Milano 19(28)

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in questo numero

AL QT 8: ABBANDONATI A SE STESSI

A S. SIRO: ANNUNCIATA L'APERTURA DI UNA MAXIDISCOTECA

Colpo di mano all'ex cinema ALPI?

I lavori sono stati autorizzati? Da chi? Perchè non si è ascoltato il parere degli abitanti del quartiere? Chiesta dal Consiglio di Zona una ordinanza del sindaco che impedisca l'apertura.

L'INQUINAMENTO DELLE ACQUE

UN ALBERO VAL PIÙ DI UN RISTORANTE

La stampa cittadina del 13 ottobre scorso ha annunciato l'apertura, prevista per novembre, della maxidiscoteca Le Cinema in via Ricciarelli a S. Siro, ex Cinema Alpi. La notizia ci ha colti di sorpresa e ci ha lasciati perplessi anche per molti punti non chiari che la vicenda presenta. Ripercorriamone un po' la storia. Lo scorso settembre (co-

me avevamo pubblicato sul numero di ottobre del nostro giornale) una società privata aveva presentato all'apposita commissione del Consiglio di Zona 19 una richiesta di concessione edilizia per la trasformazione dell'ex cinema Alpi in discoteca. La Commissione concessioni edilizie in data 24 settembre esprimeva il suo parere, secon-

SECONDO IL PARERE DEI TECNICI

MM QT8:

Scuola: È FINITA L'EPOCA DEI DOPPI TURNI

Via Betti: UNA REALTÀ MEDICA DIVERSA

do cui (prescindendo dalla liceità o meno, dal punto di vista tecnico e dell'osservanza delle norme vigenti, della richiesta) sarebbe stato opportuno consultare la popolazione della zona ed in particolare del quartiere S. Siro prima di un eventuale rilascio della concessione, dati i probabili disagi che un tale insediamento potrebbe comportare.

la chiusura non si poteva evitare

La chiusura a partire dalla metà di settembre scorso della stazione QT 8 della Metropolitana (vedi Milano 19 n. 10, ottobre 1979. n.d.r.) ha creato un notevole malcontento tra la popolazione che usa il metro per i suoi spostamenti da casa al luogo di lavoro o viceversa e che si trova perciò obbligata a fruire di un servizio di autobus più lento e ben più affollato, data la minor capacità dei mezzi.

Ci siamo premurati di assumere informazioni presso la direzione lavori della Metropolitana per renderci conto dei motivi della decisione presa e metterci in grado di dare agli interessati una spiegazione che possa risultare plausibile.

Ci è stato dunque comunicato che quando venne attivato il tratto Lotto - QT 8 si è dovuto installare una coppia di scambi subito dopo la stazione QT 8 per permettere ai convogli di invertire il senso di marcia.

Avvicinandosi il momento di prolungare il servizio della Metropolitana fino al Quartiere S. Leonardo è necessario rimuovere tali scambi, ripristinare nella loro esatta sistemazione i binari, adeguare gli impianti di segnalamento e di sicurezza alla nuova situazione.

Ci siamo altresì premurati di avere assicurazioni che, nei limiti delle possibilità attuali, i tempi tecnici di attuazione, previsti in tre mesi, per l'esecuzione dei suddetti lavori siano rispettati, in modo che nei primi mesi del 1980 i! servizio della Metropolitana possa raggiungere il quartiere S. Leonardo.

Ferdinando Malusardi

Ne/la foto la stazione Lampugnano in fase di ultimazione. Nel piazzale antistante verrà realizzato un parcheggio con 1600 posti - macchina.

LE VENDITE FRAZIONATE

Acquisti chi può ...

Tale parere avrebbe dovuto essere sottoposto al Consiglio di Zona, che lo avrebbe dovuto discutere e votare nella seduta fissata per il 28 settembre, per poi trasmetterlo all'Amministrazione comunale. Purtroppo la seduta del 28 settembre è saltata per mancanza del numero legale. Difatti si erano presentati in Consiglio di Zona 18 consiglieri (9 su 10 del gruppo comunista. 5 su 6 del gruppo socialista, 3 su 8 del gruppo democristiano, uno dei due repubblicani e nessuno degli altri gruppi), ma il loro arrivo era avvenuto alla spicciolata. nell'arco di oltre un'ora dall'orario di convocazione. Quando gli ultimi sono arrivati, alcuni di quelli che erano giunti per primi, evidentemente stanchi di un'attesa che sembrava ormai inutile, se ne erano già andati, di modo che non si era potuto raggiungere il numero di 17 consiglieri contemporaneamente presenti necessario perché la seduta fosse valida. Così, scaduti i venti giorni concessigli dalla legge, il Consiglio di Zona ha dovuto rinviare la pratica. senza il suo parere. all'Amministrazione comunale.

UN CONTO

CHE NON TORNA

Ora facciamo un po' di conti. Il 28 settembre era un venerdi. La seduta del Consiglio di Zona è stata dichiarata non valida verso le dieci di sera. Per quanto noto gli uffici comunali non lavorano ne di sabato. ne. tantome(segue a pag. 2)

E chi non può? Dovrà andarsene per l'anno prossimo

Anche nella nostra zona questa è la prospettiva che la proprietà immobiliare offre ai propri inquilini, non ultimi quelli degli stabili di via Morgantini 19 e 21.

Si gioca alla paura di restare senza alloggio, sulla mancanza di strumenti per applicare correttamente la legge e per effettuare un serio controllo pubblico. Si gioca sulla carenza di informazione degli inquilini sui diritti che la legge attribuisce loro.

Sono problemi da affrontare con urgenza e con serietà con una mobilitazione di massa a sostegno delle iniziative parlamentari per la proroga degli sfratti, il reperimento degli alloggi necessari, l'annullamento dei ritardi e delle distorsioni nell'applicazione delle leggi, la revisione delle leggi sulla casa per chiarirne i punti di difficile applicazione ed applicabilità.

(A PAGINA 12)

NUOVA SERIE - N. 11 - NOVEMBRE 1979 MENSILE DI INFORMAZIONE POLITICA E CULTURA L. 300

dalla prima pagina

COLPO DI MANO ALL'EX CINEMA ALPI?

no, di domenica, per cui la pratica non può essere ritornata negli uffici comunali prima di lunedì 1° ottobre.

Gli annunci apparsi sulla stampa cittadina il 13 ottobre erano corredati_ da fotografie in cui risultava evidente l'avvenuta esecuzione di opere di trasformazione.

Come può essere possibile che la società costruttrice della maxidiscoteca ,abbia potuto, in soli 12 giorni, ottenere la concessione edilizia dalla amministrazione comunale e successivamente abbia iniziato e portato a termine i lavori?

Se fosse vero qualsiasi altro precedente record in materia sarebbe indubbiamente polverizzato.

O forse la proprietà aveva già iniziato i lavori prima ancora di presentare la domanda di concessione edilizia e quindi senza esserne ancora in possesso come prescritto? Magari pensava di mettere gli organismi competenti di fronte al fatto compiuto, contando poi su una sanatoria come, in altri casi, accaduto anni addietro? Ci si trova quindi di fronte ad un caso di lavori eseguiti abusivamente?

Sono interrogativi che gli abitanti di S. Siro si pongono esigendo risposte pronte, chiare e precise.

LA POSIZIONE DEL CONSIGLIO DI ZONA

Da parte sua il Consiglio di Zona 19 ha dichiarato all'unanimità, nella seduta del 12 ottobre, che si tratta di una trasformazione fatta abusivamente,

senza concessione edilizia, di un cinema che si voleva utilizzare per attività culturali in zona, dove mancano strutture di questo tipo, per cui il sindaco, dovrebbe intervenire con una sua ordinanza impedendo l'apertura della discoteca, sia in quanto abusiva, sia perchè la sua presenza nel quartiere di S. Siro sarebbe negativa anche dal punto di vista logistico, dato che in via Ricciarelli non vi sono spazi per i parcheggi necessari per attività di questo tipo. Non è certamente di una maxidiscoteca che ha bisogno il quartiere di S. Siro, dove abitano in percentuale elevata cittadini anziani, ricorda il Consiglio di Zona. Qui più del 35 per cento della popolazione è oltre l'età pensionabile ed ha bisogno di tranquillità, specie nelle ore notturne, nonchè di assistenza e di punti di aggregazione durante la giornata. Un quarto della popolazione è poi costituita da giovani, per il cui tempo libero servono attività culturali di base, impianti sportivi, centri dove incontrarsi, conoscersi, discutere ed anche divertirsi e ballare; ma una discoteca da 5 mila lire per ingresso è certamente destinata a richiamare soltanto gente cui non mancano i soldi, non i giovani del quartiere! Un'ultima considerazione, a nostro parere, ci sarebbe ancora da fare. Forse se la seduta del Consiglio di Zona 19 del 28 settembre si fosse svolta regolarmente oggi non ci troveremmo di fronte a questo tentativo di porre i cittadini di fronte ad un fatto compiuto.

P.G.T.

C~TCIRCOLO GIULIO ARCTREVISANI

Rendiamo noto che è in corso di svolgimento il III° Torneo di scacchi OPEN che si effettua ogni venerdì sera alle ore 21, presso il locale del circolo G. Trevisani.

I premi del suddetto Torneo sono stati offerti dal Sig. VAIANI Giovanni detto "IL FORMAGGIAIO", i suoi prodotti li potete trovare presso il Mercato Comunale di Via Chiarelli.

Inoltre si invita tutti coloro che sono interessati al gioco degli scacchi di intervenire nelle serate di venerdì, troverete sempre un amico per qualche partita... e perchè no un'altro torneo?

Venite, Vi aspettiamo

La nostra cucina 3.0' La Cassoeula

Sezione Scacchi

l° Trofeo Gruppo Sirio per la poesia

Il Gruppo SIRIO organizza presso la Coop. LA VITTORIA Via F. Giorgi 15 TRENNO - MI il lo Trofeo di poesia. La partecipazione è gratuita ed aperta a tutti.

I componimenti (tre per autore senza firma) non devono superare le 30 strofe e dovranno pervenire o essere consegnati entro il 30 NOVEMBRE 79 c/o la Coop. LA VITTORIA

Via F. Giorgi 15 TRENNO - MI ogni venerdì sera alle ore 21. Nella serata del 14 Dicembre 1979 sarà resa nota la giuria al momento della premiazione.

Il Trofeo G.S. per la poesia verrà assegnato all'autore o autrice che abbia ottenuto il migliore punteggio per i tre componimenti presentati.

Alcune poesie verranno declamate da attori della compagnia d'arte drammatica "L'ISTRIONE".

A tutti i partecipanti verrà consegnata una medaglia ricordo del 10° anniversario del Gruppo SIRIO.

Dosi per 6 persone: 500 gr. di costine di maiale, 100 gr. di cotenne di maiale, 1 piedino di maiale, 250 gr. di luganega, 1 kg. di verze, 1 cipolla, 3 carote, 1 sedano, 20 gr. di burro, 1 cucchiaio d'olio, brodo quanto basta, 1 cucchiaio di salsa di pomodoro, Fate rosolare il burro e l'olio con la cipolla affettata. Quando la cipolla avrà assunto un colore dorato aggiungete il piedino spaccato e lessato per 2 ore e le cotenne raschiate e lavate.

Cuocete così finché sarà tutto rosolato, quindi salate e coprite con brodo. Dopo aver bollito il brodo mettete nel tegame le costine di maiale le carote e il sedano a pezzetti. Cuocete per tre quarti d'ora dopo aver aggiunto, un cucchiaio di salsa di pomodoro diluita in acqua tiepida.

Pulite le verze, lavatene e tagliatene le foglie e mettetele a scottare in un tegame con pochissima acqua Verificate che il sedano e la carota siano cotti, mettete nel tegame le verze e la luganega tagliata. Cuocere per un quarto d'ora. Servite in un recipiente di terracotta che ne mantenga il calore.

Cronache familiari

Interpreti di queste cronache sono sempre gli stessi: mia moglie, 42 anni casalinga; mia figlia 21 anni universitaria; mio figlio 15 anni 2° liceo scientifico; io, 44 anni impiegato; e poi voi tutti, del Gallaratese e non.

LABORATORIO DI ANALISI MEDICHE

LACOMINA

DIRE TTORE Dott. Orazio leopardi

Nuove convenzione INAM

ORARIO PRELIEVI: INIZIO ORE 1,30 - 10

VIA DELLE ANDE, 5 - TEL. 3086091

MUTUE

ENPAS INADEL COMMERCIANTI ENPALS ENPDEP SIP

CARIPLO PIRELLI

"Papà, sai cos'è questo?" Levo distrattamente gli occhi dal giornale per rispondere al figlio liceale: "una sigaretta fatta a mano, mi sembra". "Ti sbagli: è uno spinello".

Di colpo non sono più distratto e mi faccio sotto: "Chi te l'ha dato?" "Davanti a scuola c'era un tizio che li distribuiva dicendo di provare che se poi volevo comprare l'erba per farlo ce l'avrebbe procurata lui".

Anche la mia metà, che ha sentito i discorsi dalla cucina, si fa avanti tutta allarmata. "Ma che cos'è questa storia? "Sarai mica matto a fumare questa porcheria

È il turno della meglio informata delle cose del mondo dei giovani d'oggi, cioè la figlia universitaria, a dire la sua: "vorrete mica scherzare delle volte, uno spinello non sarà mica la fine del mondo".

È in questo modo che il rinnovato e ingrandito problema della droga coinvolge tutta la famiglia.

Intervengo: "Avrete letto tutte le gravissime conseguenze per chi si droga: morte, pazzia sono all'ordine del giorno, basta leggere le cronache dei giornali". Tocca all'universitaria a ribattere: "Si vede che non sapete niente della realtà. Si muore per la droga pesante come l'eroina, mica per qualche sigaretta di derivati della canapa indiana, come la marijuana e l'hashish". Mia moglie non ha dubbi: "Macchè droga pesane o leggera. Sempre droga è, nemica mortale dei giovani".

"Mamma — precisa il soggetto liceale — a scuola mi hanno detto che la sigaretta di marijuana fa meno male delle sigarette che tu

fumi a ciclo continuo, anche se di tabacco del monopolio di Stato".

Rincara l'universitaria: "Eppoi adesso sono tutti d'accordo, vecchia e nuova sinistra, per liberalizzare la droga leggera. Anche i comunisti ..."

Mi s'impone un tentativo di chiarificazione: "Certo, sappiamo la grande differenza tra droga leggera e droga pesante, sappiamo che non si combatte una cosa solo vietandola (anzi!) e quindi vanno esaminate le iniziative tese a limitare le conseguenze della attuale diffusione della droga.

E tutti devono fare qualcosa ... "Già — interrompe vigorosamente la madre dei miei figli — qui si vorrebbe arrivare a mettere la droga nelle macchinette distributrici per strada, magari, oppure a consigliarne l'uso durante il raffreddore.

Poi quando si comincia con la roba leggera si finisce a bucarsi e a rotolarsi per terra in piazza Vetra tra gli spasimi e a diventare spacciatori e delinquenti.

"No, miei cari, nessuna droga deve essere ammessa in libera circolazione. E tu dammi qui quello spinello che so io dove buttarlo e poi tiro la corda due volte".

L'intervento è stato duro, senza dubbio.

Devo riprendere la parola. "Certo il pericolo di un allargamento dei consumi di droga leggera, a seguito di una liberalizzazione e con il pericolo successivo del passaggio alle droghe pesanti, esiste ed è dimostrato anche da esperienze fatte in altri Paesi".

Il fatto che un ministro liberale sia favorevole alla liberalizzazione

non è certo un elemento che spinge a sostenerla.

Qualcosa però bisognerà pur fare: assistere veramente i drogati (li chiamano tossicodipendenti, ma è anche peggio) con misure pubbliche, per esempio. Punire seriamente e severamente i grossi spacciatori. Ma il vero problema è che i giovani non dovrebbero sentire il bisogno di drogarsi, dovrebbero avere ben altri interessi che non quello di ricercare brevi e inutili paradisi artificiali. Dovrebbero credere in altre cose, nella lotta, nello studio, nel lavoro per creare una società diversa, più giusta, più bella.

E qui, forse, ci sono le nostre responsabilità come genitori, come generazione, per non aver saputo dare questa prospettiva ai nostri figli.

"Papà, forse le cose non sono proprio del tutto così: noi per esempio abbiamo lottato e lottiamo, dentro e fuori l'Università, anche se non sempre abbiamo le idee chiare": è una giusta rettifica della mia giovane statalina.

"Ehi, non facciamola troppo lunga — adesso tocca al più giovane membro della famiglia — lo spinello lo butto io nel cesso, perchè a me non mi interessa come non mi fregano le puzzolenti sigarette che fumano i tabaccodipendenti. La mia droga io ce l'ho già: "si chiama "Billy", squadra regina della pallacanestro di serie A. "Billy" olè". È la conclusione del mio giovane sportdipendente.

Luca Orsenigo

ffi
pag. 2 - milano 19

Lungo la via Diomede, al QT8

Abbandonati a se stessi

Siamo al QT 8, nella striscia sud, quella più antica, diremmo, in quel susseguirsi di viuzze che dal Lido a via S. Elia vanno ad inserirsi, come denti di un pettine, sulla via Diomede, sul lato opposto a quello lungo cui scorre il lungo muro dell'ippodromo. Sono le otto di sera. Piove, è buio. Non incontriamo nessuno per le strade trasformate in canali per l'acqua che i tombini non riescono a scolmare. Sembra di addentrarsi in un quartiere abbandonato, morto, che le auto sfiorano veloci senza penetrarvi. Poche luci brillano alle finestre. Una sola sulla strada, quella del bar - latteria al cui interno si intravedono due persone soltanto, un giovane, forse un cliente, che stancamente gioca al flipper vicino alla vetrina ed un uomo, forse il padrone, che da dietro il banco lo guarda con

aria distratta, non si comprende se nasconde l'attesa di altri clienti o che quell'unico avventore termini il suo gioco solitarib e se ne vada permettendo che chiuda.

Ritorniamo il giorno dopo per cercare di parlare con la gente. Il cielo è grigio, ma da varie ore ha smesso di piovere.

Le strade non sono più allagate, anche se qua e là permangono pozzanghere anche estese. La luce diurna non sembra però aver molto cambiato l'atmosfera. Si ha sempre l'impressione di essere capitati in un quartiere abbandonato, dove pochi passanti, per la maggior parte anziani, si affrettano per le strade quasi fossero anche loro capitati qui per caso e volessero andarsene al più presto.

Non vedo, non parlo non sento

I più sembrano non vedere, non sentire i nostri tentativi di fermarli per parlare. Tirano via diritti trapassandoci con i loro sguardi, quasi vedessero al di là di noi, come fossimo cosa incorporea. Qualcuno però si ferma, ci risponde. Ieri, ci dicono, ci sono stati due scippi, di cui uno ad una donna anziana. Un terzo tentativo è fallito per l'accorrere di due cittadini. Ma gli scippi da queste parti sono cose di ogni giorno, non fanno più notizia. Più raro invece l'intervento di qualcuno per sventarli.

"Qui — ci dice una signora — domina la paura. Sembra di vivere in uno di quei paesi dove regna la mafia. Molti si chiudono nel proprio egoismo, nel proprio guscio. Non vogliono nè vedere, nè sentire. Non si preoccupano di sapere cosa succede al vicino, senza pensare che domani la stessa cosa potrebbe capitare a I giovani

È un problema non secondario per il gran numero di anziani che abitano queste casette unifamiliari, costruite nell'immediato dopoguerra in modo affrettato, quasi provvisorio, senza fondamenta, con soltanto il piano terreno ed il primo piano, che si allineano l'una attaccata all'altra lungo le strade di questo quartiere e che, ci dicono, per circa il settanta per cento sarebbero state dichiarate inabitabili, anche se la gente continua a viverci. Anzi ci sarebbe anche chi tenta di specularci sopra. "Le hanno riscattate con due o tre milioni di lire — ci dice qualcuno — ed ora c'è chi le ha vendute per 40 milioni o anche più. Arrivano ormai a chiedere anche 50 milioni".

Perchè, si domanda qualche nostro interlocutore, il Comune non li demolisce costruendo al suo posto case popolari a più piani? Si potrebbe dare così una casa a più gente senza bisogno di ridurre il verde, che anzi dovrebbe essere valorizzato. Sarebbe inoltre un modo per rallentare l'invecchiamento della popolazione del quartiere.

I giovani che si sposano non sarebbero più costretti a cercarsi una casa altrove o, non trovandola, ad adattarsi a convivere con i genitori in spazi spesso insufficienti.

Se nello stesso tempo si creassero punti di incontro e, di svago giovani o non più giovani, sposati o no non sarebbero costretti ad andarli a cercare altrove od a chiudersi in casa, incollati davanti al televisore. C'è una realtà che spiega molte cose.

loro. Se per caso sono testimoni di uno scippo o di un qualsiasi altro di violenza fingono di non vedere. Vanno a rifugiarsi nel chiuso delle loro case, preoccupati soltanto di salvare se stessi" È un quartiere che non offre niente.

Scarseggia anche di quei tradizionali punti di incontro che sono i negozi. Esisteva una sola drogheria, ma è chiusa dalla fine di giugno ed il padrone si è cercato un altro lavoro. la macelleria è chiusa da più di un anno. "Per fare la spesa — ci dice una donna già anziana — devo andare fino al mercato comunale, oltre la stazione della metropolitana. È un bel fastidio, specie d'inverno quanco c'è la neve, perchè qui nessuno si sogna di venirla a spalare, aspettano che la neve la sciolga. E anche senza neve non è che sia piacevole far tutta questa strada quando si è vecchi e non più in gamba".

Qui, a ridosso di impianti per lo sport - spettacolo a livello europeo, mancano attrezzature per la. pratica sportiva, manca una palestra, non ci sono nè un cinema, nè, tantomeno, un teatro, un luogo di dibattito od altro.

"Sono carenti — ci dice una madre — anche le strutture della scuola elementare, dove manca persino un tavolo su cui i bambini che frequentano il doposcuola possano appoggiarsi per i loro giochi o per i loro piccoli lavori.

L'alternativa sono i prati, che per il vero qui sono abbastanza estesi, ma trascurati e troppo spesso meta di adulti che ne fanno il campo di azione di esibizioni erotiche e di tentativi di violenza o di giovani che tentano di sfuggire alla disperazione ed all'emarginazione cercando rifugio nella droga. Le siringhe si trovano ormai un po' dappertutto, non soltanto nei prati, ma anche nelle strade, o nel giardino di fronte al Consiglio di Zona. È una piaga che va sempre più estendendosi e che generosi

tentativi, che pur qui vi sono stati, non sono finora riusciti ad arginare.

"La droga costa — dice qualcuno — e chi non ha soldi va a far gli scippi per procurarseli". È il discorso della violenza e della paura che riemerge. "Ci vorrebbe una pattuglia fissa dei Vigili o della Polizia — aggiungono altri — ma qui non se ne vedono mai. È come se fossimo abbandonati, isolati".

Certo, è giusto chiedere alle autorità preposte che facciano il

loro dovere per salvaguardare la libertà ai cittadini di circolare per le strade senza timore. Ma non basta chiedere. bisogna anche agire.

La violenza, la paura. l'isolamento si vincono uscendo dalle case, circolando per le strade. incontrandosi. parlando. creando, in poche parole. una vita associativa. E tutto questo non può essere fatto che dagli abitanti stessi del quartiere ciascuno uscendo dal proprio guscio.

dal guscio milano 19 - pag. 3
Uscire
se ne vanno

Un tempo neppur tanto lontano, diciamo nella prima metà di questo secolo, quella che oggi è la Zona 19 sembrava un grande giardino. Oltre che nelle aree ancor oggi agricole di Figino e di Trenno, gli orti si estendevano ricchi di vedure e di frutta a Lampugnano e dove ora sorgono i quartieri S. Siro, Harar, QT 8 e Gallaratese. Mille rogge formavano una fitta ragnatela portando ai campi la loro linfa vitale: l'acqua, mentre l'Olona con le sue acque allora chiare e ricche di pesci tagliava in due queste terre.

Poi sono venute l'industrializzazione e l'urbanizzazione selvagge. L'Olona è diventata il fiume più inquinato d'Italia, una fogna maleodorante ed è stata nascosta in un percorso

sotterraneo. Il cemento si è mangiato gli orti e le rogge sono rinsecchite.

Così anche per la nostra zona è venuta la sete ed il processo di decadimento ecologico del suo territorio non sembra arrestarsi, anzi... recentemente cinque pozzi sono stati chiusi per inquinamento da solventi clorurati.

Fino a quando si deve subire questo processo?

È possibile arrestarlo? Si può porre rimedio ai danni che ha già arrecato? Si possono evitare nuovi danni? Come? Sono interrogativi drammatici cui urge dare delle risposte precise e risolutive.

Sull'inquinamento delle acque a Milano

In una approfondita relazione sull"'Inquinamento della falda acquifera sotterranea milanese e i provvedimenti conseguiti", tenuta nell'ottobre del 1978 al Consiglio Comunale dall'Assessore all'Ecologia, dr. Ercole Ferrario, si affermava: "A distanza di tre anni dalla scoperta dell'inquinamento della falda freatica, cui attinge l'acquedotto di Milano, da solventi clorurati (l'inquinamento da cromo esavalente ha ormai superato i 15 anni) ... La vastità del fenomeno travalica i limiti territoriali del capoluogo lombardo e, con certezza, interessa ormai all'interno del bacino Adda - Ticino una popolazione intorno ai quattro milioni di cittadini e la maggiore concentrazione industriale della penisola ... La vastità del fenomeno raggiunge dunque la proporzione di problema nazionale". Sul piano cittadino l'Assessore puntualizzava che per i tipi di inquinamento, per "la condizione geologica del territorio, l'accumulo certo pluridecennale delle sostanze inquinanti, la difficoltà o meglio l'impossibilità di affrontare in modo radicale la bonifica del sottosuolo, per evidenti motivi, inducono a ipotizzare il risanamento della falda in tempo assai lunghi, probabilmente decenni-

Di cosa stiamo parlando? Del disastro idrogeologico di Milano e delle conseguenti difficoltà a far fronte ai crescenti bisogni idrici della nostra città, che assommano oggi a quasi mezzo miliardo di metri cubi all'anno. L'Acquedotto municipale preleva e distribuisce alla cittadinanza, con i suoi 548 pozzi (dei quali però 167 sono fuori uso perchè inquinati), oltre 300 milioni di mc all'anno di acqua, i privati con i loro 600 pozzi ne estraggono oltre 150 milioni all'anno, prevalentemente per gli usi industriali. Per questi crescenti prelievi la falda freatica a Milano si è abbassata di 20 metri in soli venti anni. Per cui il prelievo dell'acqua avviene a profondità sempre maggiori, anche e soprattutto per l'inquinamento, le acque di profondità sono però più "dure".

L'INQUINAMENTO DELLA FALDA

Le prime rilevazioni, fatte nel luglio 1963, rivelarono la presenza del pericolosissimo cromo esavalente in 107 pozzi. Tale numero è rimasto invariato sino alla fine del 1976; l'anno scorso questo tipo di inquinamento aveva raggiunto 167 pozzi, dei quali 107 sono in "spurgo" e gli altri sono stati chiusi perchè irrecuperabili.

La zona più colpita della falda cittadina da cromo esav. è rappresentata da una larga fascia verticale centro - orientale, dato che il flusso delle acque sotterranee avviene da Nord NordOvest a Sud Sud - Est.

Per quanto riguarda l'inqui-

PROBLEMA DELLE ACQUE

Occorrono gruppi di lavoro

Programma scientifico

Nell'ambito delle attività istituzionali di pianificazione del territorio e dell'ambiente, che fanno riferimento alla Regione ed ai Comuni, si ritiene utile un'attività integrativa locale, con maggiori approfondimenti conoscitivi di singole problematiche che toccano più da vicino la sensibilità delle popolazioni.

La raccolta è valutazione dei dati a livello locale potrà così contribuire ad ampliare la partecipazione sociale alla risoluzione dei problemi, mediante forme di corresponsabilizzazione nelle scelte.

Sulla base delle prime indicazioni emerse, i possibili settori di attività potrebbero essere i seguenti:

namento delle acque di falda nel milanese da solventi clorurati (tricloroetilene, tetracloroetilene, cloroformio, metalcloroformio, tetracloruro di carbonio), la contaminazione è stata rilevata a partire dal maggio 1975. I tecnici indicano per perdite di serbatoi, ma soprattutto per gli scarichi indiscriminati nel sottosuolo attraverso i pozzi perdenti. Ancora recentemente il Presidente della Provincia, Roberto Vitali, ha pubblicamente denunciato l'esistenza di 15 mila scarichi nella Provincia di Milano, sui quali non è stato ancora possibile attuare i controlli che pur avrebbero potuto essere realizzati.

Tuttavia, di fronte a questa allarmante situazione l'Ufficio d'Igiene e sanità del Comune, in stretta collaborazione con la Direzione del Reparto Chimico del Laboratorio d'Igiene e Profilassi, dal 1975 ha iniziato una indagine sistematica mai effettuata prima di allora, mediante l'analisi delle acque di ogni singolo pozzo di tutti gli impianti del Civico Acquedotto; per individuare ed escludere immediatamente dall'erogazione i pozzi che presentavano un inquinamento elevato e cioè superiore ai livelli indicati dalla Commissione, comprendente esperti docenti universitari, istituita appositamente dal Comune di Milano.

CONTROLLI DELLE ACQUE

E NUOVI

IMPIANTI

Il primo risultato di questa indagine sistematica, durata dieci mesi ed effettuata con periodici prelievi e analisi, fu l'esclusione immediata di 69 pozzi dall'erogazione di acqua e successivamente di altri 27 pozzi, tutti inquinati da solventi clorurati. Il secondo fu la graduale costruzione di una mappa dell'inquinamento della falda.

Quindi a partire dal luglio

1977 la Divisione Acquedotto dell'uff. Tecnico aveva avviato l'opera di recupero di gran parte

dei pozzi inquinati, mediante lo spurgo di molti di essi. Un altro risultato fu che il Civico Acquedotto mise in atto, nell'ultimo triennio, una serie di studi e di tempestivi provvedimenti per garantire l'approvigionamento (nel '77 la stampa agitò il pericolo di una "grande sete" che andava profilandosi per Milano) di acque potabili per la nostra città, attraverso la programmazione delle opere necessarie. Fu realizzata la posa di decine di km di tubazioni per distribuire in modo più equilibrato, tra zone ricche e zone povere, l'acqua potabile in città.

Fu anche avviata la realizzazione di tutta una serie di nuovi impianti di pompaggio e di sollevamento delle acque occorrenti, e la perforazione di una cinquantina di nuovi pozzi (tra i quali l'impianto di via Novara con 22 nuovi pozzi). L'Acquedotto ha inoltre avviato una serie di studi e di indagini per approfondire la "conoscenza dei fenomeni di inquinamento risalendo anche all'origine degli stessi".

Nell'ambito del Consorzio Acquedotti delle Provincie, con l'Uff. Geologico, nel corso degli ultimi anni è stata messa a punto una originale metodologia per la ricerca delle fonti inquinanti che ha preso il nome di indagine "idrogeochimica", per il suo carattere di ricerca interdisciplinare tra le metodologie chimiche e geologiche.

STATO E REGIONE DEVONO INTERVENIRE

Nonostante questo forte impegno del Comune e della Provincia di Milano, l'Ass. Ferrario avvertiva che "Il fenomeno dell'inquinamento della falda acquifera milanese da solventi clorurati è in continuo peggioramento e richiede interventi urgenti e onerosi, in quanto nella situazione attuale è prevedibile che a breve scadenza non sarà possibile assicurare un regolare approvvigionamento idrico della

città''. A questo proposito, egli affermava che il fenomeno dell'inquinamento milanese "resta ... pressoché unico a livello mondiale-. Ferrario non mancava di indicare, nella sua relazione, precise responsabilità politiche che restano "assai gravi per le condizioni in cui oggi la popolazione milanese viene a trovarsi", anzitutto per i "ritardi e le carenze delle leggi". L'ennesimo slittamento dell'entrata in vigore della legge "Merli" sulla tutela delle acque resta una amara conferma dell'isolamento in cui oggi si trovano ad operare gli Enti locali per la pratica insensibilità dello Stato e, per quel che ci riguarda, della Regione Lombardia verso i problemi dell'inquinamento e dello sperpero di beni comuni come le acque. Ferrario evidenziava, giustamente, come il Comune di Milano è il primo che ha iniziato questa opera di bonifica, e in considerazione della dimensione nazionale del problema "non è accettabile che i non indifferenti costi, sia per gli impianti, che per la sperimentazione ... gravino sulla comunità locale. Perciò, concludeva nella sua relazione l'Assessore all'Ecologia, vi è l'urgente "necessità" di intervento diretto degli organi centrali dello Stato (Ministro della Sanità. Ministero dei lavori pubblici, Governo) per il coinvolgimento nelle ricerche e nella sperimentazione, insrenti ai problemi dell'inquinamento dell'acqua potabile, del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell'Istituto Superiore della Sanità".

Di fronte a questo problema dell'acqua potabile, primario per tutti i milanesi, è necessario che anche i cittadini della nostra Zona facciano sentire la loro opinione, attraverso questo giornale e alla "Consulta per la lotta all'inquinamento" costituita nella scorsa primavera presso il Consiglio della Zona 19.

nella foto la centralina in via Cimabue dell'acquedotto comunale

- ricupero cave abbandonate, discariche e zone degradate in genere, restauro fontanili e loro inserimento nelle aree verdi sociali, - restauro delle cascine più interessanti ed ipotesi di utilizzazione sociale, - rilevamento rete corsi d'acqua, anche minori (esempio: canali di irrigazione) e problemi di conservazione, rilevamento della quantità e qualità dei rifiuti urbani ed insustriali prodotti nel comprensorio e problemi connessi alle attuali forme di smaltimento, - rilevamento industrie insalubri e loro classificazione conforme alle vigenti disposizioni (Vds. circolare Assessorato regionale Ecologia), rilevamento, in collaborazione con l'Assessorato regionale alla Ecologia, di alcuni fenomeni di inquinamento atmosferico ed acustico più rilevanti, - rilevamento delle forme di agricoltura residuale ed ipotesi di un loro consolidamento per l'equilibrio ecologico del comprensorio. Per ciascuno di questi settori, è necessario sviluppare un programma di attività mediante schede specifiche.

Prima di procede in questa analisi, occorre peraltro verificare la disponibilità delle forze locali a costituire singoli gruppi di lavoro, ciascuno con un responsabile e dei compiti precisi.

Identificata tale disponibilità, il programma di ciascun gruppo verrà steso mediante discussione con il coordinatore scientifico.

A milano 19
ABBONATEVI
pag. 4 - mino 19

Vietnam: alle origini del dramma dei profughi

Pubblichiamo in questo numero la seconda parte dell'articolo di Anna De Vita Moiraghi, che analizza le cause che hanno portato gli ultimi sviluppi della situazione indocinese. Nella prima parte è stato fatto un quadro della situazione sociale ed economica del paese

La politica di unità nazionale, basata sul consenso e perseguita dal governo vietnamita dopo la fine della guerra, cioè convincere la borghesia speculativa ad investire in imprese produttive, convincere i contadini inurbati a tornare nelle campagne si è scontrata con una indifferenza divenuta, con l'aggravarsi inevitabile delle condizioni di vita, ostilità.

La borghesia speculativa traeva concreti vantaggi dalla dipendenza coloniale, non aveva più interesse all'unità nazionale. Quì sta uno dei motivi, anche se certo non l'unico, della scelta di fuggire dal paese. Come si vede è impossibile parlare del tragico problema dei profughi senza considerare anche la drammatica condizione di un paese uscito stremato e semidistrutto da una lunga guerra di liberazione; è impossibile parlarne senza riportare sul banco degli imputati il colonialismo americano e i regimi fantoccio che esso aveva creato. Una parte dell'opinione pubblica mondiale che ieri taceva di fronte al genocidio, oggi lancia grida isteriche per un dramma nel quale cerca, come sempre, un vantaggio politico immediato. Non è possibile parlare del ritorno forzato della popolazione vietnamita al lavoro agricolo senza ricordare le responsabilità di chi ha svuotato le campagne violentando la natura e la cultura di un popolo; senza ricordare chi ha voluto, in un paese povero e contadino, metropoli assurde, centri di degenerazione civile e morale, di consumo che un'economia povera, non più sorretta artificialmente dal dollaro, non può più sostenere.

SCONFIGGERE LA POLITICA

DI GUERRA

Perchè la realtà, e i Paesi Occidentali sembrano averlo dimenticato, è che il Vietnam è un paese povero, che accanto al pesantissimo problema dell'unità nazionale, ricucire cioè lentamente le lacerazioni, le divisioni, le storture prodotte dalla barbarie coloniale, deve affrontare il non meno e urgente problema dell'alimentazione, della salute, dell'alfabetizzazione. Per questo il popolo vietnamita avrebbe bisogno di maggior aiuto e solidarietà da parte di tutti i Paesi, anche di quelli che hanno maggiormente contribuito a determinare la situazione attuale.

La realtà è invece che contro il Vietnam si fa una politica di guerra: l'embargo degli USA è un atto di guerra, con la Cambogia e la Cina vi è stata una guerra. L'intellettuale cattolico Ranie-

ro La Valle ha scritto su Rinascita che di fronte al dramma dei profughi, il primo problema è di salvarli uno per uno, ma il problema immediatamente successivo è come evitare che questa situazione si produca.

L'esistenza dei profughi è la conseguenza di tre crisi:

Quella dei rapporti del Vietnam, come Paese del terzo mondo, con i Paesi industrializzati. Nel caso vietnamita, questo Paese viene tenuto in una situazione di isolamento internazionale e di discriminazione:

Quella del conflitto CinaVietnam, essendo la maggioranza dei profughi di origine cinese. Il terzo problema è costituito dalle difficoltà dell'attuale regime vietnamita, che si è affermato militarmente, in una situazione economica drammatica, conseguenza delle guerre di liberazione con la Francia prima, con gli USA e. per ultimo, con la Cina popolare.

SOLIDARIETÀ PER IL

POPOLO VIETNAMITA

Se dunque si vuole affrontare in modo serio e non strumentale il problema dei profughi e si vuole agire sulla sua radice credo si debba intervenire su questi punti: Ripresa delle relazioni diplomatiche dei paesi industrializzati con il Vietnam socialista ed un sostegno economico al paese.

- Operare per la pace tra Cina e Vietnam considerando questo tema non come fatto interno ai Paesi socialisti ma come uno dei più grossi punti di crisi del processo di distensione internazionale.

Esercitare tutta l'influenza possibile sul Vietnam perchè in esso possa svilupparsi il processo politico di riunificazione e ricostruzione con il massimo consenso popolare.

- Promuovere in accordo con il governo di Hanoi e con il controllo dell'ONU un piano per la soluzione globale del problema dei profughi.

Ciò deve significare per i democratici in Italia e nell'Occidente, un impegno più generale per l'avvio di un'ampia cooperazione per lo sviluppo economico vietnamita, una rinnovata fase di solidarietà con il Vietnam e il suo popolo, capace di aggiungere nuove costruttive pagine a quelle passate dell'appoggio internazionale alla lotta del Vietnam per l'indipendenza, un passato del quale andiamo e andremo sempre orgogliosi".

(La prima parte è stata pubblicata sul numero 10 di Milano 19)

MONTE STELLA

Un albero val più di un ristorante

Lettera aperta del Presidente del Consiglio di Zona 19 al Corriere della Sera ed a tutta la stampa cittadina

Al direttore del Corriere della Sera

Al Capo cronaca del Corriere della Sera

Alla stampa cittadina

Egregi signori, leggo sul "Corriere della Sera", in cronaca, il 13 agosto 1979, il titolo a tre colonne "A due passi dal centro c'è la montagna ma manca la strada per salire in vetta", preceduto da un occhiello che recita: "In singolare abbandono la riserva verde del Monte Stella".

Ora vorrei aprire la polemica in almeno due direzioni: la prima è con chi ha scritto l'articolo; la seconda con qualcun altro che forse da dietro le quinte schiaccia bottoncini e tira fili. E magari anche una terza con [Amministrazione pubblica; ma non quella dei politici. bensì quella delle leggi, leggine, procedure, timbri, visti, pareri di conformità, bandi, appalti, aggiudicazioni, che, quasi labirinto, è destinata a fare eseguire le decisioni generali, i piani, i progetti. E gli operatori comunali che devono usare tali strumenti non ne hanno colpa, o al limite è a loro attribuibile in percentuale non quantificabile, comunque trascurabile.

Mi spiego: Prima polemica: trattando, sia pure in agosto, un problema che riguarda un aspetto importante dell'assetto urbano (un parco cittdino e quale parco, con quale storia; domando la conosce l'articolista?) occorre essere informati: c'è un Assessorato al verde parchi e giardini; c'è una Ripartizione parchi e giardini il cui responsabile è un tecnico riconosciuto validissimo nel settore; c'è — guarda caso — anche un Consiglio di zona (in linea d'aria a 5 - 600 metri dalla base) della collina. E tutti questi "servizi pubblici" sono aperti in agosto e pronti a dare informazioni.

La favola

Se non si adoperano queste, si eserciterà sempre il diritto di informazione, ma solo a livello di "pezzo di colore un po' smunto" tipo anni '50 quando qualcuno insegnava il mugugno e non la critica.

Ci venga a trovare in Consiglio di Zona l'articolista e saremo, i consiglieri ed io personalmente — che lo presiedo — contenti di chiarire, spiegare, documentare.

Se no il sasso in piccionaia non serve a nessuno.

E un altro invito faccio all'articolista: perchè non riprendiamo l'argomento partendo dalle proposte e dagli investimenti che il Consiglio di Zona, ma anche l'Amministrazione comunale stanno facendo nella zona per il verde? (Monte Stella, Parco di Trenno, Parco Ovest. Cascine?)

Seconda polemica: nell'articolo, alla terza colonna, ultimo capoverso si legge: "Le proposte per trasformarla sono diverse: campi da gioco, un ristorante - belvedere, un anfiteatro per migliaia di persone, un parco divertimenti, una pista artificiale per lo sci".

A parte il fatto che se tutte queste idee venissero attuate (con relativi servizi necessari: strade, parcheggi, fognature, acqua, elettricità, gas, telefono e mi fermo) non solo il bosco consolidato, non solo quello in formazione (dal 1976 è in corso una regolare piantumazione e sistemazione continua della collina) ma tutto il Monte Stella verrebbe sconvolto e addio parco. Forse sarebbe un "parco divertimenti" per una piccola elite, ma la sua funzione di polmone verde per la città - anche nelle sue dimensioni non grandi - cadrebbe.

E poi quelle proposte (compresa una pista per motocross. che lo ha dimenticato) dal 197 '74 sono state bocciate dai

ragazzi della zona: le loro proposte sono scritte su un grosso registro. E i ragazzi delle scuole pensavano al verde. ai prati, alle piante, al gioco libero, in alter nativa a i giochi degli adulti che selezionano in base al censo non bisogna essere grandi rivoluzionari per essere d'accordo con i ragazzi e con le loro proposte. nè risalire a Robespierre e al discorso del marco d'argento (che lei sicuramente possiede).

Ma quanto lei scrive lo sentiamo ripetere ogni anno regolarmente. Cambiano le facce. ma i contenuti sono gli stessi. Terza polemica: le leggi e i regolamenti così come sono oggi fanno comodo a chi vuol fare della città, del suo territorio, quello che gli interessa. in nome unicamente del profitto. Tali leggi e regolamenti vanno modificati e la Amministrazione di Milano con una delibera del luglio scorso ha posto una prima pietra in questa direzione.

Noi dei Consigli di Zona ci auguriamo. come tutta l'Amministrazione, di potere con l'anno prossimo rendere operante questa piccola riforma; allora i piani ed i progetti avranno la possibilità di essere realizzati più alla svelta.

Ma le ricordo - per tornare in collina - che far crescere una pianta è più lungo e ci vuole più costanza che fare un ristorante - belvedere o un parco divertimenti; perchè le piante sono come gli uomini.

La ospiteremo volentieri in Consiglio di Zona 19 per parlare di questo e di altro, in particolare della gente della Zona 19 e di Milano e di quello che questa gente vuole.

La rigrazio e saluto distintamente.

Danilo Pasquini Presidente del Consiglio di Zona 19

milano 19 - pag. 5

UN IMPEGNO PER IL CONSIGLIO DI ZONA

Garantire ai cittadini risposte concrete

Un anno di lavoro dell'organismo di decentramento politico - amministrativo della nostra zona in una relazione del suo presidente - 24 sedute, 100 riunioni di commissioni, 7 assemblee popolari in 12 mesi

Quanto e quale lavoro ha svolto il Consiglio di Zona 19 in un anno di attività? A questi interrogativi hanno risposto, nella seduta alla ripresa autunnale dei lavori il presidente ed il segretario del consiglio stesso.

Nella sua relazione relativa all'attività svolta a partire dall'approvazione del programma votato il 7 settembre 1978 il presidente Danilo Pasquini ha ricordato che la guida politica del Consiglio di Zona voluta da PCI, PSI, PSDI e PRI non ha avuto, se non su singoli problemi, il contributo degli altri partiti, DC, DP e PLI. Questo fatto, ha detto, ha reso forse in alcuni momenti acuto il dibattito ed il confronto, per altro sempre ricco di spunti, proposte e buona volontà, che ha consentito il conseguimento di due punti programmatici fondamentali: la costituzione del Comitato permanente antifascista per la difesa dell'ordine repubblicano e la stesura del primo bilancio finanziario di previsione per il 1979.

Tra l'altro lavoro svolto in un anno ha poi ricordato l'elaborazione e le osservazioni al P.P.A. del P.R.G., la promozione e la costituzione della Consulta intercomunale per la difesa dell'ambiente, l'ultimazione della ristrutturazione del Centro culturale comunitario di Trenno, l'acquisizione della palazzina di piazza Segesta per il Centro anziani di S. Siro, la sistemazione della scuola materna di via Ojetti e la sua conseguente disponibilità della scuola di via Betti 39 per l'insediamento di servizi sociali, la definizione della questione della Cascina Cottica, l'apertura del cantiere dell'asilo nido di via Cechov, l'ultimazione dei progetti di ristrutturazione delle case di via Pinerolo, la terza edizione della 2 Giorni con lo Sport, le manutenzioni al S. Leonardo, il prossimo inizio dei

lavori di costruzione degli impianti sportivi di via Cilea, l'a-

pertura del Consultorio di via Albenga, ecc.

Con la gente, per la gente

Anche vedendo partire tutti i lavori per tutte le opere previste, ha aggiunto, l'azione del Consiglio di Zona non sarà utile ed efficace se esso sarà in grado di operare con gli uomini che nella circoscrizine vivono, lavorano, studiano per dare una risposta ai problemi degli anziani, della droga, dell'occupazione giovanile, del tempo libero, dell'emarginazione, dell'inquinamento, della salute dei cittadini, della convivenza civile, della qualità della scuola. Si deve far quindi in modo che il dibattito e le iniziative su tali temi non si risolvano all'interno delle commissioni, nel chiuso delle sale di riunione, ma vengano portati al di fuori di esse, tra la gente. Quali impegni dunque deve assumersi l'organismo del decentramento politico - amministrativo? Realizzare il bilancio 1979 e attuare un'intensa attività

finalizzata al rapporto con i cittadini. Definire con le amministrazioni comunali e provinciali l'uso e la gestione degli spazi e del verde esistenti nella Zona, aprendoli al territorio per farne luoghi di vita comune, di confronto e di crescita generale.

Quali sono i rapporti con l'amministrazione centrale? Con alcuni settori dell'apparato tecnico amministrativo non si è ancora raggiunta una sintonia, specie con l'Assessore all'edilizia privata, con le leggi che impongono tempi troppo lunghi dalla progettazione all'apertura dei cantieri, con l'Ufficio tecnico comunale per accellerare la sua capacità di progettazione, con la Ripartizione e l'Assessorato alla sanità perchè riduca i tempi nell'attuazione delle proposte della zona ed infine con l'Edilizia popolare per la realizzazione della 167.

Il problema della droga

Continuando nella sua relazione Pasquini ha sottolineato che il Consiglio di Zona non può fermarsi alla sola gestione della sua politica circoscrizionale, ma deve avviare un dialogo ed iniziative concrete su problemi urgenti quali il "caro vita", promuovendo un comitato che possa orientare il consumatore, la questione tributaria, chiedendo la costituzione del Consiglio tributario, le case popolari, l'equo canone e la casa, essendo ormai troppi gli sfratti esecutivi che colpiscono anziani, pensio-

nati, lavoratori a reddito fisso e giovani in cerca di casa. Ancor più drammaticamente urgente è il problema della droga che va affrontato innanzitutto come strumento politico che, così come la guerra, la disoccupazione e l'ignoranza, mira ad uccidere le nuove generazioni, non soltanto fisicamente, ma anche, ed in primo luogo. psicologicamente, politicamente e nelle loro volontà di lotta e di rinnovamento. La questione droga, ha sottolineato Pasquini, si risolve applicando leggi come

quella della Riforma Sanitaria, che non ha ancora fatto un passo a nove mesi dalla sua entrata in vigore. Applicandola, convincendo gli operatori sociali e sanitari ad uscire da un professionalismo a volte burocratizzato, denunciando all'opinione pubblica quei politici che non si esprimono, ma scelgono l'equivoco e quei politologi che inventano teorie possibiliste e nichiliste si può sconfiggere l'uso della droga e recuperare quanti ne sono vittime.

Volgendo al termine della sua relazione il presidente ha ricordato che se il decentramento accosta il cittadino alle scelte, se esso significa riforma e decentramento dello Stato, se con le elezioni a suffragio universale dei Consigli di Zona, previste per il 1980, si vuol far partecipare sempre più vasti strati di popolazione alle scelte è necessario chiedere un salto di qualità anche agli operatori comunali, dai quali si è detto certo giungeranno non soltanto segnali, ma volontà positive in questa direzione; "Sarà possibile allora - ha aggiunto - garantire ai cittadini risposte alle loro istanze, rapide e concrete".

La parola alle cifre

Mettendo in cifre l'attività dell'organismo del decentramento

politico amministrativo il segretario Carlo Barozzi ha dato lettura ad un rapporto da cui risulta che nel periodo dal lo gennaio al 31 dicembre 1978 il Consiglio di Zona 19 ha tenuto 24 sedute, di cui una soltanto non valida, che hanno visto la partecipazione del 62,14% dei consiglieri nelle sette in cui essi (fino al giugno 1978) erano venti, e del 66,15% quando i consiglieri sono saliti a 32.

Nello stesso periodo di tempo si sono avute 20 riunioni di capi gruppo, 27 di commissioni facoltative e un totale di 100 riunioni delle nove commissioni permanenti (22 cultura - sport, 20 pianificazione territoriale, 18 Educazione, 14 Concessioni edilizie, 12 Igiene - sanità, 8 Casa, 3 ciascuna Bilancio e Lavoro - problemi sociali, zero la commissione Commerciale), nonchè 7 assemblee popolari.

Da queste cifre emerge, a nostro parere, un dato importante: con il trasferimento ai Consigli di Zona di maggiori poteri, avvenuto contemporaneamente all'aumento del numero dei consiglieri, è aumentato percentualmente il numero delle presenze. Questo ci fa ben sperare per il funzionamento degli organismi del decentramento politicoamministrativo, quando saranno eletti a suffragio universale e dotati di poteri ancor più ampi.

NELLE SCUOLE DELLA NOSTRA ZONA

È finita l'epoca dei doppi turni

Eccedenza di aule nelle scuole materne ed elementari Å Un liceo classico nella zona - Come va la sperimentazione? - Perchè non aprire un istituto agrario? - I rapporti tra Consiglio di Zona e Distretto scolastico.

L'anno scolastico ha avuto inizio nella nostra zona, come del resto in tutta Milano, senza quei tragici problemi di mancanza di spazi e di strutture, di doppi e di tripli turni, che ci erano familiari negli anni scorsi, (specie prima del 1975) e che ora sono soltanto un brutto ricordo non solamente perchè da due anni a questa parte l'afflusso della generazione del boom demografico si è stabilizzato, anzi registra una flessione e quindi una riduzione della "popolazione scolastica", ma anche e soprattutto perchè, nonostan-

te le enormi difficoltà finanziarie dell'ente locale, in questi ultimi quattro anni si sono realizzate sedi sufficienti per ospitare tutti, passando anche dal superaffollamento di aule stipate fino a 35 alunni alla situazione di oggi, con una media che è inferiore ai 25 alunni per classe. Tutto questo mentre le generazioni più numerose (il massimo delle nascite si è registrato tra il 1958 ed il 1965) non hanno ancora finito il loro ciclo scolastico e frequentano ancora le scuole medie superiori.

Ma quale è con precisione

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IL PROBLEMA DEGLI HANDICAPPATI

Gli insegnanti ci sono, mancano gli assistenti

Alla scuola media Cozzi di via Uruguay, sono stati rifiutati due handicappati. Perchè?

Con il titolo "Rifiutati dalla Cozzi" due alunni handicappati "il Corriere della Sera del 25-979 definisce in modo impreciso, un grosso problema quale quello dell'inserimento dei ragazzi handicappati nella scuola dell'obbligo, in questo particolare caso nella scuola media inferiore "Cozzi" di via Uruguaj, al quartiere Gallaratese. Lo stesso articolo inoltre informa che "gli esperti hanno tuttavia ampiamente chiarito che questo - cioè il dare la colpa della difficoltà di un'adeguato inserimento di alunni handicappati alla mancanza di strutture - può essere soltanto un alibi, perchè in realtà, soprattutto la scuola dell'obbligo è già per legge "strutturata per rispondere ai bisogni dell'alunno quindi anche degli handicappati". Il problema in realtà è più complesso di come lo facciano apparire giornali quali il Corriere. Parlando con la signora Moneta, preside della media Roberto Cozzi, con il presidente del consiglio di istituto e il presidente dell'assemblea dei genitori della stessa scuola, siamo infatti venuti a sapere che in essa ci sono già dieci alunni handicappati fra cui due miodistrofici gravi, costretti perciò alla carrozzella e uno spastico. In particolare i due ragazzi miodistrofici hanno bisogno di cure e attenzioni costanti da parte del personale docente e soprattutto non docente.

Uno di questi due ragazzi per esempio ha necessità di andare in bagno ogni mattina alle dieci. Nella scuola media Cozzi, non esistendo personale sanitario preparato, il peso e la responsabilità di portare un ragazzo handicappato ai servizi spetta alla

l'attuale situazione scolastica della nostra zona? Lo chiediamo alla coordinatrice della Commissione Educazione - scuolaservizi scolastici del Consiglio di Zona 19, la comunista Silvia Cortella.

Nella scuole materne pubbliche si è registrata una netta flessione delle iscrizioni in conseguenza della diminuzione della popolazione infantile, per cui si sono potuti mettere a disposizione oltre 600 posti per bambini provenienti da altre zone, mentre due scuole materne, quelle dì via Betti 39 e di piazzale Segesta. sono state ristrutturate e deStinate ad altri scopi, la prima a Centro socio sanitario e la seconda a Centro sociale geriatrico.

Se però consideriamo che le scuole materne esistenti nella zona sono in aumento dobbiamo presumere che non sempre quelle pubbliche soddisfano le necessità dell'utenza. Bisogna quindi far sì che le scuole materne diventino effettivamente un servizio sociale, aperto dalle 7,30 alle 18,30 affinché i lavoratori vi possano iscrivere i propri figli senza problemi.

Un liceo classico al Gallaratese E le scuole elementari? Il numero degli iscritti è sceso dai 7370 del 1978-79 ai 6993 del 1979-80. La scuola Alex Visconti sposta ancora una classe in via delle Ande, mentre sono state concesse, in via del tutto provvisoria, sei aule della scuola di via

buona volontà di due bidelli. Inoltre il ragazzo miodistrofico con il passare del tempo non fa che peggiorare risentendo spesso disagi fisici e psichici che trovano impreparato il personale non docente, ad aiutarlo in altro modo se non con buona volontà e pazienza.

Tutto questo determina un sovrappiù di lavoro e di responsabilità sui lavoratori non specializzati che si devono trovare ad affrontare compiti per i quali non sono preparati, nonostante alla Cozzi siano presenti insegnanti di sostegno, specializzati. Incompetenza delle competenze "in casi di questo genere — dice la preside — occorrerebbe la presenza di un'assistente sanitario, il quale dovrebbe provenire o dal don Gnocchi (ma da questo istituto ci è giunta risposta che tale personale è carente) dallo Stato. Quest'ultimo dovrebbe perciò inviarci del personale specializzato ma ciò non è di sua competenza, sarebbe infatti competenza del Comune il quale tuttavia non può per legge mandare a scuole statali tale personale di cui attualmente dispone. In pratica il problema non è che un conflitto fra stato ed ente locale: la legge, per l'inserimento dei ragazzi handicappati c'è, esiste anche la buona volontà del personale scolastico, ma questa è insufficiente. Cosa succederebbe per esempio se uno dei due bidelli di cui parlavo, che assistono l'alunno miodistrofico, fosse spostato al turno del pomeriggio per il doposcuola o stesse male? Anche le organizzazioni sindacali interessate non sono d'accordo sull'utilizzate ulteriormente quei la-

Brocchi al Liceo Classico Beccaria. Ci rimangono comunque ancora aule in eccedenza per cui si possono fare due proposte: unificare il circolo Quarenghi - Ande, ottenendo la totale disponibilità della scuola di via delle Ande, che è dotata di palestra e di strutture che ne permettono un utilizzo ottimale anche sul piano didattico per la scuola dell'obbligo e trasformare in scuola professionale od in un liceo la scuola elementare di via Uruguay, che ha attorno scuole sufficienti per accogliere gli alunni del suo bacino d'utenza.

Su queste due proposte sarà opportuno avviare una discussione in stretto rapporto tra Consiglio di zona e distretto scolastico, con l'impegno di trovare a breve scadenza una sede fissa per un liceo classico nella nostra zona.

Una sperimentale da rilanciare Le scuole medie non hanno fatto registrare sensibili cambiamenti. La Alex Visconti continua a distaccare 13 classi in via Viscontini. Un dato che invece preoccupa è la confluenza al QT 8 di diversi alunni che avrebbero dovuto essere iscritti alla Media Casati, che evidentemente come scuola sperimentale ha avuto molti problemi. È quindi auspicabile che il Distretto intervenga a sostegno di questa e di altre scuole sperimentali con una programmazione che ne rispetti le finalità ed i contenuti,

voratori più sensibili ai problemi degli handicappati, ricattandoli psicologicamente, quando, ripeto, al loro posto, soprattutto nei casi più gravi, dovrebbe trovarsi del personale sanitario specializzato".

Il presidente dell'assemblea dei genitori aggiunge: "Quello degli handicappati nella scuola dell'obbligo è stato un inserimento selvaggio: fatta la legge, pensateci un po' voi".

"La nostra scuola — continua la preside — si è sempre mostrata aperta verso questi ragazzi, a differenza di scuole, come per esempio quelle di competenza dell'istituto don Gnocchi, le quali hanno detto loro subito di no. Tuttavia anche da noi la situazione che inizialmente si prospettava più rosea, si è andata via via complicando con problemi pratici che ora abbiamo grosse difficoltà a risolvere. Dato che gli enti competenti, alle nostre richieste di personale non docente specializzato, ci promettono invece fondi o ci mandano risposte evasive, quest'anno abbiamo deciso di riiscrivere soltanto quei ragazzi handicappati che già hanno frequentato gli altri anni, ma di non accettarne nuovi che non siano della nostra zona di competenza.

I RAPPORTI CON I COMPAGNI "i ragazzi handicappati — rac-

dando contemporaneamente l'avvio ad un serio orientamento professionale.

Nelle scuole superiori si registra un notevole aumento delle iscrizioni al liceo classico. Il X° ITIS scoppia. Gli sdoppiamenti che si sono sin qui operati non sono stati sufficienti.

Per il Vittorio Veneto la situazione in sede si è sensibilmente decongestionata sin dallo scorso anno scolastico con lo smistamento di sei classi, che quest'anno sono salite a 9 (tre prime, tre seconde e tre terze), per un totale di 219 studenti, all'Onnicomprensivo di via Trenno, dove hanno trovato sistemazione anche 42 classi, per un totale di 1.153 studenti, del X° ITIS, 19 classi, con 491 studenti, del 2° Istituto Tecnico per geometri e 18 classi, con circa 450 studenti, del 2' IPAS Alberghieri.

Una scuola da riformare

Quali sono i problemi da affrontare con urgenza?

E innegabile che in mancanza della riforma della scuola superiore e di una programmazione da parte del Distretto non ci può essere orientamento professionale quindi non si può arrivare a scelte equilibrate che ci consentano di risolvere buona parte dei problemi.

Il Consiglio di Zona dovrebbe quindi assumersi un impegno di lotta e prevedere iniziative che aprano prospettive nuove, proponendo anche nuovi orientamenti. Perché, ad esempio, non

conta ancora la preside — si trovano bene nelle classi. Spesso sono oggetto di particolari attenzioni e privilegi da parte degli altri ragazzi e del personale scolastico, così che preferiscono rimanere qui che ritornare al don Gnocchi dove, fra i tanti, non possono evidentemente godere di tanta comprensione. La loro presenza inoltre contribuisce a far maturare anche gli altri ragazzi soprattutto i più "difficili". Bisogna tuttavia tener presente che per un ragazzo miodistrofico grave non può esistere una profonda motivazione allo studio. Uno di loro infatti qualche volta dice: "A cosa mi serve studiae quando dovrò morire a vent'anni?"

La preside, il presidente del consiglio d'Istituto e il presidente dell'assemblea dei genitori hanno infine concluso ricordando di avere, a metà settembre, spedito un telegramma al sindaco Tognoli, all'assessore alla Pubblica Istruzione Sangiorgio, al consiglio di zona 19 e, per conoscenza al provveditorato.

Riportiamo il testo dei telegramma il quale non ha peraltro suscitato da parte dei destinatari che risposte inadeguate: "Impossibilitato provvedere assistenza alcuni portatori gravi handycaps invita soddisfare tempestivamente richiesta già trasmessa tramite consiglio di

creare un istituto agrario nella nostra Zona? L'insediamento potrebbe essere facilitato dal fatto che esiste ancora una vasta area agricola e soddisferebbe un'esigenza reale. Per quanto è possibile sapere almeno una quindicina di ragazzi della nostra zona frequentano attualmente l'istituto di agraria di Codogno, mentre un'altra decina frequentano quello di Limbiate, ma forse il numero reale è sensibilmente superiore. La competenza è della Provincia e del Comune, bisogna sollecitare entrambi perchè prendano un impegno in tal senso.

C.D.Z. - Distretto: rapporti più stretti

Quali sono i rapporti esistenti tra il Distretto scolastico ed il Consiglio di Zona? Il Distretto dovrà farsi carico di questi problemi ed è chiaro che come organo di governo della scuola dovrà, anche in base agli impegni assunti a giugno, mantenere uno stretto rapporto con l'organo di governo del territorio, ossia con il Consiglia di Zona nel suo insieme, (e non soltanto a livello personale tra presidente del Distetto e coordinatrice scuola del Consiglio di Zona), nel rispetto delle reciproche responsabilità e competenze.

Questo anche perchè ci aspettano importanti scadenze. quali la discussione ed il parere sul regolamento per la scuola per l'infanzia e sulla bozza di programma del Sime per le

scuole, la discussione sulle proposte di iniziative promosse dalla Ripartizione educazione per l'anno scoalstico 1979-80 e l'incontro tra il Consiglio di Zona 19, il provveditore, il CUZ, i Consigli di Circolo e di Istituto e la Zona 18 sul tema "Sostegno per insegnanti e personale non docente nelle scuole con presenza di handicappati — proposte di corsi di qualificazione per tutti gli operatori". Sbarazzato il campo dai problemi più drammatici dell'edilizia scolastica. come ci ha confermato la coordinatrice della commissione scuola Silvia Cortella (anche se restano le necessità di nuovi edifici per rinnovare sostituire sedi vecchie o comunque non più adeguate), il problema che ora ci sta davanti è quello del rinnovamento della scuola. E un compito enorme. che coinvolge la capacità di utilizzare pienamente anche tutte le energie impegnate negli organi collegiali: impedendo che tale impegno vada perduto o venga vanificato dalla burocrazia ministeriale.

CM> milano 19 - pag. 7
Zona 19 assegnando idoneo qualificato personale ausiliario adempimento legge regionale 59". P. R. nella foto la scuola media Roberto Cozzi G.P.P.

IN FARMACIA

Sono cambiati i tempi

Tramontati i tempi gloriosi del farmacista "Dottore", in cui con intuito e doti professionali e sperando molto in Dio, si prescrivevano le cure più fantasiose, ci troviamo di fronte ad un organizzazione prepotente e decisamente organizzata al propro benessere e tornaconto.

La moderna organizzazione della produzione e della distribuzione spinge, al massimo l'accentramento della proprietà.

Come stupirsi allora che un grande numero di laureati rimanga così senza la "meritata farmacia" o tutte quelle altre forme di supersfruttamento delle loro energie che sono le "gestioni" e simili in cui la proprietà è sempre intoccabile ed accresce il suo valore.

Si ha così una lotta serrata che viene sempre vinta da chi è potente economicamente e mai da chi è più competente e preparato professionalmente. E come possiamo guardare ad una facoltà che di fatto è sempre stata a numero chiuso e proporzionalmente lo è ancora adesso?

È un caso di trasmissione del sapere da un'élite che sta esercitando il proprio potere (attraverso una gestione colonialistica della medicina), ad una leva di suoi esponenti scelti.

Purtroppo per loro, con l'accesso liberalizzato alle facoltà, questa collaudata "trasmissione quasi ereditaria" del sapere è stata sconvolta con l'immissione di chiunque nella facoltà.

I risultati sotto molti aspetti sono interessanti. Alcuni nuovi laureati sono rimasti sconvolti dal franare di certeìze inculcate a scuola e si sono rinchiusi in un'apatica visione dei loro rapporti, come bambini delusi dalla dolorosa constatazione che il loro sapere non dava alcun potere. Altri si sono gettati in una frenetica attività lavorativa, facendo turni indifferentemente giorno e notte presso più farmacie, senza logicamente alcuna garanzia di trattamento contrattuale, guardando unicamente al guadagno raggiungibile.

Altri invece, cominciando a capire che il loro rapporto lavorativo è di sfruttamento come per qualsiasi altro lavoratore salariato, stanno iniziando a ricercare quella dignità che era stata loro negata, spezzando la catena delle false recriminazioni e della logica utilitaristica - commerciale.

Purtroppo anche se laureati e non laureati lavorano gomito a gomito, il diversissimo trattamento da parte dei padroni, schiaccia qualsiasi velleità di immagine persino un terreno comune di lotta.

Ebbene, certi rapporti meschini di dipendenza col padrone "buono, affabile e comprensivo", vanno chiariti. Più si pende dal labbro del padrone e più misuriamo la nostra intima debolezza, la nostra incapacità ad afferrare con strumenti reali ed efficaci l'essenza di un rapporto di uno sfruttamento reale, la nostra impotenza e modificare i termini e le modalità dello sfruttamento.

I lavoratori non laureati, anche se non numerosi, con l'incosciente saggezza che dà il non aver mai posseduto nulla, hanno sempre istintivamente opposto la loro diversità al tentativo di integrazione padronale e questa alla lunga, molto più alla lunga di altri settori lavorativi in cui i posti di lavoro con dipendenti numerosi sono una norma, ha dato preziosi frutti.

Il nostro viscerale rifiuto d'ogni tipo di prevaricazione, reso

cosciente di sè e del suo potenziale rivoluzionario, ha contribuito molto alla stesura del contratto.

Ebbene, se questo è stato l'inizio, ora occorre agire con fermezza e decisione perchè questo patrimonio di conquiste, non solo strettamente sindacali, venga usato da tutti coloro che lavorano in farmacia.

La posizione di asservimento psicologico è per il pratico ancora forte; occorre svelare il meccanismo che lo sottendono per poterne modificare l'intima struttura conservatrice e reazionaria.

Denunciamo quindi la mistificazione che subiamo lavorando in farmacia usufruendo di un velo di sapere che invece di arricchirci ci degrada a scimmiottare i detentori del potere.

Con quell'infarinatura di nozioni che rappresenta la nostra scorciatoia al sapere, serviamo al banco, perchè così vuole il ricatto, gratificandoci in un ruolo che non è il nostro.

È tutta una masturbazione perché noi possiamo benissimo anche senza saperlo fare, consigliare in modo completamente sbagliato per il pubblico anche dando un'Aspirina per esempio. Occorre che noi onestamente riconosciamo i limiti delle nostre conoscenze e che quindi facciamo solo quello che la nostra coscienza ci permette di fare con responsabilità e rispetto sia per noi prima di tutto, sia per le persone che acquistano i medicinali.

Marchi Silvano della Commissione Provinciale Dipendenti da Farmacie Private

9tTeté- a milano 19

stione del Consultorio, Assemblee di personale e lavoratori in luoghi di lavoro, senza essermi segnate le riunioni presso altri Uffici e Assessorati Comunali.

Venga a trovarci in redazione

Ho letto la filippica apparsa sul n. 9 - settembre 1979, senza firma, perciò attribuibile al Direttore stesso di Milano 19, che riferiva (o infieriva) sui Consiglieri di Zona non presenti alla seduta del Consiglio del 19.7.79.

E necessario dica anch'io il mio parere, essendo chiamata in causa seppure "in massa" con gli assenti.

I cittadini della Zona 19 sanno che le sedute del C.d.Z. si tengono a scadenza di almeno 2 volte al mese. Sanno anche che tutti i Consiglieri fanno parte di Commissioni di studio, organi che preparano il lavoro di approfondimento dei problemi della popolazione, inoltre che gli stessi Consiglieri partecipano a riunioni assembleari ecc.

Ho passato in rassegna gli appunti che scrivo ad ogni riunione e ho notato che nel periodo tra il luglio 1978 ed il luglio 1979 ho totalizzato a ben 76 riunioni tra Consigli di Zona, Commissione sanità - Servizi sociali, Comitato di ge-

Sarebbe stato più onesto e più fruttuoso che il Direttore del "Milano 19" portasse di sua volontà a conoscenza della popolazione questi dati (poiché sono comuni a tutti i Consiglieri con quasi uguali presenze per motivi inerenti la conduzione del Consiglio di Zona), spiegando alla popolazione che tutti i Consiglieri e tutti i componenti delle Commissioni del C.D.Z. sono lavoratori, che dedicano il loro tempo libero dopo avere effettuate le proprie ottonove ore per l'occupazione normale del lavoro che permette di guadagnarsi da vivere. Ed inoltre sarebbe stato utilissimo dire ai lettori del Milano 19 che tutte le riunioni non terminano mai prima della mezzanotte e talvolta siamo tornati alle 2 o alle 3 di notte.

Se fossi una persona non impegnata senz'altro giudicherei severamente coloro che non partecipano alle sedute del C.d.Z., ma siccome lo vivo il problema, devo, anche se mi rincresce, dire che se si vuol fare la "predica" si diano elementi più completi di giudizio perché il cittadino possa avere una visione più precisa del lavoro e valutare a ragion veduta. Non accetto prediche da nessuno, da parte mia era l'unica volta nel 1979 che ero assente alla seduta e che le ferie di solito si prenotano con almeno 4/5 mesi di anticipo. Tutti sanno — quindi anche Lei signor Direttore — che in quasi tutte le aziende di lavoro le nostre ferie dobbiamo alternarle a quelle dei nostri compagni di lavoro e che tutto questo non ci può far regolare sempre come vorremmo per i periodi da scegliere.

Perciò il Direttore non si metta in cattedra... è sempre un atteggiamento autoritario, retaggio di sfumature più o meno dittatoriali, veda invece di farsi autorizzare a pubblicare semmai tutte le presenze e le assenze complessive dei Consiglieri alle sedute, affinché tutti possano vedere l'impegno dei singoli consiglieri a partecipare ai lavori. Da parte mia inoltre avevo avvertito la Segreteria del Consiglio di Zona della mia assenza: proprio non m'ha detto nessuno che avrei dovuto avvertire anche il Direttore di Milano 19!!

Ed ancora, visto che ha l'autorizzazione alla stampa dei rimproveri, perchè non si fa dare l'autorizzazione a stampare anche i periodi di ferie dei Consiglieri di zona, in modo che il Consiglio possa essere convocato nei giorni in cui non si rischi di mandare a vuoto le sedute?

Grazie!

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Giustina Mozzanica Consigliere di Zona 19

Lungi da noi ogni intenzione di scagliare "filippiche" (paragonarci a Demostene sembra eccessivo alla nostra naturale modestia) o qualsiasi intendimento di "salire in cattedra" usurpando alla Democrazia Cristiana la prerogativa che da anni si è arrogata di fare gli esami agli altri per dar loro il diploma di "democraticità" o per bollarli per "atteggiamenti autoritari, retaggio di sfumature più o meno dittatoriali". Abbiamo scritto il nostro corsivo sulla seduta del 19 luglio andata a vuoto per mancanza del numero legale dei consiglieri soltanto per soddisfare la funzione e l'obbligo primario della stampa, che è quello di informare.

Si tranquillizzi quindi il consigliere di Zona 19 Giustina Mozzanica, del gruppo democristia-

no, anche per quanto si riferisce alle "autorizzazioni" (da parte di chi?) cui questo giornale sarebbe soggetto.

Milano 19 è fatto da cittadini della zona in modo volontaristico, senza compenso alcuno. Non riceve sovvenzioni nè palesi, nè occulte, e non ha bisogno di "autorizzazioni", nè di "imprimatur" da alcuno.

Lei stessa, se crede, potrà rendersene conto di persona ogni qual volta lo vorrà partecipando alle riunioni della nostra redazione, che si tengono ogni mercoledì dalle 21 in poi. È un invito che rivolgiamo a lei ed a tutti i cittadini e ci auguriamo che venga accolto. Con cordialità

È rimasta delusa

Il giorno 28 settembre u.s. al Consiglio di Zona 19 avrebbe dovuto aver luogo un'assemblea cittadina. Orario fissato alle ore 20,30 all'ordine del giorno: situazione scolastica zona 19 e manutenzione della scuola.

Lo stesso giorno alle ore 21 e 45 la seduta è stata sospesa per mancato numero legale dei consiglieri.

Essendo la prima volta che presenziavo ad una seduta di questo Consiglio, non so descrivere il mio disappunto tanto più che, la mia presenza, non era la sola ma bensì di altri cittadini, che come me, avevano interesse a tale dibattito.

Grazie

Gentilissimi Redattori di Milano 19 è con viva e graditissima sorpresa che leggo la recensione del mio volumetto "Vita per non cedere" sulle vostre pagine settembrine, tra l'altro ricche di varie informazioni sociali e di vignette davvero affabili e indovinate.

Senza dubbio ringrazio anche l'articolista che si firma P.R. dall'attentissima quanto esatta intuizione riguardo i miei versi; ecco la mia soddisfazione non si ferma dinanzi al vostro validissimo commento, ma anche nel sapere che Qualcuno crede ancora nella poesia come mezzo di comunicazione se vogliamo alternativa (anche se la mia Poesia è spesso definita oscura) e oggi c'è tanto bisogno di alternativa, di cambiare e migliorare per una società più equa.

Anch'io, nel mio piccolo, spero di contribuire al modificarsi di tante cose in meglio, conscio che il vostro giornale di quartiere è uno strumento già sulla strada per proporre davvero una rivoluzione nell'informazione di zona che poi contribuisce ad ampliare a tutti la conoscenza dei problemi e delle iniziative per risolverli.

A parte vi invio il mio volumetto che spero vi porti i miei auguri per la continuazione di questo lavoro nel quale anch'io credo moltissimo.

Ringraziandovi ancora e sperando di poterci "reincontrare" ancora vi invio un caloroso saluto.

N.B. se qualcuno vuole avere più spiegazioni riguardo i miei versi sono sempre disponibdissimo a spiegarli in ogni momento.

Il mio indirizzo è comunque questo: Roberto Zappa Via Lancetti 39 2018 Milano

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pag. 8 - milano 19

Centro di via Betti: una realtà medica diversa

A colloquio con il Dott. Emilio Fava operatore psichiatrico del centro di via Betti 39

Mi. 19 - "Cos'è il centro di via Betti?"

"Dottor Fava" - Il Centro di via Betti è il luogo di raccolta di un certo numero di servizi sociosanitari che si occupano con competenze diverse di prevenzione e di assistenza dal bambino appena nato all'adulto, da un punto di vista medico, sociale e psicologico.

Rappresenta cioè il tentativo di rispondere ai bisogni espressi dal quartiere all'interno del quartiere stesso".

Mi. 19 - "Quali vantaggi offre agli utenti questo tipo di servizio?"

"Dottor Fava" - Alcuni vantaggi sono evidenti e cioè la possibilità di un intervento (pediatrico, ginecologico, neuropsichiatrico, riabilitativo ecc.) a portata di mano, nel senso concreto del termine, cioè in termini di spazio e tempo, e gratuito; ma soprattutto, l'integrazione fra i vari servizi, il lavoro interdisciplinare, cioè la collaborazione continuativa e organica fra gli operatori, garantisce la qualità della risposta alla richiesta dell'utente e la presa in carico dell'utente nella sua globalità nel tempo. Questo evita all'utente il disagio, talvolta intollerabile, di doversi rivolgere a operatori diversi che non comunicano fra di loro e che, per questo, intervengono in modo disordinato e incoerente. Ad esempio, l'assistenza ad un bambino handicappato pone una serie di problemi diversi che coinvolgono più operatori conteamporaneamente e che nessun operatore da solo potrebbe risolvere".

Mi. 19 - "E per quanto riguarda l'aspetto preventivo, cioè la tendenza a cercare di prevenire la malattia piuttosto che a curarla quando si è già sviluppata...?"

Dottor Fava - "Certamente questo dovrebbe essere il primo obiettivo di una medicina moderna, piuttosto che la cura tramite farmaci spesso inutili e talvolta pericolosi. La prevenzione inoltre si distingue in prevenzione primaria e diagnosi preco-

ce. Attualmente la tendenza più diffusa riguarda la diagnosi precoce delle forme patologiche precoci; ad esempio, l'individuazione di gravidanze - rischio è un importante fattore di prevenzione degli handicap psico - fisici, così pure le visite in età filtro nella scuola permettono l'individuazione di alcune forme patologiche infantili sul nascere o sorte da poco (carie. scogliosi, malattie cardiache). È auspicabile che, accanto a questo tipo di intervento già molto progredito rispetto ad un intevento curativo, si affianchi la cosiddetta "prevenzione primaria", cioè la rilevazione delle cause ambientali delle malattie, la socializzazione di queste conoscenze e, ovviamente, la rimozione delle cause stesse. Per fare un esempio collegato alla mia professione è diagnosi precoce individuare e intervenire sul disturbo psicologico al suo primo manifestarsi, ma è prevenzione primaria analizzare l'ambiente in cui tale disturbo sorge (scuola, famiglia, lavoro).

Mi. 19 - "Mi sembra che tu poni l'accento sull'aspetto medico o tecnico del problema, mentre è stato detto che la tutela della salute è soprattutto un fatto sociale.."

Dottor Fava - "Porsi il problema di come concretamente si attua l'assistenza medica non è più un fatto medico. È inutile ad esempio parlare o scrivere sui giornali di ritrovati o tecniche miracolose (?) Quando poi queste sono irraggiungibili per chi ne ha bisogno. A volte bastano elementari informazioni, però diffuse tra tutta la popolazione, per scongiurare le più terribili malattie e non mancano esempi. li problema in questo caso è di raggiungere chi potrebbe aver bisogno; per far questo è necessario che i tecnici socio - sanitari siano a diretto contatto con la popolazione del quartiere, con la realtà del quartiere stesso. Ma la collaborazione con gli abitanti del quartiere si può realizzare in modo più completo attraverso la

La favola del costo del lavoro

Da qualche tempo l'espressione "il costo del lavoro" è entrata nel linguaggio comune, da quando cioè le lotte dei lavoratori hanno portato le retribuzioni e le condizioni del lavoro in Italia a livelli più vicini a quelli europei e non come erano prima, vicini a quelli del terzo mondo.

Da ciò deriva un giudizio politico: i lavoratori pretendono troppo.

L'uso strumentale che si fa di questo problema è diventato più evidente quando, per effetto dei paurosi aumenti del costo della vita, si è registrata un'accelerazione degli scatti della scala mobile.

Ammonimenti a contenere il costo del lavoro sono piovuti da tutte le parti, persino da esperti dell'economia di altri paesi capitalistici "amici" dell'Italia, causando i rallentamenti delle trattative per i rinnovi dei contratti.

Da dopo le elezioni sono ricominciate le sollecitazioni a combattere l'inflazione contenendo il costo del lavoro, come se l'inflazione ne fosse la sola e principale causa. Sarebbe perciò scioc-

co, oltre che dannoso, ignorare che nell'immediato futuro il problema verrà riproposto con forza. Bisogna quindi discuterne con chiarezza proprio per rifiutare l'uso strumentale ed unilaterale che i padroni dell'economia nazionale vogliono fare di questo problema. Occorre innanzitutto dire che con questo termine non possiamo solo intendere ciò che l'impresa deve pagare per retribuire i propri dipendenti. Perchè allora gli imprenditori non chiedono al paese di farsi carico anche dei costi del denaro, delle materie prime o meglio ancora non ammettono con i sindacati una franca discussione su quella organizzazione del lavoro che è la copertura di tanti e tali incompetenze e sprechi? O si vuol forse ancora far ricorso al sistema della socializzazione delle perdite, salvo poi dichiararsi gelosi custodi della propria libertà imprenditoriale? È chiaro che un disegno così vergognosamente di parte non potrebbe mai passare. Ben più ragionevole e utile

denuncia dei fattori di patologia individuati all'interno del quartiere stesso con particolare riferimento alle condizioni dell'ambiente.

A questo proposito è molto importante comprendere e far comprendere l'importanza dell'ambiente considerato dal punto di vista psicraxolofico e soggettivo. Ad esempio molti anziani seguiti nel nostro ambulatorio sono affetti da disturbi fisici e psichici causati dal disadattamento, da come concretamente è organizzata la vita quotidiana per un anziano in una città come Milano.

È il discorso non è diverso, seppure in altri termini, per i giovani tossicomani.

Un'altra modalità di collaborazione con il quartiere riguarda il pro-

sarebbe affrontare il problema dell'influenza del costo del lavoro sul processo inflazionistico, fermo restando che non è solo sulle paghe e sugli stipendi che questo fenomeno fonda.

La domanda da farsi sarebbe ben più ampia: quanto costa il lavoro così com'è organizzato, prestato e retribuito all'economia italiana?

È evidente che se questa deve essere l'ampiezza del dibattito, bisogna smettere di fare i conti su quanto costerà il prossimo scatto di contingenza tacendo poi su ben altri elementi.

Un esempio: quanti e quali fautori del contenimento del costo del lavoro si sono preoccupati di calcolare quanto gravano sull'economia italiana due milioni di disoccupati che sono costretti a non guadagnare ciò che consumano? Oppure, qual'è il peso che la nostra economia subisce per il lavoro nero (che pure molte aziende favoriscono e privilegiano), per i contributi e per le tasse che sui redditi neri non vengono versati?

Un dato agghiacciante si rileva dai dati ISTAT relativi ai primi sei mesi del 1977: sono morti per incidenti sul lavoro 1370 operai e gli infortuni sono stati 594.963. A parte il preizo tremendo che in termini umani pagano i lavoratori, sappiamo valutare in termini economici 7 morti e 3.000 infortuni al giorno? Ci rendiamo conto delle schiere di invalidi che le imprese fabbricano per risparmiare sui sistemi di sicurezza, per lucrare sui ritmi di produzione e

blema dell'inserimento di chi è affetto da handicap dei dimessi dagli ospedali psichiatrici. Per queste persone nessuna tecnica o medicina può dare risultati costanti se l'ambiente che li accoglie non è disponibile nei loro confronti, ma invece ostile e pieno di ottusi pregiudizi."

Mi. 19 - "Se le cose stanno come dici, c'è da chiedersi come mai l'assistenza socio - sanitaria sia stata sino ad ora organizzata come sappiamo, con sedi centralizzate e operatori il cui lavoro non è mai stato discusso con gli utenti".

Dottor Fava - "Direi che quello dell'assistenza socio - sanitaria è uno degli esempi più chiari dei guasti provocati dall'atteggiamento clien-

telare e corporativo degli enti pubblici.

Ogni ente ha avuto interesse ad esistere, ad avere direttori, impiegati. sede fissa; a gestire denari, a controllare il lavoro degli operatori, stimolando la rivalità fra i servizi e bloccandone la collaborazione. Inoltre nessuna istituzione ha interesse ad un controllo dal basso del lavoro svolto. Così la logica dell'ente, dell'istituzione prevale sui bisogni di chi fa uso degli enti pubblici. E chi paga non controlla.

Il Centro di via Betti si pone in una logica alternativa, quella stessa dei Consigli di Zona tesa ad un rapporto diverso, direi rovesciato fra cittadini e istituzioni".

F12K) NiNig

del cui mantenimento deve poi farsi carico l'intera collettività?

A questo bisogna aggiungere i dati impossibili da appurare delle morti per cancro e malattie professionali che uccidono lentamente distruggono la salute e con essa la capacità produttiva di migliaia di operai.

Se il costo del lavoro si deve discutere, discutiamone, ma non certo con lo spirito che ha animato i fautori di questa crociata: massimo recupero del profitto scaricando sulla collettività i propri costi. Il problema nell'ambito più vasto della lotta all'inflazione, si dovrebbe porre in ben altri termini: nel nostro paese, tanto ricco di forza lavoro da esportarla, occorrerebbe che più alto fosse il numero de-

gli occupati. he fosse più favorevole il rapporto tra chi produce e chi invece, magari disoccupato o invalido, viene escluso dal processo produttivo. L'aumento del prodotto lordo così ottenuto, darebbe un grosso colpo all'inflazione e la scala mobile non avrebbe più alcuna ragione di registrare grossi balzi in avanti. È chiaro che ad una tale soluzione si potrebbe giungere solo se la questione del costo del lavoro si ponesse in un ambito ben più corretto, di quanto cioè l'attuale sistema imprenditoriale, senza un minimo di programmazione. di controllo sugli investimenti, complice e nello stesso tempo vittima di un potere politico clientelare, costi all'economia e alla società italiana.

rateano 19 - pag. 9 UN NUOVO CENTRO
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Fotografare per stare insieme

Lo sforzo di alcuni condomini per cercare di fare uscire dal letargo il "Monte Amiata"

Si può senz'altro dire che si sentiva l'esigenza, del fatto che alcune persone- si mettessero assieme e prendessero l'iniziativa di proporre un primo discorso culturale partendo dall'interno del complesso "Monte Amiate".

Ebbene, senza nessuna pretesa di strafare, con la piena consapevolezza delle difficoltà che andranno ad incontrare e dunque, con la intenzione di consentire e stimolare la partecipazione ed il contributo di tutti, si è costituito il G.F.M.A. (Gruppo Fotoamatori Monte Amiate).

La notizia è di pochi giorni, i programmi sono ancora da definire sul piano operativo completo, ma l'impressione che abbiamo riportato parlando con i fautori della iniziativa, in particolare con il responsabile, Mauro Giostra, è quella di una grande determinazione.

Quali sono, abbiamo chiesto, gli obiettivi che questo gruppo si propone a breve e a medio termine?

Innanzi tutto, iniziare un processo di aggregazione tra i cittadini, metterli assieme e attraverso lo strumento della fotografia, introdurre un primo dibattito sulle condizioni sociali, cultura e politiche del quartiere. A questo proposito il G.F.M.A. ha l'intenzione di esordire con una MOSTRA - CONCORSO che dovrebbe tenersi attorno alla fine del mese di Novembre, chiamando sin da ora alla collaborazione tutti coloro ch,e intendonc dare un contributo.

In secondo luogo, la esigenza di un legame stretto con le strutture e gli organismi culturali già esistenti nel quartiere, ad esempio il circolo Giulio Trevisani, questo anche per consentire il raggiungimento di uno degli obiettivi principali del gruppo: l'entrata del "MONTE AMIATA" nella .vita culturale e sociale più complessiva del quartiere attraverso una partecipazione attiva dei suoi abitanti e dunque, con un contributo di idee e di attività che può essere prezioso. In terzo luogo, a medio termine, vi è I esigenza di portare avanti con forza, finalmente, il problema dell'utilizzo degli spazi esistenti all'interno del complesso, per attività che coinvolgano tutto il quartiere.

A distanza di circa quattro anni dall'insediamento del "Monte Amiata" se si escludono alcune iniziative isolate e qualche volta contraddittorie, il problema dell'utilizzo organico degli spazi non è stato mai affrontato.

Il G.F.M.A., che evidentemente non intende occuparsi soltanto di fotografia, intende aprire un dibattito con gli abitanti del complesso, gli operatori culturali del quartiere, le forze politiche, per una gestione unitaria degli spazi facendo riferimento sopratutto all'anfiteatro che durante l'estate potrebbe ospitare spettacoli di varia natura aperti a tutto il quartiere.

A conclusione di questa ch'accherata, dobbiamo dire che non sono certamente le idee che mancano ai responsabili del Gruppo Fotoamatori Monte Amiata. I programmi che cominciano ad abbozzare sono ambiziosi e importanti, hanno bisogno, per loro esplicita richiesta, del contributo e della collaborazione di altri. A noi non resta che augurargli ii successo più ampio. VI-TA

nella foto l'anfiteatro del Monte Amiata (750 persone sedute)

Un pittore del gruppo Sirio: Cesare Segabrugo

Cesare Segabrugo è pittore autentico. Dipingere è per lui come respirare, come vivere. Egli dipinge da sempre e dipingerebbe sempre. Talvolta i suoi amici e colleghi si perdono in discussioni sull'arte, in commenti su opere di pittura, approvano, disapprovano, criticano commentano. Lui dipinge. Talvolta, nelle uscite sociali del Gruppo Sirio di cui è socio dalla fondazione, qualcuno si dedica a ricerche storiche, qualcuno fa fotografie, altri tengono d'occhio l'orologio per il pranzo sociale o per il rinfresco al vernissage. Lui dipinge. Durante le mostre collettive, al chiuso o all'aperto, mentre si intrattengono i visitatori e si sorveglia l'andirivieni dei bambini che trovano sempre il modo di inciampare nei cavalletti o di far dondolare le catenelle minacciando la stabilità dei quadri, lui riesce anche a dipingere.

Imperterrito e tranquillo, forse abituato in famiglia (ha sette

figli) o per temperamento congenito, dipinge in ogni occasione e perciò porta sempre con sè la cassetta, i colori e naturalnente tele, tavolette, cartoni su cui stendere le sue rapide, saporite impressioni.

Cesare Segabrugo dipinge paesaggi, nudi e ritratti. ed ha anche avuto un momento naif. Giovanissimo ha frequentato Brera, che ha poi ripreso in questi ultimi anni con la scuola del nudo. La sua pennellata è morbida e densa, corposa senza eccessi. La scelta dei colori è vivace e policroma e si va affinando con il tempo. I suoi ultimi lavori sono infatti molto raffinati, di quella raffinatezza che viene proprio dalla elaborazione del

Il fenomeno sonoro è identificato nel tempo a seconda dei vari aspetti imposti dalla contingenza. La musica si è formata organizzandosi scientificamente secondo la necessità di un gruppo etnico. Creatasi una situazione musicale si ebbe la necessità di associarla ad un altra, nacque così l'abbinamento della musica al culto, alla guerra, alla nascita e alla morte, creando una varietà di storia del costume attraverso i popoli.

La musica di scena può nascere in stretta aderenza con la dialettica drammatica espressa dall'autore stesso nell'interpretazione dell'opera drammatica alla quale viene unita. Per la musica originale vi sono compositori che partecipano concretamente alla nascita di un opera drammatica assieme all'autore nella sua ricerca di problemi dialettici e espressivi. Nel caso ove la musica scaturisce da una particolare interpretazione ren-

lungo esercizio. Ha seguito copie da maestri antichi, per cercare di scoprire dal vivo il segreto della grande pittura. In questi ultimi anni ha però raggiunto il suo stile e il suo dipingere è più disteso, più fluido.

Cesare Segabrugo non è professionista, poiché fa altro lavoro per vivere, ma le sue opere hanno quel timbro e quella sicurezza che derivano dalla sua profonda passione per la pittura, intesa proprio come "l'arte del dipingere". Non a caso può capitare che sia proprio Segabrugo a dissentire, nelle accese discussioni che nascono tra i soci del Gruppo Sirio su questo quell'autore, riguardo alle intenzioni artistiche ravvisate nelle opere in esame. Secondo Segabrugo, il quadro è così perché così piaceva a chi lo faceva: il resto, il bello il brutto, lo trovano gli altri. Fare per fare, dunque, cercando di far bene e sempre meglio. E che lui faccia bene lo prova anche il fatto che tutti gli amici suoi, a loro volta pittori, sentano prima o poi il desiderio di possedere uno o più lavori di Segabrugo, il quale non specula sulla propria abilità. Egli cede le sue opere a un prezzo basso rispetto al loro valore e la sua riservatezza è tale che nemmeno in occasioni di interviste o presentazioni su cataloghi si lascia convincere ad elencare i concorsi cui ha partecipato ed i premi ottenuti. "Importante è dipingere" afferma, e non si può dargli torto, visti i risultati. Egli tiene per sè qualcuno dei suoi primi lavori, tra cui un felicissimo ritratto di sua nonna, un lavoro notevole per la carica emotiva del personaggio e per la capacità del pittore di saper racchiudere in un sorriso l'espressione di una serena, dolce, materna bontà.

Del 1963 è un'altra sua opera che gli ha dato grande soddisfazione. È il ritratto del Prof. Angelo De Gasperis, oggi nello studio del Direttore del Reparto dì chirurgia cardiologica a Niguarda, che gli ha meritato una lettera personale della madre del grande chirurgo scomparso, la quale gli esprime la sua profonda gratitudine per la somiglianza del ritratto egregiamente eseguito tanto da ritrovarvi l'immagine autentica del figlio perduto. Questo e altri riconoscimenti del pari importanti sarebbero il vanto di artisti meno genuini di Cesare Segabrugo. il quale non ne fa parola ma lascia ai suoi lavori l'incarico di rivelarci quanta strada sulla via dell'arte egli ha saputo percorrere. Bruna Fusi

Cesare Segrabugo abita e lavora in via Chiarelli 8, tel. 3084817, Milano

dendo funzionale una scena e va oltre al rumore sonoro, si può chiamarla musica di scena o effetto sonoro di scena. L'uso di musiche già composte non è altro che una sonorizzazione di una scena, non sempre con una resa reale di drammaticità, poichè non vi è l'intesa organizzata fra autore e compositore per un certo colore sonoro di sottofondo. Il rapporto fra regia e musica è molto importante, nel teatro, nel cinema e nella TV. Quì è necessario fare una differenziazione fra musica seria e musica di scena o commento. La musica di scena oggi è casuale e un vero commento è raro, il più delle volte è un adattamento di musiche preesistenti e ciò che più danneggia è la mancanza di cultura e gusto in queste scelte. Paul Dukas nel 1933 disse cha la musica del futuro si sarebbe diffusa meccanicamente e che a differenza del passato non ci sarebbero stati più grandi compositori ma artigiani. Alcuni registi russi come Stanislavskij, Tiarov, Reinhardt, Piscator, Craig, Esenstain etc. cercavano il senso del commento musicale. Fra i registi italiani abbiamo Fellini e Visconti, in Svezia Bergman, hanno cercato il lato poetico nell'influsso esercitato da opere drammatiche su musicisti contemporanei e nei classici. Sono da ricordare in tal senso musicisti quali Debussy, Schoemberg. Shostakovicht,

Prokofiet, Mahler, Rota, Pizzetti, Vlad che hanno dato un grande contributo nel campo del teatro e del cinema creando anche grazie alla ricerca estetica e poetica di alcuni grandi registi una nuova importante strada in campo musicale, aprendo nuovi orizzonti alla musica.

Piergiuseppe Corà

pag. 10 - 'Mano 19
La musica di scena di commento

SCENE DI QUARTIERE El Cantón del barbee a che servono?

Ciao! Hai sentito? Pare che i petrolieri abbiano incassato più del necessario.

Ma che bella scoperta! Dimm la veritaa. Te ghe set arrivà in de per tì o t'hann iuttà?

Ma non l'ho scoperto io! L'hanno calcolato i tecnici del C.I.P.

Coss'è che hinn? I tecnich di usei?

Che c'entrano gli uccelli?

Te l'eet dit ti ...i tecnich del cip

Ma C.I.P. vuol dire Comitato Interministeriale Prezzi.

Hoo capì! Hinn quèi che fann crèss i prezzi?

No, no! Hanno assicurato che i prezzi dei prodotti petroliferi non verranno aumentati.

Oh moment! Ferma! Alt! Arimorta, famm capì!

Cosa devi capire?

T'ee minga dit che i petrolier hann incassaa pussee danee del necessari?

Si, l'hanno detto i tecnici del C.I.P.

Allora come sarta a dì che i prezzi cresserann minga?

Dovarienn dì che calerann!

Ma se li diminuissero c'è il rischio che i petrolieri mandino i loro prodotti all'estero lasciandoci senza.

Hoo capì. O mangia sta minestra o salta sta finestra.

Cosa c'entrano la minestra o la finestra?

Voeur dì: o pagumm o stemm al fregg. Lassa che t'el disi, per mi l'è on ricatt beli e bòn.

Forse hai ragione. Ma purtroppo bisogna fare buon viso a cattiva sorte.

Ma allora i tò tecnich di ciapp, a nò, scusumm, del cip, se serven a cossè?

Beh! A controllare i prezzi.

E poeu? Stamm a sentì. L'e minga assee dì che vun el róba, se dev anca mandali in galera. Damm atrà a mi. L'è minga assee di che i padroni, o i petrolier, come che te preferiset, tant l'è istess, róbenn o fann di ricatt, pardon incassenn pussee, se dev fai desmett, se de no nun che lavorumm séguiterem a vess trattà come coioni che paghen e tasen. Ciao, te saludi! el barbee

Storia e controstoria di impiegati e pubblico, scartoffie e numeri, orari. (tutti gli asmatici, i facilmente affaticabili e i portatori di qualche chilo in più nonchè i sofferenti di sovraffollamenti e code, sono invitati a leggere con calma, lentamente, riposandosi tra una gomitata e l'altra).

Ore 14,15: siamo in una ordinata, quanto ansiosa, fila davanti alla porta a vetri, chiusa, della sede comunale di Pie Accursio. Questa pre - coda (precedente a quella vera e propria all'interno della sede) è eterogenea: signore con l'aria preoccupata che si interrogano fra se e fra loro, sulla puntualità dei commessi nell'aprire la porta al pubblico, signori che ascoltano le signore per poi guardarsi attorno annoiati, bambini, che già delusi dalla meta della gita con mamma o, meno spesso, papà, cominciano a dar segni di preoccupanti (per i genitori che hanno paura di perdere il posto in fila) desideri di fuga verso la vasca dei pesci, ragazzi che approfittano dell'occasione per riraccontarsi per la centesima volta le emozionanti avventure estive.

Casa di Cura S. Siro

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Dietro la porta a vetri, incurante degli sguardi già fissi (le code devono essere un po' tossiche) e involontariamente imploranti del pubblico "in - filato", un commesso sbadiglia o osserva distrattamente l'orologio, con puntiglioso zelo da capostazione, per non concedere un minuto di meno all'attesa impaziente della gente. Ogni tanto boccheggia da dietro i vetri qualche frase più mimica che verbale, per ritornare alla sua abituale aria da "aspettando la fine del lavoro...". Improvvisamente, con studiata lentezza da spogliarellista del Crazy Horse, la prima porta a vetri si apre. Subito la fila di persone scalpita e si schiaccia dentro allo stretto spazio che mette in comunicazione le due porte: qualcuno che si trova in testa o ai lati fa segni disperati perchè venga aperta anche la seconda onde evitare di sopportare ancora a lungo tutta la pressione della piccola folla. Ma il commesso conosce bene il suo dovere, e ormai d'altronde anni di esperienza lo hanno reso insensibile a tali manifestazioni di dolore (non metaforicamente parlando) da sovraffollamento. Infine con studiata indifferenza, si appresta alla porta e col gesto secco e autoritario del domatore che spalanca la gabbia alle belve, la apre finalmente. A questo punto i molto onesti e bravi cittadini presenti danno in una unica prolungata esclamazione già frammista alle prime grida di chi, essendo ai lati, è schiacciato contro la porta. Ma incurante di costoro la fila trabocca nello stanzone comunale: chi correndo atleticamente, chi arrancando immemore della trascorsa giovinezza, chi addirittura volando avendo la fortuna (o sfortuna: dipende dalle visuali) di essere sospinto da altri

focosi corridori. La porta ha quindi la funzione di punto di partenza, per una brevissima "stracomune" che termina davanti a un bancone dietro cui sta un commesso dall'aria sadicamente ironizzante, che spargendo a piene mani sul bancone (tipo mangime per i polli) dei biglietti, grida: "lo non li do a nessuno, chi li piglia li piglia "alcuni già esperti dell'andazzo cercano immediatamente di arraffare un biglietto altri superato il primo momento di stupore, cercano di imitarli. Infatti i numeri sono limitati e chi rimane senza sarà costretto ad andarsene per tornare, dopo una nuova pre - coda un'altro giorno. Nel frattempo i primi trionfanti possessori di biglietto numerato si ritirano in disparte, verso l'ingresso all'ufficio delle impiegate, per osservare bene e confrontare con quella del vicino la propria preda. Capitano a questo punto esclamazioni di stupore frammiste ad angoscia perchè si scopre che il vicino, un lento signore settantenne, arrivado dopo, ha un numero inferiore e quindi la precedenza. Allo stupore si uniscono allora una serie di invettive rivolte al commesso il quale non distribuisce i numeri in ordine, ma mescolati, così che chi arriva prima può prendere un numero superiore a quello che arriva dopo (magari con aria dignitosa e leggermente ironica) risultanto così semi - inutile tutta la sua corsa e il suo affannarsi. Finalmente per chi ce l'ha, e sfortunatamente per chi non è arrivato in tempo, i biglietti sono esauriti e possono avere inizio le visite alle due impiegate nell'ufficio, le quali già da un pezzo smessa l'aria tranquilla e meditabonda del dopopranzo, ne hanno assunto un'altra da: "accidenti anche oggi la solita folla, speriamo siano almeno documenti veloci". I primi possessori di gambelunghe e numero piccolo sono già iniziati ad entrare e a quanti sono rimasti fuori non resta che ordinarsi in una nuova coda secondo progressione numerico - bigliettaria. Ha inizio quindi anche la serie di confronto collettivo tipo: "Lei che numero ha? Ah, è più grande, allora è dopo di me": Naturalmente come dappertutto anche qui, alcuni si distinguono per l'intraprendenza nel chiedere o sbirciare il numero del vicino il quale spesso rimane confuso dall'esser stato così prontamente catalogato e risparmiato dal doversi cercare il proprio posto. Compiuta l'operazione di "in-filaggio" non resta che aspettare pazientemente il proprio turno: niente di meglio che scambiare quattro chiacchiere

con il vicino precedentemente aiutato ad "appostarsi", il quale grato ma alcune volte infastidito cerca di ingannare l'attesa allo stesso modo. All'interno dell'ufficio Chi è dentro intanto confabula rispettosamente con le impiegate già un po' seccate. All'ingresso dell'ufficio qualche ritardatario affannato arriva finalmente al commesso che distribuisce carte di identità, e gli chiede un numero. Il commesso guarda il ritardatario con colpevolizzante aria di compatimento, poi il ritardatario cerca di brigare per ottenerne ugualmente uno ricevendo soltanto un'occhiata indifferente, che lo zittisce definitivamente. La sala del Comune non è ora che un insieme di code ai vari sportelli: code di gente distratta, assonnata, parlottante, abulicamente in attesa. Ciascuno sembra cercare di capire cosa pensa l'altro, giusto così per ingannare il tempo. Alcuni si scambiano informazioni, altri bisticciano per la presunta precedenza, altri ancora arrivano alla fine della coda, un'ora circa, per scoprire che non era quella giusta e per ricominciarne, affranti, un'altra. La maggior parte delle persone nelle varie code sono donne, probabilmente casalinghe, o persone anziane in pensione, e le più svantaggiate sono in questi casi proprio loro che faticano a stare in piedi così a lungo, in un'attesa snervante, e si disorientano facilmente nella confusione del va e vieni. Una signora non più molto giovane, non più tanto veloce e forzuta, racconta infatti che è già la seconda o la terza volta, che viene per ottenere il numero della coda all'ufficio: le altre volte tutte le persone più giovani l'avevano preceduta. Da questo disordine burocratico e umano si ottiene un piccolo esempio di rapida sostituzione delle famose regole civili, con la legge del più forte e più giovane nonchè di quello con meno scrupoli a cui viene lasciata la possibilità di accaparrarsi le posizioni migliori e più vantaggiose.

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L'annoso problema della casa

Il problema della casa nel nostro Paese, è un problema molto pesante, è un discorso che si trascina già da molti anni, e che i vari Governi succedutesi di centro o centro sinistra, non hanno mai volutamente portato avanti, mai nulla hanno fatto per cercare di risolvere questa situazione che la fascia dei meno abbienti sono stati costretti a sopportare e sopporteranno ancora per altro tempo.

Nel nostro Paese vi sono cifre spaventose e cioè: circa 190.000 sfratti di cui oltre 35.000 esecutivi, senza tener conto poi delle circa 350.000 disdette per fine locazione. Sono queste cifre che ci debbono far riflettere. I Parlamentari Comunisti tanto alla Camera quanto al Senato hanno già avuto dei contatti per quanto riguarda la mozione presentata nel luglio scorso. Nell'incontro che ultimamente si è avuto con gli On. Cossiga, Morlino, Nicolazzi e Andreatta sono riusciti ad ottenere la proroga degli sfratti fino al 15 di gennaio, ma dopo questa data cosa si deciderà?

Nella stessa sede sono stati premessi finanziamenti ai comuni per l'acquisto di appartamenti da assegnare agli sfrattati, che nella sola Milano sono oltre 8.000 e di questi il 50 per cento sono esecutivi. Il discorso del finanziamento ai comuni a 'noi stà bene, però quando si è accennato alla provenienza di questi 900 o 1000 miliardi si è detto che detta somma sarebbe stata presa dal finanziamento "piano decennale" a noi comunisti non và più bene. 11 piano decennale non si tocca; il Governo aveva promesso di dar corso alla "legge 93", che prevede che gli Istituti Previdenziali e Assicurativi utilizzino il loro patrimonio edilizio e altre centinaia di miliardi di riserve tecniche per fornire alloggi ad equo canone. Sono state solo vane promesse. La legge c'è ma non funziona. Alla commissione alloggi del comune di Milano vi sono un centinaio di famiglie che attendono la casa, ma il comune ne ha solo dieci a disposizione; e

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gli altri dove vanno? Si dice che gli appartamenti di risulta siano tanto pochi; si dice anche che le requisizioni non si possono fare perchè la legge non lo permette, ma allora la legge nel nostro Paese la dobbiamo rispettare solo noi? e il Governo allora cosa fà? Le centinaia di migliaia di nuove coppie come fanno a trovare la casa?

La legge dice anche, che agli appartamenti di risulta degli Enti Pubblici previdenziali e assicurativi da assegnare agli sfrattati, dovrebbero essere aggiunti anche eventuali elenchi di appartamenti vuoti, ma tutto ciò non è mai avvenuto. Perchè? Si è anche parlato di unificazione delle due gestioni Comune e IACPM,

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il tutto per facilitare il reperimento e sapere con più esattezza la disponibilità. A mio parere ci siamo già dimenticati delle grosse manifestazioni di massa che si sono fatte gli anni addietro, ritengo che sia ora di svegliarci, da parte di tutte le forze plitiche, solo in questo modo noi daremo un impulso e una maggior forza incisiva, ai nostri parlamentari nei duri scontri che vi saranno nelle prossime contrattazioni. A proposito di vendite frazionate e di interventi di mas-

Vivo qui da anni pago l'affitto

Con la presente, vorrei o per lo meno tenterò di descrivere lo stato d'animo di un cittadino, o di un inquilino, o di un individuo come meglio si può definire una persona, che dopo una giornata di lavoro, rientrando alla propria abitazione, trova sulla porta d'ingresso dello stabile in cui abita da 20 anni, un altro inquilino con in mano un ciclostilato redatto dal "CENTRO IMMOBILIARE con sede in Milano P.za Repubblica, 32" in cui si dice che lo stabile viene messo in vendita.

Al momento chi scrive, viene preso da un senso di incredulità, che una cosa del genere potesse capitare a lui, non tanto perchè diverso dagli altri, ma perchè mai una simile prospettiva gli era mai sfiorata nella mente, e lo sfratto quasi fosse una cosa astratta, che potesse capitare solo alla gente che non pagava l'affitto.

Dopo alcuni giorni però, per lo stabile cominciarono a girare con fare alquanto arrogante, funzionari dell'Immobiliare, i quali perentoriamente andavano dicendo il valore dell'appartamento, e di decidersi a comperarlo al più presto possidile, altrimenti avrebbe agito diversamente, e cioè sfrattando chi non avrebbe comperato.

A questo punto nel caseggiato si incominciarono a tenere assemblee; qualcuno disse che era meglio iscriversi al SUNIA; cosa che facemmo immediatamente, e su 60 famiglie almeno il 90% aderì, ed io con loro, ma sempre incredulo.

Al primo contatto con il SUNIA, cominciò ad emergere la gravità del caso, e cioè che effettivamente c'era e c'è il rischio di essere sfrattati alla scadenza del contratto.

sa, nella lotta che attualmente stanno conducendo gli abitanti di Via MORGANTINI 19/21, gli intervenuti del SUNIA delle forze politiche e anche dei Consiglieri di zona; è stato ribadito che solo con le grosse manifestazioni di massa si può piegare la prepotenza dei padroni di casa. Solo con la mobilitazione riusciremo a vincere questa e tante altre battaglie.

Fernando Gruppioni Consigliere di Zona del PCI

Perchè devo andarmene? L'amara esperienza di un nostro lettore

E così di fronte a tale prospettiva, in una riunione al "Consiglio di Zona 19" con un rappresentante dell'Immobiliare, (eravamo alla fine di luglio) ci fece la grazia di poter decidere l'acquisto o meno dell'appartamento entro la fine di settembre u.s.

E così un certo numero di inquilini, senza attendere oltre la scadenza, spinti dai venditori, i quali dissero loro che era meglio affrettarsi in quanto la richiesta era forte correvano il rischio di rimanere senza casa, comperarono assogettandosi ad una affrettata trattativa d'acquisto.

Dopo questa descrizione dei fatti sin quì svoltisi, è sorta in mè una forte ribellione, perchè non trovo giusto che un'uomo, nato a Milano 49 anni fà, da oltre 30 anni in questa zona, e dopo avere lavorato complessivamente ad oggi 36 anni, di cui 9 in Officina in gioventù, e 27 anni al servizio del COMUNE Dl MILANO in qualità di Vigile Urbano, avendo moglie e figlia 17enne diplomata (ma disoccupata) a carico, non trovo proprio giusto che qualcuno ad un certo punto mi sbatta fuori di casa, e mi costringa ad andare a vivere lontano da dove ho sempre vissuto e pagato, per vivere dove sono; quindi vado ripetendomi, se è giusto e chiedo anche a Voi, se un uomo dopo avere sempre vissuto onestamente nel rispetto della Legge, essendo il suo lavoro addetto al rispetto delle Legge; essere costretto alla sera a sfidare la Legge, attaccando manifesti murali, per difendere non un bene, ma un bisogno quale quello della casa.

Vi potete immaginare in quale stato d'animo sia, pur tuttavia continuerò la lotta a tutto questo af-

Avvertiamo tutti i lettori che la redazione di Milano 19 si riunisce ogni mercoledì alle 20,30 in via Appennini 41. Ricordiamo a tutti che le riunioni sono aperte, così come il giornale è aperto alla collaborazione di tutti i cittadini.

tinchè, venga trovata una giusta soluzione per ridare fiducia a mè, ed a tutti coloro che si trovano in questa situazione, la tranquillità di un domani più sereno, ridando credibilità alla giustizia sociale di uno Stato democratico. Mi scuso di avere abusato della Vostra ospitalità, e Vi ringrazio per quanto vorrete pubblicare sulle pagine del Vostro giornale, così vicino ai problemi degli abitanti della zona. Distinti saluti.

Santo Favarò

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19

Mensile di informazione politica e cultura della Zona 19

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pag. 12 - milano 19

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