Milano 19(47)

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LA CASCINA "MOUN DI RISS"

AD OLTRE UN MESE DALL'ENTRATA IN VIGORE DEL "LISTINO".

Ma chi va a fare la spesa cosa ne pensa del paniere?

Interviste volanti ai consumatori

"Ma che cosa vuole scrivere? Tanto non serve a niente. Qui il controllo devo farlo io, altro che governo! Intanto in casa abbiamo rinunciato a mangiare la carne ed ad andare al cinema".

Chi ci parla è una donna di mezza età. Ha in mano due grosse borse di plastica piene di verdura e sta uscendo da un mercato della zona di San Siro. Al cronista che le domanda dei prezzi, del carovita, delle conseguenze della impen nata autunnale e del "patetico" paniere governativo risponde quasi di malomodo, di fretta, sottolineando però un accorato "io non ce l'ho con lei".

CASA: SPECULAZIONE SELVAGGIA

Sono i commenti di sempre: il consumatore che protesta contro quegli stramaledetti cartellini dei prezzi che cambiano sempre (in au mento, naturalmente), contro il commerciante che acquista poco latte dalla centrale perché guadagna di più con il prodotto a lunga conservazione, contro chi non perde occasione per speculare e contro chi non è capace di arrestare la speculazione. Ne esce l'immagine di un consumatore scettico, molto scettico, sull'operazione prezzi, che, alla fine, non ha proprio inciso un gran ché nella vita di tutti i giorni.

C'é chi dice che è servita almeno a sapere che un etto di burro a Milano non costa come un etto di burro a Caltanissetta; ma è una ben magra soddisfazione!

NIENTE

Il consumatore, in ultima analisi, è ancora solo. Girando per mercati, supermercati e negozi è facile accorgersene. E allora? Allora si ricorre all'esperienza, e l'esperienza, almeno quella della gente comune che vive di salario odi stipendio (che sono poi la maggior parte dei cittadini) insegna che quando i soldi non bastano bisogna rinunciare a qualche cosa. "Dicono tutti che la gente non smette mai di comprare roba - afferma segue in ultima

CRISI DI CRESCITA PER LE ZONE?

I problemi del decentramento, specie in vista dei tagli che sarà necessario operare nel quadro di una situazione economica generale difficile, affrontati, in apertura dei lavori della sessione itutunno inverno, dal presidente del Consiglio di zona 19, che ha posto l'accento sulla crisi di crescita del decentramento e sulla necessità di evitare il rischio che aumenti il distacco tra mondo politico, istituzioni e cittadini, esponendo poi un consuntivo del lavoro prodotto nei primi sei mesi del 1981 e sui problemi che rimangono da affrontare e risolvere concludendo alla fine con un appello alla pace. (a pagina 4)

NON SARA' UN "BOBBY", MA SARA' UNA PRESENZA CONFORTANTE

Arriva il vigile di quartiere

Entro la fine di quest'anno il servizio dovrebbe essere esteso a tutta l'area cittadina

Con l'assegnazione, avvenuta nello scorso mese di ottobre, ai quartieri Duomo, PortaGaribaldi ed una parte di Porta Venezia dei vigili di quartiere, andati ad aggiungersi a quelli già in servizio, a partire dal 1976, a Baggio, zona 18, a Nigu arda, zona 9, a Dergano, zona 8, a Gratosoglio, zona 15, ed in quella parte di Porta Venezia che è in zona 3, si va attuando quel programma, che, se i tempi previsti verranno rispettati, dovrebbe vedere in servizio entró la fine di questanno, trecento di tali vigili,

Il decimo ITIS lascia la nostra zona

Sembra finalmente concludersi l'odissea dei circa duemila studenti del X° ITIS (Istituto Tecnico Industriale Statale) per chimici "Marie Curie" e della sezione staccata del II° Istituto tecnico per il turismo.

Il X° ITIS fino agli inizi di quest'anno scolastico era ammassato in una sede stretta ed inadeguata in piazzale Stuparich in un fabbricato già sede delle distillerie Ramazzotti, poi acquistato dall'Amministrazione provinciale, che lo ha trasformato in edificio scolastico.

Ora l'istituto Marie Curie sta per lasciare la Zona 19 per trasferirsi nel nuovo complesso scolastico onnicomprensivo di via Fratelli Zoia (in Zona 18), realizzato dalla Provincia e dotato di palestre e mensa per gli studenti, dove, allorché sarà ultimato, troveranno sede anche altri due istituti scolastici mediosuperiori.

Per accedervi vi sono, al momento, alcune linee di superficie, che transitano, più o meno, nelle vicinanze: l'autobus 49, che parte da piazza Lotto e si ferma all'Ospedale S. Carlo, quasi di fronte alla scuola (per raggiungerla si deve attraversare un campo sportivo, lungo una stradicciola di terra battuta, avendo cura di indossare un buon paio di stivali in caso di pioggia), l'autobus 63, che viene da Baggio, e l'autobus 67, proveniente da Piazza Giovanni dalle Bande Nere.

Lo stabile di piazzale Stuparich (che è stato finalmente rimesso quasi a nuovo con un solerte lavoro di imbiancatura e di verniciatura, dopo che per anni l'amministrazione provinciale si era limitata ai soli lavori di manutenzione più urgenti ed inderogabili) non resterà però vuoto. Vi saranno ospita-

te le sezioni staccate del II° Istituto tecnico per il Turismo, che ha la sua sede centrale in via Priorato 18. Queste sezioni staccate erano finora ospitate in una struttura provvisoria in viale Malta, dove ora dovrebbe trovare sede una scuola per odontotecnici.

Si dovrebbe così finalmente risolvere una situa-

zione di estrema precarietà sia per il X° ITIS, sia per le sezioni staccate dell'istituto per il turismo, che fino ad ora avevano dovuto attuare, per mancanza di spazi idonei, orari a turni alterni. Resta ancora un problema da risolvere, che non riguarda soltanto questi due istituti, ma la scuola in generale: quello degli insegnanti ancora da assegnare.

Le proteste degli studenti

Gli studenti dell'ITIS Marie Curie e del II° I.T.T. denunciano una situazione ormai diventata insostenibile. All'ITIS Marie Curie da molto tempo era stato promesso il trasferimento nella nuova sede di via Fratelli Zoia per il 16 settembre 1981 ma, nonostante l'anno scolastico sia già in pieno corso,

pwito

in grado di garantire la loro presenza, alternandosi nei turni, in tutti i centocinquanta quartieri cittadini.

Per cui entro tale data li dovremo vedere in servizio anche nella nostra zona. Ma a questo punto sorge spontanea una domanda: chi sono, cosa fanno e quanto pesano, anche nel quadro della sicurezza, questi vigili di quartiere? Tanto per cominciare diciamo subito che essi non sono la versione italiana dei "bobbies" inglesi (i poliziotti di strada resi famosi da tanti film cinematografici e televisivi) innanzitutto perché non sono dei poliziotti e poi perché hanno talmente tante cose da fare che certamente non hanno il tempo per indugiare per strada, magari a trastullarsi con i raaazzini.

Diciamo piuttosto che il vigile di quartiere è un p9' una nuova edizione, riveduta e corretta, del vecchio "vigile di rione", quello che girava in borghese con una borsa sotto il braccio impegnato pe lo più in pratiche amministrative, anche se in effetti non è la stessa cosa. Si tratta di un vigile in divisa (e non più in borghese), che gira anch'egli con una borsa sotto il braccio (nella quale segue in ultima

questo non é ancora avvenuto. Tutto ciò è dovuto alla mancanza di fondi per retribuire un numero adeguato di operai, in modo che la scuola fosse pronta per la scadenza prefissata. La disorganizzazione e il disinteresse da parte degli organi competenti sono stati totali. segue in ultima

Case o carta da archivio?

Lo scorso marzo il Ministro Nicolazzi annunciò un "fantastico" piano del governo per risolvere il problema della casa. Ne uscirono due strimilziti e pasticciati disegni di legge, presentati quando il governo For/ani stava per tirare le cuoia ed andati a finire negli archvi delle Camere, dove dormono ancora sonni tranquilli.

Ora viene annunciato un "nuovo" pianocasa Spadolini-Nicolazzi. In effetti si tratterebbe soltanto di una serie di emendamenti ai due originari disegni di legge. Di positivo c'é che il governo sembra accettare il principio del rifinanziamento delle leggi sulla casa e della graduazione sia pur limitata, degli sfratti; ma

nella sostanza il progetto appare inadeguato a riportare il piano decennale dell'edilizia alla sua potenzialità originaria e sembra lasciare aperti pericolosi varchi alla peggiore speculazione. Mancano poi provvedimenti indispensabili quali la legge sui suoli, il rilancio del credito e del risparmio-casa, la riforma della tassazione degli alloggi, la revisione della legge dell'equo canone. Sono provvedimenti irrinuaciabili e si dovrà fare pressione perché vengano inseriti in sede di dibattito parlamentare; ma innanzitutto è necessario che tale dibattito ci sia ed al più presto, altrimenti anche il piano Spadolini- Nicolazzi finirà con il diventare null'altro che carta da archivio.

GIORNATE
LE "QUATTRO
DI MILANO"
IL RECUPERO DEI TOSSICO DIPENDENTI
MALATI INTERVISTA A TORRI in questo numero Anno V - N. 11 - Novembre 1981 MENSILE DI INFORMAZIONE POLITICA E CULTURA L. 300
MURI AL PARCO DI TRENNO QUARTIERI CRONACA COSTA SEMPRE PIU' ESSERE

Un'idea

Caro Milano 19, ti scrivo per sottoporre alla tua attenzione una questione che mi sta a cuore e che penso interessi anche molti altri abitanti della nostra zona. Ho avuto occasione qualche volta, anche se non molte, di assistere ai lavori del Consiglio di Zona e sinceramente avrei piacere di assistervi con maggiore frequenza se non ci fosse la questione del fumo. lo non fumo, di conseguenza mi da fastidio stare in ambieni dove altri fumano. Certo, qualcuno potrà dire che così come io ho scelto di non fumare lui ha scelto di intossicarsi di nicotina e nessuno può negargli il diritto di questa sua libera scelta. Ma a questo qualcuno vorrei ricordare che il mio diritto, che ritengo altrettanto legittimo, di non fumare è garantito da una specifica legge come ricordato dai cartelli affissi pure in Consiglio di Zona, che prevedono anche delle ammende, ma che tutti, a cominciare dal presidente e dai consiglieri, sembrano ignorare.

Per dire il vero c'é una specie di farsa, che potrebbe anche far ridere se non fosse penosa. Prima dei lavori del Consiglio tutti, compresi il presidente ed i consiglieri, fumano tranquillamente. Poi agli inizi dei lavori se qualche sprovveduto fra i consiglieri, o tanto peggio fra il pubblico, si fa sorprendere con la sigaretta accesa tra le mani, viene ripreso dal presidente che gli dice che "durante i lavori del consiglio è vietato fumare". Poi i lavori vengono sospesi e tutti ricominciano a fumare per poi smettere alla ripresa del dibattito e così via fino a che verso la fine della serata tutti, a partire dal presidente, fumano tranquillamente anche se la seduta è in corso.

Mi pare innanzitutto che si dia un'.interpretazione un po' troppo

elastica alla legge., Difatti la disposizione di non fumare non è per non danneggiare l'ugola dei consiglieri che parlano ma per evitare che l'ambiente venga inquinato dal fumo e per salvaguardare il diritto di non fumare a chi non lo voglia fare. E l'ambiente si riempie di fumo anche nei momenti di intervallo e non soltanto durante i lavori, altrimenti anche nei cinema, tanto per fare un esempio, dovrebbe essere permesso fumare in sala durante gli intervalli.

Se qualcuno non fosse d'accordo con questa mia interpretazione me lo dimostri, ma con dati concreti.

C'è poi un'altra considerazione che vorrei fare: se si vuole che la gente partecipi, che abbia fiducia nelle istituzioni è necessario che in primo luogo chi é stato eletto con il voto popolare rispetti in modo rigoroso le leggi, anche se tale rispetto gli può costare un sacrificio personale.

A questo proposito ci sono ancora un paio di domande che vorrei fare prima di chiudere questa mia. Perché i due vigili in servizio nella sala del Consiglio di Zona non fanno rispettare il divieto di fumare elevando contravvenzione a quanti non rispettano tale divieto anche se sono il presidente od i consiglieri? O non sarà forse che presidente e consiglieri di zona siano considerati cittadini di serie

A ( magari super), non tenuti a rispettare le leggi come gli altri comuni cittadini di serie B, C e via dicendo?

Sarei contenta che a queste domande mi rispondessero i vigili stessi o magari il loro comando e nell'attesa ringrazio Milano 19 per lo spazio che sono certa concederà a questo mio sfogo.

Maria B.

guai degli stabili senza custodi

Egregio Direttore, abito in via Ugo Betti e vorrei denunciare la situazione di assoluta anarchia che si è venuta a creare da quando le custodi non prestano più la loro attività presso gli stabili. Non c'è più alcun controllo ed ognuno agisce come meglio crede: c'è chi "armato" di zappa e rastrello si crea il proprio angolino di giardino, senza nemmeno pensare che interpellando anche gli altri inquilini si potrebbe in comune decidere una migliore manutenzione del verde; c'é chi, nonostante il divieto, fa bella mostra di biancheria

stesa ad asciugare fuori dai balconi e dalle finestre; buona parte dei bambini giocando a pallone calpestano le aiuole, a volte rompono vetri.

Questi sono solo alcuni esempi, ma se ne potrebbero aggiungere altri. Avendo interpellato i vigili e non avendo avuto risposte o interventi soddisfacenti, desidererei sapere se esiste una legge o un organo competente a cui fare ricorso affinché quanto sopra descritto non abbia più a verificarsi. Molte grazie.

Rita S.

Non so perché tutto ad un tratto, in estate, gli italiani diventano intelligenti. Spiego più chiaramente: nei mesi estivi specialmente quando si va in ferie vedo sfoggiare certe riviste che fanno sentire l'italiano medio ed anche l'operaio, diciamolo pure, un sapientone. Queste riviste danno l'impressione a tutti di vendere cultura. In particolare ce n'è una: la settimana enigmistica. Sembra impegnarli tutti e renderli più intelligenti o delle persone colte. In verità non è così; lo sappiamo bene però non capisco perché questi sono così bravi a risolvere gli enigmi di queste riviste mentre spesso non riescono a capire cosa è necessario fare per cambiare le

cose in Italia. Per esempio per chi votare alle elezioni. Invece si continua a dare il proprio voto a certi partiti di governo che ben conosciamo.

Sperando che in un prossimo futuro chi trae da questi settimanali le proprie informazioni venga illuminato da un lampo di genio, ci auguriamo che con l'arrivo dell'autunno che sicuramente sarà molto caldo, vengano svegliati dai loro sonni profondi e le energie che spendono su quelle riviste vengano indirizzate verso obiettivi più proficui per loro, per il paese e per tutti i lavoratori.

Caro giornale, mi sto de cà in via Falk 53, propri davanti a nun ghè la stazion de S. Leonard della metropolitana: in verità l'è propri una gran comoditaa. Peccaa che per arrivà fin là se dev traversà un prà pien de polta, ch'el par ona palude. Per fortunna che gh'hinn minga dent i coccodrii, ma i ratt gh'hinn si e come!

Se capiss che el sindegh l'haa spenduu tutt i danee per fà su la "casa dello studente" e adess come se sa gh'è pù de danee e gh'hinn pù student, perchè l'è on ann che l'è lì sarada. Però m'è vegnuu on idea: se gh'hinn pù de giovinn de mettegh dent, perché ghe mettenn minga dent i vecc? Tanta pusee trista de inscì la podarev minga vess!

Caro giornal, prova a pubblic à stà lettera chi. Chi sa che qual vun de quei sciori del municipi magara la legg e el se decid de stroppà i bus di pozzangher e de impieni de gent la cà di student!

Ciao, un tò abbonaa

Giordano Gianotti

Egregio Sig. Direttore di Milano 19, abito nelle case dello I.A.C.P. di S. Siro e una mattina uscendo in strada ho trovato lo sconcio delle scritte cubitali sui muri con slogan che, adir poco, non condivido, per una serie di ragioni che mi sembrano ovvie e attraverso il vostro giornale vorrei esporre alcune mie considerazioni per chiarire questo mio dissenso nei confronti di questo gruppo che si qualifica. "Comitato di lotta di S. Siro".

A quanto mi consta, questo gruppo non è composto in prevalenza da abitanti del quartiere I.A.C.P. S. Siro e lo dimostra il fatto che nelle scritte sui muri vengono accusati di tradimento i partiti di sinistra e le associazioni sindacali degli inquilini e l'assurdità sta proprio in questo, che la maggioranza degli abitanti del quartiere vota per questi partiti o aderiscono a questi enti di difesa dell'inquilinato.

Con ciò non voglio difendere il carrozzone dello I.A.C.P., ci sono una infinità di cose che non vanno, ma la strada imboccata da costoro non aiuta a risolvere il problema, ma a renderlo più difficile, in definitiva a non risolverlo, creando divisioni e perplessità, come cercherò di dimostrare.

Con questo mio scritto non intendo polemizzare con il sedicente comitato di lotta, ma chiarire alcuni punti assurdi sbandierati da costoro e che possono trarre in inganno coloro che ingenuamente si lasciano trascinare dal loro battage.

Non pagare l'affitto non risolve il problema

Antonio Nativo di attualità l'occupazione abusiva dei locali rimasti vuoti. Ciò viene fatto nottetempo con scassinatura delle porte e quindi con grave infrazione della legge; ma a parte questo chi sono questi abusivi?

Hanno veramente le carte in regola?

Da quello che mi consta sono gente completamente sconosciuta, direi forestiera e mi pare logica la diffidenza che si é creata nei loro riguardi, Questo aspetto non è mai stato valutato da parte di questo comitato di lotta che li difende a spada tratta? Ci sono poi coloro che hanno fatto domanda da anni per avere una casa popolare. Allora? Anche costoro hanno qualche diritto che il comitato dovrebbe valutare.

Con queste occupazioni selvagge e la loro difesa certamente non si risolve il problema della casa, la cui soluzione dipende da una grande mobilitazione di massa perché obblighi i governi a fare una politica diversa da quella fatta fin'ora nei riguardi del problema casa e quindi, la necessità di una lotta unitaria di tutte le categorie popolari e non una lotta settaria di disunione come quella che ingenuamente conduce queto sedicente comitato di lotta.

lo sono testimone di tre occupazioni abusive nella casa dove abito fatte nottetempo con scasso, ma lo strano sta nel fatto che questi locali sono rimasti liberi per decesso dei locatori. Guarda caso, appena i locali vengono svuotati subito ven-

gono occupati dagli abusivi! Ciò fa sorgere il sospetto che questo sistema è bene organizzato e non vorremmo che qui entrasse il raket degli abusivi perché questa tempestività nell'occupazione dei locali lasciati liberi ce lo fa pensare.

Anche l'altro slogan sbandierato che dice di non pagare l'affitto perché le case sono state pagate e strapagate è veramente assurdo. La casa non è mai pagata definitivamente, bisogna amministrarla, ripararla, insomma quando si compera un appartamento ci sono spese che si perpetuano nel tempo. Il problema non è quello di non pagare l'affitto, questa è un'utopia che la può bere solo chi non ha il senso della ragione e dimentica che viviamo in una società capitalistica, quindi non si tratta di non pagare ma di come gestire il bene pubblico e qui sta il nocciolo della questione, vogliamo l'autogestione? Ebbene si lotti tutti uniti per questo fine.

Non è una lotta facile e sí lega a tutte le altre lotte per la democrazia, bisogna condurla con perseveranza e pazienza, non con slogan campati in aria ma con argomenti seri e non settari che coinvolgano tutta la massa degli inquilini, i quali politicamente possono avere idee diverse ma sul problema casa è possibile raggiungere un fronte unitario, pungolando anche i partiti di sinistra che su questo argomento mi sembrano in ritardo. In fede.

G.B.

Il diritto di non fumare Italiani che viaggiano Weljk-A____L:4 ~-Äk r E' A VOSTRA DISPOSIZIONE PER B/N & COLORE CENTRO ASSISTENZA AUTOVOX VIA A I B A N I 3 3 cn 3 4982890-490641 novembre 1981 milano 19 - pagina 2 9 r
avvisiamo gli abitanti del quartiere che in via UGO BETTI 40/D si è aperta una nuovaMACELLERIA - SALUMERIA di Callamare Vincenzo carni scelte PIEMONTESI - specialità salsicce PUGLIESI e SICILIANEVISITATECI - sarete soddisfatti IL VOSTRO TELEVISORE E' GUASTO ? NON PREOCCUPATEVI, IL LABORATORIO CASIRAGHI CAMICERIE TELERIE ABBIGLIAMENTO -Via Guglielmo Silva,39 Te1.02/464403

BREVE STORIA DEI PRIMI ANNI DI AMMINISTAZIONE COMUNALE

Le "quattro giornate di Milano" del '98

Le cannonate di Bava Beccaris mietono vittime per le strade, ma l'anno dopo le sinistre vincono le elezioni e conquistano il Comune

stava ben 40 centesimi al chilo.

Mezzo secolo giusto era passato dalle epiche Cinque Giornate del 1848, di cui in molti era ancora viva la memoria, quando per telegrafo giunse una notizia che lasciò Milano sgomenta:Felice Cavallotti, milanese, paladino repubblicano della libertà e della democrazia, deputato dal 1878, oppositore di tutti i governi da De Pretis a Crispi a Rudini, avversario odiatissim o della destra, concorrente rispettato e temuto della Sinistra socialista, era morto, ucciso in duello.

Il più popolare tra i parlamentari di allora (oggi appena ricordato per le sue intemperanze di spadaccino e di polemista e per il suo indulgere ad una certa teatralità sta), ,garibaldino .che, fratello, si era battuto in 'Sicilia, 's nel Veneto ed a Digione, il giornalista, il parlamentare, lo spadaccino che aveva trascinato sul terreno avversari politici e personali, dopo averli trafitti con la parola scritta o con l'oratoria vincendo o comunque superando trentadue duelli, al trentatreesimo era finito con la bocca sull'arma del rivale: ronorevole Macola della destra conservatrice.

Lo scontro era avvenuto a Roma, dove si svolse la prima parte delle esequie. Poi la salma venne portata a Milano e qui il popolo impose la chiusura dei teatri e l'esposizione della bandiera a mezz'asta sul Municipio. Ai funerali si contarono centosettantasette vessilli, diciannove carri e carrozze carichi di corone più altre quindici corone recate a braccia. Al cimitero vennero pronunciati ben dodici discorsi funebri a testimonianza della popolarità di Cavallotti in questa città e del compianto che vi lasciava. Era il 9 marzo del 1898: soltanto due mesi dopo sui milanesi sarebbero fischiate le pallottole di Bava Beccaris.

Se dieci ore vi sembran poche ...

In parlamento era rimasto un altro grande oppositore lombardo, Filippo Turati (socialista, nativo di Canzo, in provincia di Como, e milanese per elezione) a tener testa al governo del marchese Rudini, che non riusciva a fronteggiare la spaventosa crisi economica apertasi con l'avventura in Africa (iniziata nel 1882) ed aggravatasi con il disastro di Adua del 1896. Per farvi fronte Rudini (come molti altri suoi successodi fino ai tempi nostri) non trovò niente di meglio che aumentare tasse e balzelli, cominciando naturalmente da quelli che erano i più poveri a dover pagare.

Erano tempi in cui a Milano un operaio della Pirelli prendeva 18 centesimi all'ora di paga, ma il pane (che era l'alimento base delle famiglie operaie) co-

E poi gli operai della Pirelli erano soltanto 700 ed erano dei privilegiati. Gli altri guadagnavano meno. Un contadino del circondario non sempre riusciva a prendere dieci centesimi all'ora di paga. Donne e bambini, poi, erano sempre pagati la metà, od anche meno, degli uomini. E a Milano, tutto sommato, le paghe erano migliori che altrove. Si può quindi facilmente immaginare quale effetto dirompente ebbe la decisione del governo Rudini di aumentare agli inizi del 1898, la tassa sul pane. In diverse città la folla assalì i forni. I carabinieri vennero mandati a presidiare le aie ed i magazzini di granaglie. I lancieri erano chiamati a "caricare" braccianti e mondine, che li affrontavano =dando: "Se - dieci «è -viÜ serri tirati poche, provate voi a lavorar ..."

Morire amazzato su un tram elettrico

Un po' dappertutto c'erano disordini; ma che proprio a Milano, in questa città che sembrava il simbolo stesso del benessere (ma solo per pochi), del progresso e del trionfo borghese, dovesse accadere il peggio nessuno se lo aspettava. Invece fu così. Già una certa tensione la si poteva avvertire da quando in città si era sparsa la notizia che il giovane Mussi (figlio del futuro sindaco di Milano) era rimasto ucciso a Pavia in uno scontro con la polizia. Poi il 6 maggio 1898 gli eventi precipitarono. La mattina di quel giorno un operaio della Pirelli era stato arrestato perché sorpreso ad affiggere manifestini contro il caro-pane. La notizia dell'arresto si diffuse rapidamente. Al suono della campana del secondo turno le fabbriche della Stigler, della Vago, dell'Elvetia e della Pirelli restarono vuote: gli operai in sciopero si incolonnarono in un grande corteo avviandosi verso il centro. Ad affrontarli uscì dalla caserma del Trotter un plotone del 57" Fanteria in assetto di guerra, perché a quei tempi per il servizio di ordite pubblico non c'erano celerini con sfollagente, scudi e lacrimogeni, ma squadroni di cavalleria e di lancieri a sciabola nuda e lancia in resta, plotoni di bersaglieri, di fanti o di alpini con pallottola in canna e baionetta innestata. Allrintimazione di scioglimento, dato con tre squilli di tromba, facevano subito seguito le scariche di fucileria e le cariche di cavalleria spesso prima ancora che la gente potesse disperdersi e cercar riparo.

E poi a comandare le truppe a Milano c'era il generale Bava Beccaris, un piemontere ottuso, che aveva detto senza mezzi termini: "Al comando dato la truppa farà fuoco. Gli ufficiali ed i soldati stiano preparati". E tale ordine venne prontamente eseguito dal plotone del 57°

Fanteria, che non appena si trovò di fronte al corteo degli scioperanti aprì il fuoco. Cadde un operaio, che di lì a poco spirò sui sedili di un tram elettrico tra le braccia dei suoi compagni.

... e il generale perse la testa

117 maggio la città fu bloccata da uno sciopero generale. Dalla manifattura Tabacchi di via Moscova uscirono in corteo, cantando, le sigaraie. Ad attenderle in piazza del Duomo c'erano alpini e lancieri, che bivaccavano sotto i portici e sotto la galleria. Il sindaco Vigoni aveva fatto affiggere un manifesto che invitava alla calma. Turati si prodigava ad esortare gli operai a non ratecigliere provocazioni ed ad evitare qualsiasi atto di violenza. Gli anarchici, invece, incitavano all'insurrezione. Parole d'ordine rivoluzionarie cominciarono a correre da un quartiere all'altro. A Porta Volta sorse la prima barricata.

L'8 maggio, domenica, Milano era in stato d'assedio. Il prefetto Winspeare ed il questore Minozzi si erano trovati d'accordo sulla decisione di usare la maniera forte presa da Bava Beccaris, che aveva avuto carta bianca dal Ministero degli Interni: l'ordine era di far cessare ogni protesta al più presto possibile ed a qualsiasi costo (di vite operaie si intende).

Sull'altro fronte, alla Camera del Lavoro di via Crocefisso, i sindacalisti discutevano sulla linea da adottare. Intanto circolavano voci (risultate poi infondate, ma diffuse da chi?) secondo cui bande di contadini armati di forconi e di roncole muovevano dalle campagne per portare aiuto agli "insorti" milanesi. L'agenzia giornalistica Stefani aveva emanato un dispaccio: "Bande di rivoluzionari armati si apprestano a calare dalla Svizzera ...", e Bava Beccaris aveva perso la testa. Dalle guarnigioni della provincia aveva richiamato in città un vero esercito: 38 battaglioni di linea, 13 squadroni di cavalleria, 9 batterie di campagna: in tutto ventimila uomini bene armati ed equipaggiati per fronteggiare quarantamila dimostranti disarmati.

La domenica di sangue

Il primo grande scontro avvenne a Porta Venezia dove i dimostranti avevano disselciato la strada ostruendola con i tram messi di traverso per arrestare la cavalleria. Poi un corteo si mosse verso piazza del Duomo, dove Bava Beccaris aveva piazzato la sua tenda da campo proprio in mezzo al sagrato. Appena le staffette gli riferirono quanto stava accadendo il "vecchio soldato" (come Bava Beccaris amava definirsi nei suoi proclami) diede ordine di caricare i "novantuno" (i fucili a ripetizione che l'esercito aveva da poco avuto in dotazione) e di aspettate con i fucili puntati il corteo. Non appena questo comparve il generale diede l'ordine di sparare . Fu ilsegnale del massacrò. Alla prima scarica fece eco il cannone a Porta Ticinese, poi un secondo boato in corso Como. Fu una domenica di sangue sotto il sole di maggio nel crepitio della fucileria. L'ordine era di sparare su chiunque. I cavalli galoppavano sui bastioni. Lance e sciabole dei cavalleggeri colpivano a casaccio. Fanti, alpini e bersaglieri sparavano in ogni direzione (tanta era la paura dei "rivoluzionari" che gli ufficiali avevano infuso in loro) colpendo anche chi stava alle finestre e sui ballatoi. Qualcuno tentò una sporadica resistenza lanciando tegole dai tetti, ma venne subito stanato. Tra tanta confusione, tra tutti quegli spari e il fumo degli incendi si aggirava, forse unico a non aver perso la testa, Luca Comerio, che con la sua macchina fotografica era presente un po' dovunque.

L'ultima barricata - un cumulo di banchi presi da una vicina scuola, sui quali campaggiava una lavagna con la scritta "Morte alla borghesia" -venne espugnata da una compagnia di bersaglieri alla Foppa di Porta Garibaldi. La breccia ... del convento

Per tutta la notte tra l'8 ed il 9 maggio il cellulare scaricò cittadini sospetti alla Questura in piazza S. Fedele e "prigionieri" nel sotterraneo del Castello. Intanto continuavano a circolare voci incredibili ed incontrollate, che il "vecchio soldato"

prendeva tutte per buone. Così quando gli fu detto che un gruppo di insorti si era rifugiato nel convento dei frati cappuccini al Monforte (pressapoco all'angolo di quelli che oggi sono piazza Tricolore e Viale Piave), non ebbe neppure un attimo di esitazione. All'alba di lunedì 9 maggio, quarto giorno dei disordini, fece piazzare una batteria di cannoni sui bastioni (che sorgevano dove c'é l'attuale viale Majno) prospicenti il convento. Quattro colpi e dalla breccia aperta nel muraglione irruppero, baionetta in canna (come diciott'anni prima a Porta Pia), i soldati, che, "vittoriosi" poco dopo riportarono "prigionieri" alcuni frati ed un gruppo di mendicanti spauriti al cospetto di Bava Beccaris, che, impettito con al fianco il generale Pelloux, aveva attentamente seguito col binocolo tutte le fasi della gloriosa operazione.

La sera di quello stesso giorno il generale, gongolante, poté telegrafare a Roma di aver vinto la "sua" guerra, di aver domato la "rivolta dei poveri". Poco importava a lui che la sua "vittoria" fosse costata ai milanesi più di cento morti (secondo le fonti ufficiali, che si sà quanto minimizzino in tali casi), più di 450 feriti medicati o ricoverati in posti di soccorso pubblici (ma molti di più avevano preferito ricorrere a cure private o medicarsi in casa per paura di rappresaglie) e 820 arrestati deferiti ai Tribunali speciali. Tra questi, naturalmente, Turati, la Kuliscioff e i loro compagni della direzione del partito Socialista, e poi il repubblicano Pietro Zavattarr, il radicale Carlo Ramussi, il prete giornalista don Davide Albertario (tutti condannati l'anno dopo a pesanti pene) ed altri, come l'ingegner Luigi De Andreis della Edison , noto antimonarchico, arrestato perché la polizia aveva trovato nel suo ufficio una pianta della città fitta di misteriori segni, il quale ebbe il suo bel daffare a far comprendere ai giuudici che quei segni altro non erano che il tracciato per la posa in opera di cavi elettrici.

Le forze dell'ordine, invece, avevano avuto soltanto due vittime. Un mese dopo, il 6 giugno, Bava Beccaris, per la sua "eroica" impresa, venne insignito da re Umberto l' , detto, chissà perché, il "re buono" della Croce di Grande Ufficiale "per rimeritare - si leggeva nella motivazione - il grande servizio che Ella rese alle istituzioni ed alla civiltà". Bel concetto della civiltà!

La classe dirigente trasse un sospiro di sollievo soddisfatta di aver dato all'intero paese una lezione di fermezza. Venne decretata la chiusura di tutti i giornali e periodici di opposizione: da Critica Sociale di Turati all'Osservatore Cattolico di don Albertario, dall'Italia del Popolo del repubblicano Dario Papa al più diffuso tra i quotidiani milanesi dell'epoca: il Se-

colo, diretto da Ramussi, fondato da Edoardo Sonzogno e dal futuro premio Nobel per la pace Teodoro Moneta. I giornali di destra e ministeriali, capeggiati dalla Perseveranza e dalla Sera, inneggiavano al rigore della legge, mentre al Corriere della Serta - allora giovane giornale di informazione - il direttore e fondatore Torelli Vioiller si dimise piuttosto che condividere le posizioni liberticide dei comproprietari della testata.

Un sindaco "nuovo" a Palazzo Marino

Anche la società Umanitaria, accusata di aver favorito i "ribelli", venne soppressa e non potrà riprendere la sua attività che nel 1903. La città sembrava tornata al suo aspetto di prima. vennero ripresi i lavori per il restauro del Castello, che Luca Beltrami stava ricostruendo secondo gli antichi disegni ritrovati. Si spianò largo Cairoli, venne inagurato il nuovo cimitero di M usocco, venne demlito, lavorando anche di notte, un vasto gruppo di vecchie ed informi case (che qualcuno defniva pittoresche) tra via Orefici e il Cordusio per far posto al palazzo della Borsa (l'attuale pallazzo della Posta) in quella che, una volta ultimata, verrà definita "una delle più sontuose e regolari piazze di Milano".

Le destre sembravano aver trionfato. Ma neppure un anno dopo, nel marzo 1899, Filippo Turati, candidato di protesta alle elezioni politiche al quinto collegio di Milano, venne eletto con 4.364 voti su 4.463. "Che io sia ancora in carcere - scrisse egli allora con giustificata ironia - è una semplice questione di cancelli". Difatti di lì a pochi mesi lo si rivide libero, circondato da crescenti simpatie anche al di fuori della cerchia dei suoi compagni, pronto a riprendere la lotta.

Nove mesi dopo le sinistre vinsero le elezioni comunali del IO dicembre 1899 (51.433 elettori, più del 10 per cento della popolazione, e 30.760 votanti) conquistando 64 seggi (42 radicali, 12 socialisti e 10 repubblicani). I liberali, con i loro 16 consiglieri, passarono a tropposizione.

Sindaco venne eletto Giuseppe Mussi, 65 anni, radicale, capo della corrente "possibilistica" o "legalitaria" da quando si era staccato dalle posizioni intransigenti di Cavallotti, consigliere comunale e deputato dal 1866, esperto in questioni amministrative e finanziarie, fiero oppositore delle guerre in Africa, collaboratore del Secolo, della Ragione e del Diritto. Resterà in carica fino al 1903 e con lui alla guida del Comune Milano entrerà nel nuovo seco lo. -

(5 - Continua. Le puntate precedenti sono state pubblicate sui numeri 6. 7-8, 9 e 10 del 1981)

novembre 1981
di Gian Piero PAGETTI Gli scontri del 7 maggio 1898 in corso Venezia (da un disegno di A. Beltrame) Quinta puntata

Crisi di crescita per le zone?

I problemi del decentramento affrontati, in apertura dei lavori della sessione autunno inverno, dal presidente del Consiglio di Zona 19 in un intervento che qui riportiamo integralmente - Il rischio che aumenti il distacco tra mondo politico, istituzioni e cittadini - Il lavoro prodotto nei primi sei mesi del 1981- I problemi da affrontare e risolvere - Un appello alla pace

Aprendo la sessione autunno e inverno dei lavori del Consiglio di Zona ritengo sia importante richiamare alla loro attenzione le questioni principali affrontate prima della pausa estiva.

L'anno 1981 si è presentato al mondo politico e sociale non solo della zona e di Milano, ma per tutto il paese, caratterizzato da un precipitare della situazione economica e quindi carico di difficoltà sia nel mondo del lavoro sia per gli Enti locali.

In questo quadro abbiamo affrontato con la massima responsabilità i problemi legati alla attuazione dei bilanci zonali 1979/1980, della loro realizzazione, dei tagli che purtroppo abbiamo dovuto praticare.

La questione riguarda strettamente la vita stessa, il ruolo governale, la funzione politica e sociale del decentramento.

Siamo convinti che l'esperienza di questi ultimi tre anni segnata dall'azzonamento di una parte del bilancio in conto capitale, dalle delibere quadro e, dal maggio 1981, dall'azzonamento anche di una parte interessante di spesa corrente, abbia rappresentato una svolta importante per la riforma della organizzazione politica e amministrativa del comune.

Non ha fatto seguito però a questi compiti un pari decentramento di poteri delegati. così come sono previsti dalle legge nazionale sul decentramento.

Non è infatti ammissibile che a responsabilità sempre più grandi di ordine politico e amministrativo non corrispondano funzioni di imposizione attribuite all'istituto dei Consigli di Circoscrizione.

Ne risulta, in questa carenza, una difficoltà oaaettiva di gestione sul territorio e del territorio di piani, programmi, controlli, servizi, culturali, interventi, tutela, affidi, servizi sanitari e di assi-

stenza. C'é il rischio di contribuire ad aumentare sempre di più il distacco tra mondo politico, istituzioni e cittadini, non comprendendo come stia cambiando profondamente il modo di fare, ch;edere e concepire politica da parte della gente.

Aumentano quindi le responsabilità oggettive delle persone deputate a reggere la cosa pubblica: nel campo dello sviluppo, del consolidamento, dell'affermazione della vita democratica del paese, della città, della circoscrizione nei nostri quartieri.

Il Decentra mento nato e cresciuto come ipotesi e proposta di allargare sempre più la partecipaizone popolare alle decisioni sul governo della cosa pubblica, non può più essere luogo di affermazione generica, ma deve diventare il luogo di confronto e di scelta, quindi di governo, al quale la gente sempre più è interessata.

Ma senza gli strumenti, senza i poteri di intervento, senza le capacità operative che superi un "volontarismo" esasperato non é possibile attuare né il ruolo di governo, né la partecipazione popolare, né lo sviluppo della democrazia.

Di questi problemi la Consulta dei Presidenti e dei Vice Presidenti dei Consigli di Zona se ne é fatta carico fin dai primi giorni del mandato avuto dalle elezioni dell'8 e9 giugno 1980. Non solo con documenti generici ma in un serrato confronto con l'Amministrazione centrale, confronto che é già ripreso dal 24 settembre 1981.

Il contenzioso del decentramento

Infatti la lunga, defatigante ma altrettanto importante e ricca di contenuti, ricerca

sui problemi dello sviluppo della città così come si é sviluppata da gennaio a luglio, avendo come argomento centrale la questione del bilancio comunale e dei bilanci delle zone ha fatto aprire il "contenzioso" del Decentra meno per la nostra città.

Le ipotesi di sviluppo previste dal Piano Regolatore generale sono state umiliate dalle pesanti censure economiche che il Governo ha fatto sulla finanza locale.

Si è dovuto in questi mesi individuare, selezionare e determinare priorità per inteventi i più necessari al riassetto e allo sviluppo della città.

Ma proprio per questi motivi e se tutto procede in questi termini e si accetta questa logica il ruolo delle circoscrizioni e del loro funzionamento (personale, strumenti, deleghe) si evidenzia come condizionato da una crisi di crescita dalla quale é necessario e i mprocrasti nabile uscire.

Ne va della credibilità complessiva non solo dei Consigli di Circoscrizione ma della stessa Amministrazione Comunale, e pubblica più in generale; in sostanza viene ri messo ulteriormente in discussione il rapporto tra Amministratori e cittadini.

Oppure le circoscrizioni diventeranno erogatori di servizi, ma non gestori degli stessi perché non provvisti di quegli strumenti che abbiamo ricordato.

Voglio spendere ancora una parola sul problema del personale: nessun Consiglio di Zona vuole avere un esercito alle proprie dipendenze; ma è estremamenter importante che si riveda da parte dell'Amministrazione Comunale l'ipotesi che limita a 8 gli operatori dislocati

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presso i Consigli di Zona, ma non ancora al completo. Occorre rivedere in aumento tali ipotesi; non solo ma bisogna tener conto: dei problemi funzionali; della diversità del lavoro che si svolge nei Consigli di Zona rispetto a quello nelle Ripartizioni, delle carriere; di diverse mansioni rispetto a quanto previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro e dagli organigrammi attuali.

Ribadisco questi concetti in quanto tutti abbiamo presente che una Circoscrizione di Milano mediamente amministra un territorio nel quale vivono 85.000 persone, quante ne ha Reggio nell'Emilia.

Il lavoro prodotto

Il lavoro prodotto dal Consiglio di zona nella prima metà dell'anno 1981 è stato di notevole mole.

Dai problemi quotidiani a problemi di fondo, come ad esempio la questione dell'ex Cinema Alpi, del'Edilizia Economico-popolare, degli agricoltori, dei pronti interventi qualificanti del territorio della zona 19, dei progetti per il Centro Sociale Harar e della scuola di Figino, del bilancio 1981 e delle previsioni triennali 1981/1983.

Un notevole lavoro è stato fatto nel settore dell'educazione per quanto riguarda non solo il recupero e il riuso delle strutture scolastiche, che vanno svuotandosi per la diminuzione dell'utenza, ma anche nel settore del diritto allo studio, per il quale sono stati stabiliti e applicati criteri esemplari.

Le iniziative culturali hanno avuto un loro spazio; così come quelle sportive, in particolare la V° edizione della due giorni con lo sport. Occorrerà in questi settori, anche in base all'azzonamento di un fondo destinato a queste iniziative dare respiro almeno semestrale ai programmi.

Nel settore della Sanità c'é l'impegno del Consiglio di Zona dicostituire un centro territoriale di ricupero per portatori di handicap, un centro per gli anziani al Quartiere Gallaratese, un centrodi primo accoglimento per i tossico-dipendenti.Il Centro Civicoa 13 mesi dall'apertura del cantiere è quasi ultimato al rustico; sarà compito in questi prossimi mesi del Consiglio di Zona farsi garantire dall'Amministrazione Centrale la copertura finanziaria per l'ultimazione dell'opera.

I problemi da affrontare

Un particolare impegno è quello assunto per far garantire dalle Amministrazioni competenti (Amministrazione Comunale, Amministrazione Provinciale, Regione Lombardia, Consorzio di depurazione acque Nord Milano, Magistrato delle acque di Parma) che il Canale deviatore-scolmatore dell'Olona, non solo per il tratto

che attraversa la Zona 19, ma per tutto il suo percorso attraverso le zone 19-18-1716-15-14 sia completamente depurato, in altre parole le acque che vi passeranno siano utili a uno sviluppo equilibrato dell'habitat di tutto il territorio milanese e non fonte o causa di deterioramento ecologico.

Il problema della Casa Albergo al Quartiere Gallaratese è stato posto più volte con drammaticità e urgenza all'Amministrazione Comunale e agli Atenei Milanesi.

Se entro la fine del prossimo mese di ottobre non ne verrà definita la destinazione, il Consiglio di Zona dovrà esprimersi in merito a un suo utilizzo a fini sociali per la zona e per la città. Stiamo affrontando, per risolverlo, il problema del ricovero degli autoveicoli al Quartiere Gallaratese; al QT 8, dove esiste un notevole disordine e abusivismo dovremo intervenire per operare un analogo intervento di quello ipotizzato per il gallaratese. Altri problemi esistono in Zona: il potenziamento della equipe dei ginecologi al Consultorio; - la sistemazione definitiva della sede del SIMEE di zona; la definizione dei contenuti dei Distretti Sanitari; per un razionale recupero delle strutture ad essi destinare; la chiusura dei portici al S. leonardo, premendo sullo I.A.C.P. M. perché concluda le gare di appalto e faccia iniziare i lavori. studiare e attuare il teleriscaldamento.

Ci stiamo approndando ad attuare la riforma sanitaria e saremo chiamati quanto prima a nominare il Comitato di Gestione della sub unità socio-sanitaria prevista nella nostra Circoscrizione.

Dovremo affrontare in merito e sul ruolo e sui poteri che verranno delegati al Consiglio di Zona verrà aperto con le forze sociali e politiche un dibattito.

Non si possono commettere errori

Abbiamo detto della crisi di crescita della Circoscrizione e sicuramente per dare loro corpo di municipalità e capacità di amministrare occorrerà l'impegno di tutte le componenti politiche dell'arco costituzionale presenti in Consiglio di zona e l'apporto di idee e proposte dei cittadini e delle organizzazioni sociali.

Perché dobbiamo tener conto del ruolo che il territorio della nostra Circoscrizione può svolgere, e già sta svolgendo, per lo sviluppo di Milano e dell'area metropolitana milanese.

Nel nostro territorio infatti esiste il 18,60/0 di tutto il verde di Milano; gli impianti sportivi di interesse non solo cittadino ma europeo e mondiale, sono nella nostra zona; la linea Metropolitana è

già in fase di prolungamento verso il polo di interscambio di Molino Dorino; si stà cominciando a delineare, sia pur faticosamente, la strategia di intervento per tutto l'esame della Metropolitana (dal QT 8 a Pero) in attuazione della variante al piano regolatore generale per il Quartiere Gallaratese e del relativo Piano Particolareggiato. Un territorio quindi di estrema importanza per la città e che deve comunque vedere la contestualità della risoluzione dei problemi locali (a Trenno, a Figino, a S. Siro, al Q.T.8, al Gallaratese, al Fiera) con le realizzazioni di interesse cittadino.

Da queste considerazioni deriva ulteriormente un impegno di lavoro politico ed amministrativo di non piccola mole, ma che deve essere di alta qualità.

Infatti, non è più permesso, per questi motivi e iniziando l'anno XIII° del decentramento politico-amministrativo di Milano, concederci errori nel mestiere di amministrare la cosa pubblica.

Fare di Milano la capitale della pace

Nel concludere questi appunti voglio, ancora una volta richiamare l'attenzione dei cittadini della zona sui problemi della Pace.

Sabato 19 settembre a Mantova il presidente della Repubblica ha richiamato tutti a questo impegno morale. Anche il Papa nei suoi appelli parla sempre di questo.

Noi dobbiamo avere la forza, la lucidità, la costanza di cercare tra di noi gli elementi di distensione e di pace.

La gente della mia generazione che ha passato gli anni della prima infanzia sotto il terrore delle bombe, delle rappresaglie, dei massacri -e tutto questo senza essere al fronte ma in una città come Milano - sà che cosa vuol dire guerra. Perciò rifiuta tutte le logiche che portano all'aumento delle armi, al terrore psicologico che queste scelte provocano sulle popolazioni; rifiuta la logica dell'energia nucleare come arma, e ne chiede l'uso a fini di pace e di sviuppo economico. Ricordo le parole del Presidente della Repubblica: "Riempiamo i granai, svuotiamo gli arsenali". E allora ricordo per noi e per i nostri figli e per quelli che verranno dopo di loro che le armi nucleari non possono dividersi in buone e cattive. E noi dobbiamo rifiutarle.

Milano è una delle capitali d'Europa, non solo per l'attività economica e culturale che la caratterizza.

Milano può essere, deve essere la capitale dell'Europa per la pace, e noi da questo nostro posto possiamo e dobbiamo impegnarci perché diventi e perché viva la pace tra i popoli.

ridano 19 - pagina 4 novembre 1981 A TREDICI ANNI DALLA LORO ISTITUZIONE

CORSO DI STUDI AL CONSULTORIO DI VIA ALBENGA

Conoscere la storia per comprendere meglio la nostra realtà

Cosa possono portare tre illustri studiosi come Catalano, Barbadoro e padre Turoldo a parlare di storia in una piccola sala di un consultorio alla periferia di Milano? E perchè un Comitato di gestione organizza un corso di storia? Lo saprete assistendo alle lezioni che si presentano interessantissime.

In questi anni, soprattutto le donne, sono state le protagoniste dei maggiori mutamenti sociali. Notevole rilevanza ha avuto, in questo senso, la partecipazione attiva e propositiva delle donne ai temi specifici della condizione femminile. Ora, pur non rinunciando a questi temi, né alle battaglie necessarie pertradurre le enunciazioni in realtà concreta, sentiamo la necessità di allargare le nostre capacità, di acquisire strumenti critici e conoscitivi, allo scopo soprattutto di comprendere la realtà di oggi, anche su basi scientifiche, cioé alla luce della storia. Il difficile momento storico che viviamo in cui la pace è seriamente minacciata, e sembra allontanarsi la speranza di un libero ed equilibrato sviluppo dei popoli, ha fatto nascere in noi il desiderio di sapere ed approfondire i principali eventi della storia passata che hanno determinato le condizioni presenti. Questa esigenza, nata dalle donne del consultorio ma certamente condivisa da molti, non è un'esigenza di tipo puramente culturale, il che sarebbe già molto, ma è legata alla certezza che una dimensione scientifica della realtà offra maggiori possibilità di incidere sulle grandi trasformazioni politicosociali e culturali in atto nel nostro paese, e più in generale, nel mondo intero.

In linea generale il programma che affronteremo nel corso riguarda l'analisi socio economica e culturale delle tappe fondamentali della storia europea, dalla nascita del capitalismo ai nostri giorni, diviso nei seguenti argomenti:

Nascita e svilupo del primo capitalismo mercantile ('500-'600)

L'età della borghesia rivoluzionaria: la rivoluzione industriale e la rivoluzione francese

Crollo del mito napoleonico e rivoluzioni nazionali: il Risorgimento italiano

- Problemi socio-economici dell'Italia Unita

- Nascita e svilupo del fascismo;

l'antifascismo e la Resistenza

La seconda guerra mondiale e la formazione dei blocchi

- Storia e ruolo della Chiesa cattolica dal '500 ad oggi.

Consapevoli della grande importanza di un tale corso e del fatto che esso si svolge in un consultorio di una zona prevalentemente popolare, abbiamo chiamato professori ed esperti di alto livello professionale che fossero però disposti a fondere la loro esperienza culturale con la nostra realtà di comuni cittadini di quartiere.

Fino a questo momento hanno assicurato la loro presenza il prof. F. Catalano - docente di Storia economica presso l'Università di Modena; Padre Davide M. Turoldo,

EI canton del barbee I TAGLI

Ciao! Allora che ne dici dei tagli?

Che tai? All'umberta? ... Alla mascagna ... A rasò? ...

Ma di che tagli vai parlando?

De tai de cavei, naturalment.

Ma io parlavo dei tagli governativi!

Allora l'è la pelada alla Spadolini!

Beh! ... Non mi sembra poi tanto pelato ...

Lù no, ma el ne pela nun.

esperto di storia della Chiesa e lo storico Barbadoro.

Il corso si svilupperà in otto incontri serali di circa due ore ciascuno, di studio e discussione, per la durata complessiva di due mesi, nella sede del centro Sociale di via Albenga, 2 a partire dai primi di novembre.

Il Consiglio di Zona ha preso in esame la proposta e ha deliberato circa il finanziamento nella seduta del 16 ottobre p.v.

Dopo questa data, renderemo noto il calendario dettagliato del corso attrae so locandine esposte nei luoghi ;)ubblici di maggiore importanza (QdZ e Consultorio) e attraverso Milano 19.

La novità di questa iniziativa ci auguriamo muova l'interesse e interpreti i bisogni di un buon numero di persone; per quanto ci riguarda, un corso di storia con queste caratteristiche suscita in noi, con grande gioia, il gusto della scoperta di un nuovo modo di studiare insieme. Anche questo è, a parer nostro, un ingrediente per migliorare la qualità della vita.

Il corso è, naturalmente, aperto a uomini e donne.

Il Comitato di gestione del Consultorio di via Albenga Per eventuali informazioni rivolgersi al Consultorio di via Albenga, 2 il mercoledì dalle 18 alle 20.

Per la pace bisogna muoversi anche in zona 19

In che senso?

Nel sens ch'el ghe pagà dò volt la stessa robba.

Per esempio?

Per esempi el dottor, i medesinn, l'ospedal Nun che lavorumm paghèm m minga giamò la mutua per aveghi?

Si difatti

E allora perché adess ghe fann pagà anca on'altra tassa?

Vuoi dire il ticket?

Si, ... ti che te tacchet i tass

I tacch, vorrai dire?

No, no! Voeuri propri di tass. Lor el ciamenn ticket per cercà de imbroja la gent, ma a mi me imbrojen n minga!

Ma se non ci si ammala non si paga.

E invece chi el se amala e gh'ha minga danee per pagà el crepa e bonna nott ai sonador!

Ma chi guadagna meno di una certa cifra non paga.

Quell el crepa giamò de famm senza bisogn de amalass! poi il ticket lo pagano anche i ricchi.

Bell sforz! ... E quanto l'è ch'el paghenn!

Beh! ... uguale agli altri.

Ma guarda che tanti volt l'ugual l'è el contrari del giust.

Come sarebbe a dire?

T'el spieghi su bit. Se mi paghi ona robba l'istess prezzi che la paga vun ch'el guadagna cent volt pussee de mi, sarev come se mi la pagassi cent volt pusee de lù

D'accordo, ma che ci vuoi fare? Non vorrai targare ciascuno secondo il suo reddito per poi farlo pagare in proporzione? perché no? sarev on'idea!

Ma sarebbe impossibile realizzarla.

De impossibil gh'e mai nagott! Disem piuttost che vorenn minga fall. perché non dovrebbero volerlo fare?

Perché quei che gh'émm al governo se metten minga contra ai sciori e ai lor amis.

Dici?

Te voeut on guai esempi?

Avanti, fammelo.

Che fin l'ha faa la storia che diseven che avarevenn faa pagà i tass ai sciori che i paghenn minga o che paghen men de quel che dovareven?

Ma, ... non saprei ...

T'el disi mi: l'ha faa la stessa fin della storia della pi dò, di scandol, della moralizzazion Ossia?

Gh'hann daa on tai e ne parlenn pù!

Ma questoi cosa c'entra con i tagli di cui stiamo parlando?

EI gh'entra e come! Se tucc pagassenn i tass che deven e se i lader fudessen in galera tanti robb podarevenn andà mei. farla finita con i tagli?

No, no, anzi! Speri propri che quei del governo on alter tai gh'el daghenn e subit. quale?

Speri che ghe daghenn on tai al vizzi che gh'hann de taià i pagh e i pension conti lor tai. Se propri ghe tegnenn a taià on quaicoss beh, che se taienn i ball. Ciao, de saludi! el barbee

A San Siro una manifestazione è già stata tenuta mentre al Gallaratese sta per partire tutta una serie di iniziative sull'argomento.

La sezione del PCI Fornasari ha organizzato una manifestazione il 10 ottobre scorso per il disarmo e la pace, per le strade di San Siro. Questa iniziativa si inserisce in un momento particolare del dibattito sul riarmo atomico ed è voluta per esprimere preoccupazione sull'andamento della presenza delle testate nucleari in Europa che a qualcuno possono far pensare non impossibile combattere e vincere una guerra nucleare limitato solo al territorio europeo.

Anche al Gallaratese diverse forze politiche ed alcune polisportive stanno organizzando una serie di iniziative sulla pace e la non proliferazione di armi atomiche. Fra le vane manifestazioni sono previste il 14/ 15 novembre una dimostrazione di Karatè, alcuni saggi di nuoto e una Bicickttata per la pace per le vie del Gallaratese. È in fase di organizzazione anche un dibattito sull'argomento al quale verranno invitati Raniero La Valle, Gianni Baget-Bozzo e Davide Maria Turoldo. Le iniziatie continueranno con uno spettacolo teatrale della Compagnia del Buratto e verranno concluse, probabilmente, da una festa con ballo popolare.

Il Comitato organizzatore verso fine settembre aveva rivolto un invito a tutte le organizzazioni politiche, religiose e sociali del Gallaratese per partecipare ad un incontro teso a trovare un punto d'accordo per una serie dr iniziative comuni ed estremamente unitarie sulla pace. Purtroppo molte organizzazioni non hanno risposto a questo appello dimostrando così di anteporre ad una lotta per la pace, momenti di chiusura e di separazione che in una situazione

come quella attuale sono solo suicidi. Il Comitato promotore de "Il Gallaratese per la pace" (ACLI - PCI - PSI

-Pd U P M LS - ArciiCircolo Trevisani - Polisportiva S. Leonardo - Polisportiva Libertas) ha distribuito un volon;in° del quale pubblichiamo il testo:1 L GALLARATESE PER LA PACE"

- La Pace è in pericolo!

- Senza pace non può esistere progresso!

- La pace dipende da ognuno di noi, difenderla è indispensabile. Impediamo che il deterioramento dei rapporti tra USA e URSS, l'installazione degli euromissili (Cruise-PershingSS20), la bomba N, la corsa agli armamenti la mettono in pericolo. Uniamoci per rivendicare un ruolo autonomo dell'Europa ed una trattativa per la distensione e il disarmo che superi le divisioni dei blocchi con il contributo di tutti i popoli. Instauriamo reali rapporti di collaborazione con i paesi in via di sviluppo per l'affermazione di un nuovo ordine internazionale basato sull'autodeterminazione e l'uguaglianza fra i popoli. Le forze politiche e sociali del Gallaratese si impegnano ed invitano i cittadini a iniziative unitarie per contribuire ad una difesa attiva della pace".

,Vello foto: Un momento clella manifestazione di San Siro.

,4 /cuti/ giovani della FGCI sono mascherati per simboleggiare gli orrori della guerra.

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novembre 1981 milano 19 - pagina 5
UN

Più agevoli le piccole manutenzioni

Attribuzione ai Consigli di Zona della competenza in ordine alla esecuzione dei piccoli interventi urgenti di manutenzione ordinaria: individuazione e ambito di attribuzione.

Dalla data di approvazione del Regolamento sul decentramento e sulla partecipazione dei cittadini nella Amminisrazione del Comune (avvenuta con deliberazione del Consiglio Comunale del 4/5/1977) l'attività dei Consigli Circoscrizionali è venuta gradatamente delineandosi attraverso il trasferimento ai Consigli stessi di tutta una serie di funzioni amministrative disposto con varie delibere quadro relative ai diversi settori della Amministrazone.

L'esercizio di queste funzioni, nel pratico svolgimento di ogni giorno, ha portato ad evidenziare la necessità che, per un migliore e più puntuale funzionamento degli Organismi decentrati, sia attribuita agli stessi Consigli Circoscrizionali la competenza diretta in ordine alla esecuzione dei piccoli interventi urgenti di manutenzione ordinaria.

A tale scopo sono state individuate innanzitutto le strutture sulle quali i Consigli di Zona potranno agevolmente esercitare il loro intervento diretto in quanto collegate comunque al'esercizio di funzioni già delegate ai Consigli di Zona stessi.

Tali strutture sono le seguenti:

Asili nido, scuole materne, scuole elementari, scuole medie, istituti superiori e biblioteche rionali; edifici esclusivamente residenziali, che non abbiano però caratteristiche monumentali, limitatamente alle parti comuni, centri Sociali, Centri Civici, Sedi dei Consigli di Zona.

I tipi di intervento, che devono rispondere a situazioni di urgenza ed avere modesta rilevanza economica, sono i seguenti:

- sostituzione di vetri normali di finestre e porte-finestre comunque rotti con relative guarnizioni o mastici;

riparazione o sostituzione di serrature, piccole riparazioni di serramenti, di recinzioni e parapetti in ferro o in lega leggera, fornitura di chiavi e assistenza al vetraio e al falegname;

riparazione o sostituzione di rubinetterie, sostituzione di guarnizioni, riparazione di flussometri e cassette di scarico con sostituzione di parti deteriorate o comunque rottè, sgorgo di sifoni, sgombero di tubazioni interne di fognatura, sostituzione di non più di due apparecchi e di non più di quattro apparecchiature per batteria comunque rotti;

piccole riparazioni di serramenti in legno e di parti in legno di arredi fissi, assistenza al vetraio ed al fabbro;

- opere da i mbiancatore e verniciatore: che dovranno consistere esclusivamente in rappezzi e ritocchi;

- opere da pavimentista in linoleum e gomma: che dovranno consistere esclusivamente in rappezzi e ri-

facimenti limitati; opere da suolino: che dovranno consistere esclusivamente in piccole riparazioni e nell'assistenza agli specialisti; assistenza muraria alle riparazioni o sostituzioni effettuate dal vetraio, dal fabbro, dall'idraulico, dal falegname, dall'imbiancatore e verniciatore, dal pavimentista in linoleum e gomma e dal suolino; manutenzione completa dei corpi illuminanti con cambio lampada, sostituzione reattore, sostituzione portalampada, sostituzione starter e porta starter, sostituzione condensatore e conduttori di cablaggio, sostituzione schermi diffusori, sostituzione interruttori e prese per interno, sostituzione di pulsanti e relé per campanelli con cambio di frutti, sostituzione di placca e sottoplacca, sostituzione di coperchi e sportelli di scatole e cassette di derivazione, sostituzione di eventuali fusibili.

Precisati la natura e l'aspetto tecnico delle attribuzioni ai Consigli di Zona, si passa alla determinazione dell'aspetto economico-finanziario e cioé alla qualificazione dei fondi da assegnare a ciascuna zona, a cominciare dall'esercizio finanziario 1982, nonché alla individuazione dello strumento giuridico per mettere a disposizione delle zone i fondi stessi.

Determinata l'incidenza percentuale della spesa relativa ai "piccoli interventi urgenti" sulla spesa complessiva riguardante tutti gli interventi di manutenzione ordinaria per le strutture sulle quali è stato previsto l'intervento diretto, si é cosi determinato in Lire 2.000.000.000,comprensivi di IVA l'ammontare complessivo della spesa da attribuire ai Consigli di Zona.

Incidentalmente, e solo per chiarire meglio il concetto sopra esposto, è opportuno precisare che la spesa come sopra indicata in 2 miliardi tiene naturalmente conto della disponibilità complessiva che il Bilancio comunale ha attribuito per l'esercizio 1981 nel presupposto che per il prossimo Bilancio 1982, in considerazione anche dell'attuale politica economica del Governo, tale disponibilità rimanga_ invariata.

Applicando quindi all'importo complessivo di 2 miliardi le singole percentuali di incidenza zonale sull'intero costo della manutenzione, nell'esercizio finanziario 1982 la zona 19 avrà a disposizione 128 milioni di lire per i piccoli interventi urgenti di manutenzione ordinaria. La scelta di questo strumento sembra la più idonea per consentire agli organismi decentrati di disporre con la massima elasticità possibile e con la maggiore celerità gli ordinativi di spesa correlati ai vari interventi che di volta in volta saranno reputati necessari.

Ma le chiacchiere non servono - Urgono interventi urgenti se non si vuole che l'uso dell'eroina diventi un tragico costume di tutta una generazione

II Comitato di lotta contro le Tossicomanie della zona 19, fin dal momento della sua formazione, si é posto come obiettivo l'intervento diretto ed il contributo alla lotta contro la diffusione di tutti i tipi di droghe, ed in particolare dell'eroina, la più pericolosa fisicamente e psicologicamente, per i giovani. Combattere oggi contro l'eroina, e gli effetti che essa produce vuol dire anzitutto fare una precisa scelta politica: quella di battersi contro le cause che spingono i giovani in uno stato di completa emarginazione sociale, motivo primo del rapido diffondersi delle droghe.

In pratica questa scelta significa l'abolizione della "pratica salottiera" (tante parole ma poca concretezza) di tanti gruppi sorti intorno a questo problema, per sostituire a questa una costante iniziativa di massa sui due piani della prevenzione all'uso delle droghe nel mondo giovanlile e di coloro che già sono vittime dell'eroina.

Questa nostra consapevolezza di fondo ha preso corpo in una serie di proposte lanciate nel quartiere quali: Lavoro nelle scuole della zona per introdurre il dibattito sull'uso delle droghe e per la costituzione di organismi studenteschi di lotta contro l'eroina - Opera di informazione e di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini perché anch'essi abbiano un ruolo decisivo nella lotta alla diffusione delle droghe Apertura di una struttura permanente socio-sanitaria per il recupero dei tossicodipendenti, che dia ad essi sia la possibilità di disintossicarsi che di ritornare ad un ruolo socialmente attivo con l'inserimento nel mondo del lavoro.

La necessità immediata di aprire questo tipo di struttura è stata individuata a partire da alcune considerazioni di fondo relative alla situazione generale della lotta all'eroina:

L'attuazione fallimentare del Decreto Aniasi, che, per mancanza di mezzi e per un'interpretazione esclusivamente medica del problema, non ha fatto altro che alimentare le visioni più pessimistiche sulla possibilità di recupero dei tossicodipendenti.

L'assoluta inesistenza a livello governativo della volontà di risolvere il problema, resa ancor più chiara ed evidente da patetiche proposte quale quella del "ricovero coatto" dei tossicodipendenti negli ospedali (quando è ormai un dato universalmente noto che senza la volontà da parte dei tossicomani di procedere alla disintossicazione non si ottiene alcun risultato e delle "visite di controllo" nelle scuole per identificare ed isolare i "drogati".

I positivi risultati ottenuti da un lavoro globalmente svolto, sia sul piano sociale che medico, effettuato dalla equipe della dottoressa Tamburino, il tutto senza fare minimamente ricorso alla somministrazione di farmaci sostitutivi dell'eroina, ma utilizzando tecniche quali agopuntura, omeopatia, auri-

coloterapia.

A partire 'da ciò questo centro avrebbe appunto la funzione di operare secondo questo metodo globale, gestito in prima persona da una equipe specializzata composta da medici e psicologi, affiancata dall'intervento del volontariato giovanile, organizzato in questa struttura per il grande contributo che possono dare i giovani, anche ex-tossicomani alla disintossicazione tossicodipendenti. Da sempre abbiamo visto questa struttura come strettamente collegata alla zona, sia attraverso il rapporto diretto con i cittadini, che sono i suoi primi interlocutori; sia con la collaborazione delle strutture esistenti sia a livello di decentramento amministrativo che sanitari o.

In questo senso abbiamo immediatamente lanciato questa proposta al Consiglio di Zona 19, agli operatori sanitari dell'ospedale S. Carlo Borromeo e ai medici della zona, strutture e personaggi la cui collaborazione è fondamentale ai fini della riuscita di tale programma.

Immediato e costruttivo è stato il confronto con gli operatori ed i medici della zona, mentre un discorso a parte va affrontato per il CdZ 19. In un primo momento questa struttura ha affrontato ed accettato questa proposta a partire dalla sua Commissione Igiene e Sanità che l'ha fatta propria e si è assuntala piena responsabilità della sua attuazione in collaborazione con il CCT della zona 19.

Poi c'é stata la scelta di far rientrare l'apertura di tale servizio all'interno della futura Unità Sanitaria locale della zona 19, prevista dalla Riforma Sanitaria.

Tutto ciò mentre é in pericolo la stessa nascita delle USSL, contrastate per motivi politici dallo scontro tra regione Lombardia e Comune di Milano; minacciate dai

pesanti tagli alla spesa pubblica operati dal governo Spadolini; per nulla chiare nella loro stessa formulazione. Se poi tutti questi ostacoli dovessero essere superati rimane sempre un grosso problema: che comunque le USL potranno essere funzionanti non prima di qualche anno. In questo periodo si avrebbe una ulteriore diffusione delle droghe e dell'eroina in particolare tra i giovani, un aumento terrificante nel numero degli uccisi dal'uso della droga, un'accresciuta difficoltà a combattere dalle radici il problema, ormai troppo esteso per essere completamente risolto.

Se si vuole che l'uso dell'eroina non diventi un tragico costume di tutta una generazione bisogna intervenire al più presto, con risolutezza.

È necessario quindi che il CdZ 19 concretizzi immediatamente la sua disponibilità all'apertura di questo centro, dandogli una sede e delle strutture ambulatoriali agibili al più presto, nelle quali cominciare a lavorare seriamente con l'equipe ed i primi giovani volontari già disponibili.

Tutto ciò tenendo ben presente che tale struttura deve avere carattere pubblico sin dall'inizio senza alcun inquinamento privatistico e che, come tale, al momento dell'istituzione dell'USL, questa ne entrerà a far parte insieme ad altre istanze già presenti e positivamente operanti nella zona quali il Consultorio di Via Albenga e il Centro Geriatrico di Piazza Segesta.

Invitiamo quindi il CdZ 19 con le sue strutture, le forze politiche bé: mocratiche e tutti i cittadini interessati a tale problema a farsi promotori delle iniziative di dibattito e di informazione che debbono necessariamente preludere al Centro per la disintossicazione ed il recupero dei tossicodipendenti.

Comitato contro le Tossicomanie Zona 19

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milano 19 - pagina 6

novembre 1981

Ci fu un tempo in cui i dintorni di Milano erano annegati in una distesa in cui la rigogliosa vegetazione si confondeva nella straordinaria abbondanza d'acqua che s'affacciava prepotente a scorrere limpida nei canali, a lambire le ripe sommerse dal verde delle rogge, a giocare nelle risaie rigidamente coltivate a figure geometriche. L'acqua si presentava ovunque, in stagni, in minuscoli laghetti (erano le teste dei fontanili) nei mille rigagnoli paralleli delle esuberanti marcite. Il paesaggio era una stupefacente tavolozza di colori in cui s'indovinava la secolare e paziende opera dell'uomo tesa a sfruttare l'elemento liquido senza tuttavia riuscire a modificare l'impressione che fosse la campagna a galleggiare sull'acqua piuttosto che fosse l'acqua a defluire pigramente per rendere prosperi i campi.

Fu probabilmente l'ordine cistercense che prevedeva nelle sue regole che i monasteri venissero costruiti in zone desertiche o su terre vergini, o da bonificare, ad imprimere l'assesso definitivo a questa parte di territorio che nelle origini dovette presentarsi (almeno in epoca gallica) come una grande plaga circondata da boschi di quercie rotti da zona acquitrinose.

Nella successiva epoca romana pur salvaguardando i boschi che erano tutelati dalla legge ( parte formavano rager pubblicus e parte erano sacri) si diede avvio ad opere di bonifica e di dissodamento.

A quei tempi il riso era conosciuto ma, per i romani, non aveva molta importanza come graminacea.

"Il riso - scrivono Vittorio I ngegnoli e Luciano Ronca in 'Cascine del territorio di Milano' - era raccolto allo stato selvatico da millenni in Oriente, ma coltivato solo posteriormente al grano e all'orzo, quasi 5000 anni fa in India".

A dire il vero l'origine del riso è piuttosto controversa. stata autorevolmente sostenuta un'origine africana (R.J. Roschevicz) e per i Romani era solo una ghiottoneria con cui si faceva una pietanza detta "oryza amylata".

I primi dati ufficiali si hanno con il censimento spagnolo che accertano esservi in Lombardia, nel 1550, circa 5000 ettari coltivati a riso.

Erano stati gli Sforza, nel secolo precedente, a dare un vigoroso impulso all'agricoltura.

Nei loro programmi rientrò anche la coltivazione del riso (assieme a quella del gelso e del baco da seta, coltura che caratterizzò la nostra storia economica).

Gli Sforza iniziarono le coltivazioni nel vigentino e nell'abbiatense.

Dalla zona dei navigli la graminacea si propose in tutta la plaga ricca d'acqua e di risorgive.

Nei secoli scorsi ampie distese biondeggianti di riso conquistarono le larghe porzioni della campagna lombarda.

In questi ultimi 7-8 anni si è accentuata un'inversione di tendenza, già manifestatosi in precedenza. Ha preso prepotentemente piede la coltura del granoturco.

I prezzi comunitari, le qualità delle sementi e la disponibilità di concimi chimici hanno permesso una remuneratività della coltura del mais che ha

La cascina "Molin di Biss"

facilmente convinto ragricoltore a modificare le tradizionali impostazioni. In certe piane del lodigiano e del cremonese può capitare che si stendono a perdita d'occhio. Par quasi di essere in certe tenute d'America.

Il contrasto è reso più evidente dal fatto che assai raramente nel passato si rinunciava ad orientare l'azienda agricola a molte e differenziate colture.

Quasi a perseguire (e più di un agricoltore lo confessava) l'equilibrio economico dell'impresa agricola suddividendo il rischio e fronteggiando la cattiva annata di una coltura con la buona riuscita di un'altra.

Conseguentemente, e a causa di un progressivo depauperamento della falda acquifera, la coltivazione del riso nel milanese si sta riducendo sempre più.

Tuttavia il comune di Milano offre ancora, dove la città si confonde con la periferia, il sorprendente spettacolo della risaia.

In qualche caso, dalla fermata della metropolitana (come ad esempio la zona nord-ovest della città, dove insiste il quartiere Gallaratese) con una passeggiata di pochi minuti, ci si può trovare in un paesaggio schiettamente agreste. Qui, la via fratelli Rizzardi si arresta

tra un gracidar di rane, nelle losanghe della risaia. Il sistema di coltura è quello tradizionale. Le rogge portano l'acqua a coprire, a scorrimento l'intera area interessata che viene suddivisa in settori rettangolari da piccoli argini di contenimento. La funzione degli argini è quella di dividere la campagna in porzioni di terreno di livello omogeneo, per permettere lo scorrimento, per gravità

dell'acqua. Attualmente il riso viene, di solito, seminato dopo aver effettuato una disinfestazione chimica. Una volta venivano creati dei vivai e, dopo la raccolta del frumento, si effettuava il trapianto del riso con tutta la coreografia delle mondine e dei loro malinconici canti che rompevano le ultime brume dell'alba. Lungo i fossi ci sono ancora,

immutate da generazioni, le chiuse e le paratie per dosare l'alimentazione dell'acqua.

La via fratelli Rizzardi offre un'altra sorpresa: un mulino. E l'ultimo mulino idraulico della zona, non solo, il proprietario della cascina (che nel nome "cascina mulin di biss" conserva un che di vagamente antico e paludoso) Angelo Romagnoni ha in animo di riattivarlo. essendo integro in tutte le sue

parti, per assicurarne la conservazione. Un mulino idraulico funzionante alle porte di Milano sarebbe certamente testimonianza interessantissima dell'economia rurale che qui gravitava.

La storia dei mulini è sicuramente meno indagabile di quella delle risaie.

Già nelle antichissime civiltà sono presenti strumenti rudimentali atti alla macinazione quali: anfore e pestelli in pietra, rulli di granito, blocchi monolitici, quasi sempre azionati dagli schiavi o da quadrupedi. I mulini idraulici compaiono successivamente, introdotti in Italia, pare ad opera dei Saraceni.

Il mulino fluviale, prima di arrivare alla forma attuale, ossia con la ruota verticale mossa dall'acqua, vide innumerevoli versioni. Furono in uso ruote poste orizzontalmente nell'acqua, di sopra odi fianco al mulino, a pale o a cassette e con altre ingegnose soluzioni.

Il "Mulin di biss" è alimentato dalla Cagnola, un corso d'acqua che all'origine era un fontanile (con la "testa" ad Arese, dove oggi sorge lo stabilimento dell'Alfa Romeo) e raccoglie, attualmente, acqua dal canale V illoresi.

La Cagnola, dopo aver attraversato il territorio di Rh° e di Pero raggiunge il "M ulin di biss", attraversa per intero il parco di Trenno (ridotto ormai a fognatura a cielo aperto) e prosegue verso via Novara. Su questo rivo, tra Trenno e Pero, sorgevano ben 4 mulini.

Numerosi altri mulini sorgevano nelle vicinanze.

Ora la campagna è completamente mutata.

In questo angolo di Milano riesce anche difficile seguire l'evolversi dell'attività agricola. Da un lato gli insediamenti condominiali della città incalzano, dall'altro l'imprenditore agricolo muta faticosamente l'orientamento produttivo "Se seminassi mais - dice infatti un agricoltore di Frenno - non poche pannocchie mi sarebbero sottratte ... "

Gli scampoli delle risaie ed un mulino, che resiste al tentativo di fagocitamento della tentacolare città sono le ultime testimonianze di una Milano sempre più industriale e che sembra voglia dimenticare le proprie origini.

Incredibile ma vero!

Mai titolo fu più appropriato.

In un mare di desolazione e di cattiva volontà fo,rse qualcosa si muove.

In breve di che si tratta.

Apprendiamo che nella sede distaccata del Liceo Classico "Cesare Beccaria" sito in via Brocchi al Gallaratese, c'é un fervore più unico che raro. Non solo si é iniziato il programma, cosa che sarebbe per una succursale già importante, ma si sta ampiamente precedendo il programma stesso di circa due mesi.

Per alcuni sarà positivo, per altri irrilevante, ma riteniamo ciò che awiene in quella scuola sia molto significativo.

Chiariamo: non si tratta

né di geni né di persone che si sono votate alla meditazione ascetica, si tratta solo di ragazzi che hanno sete di sapere. Purtroppo (c'é sempre un purtroppo) il programma limita molto le loro possibilità di ricerca, in campo culturale, restringendo in ambiti molto chiusi.

Riteniamo però ugualmente sottolineare la voglia di rinnovamento, che investe sempre di più i ragazzi. La voglia di studiare per qualcosa, che però sia veramente qualcosa che sentono, di cui hanno bisogno.

A chi tocca stendere il programma ministeriale, queste parole però non tangono. Siamo in Italia.

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milano 19 - pagina 7

In tutte le venti zone corsi di ginnastica per gli anziani

In tutte le venti zone del decentramento saranno organizzati corsi di ginnastica fisioterapica per la "terza età". Lo hanno annunciato rassessore all'Assistenza dle Comune Attilio Schemmari e il suo "collega" allo Sport e Tempo libero Luigi Valentini che presiede il Centro milanese per lo sport e la ricreazione (CMSR). saranno interessati circa duemila anziani. L'assessore Schem mari ha dichiarato che i corsi si prefiggono l'obiettivo di salvaguardare la migliore condizione psicofisica dell'anziano: un traguardo che se viene raggiunto ha importanti quanto positivi riflessi sull'intera vita sociale.

All'organizzazione dei corsi - ha precisato rassessore Valentini - hanno collaborato anche i Consigli di zona soprattutto

PARROCCHIA E TERRITORIO

per quanto riguarda la ricerca delle sedi. Attualmente 14corsi sono già stati definiti in ogni particolare, mentre per altri sette (n altrettante zone) si è alle ultime battute. Con i corsi di ginnastica-fisioterapica per la terza età Si vuole - si precisa'fornire agli anziani un valido mezzo per prevenire un precoce decadimento psicofisico e allo stesso tempo una pratica motoria che favorisca il mantenimento della salute, ostacoli la perdita di mobilità e di sicurezza nel dominio del proprio corpo". I corsi avranno cadenze bisettimanale e i partecipanti suddivisi in gruppi di venti saranno seguiti da personale qualificato. Queste le quote di partecipazione; tremila lire al mese più 10 mila lire di tassa iscrizione (valida l'intera stagione '81-82).

Per le iscrizioni si consiglia di rivolgersi presso le sedi dei Consigli di zona.

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I problemi dei rapporti tra parrocchia e quartiere nell'analisi di un dirigente delle A.C.L.I.

Quando SI parla della Parrocchia viene alla memoria l'immagine di una Chiesa con qualche spazio verde attorno e con il campo di calcio per farci giocare i ragazzi, con un locale per il teatro e il cinema, con il bar, il biliardo e il tavolo da ping-pong, ma soprattutto con il muro di cinta di solito non molto alto e con le lunghe inferriate che ne delimitano lo spazio sul territorio circostante di quartiere o di paese.

Per entrare in Parrocchia si varca un cancello, si entra dentro, si fa la scelta di andare a pregare o a passare il tempo libero: quelli che stanno fuori di solito sono gli altri, quelli che non credono, che sono agnostici, o semplicemente allergici ai preti, alla liturgia e all'ambiente parrocchiale, pur continuando a dirsi credenti in Dio.

Secondo le statistiche ufficiali solo il 20-25% della popolazione entra normalmente e settimanalmente negli spazi recintati della Parrocchia, se si escludono ovviamente i fatti straordinari dell'esistenza (battesimi, matrimoni, funerali, prime comunioni e cresime).

Questa immagine di Parrocchia, certamente un po' ironica, non è però forse cosi lontana dalla realtà almeno in alcune situazioni dove il rapporto tra la comunità parrocchiale e la comunità locale è normalmente di conflitto e di contrapposizione piuttosto che di dialogo e di tolleranza. Il dualismo Parrocchia - territorio, Chiesa - società, Credenti - non credenti, fede - politica, è ancora molto diffuso ed anzi paradossalmente sembra accentuarsi in questi anni di crisi dei valori, delle ideologie, delle certezze e degli obiettivi di trasformazione della società e dei rapporti tra le persone. Eppure anche se in apparenza la stagione del dialogo e del camminare insieme sembra aver fatto il suo tempo, rimane viva la speranza che non passi l'idea di coloro che pensano di poter mentenere la loro identità ricrendo un universo autosufficiente per difendere la fede e se stessi contro gli assalti continui di una cultura laicista che sembra ormai prevalere nei mass-media e nei comportamenti quotidiani della gente. Si tende ad identificare comunità parrocchiale e comunità cristiana, cristianità e mondo cattolico, fede -cultura - politica, e si mette in

dubbio la possibilità di mantenere il pluralismo e la laicità delle scelte personali e delle scelte dei gruppi culturali e sociali di ispirazione cristiana.

L'incalzare degli impegni quotidiani non lascia tempo e spazio "alla dimenzione contemplativa della vita": l'uomo singolo, "concreto, storico" sempre poter vivere anche senza la dimensione religiosa e liturgica, le speranze dei giovani, dei lavoratori, delle classi popolari, non sempre trovano la solidarietà dei cristiani e della Chiesa, così che sembra naturale privatizzare la fede e lottare assieme agli altri senza alcuna caratterizzazione al di fuori di quella della solidarietà e della giustizia.

"I segni dei tempi" sembrano profani e laici, la scienza e la tecnica danno l'impressione di pcter affrontare molti problemi della società contemporanea, eppure c'è in giro un malessere diffuso, l'impressione che manchi qualcosa, che l'uomo non è fatto solo per produrre e per consumare, che è necessario tornare a vivere recuperando tutte le dimensioni dell'esistenza, ricomponendo la persona

espropriata dalla settorializzazione della società contemporanea.

La stratificazione sociale prodotta dallo sviluppo capitalistico, la "centralità cristiana che "non possono essere lontane dalla società".

Le Parrocchie devono lasciarsi interrogare dai fatti, devono vivere con la gente, devono essere per gli altri, "essere povere, con i poveri", devono riuscire a vigere intensamente l'esperienza cristiana dentro i bisogni e le attese delle persone e dei gruppi sociali, devono insieme far crescere le persone e le com u ntà, al servizio dell'uomo.

La sfida degli anni '80 alla Parrocchie sembra appunto essere quella dell'invito alla "non paura", al coraggio di parlare con i diversi, all'identità cristiana da spendere nella speranza umana.

Quale rapporto è allora possibile nella stessa comunità cristiana le diverse e "legittime forme pluralistiche di associazionismo", tra i gruppi di cristiani e le forze di ispirazione cristiana, diversamente collocati tra i ceti sociali e nello scontro sociale e politico in atto nella società? Si deve creare nella Parrocchia un clima di rispetto e di ascolto delle diverse esperienze ecclesiali e sociali, nel confronto diretto con la parola di Dio e con l'insegnamento della Chiesa, senza intolleranza e giudizi sommari.

Il territorio esprime bisogni differenziati legati alle condizioni economiche e sociali di ognuno e alle esigenze delle diverse classi. Quali risposte di solidarietà e di giustizia sa oggi dare la comunità parrocchiale a livello locale?

Il 90° anniversario del Rerum Novarum mette in evidenza la necessità di rimboccarsi le maniche perché "i diritti e i bisogni dei lavoratori" siano finalmente riconosciuti, dando direttamente la parola, anche dentro le Parrocchie, a chi lavora, a chi è disoccupato, ai giovani che non trovano lavoro.

Annunciare e testimoniare il Vangelo al mondo del lavoro vuol dire affrontare i conflitti "con amore e con giustizia", affermando nei fatti il primato delle persone sulle cose, della dignità sul profitto, dell'essere sull'avere, passando "dall'egoismo alla solidarietà".

L'aggiornamento e il rinnovamento della Chiesa passa attraverso il dialogo con tutti gli uomini e con la cultura contemporanea, a partire dalla capacità dei cristiani di leggere i segni dei tempi nella società e nella storia.

"Camminare insieme nella fede" e camminare insieme agli altri, ai diversi, all'"altra società" quella degli esclusi e degli emarginati, è la sfida dei credenti a chi vuole innalzare ancora barriere ideologiche e a chi vuole separare e isolare i cristiani da tutti gli altri uomini, giovani, donne lavoratori.

Se la Parrocchia sarà capace di ascoltare e di leggere il territorio, la comunità cristiana locale potrà veramente diventare il luogo dell'incontro e del dialogo di tutti i credenti impegnati per la promozione dell'uomo.

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MILANI
milano 19 - pagina 10 novembre 1981

Come curare il diabete

II diabete mellito è una malattia cronica su base ereditaria dovuta ad insufficienza di insulina. È una malattia molto diffusa in tutto il mondo e i dati più recenti confermano per l'europa un sicuro incremento dellasua incidenza. Si distinguono due tipi di diabete: il diabete giovanile, insulino dipendente, del soggetto magro, e il diabete dell'adulto, di persone in sovrappeso od obese.

Entrambi i tipi provocano, se non curati adeguatamente, gravi complicanze cardiovascolari (micro e macroangiopatia), distrubi renali (nefrosi diabetica).

Particolarmente colpite dal diabete sono le classi di età superiore ai 40 anni, con una netta prevalenza delle donne. Occorre sottolineare subito alcuni dati importanti: spesso i soggetti obesi sono diabetici in seguito alla riduzione del sovrappeso con una dieta adeguata si ha quasi sempre un netto miglioramento dello stato diabetico.

Da queste osservazioni si può facilmente intuire l'importanza di un'alimentazione corretta sia come arma di prevenzione del diabete, sia come cura principale della malattia stessa e della sua complicanze. Impostando precocemente una dieta adeguata è possibile quindi modificare il decorso della malattia. Alcuni ricercatori hanno rilevato, studiando gruppi di persone diabetiche, che nei soggetti nei quali era stato effetuato un buon controllo diabetico e terapeutico si aveva, dopo 20 anni dall'inizio della malattia, una incidenza di retinopatia inferiore al 20%, mentre nei soggetti con controllo insufficiente la retinopatia era presente nel 100% dei casi. L'obiettivo della terapia dietetica è di ricondurre il paziente vicino al suo peso ideale e di mantenervelo senza sottoporlo a troppi sacrifici alimentari. I nndnzitutto occorre stabilire il numero di

calorie necessarie per raggiungere e mantenere il peso ideale del sogetto, calcolato in base all'età, alla costituzione fisica, ecc. Poi si ripartiscono le calorie nelle tre componenti principali della dieta:

Proteine: 1,3 - 1,5 grammi per Kg. di peso teorico ideale.

Lipidi: 1 grammo per Kg. di peso teorico.

Carboidrati: fino a raggiungere il livello calorico richiesto.

In generale si piò regolare la dieta da un punto di vista calorico nelle 24 ore secondo i seguenti criteri: circa 30 calorie per chilogrammo di peso corporeo ideale per soggetti che svolgono una normale attività fisica;

40-45 calorie per chilogrammo di peso corporeo ideale per soggetti sottopeso o impegnati in lavori che comportano un notevole dispendio energetico;

25-30 calorie in soggetti obesi, fino a quando il peso in eccesso non viene riportato alla norma.

È inoltre consigliabile ridurre i grassi animali ed il colesterolo, risultato che può essere ottenuto senza troppa fatica sostituiendo il latte intero con quello scremato, il burro con la margarina, i grassi animali con gli oli vegetali; e mangiando meno uova, meno carni insaccate e meno formaggi. L'alcool dovrebbe essere limitato ad 1/4 di vino al giorno. La terapia con insulina deve essere istituita, in generale, soltanto dopo che il solo ricorso alle misure dietetiche non ha riequilibrato il paziente, tenendo tuttavia sempre presente che il trattamento insulinico è sempre aggiuntivo a quello dietetico e non deve mai essere considerato sostitutivo.

Dott. Rosangela Capriata del Centro di Educazione Dietetica

Per informazioni e chiarimenti scrivete alla Redazione di "Milano 19" o direttamente al C.E.D. Via Veniero 6 - 20148 Milano

GLI EFFETTI DEL TICKET

Costa sempre di più essere malati

È scattata com'è costume di ogni governo la solita stangata. In questo articolo vorrei esporre il mio parere critico riguardo agli aumenti dei ticket sui medicinali. Il primo ticket sul farmaco era nato in fase speri mentale alcuni anni fa e tendeva a far abbassare il consumo dei farmaci, pesava mediamente sul consumatore per circa il 9% dell'intero costo del medicinale. Sebbene la finalità del ticket non sia stata raggiunta in quanto la spesa farmaceutica è ugualmente aumentata (poichè, come venne subito osservato, è il medico che ordina il medicinale e il malato non bada certo a spese per curarsi), il governo varò un secondo decreto, nel luglio scorso, che costringeva l'utente a pagare mediamente il 14% del costo intero. Siamo ora giunti al terzo decreto che porta il ticket al 40% circa. In prospettva vi sono inoltre altri duri colpi alle classi meno abbienti in campo sanitario, il ticket sulle visite mediche che ammonta a lire 2000 in ambulatorio e a lire 4000 in caso si tratti di visite a domicilio, lire che vanno nel caso specifico di Milano in tasca ai medici, in quanto essi sono da anni in sciopero e quindi esenti da ogni possibile controllo sui loro introiti derivanti da ticket; ecco un'altra extra mancia per i nostri poveri medici, gli stessi medici che poi prescrivono decine e decine di farmaci ai loro pazienti. L'autorità preposta per dei controlli non esiste, però vedrete che se passerà l'ennesima tassa sulla salute il medico vi darà pochissimi farmaci. Tutto ciò per potervi vedere più spesso nello studio e quindi farvi pagare il ticket sulla visita.

L'onorevole Altissimo, recentemente in TV 1° canale in una intervista, affermava che il ticket sul farmaco è aumentato in base alla svalutazione di questi ultimi anni. lo come lavoratore dipendente non ho avuto il medesimo incremento salariale, allora forse è strumentale, che la scala mobile è indice di ulteriore aumento dei costi, o è solo un attacco ai lavoratori a reddito fisso.

"Poveri" farmacisti datori di lavoro, che con tutti questi aumenti ci rimettono, e non sono in grado di firmare un contratto nazionale di lavoro (scaduto il dicembre 1980) emarginando i lavoratori della farmacia laureati e non laureati, rendendoli simili a commessi con paga ridotta, visto che noi come lavoratori permettiamo che essi lo facciano nel peggiore dei modi e quindi possono attuare la loro politica, di renderci diversi e divisi all'interno della categoria, senza interessarsi al problema più grande che è la funzione della farmacia privata all'interno della riforma sanitaria. Senza avere rispetto per l'utenza che tutti i giorni le lascia da vivere molto agiatamente da parecchi anni. Poichè: detti titolari, fino al giorno prima incassavano un ticket di L. 200 oggi portato a L. 300, con un aumento netto del

TUTTOCAMPINq

50%, quindi con una diminuzione del costo denaro.

Nella realtà di Milano e provincia, però, la metà delle farmacie sono incriminate per evasione I.V.A., come mi dispiacerebbe se non li facessero pagare!!!

Però vi sono anche le esenzioni sul ticket farmaceutico. Sono esclusi tutti i cittadini con reddito personale imponibile fini IRPEF non superiore a 3.600.000 o che appartengono a un nucleo familiare i cui componenti, compreso l'assistito, abbiano dichiarato, sempre ai fini IRPEF, redditi imponibili per importo non superiore ai 3.600.000.

Nel caso di redditi da lavoro dipendente, per individuare il limite reddito si devono dedurre da ciascun reddito 1.680.000.

Ecco nella tabella in calce a confronto vecchi e nuovi ticket (tra parentesi il vecchio ticket).

È vero tutti pagano in base al reddito minimo di 3.600.000, quindi un pensionato che percepisce mediamente all'anno circa 4 milioni, un lavoratore dipendente a reddito fisso che ne percepisce media-

mente 8 milioni e un dirigente che percepisce 50 milioni l'anno verrebbero a pagare la stessa quota, nonostante sia evidente il divario economico fra i soggetti campione. Visto ciò, non posso quindi che esere contano ad un ticket strutturato in tale modo e propongo quindi una raccolta di firme a livello zonale e più allargato a livello regionale, che possano poi pesare nel confronto con la controparte governativa. Un'altra possibile soluzione consisterebbe nel proporre, a livello ragionale un referendum atto a modificare l'attuale regolamentazione dei ticket farmaceutici. É questa una soluzione che propongo con estrema riluttanza in quanto sono contro l'abuso del referendum. Ritengo però che se la questione in esso dibatutta non è strumenale, ma corrisponde a una reale esigenza della popolazione, esso sia un indispensabile strumento democratico, utilizzabile per rendere le leggi dello Stato più consone possibili alla necessità della gente.

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Il gelso Gemmologia Le perle

posti i "boschi" di fogli di gelso sulle quali si inerpicavano i bachi: va detto per inciso che era regola che le stanze migliori e più ventilate delle nostre cascine erano riservate ai produttivi ospiti, nella stagione in cui il baco si sviluppava e si chiudeva nel bozzolo e le famiglie contadine venivano stipate alla bellemeglio in stanze malsane. La logica del profitto è identica ed immutabile. La continua capitozzatura della pianta per ottenere rami, portava alla caratteristica deformità del tronco, che terminava con un abnorme protuberanza, il tronco si contorceva e fessurava per la ridotta ossigenazione e si trasforma così in una strana figura antropomorfica e straziata. L'albero non veniva in genere coltivato in boschetti come ad esempio il pioppo, ma veniva posto lungo i confini dei vari campi per ottenere così una più precisa ed immutabile perimetrazione della proprietà, inoltre il sistema a filare permetteva di meglio controllare dai furti le preziosissime foglie.

In teoria tutti i molluschi possono produrre perle in quanto esse si formano come la madreperla che costituisce il rivestimento interno della conchiglia. Ne consegue che la denominazione perle, è riservata alla concrezione di varia grandezza e forma di alcune speci di molluschi marini e di acqua dolce, con le stesse sostanze, che costituiscono la loro conchiglia (madreperla), le così dette "perle fini".

Le perle vere, quelle apprezzate in gioielleria, sono prodotte esclusivamente da pochi tipi di molluschi che appartengono alla famiglia dei Lammellibranchi, Gasteropodi, Cefalopodi volgarmente dette Ostriche perlifere. Al primo posto come produzione di perle, troviamo la Meleagrina che conta 4 speci:

I) Meleagrina Margaritifera dette anche di Tahiti raggiunge il peso di 9-IO Kg. Dato il suo spesso strato di madreperla è usata anche nella produzione dei bottoni.

La M. Martenzi propria del Giap-: pone, il suo peso è attorno ai 130 gr.

La M. Vulgaris di Ceylon, raggiunge i 140 gr.

La M. Californica dell'America Centrale di media dimensione.

perle di colori stupendi e vivaci. Altro produttore è il Nautilus, dell'Oceano Indiano; le sue perle sono chiamate "coque de perle" per la sottigliezza della perlagione. Queste perle vengono riempite, cementate e si presentano molto simili alle perle Blister. La Margaritana, l'Unio, l'Anodneta, il Dipsas sono molluschi di acqua dolce, le loro perle sono poco irridescenti e poco considerate in gioielleria. Il sistema di pesca dei molluschi viene effettuata con le draghe, con palombari e con tuffatori. Il sistema del tuffatore è il più diffuso. In origine per la ricerca delle perle si radunavano i molluschi sulle rive, si lasciavano putrefare e poi con lavaggi in acqua corrente si cercano le perle nei detriti dei molluschi. Oggi questo metodo è scomparso e la ricerca nei molluschi si effettua mediante raggi

X.

I molluschi vengono allineati su appostiti telai e scorrono sotto i raggi R6ntgen, la pellicola radiografica permette di individuare il mollusco portatore di perla-, gli altri privi di perle vengono rigettiti in mare.

Questo sistema evita una inutile distruzione di molluschi.

prodotta dal fenomeno di interferenza della luce originata dalla disposizione dei sottili strati calcarei e della conchiolina. Un corpo estraneo (parassita, granello di sabbia o altro che penetri tra l'epitelio e lo strato madreperlaceo, andrà coprendosi di uno strato di madreperla e verrà da questa incorporata. Si avvia così sulla parete interna della conchiglia, un protuberanza, una bolla o anche una mezza perla aderente alla conchiglia. Ora mentre si comprendeva la formazione della mezza perla aderente alla parete interna della conchiglia, non si riusciva a capire la formazione della perla libera.

Ormai quasi scomparso questo albero dal nostro paesaggio urbano, sia per l'urbanizzazione abnorme di questi ultimi trent'anni, sia perchè la sua coltivazione, legata alla produzione della seta non è più remunerativa. Sono scomparsi i setifici dalla nostra zona, un tempo vanto della nostra economia e della nostra abilità manifatturiera, qualche setificio rimane ancora a Como, un tempo capitale di tale "arte". I l gelso serviva, o perlomeno le foglie del gelso servivano da nutrimento a bachi da seta. Ogni cascina della Brianza aveva stanze apposite alla preparazione delle lettiere sulle quali venivano com-

Famose fra i ragazzi erano le more, i commestibili frutti chiamati dialettalmente "mucuj", termine traslato poi a significare persona poco sveglia, chissà perchè?

Il gelso dialettalmente si chiamava "murun", forse dal francese "murier". È originario della Cina, dove era fiorente molto prima che da noi la coltivazione del baco da seta.

La pianta dà un ottimo legno duro e resistente, adattissimo un tempo per gli attrezzi agricoli, ma non veniva disdegnato nemmeno in ebanisteria: dato il suo splendido colore si usava .per l'intarsio.

Più di così cosa può dare un albero? A proposito è ottimo anche come legna da ardere. Cercatene a Muggiò in quelle poche zone agricole rimasteci.

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Questi molluschi producono perle tra le più pregiate, quelle che in commercio vengono denominate "Perle Orientali".

La Pinna Nobilis detta Jambonneau produce perle di vari colori ma poco pregiate.

La Tridacna Gigas raggiunge il notevole peso di 220-250 Kr. Queste grandi conchiglie di colore bianco latteo, come le sue perle, sono usate come pile dell'acqua santa.

Famose quelle nella chiesa di S. Simplicio a Parigi e nel santuario di M ontallegro a Rapallo.

Il Mytilus produce perle di colore verde chiaro o violaceo. Le perle del Pecten sono di vari colori. Lo Strombus gigas, del peso attorno ai 3 Kg., produce perle di colore rosa, pregiatissime, dalla forma ovoidale.

L'H aliotis, detta anche orecchia di mare, tipica del Giappone produce

Dal punto di vista biologico le perle si formano nello stesso modo che si forma la madreperla. Il corpo di un mollusco è un vero e proprio corpo vivente, munito di bocca, tubo gastro enterico, cuore, muscoli, gonadi, sistema nervoso, il tutto avviluppato da un mantello provvisto di "epitelio secernente", che secerne quelle sostanze che vengono a formare la madreperla in lamine sottilissime. La conchiglia presenta tre strati di differente struttura. Lo strato esterno che rappresenta la zona periferica della conchiglia è rivestito da una cuticola detta "periostraco". Al centro della sezione troviamo una zona costituita da prismicalcarei posti perpendicolarmente alla superficie esterna, quella interna rappresenta la zona costituita da lamine calcaree sottili e parallele, alternate da sostanza organica (conchiolina) e costituisce la madreperla. Caratteristica della madreperla è l'irridescenza, la quale è

L'ANGOLO DEGLI ZOOFILI

Questo fenomeno fu risolto nel 1913 dal biologo tedesco Alverdes il quale trovò che la perla libera, si formava quando unitamente al corpo estraneo fosse penetrato una particella di epitelio. Questa particella di epitelio involgendo il corpo estraneo, viene così a costituire il così detto sacco perlifero, il quale inizia la secrezione degli strati concentrici formando la perla. Dunque per la formazione della perla è necessaria la presenza di epitelio secernente. Il corpo estraneo contenuto nel sacco perlifero costituisce il nucleo della perla.

Chimicamente la perla è composta da carbonato di calcio in percentuale altissima del 90%, materia organica e acqua. Ciò la rende vulnerabile agli acidi. Sovente le perle possono presentare segni di deterioramento dovuti all'effetto della disidratazione, cioè perdono parte della loro umidità e presentano esternamente delle piccole fessure, oppure dovute al grado di acidità della traspirazione della pelle ed anche dall'uso, dei cosmetici contenenti ingredienti acidi.

In questo caso perdono la loro sfericità diventano mute e legnose. Va tenuto presente che il filo con il quale sono infilate assorbe il sudore quanto i cosmetici consentendo la distruzione dall'interno. La precauzione da usare è quella di cambiare sovente il filo.(continua)

Franco Francioli

Una mangiatoia per i nostri piccoli amici

Gli studiosi di ornitologia sono tutti concordi nel dichiarare che la popolazione degli uccelli è in costante e sensibile aumento nella città. Le mutate condizioni ambientali del mondo agricolo, la diminuzione degli insetti e del cibo in genere, le difficoltà di nidificare e le insidie della caccia, ormai numericamente sproporzionata oltre che quasi sempre inguistificata, e altri svariati motivi fanno sì che siano sempre più tanti gli amici pennuti che vogliono dividere con gli uomini la residenza in città.

In effetti, le più popolose città del mondo ospitano oggi insediamnti assai numerosi di alcune specie di uccelli che trovano maggiore possibilità di sopravvivenza tra muri, cortili e giardini bren protetti e riparati, sui cui alberi far nido e riprodursi in pace.

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Anche a Milano è compresa in questa casistica e con la solita proverbiale abbondanza trova posto per tortore, gheppi, colombi e colombacci, pettirossi, qualche rondine dove i tetti sono accessibili, passeri e merli. Ma se in estate è possibile per tutti vivere e convivere, in inverno il nutrimento scarseggia per i non migratori. L'uomo può intervenire con affettuosa solidarietà, ed ecco ciò che viene suggerito da "IL PIOPPO" il periodico del WWF Lombardia Gruppo Giovani per chi desidera costruire

delle piccole oasi di rifocillamento. Queste possono essere realizzate in molti modi e vanno dal piattino con le briciole sul davanzale della finestra o sul balcone fino ad autentici portamangimi da disporre nei giardini. Cercheremo, qui, di darvi alcuni piccoli consigli sulla realizzazione di semplici mangiatoie e sulla qualità del cibo da somministrare. Se avete un giardino, anche piccolo, potete con poche assicelle di compensato (potete usare anche quello di recupero delle cassette della frutta) costruire

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un portamangime. Oppure semplicemente potete costruire, con una scatola da scarpe, una vaschetta a ricarica da mettere sul balcone, riparandola però dalla pioggia!

Il nutrimento da somministrare deve essere costituito da briciole di pane (non bagnato perchè gelerebbe), da qualche pezzettino di carne e di grasso, per dare le calorie necessarie, ideale il mangime in granaglie, che si può trovare in ogni negozio di animali. Inoltre sarà gradito, ai vostri piccoli amici visitatori insettivori, qualche vermetto, della farina o qualche larva di mosca che si possono acquistare a poco prezzo nei negozi di pesca. Un cibo particolarmente gradito è costituito da un impasto di strutto (quello per cucinare) con granaglie varie, e che potrete appendere ai rami degli alberi. Con queste poche cose ed un po' di buona volontà, potrete aiutare i vostri amici pennuti ad attaversare l'inverno: essi vi ricompenseranno con la loro quotidiana visita. Non deludeteli!

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Torri: ma i padroni non hanno proprio nulla da proporre?

Dura da troppo tempo il silenzio dell'Assolombarda.

Tra la fine di ottobre e i primi di novembre un convegno dei sindacati

I sindacati confederali milanesi hanno derciso di fare la loro parte: tra la fine di questo mese e l'inizio del prossimo (la data esatta è ancora da stabilire) si ritroveranno, in un convegno "aperto al contributo di tutti", per analizzare la crisi del più potente apparato industriale italiano. Discuteranno dei processi di ristrutturazione in atto, delle nuove tecnologie, dell'andamento occupazionale. Il consulto al gran malato, l'economia lombarda, prende dunque le mosse proprie dal maggiore punto di forza. È quanto ci annuncia Franco Torri, da poco tempo al timone della novantenne camera del lavoro di Milano.

Le ragioni dell'iniziativa? Gli episodi della Cantoni, oggi della Imperiali e della Montedison, sono le punte emergenti di una recessione generalizzata. Torri mi ricorda innanzitutto gli allarmanti dati che provengono dal fronte dell'industria lombarda: la produzione indi-

striale, se si paragona il primo semestre dell'80 con quello dell'81, è calata di una percentuale che oscilla tra il 4 e il 5 per cento; nello stesso periodo l'espulsione di manodopera ha interessato 57 mila lavoratori. In difficoltà, e su questo il segretario camerale non si discosta dalle analisi fatte sull'"Unità" da Piero Borghi ni, della segreteria del PCI e da Sergio Moroni, assessore regionale, non sono più solo le grandi imprese, ma anche le piccole e medie aziende. Ma i sindacati vogliono sapere di più, vogliono vederci chiaro: dove vanno a finire, che cosa fanno le migliaia di lavoratori che escono dall'industria?

"I dati congiunturali - spiega

Torri - sollevano altre riflessioni inquietanti: sono in atto massicci trasferimenti di manodopera non solo a beneficio del settore del commercio e della distribuzione, ma anche verso aree di lavoro precario, non sottoposto ad alcun con-

trollo e ad alcuna tutela".

Al di là dunque di facili semplificazioni, della caduta dei miti "delle roccaforti operaie", non vi è dubbio che questa sorta di mobilità spontanea (ma è davvero spontanea?) si traduce in un repentino degrado, in un impoverimento dell'apparato produttivo.

Torri che cosa si può e si deve fare?

"Non certo ciò che si sta facendo ora, in primo luogo da parte del governo. Vuoi un esempio? Con l'introduzione dei forni elettrici per gli acciai speciali la produttività per tonnellate oraria alla Breda siderurgica è notevolmente aumentata, raggiungendo i livelli auropei. Qualcuno mi deve spiegare perchè la si vuoi interrompere. Ancora: dove sono, che fine hanno fatto, se mai sono stati predisposti, i piani di settore per l'elettronica, l'auto, la siderurgia? Bada, non è un lamento

generico: senza quei progetti decine e decine di industrie sono senza futuro".

Ruolo nazionale

E gli industriali che cosa dicono?

"Tacciono. È possibile che l'Assolombarda non abbia nulla da dire al proposito? Nel passato l'associazione degli imprenditori lombardi aveva sempre esercitato la funzione, direi nazionale, che le compete.

E ora? Non è preoccupata? Che soluzioni ha per difendere e qualificare l'impresa lombarda?"

Anche questo fa parte dell'offensiva in preparazione della stagione dei rinnovi contrattuali...

"Nemmeno gli industriali possono permettersi il lusso di fare le loro battaglie con la latitanza e il silenzio. Certo, a livello nazionale il loro lamento è a senso unico: il costo del lavoro. In realtà, agendo in questo modo, non si va all'origine dei problemi che stanno nella guerra competitiva scatenatasi tra i Paesi industrializzti e quindi nell'esigenza di ricercare, attraverso l'innovazione tecnologia, una nuova collocazione dell'Italia in Europa e nel mondo. Ma come si fa a trovarla senza l'elaborazione di una politica industriale?"

Torri, ritorniamo alle più modeste (si fa per dire) dimensioni di casa nostra, della Lombardia. Dice Moroni: i piani di settore non ci sono, i soldi nemmeno. Troviamo allora, nella nostra regione, una sede di consultazione permanente tra sindacati, industriali, istituzioni e partiti.

Che ne pensi?

"Negli ultimi anni idee come questa non sono mancate. Ti dico subito che con questa proposta non sono d'accordo. Non considero positivo che nelle vertenze sindacali ci sia la costante mediazione di istituzioni e partiti. Si tratta piuttosto di ripristinare sedi autonome di confronto tra le parti sociali: ciascuno deve svolgere il ruolo che gli compete, senza arbitrati preventivi di sorta".

Quindi se c'è da definire una vertenza di fabbrica il confronto è innanzitutto tra sindacati e imprenditori... "Certo. Ciò, bada bene, non vuol dire che le altre forze sociali devono disinteressarsene. Al contrario: noi chiediamo alla Regione di fare proposte, di farle valere anche nel confronto con i i governo, di realizzare gli osservatori economici e i centri di assistenza collegati agli osservatori".

Cassa integrazione: le ore aumentano a dismisura Torri, si può proseguire su questa strada?

"Finchè la cassa integrazione è intesa come strumento per superare difficoltà contingenti, va bene. Ma ogi il provvedimento è chiesto da fabbriche che non sono affatto impegnate in un'opera di risanamento. E il pericolo è che i lavoratori rimangono in questo "limbo" per mesi e mesi, se non per anni. Se potessimo disporre di programmi

a breve e lungo periodo potremmo ridurre tempo e spazio alla cassa integrazione: quindi, o si mettono in discussione le scelte recessive o il fenomeno è destinato ad acutizzarsi. Stesso discorso vale per la mobilità: come metterla in atto, come gestirla di fronte a una stretta così generalizzata?" È vero che nelle fabbriche si ha meno fiducia nel sindacato?

"Si, il calo degli iscritti è indubbio, anche se molto contenuto. Il disagio è tuttavia ben più profondo di qualche decina di disdette. C'è un ritardo del sindacato a misurarsi con nuovi fenomeni produttivi. Ti dicevo prima del massiccio spostamento di manodopera verso aree poco o nulla sindacalizzate. Qual'è l'impegno del sindacato in questo campo? Che facciamo per essere presenti nelle piccole aziende, nelle imprese artigiane?"

Riforme

"Ma c'è di più. Da alcuni anni il dibattito tra i lavoratori è inconcludente, senza sbocchi. Si parla dello "0,50", della scala mobile: certo. cose importanti, ma e un fatto che intorno a questi problemi non si creino reali movimenti di lotta, oltre a far fatica a condurre dibattiti unitari. Contemporaneamente sui temi dell'occupazione delle riforme sociali. è da tempo che non otteniamo risultati tangibili. Tutto ciò, unito alla crisi, crea difficolta, soprattutto nelle grandi fabbriche dove costruisci l'esperienza sindacale. "Il dialogo con i lavoratori si fa sempre più difficile e non sempre i nostri argomenti sono in sintonia con le loro esigenze, oltretutto diverse da zona a zona, da regione a regione. Prendiamo il caso della Lombardia. Come viene avvertita la recessione? Che cosa significa "stretta" dalle nostre parti? Qui la stangata non significa tanto il venir meno dall'essenziale per vivere, quanto piuttosto gli aumenti delle tariffe, dei fitti, delle trattenute nelle buste paga, tutte voci che incidono e modificano profondamente e particolarmente il modello di vita del lavoratore lombardo'. I recenti congressi di categoria hanno messo in evidenza una profonda inquietudine nei confronti dei vertici sindacali. Ma siete proprio cosi "brutti e cattivi" come vi dipingono?

"Al di là delle interperanze, condivido queste critiche. lo stesso, come quadro sindacale intermedio, mi sento sovente estraniato dai processi decisionali, di formazione delle scelte; pensa ai delegati, che lavorano ogni giorno a tu per tu con i lavoratori. Einutile nascondere: il processo unitario è in crisi, gli obiettivi non sono sempre chiari. Ti ancori ai deliberati di Montecatini, fai una fatica immane a tradurli nelle fabbriche e poi scopri cheti trovi daccapo: dicevo prima dello "0.50", della scala mobile. D'accordo, ma i lavoratori ti chiedono che cosa dice il sindacato sui processi di risrutturazione in atto, sull'orario di lavoro, sull'aumento di produttività.

"C'è una crisi di democrazia che investe tutti i gruppi dirigenti sindacali. Dicevamo prima della fiducia nei confronti del sindacato, della capacità d'iniziativa: ma tutto ciò non manca quando c'è chiarezza di scelte e di obiettivi. Ti faccio un esempio: quando ci fu la strage di Bologna o in occasione del terremoto nelle fabbriche i delegati avevano già organizzato scioperi, operazioni di soccorso prima ancora che noi dessimo indicazioni".

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INFORMAZIONE E DISINFORMAZIONE

Ormai da anni serpeggiava in Italia ciò che sta esplodendo in questo periodo, con fatti di inaudita gravità a tutti noti: la crisi della stampa e, in minor misura ma pur sempre significativa, quella dell'informazione televisiva di stato e privata. Il lettore dei giornali di informazione, di quelli di partito, dei settimanali ed anche l'utente della radio e della televisione è in genere sufficientemente colto. alla ricerca dell'informazione pura e non del consenso con una sua interezza intellettuale e critica da salvaguardare. Ciò invece non trova rispondenza da anni in Italia dove l'informazione mescola alla notizia il commento del cronista ad uso e consumo del suo imprenditore o dei partiti ai quali è legato (per lo più quelli del governo), spesso deformandola o capovolgendola

Dal dopoguerra ad oggi tuttavia sia la stampa, che soprattutto la televisione, hanno avuto il grande merito di risvegliare culturalmente vaste masse di persone, seppur su livelli appena accettabili per la seconda.

Perchè allora questa crisi di rigetto od addirittura di nausea nei loro confronti si sta sviluppano nel nostro paese?! lettori ed i radiotelespettatori, secondo me, sono maturati e stanno maturano un po' troppo, nonostante (ma forse pro-

prio per questo?) la deformazione professionale dei "mass media" cronoteleguidati che giornalmente, ma sempre meno, vediamo, ascoltiamo o leggiamo; "Quelli che dovevano essere i ricettori, gli oggetti della comunicazione sono diventati un po' troppo intelligenti: sanno persino leggere tra le righe e pesano anche le parole, i gesti e le situazioni".

Inoltre ci si è stancati dei pettegolezzi, delle feste sfarzose, della cronaca nera, e, purtroppo, anche degli scandali finanziari e dei fatti internazionali od interni, anche gravi, su cui il cittadino non può incidere in alcun modo: la stampa e la televisione veritiere dovrebbero essere un basilare legame per farlo partecipe, ma quando queste non adempiono la loro funzione, che fare?

Il cittadino è anche alla ricerca disperata di qualche notizia ottimistica, che sia significativa del bene che ognuno di noi porta dentro di sé: un'azienda che progredisce, una famiglia esemplare, un fatto altruistico, una legge equa e non punitiva per i deboli; una maggir partecipazione anche in questo settore da parte degli utenti, qualche cosa, insomma, che ci riporti alla nostra normale condizione di uomini e di donne.

Roberto Tedeschi

0:.e ricette di Caterina)

Il dio delle zecche

Il tema della rivoluzione non violenta in un'opera di Danilo Dolci, Oscar della Poesia del 1976

Su Danilo Dolci hanno scritto in molti: Cesare Zavattini, Giancarlo Vigorelli, Mario Spinella, Giuliana Saladino, Kristine Wolter, Muriel Ruleyser, Aldo Capitini, Lucio Lombardo Radice, Aldous Huxley, Johan Galtung, Giacinto Spagnoletti ed altri, talvolta equiparandone l'opera a quella di un Gandhi occidentale.

Dalla motivazione del Premio Taormina del 1975 apprendiamo che "La poesia di Dolci è quella, insolita tra noi, di un pioniere. Quasi al di là della letteratura: poesia come azione, come atto di vita, caso singolare di poesia corale e civile. La Giuria ha inteso premiare, in un'opera che riveste carattere di eccezionalità rispetto agli schemi abitualmente riconosciuti per il lavoro poetico delle nuove generazioni, un'idea della poesia come servizio, e l'appassionata testimonianza della dignità dell'uomo oggi così spesso tradita".

L'elenco delle pubblicazioni sue su di lui è tanto esteso che anche per chi l'avvicina per la prima volta la figura di Danilo Dolci si presenta subito di grandi proporzioni. La sua voce di ricercatore - educatore trova la strada per arrviare lontano, ben oltre i confini della Sicilia (dove egli conduce l'esperimento collettivo in forma maieutica) e dell'Italia, ma grazie alle traduzioni ha cittadinanza nei paesi d'altra lingua: inglese, francese, tedesco, svedese, russo, cecoslovacco, spagnolo, portoghese, norvegese, croato, polacco, rumeno, giapponese, ungherese e finlandese.

Polpettine al marsala

Per 4 persone:

4 etti di manzo trito crudo, da impastare con un poco di salsiccia, un gran cucciaio di grana grattuggiato, noce moscata e sale. Dare la forma, infarinare e friggere in molto burro bollente. Rivoltare e quando sono cotte cospargere di marsala. lncoperchiare e lasciare sul fuoco basso finchè tutta l'acquosità si è ritirata.

Ottime con una classica besciamella di latte, farina e burro.

In ordine di tempo, questo "Dio delle Zecche", edito da Mondadori precede il "Poema umano" del 1974, edito da Enaudi, Torino, che comprende liriche che partono dal 1950, mentre Laterza di Bari propone nel 1974 "Esperienza e riflessioni", raccolta di diari e studi che convergono e dibattono la rivoluzione non violenta. Le altre pubblicazioni, dal 1957 al 1973 edite da Einaudi, sono autoanalisi popolari di gruppo con appunti e documentazioni sulle realtà della zona (Partinico, Palermo) condotte con il metodo maieutico, che è la tecnica socratica che fa partorire il pensiero, lo spirito dell'interlocutore fino a portare alla luce la verità che egli ha in sè.

Naturalmente questo atteggiamento, alle antetesi con i modi del potere, è volto a costruire un diverso tipo di cultura da quello in cui molta umanità si trova impregnata. Che poi la cronaca di gusta esperienza venga redatta nella forma letteraria più diretta, più sinteticamente efficace che è la poesia, fa

sì che la si possa avvicinare per un numero più alto di motivazioni. "La poesia suscita sensibilità poetica, e nuova poesia, attorno a sè" dice lo stesso Dolci, che nella presentazione già dichiara che il senso delle pagine pubblicate vuole essere di farsi occasione, strumento di verifica e discussione in un contesto più ampio. E la lettura si rivela subito impegnativa. Già questo disgustante richiamo ai più spregevoli insetti, quelli che si nutrono del corpo altrui, lasciandovi anche nella carne stessa i segni del passaggio parassitario con i germi di malattia e di degrado, ci porta al parallelo umano, a un certo costume del vivere, a un esame sull'etica presente. L'autore ci offre dall'inizio il filo del percorso, ma non è una strada facile. Noi lettori procediamo al "nostro" passo, ci confrontiamo anche con le "nostre" esperienze, il "nostro" maturare nelle "nostre" ricerche collettive-personali intrasferibili. Ricerca; questa è la parola più pertinente al girovagare poeticoumanitario-religioso (e a modo suo fiducioso) dell'uomo Dolci e della comunità che ha condotto il seminario da cui prendono il via queste pagine. Essi interrogano e si interrogano su un Dio che non è certo quello che inventa zecche sanguigne (pag. 17) ma è un Dio che si reinventa di continuo, un dio che "diviene": ricerca, divevamo, perenne de "la causa delle cause" (pag. 24) fino all'ultima parabola. Qualche volta il dialogo si svolge tra Fautore e un interlocutore, sconosciuto a noi, ma frai due, diversi divergenti nelle reazioni, la conclusione è al di fuori di loro: "Se ami indugiare e temi/ affrontare fatiche per l'ignoto/ sentendoti arrivata/ se rinunci a procedere scegliendo/ di chiuderti nel sicuro,/ non tiposso seguire, non mi posso/ fermare - / non è tua la vita,/ non è mia, (pag. 32). Di chi sono queste vite che non appartengono a chi ne fa uso?

Molto spesso nelle parti descrittive dei componimenti misti di natura -interiorità sentiamo un sotterraneo brivido di aria smossa, non proprio un vento, ma un soffio: "inavvertite ali ti si impennano" (pag. 34) e si scorge un procedere sfaccettato fra situazioni reali e simboli. Questo affatica un po' il lettore, che vuol rintracciare il discorso di fondo, la ricerca del vero, che si scontra con differenze sostanziali: "Le strade sembrano strade/ le case/ tabernacoli/ la gente/ una famiglia di famiglie/ ma trovarci è riuscire a travalicare/ siepi di sguardi fossili/ paludi sospettose/ cataste di rot-

tami folle di fantasmi/ aridi arcipelaghi tra fragili/ lastre di chiaccio:/ esisti, forse-/ inesistenti muri ci dividono/ ancora e non ti posso/ arrivare." (pag. 76) Eh si, forse esisti, speranza ultima. Intanto "il vivere mi inorridisce/ e mi affascina/ siamo minimi microbi/ in bilico distratto/ tra disperazione e presunzione" (pag. 149) Uomo di pace è certamente Danilo Dolci, e non lui solo per fortuna sulla terra; uomini di pace sono tutti quelli che maturano costruendo (pag. 154)" e resistono:/ vince il sogno/ se riesce a liberare/ la sua materia". E ancora "la struttura del gabbiano è per il volo/ a noi urge creare,/ L'ansia eterna/ di completarci oltre/ il sapere..." (pag. 155) e "... vince.../ vince chi cerca non smarrire/ il senso della direzione/ Vince chi non si illude." (pag. 173) accompagnando l'autore fino all'ultima domanda, che è ancora una ricerca aperta sull'interrogativo della speranza: "In che discorda il Dio cui si adattano/ le zecche/ e il nuovo Dio?"

Libri ricevuti

"Lo sguardo interno" di Silo - G iovanni De Vecchi Editore - Milano, 1980. "A utoliberazione" di L. A. A mmann - Giovanni De Vecchi Editore - Milano, 1981. "Il libro della Comunità" opera della Comunità per l'equilibrio e lo sviluppo dell'essere umano - tipografia FLOMAR - Villanova di Guidonia (Roma).

La Comunità viene definita come un insieme di persone che si orienta allo studio, al perfezionamento e all'insegnamento di un sistema utile all'equilibrio e allo sviluppo dell'essere umano. Ha preso l'avvio da un discorso di Mario Rodriguez Cobos conosciuto con lo pseudonimo di Silo, pubblicato il 4 Maggio 1969 a Mendoza in Argentina. Da qui ha preso l'avvio e si è diffusa in varie parti del mondo. La sede milanese è in V. Monte S. Michele 8, Sesto San Giovanni, Casella Postale 12106. 11 19 Ottobre 1981 La Comunità ha tenuto una conferenza stampa in C.so Magenta 61, sotto il titolo "Umanizzare la Terra".

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milano 19 - pagina 14 novembre 1981
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UN ARTISTA AL MESE

In ricordo delle vittime della strage di Bologna

E io sono Maria, mia piccola bimba, e non sono scomparsa,. Mi cerchino pure, io sono nel cuore nel tuo piccolo cuore. Non sono scomparsa e nemmeno dispersa, non sono fuggita. lo sono la brezza leggera del marinaio che rientra, mia piccola bimba, sono diventata coscienza che non si può toccare.

Per chi mi vuole io sono libertà, per chi mi cerca io sono giustizia. Nessuno m'ha ucciso mia piccola bimba, io sono un'idea, un'umile idea che fa grande il lungo cammino dei giusti. Gian Pietro Testa da: Antologia per una strage Bologna 2 agosto 1980 Edizioni "Bovolenta"

4"I

I succhi di una cultura antichissima

Abita nella nostra Zona, in via Betti 34, ma proviene dal Sud: nata nelle Puglie, trasferita in Lucania e poi immigrata a Milano, Anna Mele Ludovico trasmette nelle sue poesie i succhi gli umori gli estri di una cultura antichissima. Figlia di un compositore ed insegnante di musica, ha ereditato l'armoniosità dell'espressione, che si condensa in parole di pungente significato, anche e specialmente nelle liriche brevi. Ha pubblicato nel 1960 "Piange una rosa" e nel 1981 "Invocazione", riscuotendo immediato consenso. Dal suo primo volume proponiamo due liriche particolarmente efficaci.

UN ANGELO

Non volli più tornare là. Entrando in quella casa mi sentii un albero in mezzo a tante foglie secche. Non trovavo più nessuno, l'assalto dei ricordi come un'incisione era dentro di me.

I vecchi mobili, come stanchi erano lì. con i souvenirs impolverati; come se aspettassero ancora qualcuno.

Ogni anno per le ferie tornavo a casa... passarono gli anni. Un giorno mi trovai in un giardino:

colsi due fiori e presto fui nelle vesti di quall'angelo

PIETRE Vorrei fare un ritratto sulle colline pietrose, e spargerei colori come fiori. Ritrarre la cornice: una grande casa, e ricamare la polvere in un cielo di stelle.

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SPECIALITÀ SALUMI NOSTRANI E POLLERIA

Il soprannome della piccola e deliziosa figlia di Maria Zalantai Tarolli potrebbe essere Riccioli d'oro, come per la famosissima Shirley degli anni Trenta, ed anche la madre è una donna molto piacente, pacatamente solida, emanante una dolcezza tutta femminile.

Di genitori ungheresi, è nata a Budapest durante la guerra ed è giunta in Italia con la famiglia nel 1956, stabilendosi a Milano dove aveva parenti. Ha sempre avuto il disegno come vocazione e nella nostra città ha frequentato la Scuola Serale del Castello diplomandosi in pittura a Brera con Pompeo Borra e Ilario Rossi. Iniziando la sua attività artistica, e cercando di farla coincidere con la sua vita di donna sposatasi in giovane età al pittore Giuseppe Tarolli, ha sempre preferito partecipare a collettive o concorsi a carattere sociale ed impegnato, ad esempio il Premio Sassetti "Ora e sempre Resistenza" e simili. Di questo anno, citiamo tra i concorsi nazionali il 4° premio Alassio 81 in Gennaio , ancora il 4° Premio al Trofero Click e Pennello del Gruppo Sino di Milano (Aprile), la partecipazione alla Prima Edizione della Work Area Tesio a Spoleto, in Giugno-Luglio, una importante rassegna sull'arte del secondo Novecento tra figurazione e ricerca, ed infine in Agosto una collettiva a Lugano.

Nel mese di Ottobre, in svolgimento mentre scriviamo, è stata invitata a partecipare a una rassegna intitolata "La dimensione naturale" presso la Tesio Gallery in Via Ponte Seveso 36, Milano, una esposisione dedicata a sei pittrici di forte spicco nell'area artistica contemporanea.

Le altre firme sono Milena Loconte, Marisa Settembrini, Maria teresa Di Micco (già citata su Milano 19) Gabriella Volpe, Mariangela Mastrangelo e tra esse, che presentano lavori di buon livello, Maria Zalantai si identifica per un suo piglio deciso ed autorevole nel dipingere, inteso proprio come creatività dell'immagine. Nessuna traccia di leziosità o di pedissequa copiatura del bello, troppo facile le sarebbe stato fermarsi ai riccioli o alle rosee gote della graziosa figlioletta. I soggetti della Zalantai pittrice sono lontani, quasi immemori della sua maternità, sono una realtà a sé stante. Altra caratteristica di questa artista è la versatilità, l'abilità di presentare lavori in stili del tutto differenti, ciascuno però studiato ed elaborato con la sicurezza del "finito", cioé del lavoro che sta a sé, completo ed indipendente dal lavoro precedente o successivo.

In effetti, alla galleria Tesio vediamo un originale collages dal significato quanto mai attuale di denuncia a certo esacerbato consumismo, su cui minaccia un futuro di aridità, qui espresso con l'immagine in primo piano di un grosso e spoglio tronco nero.

Poi si passa a due dipinti geometrizzanti, in cui s'intravedono soggetti paesaggistici: á case, barche, muri, tetti, comignoli, specchi d'acqua e riflessi, ogni cosa presentata come un intarsio di tasselli colorati, con tinte tenere e contrasti addolciti. Del tutto diversa è l'incisione, una tecnica in cui tutti i disegnatori provano il bisogno di cimentarsi, e qui si ha un paesaggio ben composto in forma narrativa

CORSI DI YOGA

Creatività e dinamismo

Maria Zalantai - Via Grigna 20 - Milano

Mercato Comunale - Via Chiarelli 10

Anche quest'anno, come già lo scorso anno, il Circolo U.D.I. (Unione Donne Italiane) di San Siro ha organizzato dei corsi di Yoga, che vengono attuati presso la sua sede, in viale Mar Jonio 7. I corsi, curati da insegnanti qualificati, si tengono ogni lunedì ed ogni giovedì in due turni: il primo dalle 18,30 alle 19,30 ed il secondo dalle 19,45 alle 20,45. Chiunque fosse interessato a tali corsi può chidere maggiori informazioni telefonando al numero 4039095 o rivolgendosi direttamente alla sede dell' U.D.I. di San Siro all'inizio di ciascun turno.

E inaspettatamente si passa alla visione della grande tela (80x80) intitolata "Stromboli" che ha una fisionomia del tutto autonoma. È un paesaggio con macchie o zone di colore fissate in una ondulazione orizzontale interrotta qua e là da sporgenze arrotondate. Risolve il dipinto il tono smorzato dell'insieme, ed il risalto delle linee.

Anche altri lavori della Zalantai

abbiamo visto, nei concorsi o nella sua casa, che ci hanno dato quel senso di dinamismo e, appunto la certezza della capacità evolutiva di questa imprevedibile artista, basti ricordare il suo bellissimo "Maschere" di grandi dimensioni (cm. 100x100) sul quale si apuntano le nostre preferenze in senso assoluto.

Bruna Fusi

Casa di Cura S. Siro

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(L'angolo della poesia)
4,1
novembre 1981 milano 19 - pagina 15
á

dalla prima pagina

Chi fa la spesa

una signora che stà entrando in un supermercato nei pressi di piazza Lotto - sarà! Ma io so che devo stare molto attenta. Sa che sotto casa mia ho visto i fichi d'India a 3.400 lire al chilo? Già, mi dirà lei, ma chi le dice di mangiare fichi d'India? Mangi le mele che costano meno. Come se poi me le tirassero dietro. Un chilo di mele, ossia quattro o cinque mele al massimo, costa 2.300 lire. Noi in casa siamo in sei, perché c'é pure mio suocero, che é vecchio, ma anche lui ha diritto di mangiare, se fa il conto di due mele a testa, una per pasto, mi dica lei quanto devo spendere!". Fermiamo un pensionato. La sua borsa di plastica è floscia, quasi vuota. "Scusi gli chiediamo - ma lei ce la fa o no di questi tempi". "lo ci risponde - prendo 235 mila lire al mese di pensione. Un po' di aiuta mia figlia, ma anche lei ha la sua famiglia cui badare. Prima tacevo la spesa soltanto un paio di volte alla settimana, facevo un po' il conto di quello che mi poteva servire ed alla fine mi accorgevo che ero stato un po' largo nei conti. Andava a finire che avanzavo sempre qualcosa e mi toccava buttarla via. Adesso ho cambiato sistema: esco anche due volte al giorno, così sono sicuro di comperare soltanto lo stretto necessario, e magari anche meno, e non butto via più niente. Almeno finché le gambe mi reggeranno credo che andrò avanti a fare così, poi ...".

E non sembra essere il so-

lo ad aver adottato tale sistema. Ce lo conferma anche una cassiera del supermercato: "È un accorgimento che hanno adottato in molti. Qui da noi i prezzi sono (o sembrano) meno cari che altrove e poi c'é più offerta. Se ci dovessimo limitare a contare il numero di clienti che vengono qui dentro ogni giorno dovremmo dire che non sono diminuiti, anzi! Ma guardi i carrelli! Ce ne sono di più semivuoti e io rivedo sempre le medesime facce".

Ma torniamo ai consumatori. Questa volta fermiamo un giovane sulla trentina.

Vive solo in un monolocale ammobiliato. "Non ho mai creduto al paniere per partito preso - ci dice - perché non mi fido. E guarda caso in queste settimane non ho davvero avuto motivi per cambiare idea".

"Ma il paniere offre venti prodotti ... ", azzardiamo. "E ti, paiono sufficienti - ci risponde aggressivo - sono pochi, troppo pochi, te lo dico io! E poi c'é un problema di qualità. Ho chiesto la mozzarella insistendo per avere quella a prezzo di listino e mi hanno dato quella per fare la pizza. Via, non scherziamo! lo non ho ancora capito bene perché i prezzi aumentano, ossia di chi è la colpa, ma quella vera, degli aumenti. Qui c'é uno scaricabarile continuo!

L'industriale dà la colpa al dettagliante, questo la dà al grossista ed insieme a questo all'industriale, che a sua volta la scarica sul costo delle materie prime, sulla svalutazione della lira, dei vincoli del MEC, poi tutti e tre si trovano d'accordo nel darne la colpa al costo del lavoro ... e chi lavora, alla fine, deve pagare per tutti. Una cosa

comunque posso dire con certezza: l'effetto calmieratore che sarebbe dovuto derivare dal listino non c'é stato per nulla".

Le proteste

È inammissibile che dobbiamo ancora lottare per conquistarci il "DIRITTO ALLO STUDIO". Ci è stata propinata poi, una nuova scadenza in data 15 ottobre 1981; nel frattempo conviviamo con il II° I.T.T. nella sede di piazza Stuparich, obbligando quest'ultimo a frequentare le lezioni a giorni alterni, vale a dire numerose ore di studio perse. Avendo fatto diversi sopraluoghi nella nuova sede, abbiamo constatato che anche per questa seconda scadenza, il trasferimento con relativa funzionalità di tutti i servizi, è alquanto improbabile. Mancano, infatti gli allacciamenti definitivi con la fognatura comunale e i collegamenti con luce , gas ed acqua; a ciò si aggiunge il grave problema della inagibilità didattica dei laboratori indispensabili per la preparazione tecnica. Parte della responsabilità di questa carenza va attribuita all'incompetenza dell'ufficio tecnico, autori di progetti completamente errati. Vi sono inoltre altri problemi collaterali come mezzi di trasporto e altre strutture necessarie al buon funzionamento della scuola. Pertanto esigiamo che gli organi competenti si impegnino definitivamente alla soluzione di tali problemi entro il 15 ottobre 1981, mettendo fine in tal modo a questa presa in giro. Studenti I.T.I.S.

Marie Curie e II° I.T.T.

Arriva il Vigile

ha sempre qualche pratica da verificare, da far firmare o da completare), ma che in più ha anche una radiolina con cui si mantiene in contatto con il comando. La sua mansione principale è la regolazione del traffico davanti alle scuole, nelle ore di entrata ed uscita degli alunni, ed il controllo della circolazione nelle ore di punta.

Inoltre ha da controllare un certo numero di strade, entrando magari in un bar dove strilla un juke-box, controllando una licenza, chiedendo i documenti a chi sta dietro il bancone, poniamo, di un albergo e via dicendo. In più deve passare un certo numero di ore chiuso in ufficio, seduto ad una scrivania, visto che le incombenze di carattere amministrativo continueranno a sussistere.

Non gli competono, invece, compiti di prevenzione o di repressione di reati, che sono istituzionalmente demandati ad altri organismi (Pubblica Sicurezza e Carabinieri). Certo, se vedrà commettere un reato, o scoppiare un incendio non se ne starà con le mani in mano: cercherà, nel limite delle sue possibilità, di fermare i criminali o di circoscrivere le fiamme, chiamando intanto, via radio, polizia o pompieri perché intervengano al più presto. Molto di più non potrà certamente fare, anche per la quantità di impegni di cui è gravato, ma la sua sarà comunque una presenza utile e confortante per tutta la gente.

milano 19

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novembre 1981
milano 19 - pagina 16
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