente ogni 208 abitanti , la media italiana è uno ogni 2 19. Il Mattino , I I novembre 1998.

108


VII. Napoli oggi: punti di forza e punti di debolezza

I profili della città qui delineati vogliono raccogliere tutti insieme le notizie e i dati sulla città che possano fare comprendere le risorse su cui investire per la costruzione del benessere collettivo. Attraversare queste pagine può essere per alcuni uno stimolo a ripensare il proprio sapere, per altri, forse, un'occasione per incontrare la città senza stereotipi e delineare forme nuove di impegno e partecipazione per lo sviluppo di comunità. Per affrontare le grandi aree metropolitane, come questa ricerca intende, non si può prescindere dall'esaminare le linee progettuali della Amministrazione locale che con la recente normativa per il governo locale ha finalmente strumenti per essere organo d i governo territoriale. Affermava Barbagallo I che il 1993 aveva visto i più bassi livelli istituzionali nella gestione della cosa pubblica nel Mezzogiorno e a Napoli in particolare. A Napoli, a partire dall'anno seguente, la nuova giunta propone un programma semplice e concreto 2: rilanciare Napoli come capitale della cultura e città d'arte; rispondere alla forte domanda di tutela dell'infanzia. Le linee progettuali qui accennate si accompagnano ad un processo di recupero e costruzione della identità culturale di cui abbiamo parlato nel capitolo sulla immagine. La nuova giunta non propone realizzazioni faraoniche, ma progetti concretamente attuabili con le risorse individuate. Le forme di questa progettualità devono avere il carattere della concre-

tezza e fattibilità. Punto forte è il recupero della normalità inteso quale accrescimento del senso di sicurezza degli abitanti, promozione della legalità, lotta alla criminalità, recupero di spazi di vivibilità urbana. Questa ultima dimensione costituisce quella che viene chiamata politica dei piccoli passi, in contrapposiCampania Felix, Iceber 2, in: Micromega, 4/97, pp. 91-100. capitale europea. Un cantiere di civiltà, conversazione con Bassolino, Micromega, 3/94, pp. 117-161. 1 F. BARilAGALLO,

2 Napoli

109


zione ai mega progetti strutturali. Essa si esp lica nel risanamento delle municipali zzate, promozione dell'aeroporto attraverso la gestione di società inglese, acquisto di nuovi autobus, ridefinizione dei percorsi del trasporto pubblico nei gangli vitali de lla città, messa in uso di parchi pubblici, l'attivazione di vigi li ausiliari per il traffico, l'abbattimento delle Vele di Scampia, e il nuovo piano di riassetto ecc. Insomma una rete di interventi settorial i finali zzati a migli orare la qu alità della vita urbana, integrati da misure per la riqualificazione delle periferie. L'esercizio di una logica di progettualità con una metodologia di problem-solving. · Il richiamo seppure inconsapevole alle strategie per la costruzione del senso di comunità è inevitabile. Risulta infatti provato 3 che i progetti che portano risultati danno ai membri del gruppo soddisfazione incrementandone la coesione e il senso di appartenenza. In questo senso per lavorare in una città in cui la fiducia e soddisfazione collettiva sono carenti bisogna privilegiare interventi i cui effetti siano effettivamente ottenibili e visibili in breve tempo. Il focus è stato sulla necessità di dotare la città di un effettivo strumento di governo, capace di provvedere alla normalità. I cardini concreti della progettazione a tempi medio-lunghi si esplicano invece e con più difficoltà lungo tre direttrici principali: • Il recupero della re lazione con il mare attraverso la valorizzazione del!' area portuale. • Lo sviluppo di un' area industriale nella zona est. • Lo sviluppo eco-ambientale tecnologico dell'area di Bagnoli. Per il cittadino questi sono al momento progetti lontani che interessano dibattiti culturali e professionali, ma non hanno permeato la quotidianità degli abitanti. Del primo, il recupero del rapporto con il mare, è segno iniziale una diversa organizzazione dell'area portuale nella zona Beverello. Non è qui il caso di entrare nelle polemiche e asperità per la realizzazione di Bagnoli e lo sviluppo della zona Est. Oggi dopo quasi cinque anni e con la nomina del Sindaco a Ministro la città si interroga sulle proprie potenzialità e sviluppi . Attraverso la stampa si è aperta una ridiscussione critica degli obiettivi finora realizzati. I punti vuoti, le realizzazioni carenti, sono sotto gli occhi di

3

110

Cfr. R.

M ARTIN! e

R.

SEQUI,

1995, pp. I 00- 103.


tutti, ed è qui che è iniziata o dovrà iniziare una seconda fase di tempi lunghi ma reali. Parafrasando Macry è ora di imparare a nuotare 4, con la consapevolezza di quanto attivato nel '94-'98, e la speranza che si tratti di tempi lunghi ma non eterni. Punto di forza della città è essere depositaria sia di quelli che sono ritenuti valori tradizionalmente femminili; connettività e creatività unitamente a impegno e ingegno ascritti alla tradizione maschile. Napoli capitale europea e faro del Mediterraneo sono i due e lementi la cui fusione costituisce la forza post-moderna della città cui fa riferimento Cacciari quando parla di «combinare la porosità meridionale con i caratteri propri dello Stato di diritto della ratio europea» s. La tradizione aristotelica substrato della tradizione occidentale si coniuga qui con la ricchezza della tradizione femminile rappresentata dalla forza e potenza dalla mitica grande madre mediterranea, di cui è figlia la sirena Partenope. La possibile grandezza di Napoli si colloca nella presenza di quelle che la tradizione considera peculiarità femminili: comunicazione, solidarietà, capacità di cura, connettività. Napoli mediterranea ed europea può essere prototipo di un'economia solidale che coniughi vantaggi economici e benefici relazionali. La sua peculiare storia di grandezza nell'assenza di potere diretto è paradigmatica dello scenario di debolezza che ogni realtà sociale e nazionale, pur grande e potente, acquista oggi nel grande teatro globale. La storia di città grande ma vinta evoca la presenza muta delle donne sulla scena politica affermando la necessità di uno sviluppo solidale che tenga conto di paradigmi di tecnicità e connettività. Se l'etica del terzo millennio dovrà richiamarsi ai principi tradizionalmente ascritti al maschile e al femminile coniugandoli sinergicamente, Napoli e il Mezzogiorno sono punto di riferimento. La città richiede una maggior presenza attiva della legge sociale, ma è grande per la sua capacità di costruire riferimenti valoriali che attengono all'etica delle relazioni e degli affetti . Coniugare autonomia e dipendenza, relazionalità e individualità sono le strategie che la tradizione ha silenziosamente perseguito a Napoli e che assumono validità paradigmatica per una società globale e post-moderna. Molti i nodi da sciogliere. 4 P. MACRY, Bassolino per esempio. I piccoli passi di Napoli, in: Il Mulino , Rivista bimestrale di Cultura e Politica, 2/98, pp. 341-352. 5 1n: Non potete massacrarmi Napoli, la cillà porosa (Velardi cur.) p. 163. Cfr. anche pp. 161-163.

111


Il primo risiede nel trovare strumenti sempre più effi caci per il supe ramento democratico della fun zione sociale dei mediatori ovvero trasparenza nelle procedure, accessibilità e efficienza nei servizi pubblici e nella risposta amministrativa: - A livello generale, nella mediazione tra strutture locali e governo centrale interventi nei gangli di transizione e redistribuzione delle risorse istituzionali. - A livello locale nel gestire una macchina comunale poco professionale e motivata, dove la burocratizzazione è stata per tradizione strumento di difesa di privilegi 6. - Superare anatemi ideologici contro l'impresa privata e connettere l'utilità privata con quella pubblica sono gli strumenti 7 per superare logiche assistenzialistiche e populiste i cui effetti si riscontrano nella inefficienza e invivibilità dell'intero siste ma. Quali misure per promuovere la costruzione di servizi alle famiglie e alle imprese? Quale strada e quali strumenti fornire alle potenzialità post-moderne della città? Come mantenere consenso sociale e attivare politiche efficaci per il lavoro? Come coniugare consenso, partecipazione ed efficienza decisionale? In particolare come garantire che i nuovi flussi di finanziamenti per progetti siano spesi con competenza ed efficacia e non ricadano anch'essi negli antichi percorsi redistributivi interni ed esterni del Comune che come affermava Ada Becchi nel 1994 s sacrificano ogni obiettivo di efficienza. I punti programmatici della Amministrazione comunale delle ultime due Giunte hanno un valore simbolico. In essi si esplica una progettualità complessa dell'intera vita urbana. La grande scommessa, forse possibile solo per i diversi poteri istituzionali attribuiti alla figura del sindaco, è che esiste un'attività di progettazione e valutazione degli interventi in termini di efficienza ed efficacia. Questa la grande risorsa. Il punto di forza. Se mantiene al di là d~ll'effetto sindaco, vuole dire un cambiamento storico per le genti del Sud. Mc Millan (1996) teorizza che il senso di comunità si sviluppa laddove esistono processi identitari, e senso di connessione unitamente alla fiducia 6 A. BECCHI, Napoli vista dal Comune, in: Meridiana, n. 21 , Settembre 1994, pp. 233-260. 7 P. MACRY, Alla ricerca della normalità, Napoli capitale europea, in: Micromega, 3/94, pp. 153- 161. 8 Ibidem, p. 241.

112


per il futuro e capacità di vedere soddi sfatti i propri bi sogni costruendone la realizzazione. Il lavoro della presente rice rca vuole essere strumento di governo, in questo senso è suo oggetto di interesse la formazione del senso di comunità nella città di Napoli; una riflessione sulle forme di connessione e appartenenza può aiutare a individuare risorse e punti forza in quelli che sono stati gli aspetti pi ù dete riori della vita della città negli ultimi anni e nei secoli. Nel parlare di senso di comunità credo che il recupero della memoria storica, la valorizzazione dei luoghi come spazi del tempo e l'educazione alla cultura della legalità devono essere un compito primario e fondante della scuola. In realtà numerosi segnali (video, pubblicazioni, opere cinematografiche e teatrali) danno il senso di un rinnovato interesse della città per se stessa e per le proprie risorse da sé misconosc iute. La scuola dell' obbligo deve essere protagonista della connessione della storia individuale con la storia locale che non può essere sussunta in quella della costruzione unitaria. In un'epoca di virtualizzazione globale e 'spaesamento' relazionale i programmi scolastici e le attività integrative possono essere strumento di identità e educazione al territorio offrendo anzitutto occasioni formative e conoscitive sulla storia dei luoghi. L'eredità storica e gli eroi in cui identificarsi sono fondamenti sui quali costruire l'identità presente e futura delle collettività. A ciò si unisce la necessità di individuare nuove forme di aggregazione o rivalorizzazione di quelle antiche per avere spazi collettivi che esprimino l'appartenenza alla comunità attraverso la cura del bello e la vivibilità; dove insomma la connessione nel negativo non sia il forte collante impotente della aggregazione sociale svolgendo fun zione di identità sociale e personale nella interrelazione sociale tra individui e tra individui e ambiente. Emblematica la vivibilità assunta dal centro storico a fronte di altre esperienze di riqualificazione c he giacciono abbandonate a ·se stesse, penso ad esempio alla differenza tra piazza Bellini e i giardini d i Tarsia dove è il

Damms. Oggi, la comunità napoletana sembra avere collettivamente ricostruito barlumi di riconoscimento della propria storia e identità passata. Manca la costruzione di pensabilità e progettualità positiva. Manca la capacità di credere in se stessa guardando verso il domani ; tale limite è di freno alla capacità di costruire e attivare progettualità sinergiche. Costruire progettualità, e fiducia che il domani segue a li' oggi sono la nuova tappa. 11 3


Nel èlelineare i diversi profili abbiamo dovuto verificare la mancanza di connessione e comunicazione tra i diversi sistemi istituzionali della città; la mancata abitudine al confronto e valulazione, la mancata abitudine a raccogliere flussi inrormativi per il controllo di gestione. Esistono pregevoli fonti di informazione, racchiuse in uffici separati, guide alla città accessibili di fatto solo agli addetti ai lavori. È pertanto difficoltoso far dialogare i dati disponibili tra loro, né essi sono facilmente utilizzabili come misura di verifica e valutazione delle linee d'intervento programmatiche per la gestione e promozione. Ci sembra così necessario che la città si doti di una banca dati che raccolga in forma sinergica e confrontabile tutti i dati utili a valutare il funzionamento del sistema città; ciò sia per l'amministratore c he svolge compiti di programmazione, gestione e valutazione, ma anche per la società civile e i suoi cittadini. Con questa indagine-intervento vogliamo poi lanciare l'invito all'ente locale di promuovere la cultura della cura dei luoghi collettivi attraverso microazioni di tutela degli stessi affidate a gruppi e associazioni di cittadini supportate da micro finanziamenti mirati. Piccole missioni di sviluppo urbano finalizzate a migliorare la vivibilità dei luoghi e che inneschino processi collettivi di pensabilità positiva e autoriconoscimento nel maggiore benessere ambientale, o almeno minor degrado urbano e sociale. La riappropriazione collettiva dei luoghi e la loro vivibilità dipende dalle modalità sociali di gestione degli stesse. Scopo iniziale era quello di individuare un'area di intervento problematica e significativamente emergente in cui collaborare con i suoi attori alla ricerca di strategie di programmazione e intervento. In relazione al perseguimento del presente obiettivo, la seconda parte del volume dà testimonianza della metodologia utilizzata, dei dati raccolti e degli obiettivi perseguiti.

114


PARTE SECONDA

Ricerca fase II.

I GIOVANI, LA CITTÀ E IL LAVORO C. Arcidiacono, F. Procentese, M. Sommantico, O. Isacco



I. I giovani e la città

Premessa

L'esigenza di attivare una ricerca finalizzata alla promozione di sviluppo, il più possibile partecipata e utile per la città e coloro che vi partecipavano ci ha necessariamente condotto a scegliere un ambito prioritario d'intervento. Dalla elaborazione dei profili della città, dall'esame della stampa cittadina del 1° semestre 1997 e dalla discussione del gruppo di valutazione delle procedure si è ritenuto di rivolgere la seconda parte del lavoro all'area giovanile intesa come area di nuova povertà di cui fosse necessario meglio conoscere risorse e bisogni. Ciò al fine di restituire alle organizzazioni della città e alle autorità locali preposte alla amministrazione e programmazione economica e sociale indicazioni utili. Per quanto attiene l'elaborazione metodologica della ricerca consultare le pp. J 89 e segg. Qui di seguito si troveranno i materiali di lavoro riguardo alla condizione giovanile e alle risorse che la città offre.

l. I giovani Levi e Schmitt ( 1994) ritengono che la condizione giovanile sia legata, in misura decisamente maggiore di quella delle altre età in cui si articola lungo l'asse del tempo la vita delle persone, ad una costruzione sociale e culturale. «Essere giovani rappresenta una grave metafora sociale, attraverso cui

vengono offerte occasioni e risorse di identificazione sempre più difficilmente rintracciabili nei consueti luoghi della vita sociale, come la famiglia, la scuola, la parrocchia» 1. M.G. Mauger ha ricordato al X Colloquio criminologico del Consiglio d'Europa, attraverso lo «statuto» sociale del giovane adulto, che la «gioventù» si trova in una condizione di indeterminazione, professionale e matriI

In:

RANCI

C., Nis, Roma, 1994. 117


moniale. L' usc ita dalla famiglia di origine, che permette di sottrarsi agli obblighi che essa impone, non sempre coinc ide, tuttavia, con la realizzazione di una propria famiglia di procreazione. Ciò invita i giovan i a vivere la giovinezza come tempo di li bertà, a profittare della giovinezza; ma a ciò si oppone sovente la mancanza di disponibilità economica; cosicché essa diventa anche l'età della delusione e del disincanto, che ingenerano inquietudine, angoscia, disperazione e rabbia. È tuttavia da osservare che i giovani italiani tra venti e trenta anni continuano a vivere prevalentemente in famiglia e gli studiosi della famig lia (Scabini 1998) hanno coniato nuove espressioni per definire il fenomeno : famiglia lunga, giovani adulti, ecc. La famiglia che uccide seppellita dalla contestazione degli anni '70 è stata negli anni '90 sorprendentemente rimpiazzata dalla fam iglia lunga che accoglie e tutela. Tale fenomeno non è esclusivamente italiano ma trova più ampia diffusione nei paesi mediterranei (Italia, Spagna, Portogallo) e in paesi di tradizione non anglosassone quali Lussemburgo e Francia. (Cfr. Tav. I ). TAVOLA

I.

Dati o/o

Italia Belgio Danimarca Grecia Spagna Francia Irlanda Lussemburgo Paesi Bassi Austria Portogallo Finlandia Regno Unito

Vìvono con i genitori

Dipendono da famiglia

20-24 anni

25-29 anni

20-29 anni

87 68 55

56 24 21 49 59 17 34 34

67,6 48,0 18,7 50,9 62,4 47,8 38,0 58,0

12

32,6

30 49 9 17

41,0 50,7 40,6 17,3

72

89 52 64 69 47 65 82 29 47

Fonte: Il Sole 24 Ore, giovedì 9 Luglio 1988.

Sono importanti le specificazioni emerse in questi ultimi anni riguardo il crescere di una forte «casualità soggettiva» nel vissuto giovanile che è messa in evidenza anche dalla stessa definizione del disagio che danno Neresini e 118


Ranci: «esso è la manifestazione presso le nuove generazioni delle difficoltà di assolvere ai compiti evolutivi che vengono loro richiesti dal contesto sociale per il conseguimento dell ' identità personale e per l'acqui sizione delle abil ità necessarie alla soddisfacente gestione delle relazioni quotidiane». Proprio a questo proposito Garelli in / giovani della vita quotidiana del 1984 identificava il di sagio nell'incapacità dei giovani di trovare una soluzione soddisfacente, per l'identità personale, della contraddizione esistente tra tale centralità soggettiva e la marginalità oggettiva che connota la vita dei giovani. Cioè Garelli sostiene che il disagio sia dovuto ad una specie di dissonanza cognitiva tra ciò che i giovani percepiscono come possibile e ciò che percepiscono come radicalmente negato dalla società. Con tale concetto viene quindi introdotta l' importante variabile interveniente del controllo sociale, esercitato soprattutto dalle istituzioni che presiedono ai percorsi che portano i giovani verso l'età adulta (famiglia, scuola, lavoro). Tale conflitto investe sia le agenzie primarie di socializzazione (scuola-famiglia) che il mondo esterno: esso diventa «interno» rispetto agli stessi agenti di socializzazione, che dichiarano di assumere dei valori e poi li contraddicono nei fatti; la complessità rischia, dunque, per un giovane, di essere irriducibile. Ciò da luogo ad una conflittualità che i giovani non riescono ad elaborare correttamente, soprattutto se non trovano nel rapporto con l'adulto criteri di valutazione utilizzabili per ridurre la complessità, possono essere portati a scegliere soluzioni radicali che tagliano nettamente il conflitto 2. Dalla IV indagine IARD (1996) si evince, inoltre, una crescente insoddisfazione nei giovani, collegata ad una serie diversificata di cause che articolano in vario modo la natura del disagio sottostante; abbiamo così un disagio psicologico, un disagio relazionale, un disagio ambientale, un disagio sociale. La massima insoddisfazione la si riscontra nella valutazione delle condizioni generali di vita in Italia, per diminuire drasticamente passando ai rapporti del proprio immediato intorno sociale (la famiglia, l'amicizia, gli altri giovani) . Aspetto non meno importante è quello caratterizzato dagli elementi della società complessa che tendono a creare disagio nei giovani : inteso come incapacità a vivere nella complessità cioè a sostenere il peso della precarietà insito nell'eccessiva flessibilità dei percorsi, delle scelte, ecc. La società così intesa è caratterizzata soprattutto da un pluralismo accentuato; in essa il processo della divisione del lavoro, l'articolazione, specificità e specializzazione degli elementi strutturali e culturali che la compon2G. DE LEO et. al., 1992.

119


gono è particolarmente intenso e per questo tende a sfuggire al controllo sociale. È soprattutto una società policentrica a scarsa legittimazione sociale (Rusconi G.E., 1979). La società complessa quindi si presenta come una rete di rapporti sociali piuttosto allentati, entro cui essi perdono progressivamente specificità a favore di una diffusa plasticità e provvisorietà delle appartenenze, dei punti di riferimento e sistemi di valore. Un'interpretazione interessante della società complessa viene data da Rosita, Ricolfi e Scialla che si ricollegano al concetto di «eccedenza di opportunità» intesa come scarto tra i percorsi teoricamente possibili e quelli realisticamente praticabili. I giovani si trovano di fronte ad una contraddizione palese tra le promesse che la società emette nei loro confronti e le risorse che mette a loro disposizione 3. Proprio dal precedente rapporto IARD sembra emergere una maggior problematicità nelle regioni meridionali; un grado di malessere e di insoddisfazione complessiva riguardo alla percezione dei giovani della «quality of !ife». Stato d'animo che sembra aumentare con la consapevolezza delle scarse possibilità di riuscita e dello spreco della potenzialità a causa della condizione di dipendenza familiare e di difficoltà occupazionale diffusa 4. Roberto Moscati individua due ulteriori ragioni: I. Perché si è sottoposti a molte tensioni generali che spingono verso modelli di vita nuovi o, per contro, verso un ritorno a modelli tradizionali; il che provoca insicurezza su cosa sia giusto perseguire. 2. filtrati dalla cultura locale, modelli di comportamento indotto possono assumere significati opposti a quelli originali. 2. Giovani e lavoro L'ingresso nel mondo del lavoro e della scelta dell'occupazione risentono spesso del processo selettivo di mercato, con conseguenze pratiche di ipersfruttamento (economico e professionale) e risvolti simbolici sull'identità del giovane che vede negate le proprie attitudini e le effettive esigenze di apprendistato 5 • È inoltre sempre più elevata la percentuale di chi vi entra da minore, con evidenti conseguenze di stagnazione in aree sottoccupate e difficile acquisizione delle competenze specialistiche richieste dal mercato 6_ Jp_ Rosrn, 1982; L. R1COLFI et. al., 1980. 4JARD, 1983 . 5 G. SARCHIELLI, 1972; G. LUTIE, 1987. 6

120

A. CAVALLI , A. DE LILLO, [988.


TAVOLA

2. Tra11sizione dal ruolo di

Jtr1de111e

9 "

37 con licenza obbligu età media: 14 anni

~

~ ~-

16 trovano

_____

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ò0

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,::P~t dopo 5 anni ~ d1 lavoro

dopoSanni ~ di lavoro

. 1$

o

23 stabili età media: 20 anni ~~~~

14 precari età media: 20~ anni

20 stabili età media: 21]1 anni .______.

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34 con diploma maturità o laurea età media: 18~ anni

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età o_s-ta-b-ile-' media· L l-a-vo_r_ 17 anni

1~

Forza-lavoro professionale età media: .__ 16 ~ anni

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29

1-2 anni superiori o diploma

dopo 6 anni d1 lavoro

-

lavoro precario / età media. "'"', 15)1 anni

'

100

20 trovano lavoro stabile eta media· 15 anni

1------------'

1

a quello di lavoratore

13 trovano òoç0 9 precari lavoro precario / età media: età media: dopo 4 anni ~ 21 anni 17 ~ anni di lavoro

18 trovano lavoro stabile età media: 19 Xi anni

16 trovano lavoro precario età media: 20 anni -

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20 stabili età media:

22 anni .______.

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14 precari età media: dopo 2.)1 anni di lavoro ~ 21~ anni

Fonte: Ncresini e Ranci (1994)

Sempre più spesso i giovani si affidano a lavoretti saltuari e precari a causa della difficoltà a trovare lavori stabili. Molte di queste esperienze non risultano formative e, quindi, sempre più spesso i giovani rischiano di cadere nel circolo vizioso dei lavoretti instabili e privi di contenuti qualificanti. Inoltre, i «lavoretti» non possono mutare la condizione personale dei giovani, che restano privi della maturità e della responsabilità familiare; in poche parole non forniscono un'adeguata socializzazione al lavoro organizzato. Di ipotesi al riguardo se ne sono formulate tante, una di queste per spiegare la maggior vulnerabilità dei giovani è che essa è dovuta allo sfasamento qualitativo tra le esigenze della domanda di lavoro da un lato e le capacità e le aspirazioni dei giovani dall'altro. Quindi in una tale condizione è opinione 121


comune che uno dei passaggi più delicati della vita di un giovane sia rappresentato dalla transizione dal ruolo di studente a quello di lavoratore. A tal proposito la Tavola 2 mostra chiaramente tre percorsi principali di tale trans izione. Il primo percorso rappresenta il giovane che lascia precocemente il sistema formativo e che cerca ancora giovanissimo uno sbocco lavorativo. Più della metà di questi giovani trova un lavoro stabile all' età media di 15 anni mentre gli altri restano coinvolti nei circuiti della precarietà. Il secondo percorso prevede una permanenza un po' più lunga nel sistema formativo, sino all'ottenimento di un diploma professionale oppure fino all'abbandono dell'istituto superiore frequentato. L'età di ingresso nel mercato del lavoro si colloca intorno ai 16-17 anni. Anche in questo caso il 55% trova un'occupazione stabile. Il terzo percorso riguarda giovani che possiedono un diploma di scuola superiore o una laurea. Anche per loro lo sbocco sul mercato del lavoro è difficile. Metà dei diplomati trova solo occupazioni instabili. Dopo tre anni di lavoro saltuari, soltanto il 12% ottiene un'occupazione stabile. Nel complesso, dunque, il 37% dei giovani che svolgono un lavoro entro il ventiquattresimo anno di età sperimenta un periodo di difficoltà occupazionali, destinato a prolungarsi per diversi anni 1_ Si può notare, quindi, come anche nell'area lavorativa, il malessere e la marginalità dei giovani si configurino come un universo articolato in cui convivono situazioni di vita e percorsi di esclusione assai diversificati. La precarietà lavorativa assume, a seconda del percorso formativo, significati diversi che possono o meno far sperimentare al giovane l'impossibilità di realizzare aspettative e desideri. Si tratta quindi di situazioni non omogenee che possono dar vita a forme diverse di disagi. 2.1. Politiche per l'occupazione giovanile in Italia L'Italia è sicuramente uno dei paesi in cui si sente maggiormente il peso

della disoccupazione che si accentua quando si tiene conto delle diverse ltalie che compongono la nostra Nazione (mi riferisco soprattutto alla diversità tra Nord e Sud). Soprattutto a partire dagli anni settanta, in seguito all'aumento massiccio dell'inoccupazione giovanile, si inizia a registrare nel nostro paese una crescente attenzione verso questa tematica da parte dell'istituzione pubblica.

7 F. NERESINI

122

et. al., 1994.


L'iniziativa trova il suo primo strnmento attuativo nella promulgazione della legge n. 285 del l 977 che prevede una serie di incentivi per l' occupazione giovanile 8. In realtà, come diversi osservatori hanno segnalatoY, la logica di questo intervento consiste, in sostanza, nel delegare ai soggetti economici - alle imprese e alle categorie economiche - la responsabilità diretta di affrontare il problema. Proprio l'inefficacia dell'intervento legislativo stimola, a partire dagli anni ottanta, l'attivismo e l'iniziativa degli enti locali a sviluppare proprie strategie a favore dell'occupazione. In questa logica gli interventi sono disposti in modo da evitare la delineazione di percorsi precostituiti o eccessivamente rigidi di professionalizzazione, quanto di offrire supporti e stimoli perché il giovane elabori una propria strategia professionale, adeguata alle sue aspettative e alle risorse disponibili 10. In questi anni ha continuato a svilupparsi una politica del lavoro, sono stati varati, infatti, diversi decreti, che hanno dato avvio alle politiche per il lavoro, non solo a livello nazionale ma anche regionale. Molte di queste politiche si rivolgono soprattutto ai giovani. Il processo di decentramento amministrativo, avviato con la legge Bassanini, che prevede il conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle Regioni e agli Enti locali, apre una delicata e complessa fase di riforma delle funzioni di governo e gestione del mercato del lavoro che, accanto al trasferimento di funzioni all'Ente regionale, vede la conclusione del monopolio pubblico e del collocamento con l'apertura ai privati delle attività di intermediazione di manodopera. Il conferimento delle deleghe in materia di lavoro alle Regioni (19-121998), segna un'importante svolta rispetto alle modalità di gestione del mercato del lavoro che vanno a caratterizzarsi sempre più con un forte livello di integrazione con il territorio che rappresenta il livello più appropriato di progettazione, promozione e gestione delle politiche attive del lavoro.

Il Decreto legislativo si limita a fissare criteri generali di indirizzo per quanto riguarda il nuovo assetto, rimandando alle leggi regionali il compito di individuare e definire le modalità organizzative più idonee al raggiungimento degli obiettivi e al rispetto dei principi e dei criteri guida propri delle deleghe. et. al., 1994. 1986. IO F. NERESINI et al., 1994.

8 F. NERESINI 9

M.

POGGIALI,

123


TAVOLA

3. Principali leggi per l'occupazione giovanile Requisiti

Bm:lici

Istituzioni minrulre

Dur.ita dei lxncfici

Numcrodi lavorai. coimolti

I. Politiche per l'occupazione lno:nlivi finanziari al Disoccupati iscrini al- Contributo finanziario lavoro aulonomo l'Uflicio di Colloca· non superiore ai 50 (Pre.lli/11 d'Onore) mento. residenti d., al- milioni (fino a .10 ml a meno 6 nl<!si in una fondo perdu10. fino a regione del Mcuo- 20 ml a pr.:s1i10 agegiomo (Regioni Obiet· volato di 5 anni) livo I e altre an,'I: con alla disoccupazione), da 15 anni in su (in ogni caso il 65\l; dei pruponenli ha meoo di 29 anni) Incentivi fiscali

a) giovani fino a 32 anni b) lavoratori in CIG o in mobilità o in prepensionamento c) disoccupati iscritti da almeno 2 anni ali' Uflicio di Collocamento d) disabili

La Società per rlm- 5 anni ~nditoria Gio,·anile S.p.A. ha il <'Ompito di valutare i pmgetti, di finan,jarli e di fornire la necl'Ssaria a~~istenza tecnica

Alla fine ckl 1997. sono state presc:inate 38(00 donunò: e 9(00 hanno prestato resarne di ammissione

a) sgravio fiscale per Ministero delle Fi- 3 anni (5 anni n.d. coloro che hanno i re- nanu: per le Regioni quisiti e vogliono avObiettivo I) viare un'attività di lavoru autonomo. b) una riduzione fiscale pari al 25%del salario p.:r le impr~ artigiane e non, le cooperative e le associazioni professionali che assumono lavoratori con i requisiti

lnc-enti,i finanziari Giovani di età com- Contributo finanziario per l'imprenditoria presa tra i 18 e i 35 al capitale iniziale, al giovanile anni credito e alle spese di esercizio, per le imprese e coop.:rati1-e composte esclusivamente o in maggioranza da giovani con i requisiti

La Società per l'imprenditoria Giovanile S.p.A. ha il compito di valutare i pmgeui, di finanziarli, di fornire la necessaria assistenza tecnica e di formare i giovani imprenditori

10 anni p.:r il credito agevolato, J anni per la spesa di esercizio

80 milianli di L. per 2(00 prog<1ti nd 1997, ICOO miliardi per 2SOO pmgetti nd 1998

Benefici automatici

Fino a Gennaio 3109 milioni in· '97, sono stati vestiti, 1831 dicoinvolti 29818 stribuiti lavoratori

2. Contratti per la flessibilità Contralti di solidarietà a) giovani in cerca di Fiscalizzazione degli Conu-atti di pan-tirn: prima occupazione re- oneri sociali per i dasidenti nel Maz.ogior. tori di lavoro no (Regioni Obiettivo

La contrattazione col· Senza limiti lettiva definisre i limiti di applicazione dei contralti

4CXXXXI nel 1995 Benefici auto-

matici

I)

b) lavoratori licenziati e) lavoratori anziani in pensionamento

Segue 124


segue:

TAVOLA

3.

Requiiit,

Benefici

Istituzioni coinvolte

Contrnni di apprendi- Giovani di 14-20 anni stato !fino a 29 anni in alcuni casi) Con la legge Treu i limiti di età diventano 16-24 (fino a 26 nelle regioni dd M~.zo-

Fiscalizznione degli oneri sociali e salari ridotti per i datori di Javorn (gli artigiani sono maggiorm~nll! fal"oriti l

Durala dei bendìci

Nun-~ro <li

Spesa

lavorat. rninrolti

La contr.illazione col- 2 anni O anni ).5 milioni di Benefici autole11iva defi nisce le ca· con la legge contratti in IO matici ralleristiche ddla for. Treu) anni mazione e la commissionc Regionale per l' impiego app~wa ' singoli progetti

giorno)

Contratti di Fonna- Giovani fino a 29 anni Fiscalizzazione degli Contrattazione colk:J- Da 18 mesi a 5 2S0.00l in me- Bencfici autozione e Lavorn (32 dal 1994) oneri sociali (in mi- tiva anm dia negli ultimi maticì ~

=ili~~~~ gioni ~ settori) per i

datori <li lavoro

3. Politiche dell'offerta Programmi di fonnazione e accesso al lavoro per i giovani a) Lavori Socialmente Utili b) Programmi di formazione e) Formazione "out tht: job" e stages professionali

Giovani di 19-32 anni (fino a 35 anni per i disoccupati iscritti nelle liste di Collocamento da almeno 2 anni) residenti nelle aree con alta disoccupazione

Contributo di 7500 lire per ora (per un massimo di 80 ore mensili). li contributo è per metà acarico del datore di lavoro e per l'altra metà, più le ore di formazione, a carico del Fondo Nazionale per la Riduzione della Disoccupazione

Ministero del Lavoro, I anno Regioni, Commissione Regionale per l'impiego

n.d.

Programma straordinario per i giovani disoccupati residenti nel Mezzogiorno a) Lavori Socialmente Utili b) Borse <li studio per stages professionali e fonnazione "on lhe

Giovani di 19-32 anni (fino a 35 anni per i disoccupati iscritti nelle liste di Collocamento da ahreno 30 mesi) residenti nelle aree con alla disoccupazione

Contributo di 7500 lire per ora (per un massimo di 80 on: mensili).

Ministero del Lavoro, I anno Regioni, Commissione Regionale per l'impiego

Fino alla fine 100 miliardi per del 1997 k do- il biennio 1997mande da parte 98 dei datori di lavoro sono state oltre 100 mila

n.d.

job"

Lavori Socialmenlc a) Lavoralori in mobi- Contributo di 7500 Minist,ro del Lavoro Non superiore fino alla fine Fondo NazionaUtili

lità lire per ora (per un appro1~ i progetti na- al periodo di del 1996 sono b) Lavoratori in CIG massimo di 80 ore zionali. La Commis- mobilità o di si.lii coinvolti c) Giovani di [9-32 mensili). sione Regionale per CIG 90 mila lavoraanni (fino a 35 anni l'impiego approva i tori per i disoccupati di progetti regionali. I lunga durata) progetti sono svolti da società private pubbliche o miste

le per la Riduzione della Disoccupazione e finanziamenti aggiuntivi da parte delle Regioni

Fonte: Floro E. Caroleo, F. Mazzotta, Youch unemploymelll and Youth employment policies in ltaly, ILO, Ginevra, I 999.

125


L'alto grado di autonomia lasciato alle Regioni ri sponde certamente ai principi ispiratori della forma che vedono nel decentramento la possibilità di gestire e governare il mercato del lavoro con forte aderenza alle specificità dei contesti locali, ma può rappresentare anche un elemento di criticità per quei contesti ne i quali ad un elevato squ ilibrio nel mercato del lavoro si associa una forte arretratezza nella efficienza delle strutture esistenti. È così interessante elencare le forme di provvedimenti legislativi a carattere generale presenti per i giovani . Nonché elencare i provvedimenti legislativi a carattere nazionale (v. Tav. 3) da intendersi come risorsa per la popolazione giovani le. 2.2. Giovani, lavoro e Napoli Dai profili della città di Napoli emerge l'area lavorativa come il settore in cui i giovani sono maggiormente penalizzati. La circoscrizione di Napoli, poi, è quella che presenta un peso del ben 22% di iscritti al collocamento in Ia classe B (in cerca di prima occupazione), cioè i soggetti potenzialmente destinatari di uno dei maggior provvedimenti contenuti nel «Piano straordinario per l'occupazione giovanile» cioè le borse di lavoro. I «dispositivi d'incentivo all'occupazione giovanile hanno visto nella nostra provincia, nel corso del 1998, circa 6.500 giovani assunti con contratto di formazione e lavoro 11 e 3.400 con contratto di apprendistato, poche centinaia occupati in attività autonome con il prestito d'onore, 3.600 avviati temporaneamente ne i piani d'inserimento professionale 12, 8500 inseriti con le borse di lavoro. Raggiungiamo la cifra di circa 22 mila giovani la maggior parte dei quali (borse, pip, prestiti d'onore) quasi interamente fianziati con fondi pubblici. Il costo di questi interventi, stimato con approssimazione per 11 Per quanto riguarda i contratti di fonnazione e lavoro, nella provincia di Napoli questi hanno riguardato per il 32,3% donne, si sono rivolti soprattutto a giovani tra i 25 e 32 anni (il 55,8%), per il 38,9% in età 19-24 anni, per il 5,3% i più giovani, in età 15-1 8 anni. La composizione professionale mostra che questo tipo di contratto è utilizzato soprattutto per reclutare giovani poco sco larizzali (i l 61,2%) e qualifiche operaie (il 65,7%). I diplomati avviati con questo tipo di contratto sono solo il 35%. Larghissima parte dei contratti interessano il settore terziatio (6 1%) e solo il 39% l'industria. 12 Per quanto riguarda i piani di inserimento professionale la composizione del dato regionale, riferito a 6754 giovani assegnali nel 1998, mostra che questi hanno riguardato per il 36,7% donne, per il 74 giovani con età 25-35 anni, per il 25% giovani in età 19-24 anni. I piani di inserimento si sono concentrati in quegli spazi non coperti dalle borse di lavoro, interessando pe la maggior parte studi professionali, attività commerciali e artigianali , piccole imprese.

126


eccesso, senza considerare ad esempio che iI costo dovuto per la copertura contributiva è più basso per le assunzioni in imprese che già fruiscono della fiscalizzazione degli oneri sociali , può considerarsi nel complesso di poco superiore a 175 miliardi, come meglio specificato ne lla tabella seguente. TAVOLA

4. Inserimenti incentivati al lavoro a Napoli ( I 998)

Intervento

Prestiti d' onore

Cfl Apprendisti Borse di lavoro Piani di inserimento

Totale

Giovani

Costo w1ilario stimato

CoJ·to totale

489 6.523 3.461 8.521 3.683

60.000.000 5.600.000 4.200.000 9.600.000 4.060.000

29.340.000.000 36.528. 800.000 14.536.200.000 81.801.600.000 14.952.980.000

22.677

177.159.580.000

Pur dovendo constatare che le informazioni di cui si dispone sono molto parziali e riguardano solo alcuni degli strumenti utilizzati, e che mancano ancora gli elementi per una valutazione di efficacia dei dispositivi, si può ritenere che nel complesso la spesa per il sostegno all'occupazione giovanile sia molto contenuta, sia, come si è visto, in termini di costo unitario annuo per disoccupato (7 .800.000), se raffrontata ad esempio al costo minimo di un reddito passivo di sostegno, sia, soprattutto, in rapporto al numero dei giovani disoccupati della provincia. I giovani raggiunti da dispositivi di aiuto all'inserimento lavorativo sarebbero pari a circa il 12% della popolazione in età 14-29 disoccupata stimabile sulla base delle rilevazioni dell'Istat e al 7% della popolazione giovane iscritta al collocamento. Ai dati attuali di valutazione risulta altresì scarso il ricorso al lavoro interinale nel confronto con città di altre regioni d'Italia. Per puntare ad una politica attiva di sostegno all'occupazione giovanile e ad un

obiettivo di consistente riduzione della durata e della quantità della disoccupazione giovanile si dovrebbero affiancare a politiche di sviluppo azioni più decise e incisive che vedano innalzate queste esigue quote di inserimenti considerando che il loro costo non è tale da determinare un aggravio eccessivo per il bilancio dello Stato D». Gli imprenditori meridionali denunciano la carenza dei profili professionali che non riescono a reperire sul mercato. 13 AA .VV., Verso il 2000, Idee e programmi dei Ds, Conferenza programmatica napoletana, Napoli 8-10 aprile '99, Federazione Provinciale Napoli Ds, stampa in proprio, 1999.

127


In Campania per il Piano formazione '94-'99 sono stati stanziati 825 miliardi ma i fondi continuano ad essere parzialmente utilizzati solo per qualifiche generiche, il più delle volte non spendibili da parte di chi cerca lavoro. TAVOLA

5. Fonnazione e lavori socialmente utili - Campania

Corsi

825 miliardi per il piano formazione '94-95 115 miliardi Jìnora spesi 42.406 4.912 60 341 200

domande di accesso ai corsi nell'ullimo piano annuale i posti disponibili per l'ultimo anno per cento di corsi affidati a privati scuole prvate di formazione in Campania scuole a Napoli

LSU 120 mila sono i lavoratori socialmente utili in Italia 30 mila in Campania 17 mila nella provincia di Napoli Fonte: La Repubblica, martedì 8 agosto 1998

La situazione dei giovani appare così mantenere precario il vivere quotidiano della città e, aprire le porte ai giovani ad un lavoro non regolare 14_ È quindi evidente che, in una tale situazione, il grado di malessere e di insoddisfazione complessiva riguardo alla «qualità della vita» è relativamente alto. Da studi condotti sul territorio nazionale (l stat, 1991) sembra emergere il dato che tale crisi sarebbe causata dalla resistenze dei giovani a declassare le proprie aspettative lavorative. Se questo è vero in riferimento ai giovani italiani, è smentito però dallo studio condotto dall'Istituto IARD sui giovani napoletani. Questi, infatti, sarebbero propensi ad accettare qualsiasi tipo di lavoro senza troppe aspettative.

Emerge un giovane napoletano non sfiduciato o rinunciatario nei confronti della vita. Sembrano meno propensi a farsi delle illusioni; c'è un declino delle aspettative legate al futuro personale: né mito dell'industrializzazione, né emigrazione, né speranze troppo ingenue di carriera e successo. Sembrano essere più rivolti versi il qui ed ora e ad accettare dei lavori disponibili.

14 Agenzia

128

per l' Impiego della Campania, Napoli , 1997.


La difficoltà del vivere quotidiano del giovane napoletano poi sembra dettata dal fatto che essi si trovano sottoposti a molte tensioni che spingono verso la realizzazione di modelli di vita del tutto nuovi rispetto a quelli tradizionali , o, per contro, verso il ritorno a modelli tradizionali ma senza la sicurezza che essi sono gli unici o comunque quelli giusti. Quindi molti modelli di comportamenti indotti possono assumere significati opposti a quelli originali (e creare ulteriori modelli di incertezza) perché filtrati dalla cultura locale 15. Napoli, inoltre, è una realtà particolare nel Mezzogiorno. Il ritardo nell'acquisire l'indipendenza economica dalla famiglia rischia di bloccare lo sviluppo psicosociale dei giovani, prolungando oltre ogni limite la fase dell'adolescenza. La vana attesa del primo lavoro potrebbe avere conseguenze sul processo di costruzione dell 'identità personale particolarmente gravi per i giovani maschi, poiché su essi si esercitano maggiori pressioni da parte delle famiglie perché assumano ruoli lavorativi. La causa del grave disagio giovanile non sta tanto nell'assenza di lavoro, quanto piuttosto nella situazione di insicurezza che impedisce qualunque progetto di carriera professionale. La situazione napoletana, proprio a causa di questa difficoltà di ingresso nel mercato del lavoro e il conseguente allungamento dei tempi di ricerca, determina nella struttura occupazionale della regione un processo di «invecchiamento» che procura effetti negativi. Al problema generazionale poi deve essere affiancato quello della scarsa qualificazione sia dei giovani sia, nel complesso, di tutta la forza lavoro che è caratterizzata mediamente dal possesso di titoli di studio più bassi di quanto non accada nel resto del paese, invertendo quella che era da tempo considerata una peculiarità meridionale 16. Il disagio giovanile a Napoli, inoltre, assume delle caratteristiche peculiari anche in virtù del fatto ç:he è molto spesso espressione di un'infanzia caratterizzata da lavoro nero e sfruttamento minorile. Anche L. Meldolesi è d' accordo nel ritenere che ci sia una grande contraddizione tra le aspirazioni dei giovani e la situazione in questa economia la quale produce essenzialmente piccole imprese con molto sommerso, che egli definisce: «zone grigie». Il settore emerso, soprattutto quello in cui c 'è la domanda, del desiderato posto pubblico; il posto che hanno le imprese è molto limitato e purtroppo tende a ridursi. D'altra parte egli stesso ritiene

1996, pp. 67-79. per l'Impiego della Campania, 1997.

15E. MINGIONE, Inchiesta, 16 Agenzia

129


che: «per comprendere più a fondo l' intera problematica della disoccupazione giovanile, sia necessario abbandonare la concezione "orizzontalista" del mercato del lavoro che, forse per ragioni storiche (Meldolesi, I 987), prevale nella teoria economica e accedere a un punto di vista "più complesso" basato sulle diversità tecniche ed economico-sociali dei vari lavori».

3. La famiglia: giovani e problematiche di dipendenza*

La difficoltà di questi giovani 11 ad organizzarsi nei confronti della realtà sociale, per utilizzare le risorse che pure tale realtà obiettivamente offre loro, emerge insieme al forte legame con le proprie famiglie che essi dichiarano. In particolare colpisce il continuo ripetere «Napoli offre poco», il che denuncia una assenza di infonnazione e conoscenza delle opportunità., unita ad una difficoltà progettuale; parimenti si è sorpresi dalla dichiarata difficoltà/ impossibilità progettuale a programmare una separazione per rintracciare occasioni di lavoro che richiedano un allontanamento dalla famiglia: «la madre morirebbe per una loro partenza ed anche loro». La famiglia sembra quindi avere un significato pregnante di riferimento anche per soggetti che dovrebbero essere usciti, per età cronologica, da rapporti stretti di dipendenza. Le due caratteristiche di questo gruppo di giovani evoca i lontani discorsi degli anni '60 in cui si insisteva sul significato peculiare della famiglia del Sud per i suoi membri, in particolare evidenziando un fenomeno: il «familismo morale», peculiare a questa struttura, incapace di relazionarsi con modalità trasformative con il gruppo sociale. Questo fenomeno si baserebbe sulla incapacità delle famiglie di questa regione ad «agire insieme per il bene comune», per un bene che vada al di là dell'interesse immediato del proprio nucleo familiare (Banfield, 1958), quello che mancherebbe sarebbe la capacità di «comportamenti associati» per migliorare la situazione economica nel gruppo sociale più allargato. In realtà quello che viene denunciato è «l'incapacità politica» che, per l'autore, non è da riferire né alla miseria, né alla ignoranza ma alla difficoltà ad avere fiducia in una azione collettiva, in uno spirito di gruppo. I rapporti tra genitori e figli sarebbero molto stretti e carichi di «repressione», ma privi di una educazione alla responsabilità e partecipazione. * Marisa

Sbandi ai dati della ricerca illustrati nei capitoli seguenti, intervento seminario di valutazione, febbraio 1999. 17 Commento

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Ancora negli anni '60, Iacono, presentando i risultati di una ricerca sul «carattere meridionale», afferma che il meridionale è caratterizzato da una scarsa motivazione al successo, preoccupato prevalentemente di piacere ed essere accettato, in una parola motivato all'affiliazione (lacono 1960). Colpisce che, a distanza di tanti anni, i dati della attuale ricerca sembrino ricordare le riflessioni di questi autori. I giovani intervistati nel 1998 presentano «impossibilità di organizzarsi nel sociale, per sfruttare risorse e progettare emancipazione ed una stretta dipendenza dalla famiglia, referente privilegiato». Lasciando da parte i problemi inerenti al deficit politico dei giovani intervistati, si desidera riflettere sulla loro relazione con la famiglia. Recenti studi sulla famiglia (Pontalti, 1997) insistono sulla «matrice familiare» come «sedimentazione» della storia e delle varie trame transgenerazionali, dei valori che vengono veicolati a livelli inconsci e che «nutrono» il bambino fin dalla nascita, modellando le sue strutture cognitive e affettive. Pontaldi sottolinea il significato fondante di tale «matrice familiare» per la strutturazione della identità, all ' interno di una rete di «reciprocità» che permette continue rielaborazioni della esperienza stessa, una apertura a nuove progettualità e continui scambi sia all'interno di una generazione (moglie, marito, fratelli) sia tra le generazioni (nonni, genitori, figli). Ma viene parallelamente sottolineata l'esigenza di confini, come strutture atte a definire ambiti di significato, rappresentazioni di Sé, degli altri, della storia familiare, della progettualità. La destrutturazione dei confini determina, infatti, confusione tra l'individuo, la famiglia, la storia passata, con difficoltà a rappresentarsi e progettarsi nel futuro. C'è diffusione di sentimenti, grossa emozionalità che spinge ad acting-aut, ma è carente la «democrazia degli affetti» (Pietropolli Charmet, 1987) nel senso di uno scambio simbolico tra partner paritetici. Quello che non si riesce a realizzare è uno scambio simbolico degli affetti che rende possibile uscire dal registro concreto nelle relazioni familiari (cosa che appare tanto difficile ai giovani intervistati). All'interno di un approccio strettamente dinamico, appare utile ricordare il contributo di Donald Meltzer e Martha Harris (1983, 1986) che individuano nella famiglia quattro funzioni fondamentali: generare amore, infondere speranza, contenere la sofferenza depressiva e pensare. Laddove la funzione materna e paterna si articolano tra loro, si rintraccia una madre che «sopporta l'impatto delle proiezioni dei figli ed un padre che pone dei limiti», favorendo così l'identificazione con i «buoni genitori che collaborano insieme per proteggere e nutrire i bambini» il che determina la strutturazione dello «stato adulto della mente» che è correlato con _la possibilità di assu13 1


mersi responsabilità. Quando uno dei membri della coppia genitoriale prende il sopravvento (matriarcato o patriarcato) oppure i ruoli sono invertiti , i genitori svolgono funzioni di tipo «proiettivo», provocando odio, disperazione, ansia persecutoria e confusione: in questa s ituazione diviene difficile «pensare», divenire adulti. L' apprendimento che si realizza in questo tipo di famiglia è di tipo «imitativo», il che non determina una reale autonomia dall'oggetto. Ancora più precaria è la situazione in quelle famiglie caratterizzate da relazioni di tipo «parassitario» che determinano solo relazioni di sfruttamento reale o fantasticato. Situazioni precarie dal punto di vista familiare cau sano la difficoltà dei figli, sostengono gli autori , ad entrare in contatto con la realtà sociale, sia con persone reali, sia con gli «eroi culturali e storici» con cui pure il rapporto è proficuo sotto il profilo della progettualità. La inadeguatezza familiare rivela tutta la propria consistenza all'epoca dell'adolescenza dei figli, caratterizzata dalla «incertezza e la confusione» interno/esterno, adulto/infantile, buono/cattivo, maschile/femminile; incertezza che investe la propria identità corporea, il proprio «non e ssere da nessuna parte». Questo stato d'ansia si riflette sui processi di pensiero, perché pensare significa anche pensare e comprendere le differenze dei ruoli sessuali all'interno della coppia genitoriale. Se l'identificazione con la coppia buona genitoriale, con le sue peculiari differenze sessuali è portata a termine, l'adolescente si libera dalla propria ansia, sposta la dipendenza dalla coppia reale dei genitori alla coppia interiorizzata e realizza la propria identità sessuale, sviluppa la propria capacità di pensare. Se questo è in breve il processo che conduce dalla stato di identità simbiotica alla maturità giovanile, viene da riflettere che nei giovani intervistati deve essersi verificata qualche difficoltà nel processo di interiorizzazione e quindi simbolizzazione degli oggetti genitoriali, per cui persiste l'esigenza di un rapporto concreto, di una stretta vicinanza, tanto stretta da coprire ogni fantasia distruttiva che pure trapela dalla affermazione »se partissi, mia madre ne morirebbe e anch' io».

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II. La città e i giovani nelle parole dei testimoni privilegiati

In una procedura ad imbuto attraverso incontri successivi della équipe di ricerca permanente insieme con il comitato di audit e esperti della città si è progressivamente focalizzato l'obiettivo da raggiungere nel senso di area più significativa da esplorare, allo stesso tempo sono stati prescelti operatori, esperti, abitanti a cui per attività personale, professionale, lavorativa o culturale politica si potesse riconoscere una specifica competenza nell'area giovani in connessione con le problematiche del lavoro. Da un primo elenco di 70 figure chiave della città sono stati individuati quali testimoni privilegiati da intervistare i seguenti operatori ed «esperti grezzi»: ELENCO TESTIMONI PRIVILEGIATI Prof. Luca Meldolesi, ordinario di Economia politica, Università di Napoli Dott. Susy Veneziani, Agenzia per l'impiego Avv. Marinella De Nigris Siniscalchi, Onda Rosa - Centro di ascolto Dott. Claudio Riccio, Sportello Informa-giovani, Comune di Napoli Dott. Emiliano Venditti, Vice Presidente Cam (Centro aiuto al minore) Telefono Azzurro Doti. Simona Lionetto, Consulente formazione professionale Doti. Paolo Giannino, Giudice Tribunale per i Minori

Padre Giuseppe Reale, Presidente Fondazione Oltre Il Chiostro Giovanni Serritelli, Presidente Associazione culturale Simposium Carlo Cremona, Responsabile Giovani DS Giulia Frodella, Operatrice commerciale target giovanile Andrea Mariniello, Istruttore Palestra Dott. Carmen D'Ambrosio, MOVI (associaz. giovanile) Dott.ssa Bianca Lassandro, Commissario Capo, Ufficio minori Questura Napoli Dott. Macario Principe, psicologo, esperto devianza giovanile Doti. Davide Barba, presidente Arcigay Napoli 133


· Dott. Gianni Allademo, Com un e di Napol i, Dirigente Dipartimento politi<.:he giovanili Doll. Cosimo Varriale, psicologo Don Michele, Istituto educativo Don Guanella Doli. Nino Cosentino, Responsabile CUS Arc h. Giovanni Lai no, Presidente Assoc iazione quartieri spagnoli Dott. Rino Pastore, Il Pioppo, Psichiatra, Associazione Dott. Sergio D'Ange lo, Gesco-Campania Don. Di Santo, Imprenditorialità Giovanile Do tt. Cesare More no, Educatore, amministratore strutture educative Dott. Rita Felerico, Centro Orientamento Professionale Andrea Lepre, Pubbliche Re lazioni locali notturni

Le descrizioni della città e dei giovani che emergono dalle interviste sono state raggruppate per temi d'intervento e sono state analizzate col programma NUD.IST Q .S.R., secondo l'approccio della grounded theory, una metodologia di analisi qualitativa dei materiali testuali. Per l'analisi delle interviste effettuate sono state allora identificate 12 categorie generali (alcune delle quali contenenti delle sottocategorie) o aree di interesse, a partire dallo schema di strumento (intervista semi-strutturata) da noi approntato. Solo l'avere costante mente sottoposto a revisione il testo dell'intervista ci ha permesso di arrivare alla definizione di uno strumento che soddisfa vari criteri: - capire le percezioni soggettive del/i problema/i, il personale punto di vista sullo strutturarsi di quel/i problema/i (compresi fattori coagenti), il pensiero circa fattori di soluzione positiva dello/gli stesso/i (le risorse, personali e cittadine), ecc.; - raccogliere informazioni circa leader formali ed informali o sugli aggregati e su quelle persone che possono essere identificate come altri operatori chiave;

- comprendere la disponibilità dell'intervistato per una partecipazione alla ricerca-intervento, ossia capire a quale livello lo stesso vuole essere coinvolto. Le categorie sono così distinte: 5 relative ai giovani in generale (bisogni, punti di debolezza, punti di forza, valori (con la sottocategoria senso del tempo), senso di comunità (con le sottocategorie appartenenz~ empowerment, riconoscimento, connessione, confini)], 3 relative alla città di Napoli (risorse esistenti, proposte, risorse da attivare), 3 relative alla dimensione la134


vorativa nel mondo giovani le (doti e risorse, difficoltà, proposte), ed una che racchiude in sé la sintesi delle interviste (bisogni e risorse). I. I. GIOVANI - bisogni

Ad una prima analisi di quanto emerso dalle interviste degli informatori chiave rispetto alla categoria bisogni dei giovani di Napoli emerge chiaramente la difficoltà di identificare correttamente la «categoria giovani». Stando alle parole di alcuni degli intervistati, «la categoria giovani non esiste, ci sono secondo i vari gruppi sociali, secondo le varie estrazioni, i vari complessi territoriali, diverse condizioni giovanili»; «probabilmente a Napoli ci sono diverse categorie di giovani, con bisogni diversi forse solo genericamente accomunabili», o infine, «credo che in realtà non si possa parlare di giovani, ma di classi di giovani e probabilmente con bisogni estremamente diversi tra loro». Ma, superando questa iniziale difficoltà si arriva poi ad una forma di identificazione a partire dalle forme di rappresentazione esterna, dai codici verbali più o meno comuni e da oggetti «feticci» espressione un po' di tutti. A livello di bisogni la maggior parte degli intervistati sottolinea una percepita necessità di aggregazione che caratterizza la realtà giovanile napoletana, a fronte di grosse condizioni d'isolamento e di assenza di scambio ed interazione col resto dell'area territoriale. Al contempo è da alcuni evidenziato il bisogno espresso da più giovani di un ritorno al privato, inteso come recupero di una dimensione individuale, caratterizzata dalla valorizzazione dei sentimenti e degli affetti della persona; dimensione peraltro da mettere in comune in occasioni aggregative. L'ultima area in cui vengono identificati i bisogni dei giovani della città di Napoli è poi quella della formazione, o come dicono alcuni della «pre-formazione». Gli informatori chiave cioè avvertono la necessità da parte dei giovani di essere maggiormente formati per saper meglio far fronte alle difficoltà specifiche che incontrano nella loro attività, ma anche una più specifica formazione che li orienti, oltre la scuola del!' obbligo, ali ' auto-promozione, ali' auto-impiego, in un percorso che, rendendoli capaci di modificare la qualità della propria vita e di reagire al secolare stato di impotenza, li metta in grado di allargare le loro opportunità. È utile inoltre sottolineare come tale bisogno formativo sia avvertito dagli informatori chiave come bisogno di specializzazione concreta: i giovani vengono visti come aventi bisogno di un preciso orientamento nell'iter formativo, che si cali nella realtà lavorativa concreta e che permetta loro di scegliere sulla base di reali conoscenze pragmatiche, più che di percorsi ipotetici, derivanti maggiormente da conoscenze teoriche e, quindi, poco realistiche. 135


Ma forse riesce a connettere tutte le di verse aree identificate, il bisogno di informazione emergente dal contatto con i giovani stessi; informazione allora sia per quel che attiene dimensioni aggregative di tipo più ludico-ricreativo, ma anche per quel che attiene invece alla dimensione lavorativa, ai vari possibili percorsi d'inserimento e avviamento. E l'informazione, o meglio, i percorsi informativi, risultano nelle parole degli stessi informatori, estremamente criptati per il giovane. È come se fosse il processo stesso di circolazione e pubblicizzazione dell'informazione a dover essere rivisto e «corretto». L'inaccessibilità delle fonti, la «privatizzazione della notizia», assieme a meccanismi simili, s i costituiscono allora come i principali ostacoli per una reale fruizione estesa del!' informazione che le istituzioni, pubblica o private, detengono. 1.2. GIOVANI - punti di debolezza Sebbene anche per i punti di debolezza che caratterizzano i giovani di Napoli emerge una iniziale difficoltà a definire chiaramente una «categoria giovani», per cui si fa riferimento a differenti situazioni sociali e si auspica un maggior dialogo tra le stesse, nonché una risposta differenziata a problemi ed esigenze, viene comunque evidenziata come realtà problematica accomunante la dimensione lavorativa. Ciò che si sottolinea a gran voce è la difficoltà a collocarsi nel mondo del lavoro, con tutte le ripercussioni economiche, e a catena quelle psicosociali, che questo comporta. Una difficoltà che si fa derivare da un lato dal problema della disinformazione dei giovani e dall'altro da una realtà economica territoriale estremamente complessa. Un'altra difficoltà evidenziata dagli informatori chiave è, per il giovane, quella di costruire una propria identità forte anche fuoriuscendo da una logica familiare che incanali il giovane in percorsi predefiniti. Questo dato indica come siano sempr~ i valori «tradizionali», di appartenenza e sicurezza, valori che legano anche ad una cultura dell'astratto, del poco concreto che, se da un lato svolgono una funzione protettiva, dall'altro immobilizzano una serie di risorse forse altrimenti attivabili, a conferma di quanto emerge dal profilo demografico per quel che riguarda i fenomeni migratori. Un ultimo punto di debolezza evidenziato da alcuni è la mancanza di reali punti di riferimento politico-culturali. Con le parole di un intervistato: «l'assenza di un quadro di riferimento politico, cioè di una vera e propria domanda di valori e di ideali politici, intendendo con ciò categorie politiche ed anche partitiche, crea un'assenza di idealità che incide fortemente sulla capacità di modificare la qualità della vita, sulla capacità di richiedere il cambiamento, ingenerando uno stato d'impotenza». 136


1.3. GIOVANI - pullti di forza

Come per le categorie già analizzate, anche q ui si è ri scontrata una grossa difficoltà ad identificare chiaramente la «categoria giovani » da parte degli informatori chiave. Ma, dato ancor più interessante, è emersa in man iera molto precisa una difficoltà anche ad identificare specifiche risorse. È come se anche gli operatori intervistati mostrassero di essere in difficoltà nel mome nto in cui da una dimensione che si focalizza sui problemi, sulle mancanze, sui bisogni, si passi ad una dimensione più propositiva, che si focalizzi invece su i punti di forza dei giovani Napoletani. Non sono a llora i giovani solamente a vivere questa sensazione di immobilità, ma anche chi di loro si occupa. Emergono allora solo dei generici punti di forza quali la solidarietà, la voglia di occuparsi degli altri, come pure la naturale capacità di entrare in relazione, di rapportarsi. E quasi come a ripetere un luogo comune che da anni caratterizza il popolo napoletano, vengono sottolineate la scaltrezza, l'arguzia, ma anche l' intelligenza e la creatività dei giovani di Napoli, come punti di forza, risorse in grado di mobilitare energie apparentemente sopite dietro un velo di stasi. Anche la famiglia è da alcuni c itata come punto di forza, col suo ruolo accuditivo/protetti vo, sebbene con le riserve già precedentemente evidenziate, in relazione al suo negativo, alla sua tendenza morfostatica. 1.4.1. GIOVANI - senso di comunità - appartenenza

È questa forse la sottocategoria del Senso di comunità più controversa, stando a quanto e merge dalle interviste con gli operatori chiave. La prima dimensione dell'appartenenza è sicuramente indicata da tutti come quella familiare, con le sue incongruenze, peraltro segnalate in quasi tutte le categorie individuate. Una seconda dimensione dell'appartenenza è poi, a cavallo con la sottocategoria della Connessione, il rapporto interno al gruppo giovanile. Emerge, sinteticamente, una maggior difficoltà a riconoscersi in un gruppo, una mancanza di reali collanti tra i giovani, funzione ad esempio un tempo svolta in maniera maggiore dallo sport. Questo, pur mantenendo un suo forte potere di aggregazione, non è però in grado di garantire appartenenza. Il ruolo svolto dallo sport sembra oggi assunto maggiormente dai luoghi, spazi in cui s i viene a creare un 'appartenenza anche di zona. 1.4.2. GIOVANI - senso di comunità - empowerment Focalizzapdo il discorso sul potere che hanno i giovani di Napoli in termini di promozione attiva delle proprie istanze, ma anche in termini di influenzamento possibile degli eventi sociali (discorso strettamente legato a 137


quello che si farà per la successiva sottocategoria), la situazione che emerge stando alle parole degli operatori chiave è sicuramente complessa. Solo quei giovani che possiedono alcune caratteristiche basilari, identificabili nella capacità di procrastinare la soddisfazione dei bisogni, nella possibilità di contare su un nucleo d'appartenenza che, pur assolvendo alle funzioni di cura, sia in grado di svolgere per essi un ruolo propulsivo; solo quelli che nell 'appartenenza ad un gruppo di pari capace di condividere scopi e fini, solo tali giovani sono sostanzialmente in grado di rendersi promotori attivi e partecipi del proprio personale processo di crescita e sviluppo, con specifico riferimento all'inserimento nel mondo lavorativo. Rispetto ad una dimensione sociale più allargata, emerge da parte degli intervistati la convinzione che il giovane acquisisca potere contrattuale, quasi sempre solo se i suoi ideali, il suo bisogno di riconoscimento e la sua spinta creativa (così spesso citata dagli operatori) possono in qualche modo essere strumentalizzate dalla classe dirigente. In tal senso, allora, filo conduttore di tutte le sottocategorie, è l'emergere, nel rispetto delle diversità evidenziate come delle specifiche eccezioni, di un pensiero «adultocentrico>> che esprime da un lato la scarsa disponibilità ad ascoltare le reali istanze giovanili, dall'altro la difficoltà di identificarle e interpretarle. 1.4.3. GIOVANI - senso di comunità - riconoscimento Strettamente connessa alla precedente, questa sottocategoria ci parla chiaramente di più livelli. Allora ecco che per alcuni giovani il riconoscimento sociale interno alla città, ma anche esterno, è presente solo nei casi in cui «i giovani sono utili al potere, all'istituzione ... ». Emerge così la forte strumentalizzazione da parte della classe dirigente nei confronti dell' idealismo e dell'attivismo che caratterizza alcuni giovani della città. Il contraltare è invece l'attenzione focalizzata da parte degli operatori maggiormente impegnati proprio nel riconoscimento dei bisogni giovanili. Dall'altro è necessario parlare anche del riconoscimento che viene non solo dall'esterno, ma anche come dimensione interna del giovane di Napoli. Ecco che secondo alcuni operatori chiave il giovane della città di Napoli è un giovane che certamente si riconosce nella sua realtà, ma essenzialmente in senso negativo, processo peraltro speculare al riconoscimento di esso dall'esterno della città. Come si vedrà allora, anche a proposito della descrizione complessa del Senso di comunità, tutti gli stereotipi negativi sulla città e sui suoi abitanti garantiscono comunque un riconoscimento interno ed esterno, che possiamo però definire come riconoscimento in negativo, fondato e centrato sul negativo. 138


1.4.4. GIOVANI - senso di comunità - connessione Come emerso anche per la sottocategoria dell'Appartenenza, a fronte di una maggior difficoltà a riconoscersi in un gruppo, alcuni intervistati notano però ancora la presenza di forme aggregative che, mediate dai luoghi, si possono essenzialmente ricondurre a tre gruppi: I) i giovani che si riuniscono e credono ancora, sulla spinta di una condivisione d'ideali, di «sogni», progetti, di poter costruire assieme dei cambiamenti, tanto individuali quanto collettivi; 2) i giovani che si incontrano, riuniscono nella convinzione di «poter prendere dall'altro qualcosa di utile ... in un rapporto un po' di tipo utilitaristico, ma senza dare a ciò nessuna accezione negativa ... una sorta di condivisione di fini attraverso il confronto ... »; 3) infine, i giovani che si ritmiscono senza sapere il perché, che sono lì un po' per caso, uniti casomai dall'appartenenza ad un gruppo quasi precostituito. Dall'analisi degli intervistati emerge molto chiaramente come, se da un lato i primi sono quelli che spesso hanno maggior forza in termini di capacità di essere riconosciuti socialmente, d'influire sugli eventi sociali (come vedremo poi per la sottocategoria dell'Empowerment), rischiando però spesso la strumentalizzazione politica, sono i secondi quelli che hanno maggiori possibilità d' inserimento lavorativo; il loro condividere scopi e fini, unito al loro saper prendere dall'altro in termini di scambio di acquisizioni e di confronto critico, li rende capaci di riflessioni più critiche, di contare sulla forza di gruppo anche in termini di maggior capacità di progettazione e procrastinazione dei risultati. 1.4.5. GIOVANI - senso di comunità - confini Anche rispetto ai Confini il discorso deve necessariamente rifarsi sia ad una dimensione interna, sia ad una esterna. I giovani di Napoli sono caratterizzati sicuramente da una difficoltà a stabilire precisi confini, anche di tipo generazionale, internamente alla famiglia, nucleo fondamentale d'appartenenza; confini che segnino chiaramente le differenze tra le proprie ed altrui aspirazioni, permettendo così l'espressione delle proprie convinzioni, dei propri ideali, delle proprie scelte. E tale difficoltà a stabilire confini emerge anche ali' interno del gruppo dei pari, che spesso assolve solo ad una funzione massificante, non garante quindi di un'istanza di differenziaz10ne. Ma al discorso dei confini appartiene anche una dimensione più esterna che si riferisce al rapporto dei giovani di Napoli con i luoghi della città stessa. Confini quindi tra zone, quartieri, tra classi sociali; confini che se da 139


un lato permangono, identificando in alcune zone del la città l'apparte nenza al territorio di specifici gruppi sociali , in altre zone, specie quelle del centro storico, esprimono la necessità e la volontà di un maggior confronto, di un dialogo c he g li stessi giovani sentono come necessario. 1.5. GIOVANI - valori Rispetto alla dimensione dei valori dei giovani della città di Napoli, così come percepita dagli informatori c hiave, emergono sostanzialmente due aree tematiche: l' una di tipo più interpersonale, l'altra più pragmatica. Rispetto alla prima è evidenziabile la tendenza a vedere i giovani della città come capaci di una forte disponibilità al relazionarsi, sia in senso più strettamente personale (affetto, amicizia, legami familiari), sia in senso più esteso (solidarietà, aggregazione, ecc.). · La seconda dimensione invece fa riferimento ad una percezione di forza e pragmatismo dei giovani napoletani, avvertiti come determinati nella capacità di «inventarsi un po' l'esistenza». L'adattabilità a sihiazioni di grossa incertezza infatti non inge nera sempre arrendevolezza, quanto piuttosto un sentimento di rivalsa e costruzione del proprio futuro. Anche se è da sottolineare che il limite tra quanto percepito come proprio dei giovani e quanto desiderato dagli intervistati non sempre è chiaro. Sembra infatti a volte che questa dinamicità, oltre c he incontrarsi con un facile stereotipo sulla cultura napoletana, rappresenti il desiderio degli informatori c hiave nei confronti dei giovani stessi. Inoltre sebbene eme rga una dimensione di legame con il nucleo familiare, questo stesso è percepito come vincolante da alcuni intervistati. Infine, anche la forza evidenziata come caratteristica della gioventù napoletana è da alcuni informatori chiave percepita come «arma a doppio taglio». Da un lato spinge a creare, a diventare attivi nel proprio processo di crescita; dall'altro, specie in un contesto destrutturato come quello della città di Napoli, può esitare in una logica di sopraffazione e di estrema competitività al limite con la malavita. A cornice di ciò, la riflessione degli operatori intervistati spinge a riflettere sull'apparente mancanza di valori dei giovani: secondo molti dì essi, infatti, dietro tale apparente carenza si cela il «valore» della ricerca di valori nell'esterno significativo che li circonda. Ancora una volta quindi emerge chiaramente come sia proprio l'assenza o, quantomeno, una situazione confusiva, rispetto ai punti di riferimento, a creare nei giovani una situazione di disorientamento. 140


1.5.1. GIOVANI - valori - senso del tempo

Come sottocategoria de lla più generale categoria Giovani è emerso, anche perché e lemento essenziale a definire l'atteggiamento nei confronti del mondo del lavoro, il rapporto che g li stess i protagonisti hanno col tempo. Dalla domanda re lativa qui ndi alla progettazione possibile per i giovani, a lungo o breve termine, emerge, nelle parole dei testimoni chiave il motivo comune relativo ad un'impossibilità di progettare un proprio futuro in tempi lunghi, che richiedano da un lato attesa, pianificazione, dall'altro il poter contare su basi s icure e solide. Più nello specifico, si evince che per gl i intervistati è essenziale operare una prima distinzione tra classi socioculturali d'appartenenza. Così, per gli stess i. i giovani delle fasce sociali più disagiate sono evidentemente meno propc11~1 all a progettazione a lunga scadenza per due ordini di motivi: da un lato l'impossibilità di contare su una sicurezza familiare economica che gli permetta di procrastinare nel tempo possibili guadagni, dall'altro, conseguentemente al primo motivo, l' impossibilità di tollerare anche psicologicamente l'attesa. Per i giovani di famiglie più agiate, invece, emerge come punto nodale il riferimento economico-culturale della famiglia; essi sono da un lato protetti sul versante economico, potendosi concedere tempi più lunghi, in termini di progettazione, dall'altro però la stessa famiglia svolge per essi un ruolo più vincolante, meno propulsivo, e più spinto aJla gratificazione immediata di bisogni e desideri di varia natura. Una lettura più critica degli operatori chiave rispetto alla dimensione temporale fa emergere, a cornice di quanto detto, l'incapacità, da parte delle agenzie formative (famiglia, scuola, istituzioni), di aiutare i giovani a costruire un percorso personale ragionato, che permetta, anche ottenendo piccoli risultati a breve termine, di riuscire a progettare il proprio futuro più a lunga scadenza. E, a detta di alcuni , ciò è anche legato alla scarsa considerazione da parte del mondo «adulto» delle reali esigenze di espressione dei giovani. 2.1. CIITÀ - risorse esistenti Sebbene anche per le risorse, per i punti forza che la città di Napoli offre ai suoi giovani esista da parte degli operatori stessi una difficoltà ad identificarle, alcuni punti emergono chiaramente. Così ad esempio sicuramente la maggior parte degli informatori chiave sono concordi nel ritenere che il patrimonio arti stico-culturale cittadino è senz'altro una risorsa a più livelli : come fonte di possibile lavoro, ma anche 141


come strada attraverso cui permettere ai giovani di riappropriarsi del territorio. Gli intervistati infatti sottolineano come il fallo che i giovani si stian o maggiormente avvicinando a tali beni , con una sorta di rispetto/orgoglio, costituisca un punto di partenza estremamente positivo per dar vita ad iniziative anche economico-lavorative che vadano ad incrementare il settore turi stico, identificato come e norme risorsa napoletana. Ed in questa linea è vista come punto di forza l'azione promozionale dell 'amministrazione locale. C'è però chi ancora sottolinea come le offerte in termini cu lturali ai giovani della città vengano erogate «a compartimenti stagni», secondo una logica di differenziazione che continua a sottolineare in senso negativo le differenze esistenti tra le varie realtà socioeconomiche del territorio, continuando a creare contrasti e divergenze, più che confronto ed avvicinamento. Dal punto di vista più strettamente economico-commerciale le risorse identificate dalla maggior parte degli intervistati sono, oltre quella del turismo e del patrimonio artistico-culturale, quella dell'artigianato e quell a delle piccole e medie imprese presenti sul territorio. Viene infatti notato come Napoli si caratte rizzi per essere un centro dalla grande tradizione artigiana, che se adeguatamente rivalutata potrebbe esprimersi come patrimonio economico della città. E c iò per alcuni potrebbe anche essere una strategia per sottrarre i g iovani ai facili guadagni proposti dalle organizzazioni criminali, o ancora un modo per legalizzare un sommerso sempre più esteso. Un discorso simile viene fatto per quel che riguarda la valorizzazione/imple me ntazione delle piccole e medie imprese del territorio napoletano. 2. 1. CITTÀ - proposte

Passando a questa che sembra essere la categoria più attuativa, operativa nello specifico dell 'intervista proposta, emerge chiaramente come la dimensione lavorativa, connessa all'esigenza aggregativa, sia quella che canalizza la maggior parte delle energie degli operatori che lavorano con e per i giovani della città di Napoli. È così possibile individuare un percorso di proposte che segna un processo graduale: dalla formazione all' inserimento lavorativo. Ecco allora ad esempio l'idea di tenere sempre aperto uno spazio di orientamento e pre-forrnazione per i giovani, dove possano essere discussi assieme percorsi individualizzati, rispondenti a specifi ci esigenze o curriculum. Ma tutte le proposte si indirizzano verso l' idea della progettualità personale del giovane, da incentivare secondo una logica di auto-promozione. Tutti i progetti, infatti, sono tendenzialmente progetti imprenditoriali: tabora142


tori che permettano di acquisire competenze specialistiche, centri polifunzionali gestiti da giovani, da cooperative di giovani, attività imprenditoriali aziendali; il tutto tenendo sempre presente l'obiettivo di non chiudersi in una logica strettamente cittadina, ma casomai regionale o anche più ampia. È comunque da sottolineare l' assenza di proposte volte alla creazione di grandi imprese; è infatti solo la dimensione della piccola imprenditoria che viene stimolata e sollecitata nei giovani della città. A supporto di ciò si propone sempre più una logica di sostegno e valorizzazione delle politiche dell ' Ente locale e del mondo dell'associazionismo giovanile; un terzo settore, questo, visto come primo passo verso l' implementazione di progetti che partano dai giovani e li vedano al tempo stesso sempre più protagonisti delle proprie realtà lavorative. Anche per questa categoria però tutti gli informatori chiave identificano come presupposto fondamentale il potenziamento di sportelli informativi per i giovani, che agevolino il loro percorso che, attraverso la burocrazia, gli permetta di accedere alle iniziative territoriali, altrimenti difficilmente conosciute e conseguentemente difficilmente raggiungibili/usufruibili. 2.3. CIITÀ ~ risorse da attivare Molto scarna è la rappresentatività della dimensione relativa alle risorse da attivare nella città di Napoli, sicuramente da mettere in relazione con quella delle risorse già esistenti, ma spesso percepite come non adeguatamente sviluppate. Il discorso quindi scivola facilmente nel potenziamento delle risorse preesistenti. D' altronde i settori individuati come da sviluppare sono essenzialmente quello relativo all' imprenditorialità giovanile, da intendersi in senso più ampio come facilitazione di un maggior senso di autopromozione, e quello che fa riferimento ai vari corsi attivati sulla città per creare nuove competenze e nuove figure professionali, come ad esempio i corsi per operatori di strada, corsi di formazione regionali, sportelli informativi più accessibili, ecc. Emerge chiaramente nel panorama cittadino uno specifico ambito d'interesse volto all' analisi dei bisogni e delle esigenze delle donne della città di Napoli, per cui molti dei progetti da potenziare o attivare sono ad esse specificamente dedicati. Altrettanto si identifica il settore ricreativo-culturale come una risorsa da incrementare in quanto garante di una dimensione aggregativa che si costituisce come passaggio costruttivo nell'evoluzione giovanile, attraverso una messa in positivo di quei valori interpersonali già citati. 143


3.1. LAVORO - doti e risorse

È da sottolineare come sia sempre difficile il pensare in positivo, a quali possano essere gli elementi ch iave, i punti di forza che hanno permesso ad alcuni giovani un adeguato inserimento nel mondo del lavoro. Possiamo essenzialmente far riferimento a due dimensioni evidenziate: l' una che possiamo riassumere nel termine flessibi lità, l'altra che si lega al concetto di fermezza. Rispetto alla prima dimens ione infatti gli intervistati concordemente ritengono che oggi il giovane che riesce ad inserirsi adeguatamente nel mondo del lavoro è quello che dall'astratto del tradizionale posto fi sso, dell'attaccamento allo stretto territorio circostante, si apre alla più contestuale mobilità del mondo lavorativo. Si parla cioè della capacità di essere elastici, di adattarsi alle esigenze lavorative che continuamente mutano, alla mobilità sia tra lavori diversi che a quella territoriale, in una logica di continua sperimentazione e di apertura al nuovo. Rispetto alla seconda dimensione invece s i evidenzia come il credere fermamente nella propria idea, nella propria capacità/competenza sia una carta vincente per poter accedere al mondo del lavoro. Così per esperienza degli intervistati, i giovani che hanno avuto successo sono quelli che hanno costruito un proprio progetto esistenziale/lavorativo investendo realisticamente nello stesso, e magari condividendolo con altri, in modo da mettere in campo energie e risorse multiple. 3.2. LAVORO - difficoltà

Premettendo che tutti gli informatori chiave rilevano come problema di base la strutturale inaccessibilità alle informazioni ed ai percorsi di facilitazione dell'accesso al mondo del lavoro, anche qui, come controparte di quanto detto a proposito delle doti e delle risorse necessarie, si identificano due dimensioni di insuccesso. Da un Iato abbiamo la scarsa motivazione, lo scarso investimento personale e gruppale nelle iniziative pensate e proposte, anche alla luce di una radicata incapacità di procrastinare nel tempo la realizzazione degli obiettivi prefi ssati. Dall'altro l'incapacità di essere flessibili, di modellarsi sulla plasticità che ormai caratterizza il mondo del lavoro. Ed in tal senso, come notato già a proposito di altre categorie, la logica assistenzialistica delle istituzioni, ma soprattutto della famiglia, agisce da deterrente rispetto all'innovazione; una logica che lega al passato, al tradizionalismo, in senso negativo, come negazione dei mutamenti sociali ed economici, che chiedono al giovane una differente apertura al nuovo. 144


L'elemento nuovo che qui viene introdotto, ma che anch'esso si ritrova in categorie precedentemente descritte, è quello legato alla criminalità organizzata. Viene evidenziato come un giovane, proprio nella sua incapacità di aspettare tenacemente la realizzazione degli obiettivi propostisi anche in termini economici, sia facilmente attratto dai facili guadagni promessi dalle organizzazioni criminali, sia in termini di lavoro nero, che di veri e propri atti criminali. 3.3. LAVORO - proposte Questa dimensione si caratterizza per una sovrappos1z1one con quella delle risorse cittadine da attivare, nel senso che qui viene proposta la stessa necessità di stimolare la dimensione imprenditoriale dei giovani della città di Napoli. Sicuramente in questa dimensione emergono maggiormente i fattori operativi inseriti in specifici ambiti: ad esempio la concretizzazione in termini imprenditoriali di iniziative volte alla valorizzazione della cultura e della tradizione napoletana, da caratterizzarsi essenzialmente nel settore turistico, ma anche in maniera più allargata la capacità dei giovani di accedere in modo più agevolato a vari tipi di finanziamenti per l'attuazione di idee proprie. Dall'altro lato emerge però da parte di alcuni informatori chiave la necessità di andare prima a colmare lacune sottostanti. Questo infatti è percepito come problema di fondo. Se allora viene vista positivamente la creazione di vari centri polifunzionali in cui i giovani potrebbero inserirsi, dall'altro viene identificato come a monte, e più precisamente a livello scolastico, esista il problema basilare. Già dall'epoca scolastica quindi si dovrebbe ipotizzare un occhio di riguardo al futuro inserimento lavorativo; un occhio teso a stimolare le capacità individuali dei giovani napoletani. Anche qui è da sottolineare che le politiche sociali in ambito cittadino hanno sempre presente come settore specializzato quello dell'imprenditorialità femminile, da intendersi come specifica risposta alle esigenze delle donne della città di Napoli.

4. BISOGNI-RISORSE come categoria e come commento finale alle interviste È questa la macro-categoria che ha funzione di sintesi e verifica di ogni intervista, andando ad indagare quali siano, nella percezione degli informatori chiave e dallo specifico dei loro osservatori privilegiati, le esigenze, i bi145


sogni, i punti deboli e le risorse, i punti di forza dei giovani della città di Napoli e gli stessi che la città ha da offrire ai suoi giovani. Per quel che riguarda i bisogni possiamo senz'altro cominciare evidenziando come tutti gli intervistati notino l'essenzialità del bisogno informativo. Sebbene alcuni punti in cui reperire informazioni esistano sul territorio cittadino, spesso gli stessi sono scarsamente pubblicizzati, dislocati in aree non facilmente raggiungibili, andando così a definire una situazione di inaccessibilità al sistema informativo che si attesta come primo e basilare punto di svantaggio dei giovani napoletani. Strettamente connessi, al precedente e tra loro poi, i bisogni di orientamento e formazione. Gli informatori chiave evidenziano cioè come i giovani della città di Napoli si caratterizzino nel loro percorso maturativo per una costante necessità di essere orientati al lavoro, in un modo nuovo e più aderente alla concretezza del mondo lavorativo, ma anche e soprattutto all'acquisizione di valori, in una situazione contestuale di assenza di punti di riferimento culturali, e politici; ma anche evidenziano una persistente necessità di formazione, di tipo però più specialistica, che si contestualizzi in una attenta analisi delle esigenze delle varie realtà territoriali, anche garantendo un processo di costante accompagnamento e tutoraggio a giovani così spesso disorientati. E sempre in una simile logica è avvertito il forte bisogno di dialogo tra le suddette realtà territoriali, al fine di garantire uno scambio, un confronto che permetta l'assimilazione di diversi modelli culturali fuoriuscendo da ambiti spesso troppo ristretti e distanzianti. Su un versante più affettivo/relazionale i bisogni evidenziati dagli intervistati fanno riferimento invece ad un recupero di una dimensione più individuale, meno massificante in grado di garantire un riconoscimento delle singole identità. E proprio l'identità, o meglio la costruzione e la stabilizzazione di un'identità forte è avvertita dagli operatori come altro bisogno fondamentale dei giovani della città di Napoli. Emerge la necessità di supportare i giovani, attraverso il potenziamento ed il rinnovamento delle agenzie formative, nel percorso che li vede impegnati appunto nella costruzione di un'identità, caratterizzata da un forte serso di appartenenza, strutturante e non vinco-

lante, e partecipazione alla vita cittadina. In un simile discorso il senso di comunità assume un ruolo rilevante. Al suo interno le dimensioni emergenti risultano essere quella della famiglia ed, essenzialmente connessa a questa, il bisogno di appartenenza, riconoscimento e delineazione chiara di confini. La famiglia allora è vista nel suo duplice potenziale di sostegno di volta in volta statico o dinamico. E non può che partire dalla famiglia un discorso sull'appartenenza che alla città di Na146


poli è essenzialmente un'appartenenza in negativo, un riconoscimento su valori essenzialmente negativi, che però garantiscono anche la possibilità di una forte aggregazione giovanile. Anche questa è comunque avvertita come una possibile risorsa per i giovani della città, una sorta di unico collante effettivamente pensabile, ovviamente da reincanalare in percorsi di utilizzazione positiva della stessa. Rispetto alla città, Napoli risulta essere luogo che garantisce un'appartenenza, ma la stessa sebbene non si trasformi in riconoscimento ed acquisizione di potere, fa sì che più che l'elemento depressivo emerga quello della rabbia, della voglia di lottare, di «farcela». Ma, cornice di quanto detto sui bisogni è forse l'aspetto della promozione: i giovani dovrebbero essere motivati all'autogestione, alla sponsorizzazione attiva della propria esistenza, attraverso un processo di empowerment che li renda attivi e competenti. Qui ritroviamo infatti il problema del riconoscimento dei giovani dall'esterno, dalla parte degli adulti, che, nelle parole stesse degli intervistati, tendono spesso ad una scarsa considerazione del possibile ruolo del giovane nella vita cittadina, in un percorso di difficile riconoscimento sociale. Ed in questo percorso di valorizzazione delle competenze e delle capacità individuali molto è stato fatto ed ancora si tende a fare per le donne della città. La scuola, infine, da tutti è avvertita come bisognosa di un rinnovamento che tenga conto della realtà contestuale, favorendo un rimodellamento ed una specializzazione che proponga ai giovani una maggior aderenza al reale. In un processo di mediazione tra il giovane ed il mondo del lavoro la risorsa è identificata nella capacità, non sempre presente, dello stesso di aprirsi al nuovo, di essere flessibile e mobile rispetto al reale, senza però perdere le proprie radici culturali. Infine, sul versante più esterno, quello della realtà lavorativa vera e propria, i settori identificati come risorse sono quelli del turismo, con tutte le connessioni e concatenazioni con il patrimonio artisticoculturale, dell'agricoltura, dell'artigianato e della piccola e media impresa.

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III. I giovani e la città nelle parole dei protagonisti

1. Descrizione dei focus group La scelta dei soggetti da intervistare, nel focus group, riveste grande importanza in quanto l'identificazione delle caratteristiche dei soggetti da reclutare ha un'incidenza particolare sui risultati e le informazioni che verranno desunte durante le interviste di gruppo. La procedura in base alla quale abbiamo selezionato i soggetti partecipanti ai gruppi è la più frequente tra quelle utilizzate nei progetti di ricerca qualitativa ed è la campionatura intenzionale (S. Vaughn e al., 1996). Con la campionatura intenzionale i soggetti vengono scelti in base a criteri predeterminati che sono stabiliti facendo riferimento al modo in cui potrebbero contribuire alla ricerca che si sta effettuando. L'obiettivo che ci si prefigge con tale campionatura è la comprensione di un quesito, di una tematica in maniera che possa offrire informazioni dettagliate sullo studio che si conduce. Una prima fase della campionatura è costituita dall'individuazione di criteri di selezione dei soggetti. Nella ricerca da noi condotta sono stati definiti i seguenti criteri: 1. numero di partecipanti compreso tra un minimo di 6 e un massimo di 12

2. 3. 4. 5. 6.

età compresa tra i 20 e i 29 anni residenti nella città di Napoli di ambo i sessi differenti esperienze nel campo del lavoro diplomati e laureati.

In particolare il gruppo degli intervistati s1 e caratterizzato per avere un'età media di 23,33, circa una metà del gruppo ha maturità liceale (26,5%) e magistrale (14,2%) mentre il 46% ha terminato le scuole professionali (infermieri, perito, alberghieri, estetista, operatore turistico) e solo il 13,3% è composta da laureati. Tra coloro che hanno partecipato ai focus in possesso 149


di diploma di scuola media superiore il 29,2% è costituito da studenti universitari. Per guanto concerne la composizione del gruppo sono stati scelti soggetti che, anche quando non si conoscevano tra loro, avessero alcune caratteristiche accomunanti a livello personale, degli interessi o delle esperienze. Tale raggruppamento è stato effettuato al fine di rendere i gruppi più efficaci e stimolanti per la discussione. Più specificamente i gruppi erano composti da giovani attivi nel volontariato, lavoratori in nero, disoccupati, studenti universitari e giovani impegnati nello sport e nel teatro. Per quanto riguarda il genere il 48% è composto da femmine mentre il 52% da maschi. I gruppi hanno avuto una durata di un minimo di 1. 30' a un massimo di 2.15h. Undici le aree di interesse individuate così distinte: 4 relative ai giovani in generale (punti deboli, punti di forza, valori e senso di comunità), 4 relative alla città di Napoli (risorse esistenti, problemi, proposte e risorse da attivare), 3 relative alla dimensione lavorativa per i giovani (doti e risorse, difficoltà, proposte), e infine una macro categoria che racchiude la sintesi della discussione (bisogni e risorse). Emergono le seguenti descrizioni della città e della situazione dei giovani napoletani:

2.1. Giovani - punti deboli Da una prima analisi dei focus group, i giovani della città individuano come punto debole della realtà giovanile la dimensione lavorativa, differenziando le difficoltà di tipo pratico e concreto da quelle connesse alla dimensione personale. Infatti, emerge una realtà lavorativa difficile, sia per quanto riguarda la collocazione nel mondo del lavoro del giovane napoletano sia per le ripercussioni sulla persona che tale realtà comporta. Dunque punto debole diviene anche la mancanza di soddisfazione e realizzazione personale, per coloro che sono impegnati a svolgere un lavoro, mentre coloro che sono alla ricerca di un primo impiego sentono crescere un atteggiamento passivo di attesa, nella speranza «che si sblocchi qualcosa». Queste dimensioni risultano interconnesse tra loro e subiscono un'influenza reciproca, infatti, se da una parte la realtà napoletana offre un assetto lavorativo al quanto problematico, dall' altra l'atteggiamento di passività va ad incrementare gli aspetti di difficoltà incontrate e viceversa. Ciò determina 150


a lungo andare un senso di sfiducia e una vis ione che vede «andare avanti» solo coloro che hanno «alle spalle qualcosa di già costruito». L'atteggiamento assunto richiama «all'immagine dell'indiano che sta con l'orecchio in terra pronto a carpire» dove porre attenzione e seguire gli eventi, cogliere le offerte di lavoro presenti sembra impegnare gran parte del tempo dei giovani. L'impegno nella ricerca di lavoro, la dimensione del lavoro nero, non contribuiscono ad un'azione di empowerment dei soggetti interessati, che si sentono intrappolati e senza alternative possibili. 2.2. Giovani - punti di forza Riconoscere proprie potenzialità sembra essere difficile. Ciò che viene evidenziato quale punto di forza del giovane napoletano sembra essere radicato nella cultura cittadina. Tra le forze riconosciutesi da molti dei partecipanti ai focus group vi è «l'arte di arrangiarsi» che si concretizza nella capacità di adattarsi a ciò che viene offerto, alla capacità di inventarsi nuove forme di lavoro, che seppure legate ad una dimensione di lavoro nero offrono la possibilità di guadagno in alternativa all 'attesa, la flessibilità e il senso pratico, che permette di cimentarsi e di acquisire nuove competenze differenti da quelle acquisite nella formazione professionale precedente. In una realtà cittadina ritenuta «difficile», la tenacia «dà la forza di andare avanti»; la pazienza e perseveranza, accrescendo le proprie competenze, sembrano le capacità che i giovani napoletani rafforzano. Nell'attesa molti si impegnano in percorsi di studio, si laureano, si specializzano. Tale scelta, in alcuni casi, inizialmente può essere dettata da una difficoltà nel trovare una collocazione riel mondo del lavoro, in seguito diviene un punto di forza, in quanto per molti è riconosciuta come maggiore competenza che garantisce in parte l'ingresso nel mondo del lavoro. A fronte delle difficoltà che vengono riconosciute dai giovani intervistati, una dimensione importante è

individuata nella <<volontà» che spinge verso una direzione diversa dall' «arrangiarsi», e che vede i giovani impegnati nella ricerca di una maggiore soddisfazione nello svolgimento di attività lavorative che allo stesso tempo sembra essere garante per una migliore qualità del lavoro. Soprattutto emerge la volontà di essere protagonisti e partecipanti «attivi», portatori di una cultura napoletana definita moderna, che si raggiunge con la lotta, la rabbia e la competenza, ma in particolare ciò che è ritenuto punto vincente è «l'affidarsi a se stessi», inteso come modo nuovo di porsi 151


rispetto alla poss ibilità di crearsi spazi nuovi «per sé, per letani».

1

g1ovan1 napo-

2.3.1. Giovani e senso di comunità - Appartenenza I giovani intervistati esprimono un senso di appartenenza forte, è possibile sintetizzare la dimensione affettiva che emerge nelle parole di una giovane: «lo sono innamorata di questa città, è la mia città e sono legata ad essa da un affetto grandissimo». Tale dimensione affettiva è in parte controversa in quanto se da una parte vengono riconosciuti forti riferimenti ad una cultura napoletana, dall 'altra emerge la tendenza verso ciò che viene definito «nuovo». Infatti, come è emerso nella categoria precedente i giovani pur riconoscendo gli elementi caratterizzanti i cittadini napoletani come ad esempio l'arte di arrangiarsi, la capacità di adattamento, dall'altra tendono verso una trasformazione de lla cultura classica che si esprime nella volontà di cambiare tali stereotipi per i nuovi bisogni emergenti connotandoli come dimensione attiva e non più passiva. Oltre il senso di appartenenza alla città di Napoli, i giovani riconoscono ed evidenziano le grosse differenze riscontrabili tra i quartieri della città. Ogni giovane si identifica nella peculiare sottocultura che differenzia i diversi quartieri, o dove si incontrano espressioni diverse della cultura napoletana. All'interno de i quartieri esistono dei confini territoriali ben definiti e i giovani individuano luoghi dove tali confini divengono labili consentendo un interscambio che rende meno ghettizzante l'appartenenza ad un quartiere. Tale flessibilità e maggiore interazione è attribuita a coloro che vivono nei quartieri del centro storico; coloro che vivono nelle zone «alte» (Vomero, Posillipo ecc.), sono ritenuti appartenere ad un'élite che è sentita dai giovani, che vivono in quartieri diversi, come ferma nei suoi luoghi di riferimento e congelata negli stessi. Segno di un'ulteriore differenziazione tra i quartieri è il «degrado» riscontrato, soprattutto, nei quartieri alla periferia della città. Le differenze di appartenenza culturale vengono definite dai giovani come detenninanti rispetto alle maggiori opportunità, soprattutto in campo lavorativo, che pensano siano offerte ai giovani appartenenti ad un'élite a cui «tutto è concesso, mentre il popolino deve sempre faticare per appropriarsi di informazioni riguardanti il mondo del lavoro o per acquisire una cultura più ampia». Ciò crea un sentimento di grosso divario e spaccatura «tra chi sa tanto e chi non sa nulla». Tale differenza, se pur sentita e vissuta come forte, spesso veniva misconosciuta attraverso il riconoscimento di una città che cresce in una realtà multivariata che vede coesistere <<i giovani con i vecchi, 152


la città buona con quella malsana, i poveri con i ricchi, quindi la struttura stessa della città rispecchia l'animo napoletano», «ti trovi in una bella zona di Napoli, ma se volti l'angolo puoi godere anche delle sue brutture». Tale meccanismo può ipotizzarsi come funzionale rispetto alla difficoltà della convivenza tra culture diverse, determinanti una rigidità che vincola i giovani in un'immobilità che riconoscono negli stereotipi culturali, a cui si è fatto precedentemente riferimento, determinando il conflitto tra il riconoscimento nelle vecchie radici culturali e l'esigenza di scambio e di rinnovamento. 2.3.2. Giovani e senso di comunità - Riconoscimento I giovani napoletani non si sentono riconosciuti in un'autonomia di pensiero, l'ascolto che non viene dato loro è sentito come frustrante e induce verso un senso di isol amento e di rabbia. La scarsa valorizzazione «per quello che si fa, per quello che si è a Napoli», crea il disimpegno, e l'investimento della forza giovanile è possibile in altre città italiane, o in forme di singole iniziative, per ottenere «soddisfazioni». Non viene riconosciuto un pensiero autonomo, un confronto dettato dal dialogo e dalla discussione, non trova neanche collocazione spaziale se non in riferimento a degli obiettivi che siano politici, religiosi o altro. La possibilità dell'incontro è vista nello scontro, «il napoletano dove va, va, deve distruggere deve rubare, e lo fa perché si deve far conoscere, lo fa per essere superiore, il napoletano ha la facoltà di intimorire, assale per non essere assalito, riuscendo a difendersi». I giovani si riconoscono nell'essere critici e non costruttivi, caratteristica «comune alla maggior parte dei napoletani». Un disconoscimento delle tipiche caratteristiche attribuite al napoletano diviene oggi una forma di riconoscimento nelle forme opposte, quindi c'è una sorta di trasformazione «ad esempio l'allegria in rabbia, l'arte di arrangiarsi è diventato il lavoro nero>> . Al di là degli stereotipi dell'allegria, della solidarietà e l'arte di arrangiarsi, oggi i giovani pensano all'esatto contrario, «hanno capito che l'arte di arrangiarsi va bene fino a un certo punto» . Con il cambiamento di prospettiva si tende verso un riconoscimento diverso dettato dalle competenze e dalla capacità attraverso \' idea di un «napoletano moderno». 2.3.3. Giovani e senso di comunità - Connessione Nucleo di grande connessione emotiva per i giovani è costituito dalla famiglia di origine, elemento di grande forza aggregante. 153


Una famiglia aiuta moralmente e economicamente, senza questo riferimento il risultato immaginato dai giovani è di grosso disagio, le scelte condurrebbero verso direzioni «devianti». Pur riconoscendo questa grande valen za emotiva e di sostegno, la fam iglia è sentita come vincolante; infatti, senza questo riferimento ci si immagina con maggiore autonomia e indipendenza, le scelte sarebbero diverse e conduJTebbero alla soddisfazione di bisogni personali e a ll 'acquisizione di un' identità professionale. Ciò che è dominante è il legame di dipendenza. Una dipendenza che ad un contesto entro il quale scelte personali possono essere vissute come una sorta di tradimento, i genitori ne «morirebbero». La propria vita è in relazione alla vita della propria famiglia, pur avendo la possibi lità di delineare degli spazi propri, i giovani non attuano tale scelta, anche se viene riconosciuta la difficoltà di convivenza familiare che viene definita «terribile». 2.3.4. Giovani e senso di comunità - Confini La nuova immagine che l'amministrazione attuale ha dato alla città sembra agevolare i giovani nell' «acquis ire fiducia nella dimensione cittadina»; provvedimenti per il miglioramento della rete dei trasporti urbani rendono possibile recarsi da un luogo ad un altro anche nelle ore serali, favorendo il collegamento con il centro cittadino e creando maggiori occasioni di scambio. I luoghi in cui i giovani si incontrano sono differenti a seconda della provenienza di quartiere e culturale; molte le piazze che accolgono un gran numero di giovani, in particolare al centro della città: piazza del Gesù, piazza San Domenico, piazza Bellini; la scelta della piazza costituisce terreno di aggregazione e identificazione tra i diversi gruppi di giovani. I giovani riconoscono, e si identificano, nel luogo comune di colui che «non sa tenere le cose», non riescono ad avere cura della propria città, «sai come si dice il presepe è bello peccato che i pastori son ... ». «Quando si crea si distrugge. Quando si costruisce qualcosa di nuovo, che sia da un telefono ad una piazza in alcuni punti della città, subito si imbrattano i muri o si commettono altri atti vandalici». Altre volte si «riducono degli spazi in modo da farli diventare covo dei drogati». Il riconoscimento di uno spazio appartenente ad una parte della popolazione cittadina è effettuato, dunque, attraverso la distruzione, mediante la quale quel determinato luogo diviene aggregante per un particolare gruppo di giovani. Sembra così che l'aggressività verso i luoghi sia strumento per definirne l'appartenenza. 154


Altri punti di aggregazione sono spesso identificati nei centri sport1v1 o culturali, che divengono luoghi di conoscenza con altri ragazzi, per stare insieme e per creare un gruppo. Molti giovani vivono in dei quartieri dai quali con difficoltà si allontanano, mostrando chiusura verso altri luoghi o esperienze: «non sei più abituato a guardare oltre il tuo naso»; il riconoscimento è nel proprio «habitat naturale». I giovani intervistati sentono che esiste un forte legame di connessione dettato da confini ben chiari, individuati nel quartiere di appartenenza. La difficoltà ad allontanarsi emerge in contrapposizione alla mobilità, vista come possibilità che può offrire quel <<qualcosa in più». Un giovane dice: «È difficile per un ragazzo con gli amici in un certo quartiere, dove è nato, che ha amici sin da piccolo in questo posto, che si sposti all'interno della città». 2.3.5. Giovani e senso di comunità - Empowerment I giovani e le giovani, come emerso dalla categoria riconoscimento, non sentono di avere potere influente nel determinare scelte sia personali sia rispetto al contesto cittadino. Pur riconoscendo delle potenzialità non conoscono i mezzi per far emergere gli aspetti di competenza. Questi sembrano essere, come evidenziato nella categoria appartenenza, conoscenza di fasce privilegiate di giovani. La scarsa autostima e la sfiducia caratterizza i giovani. Nel corso della discussione i ragazzi e le ragazze individuano come punto di forza la costituzione di gruppi attraverso i quali è possibile divenire promotori attivi di iniziative innovative che rispondano ai propri bisogni soggettivi e sociali che non sentono riconosciuti dal mondo adulto. 2.4. Giovani e valori

Per i giovani napoletani la famiglia ha un grosso valore, come fondamento principale. Inoltre da molti viene riconosciuta la solidarietà tra amici come valore importante. 2.4.1. Giovani e valori - Il tempo Peri i giovani napoletani la dimensione temporale «è indeterminata», tutto è temporaneo, rendendo la progettualità precaria e difficile da realizzare, contrapponendosi a dei tempi reali che si definiscono «lunghi». 155


3.1. Città-risorse esistenti

«Napoli ojji-e ai giovani molto poco» questa in sintesi l'iniziale risposta che i giovani intervistati hanno dato, evidenziando la difficoltà più volte riscontrata nel porre attenzione alle risorse e alla dimensione attiva e positiva della città. Quando l'attenzione si sposta sui cambiamenti, apportati dall'amministrazione attuale; sono individuate diverse possibilità e risorse cittadine a partire dal nuovo aspetto che la città ha assunto, con la valorizzazione dei luoghi, monumenti, strade e piazze e offrendo un nuovo modo di vivere la stessa città. Molte le iniziative culturali proposte per i giovani. Tra le risorse che sono state individuate, le strutture esistenti sembrano essere maggiormente prese in considerazione; emerge però una difficoltà o un uso non adeguato, da parte dei giovani cittadini delle stesse. La città sembra offrire diverse possibilità per la formazione professionale, che si attua attraverso iniziative che permettono di apportare competenze specifiche. Le offerte della città sembrano essere diverse ma ancora potenziali; il turismo, la cultura napoletana sono viste come le risorse maggiori, ma solo a condizione che venga loro riconosciuto valore attraverso concrete azioni di promoz10ne. La forza lavoro giovanile è reputata grande risorsa esistente e non utilizzata, in particolare molti i giovani diplomandi nel campo del turismo, da utilizzare come guide o in ambiti affini. Oltre questa specificità l'università napoletana sembra formare moltissimi giovani laureati, offrendo professionalità alla città.

3.2. Città - risorse da attivare Diverse le risorse presenti in città che non sono attivate, prima tra tutte il turismo, in particolare sono reputate poche le strutture per ospitare giovani provenienti da altre regioni e nazioni, per questo motivo il turista si ferma per poco nella città. L'informazione sembra essere carente e anche la progettualità non appare adeguata. Inoltre tra le attività che caratterizzano la città sono state individuate dai giovani il lavoro artigianale e in particolare la lavorazione della ceramica che ha subito nel tempo una trasformazione, in una più bassa attività di produzione sul mercato. Emerge dai giovani intervistati, infatti, come evidenziato in precedenza, la differenza tra ceti culturali che vedono al capo una «élite» maggiormente 156


acculturata e una popolazione caratterizzata da una cultura proveniente da una tradizione popolare. La forza giovanile è vista quale ricchezza cittadina a cui però non viene offerta la possibilità di esprimersi, «l'amministrazione non riesce ad utilizzare adeguatamente». Le strutture esistenti abbisognano di personale che sappia raccogliere e contenere i giovani della città specie nei quartiere più degradati. 3.3. Città - problemi I giovani napoletani con grande facilità individuano i problemi cittadini rispetto alle risorse esistenti. Una delle maggiori difficoltà sembra essere lo scarso o inadeguato passaggio di informazioni di ogni tipo, sia per le iniziative legate ad attività culturali per i giovani sia per le iniziative che favorirebbero l'ingresso nel mondo lavorativo. Ciò secondo i giovani intervistati è dovuto sia all'inadeguato funzionamento degli enti preposti a tali servizi, sia alle modalità nel passaggio informativo, tra l'altro poco pubblicizzato e ristretto ad alcune aree della città. Inoltre, viene rilevata quale caratteristica dei giovani I' «egoismo, ognuno vuole detenere le conoscenze». Così si esprime un giovane: «siccome noi siamo fermi al sistema feudale, c'è un signorotto che ha tutta la terra e tu al massimo puoi essere un suo servo della gleba ... non puoi fare altro, non esiste proprio la circolazione del denaro a Napoli», ciò denota la mancanza di incentivi che spinge un giovane della città di Napoli a dare maggiori prestazioni nel lavoro a causa di una circolazione del denaro di tipo «feudale». A ciò si lega una scarsa e inadeguata progettualità che non permette di usufruire delle risorse offerte in città_ Un problema alla base non è individuato nella scarsa offerta di strutture, di iniziative culturali, ma quanto nel loro funzionamento, nell'incapacità di saperle sfruttare e utilizzare. Uno dei motivi sembra essere l' insito orientamento dei cittadini verso forme di disinteresse che porta al degrado. La mancanza di senso civico spinge il napoletano a tenere pulito e vivibile ciò che è strettamente personale mentre il resto, strutture, strade e opere pubbliche, servizi pubblici vengono distrutti perché non gli appartengono. Il caos cittadino viene sentito dai giovani anche come caos mentale che crea disordine e dispersione di energie e delle risorse. Un degrado interno che conduce ad un circolo vizioso, ripetitivo in cui non è possibile cambiare, anzi la staticità diventa caratteristica predominante. 157


Nel paragrafo sul senso di comunità abbiamo ipotizzato che tale disinteresse è solo apparente in quanto costituisce una forma di aggressività allo stesso tempo rabbiosa e identificatoria. 3.4. Città - proposte

Oltre ad incentivare il turismo attraverso la valorizzazione della cultura napoletana e del patrimonio artistico, tra le proposte predominanti, per i giovani, emerge quella di attuare un 'efficace progettualità che s ia in grado di valutare la forza lavoro presente nella città, quindi che non si soffermi a un riscontro quantitativo, ma che individui le competenze professionali. Ciò determinerebbe una coerenza col tipo di formazione professionale che i giovani perseguono e la loro utilizzazione, svolgendo l'attività lavorativa in maniera competente. Inoltre pur riconoscendo le strutture esistenti in città, la richiesta e proposta, più volte evidenziata dai giovani, è la possibilità di essere coinvolti in una progettualità. Un coinvolgimento che vede i cittadini quali partecipanti attivi in un lavoro che avrebbe una progettualità comune e quindi cittadina. Questo aiuterebbe i napoletani a riconoscere un «senso di appartenenza e senso civico» attraverso il quale si lavorerebbe per il benessere della città e dei napoletani in contraddizione al senso di isolamento che indirizza le persone verso scopi prettamente persona! i. Napoli «dovrebbe offrire l'apertura, l'innovazione, la possibilità ai giovani di inventare», attraverso spazi di discussione, dove le diverse culture possano incontrarsi. Accanto alla valorizzazione delle antiche tradizioni la proposta di dare spazio alla creatività dei giovani porta in sé caratteri innovativi, che i giovani hanno poca capacità di affermare. In questo modo la città diverrebbe ricchezza per tutti e non solo di «alcuni», riducendo il divario sentito molte forte da una Napoli «bene» e una Napoli spesso «pigra e radicalizzata nel suo ambiente che appare nulla facente o poco attiva per conoscere bene e molto». 4.1. Lavoro - doti e risorse Da quanto emerso si evince che per i giovani è difficile individuare doti e/o risorse sia rispetto alla dimensione del lavoro nella città sia rispetto alle doti e risorse personali da sfruttare. Mentre l'attenzione sembra sempre spostarsi sulle difficoltà o su un delegare l'attivazione delle risorse a enti e amministrazioni statali e cittadine. 158


In una prospettiva di ricerca del lavoro nel pubblico, le risorse attivate sono legate ad acquisire formaz ione professionale c he consenta la partecipa: zione ad avvisi pubblici con un più alto punteggio di in serime nto nelle graduatorie. Tali risorse sono acquisite durante un percorso lu ngo che parte dal momen to in cui c i si diploma. Vengono utilizzate per svolgere lavori, che pur sottopagati, offrono la possibilità di potersi sostenere per il proseguimento degli studi e per la conduzione di vita sociale extra familiare. Una delle ri sorse individuate dai giovani è legata alla capacità di adattarsi che sembra contraddistinguere il napoletano, non restare vincolati alla formazione avuta negl i studi di scuola superiore, ma avere la capacità di cambiare rispetto alle possibilità lavorative esistenti. Investire con «sacri ficio, puntando su se stessi» sembra essere una dote importante per realizzars i da un punto di vista professionale. La soddisfazione che ne scaturisce è determinata dal seguire «il proprio sogno», realizzato in un tempo lungo in cui contemporaneamente bisogna essere capaci di «arrangiarsi, per sentirsi indipendenti». Una risorsa su cui puntare è «la voglia di arrivare» insieme ad una preparazione sempre più specifica, sostenuta da una ricca esperienza che possa «offrire prospettive più ampie e creative ed un' unicità». Intanto sembra evidenziarsi l' importanza di una articolata rete di relazioni , che sembra offrire maggiori informazioni in campo lavorativo favorendo l'inserimento. In attesa, di altre opportunità lavorative che garantiscano una maggiore stabilità e una adeguata retribuzione, i giovani napoletani sono impegnati in lavori saltuari (muratori, facchini, fare volantinaggio o assistenza ai malati ecc.). Anche se l'impegno in queste attività lavorative è identificata come risorsa, bisogna dire che le stesse esperienze lavorative non vengono valorizzate e l'attenzione dei giovani è spostata su un investimento ideale, su qualcosa che possa offrire loro maggiori garanzie di continuità, rendendo passive e non produttive le loro risorse. Molti ragazzi sembrano essere orientati alla libera professione che dal loro punto di vista sarebbe una realizzazione che richiede tempi lunghi e competenza complessa. Trasferirsi in altre regioni italiane è da molti cons iderata una buona opportunità e risorsa lavorativa. Molti degli intervistati hanno avuto anche modo di lavorare in altre regioni italiane, ma pochi sono rimasti. Le difficoltà incontrate hanno determinato la scelta di tornare nella propria città. Sono emersi nodi di tipo pratico, come ad esempio trovare un alloggio non co159


stoso, avere una paga adeguata all'economia cittadina, ma anche di tipo affettivo.

4.2. Lavoro - difficoltà Molte le difficoltà ri scontrate dai giovani su l piano lavorativo. Queste sono legate non solo alle difficoltà di trovare un primo impiego, ma anche alle condizioni a cui sono sottoposti i giovani durante l'attività lavorativa. In particolare il lavoro nero, dimensione molto diffusa, che nella maggior parte dei casi non offre una adeguata retribuzione. «Si lavora per molto tempo con una paga bassa», il che determina una scarsa motivazione in una prospettiva temporale e la sfiducia nella ricerca di un lavoro diverso. L'influenza di tale prospettiva si riscontra lungo una dimensione temporale che crea «pigrizia e non si ha voglia di far nulla». L'arte di arrangiarsi diviene un pericoloso stereotipo che conduce verso «l'attesa del posto fisso» Pur avendo la possibilità di lavori sottopagati e di «espedienti» definiti come «mille lavoretti» (baby sitter, camerieri, lezioni private ecc.), per avere la possibilità di «mantenersi», il risultato finale è la sensazione di sentirsi «sfmttati, frustrati». Quando l'investimento che il giovane pone nel lavoro sottopagato è alto, il non riconoscimento delle capacità incrementa la sfiducia, il «poco potere» inteso come la capacità di essere ascoltati, di ottenere una contrattualità data dall'acquisizione di competenze nuove. Il giovane si sente non valorizzato, «il capo lo mortifica dicendo che non è buono, che non sa fare nulla», altre volte non ne riconosce l'impegno e le capacità. La dimensione spesso a cui si fa riferimento è quella di una «schiavitù». Tale sentimento negativo è strettamente connesso alla realtà cittadina che, come sottolineato in precedenza, per colui che vuole lavorare deve farlo per i «signorotti della città, nel loro feudo». I «giovani non devono mai rinnovare e rinnovarsi»; c iò rimanda anche ad una visione e a un sentimento di non riconoscimento di una propria identità in grado di promuovere iniziative, in contrapposizione ad una realtà che gestisce la forza giovanile secondo un suo compiacimento. La rabbia è la dimensione emozionale più volte emersa rispetto a tali condizioni nel mondo del lavoro, un mondo composto da una «moltitudine di persone» che invita «ali' egoismo che quando si intravede uno spiraglio si cerca di prenderlo senza troppo preoccuparsi», questo atteggiamento determina una chiusura, che si realizza nel non dare informazioni agli altri, «rubare il mestiere», cioè imparare dal maestro, dal capo, per realizzare qualcosa per sé, senza far trapelare nulla. 160


Quindi esiste una dimensione lavorativa precaria, e soprattutto non definitiva, ma piuttosto «momentanea», in cui non è possibile, non vi è lo spazio per una progettualità di autonomia. Proposte personali si attuano con estrema difficoltà in quanto la scarsa informazione offerta dalle strutture esistenti e la lenta burocrazia, spesso intralciano la realizzazione delle stesse. La mancanza di fondi economici non permette di realizzare attività private e oggi sembra essere difficile accedere alle proposte esistenti sul mercato. Inoltre la presenza di grossi enti sembra rispondere ad una gran parte della domanda di lavoro, creando difficoltà competitive per le proposte avanzate dai giovani. I partecipanti a concorsi pubblici vedono le prove superate da giovani «raccomandati», e non trovano, dunque, riconoscimento per le proprie capacità personali. Una delle maggiori difficoltà sottolineata da gran parte dei giovani è l'inadeguata informazione, una delle poche vie informative funzionanti è il «passa parola, il tam tam» tra i giovani stessi. Anche gli enti addetti a rilasciare informazioni sembrano fornire conoscenze scarse. Una delle difficoltà riscontrate sembra essere la formazione e le qualifiche delJa scuola dell'obbligo, infatti, si seguono dei percorsi scolastici che al termine non offrono una collocazione sul mercato del lavoro o altre volte vengono conclusi studi che non coincidono con il tipo di lavoro che determina soddisfazione personale.

4.3. Lavoro - proposte Molto di ciò che emerge in una dimensione di proposta è legato alle risorse esistenti in città. Molti dei giovani intervistati considerano, come evidenziato per le proposte cittadine, il turismo una potenzialità lavorativa, da valorizzare, anche se in merito non esprimono un concreto piano di attivazione della risorsa stessa se non per l'individuazione dell'area di Bagnoli come utilizzabile a tal fine .

Una proposta che nasce dalla favorita posizione geografica della città che si affaccia sul mare, è la valorizzazione della pesca. Alla base di qualsiasi delle proposte si evince la necessità di una progettazione che ponga attenzione alla lettura delle risorse umane e professionali esistenti in città attivando iniziative con forze e competenze già esistenti. Legata alla lettura del mercato del lavoro alcuni dei giovani intervistati ponevano attenzione alla formazione professionale che dovrebbe fornire la scuola, che dovrebbe indirizzare ad un mestiere, dare un orientamento professionale che possa essere utilizzato. 161


O ltre alla richiesta di una maggiore e più adeguata formazione professionale, si propone l'attivazione di una formazione legata all'attività lavorativa che forni sca informazioni e preparazione che ricopra le varie fasi di gestione di una attività privata, «bisogna far vedere come si fa» . In campo privato le proposte sono legate alla costituzione di associazioni, cooperative non profit, apertura di punti di vendita e attività commerciali. Una proposta che emerge è di utilizzare le risorse che i g iovani si riconoscono, quali la creatività, l'arte di arrangiarsi, dandone una valenza costruttiva, indirizzando diversamente tali energie, verso una progettual ità. Anche l'emozione della rabbia sentita molto dai giovani, viene vista come produttiva se utilizzata come investimento non distruttivo e disimpegno. Una possibilità è quella di acqui sire contrattualità sociale, ribellarsi al lavoro nero, creare uno scambio legato al cambiamento del modo di pensare «altrimenti tutto gira intorno al pensare che non c'è lavoro, conducendo ad una passività». Uno scambio utile per far nascere nuove idee e permettere di utilizzare le loro competenze. In tal senso anche i focu s group sono stati per i giovani opportunità di confronto e scambio di idee, conoscenze, creando una rete più allargata attraverso la quale è possibile un investimento maggiore e di incontro per realizzare forme associative come opportunità di lavoro.

5. Bisogni e risorse Ultima esaminata è la macro categoria che racchiude sinteticamente i bisogni e le risorse delle e dei giovani napoletani. Tra i bisogni quello predominante è la necessità di un lavoro che garantisca stabilità e sicurezza per realizzare i propri progetti, non solo professionali ma anche personali. Emerge il forte desiderio di autonomia economica che dia opportunità di costituire un nucleo famil iare proprio. La necessità emergente è di un lavoro che non si caratterizzi per l' irregolarità, e che sia soddisfacente e dignitoso. Soprattutto emerge !.'esigenza di una progettualità mirata alla forza lavoro giovanile con le sue specificità. La richiesta da un punto di vista più pragmatico è legata all' individuazione di opportunità di incontro che siano spazi di discussione autogestiti dai giovani della città; opportunità non solo di incontro reciproco, ma che divenga soprattutto forza cittadina per un riconoscimento delle proprie volontà, idee e iniziative. Rispetto alle agenzie già esistenti il bisogno è di maggiore conoscenza e di divulgazione informativa efficace. Inoltre per le iniziative culturali si sente la necessità, per alcune fasce so162


cio-economiche, di avere maggiore accessibilità, in termini economici, a teatri, musei, ecc. che non s iano solo di livello commerciale, ma che siano culturalmente sign ificative. Tra le risorse emergono le capacità personali come mezzo per opporre un «contropotere al potere costituito», attraverso la forza e volontà personale. In conclusione dall'analisi delle interviste di gruppo si evince che per quanto riguarda i bisogni i giovani e le giovani pongono attenzione su modalità lavorative più consone alle loro competenze e potenzialità già acquisite ed è forte la richiesta di qualificarsi e specializzarsi per ottenere maggiori opportunità di inserimento nel mondo del lavoro. Si richiede un contesto cittadino che sia in grado di effettuare un'analisi delle risorse esistenti e in riferimento alle stesse orientare i giovani verso l'acquisizione di competenze specifiche. I giovani riscontrano, poi, un passaggio di informazioni scarso e inadeguato. Le agenzie informative della città sono scarse e poco pubblicizzate e rendono il reperimento delle informazioni inaccessibile. Il passaggio informativo non è solo reso difficile da un particolare funzionamento delle agenzie esistenti ma è attribuito anche ad una difficoltà dei giovani stessi, che in una competizione sfrenata tendono a non favorire il passaggio di informazioni. Infatti, altro elemento di grande rilievo per i giovani è la necessità di creare dialogo tra loro, e tra le diverse realtà cittadine; uno scambio, un confronto che possa permettere l'apertura di spazi entro i quali i giovani, di diverse realtà territoriali, possano arricchire i loro riferimenti culturali. Tali spazi sono anche visti come possibilità di rendere i confini di appartenenza, a determinati quartieri, più flessibili, offrendo l'opportunità di andare oltre stereotipi e pregiudizi che vedono collocazioni e differenze rigide. Avere spazi autogestiti costituisce elemento fondamentale per l'acquisizione di potere contrattuale a livello cittadino. L'aggregazione è considerata punto di forza potenziale, attraverso il quale si potrebbero socializzare le competenze, le capacità e potrebbero affermarsi idee e iniziative giovanili. Tale elemento si contrappone ad una realtà in cui ognuno è orientato verso l' individualità e non verso il gruppo. Compito di aggregazione è assegnato alle istituzioni scolastiche, che i giovani vorrebbero più qualificate e capaci di aiutare nell'orientamento professionale. Le risorse che i giovani hanno evidenziato sono diverse: rispetlo al singolo si considera la capacità di affrontare le situazioni con tenacia, volontà e 163 ·'


sacrific io in quanto sono lo strumento che permette <li concretizzare le aspettative di soddisfazione e autostima personale. Rispetto alla realtà cittadina si evidenzia come ri sorse lavorative la pesca, il turismo, l'artigianato. Risorse che i giovani sentono non utilizzate nella loro potenzialità. I giovani e le g iovani pur riconoscendo nell'arte di arrangiarsi, nella creatività, l'allegria, le risorse dei napoletani sono stanchi di tali attribuzioni che rischiano di trasformarsi in strumenti di passività e attribuiscono valore trasformativo all'uso costruttivo di tali potenzialità. Attraverso tale cambiamento tentano di affermarsi e di essere riconosciuti.

164


IV. Analisi dei dati e discussione su alcuni dati emergenti

Quale immagine emerge dei giovani intervistati? I contenuti delle interviste confrontati con quelli dei focus insieme alla documentazione sulle strutture, servizi e progetti per la città raccolti, commentati anche in relazione al dibattito emerso nel seminario di valutazione della ricerca svolto con rappresentanti delle istituzioni e della società civile a conclusione dei lavori, portano a considerazioni interessanti.

I. Risorse e limiti

La Tav. I. Giovani: risorse schematizza aspetti peculiari che possono essere considerati punti di forza della realtà giovanile. È interessante vedere come tenacia e caparbietà si coniugano con adattabilità e senso pratico. TAVOLA

I. «Arrangiarsi»

Autoriferimento

•t

Adattabilità

.~

«Cazzimma»

Tenacia, caparbietà

GIOVANI: RISORSE

., Famiglia come supporto propulsivo

t

,

Senso pratico

Flessibilità

165


TAVOLA

2.

Senso del tempo centrato nel presente: incapacità a progettare e aspettare costruendo («lavoretti») j~

Assenza di valori politici

t

Influenza negativa di gruppi precostituiti (Modalità di intermediazione tra cittadino-risorse pubbliche a livello locale e centrale: Clientele) j~

GIOVANI: LIMITI

, Famiglia invischiante e socialmente vincolante

Aggregazione non finalizzata

Sfiducia, passività

Abbiamo considerato risorsa anche l'autoriferimento più volte espresso nei gruppi. Infatti di questa dimensione abbiamo voluto considerare la capacità a contare su se stessi, ad essere ognuno ambiente di se stesso; riprenderemo in seguito come questa competenza interagisca con i processi di aggregazione sociale. Abbiamo invece collocato tra i ]imiti (v. Tav. 2. Giovani limiti) l'assenza di riferimento a valori politici, il riferimento costante ad un tempo presente, in quanto ciò implica l'impossibilità a costruire progetti che abbiano necessità di tempi medi o lunghi di realizzazione. La presenza di forme di aggregazione senza scopi condivisi è stato considerato un limite in quanto questo è un ulteriore vincolo che inibisce la capacità progettuale collettiva a cui si aggiunge la sfiducia nelle proprie capacità e in quelle del contesto. Limite ascritto alla organizzazione sociale è la forte presenza di gruppi precostituiti che agiscono nella interrelazione sociale la cui espressione è sia nella mancanza di informazioni sociali che nel forte richiamo alla clientela quale modalità di aggregazione funzionante. Tale percezione collima con quanto gli storici della realtà (Cfr. Gribaudi, Sales, Barbagallo) contemporanea leggono nelle modalità di funzionamento dell'intero sistema istituzionale della società meridionale ove le istituzioni e i funzionari si pongono come sistema di intermediazione tra il cittadino e la soddisfazione dei suoi bisogni. 166


2. La famiglia

Discorso particolare merita la famiglia considerata allo stesso tempo supporto propulsivo e vincolo invischiante. La funzione delle famiglie nella vita dei giovani che hanno partecipato ai gruppi di discussione focalizzata risulta essere elemento di rilievo. La famiglia è la strnttura sociale di maggior riferimento per i giovani napoletani dei focus: nelle discussioni è costante il riferimento all'intervento familiare nella ricerca del lavoro e nella costruzione di strategie occupazionali. Tale riferimento familiare è per un verso significativo della 'tenuta' sociale della famiglia come istituzione sociale e riferimento; tuttavia esso è anche indice di come il giovane napoletano si senta 'sperso' al di fuori dei riferimenti familiari. Esso è anche indice di come «le famiglie siano state costrette ad arrangiarsi da sole, con la conseguenza dell'aumento del familismo e di atteggiamenti chiusi e diffidenti nei confronti della sfera pubblica» 18. Emerge, allora, il negativo del valore famiglia, per cui se da un lato essa svolge funzioni di supporto e sostegno, dall'altro imbriglia in maglie a volte troppo strette, che costringono il processo di crescita del giovane. La forza riconosciuta alla famiglia è allo stesso tempo indice di mancanza di riferimenti sociali allargati, mancanza di opportunità che non discendano dal vincolo di sangue; la pregnanza di tale legame in età ormai adulta (i nostri partecipanti ai focus hanno tra 20 e 30 anni) è segno di disgregazione sociale, di incapacità della comunità sociale e della società civile di essere di riferimento. Sembrerebbe anche dalla letteratura sulla città che questa è, infatti, la fun~ zione storica della famiglia a Napoli: strumento dell'isolamento sociale che agisce nel senso dell'autoriferimento. Viene alla mente che nel lessico quotidiano di pur cosmopolite e colte principesse napoletane di ieri ad ogni nuovo conoscente veniva chiesto con insistente normalità: «come nasce?» Ciò in quanto la collocazione familiare era ritenuto l'unico strumento di individua-

zione e referenzialità. Sorprendentemente già il rapporto Saredo 19 del 1901 dà inizio alla descrizione della città con il focalizzare l' attenzione sul rapporto tra il napoletano e la famiglia. Quest'ultima risultava nella seconda metà dell'800 la supportatrice del naturale isolamento del napoletano di ogni fascia d'età. l&p, GINSBORG, la famiglia sovversiva, in: la Repubblica, 8/2/1999. 19 Real Commissione d' indagine per Napoli, Presentazione di On. Saredo, Roma, J 901. Ristampa Vivarium, Napoli, 1998.

167


L'indagine ev idenziava la tendenza all'isolamento, la relativa impenetrabilità che ogni napoletano, pur se gentile e cordiale ne i rapporti, conserva nel cuore. »Al la tendenza all'isolamento. una sola entità sociale fa eccezione: lajèimiglia, i cui vincoli sono qui più intensi e più rispettati che altrove. La spiegazione di questa fortunata eccezione si ha nel fatto che gl i individui .i quali la compongono, anziché trovare in essa ostacolo all'affermazione e all'esplicamento della loro individualità, vi trovano invece un ambiente maggiormente adatto a tale scopo, non soltanto perché il vincolo civi le e religioso, che ne è base e presidio, è sentito ed accettato, ma perché riguardo ad essa appare chiarissimo l'equil ibrio che si determina fra i suoi componenti, in relazione al diverso atteggiamento che assumono, a seconda dell'età e del sesso. La famiglia, che tutte riassume le finalità degli individui che la compongono, appare quasi come fine a se stessa o alla formazione di nuove famiglie. Perocché essa, invece di sospingere i suoi membri verso la vita collettiva, né li allontana sempre di più, fecondando la coscienza dell'io di ciascuno di essi. «L'individualismo e l'isolamento degli individui tipici del carattere napoletano trovano nella famiglia l'humus di coltura; la vita sociale è limitata alla esteriorità della forma, il culto dell' io è concentrato ' nella coscienza del proprio io». In particolare la famiglia del secondo '800 risultava essere l'istituzione centrale del sistema di valori della piccola borghesia napoletana. «È la famiglia che costituisce il serbatoio più importante di forza lavoro e che garantisce la sua presenza nei momenti critici. È il luogo della solidarietà . È la famiglia il luogo principale della sociabilità. È la famiglia che funziona come luogo di trasmissione del mestiere e di orientamento delle scelte matrimoniali. È la famiglia il perno attorno al quale ruotano le relazioni sociali delle persone che ne fanno parte» 20. Anche nella storia più recente De Mattei s prendendo a prototipo le commedie di Eduardo 21 evidenzia la funzione di chiusura e protezione della famiglia borghese degli anni '30/'50. Contrappone una duplice tipologia: la famiglia borghese che scimmiottando l'aristocrazia assume estraneità e isolamento dal sociale, dove tutto ciò che è fuori dalla famiglia è una sorta di teatro soéiale in cui giocare un ruolo e mostrare contegno e un contesto, in20 D.L. CAGLIO'fl, Mobilità sociale e mobilità geografica, Il piccolo commercio napo/eremo (1860-88), in: Meridiana, maggio 1993, p. 164. 21 S. D E MATIEIS, Storie di famiglia, Appullti e ipotesi antropologiche sulla fam iglia a Napoli, in: Meridiana, maggio 1993, pp. 137-162.

168


vece, in cui più tipicamente la famiglia è la risorsa. All'opposto si parla di contesti dove è il sociale ad essere risorsa: un sociale composito e variegato che rinsalda legami e intreccia relazioni e che include la famiglia in una sorta di teatro collettivo dove tutti sono spettatori e protagonisti in una fitta rete di scambi, dipendenze e comunicazioni. Ancora oggi, dati Jstat 1999 sulla qualità della vita indicano nella famiglia l'aspetto che più soddisfa i cittadini campani (37% degli intervistati). Dato significativo rispetto alla media nazionale che è del 39%. Alle soglie del III millennio non bisogna così rimanere sorpresi di quanto la famiglia risulti l'elemento di riferimento fondante nelle scelte di vita e lavoro dei giovani partecipanti ai nostri focus. Essa è per loro risorsa, come già afferma Scabini ( 1997) per la realtà milanese: è occasione di autonomia e libertà d'azione; offre dialogo, affetto e protezione. Se la critica radicale degli anni '70 aveva evidenziato gli aspetti più deteriori e invalidanti delle relazioni familiari, i focus evidenziano, al di là delle nostre aspettative, ma concordi con il dato nazionale sulla rinnovata centralità della famiglia, il suo valore portante. Gli elementi emersi nei focus sulla relazione tra famiglia e lavoro ci portano a due riflessioni diverse ma complementari. Secondo la storica G. Gribaudi, studiosa delle interazioni familiari nel Mezzogiorno e a Napoli in particolare 22, è inesatto parlare di un'unica tipologia di famiglia. Le sue ricerche metropolitane hanno portato a individuare differenti stili e percorsi familiari e a ritenere del tutto vano il concetto di familismo e qualsiasi generalizzazione sulla famiglia. Pertanto la sua sollecitazione deve indurre a non generalizzare ad altre fasce scolastiche con differenti aspirazioni lavorative quanto evidenziato in relazione alla famiglia tra i giovani napoletani con titolo scolastico medio protagonisti della ricerca. Sarebbe infatti interessante ampliare la ricerca attraverso interviste di gruppo focalizzate con giovani che hanno conseguito solo licenza media e elementare. Giulio Lamanda, esperto delle politiche di coesione del Ministero del Tesoro, attivo in una progettua-

lità per la rivalorizzazione di Secondigliano esprime perplessità e curiosità nello stesso senso. Altra riflessione, in senso opposto, porta invece alla generalizzazione del dato alla più complessa realtà nazionale, di cui i giovani dei nostri gruppi sembrano interpreti. Una ricerca del Cnel-Università di Torino del luglio 1998 indica la famiglia come fattore di riferimento per tutta la popolazione 22 G. GRIBAUDI,

Familismo e famiglia a Napoli e nel Mezzagiorno, in: Meridiana, maggio

1993, pp. 13-42.

169


giovanile italiana; la famiglia è un ammortizzatore sociale fondamentale per la stabilità del Paese. Solo grazie ai genitori che possono permettersi di mantenere i figli anche quando sono adulti, gli elevatissimi tassi di disoccupazione giovanile che affliggono l'Italia non sono diventati un fattore esplosivo per la società». Infatti anche secondo una ricerca della Confindustria di E. Belli ( 1998), se benestanti, i genitori sono anche il canale privilegiato per attivare l'accesso dei giovani al lavoro. Le rigidità del mercato del lavoro e dei servizi, la difficoltà di accesso al credito, fanno sì che la famiglia sia il centro di ogni politica. Se esaminiamo le fonti di reddito dei giovani tra 20 e 30 anni è evidente il ruolo economico ancorché sociale della famiglia per questa fascia di età (v. Tav. 3). TAVOLA

3. Fonti di reddito dei giovani (20-30 anni)

Fon/e

Italia

Europa

Famiglia Occupazione regolare Occupazione occasionale Sussidio disoccupazione o altro sussidio statale

67,6% 16,1% 15,5% 0,1% 1,3% 2,4% 3,6% 0,4%

45% 41 ,5% 12,6% 6,8% 5,2% 4,7% 2,9% 1,9%

Borsa di studio Partner Lavoro «in nero>> Altro Fonte: Il Sole 24 Ore, lunedì 13 Luglio 1998

Ricorda Gabriella Ferrari Bravo che: «Napoli è la città, dove è più grave il problema della disoccupazione giovanile; il dato si inserisce nel quadro nazionale in cui la distribuzione della disoccupazione per ruolo familiare indica il 17,7% rappresentato da capifamiglia ed il 60,9% da figli: in Germania abbiamo rispettivamente il 50% ed

il 12%, in Francia il 38% ed il 28%, in Spagna il 18% ed il 42%. In Italia, del tutto conseguenzialmente, 1'87% dei giovani tra i venti e ventiquattro anni vivono con i genitori; nella fascia d'età 20/29 anni, il 67,6% dei giovani dipende dalla famiglia. L'accesso dei giovani al mutuo per la casa è un preoccupante 6% contro il 60% in Germania. Nessuna analisi psicologica può prescindere da questi dati di realtà: essi certamente indicano nella famiglia la più formidabile delle risorse nel senso più pieno del termine, cioè quello della sopravvivenza, ma allo stesso tempo gettano una luce molto inquietante sulle prospettive dei ventenni di questa e delle prossime genera170


zioni, laddove è molto diffi cile immaginare come possa rappresentarsi il concetto di identità sociale in presenza di 'confini' così aleatori: se la casa in cu i abito da solo o anche con mia mogli e/mio marito l' ho comprata con un mutuo acceso dai miei genitori, fino a che punto essi non hanno il diritto di entrarvi e fare 'come se' fossero a casa loro? Il 'sentimento di identità' (Palmonari, ' 89) sarà fortemente minacciato dall'impossibi lità ad agire in modo autonomo in una fase de l processo evolutivo in cu i al contrario la richiesta e l'aspettativa sociale spingono all'assunzione di responsabilità» 2.\ I dati qui esposti inducono a raccogliere l'invito di Gribaudi ( 1999) a considerare le molte situazioni in cui la famiglia è un punto di forza sociale, nonché e le mento di democrazia in contrapposizione ad aberrazioni statal iste; a non confondere la pregnanza delle famiglie nella vita sociale con la pervasività del familismo amorale-assenza di senso civico e capacità di azione per il bene comune ascritta tradizionalmente alle comunità del Mezzogiorno. «È evidente che quando parliamo di famiglia ci riferiamo ad un modello, se non addirittura ad uno stereotipo culturale: in realtà meglio sarebbe parlare di famiglie al plurale aggiungendo subito dopo che ogni famiglia corrisponde a modelli diversi nell 'arco del suo ciclo vitale, costituendo essa stessa un sistema che si modifica nel tempo in relazione alle funzioni che àssolve principalmente rispetto ai figli. Nelle famiglie in cui convivono due generazioni di 'adulti' viene a crearsi una situazione potenzialmente insoddisfacente per entrambe. Tuttavia, sembra dalle risposte degli intervistati che il sentimento di insoddisfazione abbia difficoltà ad emergere, se non in risposte conflittuali sulla necessità e difficoltà dello sradicarsi, sul sentimento di sperdimento alla prospettiva di allontanarsi dalla città d'origine. È interessante notare come i ragazzi attribuiscano ai genitori sentimenti di sofferenza per l'eventuale distacco. Viene da pensare che, parallelo al sovrainvestimento sulla famiglia da parte dei ragazzi , in termini di protezione o anche di aiuto (la famiglia come agenzia di collocamento, non si va avanti se non si hanno

appoggi, ecc.), nelle risposte dei ragazzi si alluda anche ad un corrispondente sovrainvestimento da parte dei genitori sui figli. Questo ci sembra uno spunto di riflessione utile nel contesto napoletano, nel senso che la città ed il suo sistema di servizi e risorse sociali è ancora agl i ultimi posti nell'offerta, nel raffronto con altre città italiane: ciò comporta un sovrainvestimento di energie da parte dei genitori, soprattutto da parte delle madri, nelle funzioni di allevamento ed educative che produce isolamento della famiglia, idoleg23 Intervento semi nario di valutazione esterna, febbraio 1999.

171


giamento del bambino, con esiti anche patologic i. A questo proposito è molto significativa una rice rca recente sull 'obesità infantile (disturbo in grande c rescita come tutte le patologie alimentari) svolta nel Distretto Sanitario 5 1 ne lla zona dei Quartieri Spagnoli (Buondonno, Madia) che individua nella chiusura difensiva della famiglia a protezione dei piccoli dai 'pericoli della strada' una delle variabi li fondamentali , laddove trad izionalmente proprio quel quartiere con le sue strade era stato in precedenza vissuto dai suoi abitanti come una este nsione dello spazio privato della casa. Il senso di isolamento, la difficoltà a trovare canali di comunicazione con il mondo esterno, richiamata spesso dalle risposte de i giovani intervi stati, appare come l'interfaccia dell ' isolamento delle famiglie e della chiusura della coppia nei propri compiti d i allevamento. Chi lavora nei servizi di base conosce gli esiti patologici di questa chiusura, come d'altra parte conosce la drammatica carenza di risorse che fa della famiglia, giocoforza, spesso l'unica risorsa» 24. Quali sono dunque le condizioni e le peculiarità di una buona vita fami liare? Quand'è che la famigl ia fattore di protezione per la vita degli elementi più deboli dei gruppi familiari e strumento di promozione sociale? Sono queste le nuove domande da porsi . L'importanza attribuita alle famiglie è effetto della carenza di serviz i? È esercizio gratuito di prestazioni di cura femminili? E in questo senso è connesso con il forte calo nel tasso di riproduttività delle donne italiane? Necessita interrogarsi se la famiglia sia risorsa in quanto vi è carenza di altro o sia piuttosto un valore fondante attraverso il quale costruire politiche sociali. La consapevolezza della pregnanza della famiglia in relazione alla città e al Paese della vita privata ci deve fare considerare in una nuova luce le politiche per i giovani . Necessitano iniziative di supporto alla vita re lazionale tra pari, ad uno sviluppo da un lato autoriferito e dall'altro centrato su progettualità sociali forti e riconosciute; è questo un punto nodale a cui dare risalto e in cui investire risorse materiali e culturali. E proprio l'identità, o meglio la costruzione e la stabilizzazione di un'identità forte, è avvertita dagli operatori come altro bisogno fondamentale dei giovani de lla città di Napoli. Emerge la necessità di supportare i giovani, attraverso il potenz iamento ed il rinnovamento delle agenzie formative, nel percorso che li vede impegnati appunto nella costruzione di un'identità, caratterizzata da un forte senso di appartenenza, strutturante e non vincolante, e da partecipazione alla vita cittadina. 24

172

Ibidcm.


3. Bisogni La Tav. 4. Giovani: bisogni elenca quelli che sono stati espressi come bisogni emergenti: informazione, formazione, progettualità mirata e aggregazione tra pari . TAVOLA

4. Formazione (acquisizione di competenze congrue al mercato del lavoro)

Informazione (accessibilità e trasparenza)

..

~

GIOVANI: BISOGNI

Il'

Progettualità mirata

1

Aggregazione tra pari

4. L'informazione Sembrano emergere elementi interessanti sul rapporto dei giovani con le istituzioni e i servizi per i giovani. Il fatto che i giovani e le giovani della città non conoscono le attività e le iniziative di aggregazione che la stessa città offrè loro è il primo elemento che emerge. Dal profilo istituzionale e culturale si individua la presenza di una intensa attività creativo-culturale in cui i giovani sono protagonisti; si evince l'attività di centri giovani e sportelli informativi gestiti dal Comune, dall' Agenzia per l'impiego ecc. La loro conoscenza non sembra essere diffusa, ed in ogni caso tali centri non risultano essere punto di riferimento. Risulta infatti uno iato tra le risorse individuate e la conoscenza, nonché l'uso che i giovani ne hanno. In particolare tutti gli informatori chiave rilevano come problema di base la strutturale inaccessibilità alle informazioni ed ai percorsi di facilitazione dell'accesso al mondo del lavoro. 173


Sia 'i servizi' che le istituzioni che hanno attivato iniziative mirate non risultano essere riferimento per la popolazione giovanile. Anche in riferimento all'area r icreativo-culturale le attività musicali e creative sembrano susseguirsi in locali e cantine in particolare del Centro antico; numerose sono le associazioni di giovani che gestiscono spazi e iniziative ma i giovani sembrano prevalentemente descrivere un universo privo di risorse e di opportunità. Progetti e opportunità illustrati dagli «esperti» intervistati echeggiano solo lontanamente nelle parole dei partecipanti ai focus. Le opportunità previste da recenti legislazioni, di cui nel paragrafo su giovani e lavoro si dà un breve elenco sono solo parzialmente note. «Napoli offre poco ai giovani» è un refrain ricorrente. Esso esprime sia una percezione stereotipata di sé e del luogo di riferimento, ma apre anche l'interrogativo sui percorsi comunicativi che agiscono all'interno dell'universo giovanile e tra i giovani, l'ente locale e le istituzioni. Ciò è ancora più necessario perché le istituzioni individuate nella elaborazione dei profili della città (v. Tav. 5) risultano totalmente assenti sia nel discorso degli operatori chiave che nelle parole dei giovani dei gruppi di discussione focalizzata. TAVOLA

5. Risorse mirate per i giovani della città

INFORMAGIOVANI Ente: Comune di Napoli - Assessorato alla Dignità Vico Sottomonte ai Ventaglieri (ex chiesa) 80135 Napoli - Tel./fax 0815442771 Orari di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00 Sportello informativo su : scuola e forrnazione (scuola media superiore, formazione professionale, università e diritto allo studio); lavoro (legislazione, come cercare lavoro e concorsi); estero (lavorare e studiare all 'estero, soggiorni alla pari, campi di lavoro volontario e lavoro temporaneo all 'estero); vita sociale (volontariato locale ed internazionale, indicazioni su strutture e servizi sociali sanitari, servizio di leva, obiezione di coscienza, ecologia e ambiente, pace e cooperazione); cultura e tempo libero (associazioni, centri, circoli, biblioteche e musei, strutture ricreative, arti visive, teatro, musica, danza, autorganizzarsi); vacanze (vacanze finalizzate e sportive, centri di vacanza e turismo giovanile); sport (federazioni, associazioni, polisportive e club, praticare gli sport); Europa (programmi europei nei settori educazione, formazione e gioventù). VOLINFORMA Ente: Comune di Napoli - Sede Via Amato da Montecassino - Te!. 08 I 5491161

Apertura al pubblico: Lunedì ore 13.00-17.00 Mercoledì e Venerdì ore 9.00-13.00 174


L' uflicio del Yolinl'orrna svolge fun zioni di moniloraggio sulle atLività sociali de lle assoc iazioni di volontariato, degl i e nti pubblici, delle cooperative sociali e associazioni culturali ; offre informazioni a tali associazion i sui progetti ed eventuali corsi di interesse per le atlività da loro svolte. lnoltre collabora con r AssessoraLo alla Trasparenza. Da un ann o partecipa al tavolo di lotta all'esclusione sociale. Le informazioni vengono divulgate anche a cilladini che vogliono svolgere vo lontariato, indiri zzando questi ultimi presso gli enti da lo ro conosciuti . Un bollettino informativo viene redatto bimestralmentc, in collaborazione con Gcsco Campania. Presso la loro sede è presente una bib lioteca.

I.G. Comune di Napoli -Agenzia per l' imprenditorialità giovanile Calata San Marco 13 - Tel. 08155 J 3545 Attività: Informazioni preliminari e assistenza tecnica alla realizzazione progetti in applicazione leggi 44/86 ora 95/95 e 236/93 (promozione e assistenza imprenditoria li tà di giovani tra 19-29 anni e 18-35) - 608/96 art. 9septies: (promozione inserimento presso studi professionali e/o aziende di giovani tra 19-32 anni ecc).

Sportello imprese Ente: Comune di Napoli Sede: Quartieri spagnoli-Sanità Tel. 0815441595-08 1400766 lun. 16-18 - mere. 15-19 - ven. 9- 14 Attività: distribuzione moduli per accedere al prestito d 'onore e leggi promozione lavoro Lavoro interinale: Manpower Società multinazionale americana leader ne lla fornitura di lavoro temporaneo Napoli : Centro Direzionale - Via Pessina 90 - Tel. 0815640790 Attività: individua lavoro temporaneo, individua la persona e ne verifica le attitudin i, valorizza l' individuo con la formazione, lo assume per tempo breve.

Quandoccorre Interinale SpA Ce ntro Direzionale is. FJ1 Napoli - Te! 0815628443 Adecco

Agenzia di Napoli: Via Crispi 52 - Tel. 0817618829 - Fax 08176 18831 E inoltre: Ergon line corso Umberto I - Tel. 0815528549 Gevi Centro Direzionale isola G I - Tel. 0 8 1/7879356 Innovex Staff Service Centro Direzional e edificio E5 - Tel. 0817782114 Interim 25 Italia Centro Direzionale Isola G7; Obiettivo lavoro via C. Grande 32 - Tel. 08 1203268 175


CGIL Nuove Identità Lavoro Sportello informativo rivolto a sostenere lavoratori parasubordinati, collaboratori occasional i e coordinati continuativi, lavoratori interinali , stagisti, impiegati in borse lavoro, Pip, e Lpu. Cgil NIDIL Napoli Via Torino 16, Tr 081-785630 1-323-225 Lun.-Ven. I 7,30-20,00; mere: I 0,00-13.00.

Servizi e pmgetti specifici di: Agenzia per l'impiego (Via Vespucci 172), Servizio regionale di orientamento professionale, Asi NA I (finestra giovani Secondigliano ecc); Centri sociali quali Dams, Officina '99, Centri ricreativi e per il tempo libero. Strutture a carattere sanitario, Consultori Familiari, Sert (Asl NA I), Istituzioni e Strutture educative e culturali (Servizi di Volontariato e autogestiti), Centri di Servizio Sociale (Comune di Napoli) ecc., Servizi sportivi e palestre, parrocchie ecc.

Necessita verificare se tale fenomeno è omogeneo nei diversi quartieri, e se sia sovrarappresentato in particolare tra alcuni gruppi . Quali forme di sostegno alla comunicazione debbano attivarsi è la domanda da porsi. L' aumento di informazione non corri sponde all'incremento di accessibilità. Tamburlino si sofferma in particolare sulla necessità di «potenziare le forme di mediazione in quanto più informazione c'è meno è leggibile e pertanto è necessario aumentare consulenza e agenzie di informazione sul tema del lavoro» zs_ Afferma Nicolaus: «È evidente che lo sforzo fatto dalle Istituzioni ha prodotto in questi ultimi molteplicità di agenzie, sportelli, centri, luoghi deputati all'informazione rivolta ai giovani. Come dunque interpretare questo fenomeno e quali misure prendere? In questi casi, in genere, ci si interroga sulla chiarezza della comunicazione, sulla quantità di notizie fomite, sulla sua trasparenza e accessibilità istituzionale. Tutti elementi da prendere in considerazione. Ma credo che dobbiamo affrontare la questione anche da un altro

punto di vista. Credo si tratti, innanzitutto, di mettere in discussione un modello di comunicazione che potremmo definire 'istruttivo'. Un modello cioè che si fonda su un'Idea unilaterale di intervento e comporta un approccio strategico di messa in opera di strumentazione tecnica specifica. Un esempio banale di come si operi secondo questo modello è fornito dall ' esperienza quotidiana, in cui l'organizzazione dei vari sportelli è tarata sull'esigenza degli operatori 25 Intervento seminario di valutazione esterna, febbraio 1999.

176


che vi lavorano e non su quelle degli utenti. Un modello di intervento che potremmo definire 'applicativo'. Tale modello produce un fenomeno che alcuni teorici definiscono informazione non istruttiva. Tutte le iniziative messe in atto si rifanno chi più chi meno a questo modello e non a caso tanta fortuna ha avuto il termine 'sportello' che bene incarna questa concezione. Non desta meraviglia perciò che i giovani non siano informati. Non si tratta solo di rendere più chiara e trasparente l'informazione e non basta nemmeno adeguare l'organizzazione ai bisogni degli utenti, sarebbe ora invece di mettere seriamente in discussione le premesse teoriche che portano a una informazione non istruttiva. La prospettiva che, solo sinteticamente, suggerisco di prendere in considerazione è invece quella che ritiene la comunicazione si crei nell'ascolto. Una posizione che viene chiamata sociocostruzionista che considera il risultato dell'intervento degli operatori e dei vari centri deputati come esito di un processo iterattivo tra i cui elementi costitutivi figurano i sistemi di significato e di rappresentazione simbolica di tutti i soggetti coinvolti, non presi separatamente, ma per come si coordinano nell'azione congiunta» 26. Se Nicolaus suggerisce nuove modalità di gestione, un'ulteriore domanda riporta alla modalità di gestione dell'informazione quanto al metodo, elemento di novità è nel proporre con forza la trasparenza nella intermediazione istituzionale, il che riporta alle responsabilità dei mediatori, operatori e istituzioni che collegano cittadino e risorse. Trattasi di maggiore chiarezza comunicativa, metodologia di comunicazione come suggerisce Nicolaus o anche e forse necessità di maggior trasparenza istituzionale?

5. Lavoro e formazione Un'ulteriore area in cui vengono identificati i bisogni dei giovani della città di Napoli è poi quella della formazione o come dicono alcuni della «pre-formazione». Si avverte uniformemente la necessità di essere maggiormente formati per saper meglio far fronte alle difficoltà specifiche che incontrano nella loro attività. Si evidenzia la necessità di acquisire competenze congruamente adeguate al mercato del lavoro. Si richiede pertanto alla scuola una funzione più specifica e maggiore interconnessione con le richieste del mercato del lavoro. 26 Jbidem.

177


Si riafferma come il forte investimento in formazione, previsto dalle diverse misure per la promozione di occupazione, ha avuto l'obiettivo concreto e contingente di creare consenso e non la acquisizione di competenze; erano · infatti proposte formative inserite in moduli passivizzanti; ben diverso il respiro formativo-progettuale proposto dalle iniziative della imprenditorialità giovanile. Rimane tuttavia a tutt'oggi la carenza di formazione tecnica: assenza di investimenti, mancanza di cultura che favorisca nuove aziende, mancanza di tecnici specializzati: è un circuito che si autoalimenta e rinforza del quale necessita trovare i punti deboli per innescare processi di depotenziamento.

6. Progettualità, autostima e imprenditorialità Gli approcci al lavoro e la modalità con cui i giovani sembrano fare affidamento sulle proprie capacità sono un ulteriore punto di interesse. Emerge l'esigenza di una più specifica formazione che li orienti , oltre la scuola dell'obbligo, all'auto-promozione, all'auto-impiego, in un percorso che, rendendoli capaci di modificare la qualità della propria vita e di reagire al secolare stato di impotenza, li metta in grado di allargare le loro opportunità. Nelle parole dei giovani emerge poi la massima sfiducia nelle proprie potenzialità. Il forte tasso di disoccupazione presente sembra accrescere aspettative 'salvifiche' verso istituzioni esterne verso le quali si mostra un atteggiamento passivo, attendista. La costruzione di iniziative, l'acquisizione di competenze specifiche carenti nel mercato del lavoro, la ricerca di mercati occupazionali più recettivi non sembrano rientrare nel patrimonio culturale dei giovani da noi contattati. L'apertura al mercato occupazionale fa emergere sfiducia nella possibilità di vedere riconosciute Je proprie capacità, basso livello di autostima, sensi di impotenza, mancanza di progettualità mirata. Si evidenzia per contro come il credere fermamente nella propria idea,

nella propria capacità/competenza sia una carta vincente per poter accedere al mondo del lavoro. Così per esperienza degli intervistati, i giovani che hanno avuto successo sono quelli che hanno costruito un proprio progetto esistenziale/lavorativo investendo realisticamente nello stesso, e magari condividendolo con altri, in modo da mettere in campo energie e risorse multiple. È questa la scommessa. Quella che, parafrasando Meldolesi, può essere considerata la realizzazione dell'improbabile possibile. «Tra possibile e pro178


babile c'è una differenza. Noi normalmente consideriamo una cosa che sia improbabile come impossibile, invece non è così. Cioè c'è una parte di cose che sono improbabili che sembra che non si possano fare, ma che in realtà sono possibili e noi andiamo proprio li a cercare qualcosa che è più di quello che vedono tutti, ma che non è impossibile. Improbabi le ma possibile, dunque noi siamo gli improbabil i ma possibili. Dobbiamo per forza legarci agli aspetti positivi che la cultura, la civilizzazione, l'economia, etc. hanno sedimentato nel tempo nel Mezzogiorno ... pretenderei che la cultura napoletana invece di continuare a guardare la luna s'incontrasse con questo popolo formica. Ecco questa è la mia speranza» 21. Punti forza risultano essere la fermezza e la flessibilità unitamente alla capacità di superare i tempi brevi delle iniziative e sapere reggere i tempi lunghi. In questo senso superare l'arte di arrangiarsi. Cazzimma ovvero capacità di cogliere le opportunità con determinazione è una risorsa individuale che andrebbe attivata per strategie dei tempi lunghi. Attenzione a parte merita la rabbia più volte nominata. È interessante rilevare che gli operatori chiave ritengono la capacità di aggregazione e la solidarietà risorse dei giovani, mentre per questi ultimi emerge piuttosto una forte dimensione di isolamento. Siamo ancora una volta come all'isolamento del napoletano che ha la famiglia e gli affetti come unica risorsa? Da un lato abbiamo spesso la scarsa motivazione, lo scarso investimento personale e gruppale nelle iniziative pensate e proposte, anche alla luce di una radicata incapacità di procrastinare nel tempo la realizzazione degli obiettivi prefissati. Dall'altro l'incapacità di essere flessibili, di modellarsi sulla plasticità che ormai caratterizza il mondo del lavoro. Ed in tal senso, come notato già a proposito di altre categorie, la logica assistenzialistica delle istituzioni, ma soprattutto della famiglia, agisce da deterrente rispetto all'innovazione; una logica che lega al passato al tradizionalismo, in senso negativo, come negazione dei mutamenti sociali ed economici, che chiedono

al giovane una differente apertura al nuovo. E perciò giunge a proposito il suggerimento di Lamanda di focalizzare l'attenzione sul fatto che la promozione e lo sviluppo di comunità richiedono di entrare in contatto con il diffuso sostrato carente di cultura e volontà di cambiamento e tenerne conto. Se è vero che nel 1997 la Regione Campania è quella che ha offerto il maggior numero di richieste per il prestito d'onore ciò va a merito di chi ha

27

Intervista, ricerca Napoli città competente, 1998. 179


promosso l'iniziativa legislativa, ma a live llo di percezione sociale diffusa molto è ancora da fare. In questo senso vanno potenziate e ulteriormente promosse tutte le iniziative legislative e de lla società civile per il supporto attivo alle politiche occupazionali. Si richiama Meldolesi 2s quando afferma la necessità di valorizzare il sapere fare diffuso e la capacità di commercializzazione, legalizzando il sommerso, richiamandolo, nel suo interesse, gradualmente nell' ambito nella legalità. In breve

Se vogliamo sintetizzare in poche parole chiave le risorse dei giovani da potenziare e su cui puntare esse sono competenza, flessibilità, tenacia, ovvero capacità di attivare nei tempi lunghi e specializzazione. Per quanto attiene specificamente i giovani vanno individuate e promosse le seguenti iniziative: a) Promuovere opportunità e risorse esistenti: 1. attivare circuiti informativi efficaci; 2. promuovere facilità di accesso, competenza nella risposta e sburocratizzazione delle procedure di attivazione. b) Attivare e supportare progetti e iniziative che consentano riconosci-

mento e affermazione anche attraverso un uso «saggio» dei circuiti familiari: 1. promuovere iniziative di sviluppo di comunità a livello di quartiere; 2. attivare e promuovere la formazione di operatori della società civile e la loro azione; 3. supportare e sviluppare la presenza di mediatori culturali, educatori di strada, manager di comunità e l'incremento di microprogetti di attivazione sociale autogestiti. e) Formazione, autopromozione e progettualità: l. sviluppare infine modelli formativi che consentano anche l'acquisizione di strumenti di autoaffermazione e sviluppo dell'autostima; 2. fornire formazione specializzata e imbrigliare la tradizionale forza e capacità di arrangiarsi nella acquisizione di competenze specializzate carenti ali' interno del mercato della formazione tradizionale; 3. fornire educazione e formazione nel senso di appoggiare i giovani a investire se stessi nella progettualità e imprenditorialità. In questo 28 Intervista,

180

ricerca Napoli città competente, 1998.


senso facilitare l'accesso a competenze gestionali e manageriali. Oltre alla richiesta di una maggiore e più adeguata formazione professionale, si propone l'attivazione di formazione che fornisca informazioni e preparazione che ricopra le varie fasi di gestione di una attività privata: competenze per la costituzione di associazioni , cooperative non profit, apertura di punti di vendita e attività commerciali; 4. creare sinergie istituzionali e professionali per affrontare i temi dell'occupazione con le risorse e conoscenze delle differenti discipline e diversi protagonisti dell'imprenditoria, delle istituzioni e della società civile. 7. Aggregazione, comunicazione È questo un aspetto che riporta alla necessità, ma anche alla capacità dei giovani di costruire processi aggregativi immediati e spontanei. Abbiamo ritrovato nella letteratura sulla città la dimensione di isolamento e autoriferimento del napoletano, unito a processi di aggregazione spontanea non finalizzata. Sono due elementi che convivono nella stessa natura. Si tratta di un isolamento nella socialità. Elemento ·di forza e di riferimento risulta essere l'appartenenza al quartiere. In altre realtà la vita del quartiere è unita allo scontro/incontro tra quartieri; si pensi al palio e alle contrade dell'Umbria e Toscana. Qui invece, forse anche per motivi banalmente orogeografici, le relazioni tra i quartieri sono inesistenti. La Sanità, Bagnoli, i Quartieri Spagnoli sono realtà tra loro separate, divise da barriere invisibili tra le quali non esiste alcuna comunicazione reciproca a livello commerciale, relazionale e culturale. Colpisce vedere che specie in passato alcuni negozi affermati avevano e hanno ùna propria sede al Vomero, a Chiaia e a Via Roma, ben consapevoli di rivolgersi a

target differenti di utenti: chi frequenta Chiaia non 'sale' al Vomero ecc. Nelle interviste viene da più parti evidenziata la forma che il fenomeno assume nella vita cittadina. I quartieri hanno luoghi di aggregazione omogenea e isomorfica: ogni rione ha la/le sue piazze in cui confluiscono i suoi abitanti. Il Centro storico vede invece luoghi di contaminazione tra quartieri e tra vecchie e nuove identità. Le strade di piazza del Gesù, piazza Bellini, piazza San Domenico costituiscono spazio di fermento culturale; piazza Vanvitelli e 181


dintorni sono invece luoghi in cui s i scontrano gruppi tra loro divers i: i giovani della medio borghesia del Vomere e quelli delle periferie, per i quali la nuova metropolitana ha costituito un ponte materiale verso il centro. La realtà culturale che sta attivando la vita del centro antico è un fenomeno nuovo e interessante. È questa una grande novità, perché anche i luoghi storici di aggregazione cittadina - lo stadio e la festa del lunedì in Albis alla Madonna del!' Arco - pur assumendo di fatto una dimensione corale, ad esse di fatto ogni rione o quartiere partecipa con forme proprie di aggregazione e comunicazione, vedono la copresenza di gruppi uniti da obiettivi comuni, ma perseguiti nell'isolamento delle proprie coordinate socioambientali di prove111enza. La funzione aggregante assunta dal centro antico è emblematica: altri spazi de lla città sono stati 'restituiti' alla città, pensiamo ad esempio al bellissimo complesso di Tarsia dove ha sede il Dams - tuttavia il restauro e la nuova destinazione d'uso non hanno accompagnato alcun processo di aggregazione e trasformazione sociale. Nella riqualificazione degli spazi urbani si pone così l' interessante questione: quale è il primo motore di aggregazione e socializzazione? Come individuarlo e attivarlo? Al momento sembrerebbe che un processo di riqualificazione urbana ha vita quando esiste già un gruppo sociale pronto a cogliere la dimensione innovativa e trasformativa dell'ambiente cittadino. Vogliamo dire che processi di riqualificazione urbana hanno vita solo se accompagnati e 'guidati' da processi di promozione di sviluppo.

8. Napoli, giovani e senso di comunità Impotenza e rabbia sono le prime emozioni che hanno colpito ne l leggere le interviste. Se avessimo intervistato Federico Salvatore e Peppe Lanzetta le loro parole aggiunte a quelle dei focus avrebbero cantato la voglia di essere e la difficoltà a realizzarlo. Per affrontare la specificità napoletana dei processi comunitari, oltre la dimensione isolamento/aggregazione di cui abbiamo già trattato nel paragrafo precedente in relazione alla appartenenza, sono da considerare la forte connessione emotiva unita alla insoddisfazione e impotenza (v. Tav. 6. Senso di comunità). Infatti come già espresso nel capitolo sul senso di comunità (cfr. pp. 11 47) emerge un forte legame emotivo che si veicola nello stare bene nei propri luoghi : apprezzarne il clima e le risorse ecc. a cui si unisce un forte senso di insoddisfazione, rabbia e impotenza per la propria collocazione. 182


TAVOLA

6.

Senso di appartenenza (isolamento; riferimento a sé o al quartiere; riconoscimento nello scontro)

Connessione emotiva: attaccamento evitante (Disprezzo; connessione in negativo)

·~

j~

SENSO DI COMUNITÀ ,i.

Senso di impotenza

'Il

Insoddisfazione dei bisogni: rabbia («Gridare la rabbia per costruire tutti qualcosa»)

Ciò determina quello che in linguaggio psicodinamico si chiama attaccamento evitante. È questa la forma di legame espressa dai bambini che non sentono di avere trovato valido riferimento nelle figure genitoriali e quindi, pur senza staccarsi dalla madre, mostrano apparente indifferenza, scarsa attenzione al suo rientro. Tuttavia dall'esame della Tav. 7. Città: risorse e limiti si può ben comprendere che la città e il suo sindaco hanno vinto la scommessa dell'immagine: la triade identità, immagine e riconoscimento è ormai una realtà che esprime nelle parole dei giovani, attraverso la valorizzazione dei luoghi di appartenenza, la connessione emotiva condivisa, processi di costruzione d'identità collettiva. Ciò che è ancora carente è la capacità di accrescere potere e influenza del singolo e della collettività, la capacità di soddisfare

bisogni di competenza e di raggiungere obiettivi individuati a tempi medi e lunghi. La città risulta essere per i suoi abitanti più giovani una grande risorsa di riferimento, che tuttavia non riesce a soddisfarne i bisogni. La tavola appena descritta è ben emblematica di questa doppia dimensione. Ci sembra tuttavia necessario soffermare l'attenzione sulle dimensioni soggettive qui delineate insieme alla descrizione dei processi aggregativi collettivi prima accennati in quanto progetti di sviluppo e di intervento sono 183


TAVOLA

7.

Valorizzazione dei luoghi

Connessione emotiva condivisa

Connessione dell'identità collettiva h

h

CITTÀ: RISORSE CITTÀ: LIMITI

,,

,,

Incapacità di accrescere potere e influenza del singolo e della collettività, anche attraverso processi partecipativi

Incapacità di soddisfare i bisogni di competenza e realizzazione di obiettivi predefiniti

efficaci solo se tengono conto del contesto di riferimento e delle modalità comunicative più diffuse. Prima di concludere, è il caso di richiamare la funzione della storia collettiva delineata nella prima parte del lavoro, in cui è stato esaminato più in generale il senso di comunità e di appartenenza alla città. Approfondire la conoscenza della storia della città da parte dei suoi abitanti come strumento per il superamento del rimosso e la costruzione di una salda identità collettiva. Come abbiamo già richiamato, la storia della città, ricca di valenti artisti, poeti, politici, filosofi di genere maschile e femminile ha perso le proprie tracce nella memoria popolare. Anche se esistono intellettuali colti e raffinati della borghesia cittadina con una ricca ed erudita conoscenza storica, manca una conoscenza diffusa di opere e personaggi che può dare solo una storia che sia patrimonio collettivo condiviso. Tale necessario recupero della memoria storica non ha per scopo l'erudizione storiografica, ma intende rendere patrimonio collettivo la memoria di vicende complesse, non sempre felici in cui donne e uomini hanno tuttavia combattuto con coraggio. Si richiama alla storia come strumento per la costruzione di memoria e di immagine. 184


In questo senso si propongono iniziative di approfondimento della storia locale nella scuola dell'obbligo e per l'aggiornamento obbligatorio degli insegnanti. Esse potrebbero essere fonte di ricchezza, strumento per la costruzione di identità collettiva in cui riconoscersi. Molte le iniziative da sostenere e promuovere. Tra le tante spontanee, che sempre più spesso si attivano, proponiamo alle scuole e alle famiglie di far visitare il Museo civico della città, invitiamo le associazioni culturali e le circoscrizioni a promuovere iniziative di sensibilizzazione popolare ai luoghi. Alle Amministrazioni di trovare obiettivi di valorizzazione cittadina per l'uso del superenalotto. Invitiamo gli Enti locali a trovare idonea sistemazione alla mostra di Amelio: Terrae motus, emblematica nel suo non avere posto nelle vicende che attengono la forza e la cultura della città. A conclusione della raccolta dati, delle interviste e della ridiscussione delle trascrizioni sembra si possa concludere con il proporre l'utilità di ulteriori ricerche di comunità in aree specifiche della città quale supporto alle progettualità già in corso, nell'applicazione di Urban, o dell'utilizzo di finanziamenti mirati per la promozione di sviluppo territoriale. Sembra inoltre che i dati raccolti in questa ricerca indichino un dato valido per l'intera città: l'immagine e l'identità di Napoli sono oggi una realtà acquisita; sempre più iniziative di recupero della storia e del passato; alto accesso di turisti; recupero di una identità sociale riconosciuta. Manca del tutto la costruzione e realizzazione di progetti in cui credere; per riandare allo schema riepilogativo del senso di comunità: identità e connessione sono dati acquisiti. Progettualità, fiducia e soddisfazione per le realizzazioni attuate sono la scommessa da costruire.

185



PARTE TERZA

METODOLOGIA E PROCEDURE DI RICERCA C. Arcidiacono, M. Sommantico, F. Procentese



I. Metodologia, procedure e attività*

L'orientamento metodologico che guida la ricerca fa riferimento all'approccio di Rappaport nella ricerca naturalistica. È questo un paradigma che cerca di combinare i criteri della ricerca di base con le esigenze della ricerca sul campo. L'ambizione, seguendo Rappaport, è quella di sperimentare nuovi criteri di ricerca e non solo attuare un'imitazione povera delle configurazioni della ricerca di base. Lo schema seguente riporta i principi, per noi di riferimento, che l' autore raccomanda di seguire (v. Tav. 1): TAVOLA

l. Criteri paralleli per l'attendibilità nella ricerca naturalistica applicabile ad un programma di empowerment

Questioni basi/tiri

Cri/eri di rigore nel paradigma domùuulle

Per ovvù1re il problenw di:

Valore vero

Validità interna

Confutabilità

Controllo o Randomizzazione

Credibilità Impegno ed osservazione prolungati, triangolazione di fonti e metodi; analisi dei casi negativi ed esame dei componenti

Singolarità

Campionamento rappresentativo

Trasferibilità Descrizione dettagliata per permettere ad altri di determinare la similarità a nuovi contesti Fiducia, Affidabilità (Dependability) Verifica esterna del processo da parte di uno staff competente disinteressato

Applicabilità Validità esterna

Con la ternica del:

Coerenza

Attendibilità

Instabilità

Replicazione

Neutralità

Obiettività

Bias

Isolamento

Criteri ,w111ralis1ici paralleli per l'auendibilità

Confermahilità Verifica esterna dei risultati

Fome: Lincoln and Guba, 1986, in Rappaport, J., Empmverme11t Socia/ Agenda, 1990. * C. Arcidiacono, F. Procentese, M. Sommantico.

189


TAVOLA

2. Criteri unici di cuttenricirù per la ricerca con 1111 pmgra111111a di e111powerme11t

Criterio

Deji11iào11.e

fmparzialità (Fairness)

Rappresentazione delle costruzioni di realtà di tutti i parteci panti; negoziazioni aperte tra allori egualmente powerfid; informazioni complete disponibili per tutti i partecipanti; coinvolgimento informato, feed back e collaborazione continui

Validazione ontologica

Elevata consapevolezza di tutte le parti, inclusi i ricercatori, come complesso di fattori sociali, politici e culturali

Validazione educativa

Aumentata comprensione della realtà degli altri; attenzione particolare alla educazione dei partecipanti

Validazione attivativa (Catalytic) Inchiesta, comprensione e azione sono parti di un insieme collaborativo che dà voce ai «senza voce» Validità tangibile (Tactual)

La valutazione comprende la domanda «In chi favorisce un processo di empowerment questa ricerca?»; le persone cui è diretta sono collaboratori nell'uso di informazioni acquisite, non soggetti cui è applicata

Fonte: Lincoln and Guba, 1986, in Rappaport, J., Empowerment Socia/ Agenda, 1990

Al fine di adempiere ai criteri proposti da Rappaport si è dedicata attenzione alla raccolta dati nella triangolazione di fonti e metodi: raccolta dati, focus group, interviste, credibilità della ricerca. Si è cercato di seguire l'indicazione di dare conto delle procedure di ricerca attraverso la dettagliata descrizione delle fasi e dei processi decisionali; ciò è quanto soddisfa il criterio di trasferibilità della ricerca. Infatti il seguente rapporto descrive con accuratezza le fasi della ricerca, le decisioni assunte in relazione alle fonti da consultare, le persone da intervistare, le procedure di indagine da attivare.

190


TAVOLA

3. Metodologia della ricerca

FASE l Febb. 1997- Diagnosi giu. 1997 di comunità

Raccolta dati quantitativi

- Profilo psicologico (dinamiche affettive, sicurezza alletti- va. relazioni tra i gruppi , senso di comunità, appartenenza, solidarietà) - Pmjilo delllografico (classi di età. mobilità, fenomeni migratori , omogeneità-eterogeneità della popolazione, nascita, mo11alità, matrimonio) - Profilo lerriloriale (congestione, sedi lavorative, case sfitte, coabitazione. uso-riuso delle risorse esistenti, zone storico-artistiche) - Profilo is1i1Uz;io11a/e e dei servizi (servizi, istituzioni pubbliche e private. tipologia. accesso, prestazioni, area d' intervento di servizi ricreativo-culturali, socio-sanitari, educativi) - Profilo antropologico-culturale (atteggiamenti e predisposizioni nei confronti della realtà, valori della comunità, storie, simboli comuni nei gruppi etnici) - Profilo attivilà produttive (occupazione, sottoccupazione, lavoro nero/informale, settore d'occupazione, disoccupazione, creazione e mortalità d'impresa, produzione sommersa, accesso al credito, usura, pressione e innuenze della criminalità organizzata) Fonti dei dati relativi agli aspetti su menzionati: tesi di lau-, rea, stampa periodica, riviste specializzate, istituti di ricerca mirati , Università, Tribunale, Comune, Questura, Camera di Commercio, Confindustria, Sindacato, ISTAT, CENSIS, ecc. Creazione di una griglia per le interviste individuali e di gruppo (focus group)

Elaborazione strumenti Seminario di audit interna

Seminario di monitoraggio in iti nere dei ricercatori coinvolti nella ricerca

Redazione primo rapporto

Redazione di un rapporto intennedio, finalizzato all'analisi preliminare di quanto emerso

FASE Il Lug. 1997- Seminario giu. 1998 di audit esterna Raccolta dati qualitativi Prima elaborazione dati FASE III Lug. 1998- Restituzione febb. 1999 Conclusione

Seminario con il Comitato di audit esterna, volto alla valutazione delle procedure - Interviste a 30 operatori chiave (key-people) - Attivazione di 15 focus group a gruppi target privilegiati

Redazione di una iniziale sintesi del materiale emerso, da sottoporre a verifica nella successiva fase Seminario cittadino con i partecipanti alla ricerca e con i referenti della città per la valutazione dei dati raccolti e delle indicazioni emerse Redazione del rapporto fi nale comprendente: descrizione dei dati raccolti, analisi qualitativa e quantitativa degli stessi, individuazione ipotesi di intervento

191


La ricerca in tutte le sue fasi (v. Tav. 3) ha cercato di seguire l'agenda dell'empowerment proposta da Rappaport (v. Tav. 2). Al fine di soddisfare il criterio di imparzialità sono stati confrontati dati di enti di ricerca nazionale, con fonti cittadine; le fonti scritte sono state confrontate con quanto affermano esperti cittadini nel settore e i diretti interessati. L' intero materiale è stato verificato da un comitato esterno al processo e ai soggetti attivi nelle politiche della città. La ricerca si è avvalsa della collaborazione di giovani, associazioni, rappresentati di organismi, istituzionali e cosiddetti 'esperti grezzi' . L' intero lavoro è stato mirato a individuare soggetti tangibili (tactual validity) con i quali e per i quali i risultati del lavoro potessero avere efficacia concreta. In sintesi possiamo dire che il metodo utilizzato ha potuto soddisfare i criteri della validità ontologica, educativa, attivativa, tangibile e della imparzialità. Seguendo il modello di Cunningham (1976) per la ricerca intervento l'intero processo di ricerca si è svolto con fasi successive di lavoro, nelle quali ogni risultato è allo stesso tempo strumento per delineare gli obiettivi della fase seguente. La prima fase è stata dedicata alla costituzione della équipe di ricerca e alla raccolta della documentazione necessaria per costruire i profili della città. l. Costituzione dell'équipe

L'équipe è stata costituita da ricercatori formati alle metodologie della psicologia di comunità, a cui si può riconoscere il ruolo di membri attivi della città. La responsabile della ricerca è attiva nella integrazione progettuale di sociale e sanitario dell'Amministrazione comunale e dell'Ufficio studi e progettazione dell'Azienda Sanitaria Locale della città. I ricercatori hanno svolto tirocinio esperienziale in progetti di ricerca interistituzionali tra Tribunale dei minori, Comune, volontariato e Azienda Sanitaria; sono attivi in associazioni di volontariato per la riabilitazione e la prevenzione della violenza sui minori e in associazioni di autoaiuto per i diritti degli omosessuali e la prevenzione dell' Aids radicate nella realtà cittadina. L'intero staff di riferimento ha esperienza del mondo istituzionale educativo, riabilitativo e della gestione della devianza della città. 192


Per adempiere ai criteri di Rappaport sulla ricerca naturalistica è stato inoltre costituito un comitato esterno di valutazione del processo (External Process's Audit Commettee) composto da professori di psicologia di comunità esperti rispettivamente in ricerca qualitativa, e ricerca-partecipata che hanno garantito la qualità del processo di ricerca (Dependability). L'équipe raccoglie esperti formati ai principi dell'empowerment e della ricerca partecipata: essa è composta tra gli altri da Bruna Zani, dell'Università di Bologna, la cui ricerca è focalizzata sulle tematiche giovanili e che insieme alla sua équipe sta sperimentando l'utilizzo della grounded theory; Norma de Piccoli del dipartimento di psicologia dell'Università di Torino con esperienze nella attivazione e implementazione della progettazione del1' ente locale e delle associazioni per le cosiddette fasce deboli; Donata Francescato, dell'Università di Roma, che ha in corso diversi progetti nell'ambito della legge '44 finalizzati a costruire occasioni di empowerment individuale per giovani di aree disagiate e dismessi dal mondo lavorativo; Miretta Prezza che, sempre a Roma, porta avanti da anni una ricerca-intervento in collaborazione con architetti, forze sociali e istituzionali nella S3 circoscrizione di Roma finalizzata per il momento a creare una miglior vivibilità per i bambini del quartiere. Per assolvere alla richiesta di confirmability è stato infine costituito un secondo comitato denominato «External Product's Audit Commettee» che è costituito da persone attive nella comunità: testimoni privilegiati o partecipanti ai focus group e rappresentanti della società civile e della amministrazione della città. Tale gruppo è stato convocato per l'incontro con la città di valutazione della ricerca.

2. Raccolta dati ed elaborazione profili Per quanto riguarda la raccolta dei dati in relazione ai profili della città (v. parte I) un approccio multidimensionale alla lettura degli eventi sociali non può prescindere dal considerare l'interazione di fattori sociali, psicologici e ambientali. Non può bastare allora una mera estrapolazione dei dati quantitativi messi a dispos.izione dagli istituti cittadini e nazionali di ricerca. In presenza di scarse ricerche nell'area antropologico-psicologica la nostra attenzione è andata alla immagine della città che si può ricavare dalla letteratura e dalle arti espressive sulla città e sugli abitanti, in particolare quelle di anni più recenti anche in riferimento ai paradigmi con cui generalmente viene inteso il senso di comunità. 193


Tra i parametri di lettura della dimensione psicologica della città si è poi pensato di ricercare i fattori di protezione e quelli di vulnerabilità sociale. In questo senso si è cercato di capire chi sono i soggetti per i quali è possibile ipotizzare nuove forme di organizzazione, solidarietà e/o supporto e quali le strategie. Un progetto che abbia come fine ultimo lo sviluppo e la promozione (empowerment) della comunità metropolitana, essa stessa oggetto e soggetto della ricerca, ha a che fare quindi con lo sviluppo del sentimento di comunità e nello stesso tempo con la crescita della comunità come soggetto. Nella raccolta dei dati conoscitivi sulla città si è lavorato alla individuazione degli obiettivi prioritari; le ipotesi di ricerca sono state effettuate alla luce dei seguenti parametri: - importanza del/i problemi; - competenza nel farvi fronte; - potere di prendere decisioni. Le fonti utilizzate sono state: Tesi di laurea, stampa periodica, riviste specializzate, istituti di ricerca mirati, Università, Tribunale, Comune, Questura, Camera di Commercio, Confindustria, Sindacato, ISTAT, CENSIS ecc. L'esame della stampa cittadina e la lettura dei materiali via via repent1 hanno portato a focalizzare l'attenzione sui giovani e sulla vivibilità delle periferie. Tuttavia, la necessità di giungere a delle indicazioni 'spendibili' nell'intera area cittadina ha portato a prediligere l'attenzione alle tematiche giovanili. L'esame della letteratura ha portato a delineare le aree su cui focalizzare la ricerca. Vi era infatti consapevolezza che non si potesse indagare bisogni e risorse della città in senso generico; era necessario arrivare a individuare un ambito preferenziale d'indagine. In un primo momento si era pensato di in-

tervistare 'esperti della città in vari campi' e, alla luce delle loro considerazioni, procedere. Tuttavia poiché la letteratura sulla città risultava molto ricca - per diversi autori che si pensava di intervistare erano già disponibili pubblicazioni 1 - si è pensato di approfondire la lettura di indagini e ricerche già pubblicate ed effettuare alcuni gruppi focus preliminari in scuole superiori della città sul concetto di risorse e bisogni dei giovani di Napoli. l

194

Cfr. riferimenti bibliografici sulla città.


3. Seminario di valutazione delle procedure: 13-14 giugno 1997 A giugno, durante una prima fase di stabili zzazione della ricerca, si è pensato di organizzare un seminario di valutazione delle procedure in modo da mettere a confronto, con esperti di quello che era stato costituito come comitato di audit esterna del processo (External Audit Process 's Commettee) della ricerca, i vari passaggi metodologici approntati e le possibili modifiche da apportare al lavoro. Oltre alla responsabile del progetto 2 , ai membri del gruppo di ricerca sul campo 3 e a quelli del suddetto comitato 4, hanno partecipato al seminario docenti s e studenti interessati all'utilizzo della grounded theory e allo studio delle città. Il seminario è durato due giorni ed è stato organizzato in tre sessioni: I: Descrizione del lavoro svolto; II: Analisi delle metodologie proposte; III: Confronto fra varie tecniche di analisi qualitativa dei dati.

I sessione Durante la prima sessione lo staff di ricerca ha esposto le tappe teoriche e metodologiche del lavoro svolto, discutendo i nodi problematici emersi nello studio di una grande città. Sono state così analizzate le fasi di raccolta dati (attraverso letteratura e stampa quotidiana), di scelta degli informatori chiave sulla città di Napoli (leader formali ed informali), e di attuazione delle prime interviste e focus group.

Il sessione Durante la seconda sessione è stato effettuato un approfondimento metodologico che ha permesso di confrontare le esperienze dei vari esperti in materia di: scelta informatori chiave; utilizzo di specifiche domande nelle interviste semi-strutturate con gli informatori chiave; utilizzo di specifiche domande e conduzione di focus group. I lavori delle prime due sessioni hanno avuto come scopo precipuo di analizzare gli obiettivi e gli scopi della ricerca, alla luce dei quali definire le 2 C.

Arcidiacono (II Università degli Studi di Napoli). Procentese, M. Sommantico. 4 N. De Piccoli (Università degli Studi di Torino), G. Ferrari Bravo (Centro per le Famiglie - ASL Napoli I), D. Francescato (Uni versità degli Studi di Roma), M. Prezza (Università degli Studi di Roma), B. Zani (Università degli Studi di Bologna). 5 G. Petrillo (Un iversità degli Studi di Napoli). 3 F.

195


metodologie. Un problema esaminato è stato come raccogliere notizie significative per l'intera città senza essere generici o ovvi . Prezza evidenziava l' importanza di articolare operativamente i I passaggio dal generale al particolare; focalizzare le modalità e gli strumenti per passare dal generale al caso specifico. Si è discusso del target specifico da individuare a livello partecipato e sui risultati attesi alla fine dell'indagine; la novità e l'interesse che essi avrebbero potuto apportare. Anche la categoria giovani è risultata generica; bisognava riuscire a delineare la fascia giovanile per cui proporre progetti, ovvero quella in cui risultassero maggiori problemi, più elevate potenzialità di risorse, ridotta offerta di attenzione e servizi. In questo senso per Zani anche la categoria giovani inizialmente individuata è risultata troppo ampia: si è preferito definire una fascia d'età più ristretta (20-30) e una problematica prevalente: il lavoro ovvero la sua assenza e le modalità di attivazione nella ricerca e formazione. L'obiettivo di promuovere e individuare risorse e potenzialità ha portato l'attenzione su come far emergere dai focus le possibilità di essere attivi. Il concetto di potenzialità, risorsa, punto forza, nei primi focus di sperimentazione era sembrato risultare un concetto semanticamente estraneo. Il discorso sembrava molto più facile ad attivarsi appena si entrava nella dimensione del negativo: problemi, impotenze, impossibilità. In tal senso è stata formulata una proposta alternativa per un'ulteriore ricerca: studiare gli stili di coping e le strategie cognitive e affettive nell'affrontare il futuro. Si è puntualizzato che fosse necessario stare attenti a rivolgersi ai giovani facendo forza sulla loro esperienza specifica, evitando da un lato eccessive generalizzazioni (cosa offre Napoli ai giovani) e dall'altro il riferimento ad una sfera troppo personale (sto bene, perché ho una nuova fidanzata), ugualmente inutile per la ricerca. Francescato ha evidenziato la necessità di porre domande molto concrete del tipo: Se il Comune di Napoli dovesse dare a te e al gruppo dei tuoi amici cinquanta milioni che cosa faresti? Se dovessi aprire un nuovo servizio per i giovani della città che cosa faresti? L'obiettivo di ricerca si è via via articolato in sotto-obiettivi specifici; tra questi l'importanza di individuare i fattori di protezione e quelli di rischio. Sono stati esaminati i criteri secondo cui individuare gli esperti grezzi. Come e chi individuare quali referenti di sapere della città in relazione agli obiettivi prefissati? Bisognava riuscire ad arrivare al contatto con gli operatori chiave riferendosi a problematiche specifiche. Non sembrava opportuno individuare soggetti che potessero avere un'esperienza di vita su tutte le tematiche inerenti la vita della città. È emersa la necessità di non porre solo domande troppo aperte ma ipo196


tizzare richieste specifiche facendo attenzione alle parole da usare. È stataribadita l' importanza della competenza del conduttore di focus per raccogliere le proposte che emergono nel gruppo e restituirle. Individuare domande che non offrissero troppe generalizzazioni nella risposta e che non fossero strettamente legate all'esperienza soggettiva di quel momento a cui i partecipanti potessero rispondere con la propria esperienza. In particolare i due giorni di seminario hanno portato a un'ulteriore definizione dei testimoni privilegiati. Ili sessione

L'ultima sessione è stata infine dedicata all'analisi della tecnica di analisi qualitativa dei dati più efficace per la ricerca in oggetto. Sono state così messe a confronto metodologie quali: A.PD. (Analisi del discorso secondo la scuola di Ghiglione), Spad.T. (Analisi delle corrispondenze lessicali) e Grounded Theory (v. pp. 213-217). L'opportunità di aderire ai seminari della Prof. Zani sulla Grounded Theory ha permesso di utilizzare agevolmente adeguate metodologie informatiche.

4. Ridefinizione degli obiettivi e focalizzazione ad imbuto della ricerca

La ricerca si è caratterizzata per un continuo processo di costruzione di ipotesi e proposte di intervento alla luce delle competenze e problematiche via via individuate. Con il progressivo ridefinirsi degli obiettivi venivano anche selezionati osservatori privilegiati il cui contributo era più strettamente pertinente ai temi oggetto di indagine, così solo dopo aver ultimato la definizione dei profili della città sono state costruite le interviste e le ipotesi per i focus group. La prima fase della ricerca ha portato anzitutto alla restrizione dell'ambito di ricerca e ridefinizione degli obiettivi. Alla luce di quanto emerso dalla stampa quotidiana e dai rapporti di enti specifici si è focalizzata l'attenzione sull'area giovani e in particolare sulle problematiche connesse ali' avvio dell'attività lavorativa e problematiche di difficile occupazione (sottoccupazione, disoccupazione, lavoro nero). Il focus è sulla città, ma si vuole avviare uno studio a partire dalla lettura che i giovani danno di se stessi e della città in cui vivono. Pertanto giovani con problematiche, desideri e speranze di cui sono portatori, sono sulla scena. Essi diventano così destinatari, ma allo stesso tempo attori della ricerca. 197


L'obiettivo s i è cosi focalizzato sulla acquisizione di nuove conoscenze sui giovani della città di Napoli la cui lettura permetta di individuare risorse e aree di intervento specifiche, al fine di promuovere la costruzione di una città competente. Per valutare le possibilità emergenti si è voluto tenere conto di risorse, bisogni e competenze unitamente alla valutazione che i giovani di Napoli attribuiscono alle proprie potenzialità, ovvero al proprio senso di autostima.

5. Interviste con gli operatori chiave e focus group Molta attenzione è stata dedicata ali' individuazione dei testimoni e dei gruppi da intervistare.

Attori della ricerca sono in senso lato gli abitanti della città e in forma più diretta organizzazioni, enti, gruppi, associazioni che svolgono al suo interno iniziative e attività di promozione e svi luppo sociale, i quali assumono la funzione di «operatori chiave» per la conoscenza della vita cittadina. Secondo la letteratura nazionale ed internazionale esistente nell'ambito della Psicologia di Comunità, diviene necessario nella promozione di un processo di ricerca-intervento in una comunità «includere nella sua evoluzione quelle parti che lo possono influenzare e/o ostacolare o che ne sono influenzate» 6. Partendo dalla definizione di comunità come sistema che dipende dal funzionamento delle sue parti, possiamo osservare che è allora l'interazione tra queste (quella geografica, quella fisica, quella economica, quella politica, quella psicologia, ecc.) che produce la cultura ed i problemi stessi della comunità. Una risposta a ciò è fornita dalla tecnica degli informatori chiave, che cerca appunto persone, leader e gruppi che influenzano il processo di interazione nell'ambito della comunità. Gli autori fanno allora riferimento a due tipologie di soggetti: - in, ossia quelli che contano molto - out, ossia quelli che hanno poco potere.

6R. MARTINI e

198

R. SEQUI, 1988.


TAVOLA

4. Tipologie di soggetti individuate da Martini e Sequi ( 1988) POLITICI-IN Politici che gestiscono il potere

COMMUNITY-IN Leader riconosciuti

Servizi sociali del territorio

Affari e commercio

Community-out

Minoranze sociali senza potere

Minoranze sociali senza potere

Persone che danno aiuto in modo informale

Dall' analisi della tavola 4 su riportata emergono quindi delle sottocategorie rispetto alle due tipologie fondamentali.

IN:

-

leader riconosciuti politici che gestiscono il potere servizi sociali del territorio affari e commercio

OUT: - minoranze sociali senza potere - minoranze politiche - persone che danno aiuto in modo informale 199


Sono state così effettuate interv iste con almeno 30 figure chiave della città, individuate tra leader informali, leader istituzional i, operatori degli affari e del commercio, servizi sociali e istituzioni del territorio, associazioni e gruppi di aiuto informale, minoranze politiche e sociali senza potere. 5.1. Grounded theory e interviste

Tutte le inte rviste sono state analizzate secondo l'approcci o della grounded theory, metodologia di anali si qualitativa dei materiali testual i. Per l'analisi delle interviste effettuate sono state allora identificate 12 categorie generali (alcune delle qual i contenenti delle sottocategorie) o aree di interesse, a partire dallo schema di strumento (intervista semi-strutturata) da noi approntato (v. allegato I). Solo l'avere costantemente sottoposto a revisione il testo dell'intervista ci ha permesso di arrivare alla definizione di uno strumento c he soddisfa vari criteri: - capire le percezioni soggettive del/i problema/i, il personale punto di vista sullo strutturarsi di quel/i problema/i (compresi fattori coagenti), il pensiero circa fattori di soluzione positiva dello/gli stesso/i (le risorse, personali e cittadine), ecc.; - raccogliere informazioni circa leader formali ed informali o sugli aggregati e su que lle persone che possono essere identificate come altri operatori chiave; - comprendere la disponibilità dell'intervistato per una partecipazione alla ricerca-intervento, ossia capire a quale livello lo stesso vuole essere coinvolto. Le categorie sono così distinte: 5 relative ai giovani in generale [bisogni, punti di debolezza, punti di forza, valori (con la sottocategoria senso del tempo), senso di comunità (con le sottocategorie appartenenza, empowerment, riconoscimento, connessione, confini)], 3 relative alla città di Napoli (risorse esistenti, proposte, risorse da attivare), 3 relative alla dimensione lavorativa nel mondo giovanile (doti e risorse, difficoltà, proposte), ed una che racchiude in sé la sintesi delle interviste (bisogni e risorse). Il materiale raccolto è stato poi confrontato con i dati della letteratura e quelli emersi dai focus. Da una prima serie di categorie definite, si è passati ad una ridefinizione del numero delle stesse come emerge dalla pagina seguente. 200


TAVOLA 5A.

Napoli: città competente INTERVISTE KEY-PEOPLE

i Città

N

o

Risorse esistenti

IProposte I

attivare


~ N

TAVOLA 5B.

Napoli: città competente INTERVISTE KEY-PEOPLE

i Database

I Bisogni I

Giovani

Città

__ _..

Risorse. esistenti

IProposte I

Risors e da attivare


5.2. Interviste di gruppo focalizzate Il gruppo focus è una tecnica che viene utilizzata per individuare problemi e risorse attraverso un' intervista di gruppo foca! izzata su di uno specifico tema (cfr. pp. 219-228). Nella ricerca intervento il metodo del focus group è una tecnica molto efficace, nel nostro studio ci permette di: - Capire come i giovani napoletani percepiscono il problema lavoro nella propria città, il loro punto di vista emergente sullo strutturarsi di questi problemi; - Comprendere il pensiero circa fattori di soluzione positiva degli stessi (risorse personali e cittadine); - Capire come è affrontato il problema del lavoro e quali risorse è possibile mettere in campo; - Quali le proposte dei giovani napoletani. L'utilizzo dei focus group ci offre la possibilità di far emergere delle idee su possibili proposte per l'attivazione delle risorse esistenti in città e creare nuove opportunità per i giovani napoletani, come pure la considerazione delle problematiche percepite da questi ultimi per pensare e progettare delle soluzioni possibili ed efficaci. È stato poi effettuato il confronto tra la percezione da parte degli operatori chiave intervistati, degli adulti «con potere» anche decisionale in ambito di soluzioni strategiche della città, e quella dei giovani riscontrata nei focus group. I focus group sono formati da giovani dai 20 ai 29 anni delle diverse zone della città e con esperienza diverse nel mondo del lavoro, per cui abbiamo i seguenti gruppi di giovani: 1. universitari 2. disoccupati 3. lavoratori 4. giovani che svolgono lavoro nero 5. giovani donne 6. volontari.

Le aree di interesse sono state individuate in 9. Le categorie indagate sono così distinte: 2 relative ai giovani in generale (punti deboli, punti di forza), 4 relative alla città di Napoli (risorse esistenti, problemi, proposte, risorse da attivare), 3 relative alla dimensione lavorativa per i giovani (doti e risorse, difficoltà, proposte), ed una che racchiude in sé la sintesi delle discussioni (bisogni e risorse). 203


~

T AVOLA 6A.

4',,

Napoli: cittĂ competente

FOCUS GROUP

Database

Giovani

Risorse.

esistenti

CittĂ

[ Proposte[

Risorse da attivare

[ Problemi I


TAVOLA 6B.

Napoli: città competente FOCUS GROUP

i Giovani

N

o

Vl

Città

Risorse esistenti

Proposte

Risorse da attivare

Problemi


Il lavoro viene svolto con un gruppo costituito da I O, al massimo 15 persone, in un tempo di circa una, due ore. È interessante rilevare, come più avanti descritto (cfr. cap. 2 e 3), che, sia in riferimento ai focus che alle interviste con osservatori - privilegiati, la raccolta dei dati si è sovrapposta a quella della analisi. l primi focus sono stati subito esaminati e ciò ha portato a meglio indirizzare le domande focalizzando gli ambiti d ' indagine di quelli seguenti e così via. È stato attivato un processo circolare di raccolta ed esame dei materiali che ha portato attraverso l'esame dei focus e delle interviste alla ridefinizione delle griglie delle interviste e delle domande dei focus proposte. Ciò è accaduto quando una tematica è risultata 'satura' ovvero stabilmente ripetitiva nella descrizione, quando si evidenziava la necessità di superare la frequente genericità delle risposte, quando invece emergevano nuovi specifici sotto-temi di indagine. La possibile diversità dei soggetti interessati nella esposizione al tema ha fatto ipotizzare che fosse necessario un congruo numero (totale focu s effettuati) di focus group, e che pertanto non fosse possibile saturare il tema con 3-max 4 di discussione, come la letteratura sembrerebbe indicare sufficienti. Anche in questo caso, da una prima serie di categorie definite, si è passati ad una ridefinizione del numero delle stesse come emerge dalla pagina seguente. 6. Strumento di analisi dei materiali Per l' analisi dei dati testuali raccolti (interviste e focus group) si è utilizzato il QSR Nud. Ist., un metodo informatico la cui caratteristica è quella di creare gerarchie di codici. Al momento risulta essere il software più avanzato come analisi basata sull'indicizzazione (codifica) dei contenuti. La parola Nud. Ist. significa «Nonnumerical Unstructured Data-Indexing, Searching and Theorizing» ed indica però che serve per lavorare su dati non numerici, qualitativi e non strutturati. L'obiettivo è quello di provvedere alla loro indic izzazione, per trarne possibili indicizzazioni. QSR Nud. 1st. provvede a creare un index system dei dati, a stabilire e verificare i legami fra i concetti, i fatti, le categorie. Il sistema di indice è organizzato con una struttura ad albero che favorisce al massimo l'approccio sociologico ai dati per finalità interpretative. 7. Destinatari Per la metodologia con cui è organizzata, la ricerca si caratterizza come primo momento di un processo di ricerca-intervento; pertanto destinatari, ma 206


allo stesso tempo attori della ricerca, sono in senso lato gl i abitanti della città e in forma più diretta organ izzazioni, enti, gruppi, associazioni che svolgono al suo interno iniziative e attività di promozione e sviluppo sociale, i quali assumono la funzione di «operatori chiave» per la conoscenza della vita cittadina.

8. Seminario di valutazione con la città: 5 febbraio 1999 Le indicazioni raccolte sono state presentate ad un Comitato di valutazione esterna (External Audit Commettee): lo scopo è stato quello di implementare e verificare i risultati della ricerca tenendo conto di tutti i commenti e riflessioni che la ricerca ha stimolato nella popolazione attrice della ricerca stessa. L'incontro conclusivo del 5 febbraio 1999 è stato patrocinato e organizzato in collaborazione con l' Assessora alla Dignità del Comune di Napoli. Ad esso sono stati invitati rappresentanti di associazioni e agenzie pubbliche e private che si occupano di giovani in città (v. riquadro p. 208). Sono stati altresì invitati coloro che hanno partecipato alla ricerca in qualità di operatori chiave e partecipanti/protagonisti dei focus group insieme a studiosi della c ittà, rappresentanti delle istituzioni, partiti, associazioni e gruppi giovanili attivi nella città. Il seminario ha avuto funzione di verifica sul campo dei dati raccolti. Allo stesso tempo le elaborazioni formulate sono state restituite a coloro che hanno responsabilità decisionali nell'ambito delle politiche giovanili della città con particolare riguardo alla occupazione. Le indicazioni e le riflessioni proposte sono riportate nella I e nella II parte.

207


Comune di Napoli Assessorato alla dignità

Fondazione Laboratorio Mediterraneo

Napoli: Bisogni e risorse: Giovani e lavoro Venerdì 5 rebbrai o 1999 - ore I5. 30 Oltre il Chiostro, Centro di Cultura francescana - via S. Maria La Nova 44

ore 15.30 !\pertura dei lavori Arch. Michele Capasso (Presidente Fondazione Laboratorio Meditenaneo) Avv. Massimo della Campa (Presidente Fondazione Humaniter, Milano) Padre Giuseppe Reale ofm (Presidente Oltre il Chiostro) Introduzione: - Dotta M. Fortuna Incostante (Assessora alla Dignità del Comune <li Napoli) Presentazione risultati ricerca e metodologia di lavoro - Prof.a Caterina Arcidiacono (Presidente C.E Fondazione Laboratorio Mediterraneo, docente Psicologia di Comunità, II Università di Napoli) ore 16.30-18.30 Commento di alcuni dati emersi inerenti: Città Giovani e lavoro - Dott. Alfredo Tamborlini (Direttore Generale ISFOL, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) - Dott. Giulio Lamanda (U. T. V - Dipartimento Politiche di coesione, Ministero del Tesoro e Programmazione Economica) - Dott. Pietro de Padova, Dotta Patrizia Iaccarino (Responsabili Manpower Filiali Napoli-V. Pessina, e Caserta) - Prof. Oscar Nicolaus (Psicologo, C.N.R.) Città giovani e famiglia - Prof.a Marisa Sbandi (Docente di Teoria della Personalità, II Università di Napoli) - Prof.a Gabriella Gribaudi (Docente di Storia Contemporanea, facoltà di Sociologia, Università Federico II, Napoli) - Dott.a Gabriella Fenari Bravo (Psicologa ISPPREF, Centro per le Famiglie, CSRP Asi Na I)

Napoli: l'informazione e le iniziative per i giovani -Avv. Davide Barba (Presidente Arcigay Circolo Culturale Anlinoo) - Dott. Sergio d'Angelo (Responsabile Gesco Campania)

ore 18.30 Discussione. e dibattito Conclusioni - Dott. Gianni Attademo (R. Politiche giovanili, Assessorato alla Dignità, Comune di Napoli) - On. Prof Biagio de Giovanni (Presidente della Commissione Affari Istituzionali del Parlamento Europeo) 208


9. Riflessioni sul metodo Il lavoro svolto ha voluto soddisfare i criteri della credibilità, trasferibilità, affidabilità e confermabilità Si è cercato di rispondere al criterio della credibilità intesa quale validità interna attraverso la triangolazione di fonti (letteratura locale, nazionale e internazionale, operatori grezzi, protagonisti, ricercatori interni ed esterni al processo) e dei metodi (interviste individuali e di gruppo). Le lunghe discussioni della équipe di ricerca e il tempo complessivo di durata della ricerca danno il senso dei percorsi di rielaborazione e discussione che si è avuto del materiale via via raccolto. Con la descrizione dettagliata delle procedure (v. Tav. l ), di cui questo capitolo è la sintesi, si è provveduto ad esaurire il criterio della trasferibilità. Si è infatti dato voce ai percorsi dei processi decisionali all'interno della équipe di ricerca e nel confronto tra ricercatori e comitato di valutazione delle procedure. I verbali degli incontri, così come i materiali delle sessioni di lavoro dell'incontro intermedio di valutazione delle procedure (Vedi materiali di lavoro), hanno costituito parte integrante delle procedure di ricerca. A quanto finora descritto vanno aggiunti i tre capitoli seguenti, grounded theory, intervista di gruppo focalizzata e senso di comunità e realtà metropolitane complesse che hanno anch'essi funzione esplicativa, più dettagliata e mirata dei criteri guida seguiti. Si crede che tale impegno possa permettere la trasferibilità del lavoro svolto ad altri contesti o finalizzato ad altri obiettivi.

L'affidabilità delle procedure seguite è stata verificata con un'équipe esterna (External Process's Commettee) composta dai massimi esperti in Italia della psicologia di comunità. Probabilmente, nella impostazione della ricerca sarebbe stato interessante il confronto con équipe di ricerche sorte in differenti ambiti disciplinari attive in Italia nello stesso ambito di ricerca; probabilmente la diffusione di questo lavoro sarà strumento di opportuna comunicazione e scambio. Infine, il seminario di valutazione conclusiva ha voluto essere strumento di verifica esterna dei risultati ottenuti ed in questo senso soddisfare il criterio della confermabilità. Se ripercorriamo quelli che Rappaport (cfr. pp. 189-190) indica quali criteri di autenticità e validità per una ricerca finalizzata all'empowerment individuale e collettivo alcuni aspetti hanno avuto attenzione privilegiata. 209


_TAVOLA

7. Criteri teorico-metodologici seguiti 11e/l'attuazio11e della ricerca partecipata

Validità interna (paradigma dominante)

Impegno ed osservazione prolungati , tri angolazione di fonti e metodi

Criteri o soddisfatto <la: articolazione e ciclicità delle fasi della ricerca, triangolazione di fonti e metodi: raccolta dati letteralllra. focus group, interviste, individuazione e selezione delle metodologie di analisi dei dati

Descrizione dettagliata per permettere ad altri di determinare la similarità a nuovi contesti

Stesura di un rapporto che, nella descrizione dettagliata delle fas i di ricerca, delle decisioni assunte in relazione alle fonti da consultare, alle persone da intervistare, alle prncedure di indagine da attivare, pennetta ad altri di valutare l'adattamento del processo di ricerca ad altri contesti

Imparzialità (faimess)

Confronto fonti

altre

Confronto dei dati di e nti di ricerca nazionale con fonti cittadine; delle fonti scritte con quanto affermato da esperti cittadini nel settore e dai diretti interessati

Attendibilità (paradigma dominante)

Verifica esterna del processo da parte di uno staff competente disinteressato

Creazione di un Comitato di Audit Esterna (/:,xternal Audìt Committee), formato da esperti in metodologia della ricerca delle Università di Roma, Torino, Bologna, Napoli, col quale attivare valutazione e monitoraggio del processo e delle procedure di ricerca

lndividuazione del target della ricerca

Individuazione di soggetti tangibili con i quali e per i quali i risultati del lavoro

1 Credibilità

Validità esterna (paradigma dominante)

1 Trasferibilità

1

con

Affidabilità (dependability)

Validità tangibile (tactual)

possano avere efficacia concreta Obiettività (paradigma dominante)

l

Confermabilità

210

Verifica esterna dei n sultati

Seminario di restituzione di quanto emerso dalla ricerca, in un confronto con i soggetti attivi nelle politiche della città, i giovani, le associazioni , i rappresentanti di vari organismi istituzionali, ì cosiddetti 'esperti g rezzi'


Per consentire un respiro metropolitano molto impegno è stato profuso nel fare sì che la ricerca avesse una funzione attivati va nell'ambito della rete istituzionale e professionale rivolta ai giovani. In questo senso la collaborazione di istituzioni e associazioni nella giornata conclusiva del 5 febbraio 1999 è emblematica. Anche per quanto riguarda la validità tangibile essa sembra perseguita e raggiunta sempre attraverso l'incontro di valutazione dei risultati e la diffusione del presente rapporto di ricerca. Per meglio rispondere al criterio di validazione educativa si sarebbero dovute attivare iniziative strutturate di formazione con finalità educative, sempre nell'ambito dei temi esaminati, rivolte ai protagonisti della ricerca. In questo caso la ricerca avrebbe avuto una finalità diretta di cambiamento per i giovani che ad essa partecipavano. I ricercatori hanno, invece, avuto quale criterio costante il dare parola e raccogliere le voci di chi vive negli eventi ipotizzando insieme misure e indicazioni-guida da restituire alle associazioni stesse e alle istituzioni della città. In questo senso la ricerca è stata piuttosto strumento di conoscenza e competenza per gli organismi della società civile offrendo ad essa specifiche conoscenze in un'area significativa. Ricerca-intervento ha qui voluto significare strumento per innescare processi di cambiamento. La restituzione alle istituzioni e associazioni è stato lo strumento attraverso cui si è meglio agita la partecipazione alla vita della città. Il gruppo di ricerca ha avuto elevata consapevolezza delle realtà sociali, politiche e culturali in gioco (validazione ontologica) e ha cercato di esprimere atteggiamenti di imparzialità (faimess) nella individuazione degli esperti e della letteratura, ma data l'ampiezza del contesto di riferimento - l'intera realtà urbana - non è sembrato possibile coinvolgere un numero maggiore di interlocutori, né esaminare l'intera letteratura disponibile. Probabilmente l'attivazione di iniziative mirate nell'ambito delle indicazioni emerse dall'intero lavoro potranno favorire processi educativi numericamente più diffusi e specificamente mirati. Affrontare i bisogni di una grossa area metropolitana ha fatto sì che la ricerca si è posta come strumento per dare voce a realtà ritenute significative, nelle quali risultasse necessario istituire ipotesi di cambiamento. Più specificamente i risultati raccolti dovrebbero poter esser d'aiuto nella programma2ll


zione istituzionale e delle associazioni, nonchÊ di guida e orientamento alle iniziative private. ¡ In questo senso se soddisfare prioritariamente una finalità educativa risponde all'esigenza di offrire un'occasione di empowerment individuale, il nostro lavoro ha voluto essere piuttosto stmmento di empowerment collettivo.

212


II. La grounded theory *

Con grounded theory s'intende una teoria interamente fondata sui dati, una teoria derivata in maniera induttiva dallo studio del fenomeno, l'insieme delle procedure usate per costruire questa teoria a partire dai dati, come da definizione degli stessi autori (Glaser, Strauss, 1967). Quando si parla di teoria non si intendono le teorie formali ma una substantive theory, una spiegazione, un'interpretazione di un fenomeno specifico che ha la particolarità di essere costruita in fonna di teoria. La grounded theory mira a costruire un'interpretazione di un fenomeno, di un · problema, formulandola sotto forma di teoria esplicativa, quindi individuando una serie di concetti esplicativi e collegando questi concetti fra loro attraverso una serie di relazioni che consentono di prevedere poi l'azione successiva, di orientarla. Il risultato che si ottiene con questo metodo è una formulazione, un'interpretazione di un fenomeno che può essere a livelli di generalità o di specificità diversi: il ricercatore può fermarsi semplicemente all'individuazione di alcuni concetti di base o può proseguire lavorando ulteriormente. Quando si afferma che questa teoria dev'essere derivata dai dati, si intende allora di non partire da una teoria precedente, da un'ipotesi che si vuole verificare, ma da un problema concreto e si cerca di lasciar parlare i dati, per quanto è possibile, senza cercare di imporre ipotesi o concetti preesistenti, forzando i dati ad entrare in queste categorie. Bisogna cercare di analizzare approfonditamente i dati lasciando che le idee emergano dai dati

stessi. La grounded theory, oltre ad essere un orientamento generale ed epistemologico alla ricerca, è anche un insieme di procedure metodologiche di analisi dei dati. Nel processo di ricerca seguendo questo approccio si parte da un problema, di carattere concreto, per il quale non s'intravedono delle risposte attraverso le teorie o i dati disponibili. Il problema secondo gli autori

* Massimiliano Sommantico. 213


dev'essere definito non in maniera troppo generale, ma neanche in maniera troppo specifica, deve consentire l'elaborazione di un ' ipotesi esplicati va. La definizione iniziale può essere modificata nel corso del processo della ricerca ed influenza la scelta delle procedure di raccolta dei dati. L'altra caratteristica specifica di questo metodo è che non vengono separate in maniera netta la fase di raccolta dei dati da quella d'analisi: s' inizia ad analizzare i dati non appena sono disponibili, cioè nel corso del processo della ricerca. Quindi la relazione che c'è tra raccolta e analisi è a spirale e gli autori suggeriscono di cominciare subito ad analizzare i dati, costruire una prima interpretazione provvisoria, poi andare avanti, raccogliere altri dati per verificare questa formulazione che si modifica alla luce dei dati trovando un'altra teoria riveduta, poi di nuovo si torna ai dati, in un processo quindi di tipo circolare che termina quando la formulazione che si ottiene sarà giudicata sufficiente per spiegare i dati disponibili. Cioè uno dei criteri per valutare la validità di una teoria è il fit della teoria con i dati: cioè la teoria che s i ottiene dev'essere adeguata per spiegare quei particolari dati su cui si fonda. Ultimo punto rilevante è che la validazione non è fatta solo dal ricercatore; uno dei criteri di validità che vengono accettati per questo tipo di ricerca è che la teoria deve avere un senso non solo per il ricercatore, ma anche per i soggetti stessi della ricerca. In tal senso è prevista la restituzione del materiale emerso dall'analisi ai destinatari della ricerca-intervento (cfr. Tav. 1).

1. Codifiche Dal punto di vista operativo, l' analisi dei dati con questa metodologia viene effettuata attraverso tre tipi di codifiche. La prima è la codifica aperta, e la fase essenziale consiste essenzialmente nel prendere familiarità col materiale; si leggono più volte le interviste, si cerca di familiarizzare, di conoscere bene i materiali di cui ci si sta occupando. Questo tipo di codifica consiste nello scomporre i dati, individuare, identificare, denominare e categorizzare il materiale disponibile; queste categorie vanno poste a confronto tra loro: casi si mili vengono raggruppati formando categorie più generali e s'individuano le proprietà di queste categorie. In questa fase si finisce con un insieme di categorie ancora slegate tra loro. Nella fase successiva si vuole di ricomporre queste categorie cercando delle relazioni significative e seguendo quello che gli autori chiamano il modello paradigmatico, che è un modello che specifica le collocazioni, nonché 214


TAVOLA

I . La grounded theory NOVE PASSI NELLA COSTRUZIONE DELLA GROUNDED THEORY

Fasi Disegno di ricerca

Passi

1 Rivisitazione della letteratura tecnica; definizione delle ipotesi di ricerca; definizioni dei costrutti a priori; sforzi focalizzati; esclusione delle variazioni irrilevanti e intensificazione della validità esterna

Reperimento dei dati

2

Selezione dei casi; campioname nto teorico e non randomizzato; sforzi focalizzati sui casi più frequenti teoricamente

3

Sviluppo di un rigoroso protocollo di raccolta dati; creazione di un database sullo studio dei casi; utilizzo di molteplici metodi di raccolta dati; dati qualitativi e quantitativi; incremento dell 'attendibilità; incremento della validità di costrutto; rafforzamento delle basi della teoria attraverso la triangolazione dei risultati; aumento della validità interna

4 Ingresso nello specifico argomento; sovrapposizione dei metodi di raccolta dati; analisi veloci e utilizzo di utili modifiche alla raccolta dati; introdurre investigatori per avvantaggiarsi dei temi emergenti e delle caratteristiche dei casi unici

Ordinamento dei dati

5

Ordinamento dei dati; spiegazione cronologica degli eventi; facilitazione di più semplici analisi dei dati; introdurre un esame dei processi

Analisi dei dati

6

Anali si dei dati relativamente al primo caso; utilizzo della codifica aperta; utilizzo della codifica assiale; utilizzo della codifica selettiva; sviluppo di concetti, categorie e proprietà; svi luppo di connessioni tra una categoria e le sue sotto-categorie; integrazione delle categorie per costruire un framework teorico; tutte le forme di codifica aumentano la validità interna

7

Campionamento teorico; replicazione teorica e letterale tra i casi; confem1a, estensione e intensificazione del framework teorico

8 Raggiungere la conclusione; quando possibile, saturazione teorica; il processo finisce quando i miglioramenti apportabili diventano piccoli

Confronto con la letteratura

9

Confronto tra la teoria emergente e la letteratura esistente; confronto tra framework in conflitto; confronto con framework simili; migliorano le definizioni di costrutti, e la validità interna; migliora la validità esterna

Fonte: Pandit (1996)

215


lo status, di una categoria all'interno di una teoria esplicativa. li modello paradigmatico prevede un fenomeno, le condizioni causali di quel fenomeno, il contesto in cui si verifica, le condizioni intervenienti, le strategie di azione e interazione con cui è gestito e le conseguenze. Quindi per ciascuna categoria precedentemente individuata si cerca di costruire il legame che ha con tutte le altre, individuando quale di queste collocazioni assegnare alle categorie. L'ultima fase, la codifica selettiva, è la fase di codifica più astratta in cui si individua tra tutte le categorie precedenti quella centrale (core catego,y), che è fondamentalmente l'essenza del fenomeno che si sta indagando; è quella più inclusiva, quella più generale, e si stabiliscono tutte le connessioni tra questa e le altre, sempre seguendo il modello paradigmatico. Una volta arrivati a questa fase, passiamo ad una vera e propria formulazione. Questa è la fase più difficile, ricomporre tutti i dati. Una volta ricomposte le relazioni tra le diverse categorie l'obiettivo è quello di verificare la teoria complessiva. Si possono anche derivare delle ipotesi e andarle a verificare. Si va a testare l'intera teoria oppure delle singole categorie, delle singole relazioni che sono rimaste ancora poco definite e l'obiettivo finale è quello di trovare delle categorie che siano teoricamente sature. Il campionamento in questo metodo non è finalizzato a trovare un campione rappresentativo, ma è finalizzato alla costruzione delle categorie. Quindi si campionano i dati che permettono di saturare le stesse. Una categoria satura è una categoria che è applicabile ad un numero ampio di situazioni. È chiaro che il criterio della generalizzabilità viene comunque affrontato in questo metodo, però in modo diverso; cioè quanto più nella teoria risultante le categorie saranno sature, tanto più la teoria presenterà un livello di generalità che la renderà trasferibile. È infatti il criterio della trasferibilità che sostituisce quello di generalizzabilità in questo tipo di approccio. 2. Raccolta dati Quindi, ritornando allo schema di ricerca, si vede che le stesse fasi di raccolta e analisi dei dati cambiano nel corso del processo (cfr. Tav. 2). La raccolta è inizialmente aperta (open sampling) perché si raccolgono i dati rilevanti per la formulazione della teoria iniziale; successivamente il campionamento diviene relativo (variational o relational sampling), che significa che si raccolgono dati per validare delle relazioni specifiche all'interno del modello teorico, tra due concetti, concetti a due a due, oppure di verificare queste relazioni in contesti più ampi possibile. Alla fine il campionamento diventa discriminato (discriminate sampling), nel senso che si possono racco2 16


g liere dati per verificare in maniera selettiva, su una persona, un caso particolare, completare una delle categorie presenti nel modello generale. E questo spiega come mai possano cambiare nel corso di tutto il processo sia la definizione del problema che le procedure di raccolta de i dati. TAVOLA

2. Descrizione del metodo secondo gli autori

PUNTI PRINCIPALI DEL METODO DI GLASER E STRAUSS

1

Sviluppo degli schemi di codifica aperta per catturare dettagli, variazioni, complessità delle osservazioni e altri materiali ottenuti

2

Inizio della codifica più focalizzata delle categorie centrali selezionate

3

Costanti comparazioni nelle e tra le categorie (i l metodo della «constant comparison»)

4

Campionamento dei casi su basi teoriche durante il lavoro sull'argomento scelto per estendere le analisi emergenti

S

Definizione scritta delle categorie per spingere le analisi dal livello descrittivo ad uno più analitico

6

Appunti dei «memo» per esplorare i concetti emergenti e i legami con la teoria esistente

Fonte: Henwood and Pidgeon ( 1994).

/'

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III. Intervista di gruppo focalizzata*

Nel 1926 Bogardus pubblica un primo lavoro sui focus group; negli anni l'utilizzo dei focus è andato diffondendosi in diversi campi di indagine, dall'esame dei tentativi di propaganda di prodotti da vendere allo studio dei fattori di produttività dei gruppi di lavoro. Le interviste di gruppo venivano utilizzate per le indagini di marketing e nello stesso uso sono venute evidenziandosi, nel tempo, le potenzialità e l'utilizzo ulteriore di questa procedura. Merton è considerato il promotore dei focus group da lui utilizzati per conoscere il parere su un programma radiofonico; nell'articolo del 1987 egli delinea le procedure dell'intervista nei focus group; da allora la procedura è venuta affinandosi in seguito al sempre maggiore utilizzo nella ricerca sociale, acquisendo connotati specifici e propri tra le metodologie di lavoro di gruppo. Il focus group è essenzialmente un'intervista di gruppo su un argomento che il moderatore fornisce, traendo informazioni provenienti dall'interazione dei partecipanti stessi. L'uso dell'interazione tra i partecipanti al gruppo costituisce elemento caratterizzante dei focus group, infatti si traggono dati e informazioni che diversamente sarebbero ottenuti difficilmente. Il gruppo di discussione dà informazioni sulle opinioni e percezioni delle persone intervistate, rispetto alle problematiche e campi conoscitivi di interesse dei ricercatori; nel tempo sono stati utili per migliorare la pianificazione di interventi per fornire mezzi di valutazione e per la produzione di strategie di mercato, dunque sono stati utilizzati sia nel campo di ricerca sia per le indagini di mercato. Nelle differenti aree di studio e indagini l'utilizzo dei gruppi di discussione è stato diverso e vario per i vari ambiti di applicazione che hanno visto variare la tecnica stessa.

* Fortuna Procentesc.

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Morgan è uno degli studiosi che hanno dato un inquadramento teorico e di definizione della tecnica dei focus group, a lui si deve la più recente ed esaustiva rielaborazione metodologica (Morgan, 1997). Uno dei primi problemi posti dall ' autore è in riferimento al diverso utilizzo delle interviste di gruppo nell'individuazione di criteri in base ai quali differenziare i focus group dagli altri tipi di interviste di gruppo. L'approccio dell'autore allo studio delle interviste di gruppo è posto in una prospettiva globale che vede i gruppi di di scussione come tecnica di ricerca il cui utilizzo è determinato dagli scopi specifici di un progetto di ricerca. Martini e Sequi (1988) descrivono il focus group come una tecnica per comprendere le problematiche e i problemi dell' altro attraverso un'intervista di gruppo che consta di diversi momenti , quali: - costituzione di un gruppo di IO o 15 persone - individuazione dei problemi su cui lavorare (riportati su un cartellone per rendere visibile a tutto il gruppo il pensiero emerso) - discussione sulle problematiche sollevate - individuazione delle problematiche più rilevanti per il gruppo (tra i problemi emersi vengono scelti quelli che sono più importanti per il gruppo stesso, viene quindi effettuata una scelta da ogni componente del gruppo di almeno due problematiche) - comprensione attraverso la discussione della maggiore importanza di alcune problematiche - soluzioni possibili da proporre - soluzioni realizzabili (si ripercorre l' iter precedente per individuare una procedura possibile) . In tal caso gli autori utilizzano il focus group in situazioni di risoluzione di problemi avvalendosi di tecniche di problem solving7 e del brainstorming s per focalizzare l'attenzione dei partecipanti su determinate dimensioni di interesse del ricercatore e dei partecipanti in maniera da poter prospettare delle soluzioni possibili che vedano in accordo i membri del gruppo.

7 Il problem solving è una tecnica utilizzata per la ri soluzione dei problemi e si svolge attraverso diverse fasi che sono l' individuazione del problema, proporre soluzioni possibili e analisi degli aspetti positivi o negativi, scella della soluzione e indi viduazione dei mezzi per

attuarla e infine vi è la ve rifica dei ri sultati otte nuti.

8 Il brainstorming è una tecni ca che facilita l' espressione della fantasia attraverso la libera comuni cazione di proprie idee e pensieri.

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Vaughn et al. ( 1996) nel loro saggio sui focus group evidenziano le varie definizioni ed usi, di tale tecnica, da parte di diversi ricercatori; ciò che accomuna le diverse definizione sono i seguenti elementi: - il gruppo è un'assemblea informale di un certo target di persone che esprimono i loro punti di vista su un argomento di interesse del ricercatore; - il numero dei componenti del gruppo è da 6 a 12 membri, e presentano un'omogeneità rispetto a determinate caratteristiche; - un moderatore addestrato pone delle domande preparate al gruppo attraverso le quali induce le risposte dei partecipanti; - lo scopo è quello di sollecitare le percezioni, i sentimenti, le attitudini e le idee dei partecipanti su un certo argomento.

1. Importanza dell'interazione Ciò che caratterizza il focus group quale tecnica di intervista di gruppo, è la raccolta dei dati provenienti dall'interazione di gruppo su un argomento che il ricercatore stabilisce; ciò che si evidenzia sono le possibili similitudini e differenze nelle opinioni dei partecipanti. L'interazione dà la possibilità di riportare le esperienze dei partecipanti utili alla discussione come dato o come modalità di affrontare determinate dinamiche e mostra come le opinioni si incontrano, e si influenzano. Riferirsi alle proprie esperienze crea una maggiore vivacità nella discussione stessa. I partecipanti durante l'interazione mettono insieme le attitudini, opinioni ed esperienze, attraverso le quali il ricercatore può scoprire non solo quello che i partecipanti pensano, ma anche come lo pensano e perché lo pensano. L'accesso a queste informazioni è possibile grazie all'interazione del gruppo. «Il risultato più ovvio che è osservabile attraverso l'interazione (Morgan 1986; Morgan & Spanish, 1984, 1985) è il modo in cui i partecipanti rispondono gli uni agli altri: fornendo accordi e disaccordi, facendo domande e dando risposte, e così via. Di conseguenza, i partecipanti dei gruppi di discussione spesso dicono che l'aspetto più interessante delle loro discussioni è la possibilità di confrontarsi con le idee e le esperienze degli altri. Dal punto di vista del ricercatore, questo processo di condividere e paragonare fornisce la rara opportunità di raccogliere una prova diretta su come i partecipanti stessi capiscono le similitudini e le differenze. Durante l'interazione di gruppo si possono osservare forme di consenso e di differenziazione. 221


2. Composizione e conduzione

Un gruppo di discussione è generalmente composto da 6 a 12 partecipanti scelti per caratteristiche che interessano nello studio che ci si propone, spesso accomunati in quanto a condizione e status. L'omogeneità caratterizza il gruppo di discussione ed è data rispetto all 'età, razza, genere, istruzione, o particolari caratteristiche dei soggetti del gruppo, dal loro background. Tali caratteristiche assumono importanza in quanto determinano il tipo di interazione tra i partecipanti alla discussione, la forte diversità non offre la possibilità di condividere idee su cui è centrata la discussione. La possibilità di esprimersi, oltre ad essere garantita dall ' omogeneità, è data dal numero dei partecipanti al focus; i gruppi, infatti, sono piuttosto piccoli e ciò facilita la partecipazione di tutti i soggetti, che hanno modo di confrontarsi, esprimere le loro esperienze, discutere su di una particolare area di interesse per la durata di due ore massimo. La conduzione è affidata ad un moderatore esperto che guida la discussione svolgendo il compito di moderare, incoraggiare qualsias i tipo di commento, coinvolgendo le persone in una interazione sociale con una serie di discussioni . L'ascolto è una dimensione che riveste molta importanza, così come l'osservazione, sia per poter intuire e individuare le risposte già ottenute sia per coglierne altre interessanti per la ricerca. Infatti durante la discussione possono emergere argomenti irrilevanti e il moderatore deve ricondurre la conversazione sul punto di principale interesse, mantenendo alto l'interesse dei partecipanti. Un'altra persona ha il compito di osservare, prendere nota di elementi importanti; usa il registratore, gestisce le condizioni ambientali e logistiche; occasionalmente l'assistente può fare domande aggiuntive o, prima della fine della di scussione, intervenire per far puntualizzare aspetti ancora scoperti 9.

3. Il metodo induttivo

La tecnica del focus group è una procedura che utilizza il metodo induttivo attraverso il quale si comprendono dati relativi alla vita reale in un dato 9 Da ciò che emerge si può delineare una differenza con altri tipi di di scussione di gruppo e tra quelli più conosciuti in psicologia di comunità ritroviamo il circle time. Quest' ultimo è un piccolo gruppo di discussione centrato sul compito, che ha come obiettivo di far acquisire ai partecipanti la consapevolezza delle proprie emozioni, degli altri e costruire abili tà di condivisione. Il circle time assume le caratteristiche di una tecnica essenzialmente indiri zzata allo sviluppo del saper essere dei suoi componenti.

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ambiente soc iale, attraverso l'individuazione di gruppi che influenzano il processo di interazione nell'ambito della comunità. L'utilizzo dei focus group permette cli poter partire eia un problema concreto individuando idee che vengono emergendo dall'interazione di gruppo. Dunque l'intento dei gruppi di discussione è di capire piuttosto che trarre delle conclusioni, di cogliere come le persone percepiscono una situazione invece di fare affermazioni sulla popolazione. Secondo Krueger ( 1994), le caratteristiche di un focus group sono date dalle persone stesse, aventi una determinata caratteristica e attraverso le interazioni provenienti dalla discussione forniscono dati di tipo qualitativo. L'autore sottolinea come principale scopo del focus group quello di dete1minare le percezioni, sentimenti, modi di pensare dei consumatori riguardo un prodotto, i servizi o le opportunità. La discussione viene centrata su un particolare argomento di interesse per il ricercatore. Riguardo ali' argomento Morgan (1997) sottolinea l'eventuale difficoltà di discuterne quando l'argomento potrebbe essere poco o troppo coinvolgente. Si pone la necessità di gestire la discussione da parte del moderatore in maniera differente a seconda della situazione che si viene a creare: se il livello è basso si possono raccogliere poche informazioni, ma se i partecipanti manifestano un alto coinvolgimento il moderatore deve lavorare per il controllo della discussione. Il numero dei gruppi di discussione da realizzare è determinato dalla saturazione teorica che Glaser e Strauss ( 1967) descrivono come situazione che si verifica quando nessun dato nuovo o rilevante sembra emergere riguardo alle categorie di interesse del ricercatore, e i rapporti tra le categorie sono stabiliti. Di solito i primi due gruppi forniscono un numero di informazioni, in un terzo gruppo è possibile individuare la diversità dell'esposizione dei parteciLa discussione è guidata da un facilitatore che ha il compito di stimolare il sorgere di regole che vengono definite dal gruppo stesso, esercitare l'ascolto, sostenere e incoraggiare i membri del gruppo ad esprimere i loro sentimenti , pensieri evitando ogni tipo di interpretazione, critica e valutazione. Il conduttore deve prestare attenzione alla crescita e al mutamento del gruppo, verificare in quale fase evolutiva si trova e valutare quali aspettative può nutrire rispetto alle potenzialità presenti nei vari momenti. I membri del gruppo si riuniscono per discutere di argomenti e problemi scelti dai membri stessi o proposti dal conduttore che permette di discutere in un clima collaborativo e amichevole (D. FRANCESCATO, A. PurroN, S. Cuo1N1, 1990). Dal momento che il circle time si costitui sce vengono definiti luogo e regole lino al termine del gruppo stesso.

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panti alla discussione e le differenze che riflettono la diversità sociale, o altre caratteristiche che si voglia cogliere. ln alcune situazioni si va oltre i tre gruppi, ad esempio quando i partecipanti sono eterogenei o quando il ricercatore è interessato ad una ricerca a livello nazionale. L'argomento del focus group quando investe persone che hanno simili caratteristiche richiede pochi gruppi. In altre circostanze che evidenzino la diversità nell'esposizione al problema di interesse, è preferibile l' aumento dei gruppi di discussione. Negl i anni, molte 'regole approssimative' hanno fatto in modo di catturare le scelte più comuni che il ricercatore ha fatto riguardo ad ogni decisione (Morgan, 1992a). Secondo queste regole approssimative, i progetti dei focus group più spesso a) usano persone che non si conoscono ma che hanno caratteristiche simi li come partecipanti, b) fanno affidamento su un'intervista relativamente strutturata con un alto coinvolgimento del moderatore, e) hanno da 6 a IO partecipanti per gruppo, e d) hanno un totale di 3-5 gruppi per progetto (Morgan, 1997). 4. Le domande Krueger (1994) ha posto molta attenzione alle diverse domande che possono porsi nell'intervista di gruppo focalizzata su un dato argomento e distingue le domande aperte, di introduzione, di transizione, chiave e finali, ognuna delle quali serve per uno scopo diverso. Le domande di apertura sono le domande alle quali tutti rispondono ali' inizio dell'incontro. Per queste si prevede una risposta rapida di circa 10-20 secondi e hanno lo scopo di identificare le caratteristiche che i partecipanti hanno in comune. Un esempio è dato dalla richiesta di presentarsi e dire qualcosa di sé rispetto all'argomento trattato. Le domande di introduzione sono le domande che introducono il generale argomento di discussione e/o forniscono ai partecipanti un'opportunità di riflettere su esperienze passate e la loro connessione con l'argomento in questione. Tali domande intendono fomentare la conversazione e l'interazione tra i partecipanti. Nel nostro studio, ad esempio, la domanda introduttiva è la seguente «Cosa offre Napoli ai giovani?». Le domande di transizione spostano la conversazione alle domande chiave che conducono lo studio. Le domande di transizione aiutano i partecipanti ad immaginare l'argomento in uno scopo più ampio. Esse servono come logica unione tra le domande introduttive e le domande chiave. Durante queste domande di transizione i partecipanti stanno diventando co224


scienti di come gli altri vedono l'argomento. Es. «Quali sono le risorse che possono essere utilizzate? come fareste ad attualizzarle? quali ricchezze vi dà, vi ha dato essere cresciuto in questa città? conoscete dei servizi utili per voi in città? Dal vostro punto cli vista e dalla vostra esperienza quali sono i problemi che voi avete incontrato in questa città? che tu hai incontrato? (con chi ha condiviso ciò? A chi vi siete rivolti? Quali aiuti trovati?)». Le domande chiave guidano lo studio, di solito ci sono da due a cinque domande in questa categoria. Esse sono di solito le prime ad essere sviluppate e anche quelle che richiedono più attenzione nell'analisi dei dati. «Quali sono i problemi e le competenze dei giovani che vogliono inserirsi nel mondo lavorativo? Secondo voi chi ha provato a inserirsi nel mondo del lavoro che difficoltà ha incontrato? cosa gli ha creato problemi? Per i giovani che lavorano cosa ha favorito questo inserimento? rispetlo alla tua situazione lavorativa, cosa ti ha aiutato? Secondo voi quali sono gli elementi che determinano una maggiore entrata dei giovani nel mondo del lavoro a Napoli? (preparazione, conoscenza, laurea ... , creatività, cazzimma... altro?)». Le domande finali conducono alla conclusione la discussione, permettono ai partecipanti di fare riflessioni sui precedenti commenti, e poi identificare quali aspetti sono più importanti. Sono queste le domande che permettono loro di chiarire le proprie posizioni alla fine della discussione. L' esempio include: 'Supponi che tu abbia un minuto per parlare al governatore sull'argomento del!a paga per merito. Cosa diresti?' oppure 'Di tutte le necessità di cui abbiamo discusso, quale è la più importante per te?'. Nel nostro studio la domanda finale è la seguente «Dopo ciò che abbiamo detto mi indichi almeno tre bisogni e tre risorse che hanno i giovani in questa città?» . Successivamente il moderatore chiede ai partecipanti se «vogliono aggiungere qualcòsa», per poter lavorare bisogna che ci sia un minimo di circa I O minuti restanti prima del termine dell'intervista. Le domande su indicate rivestono particolare importanza in quanto assicurano che l'iter delle domande sia logico e completo. Durante l'intervista di gruppo il moderatore può porre delle domande riassuntive rispetto alle idee emerse fino a quel momento durante la discussione. Alla fine del riassunto ai partecipanti viene chiesto, «È questo un adeguato riassunto?», in modo da permettere una focalizzazione su determinate tematiche, che possono essere chiarite dai partecipanti e soprattutto nei momenti di dispersione può essere utile per ricondurre il gruppo sull'argomento

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dell'intervista. A questo punto si possono ripetere brevemente le argomentazioni e i punti di vista emersi fino a quel momento, es. «mi sembra di capire che in qualche modo, quello che è venuto fuori è che c 'è quest'apprensione precaria del lavoro come conoscenza, come trovare raccomandazioni e l'arte dell'arrangiarsi». Le domande assumono grande rilevanza in quanto attraverso di esse e le modalità di conduzione del gruppo è possibile attivare un' interazione interessante per la ricerca che si conduce; per questo motivo il momento di definizione delle domande e proporle nel focus group richiede riflessione, concentrazione e conoscenza di fondo dell'argomento trattato. Soprattutto le domande devono essere chiare, con ciò si intende che non devono essere molto lunghe, altrimenti si rischia che siano ridondanti o aggiungano fattori complicanti che possono confondere chi risponde o che nella domanda vi sia indicata anche la risposta. Le domande dovrebbero essere limitate ad una sola dimensione. Bisogna essere accorti alle parole usate in quanto i partecipanti all'intervista di gruppo possono ritenere parole che per il ricercatore risultano chiaramente diverse, come sinonimi. Un altro aspetto delle parole è che le stesse parole possono avere multipli significati. Ciò può essere utile per comprendere il significato che i partecipanti attribuiscono ad esse.

5. Modalità di conduzione nella ricerca Nella nostra ricerca, per la pianificazione e l'individuazione dei focus group vi sono stati diversi passaggi che hanno portato alla definizione della modalità di conduzione dell'intervista di gruppo, all'individuazione degli argomenti e alla definizione delle domande. Svariati i problemi di ordine metodologico da noi incontrati. Una prima sperimentazione è stata effettuata con un gruppo di operatori nel settore educativo, con i quali è stata utilizzata la metodologia suggerita da Martini e Segui (L988) . In questa prima fase della presente ricerca il focus group è stato centrato sui bisogni, i desideri e le risorse dei giovani della città di Napoli. Il focus group è stato strutturato nei seguenti momenti: - discussione di circa un'ora sui bisogni, desideri e risorse dei giovani della città di Napoli, in cui i partecipanti erano stati invitati a descrivere le loro opinioni;

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- focalizzazione della discussione su lle risorse e annotazione su di un tabellone di quanto emergeva; - invito ad ogni componente del gruppo ad attribuire un ordine di priorità alle risorse individuate durante la discussione; - creazione di una lista delle risorse che, in ordine di priorità, i partecipanti ritenessero in possesso dei giovani per affrontare le problematiche emerse. Il grnppo su menzionato lavorava secondo questa modalità. A loro venivano poste una serie di domande tra le quali: 1) Per la scuola napoletana quali sono secondo voi le difficoltà più rilevanti nell'aiutare i giovani nella crescita? Elencate 2) Le risorse su cui contare? 3) Gli strumenti da utilizzare e/o trovare? Ognuno per ogni domanda deve indicare 3 cose (aggettivi, parole, frasi). Venivano successivamente riportati su lucido gli elementi individuati dal gruppo. Tale esperienza ha evidenziato un lavoro arricchente ma allo stesso tempo questa modalità di conduzione riportava delle limitazioni in quanto se pure era stimolata l'interazione tra i partecipanti, la discussione era troppo focalizzata sulle soluzioni possibili e veniva ristretta a ciò che gli stessi avevano menzionato senza andare oltre. Dopo questa prima fase di indagine e di pianificazione del primo momento della ricerca sono stati condotti dei focus group che hanno messo alla luce differenti problemi di ordine metodologico. Un primo livello d'analisi riguarda l'omogeneità intragruppo rispetto al fattore età. Infatti la maggior parte dei grnppi da noi selezionati (in ambito del volontariato sociale) si caratterizza per un'aggregazione spontanea, senza regole fisse quindi rispetto a specifiche caratteristiche, quali appunto l'età, sesso, professione, orientamento politico ecc. Altrettanto possiamo dire rispetto all'omogeneità di status sociale. Ciò è essenzialmente dovuto al fatto che i componenti dei gruppi suddetti condividono quasi esclusivamente gli «scopi» intrinseci all'associazione di appartenenza. Un secondo ordine di fattori riguarda invece la conduzione dei focus; infatti rispetto alla considerazione sollevata precedentemente, si è pensato di iniziare il gruppo con una discussione dalla quale emergessero spontaneamente sia i bisogni che le risorse dei giovani della città di Napoli, ponendo quindi l'attenzione sul processo di interazione. Sebbene infatti Martini e Segui indichino la necessità di iniziare il lavoro con la richiesta di una lista personale di temi legati all'argomento trattato, abbiamo potuto rilevare come 227


fosse più coerente con un approccio partecipato favorire la discussione libera dalla quale scaturissero poi, in maniera più spontanea, i temi stessi, sui quali successivamente far compiere un'operazione di scelta in base a criteri di preferenza; è proprio grazie a tale sequenza che secondo noi il gruppo riesce a focalizzare la propria riflessione sul problema oggetto di analisi. Rispetto alla definizione degli argomenti da trattare, abbiamo attraversato una fase di sperimentazione che ci ha condotti poi alla stesura di una griglia, che abbiamo poi riadattato in alcune parti ai nuovi elementi individuati e foca! izzati nelle interviste precedenti. In tale fase si è rilevata una forte sovrapposizione di termm1 e concetti quali: problemi e bisogni, risorse e potenzialità. A tal scopo tutti i termini sono stati introdotti nel protocollo, sebbene alla fine i conduttori focalizzino l'attenzione del gruppo su due concetti fondamentali, cioè bisogni e risorse. Per permettere infine un'attivazione anche creativa del gruppo, come già fatto con interviste individuali, si è pensato di inserire nel modulo di lavoro del focus group una breve discussione sull'apporto fantastico dei partecipanti, in termini di soluzione ai o al problema evidenziato. Tali problemi e puntualizzazioni metodologiche sono stati affrontati nell'ambito del seminario di audit esterna a partire dal quale si è ridefinita la metodologia successiva da utilizzare. Infatti la strategia da noi adottata per le interviste di gruppo è quella ad imbuto. In un'intervista tipo ad imbuto, ogni gruppo comincia con un approccio meno strutturato che enfatizza la discussione libera e si muove verso una discussione con domande più specifiche. La strategia ad imbuto fa combaciare l'intervista con un ampio, aperto inizio ed una fine più stretta e più controllata. Ciò rende possibile ascoltare le opinioni dei partecipanti nella prima parte della discussione, come anche le loro risposte agli interessi specifici del ricercatore, nell' ultima parte della discussione.

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IV. Senso di comunità e realtà metropolitane complesse: note in merito alla diagnosi di comunità nella costruzione del profilo psicologico e della definizione del senso di comunità* La ·storia, la cultura, l'etica e il senso di comunità sono i fattori che ci fanno comprendere il rapporto dei soggetti con la comunità di appartenenza. Tuttavia se questo può essere utile e divertente dal punto di vista descrittivo, bisognerebbe far sì che la maggior conoscenza del rapporto degli abitanti con la città ci consentisse anche di individuare bisogni inespressi, risorse impensate e strategie per il futuro. In realtà, la lettura della città è stata compiuta prevalentemente su piccole comunità con una storia generalmente breve e nota; inoltre gli specifici strumenti di ricerca sono ancora pochi. È evidente che per parlare di comunità dobbiamo tenere conto di dati strutturali (ambiente, territorio) delle norme di convivenza stabilite da leggi e regolamenti ed espresse da organizzazioni e ruoli amministrativi; tuttavia per parlare di comunità necessita riferirsi anche al complesso intreccio di legami affettivi, psicologici e di appartenenza e conflitto che lega gli abitanti (Cudini, 1993) 10. Ciò che unisce e che divide, nonché la strutturazione dei legami, identificazioni e progetti che superano lo stretto ambito familiare e di vicinato, pur comprendendoli, è oggetto del nostro interesse. È qui opportuno il riferimento all'etimologia del termine communitas, cum-munus 1 1 cioè ciò che lega e separa attraverso i debiti reciproci. Come si vede non si cerca il riferimento a miti unificanti di etnia, territorio o tradizione, si vuole piuttosto studiare meccanismi e processi di scambio interumano che agiscono nella vita relazionale quando questa supera e al-

larga lo stretto ambito familiare. Ed ora l'attenzione alla vita delle città diventa di massimo interesse: nella prospettiva del terzo millennio globalizzazione delle comunicazioni e degli • Caterina Arcidiacono. 10 S. CUDINI, Il profilo di comunità come strwnento di analisi e intervento, in: Oltre la psicoterapia, D. FRANCESCATO et al., Nis, 1993, pp. 51-70. 11 Mi riferisco alla etimologia proposta e analizzata da ESPOSITO, Communitas, Einaudi, Torino, 1998. 229


scambi si intrecciano con la ricerca di nuova vivibilità delle aree urbane. È un campo di studio e di intervento peculiare per l' intera vita sociale; così come i sindaci di grandi e piccole città sembrano avere capito in Italia. Ci sembra pertanto anzitutto necessario passare in rassegna la letteratura sul l'indagine antropologico-psicologica sulle città per verificare metodologie e ipotesi di lavoro. In quella internazionale McMillan e Chavis ( 1986) e McMillan ( 1996) sono gli autori che più esaustivamente trattano la materia di cui in seguito riprenderemo i criteri per la definizione del senso di comunità. Martin i e Segui ( 1988, 1995) hanno redatto un manuale e un volume di approfondimento per operatori sociali adottati nei corsi di laurea per psicologi e scuole di formazione per Assistenti Sociali in cui vengono indicate le linee guida per la formulazione dei profili di comunità. È questo il metodo di ricerca-attiva e partecipata, chiamato anche diagnosi di comunità a cui fa riferimento la presente ricerca: Napoli città competente. Tale approccio ha un eminente valore formativo nella costruzione dei modelli di lavoro dell ' operatore sociale; è uno strumento che educa alla complessità e multidimensionalità degli eventi e che introduce a modalità partecipative di lavoro con le comunità locali.

1. Storia, antropologia, cultura delle comunità Come noto per leggere una città necessita conoscerne la storia, la cultura, l'etica e il rapporto con i luoghi, al fine di un contributo utile a comprendere le peculiarità della comunità che si sta indagando, specie per agglomerati umani dalle ricche e complesse vicende. Propongo che nella elaborazione dell'imponente materiale informativo a disposizione l'attenzione venga posta su alcuni aspetti particolari. 2. Storia Per delineare il profilo di una città nei suoi abitanti è necessario anzitutto ripercorrere la storia della città e dei luoghi contestualizzando la storia della località in relazione a quella dell'intero paese; verificare il ruolo o i ruoli avuti dagli abitanti nelle complesse vicende che hanno attraversato il Paese e la comunità stessa. Tuttavia la cronaca, l'informazione, la documentazione storica non sono un elemento sufficiente, è importante conoscere se e da chi tale storia è conosciuta; il rapporto che gli abitanti intrattengono con essa e quindi il sentimento di identificazione, rimozione o rifiuto che essa induce. 230


Le città non sono gruppi omogenei e pertanto è interessante verificare quali gruppi sociali si riconoscono nella sua storia. Ad una «grande storia» non corrisponde necessariamente il senso di fierezza o di identificazione in tutti quelli che ne sono gli eredi. È pertanto compito del ricercatore indagare se la storia della città è conosciuta e studiata. Chi sono coloro che ne hanno conoscenza? ovvero chi conosce la storia della propria città: gruppi sociali, professionali ecc. Di quale storia si ha conoscenza; cioè quali elementi del passato costituiscono fonte di identificazione e aggregazione. Di quali personaggi o eventi si è persa la memoria o ve ne è traccia solo in alcuni gruppi? In questo senso uno strumento di estremo interesse è raccogliere le narrazioni della storia e delle storie della comunità. Verificare la presenza di musei civici o delle tradizioni, visitarli e confrontare quanto viene in esso rappresentato con le narrazioni che gli abitanti danno delle proprie città, permanenze assenze e coincidenze. TAVOLA

l.

Per leggere una comunità è necessario averne presente la storia: • Quando è nata • Trasfonnazioni nel tempo • Personaggi che hanno lasciato impronte significative • Quale è il passato che si conosce e il rapporto degli abitanti con la propria storia e quella della propria città • Elementi ed eventi a cui viene riconosciuta la dimensione di storia collettiva condivisa • Le diverse letture che vengono date della città, degli eventi e della storia nei diversi gruppi di abitanti, di visitatori e nel resto del paese. Afferma Rappaport 12 ( 1995) che il livello di integrazione e appartenenza dei cittadini è rilevabile nella presenza di storie comuni e condivise riguardo

alle origini e al passato della comunità. Ciò è di estremo interesse per la vita dei quartieri nella tradizione orale dei suoi abitanti; a livello di grandi comunità è anche interessante verificare quali punti di coincidenza o differenza esistono tra i diversi autori e la loro eco nella letteratura e stampa. Il dibattito suscitato in Germania dal saggio di 12 Intervento Seminario Roma 1995, testo non pubblicato.

231


Nolte sulla questione ebraica ha dato forza ad aggregazioni antisemitiche riaprendo l' annosa questione del rapporto tra ebrai smo e società tedesca, allo stesso modo ne lla storia del Meridione l'accrescersi di studi sulla importanza, ricchezza e attività del Regno delle due Sicilie è segno della volontà di recuperare identità e forza dal passato negletto dalle vicende unitarie. Si vuole qui precisare che la conoscenza della storia di una comunità non può prescindere , al fine di una diagnosi di comunità, dalla narrazione della storia. Infatti solo conoscere gli elementi di identificazione o rimozione collettiva o ancora più specificamente la modalità della narrazione, ci fa capire in che misura essa costituisce parte integrante e vitale della comunità attuale.

3. Cultura Il profilo culturale si determina attraverso l'esame delle concezioni della realtà; il repertorio dei saperi condivisi del senso comune. È questa l' area dove i modelli e i metodi della ricerca antropologia forniscono specifici riferimenti. Martini e Segui ritengono che «gli strumenti più recenti per studiare la ' morfologia culturale' della comunità locale sono quelli che hanno nel concetto di valore culturale il punto di riferimento principale. Il valore culturale può essere definito come ' la concezione del desiderabile', l' insieme dei suggerimenti radicati nell'intimo e regolati da norme implicite che spingono gli individui a fare scelte di vita in una maniera che a loro sembra la più ovvia, la più naturale perché legata al loro sistema di valori» 13. 3.1. Immagini e stereotipi

Gli stereotipi e le rappresentazioni di un luogo sono parte della sua vita, così come la realtà oggettiva dei luoghi e degli abitanti. Essi sono il modo in cui Io stesso viene descritto e rappresentato. I proverbi o i detti specificamente connessi alla comunità in esame sono

un primo elemento «rozzo» per delineare significati e stereotipi diffusi. L'esistenza di personaggi storici, della tradizione folcloristica o di personalità di riferimento e il rapporto che vi costruiscono gli abitanti sono anch'essi indicatori di significati e immagini condivise. . La storia, le fantasie, i miti e il potere evocativo di un luogo ne costituiscono il genius foci, lo spirito del luogo. È questa la dimensione vissuta dei luoghi, che si può sperimentarè solo attraverso la visita o la permanenza in 13R.

232

MARTIN! e

R. SEQUJ, 1995, p. 74.


una città. La conoscenza multimediale può fornire informazione, ma non emozioni, non suscita sentimenti. li genius loci è un'esperienza emotiva unica e condivisibile; in questo senso non è sovrapponibile alla mera rappresentazione di una città. In ogni caso è interessante conoscere se rappresentazioni e immagini dei diversi gruppi sociali coincidono e in cosa si differenziano; se le rappresentazioni degli abitanti di se stessi e della propria città coincidono con le attribuzioni di significato più genericamente diffuse. In relazione alla vita delle città e dei loro abitanti mi preme riprendere Taylor ( 1992) 14 quando parla di riconoscimento e disconoscimento di identità. L'autore pone l'attenzione sul fatto che la mancanza di riconoscimento a peculiarità di un gruppo si trasforma in disconoscimento di sé anche da parte degli abitanti. Tale processo identificatorio può avere quale effetto paralizzante l'assunzione delle caratteristiche di negatività e impotenza attribuite. La tesi di Taylor è che l'identità individuale e quella collettiva sono plasmate dal riconoscimento; perciò quando le persone rimandano un'immagine di umiliazione o svilimento e non di riconoscimento ciò può costituire per un individuo o un gruppo un danno reale. Cosicché il grave effetto del mancato riconoscimento è che esso si trasforma in auto-disconoscimento; ciò anche nei rapporti fra le razze e nelle relazioni multiculturali. «Il riconoscimento forgia l'identità, e la forgia, in particolare, in senso fanoniano: i gruppi dominanti tendono a consolidare la propria egemonia inculcando nei soggiogati un'immagine di inferiorità. Perciò la lotta per la libertà e l'uguaglianza deve passare per una revisione di tale immagine, e i programmi multiculturali sono visti come un aiuto a questo processo» 1s. L'obiettivo non è in questi casi quello di eguagliare le condizioni sociali dell'esistenza, quanto piuttosto tutelare l'integrità delle forme di vita e delle tradizioni in cui si riconoscono i membri dei gruppi discriminati. Infatti il misconoscimento culturale è in connessione a grossolane discriminazioni sociali.

3.2. Miti - riti - costumi Se è troppo generico parlare di profilo antropologico riferendosi alle feste, tradizioni e personaggi rappresentativi di una comunità, ciò è ancor più 14 C. TAYLOR, The politics of recognition, Princeton University Press, 1992, in: Multiculturalismo, Feltrinelli, 1998. 15 C. TAYLOR, op. cit. , p. 54.

233


valido per le grosse realtà urbane della civiltà europea dove la storia è antica e complessa; in questi casi, per quanto riguarda le tradi zioni può essere interessante ripe rcorrere le tracce di feste e tradizioni antiche e verifi care quanto esse siano ancora vive nella popolazione locale; come s i innestano con miti e riti de ll a cultura contemporanea. Quali miti hanno trovato maggiore riconoscimento, quali sono negletti nei differenti gruppi sociali o territoriali. 3.3. Identità e senso dei Luoghi Un ulteriore filone di lavoro, che non si colloca pienamente ne lla tradizione della ps icologia di comun ità, è quello relativo allo studio de l rapporto tra individuo e luoghi della città. Questo approccio che deri va dalla psicologia ambientale è tuttavia di riferimento per conoscere il rapporto con i luoghi. Infatti, come afferma Secchiaroli 16, esistono connessioni tra processi comportamentali umani e proprietà dell'ambiente; es istono fattori cognitivovalutativi e fattori psicologici che influenzano l'interazione. In questo ambito l'attenzione è all'atteggiamento, percezione e valutazione rispetto ai problemi ambientali e alla analisi delle modalità di affrontarli sia nella prevenzione che nella individuazione delle soluzioni ; molti studi, anche nelle grandi città italiane sono dedicati alla rappresentazione del rapporto centroperiferie negli abitanti. È evidente che i luogh i abbiano una propria vita: il costrutto di immaginabilità sociale dei luoghi (Stokols, 198 1) ci rende conto de lla funzione di interazione sociale nello strutturarsi delle conoscenze-rappresentazioni ambientali . «La cognizione e/o rappresentazione cognitiva è l'interfaccia che permette di descrivere i significati che diventano associati ali ' ambiente e/o di accertare il grado di interdipendenza esistente tra le persone e i luoghi» 11; quello di identità di luogo (piace identity) (Proshansky et al., 1983) consente lo studio di come i luoghi partecipino all a definizione dell'identità delle persone.

3.4. Etica di una comunità: ideali e valori L'etica di una comunità descrive l'orientamento valoriale di un gruppo. In questa parola dai toni apparentemente ' alti 'e ' nobili' si vogliono raccogliere i modelli e i criteri maggiormente desiderabili; la loro conoscenza consente SECCHIAROLI, l'analisi psicologica dei rapporti tra le persone e l'ambiente, in: B. dimensioni della psicologia sociale, Nis, 1995, Roma, pp. 119-148. 17 G. SECCHIAROLI, op. cit., p. 138.

16

G.

ZANI, Le

234


«le chiavi di accesso a codici di condotta e a piani di vita condivisi ... essi indicano le direttrici che guidano e le forme che plasmano, con maggiore o minore incisività, il significato delle azioni degli individui e dei gruppi , spesso senza il loro esplicito consenso» 1s. L'etica di una comunità non è un monoblocco compatto: i modi di pensare e di agire osservabili si inscrivono in tremila anni di civ iltà e culture variamente intrecciate e vissute da angolature e posizionamenti differenti. Ciò è ancora più evidente oggi che nelle società occidentali hanno perso forza principi unificanti universali quali stato, partito e fede . Riconoscere le forme dei processi di aggregazione ideale è così sempre più una nuova scommessa per filosofi, psicologi e politologi. Nel! 'ambito delle comunità è così utile affrontare la conoscenza dei comportamenti in relazione a:

• Processi decisionali nei momenti di crisi della vita, della proprietà, delle relazioni umane (suicidi) • Norme che il soggetto possiede • Valori che hanno funzione di guida e riferimento al suo interno. La letteratura individua il rapporto con la morte e con la vita quale espressione di norme e valori. In questo senso la visita del cimitero e I' osservazione del rapporto che gli abitanti vi hanno (visite, cura, feste ecc.) sono utili indicatori e così, diremmo, la conoscenza delle consuetudini di vita per la nascita e l'incontro uomo-donna. Atteggiamenti verso l'omosessualità, il travestitismo, l'aborto, gli immigrati e la riproduzione artificiale, ma anche legalità e solidarietà sociale sono oggi «le frontiere» lungo le quali si collocano differentemente i diversi gruppi sociali. Nell'ambito del rapporto all'etica, e in relazione ai legami, sembrerebbe che in molti casi viene meno il riferimento alla comunità locale e le dimensioni di appartenenza si giocano su scale più ampie e complesse: età, identità

virtuali, interessi. 4. Legami Percezioni soggettive, emozioni, sentimenti e vissuti connessi alla vita di una comunità e al suo abitarla sono il fondamento del profilo psicosociale. 18 R . BODEI,

Il noi diviso, Einaudi. Torino, 1998, p. XII. 235


In questo senso la conoscenza dei gruppi che la compongono e le reciproche interrelazioni sono indi spensabili per comprendere la vita della comunità stessa. Il riferimento non è pertanto a classi o stratificazioni social i, ma in senso più stretto a ciò che unisce e divide ne l senso più pieno del termine comunità. È pertanto necessario conoscere come s i determinano i legami sociali e cosa li attiva. TAVOLA

2.

Profilo psicosociale Sono oggetto di studio:

*** le dinamiche affettive espresse da: • identificazione dei soggetti alla vita dei gruppi • La vita affettiva dei gruppi • le relazioni tra i gruppi

*** Le interazioni e integrazioni tra soggetti e gruppi e come s i esprimono nell e appartenenze multiple Sono in particolare oggetto di interesse il clima emotivo, la percezione di sicurezza e benessere, la solidarietà e il senso di riconoscimento che gli abitanti ricavano dalla appartenenza alla comunità. Lo studio dei fattori di sicurezza e benessere trova crescente interesse nella letteratura sulle città 19 e in quella psicosociale in particolare. Piero Amerio ha di recente organizzato un seminario interdisciplinare in materia attivando specifici progetti di ricerca 20. In questo ambito l'elemento più interessante da definire è cosa sia il senso di comunità. 4.1. Senso di comunità Se riprendiamo Saranson 2 1 si definisce senso di comunità «La percezione della similarità con gli altri, una riconosciuta interdipendenza, una disponibilità a mantenere questa interdipendenza offrendo o facendo per altri ciò che

19 Cfr. Euromedcity, Il Forum della Società civile, Napoli, dicembre 1997 in: Mezzi e strumenti per il partenariato e11romediterraneo, Magma edizioni, 1998. 20 Materiali non pubblicati, Dipartimento di psicologia, Uni versità di Torino. 2 1 S.B. SARANSON (1974), The Psychological Sense of Community: Prospects for che Community Psyclzology, Jossey-Bass, San Francisco, p. 157.

236


ci si aspetta da loro, la sensazione di appartenere a una struttura pienamente affidabile e stabile>). li senso di comunità è ciò che all'interno cli un conglomerato di soggetti umani che condividono territori e spazi consente la possibilità di mutui rapporti che superino l'indifferenza reciproca s ia nel rispetto che nella assenza di riferimento a regole e sanzioni sociali . In particolare Morganti focalizza la definizione su «la percezione soggettiva della qualità delle relazioni all'interno di un contesto ben definito; fiducia reciproca che i bisogni siano soddisfatti e l'accesso alle risorse consentito>) 22. Affermano Martini e Segui «Se la creazione di connessioni tra i diversi soggetti, il coinvolgimento e la partecipazione di questi sono nella nostra ottica i pilastri su cui si costruisce lo sviluppo della comunità, il senso del 'noi', la responsabilità sociale, il possesso di capacità/competenze e la percezione/consapevolezza del proprio potere sono le caratteristiche qualificanti dell'edificio. Senza di queste non vi è sviluppo di comunità ... non può esserci promozione del benessere nel senso globale del termine in assenza di senso di responsabilità sociale, di potere e di competenze» 2,. La necessità di migliorare la vita e le relazioni intersoggettive ci rende pertanto necessario comprendere quali strumenti e metodologie possono promuovere e attivare la costruzione del senso di comunità anche in questi casi in termini di valore e risorsa. È questa tuttavia un'area molto nuova di studi, e pertanto la letteratura e la saggistica descrittiva insieme alla poesia e alla musica sono la fonte prevalente di riferimento. La letteratura sugli strumenti per individuare i diversi aspetti che concorrono alla definizione del senso di comunità e della sua vita è molto recente e, in ogni caso, ogni griglia o questionario sembra essere rivolto alla individuazione di uno specifico elemento. L'estensione e la densità delle reti sociali e quindi apertura /chiusura dei vari sottogruppi che vivono all'interno della comunità può essere ritrovata nella letteratura sul sostegno sociale 24. La misurazione delle forme di apertura/chiusura ci fornisce indicazioni per comprendere livelli di partecipazione, collaborazione, sicurezza affettiva tra e entro i vari gruppi di età, di quartiere, di professione ecc.

22 Metodi di intervento e analisi nella comunità, voi. I, Materiale non pubblicato, Ecopoiesis-Artemide, servizi per la formazione, srl, Roma. 23 Cfr. La comunità locale, pp. 23-24. 24Cfr. ad esempio ZANI, PALMONARI, 1996 e FRANCESCATO, 1993. 237


Prezza e Francescato insi eme con i laureandi 2s della cattedra di psicologia di comun ità del corso di laurea di Roma rifacendos i in parte all'lnventory of Socially Supportive Behaviors di Barrera ( 1981) hanno sviluppato un questionario per la rilevazione del senso di appartenenza alle comun ità che indaga sensazioni soggettive (senso di appartenenza e sostegno sociale percepito) oltre che dati oggettivi inerenti la vita di relazione comunitaria. Esso è composto da una scala italiana sul senso di Comunità (SISC), una Scala di soddisfazione nei confronti della vita (SWLS), una scala sul sostegno sociale percepito (MSPSS), una scala sulla valutazione dei servizi (Val), una scala sul!' Autostima (Res) in corso di validazione unitamente a un Questionario sui rapporti affettivi e partecipazione a gruppi. Tale lavoro ha permesso di individuare due tipologie di comunità: in un caso il senso di comunità è piuttosto esteso e radicato; la partecipazione e il coinvolgimento reciproco sono alti, e non solo in momenti particolari come la nascita e la morte. Tuttavia il punto debole di questo sistema che riguarda molte cittadine piccole è il notevole livello di conformismo e controllo sociale spesso mal sopportato dai giovani. La seconda riguarda comunità più grandi o più giovani dove le persone non sembrano riconoscersi e trovare vicinanza e sostegno. In ogni caso da queste ricerche effettuate in Italia negli anni '90 si individua in entrambe le tipologia scarsa partecipazione attiva ai problemi della comunità di città. Le diverse definizioni qui riportate focalizzano l'attenzione su similarità, interdipendenza, fiducia reciproca nella soddisfazione dei bisogni, senso di responsabilità sociale. L'attenzione è posta su elementi di forza e promozione sociale. Tuttavia tale descrizione risulta carente in riferimento ad aree di degrado abitate da gruppi sociali subalterni ove il senso di comunità acquisisce carattere di forza ma è allo stesso tempo elemento di debolezza e immobilismo. In questi casi il riconoscimento dell'appartenenza allo stretto gruppo familiare allargato e ai vicini o al quartiere determina forme oppositive ad un riconoscimento in comunità più allargate quale l'intera città o il paese che è molto interessante approfondire.

Nei programmi di sviluppo di comunità26 il senso di comunità è l'elemento che consente di mettere i vari membri della comunità a livello individuale e interassociativo in rete creando vincoli volontari ma collettivi che 25

V. Chiarolanza, S. Costantini, S. Di Marco, anno ace. 93/94; Università degli Studi di

Roma, relatrice Prof. Mirella Prezza, Tesi di laurea in psicologia di comunità. 26 Per l'esperienza italiana confronta l'esperienza di Noventa Padovana (in: FRANCESCATO et al., Oltre la psicoterapia, pp. 76-96.) e di Venezia (in: ARCIDIACONO, GELLI , Empowerment sociale 1994, pp. 204-214).

238


consentano a tutti migliore qualità di vita. Poiché ogni gruppo o comunità ha elementi precipui che lo contraddistinguono è necessario conoscere gli elementi che conco1Tono alla determinazione del senso di comunità anche per comprendere come il senso di appartenenza alla comunità ristretta agisce rispetto a forme di partecipazione e integrazione più allargate. Propongo di seguire Chavis e McMillan nel loro percorso dall'86 al ' 96 (McMillan) che hanno costruito il riferimento più organico e strutturato al tema. In questo approccio quattro elementi concorrono alla definizione del senso di comunità: A. Appartenenza, B. Potere, C. Soddisfazione dei bisogni, D. Connessione emotiva condivisa, successivamente denominati da McMillan più enfaticamente : spirito di comunità, fiducia, scambio, arte. 4.1.1. Appartenenza e spirito di comunità Il senso di comunità si basa sullo spirito di comunità: l'essere membri di una comunità e riconoscere di appartenervi sono le dimensioni implicate in questo concetto. È per questo che Spirit of conununity sostituisce il termine precedentemente usato (membership). Alla sua costruzione concorrono diversi fattori: l'appartenenza e il desiderio e la prospettiva di rinsaldare tale legame, l'accettazione, l'individuazione di confini e la sicurezza emotiva. L'appartenenza è un elemento chiave del senso di comunità. Essa non esprime solo l'adesione ideale ad un gruppo, ma piuttosto il senso di esistere ed essere riconosciuto in una comunità reale. Per McMillan l'amicizia e la capacità di connessione sono la scintilla che accende il senso di comunità; l'appartenenza ad una comunità consente di avere rapporti di verità tra i membri. Avere confini riconosciuti costituisce il limite entro il quale sperimentare la sicurezza emotiva. Credere di essere ben accetti consente migliore predisposizione verso la comunità e crea maggior connessione. A nostro parere nell'ambito di realtà metropolitane tale dimensione deve acquistare parametri più complessi di valutazione in quanto non si può ri-

durre l'appartenenza al buon vicinato. Si tratta di mettere in gioco una riflessione sui diritti di cittadinanza. Lo studio dell'appartenenza alla comunità riporta alla individuazione dei confini e pertanto alla interrelazione con i livelli più complessi di organizzazione: area metropolitana, regione, stato. In questa prospettiva la connessione e l'appartenenza possono avere funzione proattiva o di impotenza paralizzante. Riandando al modello di McMillan è molto interessante che l'autore ponga a fondamento dell'appartenenza comunitaria la necessità di pagare 239


debiti: «Dirsi la verità, sicurezza emotiva, altraversare il confine tra loro a noi, e il senso di appartenenza non sono conquistati senza sacrificio e sfida. Le comunità hanno bisogno di verificare se i nuovi membri sono fedeli alla comunità. Hanno bisogno di sapere se un membro renderà disponibile tempo, energie e risorse finanziare per essere un membro di effettivo supporto» 27 ; ovvero come sarà fondante l'investimento nelle attività e per il bene della comunità. Se affrontiamo il concetto in una prospettiva filosofica possiamo dire come da una prospettiva psicologia si riconferma quanto il cum-munus sia fondante dell'esistenza comunitaria. Rimando al volume Communitas ( I 998) di Roberto Esposito la riflessione sul tema. 4.1.2. Fiducia: influenza e potere Il secondo fattore su cui si basa il senso di comunità è dato dalla immagine di influenza e potere che la comunità esercita. Accrescere il potere personale attraverso l'acquisizione di potere condiviso influisce sul senso di appartenenza alla comunità. Infatti la dimensione positiva del potere si esplica nell'acquisizione di potere da parte del singolo nei confronti della comunità e nella acquisizione di potere della comunità rispetto al singolo. E più in generale nella acquisizione di influenza della comunità nei confronti dell'ambiente esterno. In genere le comunità ritenute influenti e capaci di aumentare il potere dei suoi membri hanno capacità di attrazione. «Lo spirito del senso di comunità può nascere come scintilla. Non diventerà mai un fuoco se nella comunità non esiste una autorità strutturale che sostenga il fuoco ... Quando una comunità ha: I) Ordini 2) Capacità e autorità di prendere decisioni 3) Autorità basata su principi e non su persone 4) Regole di gruppo che consentano ai membri e le autorità di influenzarsi reciprocamente, allora la comunità evolve con giustizia» 2s. Il potere ha infatti funzione positiva per la comunità a livello reale, immaginario e simbolico.

La possibilità di controllare la propria vita e il proprio ambiente sono beni preziosi che determinano l'accrescimento di autostima e del senso del proprio valore (empowerment personale). Seguendo Martini e Segui «la ricerca sociale e psicosociale ha dimostrato che la possibilità di gestire un effettivo potere è fondamentale per la vita stessa della comunità. Una comunità locale priva di potere reale, priva cioè 27 MCMILLAN, op. 28 Ibidem, p. 320.

240

cit., p. 318.


di una prospettiva politica e quindi incapace di modificare la realtà, è destinata a perdere la propria coesione e la propria integrazione e a perdere di significato per i suoi membri» 29 . Tali indicazioni sono utili anche per analizzare i meccanismi di funzionamento delle aree degradate e marginali e promuovere in esse iniziative di sviluppo di comunità. Allo stesso tempo è utile focalizzare l'importanza di 'strutture intermedie' che ali' interno delle comunità facilitano l'acquisizione di potere e riconoscimento agli abitanti. Vanno intese in questo senso associazioni, gruppi di auotaiuto e di pressione sociale, di difesa dei diritti fondamentali , di promozione dei diritti di cittadinanza, dell'ambiente ecc. La loro funzione è infatti quella di agire sull'ambiente rendendolo più rispondente ai bisogni della comunità e dei suoi membri. Un osservatore superficiale potrebbe pensare che le comunità intese in senso territoriale perdano di peso a fronte dell'intensificarsi dei processi di globalizzazione delle culture e dei mercati; va invece considerato che proprio la velocità e intensità delle comunicazioni e relazioni da cui si è sempre più bombardati chiede la forte presenza di uno spazio di base in cui i processi identitari possano trovare supporto ed espressione. 4.1 .3. Soddisfazione dei bisogni nel piacere degli scambi Le persone si riuniscono insieme se ciò ha conseguenze gratificanti. In particolare sono apprezzate le comunità dove l'appartenenza fornisce accrescimento di status e rinforzo alla stima sociale dell'individuo; ugualmente riconosciuta è l'appartenenza a gruppi ritenuti 'vincenti', dei quali è nota la potenzialità a soddisfare bisogni e raggiungere obiettivi. Infine sono ritenute capaci di soddisfare bisogni le comunità in cui si ritiene che sia possibile individuare competenze e risorse che accrescono quelle individuali. In sintesi si può dire che la capacità delle comunità di accrescere e valorizzare le risorse individuali è un attributo che facilita il senso di comunità. Rappaport ( 1977) ritiene che questa sia una capacità delle cosiddette 'comunità forti'. La condivisione di valori è un ulteriore elemento che accresce la capacità delle comunità di soddisfare i bisogni dei suoi membri. Lo schema di Martini e Sequi è un'ottima descrizione di come agisce tale meccanismo. Come si vede i bisogni riconosciuti acquistano spazio nella scala delle priorità e pertanto ottengono più facile soddisfazione (v. Tav. 3). 29 R. MARTIN! e

R.

SEQUI, op.

cit., p. 48.

241


TAVOLA

3. Valori e bisogni

Bisogni/desideri

illegittimi

negati

Scala di priorità

Modalità di _.._.~1illegittima/rifiutata soddisfazione

te

J

Fonte: Martini , Sequi , 1995, p. 49.

McMillan in proposito focalizza l'attenzione sull'importanza che una comunità intrattenga piacevoli scambi commerciali tra i suoi membri. L'amabilità e piacevolezza nelle relazioni commerciali sono da lui ritenute un punto

di forza per la vita delle comunità. «Questo è l'inaspettato e impredittibile culmine dell'essere reciprocamente onesti, avere fiducia scambievole e fare affari reciprocamente convenienti 30. 4.1 .4. Connessione emotiva e condivisione di simboli L'elemento peculiare della dimensione comunitaria è la presenza di ineludibili legami di attrazione e separazione. 30 Op.

242

cit. , p. 322.


/11 sintesi: TAVOLA 4.

Alla definizione del senso di comunità concorrono: A. Spirito di comunità costituito da: • Appartenenza e desiderio/prospettiva di appartene nza; Dinamiche di coesione, inclusione, esclusione tra individu i e tra gruppi Per Martini e Sequi (1993) lo strumento più usato è osservare le relazioni tra vicini: se esistono rapporti freddi e distaccati come nelle grandi città o relazioni costruttive, di scambio, di intensa connessione emotiva e di aiuto reciproco; • Confini • Dinamiche di apertura/chiusura tra soggeLLi, gruppi e verso l'esterno • Sicurezza emotiva, • Identificazione • Senso di Accettazione • Connessione, Amicizia Riconoscimento e accettazione di debiti verso la comunità

B. Fiducia e Capacità di accrescere potere e influenza del singolo • all'interno dei processi decisionali della comunità • nella gestione della propria vita della comunità • nei confronti del singolo attraverso solidi ed efficaci processi partecipativi • verso l'ambiente esterno La percezione dell'accrescimento di potere aumenta il senso di responsabilità e riduce la necessità di controllo.

C. Soddisfazione dei bisogni e amabilità e piacevolezza negli scambi commerciali Si ottie ne nelle Comunità quando accrescono negli individui: • lo status individuale • le competenze • la capacità di raggiungere obiettivi nella piacevolezza della interrelazione comune D. Connessione emotiva nel tempo e nello spazio, simboli e valori condivisi • forte condivisione emotiva degli eventi • opportunità di sperimentare interazioni positive • opportunità di portare a compimento obiettivi predefiniti • occasione di riconoscimento dei membri narrazione di storie e simboli condivisi

243


In particolare è interessante precisare che la connessione emotiva è determir1ata in un gruppo dal partecipare ad eventi o attività che hanno un esito positivo in quanto il successo facilita la coesione". La nozione di connessione emotiva introduce al concetto di 'comunità forte' quando si è in presenza di forte condivisione emotiva degli eventi, op-

portunità di sperimentare interazioni positive e portare a compimento gli eventi; quando si hanno occasion i di riconoscimento dei membri, opportunità di sperimentare legami e impegno per la comunità. Grandi eventi o calamità naturali sono individuate come occasioni che creano la connessione emotiva; sono da studiare gli eventi specifici che per ogni comunità possono promuovere connessione e solidarietà, essere strumento di svi luppo di comunità. L'insieme di spirito di comunità e fiducia verso l'autorità creano storie condivise che diventano la storia della comunità simbolizzata nell'arte, musica, teatro ecc. Linguaggi e riti simbolici sono il tessuto connettivo di una comunità e l'arte ne rappresenta il valore trascendente. In particolare creano più facilmente connessione tutti gli eventi di vita della comunità che hanno visto la stessa affrontare un rischio e superarlo.

31

244

Cfr.

MARTIN!, SEQUJ

(1995), pp. 51-52.


Appendice

1. Progetto di ricerca «Nuove povertà e nuovi bisogni: Napoli città competente» La città di Napoli nelle sue variabili socio-ambientali e culturali è spesso oggetto di interesse scientifico e culturale. Risorse e limiti contraddistinguono il patrimonio ambientale e archeologico-culturale di Napoli che, unitamente a specifiche abilità cognitive ed emotive attribuite ai suoi abitanti, ne determinano il fascino; allo stesso tempo la città è un'inesauribile riserva di tensioni inesplose e di degrado sociale-ambientale (disoccupazione, sottosviluppo, evasione scolastica ecc.) di cui ogni progetto d' intervento deve sapere tenere conto; eventi limite (minori coinvolti in microcriminalità organizzata, grandi disastri ambientali) e difficoltà nella gestione del quotidiano (traffico, disfunzioni sociali) sembrano qui accadere con maggiore frequenza che altrove. È questo un quadro realistico o uno stereotipo che alimenta nei suoi stessi abitanti il mito della eccezionalità di se stessi e della città? La Napoli luogo-comune finisce col dominare e condizi onare non soltanto l'immaginario individuale e collettivo ma, trovandovi un continuo gioco di corrispondenze, anche le politiche economiche e sociali che vorrebbero intervenire sui problemi dell'area metropolitana. Necessita così individuare bisogni e risorse emergenti nell'area napoletana attraverso la conoscenza della realtà cittadina: - della sua identità (chi è Napoli); - della sua competenza (cosa sa fare);

- del suo potere (cosa può fare). Il punto focale del nostro studio è la definizione di un modello per la diagnosi di comunità su scala metropolitana in una prospettiva di psicologia di comunità. Lo scopo è accrescere il processo di partecipazione attraverso cui i cittadini, le organizzazioni e i gruppi che attuano iniziative e attività di promozione e sviluppo sociale agiscano quali figure-chiave per la conoscenza della vita della città. Un approccio multidimensionale alla lettura degli eventi sociali non può prescindere dal considerare l' interazione di fattori sociali, psicologici e ambientali. 245


Al linc di valutare le possibilità emergenti è cioè necessario tenere conto d i risorse. bisogni e competenze uni tamente a lla valutazione che i cittad ini di Napoli attribui scono alle propri e potenzialità, ovvero al proprio senso di autostima. Un progetto che a bbia come fine ulti mo lo svil uppo e la promozione (empowcrmenl) della comunità metropolitana, essa stessa oigetto e soggetto della ricerca, ha a che fare quindi con lo sviluppo del sentimento di comunità e nello stesso tempo con la crescila de lla comunità come soggetto. Per la metodologia con cui è organizzata, la ricerca si caratterizza come primo momento di un processo d i ricerca-intervento; pertanto destinatari, ma allo stesso tempo attori della ricerca, sono in senso lato g li abitanti della città e in forma più di retta organizzazioni, enti, gruppi , associazioni che svolgono al suo interno iniziative e attività di promozio ne e sviluppo sociale, i quali assumono la funzione di «operatori chiave» per la conoscenza della vita cittadina.

2. Metodologia e Programma 2. I . Finalità

Individuare nel territorio napoletano le aree geografiche e/o d 'attività che mostrano problemi «scoperti» ed elaborare un approfondimento qualitativo e quantitativo delle stesse per progettare e realizzare interventi mi rati alla prevenzione, recupero e/o utilizzo di potenziali risorse inutilizzate. 2.2. Obiettivi

a) defini zione dei profili della città community diagnosis al fi ne di definirne i bisogni ; b) individuare eventuali aree urbane e/o tematiche in relazione a quelle che si possono definire nuovi bisogni; c ) individuazione di risorse e/o aree d'intervento privilegiate; d) costituzio ne di una banca dati delle risorse e problematiche emergenti per il benessere delle città e sua validazione attraverso la restituzione ai referenti istituzionali e associazioni spontanee della città; e) ridefini zione ciclica ed in progress degli obiettivi della ricerca. In questa prospettiva la ricerca vuole essere uno i.trumento affinché la stessa città

possa parlare di sé. 2.3. Contenuti Costruire una diagnosi della città nelle sue diverse dimensioni in relazione ai bisogni e alle risorse: Dati strutturali: a) profil o territoriale: congestione, sedi lavorative, case sfitte, coabitazione, usoriuso delle risorse esistenti, zone storico-artistiche)

246


Dati relativamente permanenti: h)

profilo demogralìco (classi di età, mobilità, fenomeni migratori , omogeneità-eterogeneità della popolazione: storie, simboli comuni nei gruppi etnici; nascita, mortalità, matrimonio)

e) profilo attività produttive (occupazione, sottoccupazione, lavoro nero/informale, settore d'occupazione, disoccupazione, creazione e mortalità d' impresa, produzione sommersa, accesso al credito, usura, pressioni e influenze della criminalità organizzata) d) profilo istituzionale (servizi, istituzioni pubbliche e private, sfera d'azione e d'intervento) e) profilo dei servizi (tipologia, accesso, prestazioni, area d'intervento di servizi ricreativo-culturali, socio-educativi, socio-sanitari, sanitari, educativi)

f) profilo antropologico-culturale (atteggiamenti e predisposizioni nei confronti della realtà; valori della comunità) g) profilo psicologico

(dinamiche affettive, sicurezza affettiva, relazioni tra i gruppi, senso di comunità, di appartenenza, solidarietà). 2.4. Attività

la) Raccolta di dati della letteratura specifica e degli archivi cittadini al fine di delineare i profili 'significativi' in relazione agli aspetti su menzionati; Fonti: tesi di laurea, stampa periodica, riviste specializzate, istituti di ricerca mirati, Università, Tribunale, Comune, Questura, Camera di Commercio, Confindustria, Sindacato, ISTAT, CENSIS ecc.

.

.,

lb) Ricerca sul campo con circa 30 figure chiave della città individuate tra leader informali, leader istituzionali, operatori degli affari e del commercio, servizi sociali del territorio, associazioni e gruppi di aiuto informale, ev. minoranze politiche e sociali senza potere; in particolare tra: operatori delle tossicodipendenze, ministero di Grazia e Giustizia, associazioni culturali e di privato sociale, rappresentanti della scuola e dei servizi sanitari e sociali, sindacato, gruppi giovanili, associazioni di categoria, ricercatori sulla città e sui giovani (da meglio definire in relazione ai dati raccolti nella fase 1), gestori di discoteche, palestre, locali pubblici e negozi con utenza specificamente giovani le. l e) Ricerca sul campo con almeno 15 gruppi-target privilegiati (da meglio individuare in relazione ai dati raccolti nella fase la) e lb); Id) Elaborazione dei dati raccolti

le) Valutazione e Individuazione delle ipotesi di intervento alla luce dei seguenti parametri: - importanza del/i problemi; - competenza nel farvi fronte; - potere di prendere decisioni.

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2.5. Strumen.ti 2a) RACCOLTA DATI STRUTTURALI

2b) INTERVfSTE FIGURE CHIAVE costruzione griglia preliminare intervista e individuazione aree d' indagine rispetlo ai settori specifici di esperienza. 2c) INTERVISTE INDIVIDUALI eventualmente con questionari semi-standardizzati a domande aperte, indirette e chiuse in cui le risposte sono ordinate secondo scale di polarizzazione (tot. Accordo, abbastanza, poco, tot. contrario) e di gradualità (nominali, ordinali, a intervalli). 2d) INTERVISTE di GRUPPO secondo il metodo del gruppo FOCUS.

2e) Analisi quantitativa e qualitativa dei dati raccolti, claborabili anche attraverso strumenti informatici, in fase di definizione. 2f) Valutazione dei dati raccolti: verifica e progettazione di nuove azioni; valutazione della qualità dei risultati raggiunti e della soddisfazione delle persone (efficacia). Vedi incontri di valutazione fase IV e fase V.

3. Fasi l fase: 1 febbraio 1997 - 30 giugno 1997 -

definizione degli obiettivi; omogeneizzazione dell'équipe; raccolta dati letteratura e fonti istituzionali; preparazione questionari semi-standardizzati; seminario di monitoraggio in itinere dei ricercatori coinvolti nella ricerca; redazione rapporto intermedio.

Il fase: I luglio 1997 - 30 giugno 1998 -

seminario di valutazione delle procedure (comitato di audit esterna); raccolta dati qualitativi: interviste a 30 operatori chiave; attivazione di 15 focus group a gruppi target privilegiati; prima elaborazione quantitativa e qualitativa dei dati raccolti.

lll fase: 1 luglio 1998 - 15 febbraio 1999 - seminario con partecipanti alla ricerca e con referenti della città per la valutazione dei dati raccolti; - conclusioni e redazione rapporto finale comprendente: la descrizione dei dati raccolti, analisi quantitativa e qualitativa degli stessi, individuazione ipotesi di intervento.

Durata 24 mesi: 1 febbrai o 1997 - 15 febbraio 1999. 248


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w documentazione bibliografica è stata raccolta presso le seguenti strutture cittadine: Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III - Sezione periodici Biblioteca della Facoltà di Sociologia Biblioteca dell'Istituto Orientale di Napoli I numeri piÚ recenti dei periodici consultati sono stati reperiti nella libreria Feltrinelli di Napoli

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LA FONDAZIONE LABORATORIO M EDITERRANEO

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo-Onlus è nata a Napoli nel 1994. È Ente morale rico nosciuto <lalla Regione Campania e dal Ministero per i beni e le auività cultural i della Repubblica Ita liana. La Fo ndazione si pone come attivatrice originale della Società Civile del Mediterraneo per un effettivo dialogo culturale tra tutti i popoli che vi convergono <lirellamentc, con particolare riguardo al Sud-Est europeo ed ai Paesi de lla sponda del Sud che per vicende storiche sono rimasti in una posizione secondaria sul piano della cultura e de lla politica internazionale degli ultimi secoli. La Fondazione Laboratorio Mediterraneo intende affrontare - con spregiudicatezza teorica. approfondimento storico e chiarezza critica - i temi che sono alla base della convivenza civi le; guardare a lla interazione individuo-ambiente negli attuali assetti soc iali; individuare le problematiche che sono alla radice dei con nitti. La Fo ndazio ne Laboratorio MeditetTaneo realizza le finalità indicate in sinergia con la rete «Labmed» costituita da stati, regioni, c ittà, università, istituzioni, associazioni, ong ed è attiva nei seguenti ambiti: dialogo interculturale; patrimonio culturale; giovani; donne; democrazia e dirilli;

interazione individ110-ambie11te:sviluppo, educ:azione e formazione; città.

Tra le iniziative della Fondazione si segnalano: 1.

L'ACCADEMIA DEL. MEDITERRANEO

L'Accademia del Mediterraneo - creata il IO o ttobre I 998 dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo in applicazione di una raccomandazio ne del li Forum Civile Euromed - costituisce, per rappresentatività e legittimità. la massima espressione culturale de i Paesi euromcditerranei, in quanto molte Accademie ad essa aderenti sono, nei rispettivi Paesi di provenienza, rappresentanza ufficiale della cultura. Q uesta Istituzione si propone quale centro di riferimento per i Paesi euromcditerranei. Conoscersi, conumicare, cooperare: queste le 3 azioni principali promosse dall'Accademia al fine di assicurare continuità, coerenza e comeque11zialità alle varie iniziative per produrre applicazioni concrete. L'istruzione, l'alta formazione e l'informazione sono le azioni principali previste dal1' Accademia nei vari ambiti culturali. Nella sede del!' Accademia del Mediterraneo è previsto lo svolgimento di molteplici attività g ià patrimonio della Fondazione Laboratorio Mediterraneo che sono state trasferite in dote ali' Accademia. Tra queste i Forum permanenti su varie tematiche: lo scopo è que llo di dare struttura e coerenza a riunioni, seminari, convegni ed incontri spesso occasionali e privi di relazione tra loro, al fine di strutturare azioni mirate e tese a ricostruire la dimensio ne c ulturale e scientifica del Mediterraneo. L' Accademia del Mediterraneo vuole proporsi come punto d i riferimento per l'area euromediterranea sulle tematiche relative a i diritti umani ed alla tradizione interculturale che percorre tutta la storia del Mediterraneo al fine di intensificarla e rinnovarla nell'ambito di una cultura moderna. Ali' Accademia del Mediterraneo hanno aderito 67 Accademie, 168 Università, ed o ltre 200 Istituzioni in rapprese ntanza di 22 Paesi euromediterranei. 2. LA BANCA DATI DEL.LA SOCIETÀ CIVILE

I 2248 rappresentanti di organismi della Società Civile e delle Istituzio ni provenienti da 36 Paesi riunitisi nel dicembre 1997 a Napoli per il II Forum Civile Euromed - organizzato dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo - hanno proposto numerose raccomandazioni e 86 progetti per il partenariato euromediterraneo; tra questi il progelto globale «Euromed Civil Society Database», la grande banca dati della Società Civile. La Fondazione Laboratorio Mediterraneo intende contribuire alla realizzazione di tale banco dati

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mellcndo a disposi1.ione il proprio patrimonio di informazioni relativo alla Società Civile. intesa come insieme di soggeHi rappresentativi. propositivi ed operativi nell'ambito del partenariato euromediterraneo. L'ob iettivo è quello di rendere disposnibile una grande macchina d 'informazione ed attivare un·azione di partenariato aperta. al servi?.io di tutti gli organismi della Società Civile nonché delle Istituzioni della UE e dei Paesi euromediterranei. 3. EUROMEDC!TY

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo ha attivato la rete EuromedCity attraverso cui si intende: - concorrere all'istituzione della Carta delle Ci11cì eummediterranee; creare opportunità di confronto tra gli operatori e gli studiosi dei fenomeni delle città mediterranee nel quadro dei programmi Meda; mettere a punto uno strumento di «lettura delle città», dei bisogni dei loro abitanti attraverso metodologie attive e partecipate di ricerca, capaci di raccogliere informazioni concernenti gli aspetti strutturali (quadro territoriale-paesaggistico), sociali (organizzazione del lavoro, occupazione, processi migratori, ecc.) e antropologici-relazionali (senso di appartenenza, senso di comunità, livelli di benessere e qualità della vita, ecc.) delle città; incrementare i processi di scambio e comunicazione delle competenze e risorse per una buona amministrazione; attivare e diffondere strumenti e metodologie di partecipazione attiva favorendo un processo di self-empowerment dei cittadini, che pennetta l'inserimento degli stessi nel governo delle città; valorizzare il patrimonio culturale (artistico, ambientale, architettonico e archeologico) delle città per sviluppare l'offerta turistico-culturale, anche attraverso il recupero dei centri storici. 4.

SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE PER OPERATORI DELLA SOCIETÀ CIVILE E PER LA PROMOZIONE DI SVILUPPO DI COMUNITÀ.

Particolarità della Scuola è fornire a studiosi delle scienze umane strumenti metodologici e relazionali per intervenire ali 'interno dei processi di trasformazione sociale dei gruppi, delle comunità e degli enti locali per cui opereranno. Il progetto formativo è rivolto a laureati delle scienze umane dei quali si intende accrescere la capacità di leggere la realtà come fenomeno complesso e di intervenirvi nell'ambito degli specific i back-ground formativi di base attraverso più alte e complesse competenze e conoscenze. La Fondazione Laboratorio Mediterraneo intende, con la Scuola di alta Formazione, mettere a disposizione il proprio know-how di progettazione e attivazione di dialogo e interazioni culturali nel bacino del Mediterraneo per potenziare le risorse della cultura e della ricerca delle aree meridionali d'Italia al fine di: • Promuovere le trasfonnazioni sociali. • Ricercare e sperimentare metodologie e strumenti che consentano una miglior lettura e individuazione delle risorse attivabili nelle aree del Mezzogiorno. • Valutare i punti forza delle comunità di appartenenza.

• Far interagire i centri di studio, ricerca, e formazione, a carattere universitario e non, con le istituzioni e le associazioni della Società Civile. • Promuovere benessere sociale e sviluppo umano nella interazione individuo- collettività. • Individuare bisogni e risorse dei Paesi del Sud con particolare attenzione alla organizzazione sociale delle città. • Promuovere i diritti di cittadinanza e della partecipazione attiva alla gestione del bene comune. • Rafforzare le strategie integrate tra università, mondo del lavoro e enti locali per la ricerca e la formazione. • Intervenire nei processi di trasfonnazione sociale interrelando le tradizioni etiche e culturali del Mezzogiorno con i processi di trasformazione in una prospettiva di sistema planetario della società attuale.

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Documenti e problemi collana diretta da Michele Capasso

I. Il Mediterraneo e l'Europa

Atti del Convegno Internazionale Napoli, 24-25 novembre I 995 2. Voci dal Mediterraneo Atti del Convegno Internazionale Genova, 16-17 febbraio 1996 3. L'Europa tra dimensione mediterranea e mondialiuazione Atti del Convegno Internazionale Genova, 22 marzo 1996 4. Psicologia di Comunità oggi Atti del I Congresso Europeo di Psicologia di Comunità Roma, CNR, 25-27 maggio 1995

5. Mediterraneo da salvare. Dal mito alla realtà Atti del Convegno Internazionale Vatolla (Castello de Vargas) 1 luglio 1995 6. I saperi del femmin ile Atti del Convegno Internazionale Torino, t 8 maggio 1996

7. / Fòrum Civil Eurmned Verso un nuovo scenario di partenariato euromediterraneo Barcellona, 29-30 novembre e 1 dicembre 1995

8. Il viaggio: dal "Grand Tour" al turismo post-industriale Atti del III Convegno Internazionale sul turismo mediterraneo Roma, 5-6 dicembre 1996

9. II Forum Civile Euromed Obiettivi e mezzi per il partenariato euromediterraneo Napoli, 12-13-14 dicembre 1997 10. Le Pare Archeologique de Carthage et de Sidi Bou Said Le role de l'Unesco dans la sauvegarde et la mise en valeur des biens culturels et naturels

11 . Napoli: diagnosi di una città I giovani e il lavoro


1999 NAPOLI (NA)

FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GIUGNO PRESSO LA GRAFICARTE SAS - MARANO DI


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