Torchio6

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RIFLESSIONI

Nessuno se n'abbia a male se gli argomenti che stiamo per trattare non sono certo rivolti a vellicare il compiacimento dei compagni che ci leggono, ma si propongono di facilitare un momento di seria riflessione per tutti. Rimuginiamo sovente come mai i nemici di classe provenienti dalle sponde del "laicismo intransigente" e oltre affermino con tanta sicumera che il comunismo in fin dei conti non è che una religione. Non è certamente una classificazione complimentosa quella che proviene da gente che ha localizzato nel portafoglio i problemi esistenziali e che ha piegato la religione come strumento d'oppressione per i i più deboli, ora come nella Russia degli zar e come sempre: si sottintende allora che anche noi nulla possiamo contro le risorse del sistema capitalistico?

Forse leggendo una lettera inviata al periodico "Milanodieci", un foglio di quartiere d'ispirazione cattolica, abbiamo cominciato a vedere chiaro nei nostri dubbi. Scrive dunque codesto lettore che gli sembra che la religione sia ridotta a un self-service a disposizione dei clienti: così c'è chi prende un battesimo, chi una messa, chi una comunione, una benedizione e via dicendo. Avete capito? Si è inclini a sentenziare nientemeno che come il credente è convinto di portare a salvamento l'anima con , il meccanismo liturgico, così la gran parte dei quasi nove milioni di votanti comunisti crede di avere risolto i problemi vitali' delegandoli fideisticamente alle virtù taumaturgiche del partito. E' tale un'ipotesi suggestiva e aperta a facili combinazioni — "monoteismo" e "monolitismo" a esempio — che i più indifesi di noi, che non si sono ancora liberati delle scorie dell'elettoralismo, rischiano davvero di restarne suggestionati: ebbene, questo atteggiamento dobbiamo combattere e eliminare proprio in omaggio al monolitismo che non è altro, si badi bene, che l'unità la disciplina che consentono al partito di non subire il travaglio di frazioni, correnti, clientele e gruppi di pressione che di fatto comprimono la democrazia; di essere, in una parola, forte oggi ancora di più quando ognuno avrà dato un nesso fra la milizia politica di ogni giorno e le mete più lontane verso cui andiamo senza cadere nelle tendenze che Lenin chiamò "economismo" e Gramsci "praticismo".

Un'altra posizione sbagliata e che abbiamo verificato quanto faccia comodo ai nemici di classe allorchè i giovani del popolo reclamanti responsabilmente con (continua a pagina 10)

IL CONGRESSO DI CELLULA - La

sta

I TEMPI SONO MATURI:

IL DESTINO DEI "SERVI"

Con profondo senso di pena abbiamo assistito all'ultimo atto della vicenda del prof. Giovanni Spadolini al "Corriere della Sera". Nè il momento nè il modo della cacciata ci sorprendono. L'ex direttore si era presentato alla borghesia con la parola d'ordine: « Nervi a posto » dopo la grande vittoria elettorale dei comunisti nel 1968. Ora sarebbe troppo facile ritorcergliela contro: l'ingenuo (preferiamo pensarlo così) paladino dei valori della "democrazia" dei padroni tia avuto il benservito senza gli otto giorni neanche.

Nell'occasione all'uomo Spadolini esprimiamo la nostra solidarietà tanto più sincera in quanto mai abbiamo

tralasciato occasione per attaccare la sua difesa della criminale tracotanza capitalistica nel nome della libertà e della civiltà occidentale (ma quale civiltà? Quella che celebra i suoi massacri in Irlanda o nel Vietnam? Nelle colonie del Portogallo o nella Rhodesia?).

Dello Spadolini strumento degli sfruttatori, gettato fra i rottami con il dispregio anche delle forme più lubrificate dell'ipocrisia dei ceti privilegiati e che si presta ancora una volta a coprire la condotta del padrone avallando la versione delle dimis(continua a pagina 5)

Vi sono in Italia immense capacità di lavoro inutilizzate e i governi diretti dalla Democrazia Cristiana le avviano attraverso l'emigrazione a arricchire altri Paesi. C'è uno straordinario patrimonio culturale, scientifico tecnico e i governi d.c. lo dissipano l'umiliano. Ci sono capitali, frutto del lavoro di tutti, e i governi d.c. li mandano all'estero (8.000 miliardi in dieci anni) o li sperperano.

Queste amare realtà i dirigenti della D.C. le nascondono dietro paroloni complicati in discorsi di cui non si capisce un bel nulla. Lo scopo è quello di fare credere che la politica è cosa riservata agli specialisti. Il popolo deve perciò starsene buono e quieto e approvare le decisioni dei signori cialtroni che se ne intendono. Altri cialtroni, i fascisti, le affrontano parlando chiaro, apparentemente. Loro possiedono i rimedi a tutti i mali per il trionfo della democrazia, della patria, della famiglia, dell'ordine, della religione, della moralità.

Noi lavoratori del "Corriere" immunizziamoci contro questa epidemia di paroloni prendendo in considerazione solo i fatti che parlano chiaro. L'avanzata dei comunisti, un milione di voti in più nel 1968, ha strappato alcune conquiste per i lavoratori tanto da provocare il contrattacco furente dei padroni. La verità è semplice: otto milioni e trecentomila voti comunisti sono stati un successo; ma non bastano se la D.C. rimane con i suoi

(continua a pagina 5)

seduta per iniziarsi - Presiede il compagno senatore Francesco Scotti presidente provinciale dell'A.N.P.I (Nella foto: sul fondo il terzo da sinistra) - Nella pagina centrale un'ampia sintesi dei lavori.
Promemoria ILL:=
k... o N fr / sr !<,, ' nsl / (237/n o I. S. R. M n► Sesto S. G.-Milen6 fondo io
Periodico di controinformazione a cura delle Cellule Comuniste del « Corriere della Sera - Via San Marco, 21 - Via Scarsellini, 17 - Milano
Aperto a Milano il XIII Congresso del PCI
« Unità operaia e popolare per un governo di svolta democratica, per rinnovare l'Italia sulla via del socialismo»

Il

LA STRAGE DI PIAZZA FONTANA

PAURA ELETTORALE

Sul processo Valpreda che ha scosso violentemente il sistema borghese italiano pubblichiamo l'intervista concessaci dal compagno Petrella.

"Torchio" - Dopo l'accoglimento dell'eccezione di incompetenza territoriale, il processo a carico di Valpreda non è riuscito a superare la fase delle eccezioni preliminari. Per molti mesi ancora sarà ritardato il giudizio sull'accertamento dei fatti e gli imputati continueranno a rimanere in carcere. Un elemento, comunque, è emerso — da sempre — chiaramente: il processo per la strage di piazza Fontana è un processo politico. Ebbene, vuoi spiegare quale è la specifica natura politica di questo processo?

Petrella - Forse per introdurre il discorso è bene fare una costatazione "preliminare". L'accoglimento dell'eccezione di incompetenza territoriale ha una indubbia rilevanza politica. I principali tra gli imputati in questo processo, -quelli che patiscono da tempo la carcerazione preventiva e che si sono sempre proclamati innocenti, volevano essere giudicati subito, e, benché avessero interesse a dimostrare che il processo era inficiato da numerose e gravi irregolarità, erano disposti a rinunziare a far valere l'eccezione di incompetenza territoriale, pur di affrontare il giudizio sul merito delle accuse. Essi volevano, cioè, dimostrare di non essere colpevoli degli orrendi misfatti che erano stati loro attribuiti a seguito di un'istruttoria che era stata condotta "a senso unica", con smentibili elementi di prova.

D'altra parte, proprio l'evidenza della dimostrazione delle irregolarità compiute, prima tra tutte quella consistente nella sottrazione della competenza all'autorità giudiziaria milanese, dimostra che ragioni estranee alla puntuale applicazione delle norme giuridiche ebbero peso determinante durante tutto il corso dell'istruttoria.

Perché si volle a tutti i costi trasferire il processo da Milano, dove erano stati orrendamente trucidati sedici innocenti e dove, chiaramente era stato collocato l'ultimo potente ordigno, quello trovato nella sede della Banca Commerciale, che avrebbe potuto provocare un numero di morti ancora maggiore)

Perché Milano non è stata allora

ritenuta la sede più adatta in ragione soprattutto del fatto che il magistrato che per primo si interessò della vicenda, il dott. Paolillo, mostrò chiaramente di non volere accettare senza opportuna verifica la tesi ufficiale, accreditata dalla questura e efidl" ministero dell'interno, secondo cui le bombe erano state collocate dagli anarchici.

Perché oggi il processo ritorna a Milano, con gli imputati in stato di detenzione, in base ad una sentenza istruttoria basata su presupposti già t,riennosciuti illegittimi, ma che — ciononostante — è stata ritenuta ancora efficace?

Perché, in pieno periodo elettorale, da un lato, era conveniente che non si iniziasse l'esame del merito delle accuse, cosa che avrebbe indubbiamente sollecitato il giudizio della pubblica opinione sul comportamento del potere politico e di importanti settori della pubblica amministrazione, e, dall'altro, ha consentito di "congelare" per alcuni mesi l'accusa nella sua originaria, anche se screditata, struttura.

Ed ora possiamo anche rispondere alla domanda concernente la specifica natura politica di questo processo. Un processo è politico quando coinvolge rilevanti interessi politici, ed ovviamente è politico un processo quando è volto, come nel caso in esame, a giudicare su un reato

che si prefiggeva un fine politico e che doveva determinare, proprio per la sua efferatezza ed enorme gravità. immediate conseguenze ed effetti sulle lotte politiche e sugli equilibri di potere nel nostro paese.

La strage di piazza Fontana si- inquadra in un periodo caratterizzato da aspre lotte sindacali e da una unitaria e forte lotta dei lavoratori per riforme essenziali, quali quelle della casa, della salute, della scuola. L'unità raggiunta su questi obiettivi travalicava l'ambito dei sindacati operai. Vasti strati di tecnici, intelletuali, addetti ai servizi stavano cogliendo la spinta rinnovatrice del movimento. Stavano quindi per essere posti in gioco i tradizionali equilibri di potere e la stessa forza egemone della borghesia.

La reazione a questo vasto moto popolare fu quella di creare, attraverso i mezzi di informazione di massa e i giornali padronali, la psicosi del pericolo per l'ordine pubblico. Si invocò un governo forte che facesse tacere le richieste dei lavoratori, si propose la modifica istituzionale per istaurare in Italia una repubblica presidenziale, si arrivò persino a prospettare come possibile l'intervento dell'esercito per frenare il "disordine" imperante. In realtà si voleva impedire la saldatura tra le masse operaie e larghi strati di ceti medi produttivi, al fine di preservare i privilegi dei grossi monopoli, degli sfruttatori parassitari e di quei settori del mondo politico ch:' ne erano i garanti La prova generale del livello di riuscita di questa manovra la si ebbe ai funerali dell'agente Annarumma. La strage di piazza Fontana rappresentò l'apice, ma non la fine di questo disegno.

Poiché non vi sono dubbi su questa valutazione politica dei fatti, sin dall'inizio era evidente che gli autori e gli ideatori dell'efferato delitto — che si poneva in oggettivo contrasto con gli interessi e la strategia del movimento operaio — dovevano essere ricercati- in -_tutt'altra direzione da quella seguita dalla polizia e dalla magistratura. Il fatto che ciò non sia avvenuto, e che solo ora si cominci ad indagare nella giusta direzione, esprime ancora una volta qual è la natura politica di questo processo.

"Torchio" - Quasi tutti i processi

Una panoramica del Palalido durante la seduta inaugurale - In primo piano (di spalle) i compagni Longo e Berlinguer.

aventi rilevanza politica che si sono svolti in questi ultimi tempi, sono stati caratterizzati dall'uso di elementi probatori estremamente labili e da fatti e avvenimenti che escono fuori dal comune. Dobbiamo pensare a coincidenze fortuite o a manovre di altra natura?

Petrella - Chi non ricorda il processo per fatti di via Larga? Allora fu dimostrato che la tesi avanzata dalla Questura, secondo cui un reparto di polizia fu accerchiato e messo a mal partito, era falsa. La polizia attaccò proditoriamente una folla pacifica ed inerme. E l'accusa rivolta, agli anarchici per gli attentati compiuti alla Fiera di Milano? Si dimostrò che essa si basava sulla testimonianza di una mitomane.

Nel processo per la strage di Milano le stranezze e i tragici ed oscuri fatti non si contano. Dalla sconcertante testimonianza, alla more di Rolandi, alla tragica morte di numerosissimi testimoni. E chi sa se l'avvenire non ci riserverà altri sorprendenti eventi. Che tutto ciò sia legato solo al caso non è pensabile, specie se si tiene presente l'importanza della posta in gioco.

"Torchio" - La volontà di giustizia espressa sul caso dai lavoratori e dalla gran parte dei cittadini ci induce a sperare che sia fatta piena luce sulle torbide vicende del 1969, ma nello stesso tempo suona di ammonimento sul pericolo oggettivo rappresentato da taluni gruppi ultrarivoluzionari esposti come sono alle infiltrazioni di provocatori di destra. Sei d'accordo con questa diagnosi?

Petrella - La vigilanza e la mobilitazione popolare hanno fatto già conseguire positivi risultati, anche di ordine processuale, ma soprattutto hanno consentito a gran parte dei cittadini di non accettare più gli schemi di valutazione nei quali gli ambienti della reazione eversiva volevano inquadrare il caso. Ed è questo l'effetto politico più importante.

Quanto al pericolo rappresentato da alcuni gruppuscoli della sinistra extraparlamentare e, in ispecie, di quelli più radicali, piccoloborghesi e parolai, esso è effettivo proprio perche, come voi avete giustamente notato, essi sono i più esposti alle infiltrazioni poliziesche e della canaglia fascista e reazionaria, L'estremismo infantile di tali gruppuscoli, il loro distacco dalla realtà oggettiva, gli errori delle loro prospettive teoriche e strategiche sono già stati rilevati e condannati in numerosi scritti di Lenin. Il movimento operaio non si identifica, né potrà mai legare le sue sorti a tali formazioni, né consentirà che esse pongano in gioco gli interessi della democrazia e la causa del socialismo.

XIII Congresso
Torchio
GENEROSO PETRELLA

LA «MAGGIORANZA SILENZIOSA» E I GRUPPUSCOLI DELLA SEDICENTE «SINISTRA EXTRAPARLAMENTARE»

TENTANO DI FAR DEGENERARE LA SITUAZIONE POLITICA A VANTAGGIO DEI PADRONI E DELLA D. C.

I comunisti contro le provocazioni

Mentre il "Torchio" era già in macchina sono sopravvenuti i gravissimi atti di provocazione dei "turisti della rivoluzione" che hanno investito anche i lavoratori tutti del "Corriere". Soltanto la maturazione politica e l'immediata mobilitazione degli operai e dei redattori hanno impedito che il criminoso disegno eversivo coinvolgesse il tessuto democratico della nostra azienda. Pubblichiamo i comunicati emessi subito dopo gli incidenti dalla Cellula del PCI del "Corriere", dalla Federazione milanese e dal Consiglio di fabbrica.

La cellula aziendale del PCILa Federazione milanese del PCI

O ggi nel corso delle manifestazioni cittadine che vedevano in campo la cosiddetta "maggioranza silenziosa" fascista e i gruppuscoli extraparlamentari si sono verificati gravissimi episodi di violenza.

Anche la sede del "Corriere della Sera" ha subito devastazioni di notevole entità; mentre i dipendenti sono rimasti vittime di danni fisici e nelle cose.

Il clima di provocazione antioperaia voluto da ben individuate forze reazionarie, padronali e governative che cercano di utilizzare ogni momento di tensione sociale per imporre una sterzata a destra nel Paese, ha registrato oggi una magistrale esemplificazione.

I comunisti del "Corriere della Sera", che hanno sempre condannato l'avventurismo dei grup-

puscoli che in nome di un rivoluzionarismo intellettualoide e demente, in realtà sabotano la unità e l'avanzata della classe operaia, condannano ancora con fermezza simili atti di teppismo che nel clima di provocazione antioperaia non servono ad altro che a fare' il gioco della reazione.

I comunisti del "Corriere della Sera" ribadiscono che queste provocazioni sono contrarie agli interessi della classe lavoratrice e attentano alla sua unità.

La "Cellula comunista" rivolge un appello a tutti i lavoratori del "Corriere della Sera" perchè non desistano dalla vigilanza e dall'impegno per isolare ogni provocazione e per dare ogni contributo affinchè il dibattito politico in atto nel Paese sia responsabile, democratico e antifascista.

Il Consiglio di fabbrica

Milano città popolare, democratica, operaia, è stata oggi teatro di episodi violenti durante i quali i lavoratori in servizio, cittadini assolutamente estranei, edifici e mezzi di trasporto pubblici e privati sono stati feriti profondamente. Un indegno episodio che dimostra come la mancanza di una responsabile dialettica politica sfoci inevitabilmente nell'assoluto disprezzo della libertà democratica, che è la matrice del fascismo e riduce la lotta politica al degenere e sterile scontro di fazioni irresponsabili il cui comportamento provocatorio va perciò condannato con estrema durezza perché obiettivamente favorisce i disegni del fascismo e della reazione. La manifestazione della cosiddetta "maggioranza silenziosa", dichiaratamente fascista, ed alla quale nessuna forza politica ha aderito condannandola così nel suo isolamento è sfociata nella aggressione di un fotografo e di un giornalista del "Giorno" aggredito e picchiato sotto gli occhi della polizia.

Successivamente una manifestazione dei gruppi della sinistra extra-parlamentare è stata duramente dispersa dalle forze di polizia. Nel corso delle cariche un gruppo di manifestanti ha lanciato contro la sede del "Corriere" sassi e bottiglie incendiarie provocando danni. Negli scontri è stato ferito un giornalista del "Corriere".

Tali deprecabili episodi nascono da -un clima artatamente suggerito da una propaganda mistificatrice e volutamente antipopolare della quale si servono quelle forze ottusamente conservatrici per il mantenimento di anacronistici privilegi. Le organizzazioni sindacali aziendali C.G.I.L., C.I.S.L. e U.I.L. nel denunciare ' chiaramente questo teppismo politico e tutti i criminali atti ad esso connesso, dichiarano . che simili posizioni non sono e non possono essere metodi della classe operaia, la quale attua fermamente ma con con civile e responsabile azione rivendicazio-

(continua a pagina 4)

gravissimi disordini accaduti oggi nel centro di Milano dimostrano come vi sia, da varie parti, l'intenzione premeditata di creare, all'inizio della campagna elettorale, un clima di tensione crescente e di allarmismo, tale da impedire un civile confronto democratico e da favorire così il disegno delle forze di destra. La Federazione comunista milanese esprime anzitutto solidarietà a tutti coloro che sono stati vittime della violenza, ed esprime tutto il suo sdegno per le imprese teppistiche che hanno, ancora una volta, avvelenato e turbato la vita civile della nostra città.

Appaiono con chiarezza le responsabilità delle autorità di governo, della prefettura e delle forze di polizia, che hanno, con la loro condotta, favorito l'opera di provocazione dei fascisti e dei gruppi "estremisti".

Viene da chiedersi quale significato abbia avuto la recente visita a Milano del ministro degli Interni Rumor, e quali indirizzi intenda seguire l'attuale governo democristiano in materia di ordine pubblico. E' del tutto evidente il disegno politico che intendono seguire le forze reazionarie, e la D.C. in primo luogo.

Esse utilizzano cinicamente lo squadrismo fascista, che ha la funzione di punta avanzata nella strategia della provocazione: contro le imprese criminali dei fascisti sempre più forte ed unitaria deve essere la risposta del movimento democratico, e severa deve essere l'applicazione della legge e della Costituzione.

Esse utilizzano inoltre l'avventurismo senza principi di alcuni gruppetti di provocatori: la denuncia di costoro deve essere senza incertezze e deve risultare chiara la loro assoluta estraneità al movimento, operaio, e la loro connivenza con le forze della reazione.

Esse utilizzano infine, in questo unico disegno criminoso ed eversivo, la complicità di alcuni settori della polizia e dell'apparato dello Stato.

I comunisti milanesi si rivol-

gono a tutte le forze democratiche e ai lavoratori perché si impegnino a respingere tutte le provocazioni e a garantire le condizioni necessarie per un normale e ordinato svolgimento della vita politica democratica.

La solidarietà deipartito

Il "Torchio" sottolinea con particolare vigore e sottopone al plauso dei veri democratici la sollecitudine con la quale gli organi del partito comunista a ogni livello hanno manifestato la loro solidarietà ai lavoratori del "Corriere".

La delegazione era composta dai compagni Mario Venanzi, senatore; Marco Baccalini e Gianfranco Rossinovich, deputati; Attilio Zanchi del direttivo di federazione; Ino I selli, Maurizio Serventi e Franchino Cattaneo, del comitato di redazione, del consiglio di fabbrica e dell'amminstrazione de "l'Unità"; Guido Venegoni, segretario generale della Camera del Lavoro; Manlio Pirola, segretario aggiunto.

La GATE di Roma che stampa l'edizione romana de "l'Unita" e "Paese Sera" ha inviato il seguente telegramma: « Venuta a conoscenza del grave fatto teppistico verificatosi vostro stabilimento esprime solidarietà alla Cellula del partito, agli operai tutti. Questi attentati si inquadrano nel disegno involutivo della D.C. la quale servendosi della teppaglia fascista e dell'avventurismo dei gruppettari cerca sviare l'attenzione dei cittadini sui gravi problemi che assillano il paese.

Nostro impegno sarà adoperarsi con forza affinché 7 maggio la risposta sia un voto di condanna alla D.C. e alle destre e una forte avanzata del nostro grande partito e forze popolari ».

Il Torchio

Il Consiglio di fabbrica

(segue da pagina 3)

ni e contestazioni per una società più giusta e democratica. Tutti i lavoratori, nel respingere metodi anèi-operai tipici invece di quelle minoranze pseudo intellettuali o pseudo rivoluzionarie, individua in tre aspetti le cause di questa sequenza di violenza: 1) la campagna antisindacale e antipopolare orchestrata dal padronato contro l'unità della classe operaia; 2) la bieca condiscendenza verso gruppi fascisti in omaggio a false te si di equidistanza da par Li delle forze preposte al rispetto costituzionale; 3) l'incapacità da parte delle forze dell'ordine di attuare nel corso delle manifestazioni una difesa preventiva a uomini e cose patrimonio della classe operaia e del mondo del lavoro tutto.

La C.G.I.L., C.I.S.L. e U.I.L. del "Corriere della Sera" esprimono a tutti i lavoratori e giornalisti, colpiti personalmente o nelle cose, la propria solidarietà, sottolineando più che mai la necessità di vigilare e di operare affinchè la classe operaia sappia sconfiggere sia i rigurgiti fascisti che l'estremismo infantile o pseudo rivoluzionario. Lavoratori, l'unità sindacale e la salvaguardia della democrazia oggi assumono una fondamentale importanza per la difesa di quei valori costituzionali e Resistenziali scaturiti dalla lotta contro il fascismo e per la quale i lavoratori pagarono un prezzo altissimo.

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Il corsivoche "Il popolo" ha pubblicato sui gravi fatti di Milano costituisce un vero e proprio atto di banditismo politico. Commentando la netta presa di posizione della Federazione milanese del PCI contro gli atti di teppismo compiuti da appartenenti a gruppetti della cosiddetta "sinistra extraparlamentare", il quotidiano della DC definisce i comunisti "responsabili moralmente e politicamente di questi episodi di violenza". Un giudizio che soltanto gente in malafede può esprimere; un giudizio dettato dalla cattiva coscienza di chi sa di avere la colpa di un malgoverno che dura da venticinque anni.

La posizione dei comunisti sull'estremismo e sull'avventurismo, sia nella teoria che nella pratica, è limpida e chiara. Lo era ai tempi di Lenin e lo è ancor più oggi dopo anni di dure e difficili battaglie unitarie.

I gruppetti extraparlamentari che hanno provocato gli episodi vandalici di sabato sono stati creati e strumentalizzati sin dal loro sorgere da chi aveva come unico interesse quello di colpire le lotte dei lavoratori e la loro unità.

L'esistenza di questi gruppi e le loro azioni teppistiche sono oggi uno degli elementi di quella strategia della tensione e della provocazione che vede schierati dalla stessa parte uomini come Pino Rauti, settori della polizia e forze che sono all'interno dello stesso governo monocolore di Andreotti.

I PADRONI RITENTANO Ma "contro le rivoltelle fascismo non più una

Il sacrificio e l'insegnamento di Gramsci non sono stati vani - Il movimento operaio italiano ha imparato come si risponde ai fascisti e ha costruito una barriera per impedirne il ritorno.

L'attuale situazione politica impone doverosa una riflessione che è senz'altro rammarico per quanto doveva essere e non fu fatto. Intendiamo prendere le mosse dalla Liberazione laddove se i personaggi maggiori dello sconfitto regime pagarono i loro crimini fascisti, moltissimi altri, purtroppo, sia del potere politico, sia giuridico, sia finanziario, e soprattutto della burocrazia statale sfuggirono alla sacrosanta pena. L'epurazione, insomma, epurò troppo discretamente. Quali le cause? Senza addentrarci in valutazioni storiche globali che ci porterebbero per sentieri seppure pertinenti purtuttavia fuori dal tracciato che intendiamo percorrere in queste note, ci sembra qui sufficiente rigettare la teoria più accreditata che vuole si operasse negli stretti margini consentiti dalla presenza deterrente nel nostro Paese delle truppe alleate cui i rispettivi governi imposero la consegna di facilitare al massimo, nel fervore della ricostruzione, la restaurazione dei privilegi capitalistici; e imputare invece le carenze dell'azione epuratrice ai canoni del mai troppo deprecato costume italiano che nell'euforia del "dopo" di qualsivoglia evento porta difilato all'istituto del "vogliamoci bene" e "scordiamoci il passato".

Orbene, la nostra può sembrare una diagnosi nonchè semplice addirittura semplicistica; ci assumiamo il rischio: resta sempre il risultato, seppure quel periodo storico lo riguardiamo con la facile ottica del senno di poi, che anche nel secondo dopoguerra le forze popolari non furono capaci di portare a totale compimento la loro azione rivoluzionaria. Nella "Storia del movimento e del regime fascista" Enzo Santarelli ha scritto a conclusione dell'opera: « Le sue [del fascismo] squadre, le sue polizie, le sue milizie erano disperse per sempre, anche se le sue radici più profonde non erano e non potevano essere strappate dall'humus su cui erano cresciute ». Ma se la storia aveva fornito al popolo i mezzi, gli aveva armato la mano, non anche era da operarsi sulle singole radici, impresa invero da certosini, ma piuttosto sull'humus fascista che bisognava sconvolgere e disperdere. Quell'humus, non dimentichiamolo, — ma come possiamo se

anche i giornali borghesi ci rinfrescano sovente la memoria non si sa bene se a titolo di maligno compiacimento o di grossolana minaccia? — fattosi vigoroso e fertile all'indomani del primo conflitto mondiale.

L a pace capitalista imposta ai vinti e ai meno forti e robusti fra i vincitori aveva suscitato nuove forze di rivincita nazionalistica e capitalistica. Puntualmente da noi la fiaccola del revanchismo, accesa ai soliti candelabri della Patria, dell'Ordine e della Libertà ma impugnata a stroncare ogni affermazione di un potere operaio, passò alla neonata Confederazione dell'industria che ebbe a suo primo segretario Gino Olivetti e sul cui albo d'oro rifulgeranno, incancellabili, i nomi di Falck, Pirelli, Giacinto Motta, Agnelli, Marinotti, Donegani, i Perrone, Faina. Il fascismo violento e mistificatore assecondò immediatamente la volontà dei potenti (comincia il sostegno vicendevole e la reciproca garanzia fra industriali e gerarchi) e Mussolini scriveva sul "Popolo d'Italia" condannando la "scioperogeneralmania" che: « La Nazione ha bisogno che Torino lavori. Ecco perchè la ferma resistenza degli industriali — li chiamerà poi "borghesia del lavoro" — è stata vantaggiosa agli interessi generali della Nazione ». E li gratificò con la sanatoria su tutti i progettati prelievi fiscali ai sovrapprofitti di guerra e l'abolizione della nominatività dei titoli.

Gli antistorici liberali che non compresero quale mutamento aveva portato nel meccanismo della vita politica italiana l'ingresso delle grandi masse popolari si occupavano come sempre dei quattrini. Tre giorni prima della riapertura della Camera dopo il conflitto il "Corriere della Sera" del liberale Albertini che formava una corrente a sè, che cercava di essere in Italia ciò che il "Times" era in Inghilterra (vero Spadolini?), custode dei valori nazionali al di sopra delle singole correnti (di fatto era legato all'industria lombarda tessile e della gomma) esprimeva tutte le inquietudini e le preoccupazioni degli am• bienti capitalistici del Nord, scrivendo: « A grandi passi le spese dello Stato sono salite da 2.500 milioni prima della guerra a 8.000 o 9.000 milioni di oggi, mentre le entrate sono

salite soltanto da 2.500 a 4500 milioni circa. Esiste una enorme falla di 4.000 milioni al minimo l'anno, che fa d'uopo colmare ».

N . a caso abbiamo portato in pedana il "Corriere della Sera": giudichiamo infatti esemplare e illuminante soffermarci sulla dinamica della caduta di questo giornale nel fascismo. Partito come alfiere dell'astrattismo liberale si trovò "perplesso" appena l'ideologia liberale, contaminata dal fascismo, manifestò i primi sintomi di involuzione e poi compagno di viaggio dei fascisti la cui violenza era stata deprecata al pari di quella dei "rossi". Insomma la borghesia "che è aliena così dal subire come dal praticare la violenza" era angosciata e indecisa. Chi gli avrebbe toccato il portafoglio? Gli operai recanti nei loro scioperi la grande paura della "bolscevizzazione" d'Italia o i fascisti entrati in Parlamento e trasformati in tutori dell'ordine dello Stato? Ma di quale Stato? Dello Stato liberale o di uno pseudo Stato fascista? Mussolini tranquillizzò borghesi e piccolo-borghesi e gli tolse ogni dubbio ideologico. Albertini ancora amletico si trovò a sostenere una concezione di ordine pubblico, di uno ideologia, quella liberale, abbandonata come una nave in pericolo dall'equipaggio. Il "Corriere" cominciò a subire intimidazioni, devastazioni, saccheggi, sequestri: fu riguardato financo quale sovvertitore dell'ordine pubblico. Finchè gli antistorici Albertini scopritori degli "opposti estremismi" si ritirarono nel 1925 in favore dei Crespi che si "adeguarono". embra di fare la cronaca dei nostri giorni e dunque non è per zelo di storici che ci preme fare intendere a coloro che non intendono o non vogliono intendere che il loro antistoricismo patologico le forze popolari sono decise a stroncarlo ora che più urgente è il rammarico per il credito attribuito a troppi pseudo. democratici. Anche della Magistratura. Se proprio nel 1921 quando Mussolini ne vellicava gli umori e affermava che la Magistratura: « E' una delle poche gerarchie statali contro le quali sia assai difficile elevare critiche fondate » e il senatore Raffaele Garofalo alto magistrato di Cassazione un anno dopo riconosceva la dipendenza della

e i pugni del getteremo materassa"

Magistratura dal potere esecutivo e sosteneva la necessità immediata di renderla indipendente, come non elevare il pensiero al procuratore generale della Cassazione, Guarnera, che inaugurando l'anno giudiziario nel 1971 negava — ci soccorre la nobile diagnosi del giudice Generoso Petrella segretario di Magistratura democratica — rifacendosi al capoverso dell'articolo 3 della. Costituzione, l'esistenza dei conflitti di classe in Italia e quest'anno nega l'esistenza del capoverso dell'articolo 3 della Costituzione. Questa norma che impone alla repubblica di abbattere gli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto limitano l'eguaglianza e la libertà dei cittadini e la partecipazione dei lavoratori al governo politico e economico dello Stato e che legittimano le dure lotte dei lavoratori per il loro riscatto egualitario?

R, chiara ormai la volontà delle classi dominanti di riesumate i metodi fascisti incoraggiando quel Movimento sociale che vegetando ti-

midamente nell'humus fertilizzato dalla Democrazia Cristiana alla quale risale, il tradimento consumato con la rottura dell'unità nazionale antifascista nel 948, ha trovato nuova linfa nella tracotante violenza confindustriale cui i valletti governativi fin qui tirati al proscenio non paiono discriminare con la dovuta fermezza le classi popolari.

Ricordano certo, gli sfruttatori, l'idea nata nel 1932 e volgarizzata in questi termini: « ...è tutta la nazione che concorre a pareggiare sistematicamente i bilanci delle aziende e a formare i loro utili... Il problema della copertura delle perdite di una azienda è appunto quello della loro ripartizione oltre la cerchia che dovrebbe direttamente sopportarle a termini del diritto comune: i proprietari (azionisti), i creditori (prestatori di denaro, prestatori d'opera e fornitoti). Tale processo potrebbe chiamarsi, nei casi in cui lo Stato provvede a coprire le perdite di un'azienda, un processo di nazionalizzazione delle

perdite, un'estensione del principio del risarcimento dei danni di guerra e degli infortuni naturali ». E perché non nazionalizzare i profitti invece delle perdite, perchè risarcire i danni creati dalla speculazione (voluta) ma non qUelli creati dalla disoccupazione (involontaria)?

Ricordano d'altra parte anche con orrore il compagno Mauro Soccimarro che quale ministro delle Finanze "aveva in odio il capitale e voleva paralizzarlo e distruggerlo. Aveva già predisposto un fiscalismo cieco, aggressivo, spietato che, secondo i suoi disegni, avrebbe dovuto culminare col cambio della moneta per costringere i capitalisti a denunciare il loro avere e poterli poi colpire singolarmente con estrema precisione". Lorsignori quando invocano la libertà, la patria, e la civiltà occidentale, vogliono seguitare a nascondere i soldi, pretendono che nessuno li metta in galera quando denunciano il falso e soprattutto non ammettono di venire colpiti "con estrema precisione".

Nessuno si illuda di poter ripetere esperienze che d'altronde portano agli epiloghi sulle piazze. Intendiamo riferirci a piazzale Loreto. Abbiamo sperimentato che "le rivoltelle e i pugni del fascismo non saranno resi impotenti col gettarvi sopra una materassa". Non senza commozione citiamo questa frase di Gramsci: anche per il tramite del suo alto e semplice insegnamento il movimento operaio italiano ha imparato molte cose: ha imparato come si risponde al fascismo, ha costruito una grande barriera democratica per impedirne il ritorno. Oggi ancora, non getteremo una materassa ma combatteremo apertamente ogni forma di fascismo. Sono i giovani per primi a sentire il bisogno di unire l'azione con la denuncia, con il chiarimento sul passato, il processo al fascismo come processo alle classi dominanti. E ai giovani diciamo che il nostro partito non trascura o peggio non disprezza i movimenti spontanei, perchè sa che rinunziare a dare loro una direzione consapevole, a elevarli a un piano superiore inserendoli nella politica, può avere conseguenze molto serie e gravi. Sa anche però che avviene sempre che a un movimento spontaneo delle classi popolari si accompagna un movimento reazionario della classe dominante per motivi concomitanti: una crisi economica, per esempio, determina malcontento nelle classi operaie e movimenti spontanei da una parte, e, dall'altra, determina complotti di gruppi reazionari che approfittano dell'indebolimento obiettivo del governo per tentare colpi di Stato.

IL DESTINO DEI "SERVI'

(segue da pagina 1)

sioni volontarie, abbiamo invece compassione: perchè non è certo, il suo, il gesto di dignità dell'uomo che sente rimordergli la coscienza e che rinuncia per sempre alla sacra fame dell'oro, ma dell'uomo che si rende disponibile alla chiamata di un altro padrone.

Però sappia che i suol tirapiedi mentre per iscritto stilavano un velleitario quanto interessato comunicato a difesa del direttore partente, poco soccorrendoli il malaccorto riferimento al diritto d'informazione se proprio sui giornali e sui giornalisti "indipendenti" e sull'autonomia garantita all'informazione dal democraticissimo sistema borghese la vittima stessa di "quella" libertà di stampa aveva intrecciato apologie nauseanti, a voce nei corridoi erano già pronti a tessere le lodi di quello in arrivo, Piero Ottone.

Per noi un direttore vale l'altro e cioè quanto il due di briscola (a portafoglio assai di più).

Resta da ultimo la considerazione sul contesto politico da cui questa defenestrazione è scaturita. L'inganno del centro-sinistra è crollato appena il partito socialista ha preteso che fossaro almeno onorate le cambiali delle -riforme e alla ,grande paura della maturazione sociale del popolo i padroni rispondono facendo quadrato attorno ai banditi fascisti, sotto la protezione dello scudo democristiano, blasfemo richiamo alla croce sempre profanata e vilipesa dai mercanti di uomini. A questa corsa a destra si sono adeguati precipitosamente anche i padroni del "Corriere" scaricando tutto quanto poteva ostacolare i movimenti e perciò anche Spadolini che era venuto, con l'autorevole viatico dell'ex Presidente della Repubblica, Saragat, in occasione di un precedente adeguamento del giornale dei Crespi: quello al centro-sinistra.

Promemoria per il 7 maggio

(segue da pagina 1)

Le classi dominanti tentano di riesumare i metodi fascisti. Ma nessuno s'illuda di poter ripetere esperienze del passato. ll no e la condanna dei lavoratori nelle manifestazioni unitarie sono chiari e inequivocabili.

S e la nostra azione politica può sembrare attendista non consigliamo a nessuno di sollecitare la nostra forza. A tempo debito sappiamo colpire con durezza. A tutti i personaggi che tracotanti ci hanno sfidato abbiamo sempre deciso noi che monumento innalzare. L'epigrafe del compagno Piero Calamandrei (« Lo avrai camerata Kesselring / il monumento che pretendi da noi italiani / Ma con che pietra si costruirà / a deciderlo tocca a noi / non coi sassi affumicati / dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio / non colla terra dei cimiteri / dove i nostri compagni giovinetti / riposano in serenità / non con la neve inviolata delle montagne / che per due inverni ti sfidarono / non colla primavera di queste valli / che ti vide fuggire ») è valida per i Kesselring stranieri e domestici.

A.

dodici milioni di voti. L'appello nostro a rafforzare il P.C.I. è a tutti ma in primo luogo ai lavoratori cattolici. Sì, la lotta sindacale è importante. Ma essa non serve a risolvere tutti i problemi se la politica è nelle mani dei servi dei padroni, dei parassiti, degli speculatori. La prova che il P.C.I. è la forza decisiva del benessere del popolo, della causa dei lavoratori non la diamo noi, ma la propaganda padronale e fascista che tenta con ogni mezzo di contenere la forza comunista. Perchè i comunisti non si piegano a nessun ricatto, a nessuna corruzione, a nessuna minaccia. Solo se avanzar o i comunisti avanzano i lavoratori.

Il collettivo del "Torchio" invita gli iscritti a mobilitarsi e a profondere ogni loro energia per creare attorno al P.C.I. una piattaforma di nuovi consensi e si impegna a divulgare volantini che facilitino il compito di tutti e a uscire con un numero prima della decisiva prova del 7 maggio.

Il Torchio

It.'s,2:22 "SE AVANZANO I COMUNISTI AVANZANO I LAVORATORI„

I 30 gennaio si è svolto, com'è noto, il Congresso di Cellula che ha visto la partecipazione di una larga rappresentanza di iscritti. Era presente il senatore Francesco Scotti della federazione milanese e presidente provinciale dell'A.N.P.I.

All'ordine del giorno erano la relazione del segretario, uscente Vaccari sull'attività della Cellula nel 1971 e il rinnovo del comitato direttivo che sarà così composto: Bonizzi, Bruni, Cossu, Frigerio, Roberto, Rossoni, Sangalli, Sergenti, Sozzi, Vaccari, Zaccheroni. (Esecutivo: Vaccari, segretario; Frigerio, Bruni, Sergenti, Roberto.).

Pubblichiamo in ampie sintesi la relazione ufficiale e gli interventi dei congressisti che hanno dato vita a un vasto e animato dibattito.

VACCARI - Come si può procedere sulla via aperta dalle lotte e dalle conquiste di questi anni evitando una reazione di tale ampiezza e di tale profondità che ricacci a destra fuori dal terreno democratico l'asse politico del paese? E' un interrogativo che richiede risposte di principio e politiche. Se ogni avanzata della classe operaia non procede in maniera lineare ma provoca crisi e riflussi di restaurazione, si tratta di definire, tenendo ben presente la realtà in cui è calata la nostra azione, quali battaglie siano da combattere senza provocare guasti irreparabili sempre cogliendo criticamente eventuali errori o insufficienze che abbiano contrassegnato le forme di lotta del passato. La strategia rivoluzionaria del P.C.I. s'incardina sulla politica delle alleanze.

Ma se il partito è lo strumento insostituibile nella lotta di classe che indica le scelte tattiche ispirate di volta in volta a una valutazione realistica dei rapporti di forza, grande importanza riveste anche l'azione del sindacato soprattutto ora che le prospettive dell'unità sindacale sono ravvicinate (nonostante le recenti ripulse del vertice delle componenti repubblicana e socialdemocratica della U.I.L. n.d.r.). Per quanto attiene ai quadri comunisti impegnati nel sindacato, è auspicabile un loro fattivo contributo alla vita del partito.

La Cellula farà ogni sforzo per organizzare corsi politici, conferenze, dibattiti aperti, incontri coi parlamennari comunisti in azienda in stretto contatto con la Sezione Togliatti perché i problemi della fabbrica sono anche i problemi del quartiere e viceversa. Sarà anche intensificata l'azione per far sortire gli impiegati dal loro incomprei isibile anacronistico disimpegno nel quadro di una più incisa opera ;li rroselitismo. Non sono programmi ambiziosi e perciò non reste,-anna dei buoni propositi sulla carta.

BELLINZANI - Fa un consuntivo dell'attività svolta dal partito nel 1971 in azienda. Individua le carenze manifestatesi che, pur strettamente connesse alla grossa mole dei problemi sul tappeto, crede di dovere imputare alla carenza di dialogo all'interno degli organismi di cellula alla pratica della delega. Il compito dei comunisti nell'azienda deve esplicarsi come ruolo di traino attraverso il sindacato, il centro sociale, il comitato antifascista (che palesa gravi deficienze) e l'A.N.P.I. con un impegno politico costante che rifugga il grave pericolo dell'assenteismo e del moderatismo. Ritiene comunque confortante il bilancio della Cellula i cui dati più salienti vanno

tro. Confuta infine la posizione di molti compagni tuttora dubbiosi sulla validità dell'unità sindacale.

identificati nel tesseramento, nella diffusione della stampa di classe e nell'ottima risonanza avuta fra i lavoratori tutti del Torchio. Esaminando la situazione politica del paese esorta a non sottovalutare il pericolo del fascismo — non quello in camicia nera — e a non desistere mai dalla lotta, ma attestarsi ai principi irrinunciabili che hanno sempre informato la linea politica del partito anche quando sembrava che l'antifascismo fosse una mera caccia ai fantasmi. Propone alla commissione elettorale la segnalazione di un direttivo non inflazionato e auspica che alla guida della Cellula sia preposto un esecutivo paritetico di tre compagni. Pur condividendone le linee, giudica lacunoso il documento presentato sulla riforma dell'informazione e suggerisce che il direttivo apporti al medesimo le dovute integrazioni. Co. statando infine che al congresso sono presenti molti lavoratori in appalto, sottolinea l'aspetto vergognoso del problema degli appalti configurando gli stessi un inammissibile caso di supersfruttamento e per i quali gli organismi sindacali dovranno lottare con i mezzi più efficaci contro la direzione del "Corriere".

GHIRINGHELLI - Parla del Torchio e suggerisce che vi si debba dare più spazio ai problemi aziendali. Si preoccupa, dal momento che la sede del C.R.A.L. non sarà più agibile, dei locali dove svolgere l'attività di Cellula, un diritto acquisito con lo statuto dei lavoratori. Affronta quindi la questione dell'unità sindacale con una argomentazione incentrata sulla durezza del confronto dialettico che caratterizzerà inevitabilmente la tematica delle diverse componenti sindacali nei primi momenti e fin qui impostata sullo scon-

MONFARDINI - Non levono esi stere, afferma, contraddiLoni fra l'attività di sezione e l'attività di Cellula. Anzi, l'attività di quest'ultima calata com'è quotidianamente nell. lotte di fabbrica deve costantemente servire da sprone contr3 d pericolo che la vita di sezione decada in una dimensione di puro intellettualismo. Sarà anche intensificata l'azione sui problemi del quartiere in comunanza con tutte le forze democratiche soprattutto ora che, in concomitanza coi lavori della metropolitana e in assenza di qualsiasi intervento delle autorità comunali, le grosse società immobiliari, con il pretesto della ristrutturazione, si accingono a realizzare l'ennesima enorme speculazione sulle aree allontanando e sfrattando definitivamente dal centro le classi popolari, riallacciandosi in ciò a un ben preciso disegno politico.

ROSSI - Dice che problemi sindacali e politici all'interno le:l'azienda sono contestuali necessitandj entrambi di una piattaforma comune he si attesti sui principi dell'un't4 sindacale e dell'antifascismo. Deplora la mancata adesione al comitato antifascista dei compagni socialisti e auspica la collaborazione delle altre forze democratiche. Venendo a parlare dell'A.N.P.I. esprime la propria soddisfazione per il tesseramento che ha raccolto l'adesione di 130 compagni i quali non dovranno lasciarsi sedurre dal lirismo delle rievocazioni.

FRIGERIO - Comincia il proprio intervento, affrontando temi delle conquiste del movimento comunista nel 1971, compiacendosi dell'ammissione della Cina all'O.N.U. cui dovrà far seguito da parte italiana il riconoscimento della Corea del Nord, della Repubblica democratica tedesca e del Nord Vietnam. Elogia la coerenza della politica dell'U.R.S.S in appoggio ai movimenti di liberazione dei popoli vittime dell'imperialismo e fa il paragone con l'impotenza cinese sullo stesso terreno. L'esperienza cilena è un valido punto di riferimento per il P.C.I. che dovrà prendere il potere con la politica delle alleanze. La conferenza sulla sicurezza europea, boicottata dagli U.S.A., dovrà fare il punto sulla politica dei blocchi. Auspica sia lo scioglimento della N.A.T.O. sia del Patto di Varsavia, presupposto a una Europa unita comprendente anche i paesi socialisti. Sull'elezione del Presidente della Repubblica mostra perplessità circa la mancata operazione Nenni due scrutini prima, quando il P.R.I. e il P.S.D.I. si erano dichiarati disposti all'appoggio.

FIDUCIA NEL

DELLA VEDOVA - Legge la mozione presentata dal congresso di sezione che dichiara non completa e che sarà inviata agli iscritti con gli allegati conclusivi. Propone che anche la sezione Togliatti contribuisca ai finanziamenti per il Torchio e ritiene opportuno organizzare a tal fine una mostra-vendita di disegni e quadri inviati da molti artisti di fama quale contributo alle spese sostenute dalla sezione per riparare i danni subiti in occasione degli attentati fascisti. Plaude infine alle esperienze comuni e ai collegamenti fra sezione, cellula, studenti di Brera e popolo del quartiere.

SANGALLI - Si dichiara sostanzialmente d'accordo sul documento ma suggerisce che una commissione lo approfondisca con l'apporto di ulteriori proposte. Non è d'accordo con la relazione ufficiale per quanto attiene a una presunta dicotomia fra partito e sindacato nell'azienda. Sottolinea a merito del partito l'attenuazione dell'isteria anticomunista e per contro la propria avversione per il culto della personalità e per l'istituto della delega. Il Torchio lo trova consenziente anche se la sua realizzazione dovrebbe scaturire da dibattiti aperti. I contenuti poi dovrebbero essere più ancorati ai problemi di fondo del paese quali la scuola, la casa, la sanità e la libertà di stampa.

SERGENTI - Imputa a titolo positivo per la Cellula la capacità di aver fatto modificare o addirittura annullare articoli del "Corriere".

Prendendo spunto dalla presenza del compagno Scotti auspica una più frequente e fattiva presenza dei parlamentari in azienda. E' preoccupato

per richiami al più vieto qualunquismo del padronato nell'imminenza di qualificanti scadenze contrattuali e politiche. Nella battaglia per il Quirinale le forze popolari hanno forse sopravvalutato le capacità della sinistra D.C. peraltro maturata sotto la spinta del partito comunista. Attacca duramente la Rai-Tv per la sua passiva acquiescenza alle forze moderate del governo.

GALLOTTA - Si dice preso in contropiede da un congresso che pensava meramente organizzativo. Esaminando le lotte sindacali dell'autunno caldo constata come i diritti conquistati siano tuttora disattesi. E' urgente che all'unità sindacale realizzata sulla carta segua l'unità di fatto. L'iniziativa politica del sindacato in azienda, afferma, dovrà essere riferita alla lotta contro gli appalti. Sottolinea come a un notevole balzo in avanti degli iscritti al sindacato di classe non abbia corrisposto un altrettanto balzo di iscritti al partito. Per la strutturazione della Cellula propone un comitato a cinque con un segretario. A chiusura del congresso ha preso la parola il compagno Scotti.

SCOTTI - Si compiace per il dibattito che si è sviluppato in un ampio ventaglio di argomenti e ín linea con la relazione del compagno Berlinguer. Non poteva essere altrimenti in un congresso come quello della Cellula "Corsera" altamente politicizzata. La crisi politica è senz'altro grave e pur se è ancora prematuro un pronunciamento preciso sembra ormai chiaro che la migliore soluzione sia costituita dalle elezioni anticipate (la crisi ha avuto proprio questo sbocco n.d.r.) incombendo la

minaccia della reviviscenza di un altro centrosinistra svuotato di ogni contenuto qualificante e disimpegnato da una svolta democratica che dica no al referendum e che affronti i grossi nodi della mezzadria, delle riforme, della giustizia e della politica estera. Sull'operazione Quirinale non c'era da fare affidamento sulla sincerità di La Malfa e d'altra parte non si poteva spaccare l'unità delle sinistre per tentare prima la candidatura Nenni sul cui nome esistevano perplessità anche da parte del P.S.I. Mostra comprensione per le impazienze e le esigenze dei giovani che lavorano e che studiano e che non sono soltanto gli aderenti al Movimento studentesco. Ci muoviamo — prosegue Scotti- — in un contesto mondiale confuso. C'è il tentativo di creare la terza forza europea. Nel movimento socialista mondiale il contrasto URSS-Cina condizionato da uno sviluppo economico e da sovrastrutture diverse crea anche a noi indubbie difficoltà per espandere la nostra influenza. Il partito comunista cerca nella diversità l'unità senza condannare nessuno. Il giudizio che è negativo sulla Cina nel suo tentativo di volere esportare il dogmatismo maoista non taglia la strada a capire le esigenze di un paese che si muove peraltro verso il socialismo. In Italia il capitalismo che vuole ottenere il massimo profitto con tutti i mezzi ha terrore dell'unità sindacale dei lavoratori che devono sempre pagare le esigenze dei superprofitti. Resta il dato incontrovertibile che l'azione antifascista ha fornito al nostro paese un denominatore che non è stato mai distrutto e che impedirà al neofascismo di crearsi un consenso di massa.

"LA CRISI DI GOVERNO E LA SITUAZIONE POLITICA„

S i è tenuta il 17 febbraio un'assemblea degli iscritti al partito e dei simpatizzanti. La partecipazione è stata massiccia e il fatto è stato sottolineato dall'on. Alberto Malagugini che presenziava all'assemblea e che ha svolto una relazione sul tema "La crisi di governo e la situazione politica".

« Non sono mai stato "camerata"» ha esordito il compagno Malagugini rintuzzando il gesto dei dementi che in azienda avevano alterato il volantino che annunciava il suo intervento, qualificandolo appunto camerata. Ha proseguito poi affermando di non essere mai stato figlio della lupa, balilla, ecc. ecc., e di non avere mai preso parte alle organizzazioni fasciste d'università. Non prese la tessera del P.N.F. e fu arrestato e processato dal tribunale per la sicurezza dello stato. Chiusa questa parentesi personale entra nel merito dell'argomento all'ordine del giorno rimarcando che è la prima volta dalla promulgazione della Costituzione repubblicana che non vi è la possibilità di trovare una maggioranza qualificata che abbia la capacità di governare il paese. La crisi nasce dal momento stesso nel quale s'intende ancora discriminare la sinistra, senza la quale non è possibile

M entre in via Solferino il "cadavere" del professor Giovanni Spadolini era ancora caldo, in un grande albergo di piazza della Repubblica la "proprietà" del "Corriere" si concedeva alla riverenza del sudditi anziani che "festeggiavano" chi la pensione, chi vent'anni di anzianità.

Non sarà male rammentare come in queste occasioni proprietari in un turbinio di cognomi e soprannomi da capogiro — Crespi, Mozzoni, Morbio, Lalatta, Leonardi, Puccini, Biki, Bouyeure — tenuti insieme dai miliardi e, per il momento, dall'Accolla, siano dibattuti fra la "incazzatura" di saltare il week-end nelle loro sontuose ville a Portofino, in Svizzera e in altre amene contrade di cui al momento ci sfugge il nome, e la curiosità di osservare da vicino i sudditi addobbati da Fantozzi. Però il clima "festoso" distende presto i nervi dei nostri.

Le riforme vanno imposte con una politica di alleanze, che devono nascere dalla base. Per la politica aziendale individua l'impegno del partito nella lotta agli appalti, nel potenziamento del Torchio che ha costituito un momento di seria discussione fra tutti i lavoratori ma che ha impegnato duramente la Cellula sul piano finanziario (quattro numeri sono costati 600 mila lire) a confronto dell'esigua rispondenza delle sottoscrizioni.

governare in linea con la crescita sociale e politica delle classi popolari, come nel passato in cui, non dimentichiamo, si erano vinte grosse battaglie difensive. Basti ricordare la legge truffa del 1953, il governo Tambroni nel 1960, le oscure vicende del 1964 che coinvolsero gli apParati.di sicurezza dello Stato, il SIFAR, il Presidente della Repubblica e gli Stati Maggiori.

Ma il più pesante tentativo d'involuzione politica si è verificato dopo l'autunno caldo del 1969 con l'attacco poliziesco al teatro Lirico (la morte dell'agente Annarumma e il funerale diedero occasione ai lugubri rottami del ventennio di scatenarsi in una esecrabile sarabanda) e la strage di piazza Fontana. Soltanto la responsabile presenza fisica di decine di migliaia di lavoratori alle esequie delle vittime evitò che il disegno reazionario raggiungesse lo scopo, dimostrando la maturazione della classe operaia non soltanto sul terreno dei miglioramenti salariali.

Legiferare negli ultimi anni è stato assai difficile per lo sfilacciamento della maggioranza e per la profonda crisi interna della D.C. che ha determinato la convinzione che i guasti della paralisi governativa fossero da attribuire alle strutture democratiche parlamentari. Non si può non dimenticare il sindaco di Reggio Calabria, Battaglia, che era uno dei caporioni della rivolta contro un governo del suo stesso partito.

I festeggiati in procinto di ricevere l'ape laboriosa o la formica rincoglionita o qualcosa di simile (i premi che si sprecano nel settore dell'editoria sono millanta) si apprestano da parte loro all'adorazione dei padroni con la componente masochistica propria di chi ha riposto ogni ragione di vita nella carriera (quando ce la fa) e nel raggiungimento di sempre più numerosi traguardi di fedeltà al servizio degli sfruttatori.

Ma di questa tragica recita cui qualche bicchiere di più rende il tocco della comicità, restano soltanto i lugubri arnesi del paternalismo e il consuntivo amaro di una vita inutile di chi si presta a perpetuare la farsa.

Motivo di soddisfazione per i lavoratori è costituito dai nuovi rapporti fra il P.S.I. il P.S.I.U.P. e il P.C.I. Adesso occorre cercare l'intesa con le forze cattoliche veramente democratiche, intesa che sta maturando anche a livello di unificazione sindacale. Riferendum: la D.C. cerca soltanto un terreno di scontro che divida le classi popolari. Situazione economica: è meno grave di quanto si vuol far credere. Sono in crisi le piccole e medie aziende perchè le redini del credito non vengono mai sciolte per loro. Le banche, è noto, danno i soldi a chi già li ha. Senza volere fare del trionfalismo riaffermiamo con forza che il problema di fondo della politica è il rapporto che si vuole col partito comunista. Il nostro discorso sulla democrazia non è strumentale: la nostra valutazione e i giudizi sul socialismo sono sempre stati autonomi perchè non vogliamo ripetere gli errori di altri partiti fratelli sulla gestione del potere.

Il Torchio
FEDELTA'
UNA RELAZIONE DI MALAGUGINI

Deve tutelare il lavoro non incrementare i profitti

Da qualche tempo diventano sempre più i,psistenti le voci inerenti ad innovazioni tecnologiche nel settore dei quotidiani che si dovrebbero esplicare in due principali direzioni: 1) abbreviazione dei tempi puramente esecutivi, ottenibile mediante macchine sostitutive del lavoro dell'uomo; 2) possibilità di stampa pressochè contemporanea, in "fac-simile", in varie parti del paese, di uno stesso quotidiano.

Entrambe le tendenze sono gravide di conseguenze pesanti per tutti i lavoratori del settore, e non soltanto per loro. Nel primo caso, la tendenza all'eliminazione del piombo, sostituito da matrici da stampa generabili fotograficamente, potrebbe costituire un fattore positivo, ma non dobbiamo dimenticare che l'innovazione totale del sistema (è necessaria l'introduzione della fotocomposizidne) ha come effetto immediato una dequalificazione della quasi totalità del personale e, ciò che è più grave, la diminuzione del personale necessario per "fabbricare" il giornale. Nel secondo caso le conseguenze, oltre che di tipo economico-sindacale, sono sostanzialmente politiche. Alludiamo naturalmente al problema della libertà di stampa che è l'unico, mezio attraverso il quale si possa assicurare un minimo di pluralità alla informazione.

La trasmissione in "fac-simile" infatti, può portare alla morte rapida di molti quotidiani locali che basano la loro esistenza sulla trattazione delle notizie regionali o provinciali. E' lecito infatti chiedersi quali possibilità di sopravvivenza avrebbero il giorno in cui il "Corriere" o la "Stampa" uscissero in ogni regione, alla stessa ora, con una o più pagine dedicate alla cronaca locale.

Non è d'altra parte un mistero che il petroliere Monti accarezza da tempo il vecchio sogno di unificare la prima pagina (quindi resoconti politici ancora più uniformi, con tanti saluti alla pluralità delle voci) su tutti i giornali della sua catena. Sarebbe in questo caso difficile negare che il lettore fiorentino della "Nazione" e quello bolognese del "Resto del Carlino" stiano leggendo lo stesso giornale, anche se sotto due diverse testate.

La tendenza a stampare in "facsimile" un solo giornale è dunque intimamente legata a quella della concentrazione delle testate, nell'ambito del tentativo di controllo totale dei "mass-media" che il grande padronato tenta di portare avanti.

Se l'aspetto squisitamente politico è forse quello predominante, non dobbiamo però dimenticare che vi sono anche implicazioni importanti per ciò che concerne il livello di occupazione del settore. Ed è proprio sotto questo aspetto che le due tendenze elencate all'inizio tornano ad essere complementari, in quanto con l'adozione di una tecnologia più avanzata si mira al contenimento dei livelli occupazionali, nonostante il prevedibile aumento di tiratura dei grossi quoti-

diani quando con il sistema "tac-simile" si siano assicurati le piazze coperte in precedenza dalla stampa locale.

Se gli anni avvenire registreranno una evoluzione tecnologica notevolissima nel nostro settore, già oggi esiste la possibilità di impaginare il giornale mediante sistemi a "monitors" e, sempre con lo stesso sistema, eseguire le correzioni. Negli USA funzionano dei lettori ottici che eliminano la necessità di intermediari fra l'originale e la macchina compositrice. Ciò, pur essendo ancora lontano da una applicazione su scala industriale, dà un'idea di quello che potrebbe essere il settore della stampa tra qualche anno tenendo conto appunto delle profonde modificazioni possibili.

Si potrebbe obiettare che in altri campi produttivi l'automazione è già stata introdotta da tempo e che il nostro settore è in ritardo sui tempi. Questa è una tesi cara a coloro che vedono il "progresso tecnologico" come qualcosa di staccato dal contesto socio-politico in cui si realizza, e in definitiVa dipendente da invenzioni e scoperte avulse dalla società in cui maturano. Ma più di un secolo fa, in un periodo in cui non erano neppure lontanamente immaginabili le

IL CENTRO SOCIALE

Ho seguito attentamente le fasi della costituzione del Centro sociale. E' stato un avvenimento importante per i lavoratori che finalmente possono gestire direttamente e democraticamente il tempo libero, la cultura e un ente già profondamente radicato e sentito proprio, quale è la mutua interna.

Non dubito che a dirigere il Centro siano stati delegati dalle organizzazioni sindacali lavoratori capaci, ma mi sembra di dover notare un ritardo inspiegabile per quello che riguarda il suo effettivo funzionamento. C'è chi dice che tale ritardo sia imputabile alla mancanza di fondi, che l'amministrazione non ha ancora erogato, altri alla mancanza dei locali dove il Centro possa materialmente operare.

Orbene sono motivi certamente validi ma che non giustificano, credo, la lentezza operativa. Non dimentico d'altronde che è "difficile conquistare il potere, ma è ancora più difficile dirigerlo". Qui sta il punto. Allora sbaglio se metto l'accento sul fatto che, tutto sommato, ci troviamo di fronte a una situazione in cui l'impegno politico, l'approfondimento dei temi, la passione dei quadri dirigenti non si sono ancora adeguati alle neces-

conquiste tecnologiche attuali, Marx affermava che: "La borghesia non può esistere senza rivoluzionare perennemente gli strumenti della produzione e perciò i rapporti di produzione, e con questi tutti i rapporti sociali". Se il settore della stampa quotidiana non si è mantenuto al livello tecnciogico di altri settori produttivi, ciò può essere motivato, sempre coerentemente con quanto si è detto più sopra, dal fatto che il quotidiano è un prodotto tipicamente "politico" anche quando si traveste da giornale di "informazione", e come tale non è stato finora soggetto alla stessa dinamica gestionale degli altri settori. Il padronato era finora disposto, in virtii dell'importanza politica del "prodotto giornale" e della sua funzione manipolatrice delle coscienze, a pagare un prezzo, sopportando una gestione economicamente insoddisfacente se rapportata ai margini di profitto degli altri settori. Ora, invece, questa gestione viene considerata troppo onerosa a causa della concorrenza televisiva e delle conquiste generali del movimento operaio che hanno portato i livelli retributivi a misure "allarmanti" per il margine di profitto capitalistico. Ecco allora che anche la produsità programmatiche?

zione del giornale viene assoggettata alle norme già da tempo collaudate negli altri settori produttivi e, per il contenimento dei costi, la tecnologia può fare da salvagente.

Ciò che è stato scritto finora non significa che il lavoratore tema il progresso tecnologico e veda in esso un tabù da non affrontare, ma vuole dire, al contrario, che non sarà mai disposto a sopportare modifiche se non rapportate alla misura umana. Ben vengano nuove macchine e nuove tecnologie se dalla loro applicazione si avranno meno malattie professionali, se l'ambiente di lavoro sarà ristrutturato alla dimensione umana, se il lavoro stesso ne sarà alleggerito. Chi rifiuterebbe questi vantaggi, che pure sono insiti in ogni vero progresso tecnologico? Nessuno, certamente! I lavoratori, i sindacati, i partiti democratici debbono quindi affrontare coscientemente questo problema non per respingerlo, ma al limite addirittura per esigerne l'applicazione, per tutto ciò che di positivo c'è in esso. Ma anche per non far pagare al lavoratore il prezzo di un progresso che tale non è se non accompagnato da garanzie chiare ed inequivocabili. ***

...I LAVORATORI CI SCRIVONO

Pertanto auspico il superamento breve scadenza di certe strette mediante una pressione di tutti i lavoratori che dia un indirizzo inequivocabile alle iniziative gestionali e politiche del Centro sociale. Con umiltà e consapevoli delle difficoltà che ci attendono mettiamoci in cammino senza tanti discorsi ma con sempre magigore determinazione.

Lettera firmata

Il nostro corrispondente ha affrontato un argomento che sta enormemente a cuore a tutti i lavoratori. La diagnosi ha centrato alcuni dei punti deboli che travagliano una gestazione non priva di reali difficoltà. Da parte nostra aggiungiamo che non è facile-trasformare l'organizzazione dopolavoristica, in cui i lavoratori recitavano il ruolo di comparse autonomamente incapaci, in un centro attivo di emancipazione culturale e politica. Non si dimentichi, poi, la resistenza che si incontra a trovare una linea di condotta unitaria in un direttivo che risente inevitabilmente della diversa estrazione sindacale dei suoi membri. E' un po' il travaglio, insomma, di tutta l'unità sindacale.

LE SPIE DEL PADRONE

Durante lo svolgimento dell'ultima assemblea generale si aggirava fra di noi un "signore" non meglio identificato che domandava i nomi dei lavoratori che prendevano la parola, in quali reparti svolgono le loro mansioni, a quale sindacato sono iscritti e eventualmente a quale partito.

Certamente il "signore" era novizio per le assemblee, però il suo desiderio di apprendere nulla aveva a che spartire con i buoni proponimenti del neofita.

Ho infatti appurato che si trattava di uno di quegli spettri che il padrone si premura di inviare fra i lavoratori con precisi scopi provocatori e spionistici. La questione diventa ancora più grave se l'affrontiamo da un'altra angolazione: si va a caccia di nomi "buoni" da trasmettere alla squadra politica della questura. Siamo insomma sulla strada gloriosamente tracciata dalle aziende di "avanguatdia" quali la FIAT, ecc.

Certo non mi è sfuggito il machiavello romantico dei personaggi-dirigenti del "Corriere" che avviano alla degradante professione di delatori oltre che rottami umani anche espo-

IL PROGRESSO TECNOLOGICO NEI QUOTIDIANI

Il volto dolente e fiero di Nguyen Thi Nga una giovane partigiana vietcong catturata dalle truppe di Saigon e condannata a morte colpevole soltanto di aver lottato con coraggio per la libertà del suo paese.

6.200.000 t. di bombe sul Vietnam

Il Torchio

La "sporca guerra"

O ra che Nixon è tornato a casa dal suo viaggio in Cina non staremo a esaminare il comunicato ufficiale delle 1500 parole distillato dalle due diplomazie e che colpisce perchè i punti di accordo sono limitati a temi non essenziali, ma vogliamo sottolineare il fatto che neanche nella settimana di permanenza del capo della Casa Bianca in Cina, non molto lontano i bombardatori americani non hanno cessato di vomitare tonnellate di esplosivo.

di vittime umane distruggono ogni forma di vita.

Ma restiamo volentieri alle fonti americane e dal libro di Andrew Wilson: "La guerra e il computer" abbiamo stralciato i brani seguenti che dovrebbero essere letti e meditati soprattutto dai nostri governanti d.c. e compari ferventi (coatti?) atlantici. « Quella del Vietnam è stata la guerra giocata e analizzata più a fondo e più intensamente pianificata della storia... Le tattiche della guerra aerea sono state ripetutamente giocate dall'aeronautica, che ha perduto 3284 aerei e 4318 elicotteri (dati riferiti al marzo 1971, n.d.r.). Ma l'insuccesso maggiore lo si è avuto a livelli più alti, dove molti aspetti della guerra nel Vietnam sono stati considerati per cinque o sei anni nei giochi politico-militari del Pentagono.

I LAVORATORI CI SCRIVONO...

nen t i dello spiritismo. E' imbarazzante, conveniamone, prendere a pedate nei fondelli un ectoplasma, che non ha ancora assimilato il manuale del "buon provocatore", colto sul fatto. Comunque mettiamo agli atti anche questo espediente dei padroni che non riescono più a nascondere dietro la facciata del perbenismo paternalistico tutto il marcio di cui è corrotta la loro vita di sfruttatori. Siamo stanchi di servire e di ingoiare provocazioni sempre più grossolane.

Lettera firmata

Quanto scrive il compagno è grave e nello stesso tempo consolante perchè è l'indice del profondo stato confusionale che attanaglia un sistema sull'orlo del collasso. Ognuno di noi ne affretti la fine alle prossime elezioni convincendo della giustezza della linea politica del partito comunista, intesa a portare al governo del paese i lavoratori senza gesti di forza che possono concludere in un disasircttaìr* ti anni di dura milizia politica, i lamiliari, gli amici, i conoscenti tutto a in preda ai guasti psicologici prodotti dai "persuasori dell'opinione pubblica".

E SCARSELLINI ?

Caro "Torchio", la collaborazione dei compagni del Rotocorriere Scarsellini brilla per la sua assenza.

Nonostante i ripetuti inviti e le riunioni mi pare che la necessità dí tale apporto non sia stata ancora, come s'usa dire adesso, recepita.

Viene quasi da pensare che in Scarsellini ogni cosa vada per il verso giusto o che si sia realizzato addirittura il socialismo. Se così fosse c'informino almeno a grandi linee come hanno fatto perchè noi ci battiamo ancora duramente.

Il problema della vita del "Torchio" e la sua funzione dovrebbero preoccupare maggiormente tutti i compagni anche perchè la redazione del nostro giornale è un "collettivo': e non ristretta agli "addetti ai lavori"; è la voce del partito nella fabbrica, quindi ognuno deve dare il proprio contributo sia aziendalistico, sia politico.

Non si pretenderà l'invio di messi e di inviti, quando si milita in un partito come il nostro, per adempiere i doveri di costume e di metodo rivoluzionario.

Questa posizione politica vale per

Dal 1965 al 1971 l'aviazione USA ha sganciato sull'Indocina 6.200.000 tonnellate di bombe. Il dato è attendibile perchè proviene dal "New York Herald Tribune" che d'altronde lo riporta come una delle tante cifre statistiche che appassionano i businessmen. E' infatti correlato a altri dati che ci notificano che nella seconda guerra mondiale le "fortezze volanti" sganciarono 2.000.000 di tonnellate di bombe e nella guerra di Corea 1.000.000. Il "New York Herald Tribune" si è scordato però di aggiungere le tonnellate di aggressivi chimici che oltre a causare migliaia tutti i compagni: anche per quelli che "si sentono esclusi", forse vittime di un ingiustificato complesso di persecuzione.

Voglio invitare i compagni a discutere nel partito i problemi che devono essere discussi in tale sede soprattutto in questo momento particolare in cui dobbiamo sentirci tutti in prima linea per cambiare le sorti del paese rafforzando il P.C.I. unica e insostituibile garanzia a salvaguardia dei diritti dei lavoratori e del popolo. Fraternamente.

Le preoccupazioni del segretario di cellula sono più che legittime. I soddisfatti delle posizioni raggiunte e. i primi della classe non servono la causa del partito.

Questa rubrica è aperta a tutti i lavoratori. Anche a quelli che non condividono la nostra linea politica.

Non si esagera affermando che il prestigio dei "giochi di guerra' e dei metodi di analisi a esso associati sono diventati un elemento della guerra. Perchè certamente la guerra ha cessato da un pezzo di essere una lotta per difendere il Sudvietnam o il Sudest asiatico. E' diventata invece uno sforzo per riscattare il buon nome dell'apparato militare americano; non solo la qualità dei suoi soldati e l'efficacia della sua potenza di fuoco, ma anche e soprattutto la giustezza delle valutazioni militari.

La più saliente di queste valutazioni è stata quella secondo cui il nemico poteva essere sconfitto dalla potenza di fuoco, dalla mobilità aerea e dalla pacificazione delle campagne. Se il giudizio militare americano si è dimostrato fallace su questo punto — come sempre da un bel po' ormai —, le ripercussioni si estenderanno ben oltre i confini del Sudest asiatico. In particolare, raggiungeranno l'Europa, dove tutto il concetto di sicurezza collettiva atlantica, impostato sulla garanzia nucleare degli Stati Uniti e sulla presenza di forze armate americane in Germania, è già molto discusso. Ma ancora qualche anno fa nessuno avrebbe previsto il crollo totale dell'autorità morale americana in Europa in seguito agli errori militari e politici commessi in Asia. Ecco i fattori che nessun "gioco di guerra" ha considerato e che forse non avrebbe mai potuto considerare. Le conseguenze dell'averli trascurati — il prezzo pagato in vite umane e in beni materiali, la perdita di alleati, la rivelazione dell'impotenza militare, le ripercussioni sull'unità e sul carattere dell'America — si ripercuoteranno in misura sempre più ampia negli anni avvenire ».

Il Torchio (segue da pagina 1) forza il loro diritto allo studio si sono trovati di fronte la materializzazione più violenta della repressione di stato, è la chiusura a ogni forma di cultura borghese rigettata da molti di noi come un frutto bacato. Si corre il rischio di portare altra acqua al mulino di chi gradisce vederci sempre tetri e noiosi eppure in tali sembianze non ci stancheremo mai di svelare le lusinghe borghesi, insidiosissime nella misura in cui torpidamente le accettiamo e passivamente le subiamo, che tendono a mantenere la classe operaia in uno stato di perenne inferiorità culturale stimolando il suo consenso ai semplici interessi per gli spettacoli sportivi, canori, televisivi, insomma a tutto l'armamentario dell'ignoranza d'evasione.

Però non si pretende una vita ascetica, ma una partecipazione critica ai motivi di svago senza trascurare il possesso delle acquisizioni più avanzate della cultura borghese che ci permetterà di abbattere lo stato capitalistico con gli stessi suoi strumenti: è la strategia che provoca l'accusa contro di noi di revisionismo, di comunisti borghesi, di riformismo, di partito d'ordine, dei movimenti studenteschi (troppi di loro, però, pur rifiutando a slogano la cultura borghese, se ne servono di fatto per entrare al termine degli studi comodamente nel sistema).

Ultima grave preoccupazione ci è data dalla sensibilità dei lavo-

ratori, anche compagni iscritti alla CGIL, al canto delle sirene che pretendono l'autonomia del sindacato nei confronti del partito. E' l'ultimo canto e il più melodioso col quale i padroni, che in ogni istante delle loro azioni fanno politica ma esigono che i lavoratori si conducano politicamente disarmati per colpirli come meglio gli aggrada, cercano di sabotare l'unità sindacale. Certamente non gli è sconosciuto il giudizio di Lenin che riproponiamo ai compagni dubbiosi: « La storia di tutti i paesi attesta che la classe operaia con le sole sue forze è in grado di elaborare soltanto una coscienza tradunionista, cioè la convinzione della necessità di unirsi in sindacati, di condurre le lotte contro i padroni, di reclamare dal governo questa o quella legge necessaria agli operai, ecc. ». E' una tesi "scandalosa"? Non diremmo. Che significa? Significa che spinte anticapitalistiche, aspirazioni verso il socialismo scaturiscono dall'interno stesso delle strutture e dei meccanismi del sistema attuale e dalle esperienze delle lotte operaie e popolari. Solo dall'esterno, però, è cioè da una forza politica che ha una visione generale della società, può venire l'indicazione della prospettiva rivoluzionaria che dia corpo e efficacia politica alle lotte. Insomma non vi potrà essere mai direzione veramente rivoluzionaria in un movimento che non superi il suo ambito rivendicazionistico.

ANCORA SULLA LIBERTA' DI STAMPA

Un estratto del documento del Congresso di Cellula v alle ricerche fino a oggi compiute sulla stampa quotidiana sono scaturite teorie del tutto insufficienti e fuorvianti perchè di matrice borghese, per fornire delle risposte esaurienti a quanti si chiedono quali sono i significati e le funzioni che oggi svolgono la stampa e gli altri mezzi di comunicazione. Uno studio del già ponderoso catalogo di lavori riferiti all'argomento che stiamo trattando ci consente tuttavia di proporre un dato finalmente concreto: la liquidazione del mito dell'obbiettività della stampa e la conseguente polemica sulla libertà dell'informazione.

Sappiamo che l'informazione stampata è un processo di produzione dei messaggi dove la sociologia dell'emittente, se si esclude la stampa comunista e pochi altri organi di partito, è nella totalità ristretta al capitalismo industriale che ha tutto l'interesse, per ovvi motivi, a impedire che si formi un'opinione pubblica cosciente e politicizzata. Chi nel processo di trasmissione della notizia può intervenire ai vari livelli è il redattore e al livello

più alto il direttore che, tanto più manipoleranno le notizie e i fatti, secondo le esigenze della proprietà del giornale, quanto più la loro complice dipendenza è vincolata da una posizione altamente remunerata.

Avendo abdicato a ogni scrupolo di coscienza sia per la lauta mercede, sia per l'ambizione di trovarsi nella stanza dei bottoni del quarto potere, il direttore trasmette i suoi messaggi in codice nell'editoriale che mediante una strategia disfunzionale riduce la dinamica sociale a un comun denominatore politico al di fuori del quale la realtà in atto non viene registrata che come presenza marginale, sporadica. Esemplari furono i fondi del "Corriere" e di altra stampa borghese sulle elezioni per il Quirinale. Non uno abbiamo letto che si discostasse dai canoni a effetto che precipitano ognora nell'epilogo catartico; ma tutti sottacend6 di queill'avveniménio il momento ali un ,pesante scontro politico, durante., il ,quale sono venuti al pettine nodi stretti durante il corso di queíti anni travagliati, colstnÌO soltanto

rissa, faida, un'incomprensibile con:media degli errori redente, la catarsi, già, dal trionfo di un galantuomo. Lo stesso meccanismo è stato applicato anche alla crisi di governo perchè è l'unico possibile nella strategia della mistificazione, valido tanto nel caso della povera madre che non ha di che sfamare i figli quanto nell'ambito delle istituzioni repubblicane. Ma una sola regola applicabile a qualsiasi situazione se da un lato permette un automatismo che pone lo "emittente" al riparo da ogni rischio o errore, dall'altro consente al "ricevente comune" meno candido di scoprire facilmente la chiave per decrittare i "messaggi in codice" inviati agli "addetti ai lavori". Per spiegarci meglio riprendiamo l'esempio dell'elezione presidenziale: la "chiave" dei messaggi era "la classe politica è marcia". l riceventi "addetti ai lavori" erano avvisati che i padroni della politica governativa imponevano l'elezione di un determinato presidente e nello stesso tempo si era creato nel "ricevente comune" il consenso, per una posizione di facile presa qualunquistica.

E' chiaramente Intuibile che il pensionato che sopravvive con ventimila lire al mese e che legge negli editoriali del "Corriere della Sera" che tutto andrebbe meglio per tutti se la classe politica non fosse marcia, resta epidermicamente colpito e perpetua il suo consenso a un giornale che, essendo lo strumento carismatico degli sfruttatori, si guarda bene dall'esercitare sul "lettore comune", che non sa poveretto che il sollecitatore del suo consenso guadagna cinque milioni al mese, ii benchè minimo stimolo critico che lo metta in condizione di correlare la lettura del quotidiano con la conflittualità politica, economica e sociale presente nel momento in cui si perpetra ai suoi danni un vero e proprio crimine.

Noi combatteremo la battaglia per la libertà dell'informazione principalmente pér strappare ai giornali pseudoindipendenti il consenso di quella base di lettori del ceto medio che non riescono a cogliere le astuzie con le quali il capitalismo attua il suo capolavovro di plagio.

Costruiamo con 1 9 U nit
la vittoria elettorale
P.C.I.
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RIFLESSIONI
IL TORCHIO - Supplemento a « Milano oggi» - Anno II - 2 MARZO 1972
La Tipografica Poliglotta - Milano

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