LavoratorePireli
mensile degli operai e degli impiegati del gruppo Pirelli
A cura del comitato di coordinamento nazionale del. P.C.I.
URGENZA DI UNA SVOLTA
Questo numero di LAVORATORE PIRELLI esce in numero doppio non per difficoltà redazionali ma per una scelta precisa tendente ad assicurare la presenza del giornale fra i lavoratori prima delle ferie estive e prevedendo quindi una sospensione delle pubblicazioni nel mese di Agosto. D'altro canto la redazione ha assunto impegno di realizzare un numero speciale di LAVORATORE PIRELLI in occasione della Festa Nazionale de l'UNITA' che si terrà a Bologna tra il e il 15 Settembre.
Pertanto il prossimo numero del giornale uscirà ai primi di Settembre.
Ci scusiamo con i lettori e con gli abbonati per i ritardi nelle spedizioni dovuti alla nota crisi dei servizi postali e per la cui soluzione sono impegnati i compagni postelegrafonici, il partito, il movimento dei lavoratori.
Dopo il governo Rumor bis, il Rumor tris, resurrezione del precedente. E, subito, una valanga di decisioni economiche sbagliate, ingiuste, preoccupanti. Ecco il risultato di una crisi di governo nella quale sono confluite motivazioni e spinte diverse e anche contraddittorie. Tre elementi, almeno, avevano contribuito a determinare la crisi: la situazione economica e la pretesa di Colombo di imporre la adozione della linea Carli, l'opposta interpretazione, sul piano dei rapporti di forza reciproci, del risultato del referendum da parte della segreteria della DC e del PSI, e le grandi manovre di Fanfani e di altri all'interno del Partito di maggioranza relativa. Su due questioni — nuovi rapporti (ma politici o di potere?) fra DC e PSI, scontro nella DC — i dieci giorni di crisi hanno solo avviato un processo. Sul punto della situazione economica si è pervenuti, invece, a un compromesso che non si può non giudicare negativo. Dobbiamo dunque predisporci ad affrontare la battaglia contro indirizzi e misure governative gravi e pericolose, e d'altro canto adeguare la nostra azione e il nostro intervento alle novità di un dibattito politico appena iniziato, al quale bisogna assicurare uno sbocco positivo.
In che cosa consiste l'errore dei provvedimenti concordati? In un ennesimo rifiuto ad adottare una linea che, risalendo alle origini dei nodi, comporti un mutamento, un cambiamento nelle impostazioni del passato. La situazione — il PCI lo ha sempre sottolineato — è grave e occorrono misure severe e rigorose per affrontarla, misure che comportano sacrifici e rinunce: la classe operaia ne è pienamente consapevole. Ma occorrono garanzie sulla validità della linea, occorre sapere per che cosa le privazioni vanno affrontate, occorre la certezza che si procede non al mantenimento di vecchie ingiustizie, vecchi privilegi, vecchi squilibri, ma ad un tipo di sviluppo economico basato
su una espansione qualificata, sulla eliminazione degli sprechi e dei parassitismi, sul rigore delle scelte prioritarie.
Le decisioni fiscali prese perpetuano la vecchia ingiustizia, fanno ricadere il peso della riduzione dei consumi sui ceti più poveri, e dubbia, anche, è la loro efficacia nel frenare il processo inflazionistico. Nessuna seria garanzia vi è di una prospettiva di risanamento del deficit del commercio estero, perchè nessun significativo e sostanziale accordo commerciale, dopo i primi timidi approcci, è intervenuto con i paesi produttori di petrolio e di materie prime (fatta eccezione per l'accordo con l'Iran) e non si vede una garanzia certa di ripresa della nostra agricoltura e della nostra zootecnia sia pure non a breve termine. Nell'immediato, intanto, opera la manovra creditizia, i cui effetti si faranno sentire fra qualche mese, ed essa porta a una inevitabile recessione, con tutto ciò che i processi deflattivi significano per la classe operaia e nel numero dei posti di lavoro e nella organizzazione stessa del lavoro.
E mentre non chiari appaiono i criteri con i auali si assicurerà nel futuro una politica di investimenti, appare sempre più probabile la eventualità che una parte considerevole delle entrate assicurate vada a finire nel pozzo senza fondo, in assenza di oraaniche riforme, delle mutue o dei deficit di taluni comuni. Nessuno può illudersi che tali prospettive possano essere accettate dalla classe operaia. Non c'è nelle sue attuali impostazioni alcunchè di massimalistico, di corporativo, o di settoriale. Al contrario le lotte di categoria e quelle confederali si svolgono attorno a piattaforme di rinnovamento generale del Paese, a un tipo di vertenze di valore nazionale. Perciò il no risoluto dei lavoratori italiani, e lo scontro che ne deriverà nei prossimi mesi sono al tempo (continua a pag. 12)
Anno II - N. 4/5 - Giugno-Luglio 1974 - Sped. in Abb. Post. - Gruppo III - 70°4: 4/5
DEMOCRATICA
di DARIO VALORI
Opporsi alla minaccia ai livelli di occupazione 1~1111111•11~1~111~11111 Pirelli Dunlop e potere politico L'Italia contro il fascismo La strategia dei gruppi Pirelli Michelin, Ceat
Nel quadro dei processi di ristrutturazione della Pirelli
Opporsi alla minaccia ai livelli di occupazione
L'AZIONE CONGIUNTA PIRELLI-SIP Al DANNI
TENDE ALL'AUMENTO DELLO SFRUTTAMENTO E ALLA RIDUZIONE DELLA MANO D'OPERA
La ristrutturazione che la Pirelli aveva avviato nel 1970, in seguito alla fusione con la Dunlop, costituisce l'aspetto fondamentale dello scontro sindacale di questi ultimi anni con il padronato della gomma.
E' utile ricordare come tale ristrutturazione si è articolata, quali sono state le risposte di lotta dei lavoratori e quali sono i problemi che ancora rimangono aperti.
La fusione con la Dunlop ha significato, tra l'altro, razionalizzazione dei settori non produttivi dell'azienda e ridimensionamento di intere direzioni tecnologiche e di ricerca le cui competenze sono state affidate al partner inglese.
In pratica questa prima fase è stata caratterizzata dalla soppressione di laboratori e di reparti addetti alle prove ed al collaudo con conseguente spostamento di lavoratori ai reparti di produzione. L'operazione non poteva tuttavia essere attuata in modo automatico se non con la riduzione degli occupati o l'espansione produttiva attraverso nuovi investimenti. La via seguita è stata, come noto, la prima. I provvedimenti adottati (soprattutto alla Bicocca e nell'area Milanese) sono stati: blocco delle assunzioni, licenziamenti « consensuali » e poi, più apertamente, cassa integrazione a zero ore per centinaia di operai ed impiegati.
Il movimento sindacale, seppure con qualche ritardo, ha saputo cogliere il senso dell'operazione che Pirelli stava conducendo, opponendo con la lotta una propria risposta complessiva che, accanto ad elementi di natura difensiva (mantenimento dei livelli di occupazione al
Lavordbxepirem
mensile degli operai e degli impiegati del gruppo Pirelli
Autorizzazione del Tribunale di Roma
n. 15481 del 29 Aprile 1974
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nord, rientro dei sospesi) conteneva importanti rivendicazioni che mettevano i lavoratori in posizione di attacco alla ristrutturazione padronale: richiesta di investimenti nel mezzogiorno e riconversioni produttive in direzione dei consumi sociali (pneumatici per l'agricoltura ed il trasporto pesante, cavi per il trasporto di energia, ecc.).
La ristrutturazione alla Pirelli si inseriva in un quadro di crisi economica le cui cause di origine internazionale (la crisi del dollaro scaricata dagli USA sull'Europa) si aggiungevano alla grave situazione del nostro Paese (inflazione galoppante, svalutazione della lira, aumento del costo delle materie prime, deficit della bilancia dei pagamenti, crisi energetica).
La risposta che i lavoratori davano alla Pirelli anticipava positivamente la risposta più complessiva che il sindacato andava preparando per imporre un nuovo tipo di sviluppo economico capace di far uscire il Paese dalla crisi in cui è stato costretto dalla politica di squilibrio, di mancate riforme, di spreco e di sostegno alla rendita parassitaria ed al capitale finanziario, fin qui seguita dai governi democristiani.
Accanto ai disegni di ridimensionamento dell'occupazione e di razionalizzazione produttiva, l'operazione padronale tentava di recuperare l'uso elastico della forza lavoro, ricacciando indietro le lotte dei lavoratori in tema di organizzazione del lavoro; la lotta contrattuale immediatamente aperta dopo l'accordo del Settembre 1973 ha però sventato tale disegno imponendo nuove conquiste in questa materia.
L'accordo su investimenti ed occupa-
zione ed il rinnovo contrattuale non sono sufficienti a garantire i lavoratori da nuovi attacchi padronali se non si è in grado di gestirli in modo attento e dinamico con concrete iniziative di lotta e di mobilitazione nei singoli reparti e nelle unità produttive del gruppo Pirelli.
Assistiamo oggi ad una recrudescenza della ristrutturazione in « barba » agli accordi sottoscritti. La Pirelli non attua infatti gli impegni assunti per quanto riguarda il mantenimento dei livelli di occupazione al nord: nelle fabbriche della provincia di Milano le assunzioni sono bloccate e non si provvede al rimpiazzo dei lavoratori che hanno lasciato l'azienda per dimissioni volontarie o per raggiunti limiti di età; i sospesi a zero ore che dovevano rientrare entro la fine dello scorso mese di marzo non sono stati richiamati in fabbrica; alla Bicocca è stato notevolmente smantellato il reparto cinturato-vettura senza procedere alle opportune riconversioni produttive: gli impegni di nuovi investimenti al sud subiscono gravi ritardi e gravi minacce si prospettano per l'occupazione nel settore degli articoli tecnici. In questa situazione, la Direzione richiede alle organizzazioni sindacali ore straordinarie in tutte le fabbriche e il lavoro al sabato.
La risposta della FULC a livello nazionale e provinciale è stata negativa, non tanto perchè ci si rifiuti a priori di entrare nel merito della contrattazione del lavoro straordinario nei casi previsti dal CCNL, ma per il semplice fatto che la richiesta della Direzione non può essere presa in seria considerazione nella situazione « di non rispetto degli accordi » in cui si colloca.
Non ultima la decisione della Pirelli
di ALDO LUCIANI
dí ridurre l'occupazione nelle fabbriche di cavi di Livorno, Milano, Napoli e Battipaglia sotto forma di ferie anticipate, invio di gruppi di lavoratori in cassa integrazione, riduzione di orario e blocco delle assunzioni. Si tratta ancora una volta di una manovra tendente a realizzare, attraverso spostamenti di personale, l'aumento dello sfruttamento. Questo provvedimento è motivato dalla Pirelli come risposta alla riduzione delle commesse da parte della SIP, la Società concessionaria dei telefoni.
E' più che mai evidente il pericoloso tentativo di una azione congiunta PIRELLI-SIP ai danni dell'economia nazionale.
L'accordo Pirelli-Dunlop venne a suo tempo presentato come un mezzo di acquisizione di una maggiore presenza sui mercati mondiali. In concreto Pirelli è rimasto legato sul piano produttivo alle commesse del settore pubblico: un sistema questo che lo pone in posizione redditiera riguardo ai prezzi di ricavo e che lo esenta dal costituire le scorte ed impegnarsi nella conquista di altri mercati. La Pirelli partecipa quindi direttamente ad una scelta per l'ulteriore aumento delle tariffe telefoniche.
La decisione della FULC di proclamare uno sciopero generale del gruppo Pirelli, di collegarsi all'azione dei lavoratori della SIP e di chiedere un incontro col ministro delle poste e telecomunicazioni, costituisce una prima risposta generalizzata a questo ulteriore attacco della Pirelli ai lavoratori. A questa iniziativa si collega la preannunciata manifestazione da tenersi in una città del mezzogiorno in collegamento coi disoccupati per la sollecita attuazione degli investimenti.
Un comitato congiunto dei coordinamenti nazionali dei lavoratori comunisti del gruppo Pirelli e della Sip
I coordinamenti nazionali dei comunisti della SIP e del gruppo PIRELLI, riuniti a Roma, hanno esaminato la grave situazione venutasi a creare a causa dei provvedimenti di messa in cassa integrazione e di blocco delle assunzioni presi dalla PIRELLI nei confronti dei lavoratori occupati negli stabilimenti produttori di cavi telefonici.
Estremamente grave è il fatto che il padronato possa colpire i livelli di occupazione con la copertura politica dell'Ente Telefonico di stato, il quale, in un momento di acuta crisi economica e politica quale quello attraversato in questo momento dal Paese, si adegua in pieno alla linea di compressione dei consumi e dell'occupazione voluta dall'attuale dirigenza DC dichiarando il ridimensionamento dei propri programmi di investimento.
I comunisti della SIP e della PIRELLI rilevano come, ancora una volta, si trova conferma del carattere distorto e subalterno che il gruppo dirigente DC attribuisce nel nostro Paese all'intervento pubblico nell'economia.
Già altre volte, infatti, il gruppo PIRELLI ha ottenuto il sollecito appoggio di enti di stato come la SIP e l'ENEL alle proprie scelte in tema di investimenti e di riduzione dell'occupazione.
E' attraverso provvedimenti e scelte di questo tipo che si snaturano i caratteri pubblici dell'intervento statale nell'economia, che si strumentalizza un patrimonio tecnico ed economico di grande valore sociale, che si disattende alla pressante richiesta di servizi sociali del Paese.
Non estraneo a questi fatti è il peso che la assurda struttura semiprivata dell'Ente Telefonico di stato esercita sulla politica di gestione del servizio telefonico: i privati, infatti, lucrano ingenti profitti sulle tariffe telefoniche e premono, con la copertura della stretta creditizia voluta dalla attuale dirigenza DC, per un loro aumento, bloccando d'altro canto i programmi di investimento.
I comunisti della SIP e del gruppo PIRELLI ritengono che questo ulteriore attacco all'occupazione configuri il tentativo padronale di cancellare gli impegni In tema di
investimenti al sud (2 nuovi stabilimenti per la produzione di cavi telefonici) strappati alla PIRELLI nel 1973 con 10 mesi di dura lotta, impegni che, già a proposito del mantenimento dell'occupazione nelle fabbriche del Gruppo la Pirelli ha mostrato di non voler soddisfare. Ritengono inoltre che il ricatto SIP sia sostanzialmente dettato dal tentativo di imporre nuovi aumenti delle tariffe telefoniche nel quadro dell'attacco generale al tenore di vita delle masse lavoratrici voluto dalla dirigenza attuale della DC.
Nel respingere questa nuova manovra padronale, i comunisti della SIP e del gruppo PIRELLI rinnovano il proprio impegno di lotta, aderendo alle indicazioni di sciopero di gruppo fornite dalla FULC, ed impegnandosi per arrivare al più presto a più stretti legami organizzativi tra lavoratori telefonici e lavoratori della gomma, nel quadro della risposta generale da dare agli attacchi del padronato ed alle tendenze involutive e conservatrici che prevalgono nell'attuale gruppo dirigente DC.
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DELL'EC ONOMIA NAZIONALE
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LA MECCANIZZAZIONE A SETTIMO TORINESE
di CARLO BONGIOANNI
Nel generale quadro della ristrutturazione che la Pirelli sta attuando ormai a tutti i livelli per tentare l'incremento dei margini di profitto, è inserita la meccanizzazione ossia il tentativo di rendere automatiche alcune operazioni all'interno del ciclo produttivo.
Queste modifiche tecniche (alcune effettivamente ardue) sono realizzate ormai a tutti i livelli all'interno della fabbrica si è iniziato dalle più semplici, come l'eliminazione dei trasporti a mano, installando catene e nastri autotrasportatori tra confezionatrici di 1 fase a quelle di 2 fase, da quella di 2 fase alle boiaccatrici e così via; per arrivare alla stiratura automatica delle fascie battistrada e al caricamento automatico dei vulcanizzatori.
Due miliardi di spese nell'arco di duetre anni per la realizzazione di queste innovazioni tecnologiche, che dovranno portare alla riduzione di 150-200 persone su di un organico complessivo di circa 2900 lavoratori a parità di produzione.
Molti giudizi e molte valutazioni sono state fatte su questa questione, ma vorrei evidenziare il giudizio che dà il padrone sulla meccanizzazione. Come ogni altra iniziativa padronale sull'organizzazione del lavoro anche la meccanizzazione è la conseguenza di una impostazione teorica assunta ormai come linea di condotta dalla Pirelli — Fiat — ecc.
tamento reale dei rapporti di forza a favore della classe operaia. Prevale però la scelta cosidetta « avanzata » rispetto ad una reazione di tipo squadristico, tendente a capovolgere con la forza la situazione, per riportare indietro l'Italia, (finanziatori della destra fascista).
Ora la pericolosità di questo tentativo reazionario è ormai acquisita da un vasto strato di masse lavoratrici, e da ampi settori dell'opinione pubblica, ed è per questo che la reazione del grande capitale Fiat-Pirelli ecc. batte un altro terreno (il primo oggi in Italia è impraticabile).
Una cosa dobbiamo avere però sempre presente: che il fine del capitale è sempre lo stesso, battere la classe operaia in quanto classe; e questo non per scelta pregiudiziale ma per una ragione di sopravvivenza, del capitale stesso e delle condizioni in cui può liberamente riprodursi.
Ora il capitale avanzato cerca di raggiungere il proprio fine con una tattica molto sottile.
Come obiettivo apparente si fa portatore di tutta una serie di temi propri del movimento operaio; si fa portatore delle necessità dei servizi sociali, critica le sue scelte fatte nel passato, distribuisce le responsabilità a destra e a manca.
Al grido di basta con lo sfruttamento si installano i robot a Settimo Torinese;
La risposta politica della classe operaia alle nuove
in questo senso l'affermazione di un dirigente Pirelli: « Qui dobbiamo parlare di problemi nostri, di problemi di fabbrica se vogliamo andare avanti, poi fuori piantiamo pure la bandiera per cambiare la società ».
Se la meccanizzazione quindi, da una parte risolve praticamente alcune situazioni di lavoro precario, essa in pratica non è altro che un pezzo del mosaico, che la Pirelli cerca di costruire per neutralizzare la spinta rinnovatrice che il movimento sta portando avanti, riproponendo vecchi equilibrii di potere. Con questo non voglio dire che il rinnovamento tecnologico sia di per se da combattere, esso è valido nel momento in cui migliora le condizioni di lavoro; ma la questione è al di là e al di sopra delle modifiche tecniche.
Oggi la questione è una questione di potere, e la classe operaia ne rivendica il diritto; per vincere; ha però la necessità di smascherare le false mire del capitale « illuminato », non concedendo nulla sul terreno della rigidità della forza lavoro-e del potere all'interno della fabbrica. Fabbrica — Società — Stato sono un solo anello, non sí possono scollegare, e ogni rilassamento in fabbrica comporta un arretramento su tutto il fronte.
Questa situazione neccessita un salto di qualità da parte del movimento, delegati e consiglio di fabbrica devono avere la capacità di saper collegare le questioni di fabbrica alle questioni sociali.
Ambiente di lavoro non significa solo modifiche tecniche, significa unità sanitarie di base, significa riforma sanitaria, migliori condizioni di lavoro non significano soló meccanizzazione, significano occupazione, investimenti nel sud, politica delle riforme, significano nuovo tipo di sviluppo.
Partecipazione non significa solo discutere con il padrone sulle scelte tecniche, essere coinvolto nei programmi, significa spostare i rapporti di forza, significa condizionare le scelte della Pirelli in rapporto all'utilizzo dei profitti.
Questa concezione nuova, che una parte del capitale ha assunto, è a sua volta conseguenza di un effettivo mutamento del reale. La rottura degli equilibri interni all'organizzazione, la messa in discussione della prassi del lavoro, hanno messo in discussione l'ideologia che di tale prassi ne era la giustificazione e il sostegno morale e ideale.
Di fronte a questi mutamenti, di cui il movimento operaio è il protagonista, sorge necessaria la reazione del capitale. Le reazioni sono state diverse, ma tra tante posizioni se ne delineano chiaramente due, definite normalmente con i nomi di « capitale arretrato » e « capitale avanzato ». Definizioni queste che di per se non traducono la realtà; anzi ne camuffano i contenuti reali e tentano di presentare in positivo ciò che di positivo non ha nulla. Ci troviamo comunque di fronte, fondamentalmete, due tipi di reazione del capitale nei confronti di un mu-
affermando che occorre ridurre -i costi sfruttando la tecnologia. Dicendo: « Avete ragione », si investono centinaia di milioni in modifiche ambientali, parallelamente si fanno sempre più presenti i pronunciamenti del tipo: « Noi dobbiamo... noi dobbiamo... » comprendendo in quel « noi » consiglio di fabbrica e direzione. Normalmente si insiste sul fatto che più si è competitivi sul mercato più si guadagna e più ce ne per tutti. Penso che queste poche esclamazioni diano già un quadro abbastanza significativo della situazione ma soprattutto facciano intravedere quale reale pericolo si nasconde; dietro questa logica padronale si va dritto filato all'aziendalismo, si perde di vista gli obiettivi di classe, si vede nel padrone quello che risolve i nostri problemi.
L'obiettivo di una nuova direzione politica del paese, in cui la classe lavoratrice abbia il posto che le spetta, diventa un problema del dopo lavoro; è significativa
Combattere l'alienazione non significa solo diminuire la ripetitività delle operazioni, significa essere i protagonisti, significa essere classe dirigente e singolarmente consapevoli che il nostro lavoro contribuisce alla realizzazione di quel disegno che in quanto classe ci siamo posti come fine.
Ecco dunque in sintesi (anche grossolanamente enunciati) i temi che ci permettono di rispondere in termini reali all'attacco del padrone « illuminato », nessun tema deve essere scollegato dal territorio, dalla società, dallo stato e su questi contenuti che dobbiamo confrontarci con il padrone.
Non vi è nulla di più paralizzante, che lo scervellarsi sulle modifiche tecniche all'organizzazione del lavoro che il padrone sta portando avanti, per tentare di scoprire dove ci frega. Nel momento in cui scadiamo su questa tematica siamo già battuti, perchè a questo punto è facile per il padrone, dimostrare che egli ha la volontà di risolvere i pròblemi dei lavoratori, per il semplice fatto che i problemi che noi poniamo non sono i problemi che il movimento oggi ha di fronte.
tecniche produttive del padronato fl. illuminato"
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LavoratorePieli DAGLI STABILIMENTI
FIGLINE VALDARNO
Il ruolo unitario dei Comunisti
1° - avere una mano d'opera da poter utilizzare per la razionalizzazione e la dequalificazione delle fasi produttive dello stabilimento di Figline Valdarno, con il conseguente inquadramento della stragrande maggioranza dei lavoratori nelle categorie più basse;
2° - ricerca di una mano d'opera poco sindacalizzata da permettere al padronato di conseguire le proprie scelte.
una notevole disincentivazione del cottimo.
Il nostro Partito in questi ultimi anni ha avuto una notevole crescita, sia in termini di peso politico all'interno della fabbrica e nel numero degli iscritti (infatti nel tesseramento del 1974 abbiamo avuto un reclutamento di oltre 30 compagni); attualmente abbiamo raggiunto i 107 iscritti al P.C.I.
Per valutare la situazione politica interna alla fabbrica, e la capacità di lotta che la classe operaia sa e può esprimere nelle vertenze aziendali, contrattuali e sociali, noi dobbiamo tenere di conto delle grandi possibilità di intervento del padrone Pirelli (che è un monopolio a carattere Internazionale), nel disorientare, dividere e ricattare i lavoratori.
Queste possibilità gli sono date da una forte concentrazione capitalistica e da una lunga esperienza di azione antioperaia ed antisindacale che si è costruito da anni nei vari stabilimenti italiani e stranieri.
TIVOLI
Lo sviluppo dello stabilimento Pirelli di Figline Valdarno è avvenuto con i criteri classici di sviluppo capitalistico. Infatti l'occupazione di mano d'opera dequalificata non ha minimamente risolto i gravi problemi del pendolarismo verso Firenze in quanto questo fenomeno si registra tutt'ora nella sua grave pesantezza; dall'altra assistiamo ad una fuga sempre maggiore dalle campagne di lavoratori che si occupano nello stabilimento Pirelli con il conseguente depauperamento della economia della intera zona.
Questo ha risposto a due esigenze fondamentali per il padrone Pirelli:
Queste scelte della Pirelli però non hanno avuto facile applicazione, perchè le grandi tradizioni democratiche e antifasciste che hanno sempre caratterizzato la popolazione della nostra zona, all'esplodere delle grandi lotte del 1969 hanno fatto maturare anche alla Pirelli l'esigenza di contrapporre ad un così grosso padrone la massima mobilitazione ed organizzazione. Da quì la nascita del primo consiglio di fabbrica e della Cellula del nostro Partito che poi è divenuta Sezione « A. Gramsci P.C.I. Pirelli ».
Questo ci ha permesso di raggiungere soprattutto negli ultimi tempi dei buoni risultati, tra i quali gli ultimi accordi aziendali del mese di Marzo, nei quali, oltre ad un aumento del salario. abbiamo ottenuto la mensilizzazione del salario, una dinamica dell'applicazione dell'inquadramento unico, la realizzazione di una mensa calda aziendale entro il Giugno del '75, ed
Oggi i compagni attivisti della Sezione A. Gramsci P.C.I. Pirelli, si distinguono nella diffusione dell'Unità che viene effettuata una volta alla settimana raggiungendo le 100 copie. Anche l'abbonamento al giornale « Lavoratori Pirelli » ha dato buoni risultati, anche se c'è la esigenza di andare avanti in questa direzione. Certo davanti ad una crescita di una coscienza politica e sindaca;e tra i lavoratori dello stabilimento c'è stata e continua la risposta padronale, che anche nel nostro stabilimento di Figline Valdarno trova il suo momento maggiore nella ristrutturazione.
Infatti la Direzione cerca attraverso l'aumento della assegnazione macchine, di intensificare i ritmi di lavoro e di aumentare attraverso la produzione il proprio profitto.
Davanti a questa manovra il nostro partito cerca di sviluppare il dibattito fra i lavoratori e le forze sociali e politiche, per arrivare ad una mobilitazione unitaria di tutti i lavoratori.
Lavoratoil della Pirelli, la crisi del Governo Rumor ha messo in luce la impossibilità di continuare sulla strada sbagliata che la D.C. ha voluto imporre allo sviluppo economico sociale dell'Italia.
Le scelte dei vari Governi sono servite a favorire sem-
pre gli interessi dei ricchi contro le giuste richieste dei lavoratori.
Ciò ha dato fiato alle manovre fasciste ed ha reso difficile la situazione economica.
Per risolvere le questioni economiche la D.C. vorrebbe imporre nuovi sacrifici ai la-
voratori, agli artigiani, ai piccoli imprenditori, al popolo.
Questa linea che aggraverebbe le condizioni di vita di tutte le famiglie italiane renderebbe ancora più grave la stessa situazione economica.
Il P.C.I. alla testa delle forze popolari indica ai lavoratori, nella lotta per un cambiamento profondo dei metodi e degli indirizzi di governo, la sola strada capace di soddisfare le necessità del paese. Il P.C.I. propone perciò ai lavoratori:
Lotta unitaria contro le trame eversive, finanziatori, mandanti ed esecutori dei delitti fascisti;
Lotta unitaria per imporre il risanamento della vita pubblica, la fine degli scandali, del malcostume, delle clientele, del sottogoverno;
Lotta unitaria per imporre la fine degli sprechi, della fuga all'estero dei capitali prodotti dal lavoro degli operai italiani e la utilizzazione a fini sociali delle risorse disponibili.
Questa è la strada per uscire dalla crisi, per risanare l'economia italiana, per ottenere il consenso dei lavoratori.
LA CELLULA DEL P.C.I. della Pirelli di Tivoli
4
Un volantino sul rinnovamento della direzione politica
IL 300 DI RINASCITA
IN OCCASIONE DEL 30° ANNIVERSARIO
DI RINASCITA RIPORTIAMO ALCUNI
SIGNIFICATIVI STRALCI DI UN ARTICOLO
DI GIAN CARLO PAJETTA SCRITTO
SUL « CONTEMPORANEO » NEL NUMERO 27
DELLA RIVISTA DEL PARTITO
Siamo stati il partito dell'Ordine
Il partito nuovo é stato il partito di Rinascita: e quando Rinascita si è trasformata in settimanale, anche questo ha segnato un momento nuovo nel nostro modo di far politica, di intervenire, nel modo di dirigere di Palmiro Togliatti. Noi non abbiamo avuto mai — e più di nu compagno straniero ce lo ha fatto notare qualche volta un pò imbarazzato e incuriosito — una rivista teorica fatta su un clichè che pareva ormai universale nel movimento comunista internazionale. Chi vuol sapere quello che non siamo stati mai e conoscere invece quello che ha voluto e saputo essere, nella sua storia, il Partito comunista italiano, così come lo hanno educato e diretto Gramsci e Togliatti, può rifarsi alla rivista del partito. Una rivista di volta in volta diversa, capace di rinnovarsi, di sottolineare che l'essenziale della continuità consiste nel seguire una realtà in movimento, di essere uno strumento capace di capire e di determinare processi nuovi, ai quali non si guarda mai come spettatori o come profeti, ma dei quali ci si sa protagonisti.
Ebbene, il documento per capire che cos'é stata la rivista, e che cosa ha significato la sua trasformazione ín settimanale nella primavera del 1962, il documento — pensato e scritto — c'è. Ed è il lungo editoriale dedicato, pochi mesi dopo, da Togliatti all'inizio del ventesimo anno della rivista. Era il numero uno del 1963, e forse gli parve l'occasione per trarre un primo bilancio di un'esperienza non facile, alla quale si era arrivati dopo tanto discutere e qualche esitazione, e che ora poteva ritenersi felicemente compiuta e certamente vitale.
Togliatti temeva che ci si accontentasse di un settimanale di facile propaganda, e al tempo stesso considerava essenziale per il partito l'indirizzo quotidiano e l'informazione attenta che l'Unità doveva assicurare giorno per 'giorno. Voleva che i quadri, che il maggior numero possibile di militanti guardassero di più a fondo nelle cose, che apprendessero dibattendo, che non dimenticassero il metodo e i principi che fanno dell'insegnamento dei maestri un'arma per la lotta, non mai un repertorio al quale sia possibile affidarsi senza spirito critico. Per questo la rivista del partito fu sempre e resta un modo essenziale del suo far politica. Non è mai uno specchio che rifletta una realtà che le è in qualche modo esterna, non può essere un'antologia di risoluzioni, di direttive che credano in qualche modo di imporsi aì processi reali. Così Togliatti, in quell'ormai lontano gennaio 1963, partendo dal momento del suo ritorno in Italia e del partito al governo e nella resistenza, sottolinea la continuità di una rivista, difficile a farsi perché ha rappresentato e rappresenta l'intreccio di una elaborazione e di una lotta parimenti difficili. Ricorda le conquiste di slancio della rivoluzione antifascista e del partito di massa, con quello che hanno significato negli anni cruciali; e poi l'opera faticosa di penetra-
zione che succede allo slancio iniziale, e l'adeguarsi continuo del partito e della sua rivista a una società nuova; che significano, fin dal primo momento, continuità e rinnovamento. Ed è su questo aspetto, su questo segno di faticata vitalità che viene messo l'accento dopo diciannove anni, con la sicura consapevolezza che la nuova prova voluta dopo gli anni travagliati del ventesimo congresso, del nostro ottavo congresso, dell'iniziato centro-sinistra, è stata non solo un successo di Rinascita, ma una garanzia della validità della politica del partito.
Il richiamo ai principi è netto, ma conciso. E' una dichiarazione perentoria, non certo nei confronti di quello che è nuovo, ma di ogni cosa che possa anche soltanto sembrare un vezzo di mode politiche culturali.
Quando Togliatti scrive sono passati dieci anni dal 1953. E' già lontano nel tempo il ventesimo congresso, si sono già mostrate effimere anche certe generose illusioni; ma il nodo da affrontare pare ancora in questa occasione quello, in parte non risolto, della deformazione del periodo staliniano. Togliatti sente un duplice bisogno nell'affrontarlo: prima rendere esplicita una condanna che egli non legò ai clamori del primo momento, i quali anzi gli apparvero per molti aspetti rozzi o ingenui; poi, ricordare quello che era stato sempre il partito italiano perchè la lezione fosse considerata in tutta la sua attualità.
Non c'è in lui certo l'intenzione di minimizzare, di nascondere quello che di negativo pesò su di noi come parte del movimento comunista internazionale. C'è, però, una chiara rivendicazione di forza intellettuale di coraggio rivoluzionario: che non vale del resto solo per l'Italia per i comunisti italiani.
Così viene ricordato (e la rivista è presa proprio a testimonianza documentaria) che ci fu sempre uno sforzo costante così che nella ricerca ed elaborazione autonoma nostra, a proposito di problemi interni e internazionali del nostro paese, il riflesso di quelle dottrine è assai difficile trovarlo perchè tutto si muove in una direzione radicalmente diversa.
Si fa riferimento, quasi con minuzia, allo studio attento della realtà in tutto il suo sviluppo. Si pone il problema dell'atteggiamento nel confronto dell'avversario ricordando come la passione non debba far dimenticare mai il metodo della scienza. e L'avversario deve essere combattuto e per poter essere efficacemente combattuto deve essere capito e valutato con correttezza w.
E' la rivendicazione di un modo di fare la rivista, ed è un proposito, che sono insieme il richiamo a una profonda originalità e a una necessità politica. Nelle parole di Togliatti c'è già il primo consuntivo di come si sono andati affrontando i problemi di un'Italia in rapida mutazione e c'è la convinzione che Rinascita non è un lusso per il partito, tanto meno una palestra riservata a un'èlite di intellettuali, ma lo strumento di ricerca per tante novità
delle quali il partito nel suo insieme deve rendersi conto.
E la nuova Rinascita è l'arma per un combattimento ravvicinato che si fa più complesso. Non era infatti quello un momento facile per fare un settimanale che conti-
nuasse ad avere l'incidenza che Rinascita aveva avuto nei suoi momenti migliori. Bisognava esplorare zone nuove della realtà; approfondire problemi sui quali ci si accorgeva di non aver lavorato abbastanza; allargare la zona dell'interven-
to critico, della polemica, delle proposte positive. Bisognava rendere omogeneo in quest'opera, il quadro del partito, realizzare appieno la fusione delle penerazioni che si erano incontrate e che in qualche modo si apprestavano a darsi il cambio.
il corsivamm
FUGA IN SVIZZERA
Il governo dà le dimissioni, il Presidente della Repubblica le respinge, Rumor rimane in attesa, aspettando i vertici. I vertici, cioè i partiti che formano la maggioranza, dal canto loro fanno i conti sulla punta del naso degli italiani che lavorano e chiedono loro grossi sacrifici. Salariati e stipendiati, si sa, sono per la maggior parte sfrenati gaudenti, soliti a spendere in gozzoviglie tutti i loro averi, è giusto quindi colpire i loro elevati redditi con tasse più severe. Si dice che tra questi ci siano alcuni scriteriati che, insaziabili, mangiano due, a volte tre, bistecche alla settimana. Questa assurda voracità va giustamente condannata e punita.
Noi scriviamo queste righe ignorando, ovviamente, in che modo sarà risolta, se sarà risolta, questa crisi in sospensione del governo Rumor, il giorno in cui i lettori leggeranno questo nostro giornale. Come è noto, la crisi si è aperta in seguito a contrasti di politica economica, in particolare sui problemi della restrizione del credito e degli inasprimenti fiscali: • Non entreremo nel merito, materia a noi ostica. Tuttavia dobbiamo ammettere di estere rimasti piacevolmente colpiti dalla celerità con cui il governo è caduto e rialzato. Nessuno batte la D.C. in aueste cose. Pur di non cambiare niente, riesce a mantenersi Perfettamente immobge per anni alla massima velocità. Tanto è vera che per essere veloce anche nel
cambio di uomini, ad ogni crisi di governo allestisce immediatamente il ben noto triste spettacolo esibendo al pubblico i soliti sei notabili, candidati al potere, che oltretutto deturpano le pagine dei giornali con quelle loro facce assurde da piante carnivore.
Tra i vari servizi che i giornali hanno dedicato alla crisi, uno ci ha colpito in modo speciale. Sul « Corriere di informazione » dell'1116 - pag. 5 - abbiamo letto una dichiarazione del Senatore D.C. Bartolomei, fanfaniano, uomo che a differenza del suo capo corrente, non usa deporre le proprie parole in preziosi cofanetti tempestati di gemme, ma parla brusco e sassoso. Il senatore — ai socialisti che giustamente pretendevano una politica creditizia favorevole almeno al mantenimento della occupazione — pare abbia replicato: « Anche la D.C. si preoccupa delle condizioni dei lavoratori, ma il fatto è che se non abbiamo soldi dove li prendiamo? ». Dall'estero no, dice, perchè non diamo garanzie sufficienti. Quindi dai lavoratori, sempre dai lavoratori. Si va sul sicuro.
Ogni qualvolta un dirigente D.C. afferma di preoccuparsi dei lavoratori, questi cominciano a preoccuparsi davvero e seriamente. I meno abbienti pagheranno con pesanti sacrifici i guasti provocati da governanti incapaci. che hann,) portato il paese sull'orlo del disactro a causa della loro politica economica fallimentare. La mancata attua-
zione di un piano organico di riforme, la voluta cecità nei confronti delle indicazioni dei lavoratori e dei loro sindacati, espresse in tante lotte, la si vuol far pagare ora a coloro che lavorano. Tutto ciò è semplicemente ignobile.
Nel 1973, secondo fonti sicure, sono « fuggiti » clandestinamente all'estero 900 miliardi circa di lire. Come sono finiti là? Il senatore Bartolomei, che ci piace immaginare ghiacciato con la ciliegina, non lo sa ma lo pensa. E' probabile, anzi è certo, che i miliardi fuggiti in Svizzera non siano capitali dei ricchi signori che hanno sfruttato i lavoratori, ma somme spese da quest'ultimi in preda a sfrenate, peccaminose orge consumistiche. A chi non è capitato di spendere somme favolose alla frontiera, mettiamo, di Chiasso? Chi è colui, scriteriato, che non ha speso ingenti somme, investito ingenti capitali acquistando almeno un accendino svizzero? O in sigarette?
OPpure (i diabolici!) in pillole?
Chi di noi non è rimasto affascinato almeno una volta da quelle graziose pendole svizzere a cucù, con l'uccellino che quando va bene esce dal buco?
Noi personalmente ne abbiamo una in casa, l'abbiamo pagata un occhio della testa. Però il giorno che l'abbiamo appesa siamo rimasti un po' maluccio perché abbiamo scoperto che l'uccellino ha un difetto di pronuncia: esce dal buco e fà. « Fan fan cu... fan fan cu ».
H. Banbury
Rinascita 2ellimade AMI* Pile. 73‘41•111 N. (zaena mie) ma* i, 3~ $ masi• 1133 Lier n* Per una Italia nuova :,-,...-....,.-..,.....r.:2-_,.......: ' • 17:;:, =1"1: ;•:=7...., 2 p.=1= nr,..: roi:== . ....".. ..... '.. t. M...,4*no.. «A W...m= p:* ...7.Zr.-. 7 IN 1 0, ,rd• 45,;::: .2 , , ., .....,„: .... :.-, 7. -.7... --=.= r...=.• . 7. = za •••• ".•'• • ••••• .• ..." ^i2 t'.7.'" '''' •''''' "" "....". linr."..."`""" ''.' ^.~. ::""===. a a ...... • ....... Er: --........:..7.:*714 ..=--.....:-..... . =' ,.....21-`.:7. ..._ =1:,......"1":- .r. -17.-2-:' .=-, ---.“- • =•:-.-:....-:::: = = - .......«.;•.......-...I -- ...- • -- m - . - .~.. •• ,Y1 ••• aa ..1. aku.a w aa. a •... 2-, -- L ..., h ••••• 1,•• ••••••., ..k. • ~.• ra........... • .... • .... .` "‘:"""‘ .....= ',""=:"=""" ..= a '."...".=•":"""..... '''" tr ••"'•" • """ " "" 7 """""Z" "..r. 1a ...:....r. • ..... • ,....... ra..........: • ... i"... .7.-"" ".""' ".":::::•• "...• .......... o. *h a *........ ....• • • ........ • a. a... ....,.......•.........., ...a ....=••••-r, ....., .. • ............ -:-;,- - -...........- ---•- - - - ----- - ~.....- 7:".- • •• - • .- - ••• -17.=..."7-. ,..r.= = '---"---'',==...--nt. - "•:..-« -2=1.- ^: -.-...:.-..:....rr........--t..._—.,..-.--=,-, - !..t.....r......, ,.r.--;..77,-,-,.Fiat Pagia• 23 1.3..... Vaticano p... Lettere inedite di Gramsci
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L'ITALIA CONTRO IL FASCISMO UN PAESE DEMOCRATICO
di GABRIELLA BONVINI
I FISCHI DI BRESCIA
CONTRO IL SISTEMA
DI POTERE CHE HA TOLLERATO
LE TRAME NERE
RINSALDANO I VALORI
DI LIBERTA' E DI DEMOCRAZIA
AFFERMATI DAL MOVIMENTO DEI LAVORATORI
Il giorno dei funerali delle vittime della barbara strage fascista di Brescia è stato indubbiamente ricco di motivi di riflessione. E ancora prima, il pomeriggio stesso del 28 maggio, nelle fabbriche, nelle camere del lavoro, nelle sedi unitarie, durante le prime fermate spontanee o durante la preparazione del grande sciopero generale del 29, si respirava un'aria tesa e decisa che non dimenticheremo facilmente.
Di fronte a questo ennesimo delitto politico perpetrato dai fascisti si è sollevata una nazione intiera, dando la misura di quanto siano mutati i connotati politici dell'Italia repubblicana.
Ma era sopratutto nelle assemblee organizzate in fretta e furia il giorno della strage, quando il dirigente sindacale o il compagno della federazione del partito si trovava a parlare di fronte ad una platea all'improvviso silenziosa e attenta per dire le poche cose pratiche e concrete per mettere insieme lo sciopero che si poteva cogliere la forza immensa che la classe operaia sa sviluppare nei momenti più difficili e più duri, quando sembrerebbe inevitabile la caduta nel qualunquismo, nello scoramento, nella logica della provocazione.
Si è visto sorgere in poche ore un fronte così ampio e compatto di condanna antifascista che la situazione stessa del Paese e la stessa posizione del governo ne hanno profondamente risentito. Non è un caso che tanti aspetti della strategia della tensione siano finalmente usciti in quei giorni dall'ombra dei mezzi silenzi, delle confusioni interessate, dei trinceramenti dietro ingiustificati e dignitosi riserbi.
Organi dello stato che sino ad allora avevano tollerato che su questi fatti non fosse mai fatta piena luce o che, peggio; si erano cimentati nell'ignobile giochetto degli "opposti estremismi" sono stati costretti a prendere finalmente atto che esiste anche un limite alla furbizia gattopardesca, che esiste un limite al di là del quale nessuna ragione di stato può giustificare spregiudicatezze che diventano concrete complicità di strage.
E il giorno dei funerali il Capo dello Stato ha ricevuto una accoglienza fredda e ostile. I fischi a Leone erano fischi rivolti alla colpevole inerzia che ha caratterizzato l'azione del potere statale nei confronti delle trame nere dal '69 ad oggi, all'insensato disegno di poter furbescamente scatenare la canaglia assassina e cogliere poi i frutti del disorientamento e del terrore sparsi con tanta puntualità e tanta dovizia di mezzi nel nostro Paese.
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MILANO • A poche ore dalla strage di Brescia, cinquemila lavoratori del secondo turno della Pirelli Bicocca hanno sospeso il lavoro e, in corteo, hanno manifestato il loro sdegno e la loro protesta nelle vie del quartiere dove sorge il grande stabilimento della gomma. Nella foto: il corteo degli operai della Bicocca in viale Fulvio Testi.
Gli attentati registrati dalla cronaca dal '69 al '74 sono molti di più di quelli ricordati nelle sei cartine. Abbiamo segnalato soltanto gli attentati più importanti e quelli maggior. mente indicativi. Non bisogna inoltre dimentica re che l'avvio della strategia della tensione incomincia ben prima del '69. Soltanto a Padova, prima della bomba scoppiata nello studio del rettore professor Opocher, si erano avuti una ventina di attentati.
Ancora una volta i comunisti hanno pagato con la vita il loro impegno di milizia politica, fatto di rigore, di serietà, di prudenza, di decisione. Di fronte alle bare dei nostri compagni morti sono passati i rappresentanti del potere statale, della DC, delle forze economiche che in venti anni di malgoverno hanno consentito che si arrivasse a questo punto.
Centinaia di migliaia di lavoratori, di cittadini, di studenti che si erano dati appuntamento a Brescia per l'estremo saluto a queste nuove vittime della rabbia fascista hanno trovato troppo offensivo il paragone tra quei poveri resti e i rappresentanti del potere democristiano, gli uomini delle "limousines", gli inaffondabili dei ministeri. E hanno fischiato.
Chi si era illuso di poter condurre in porto questo disegno criminale della strategia della tensione, dopo Brescia deve rifare bene i suoi conti. L'opera di difesa democratica, però, deve andare avan-
ti. Certo bisogna reagire, abbiamo reagito. La reazione all'attentato di Brescia ha dato una misura esaltante della saldezza dei convincimenti antifascisti del Paese. Ma questo non può costituire alibi per nessuno. L'appello antifascista è anche appello ad alcuni valori semplici: l'onestà, il rigore della giustizia, la correttezza nei pubblici affari. E la DC parla invece di possibili, vergognose, interessate amnistie! La rabbia della gente, esasperata dal malgoverno democristiano e dall'infamia fascista chiede un soddisfacimento. Occorre cambiare strada, incamminarci verso un reale risanamento del Paese, raggiungere un ragionevole livello di stabilità politica ed economica. Occorre che qualcuno paghi per gli errori e le storture che segnano la nostra storia recente. Chi ha sempre pagato ora è stanco e non più dispoito a sacrificarsi per chi detiene il potere economico e politico. E' questo l'unico modo per onorare anche i caduti di Brescia, assassinati mentre dimostravano contro il fascismo.
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LA TRAMA DELL'EVERSIONE
Il neofascismo italiano ha tante etichette per un solo prodotto: la sovversione, il terrore, la violenza. Attorno alla « casa madre » del MSI sono fiorite le succursali fasciste, attraverso un gioco delle parti che, in qualche caso, è addirittura trasparente.
Alcune sono emanazioni dirette del partito di Almirante, altre fiancheggiatrici, spesso le denominazioni cambiano in un balletto di sigle fatto per tentare di confondere le idee che però gli episodi di violenza, dalle aggressioni agli attentati, rendono molto chiare.
Ecco un elenco delle più importanti organizzazioni:
FRONTE DELLA GIOVENTU'
E' emanazione diretta del Movimento sociale italiano, capeggiato da un deputato del MSI, Massimo Anderson. E' specializzato nelle aggressioni agli studenti; le sue sedi sono, quasi sempre, abbinate a quelle del MSI. A Milano tra i suoi dirigenti ci sono stati Gian Luigi Radice, nota figura di teppista e di bombardiere, accusato di tentata ricostituzione del partito fascista, e Davide Beretta, finito in carcere nel febbraio del 1972, dopo tre attentati delle SAM, in seguito alle rivelazioni di un giovanissimo dinamitardo, Angelo Angeli, ora latitante in Svizzera.
GIOVANE ITALIA
E' una « corporazione studentesca » di cui è presidente il deputato del MSI Pietro Cerullo, che è anche reggente la federazione del MSI di Bologna, e che nei giorni scorsi è stato incriminato per tentata ricostituzione del partito fascista.
ORDINE NUOVO
E' stato sciolto nel novembre 1973 dopo una sentenza del Tribunale di Roma con la quale si stabiliva che il movimento aveva violato la legge del 1952 che vieta la ricostituzione del partito fascista.
« Ordine Nuovo » trasse origine da un nucleo raggruppato, nel dopoguerra, attorno alla rivista « Imperium », ispirata all'ideologia razzista e nazifascista di Jules Evola. Ufficialmente fu fondato nel 1954 da Pino Rauti, deputato del MSI, accusato per la strage di piazza Fontana. Rauti uscì dal MSI nel 1955 per dissensi con l'allora segretario Michelini accusato di aver tradito « la vocazione più alta del MSI, cioè la continuità ideale delle battaglie combattute sotto le insegne della Repubblica sociale ».
Rauti (che è stato denunciato negli anni '50 per una serie di attentati), rientrò nel MSI nel 1969, dopo la nomina di Almirante a segretario del partito. « Ordine Nuovo » era tuttavia rimasto in piedi e tra i suoi dirigenti c'era Elio Massagrande, fuggito in Svizzera perchè ricercato per la trama nera che fa capo a Freda e Ventura.
AVANGUARDIA NAZIONALE
E' stata costituita a Una nel dicembre del 1959. Fra i fondatori, rappresentati da un gruppo di giovani che si proclamavano in disaccordo col MSI giudicato « molle », c'è Stefano Delle Chiaie, latitante, imputato per la strage di piazza Fontana. La denominazione originaria era quella di « Avanguardia nazionale giovanile ». Scioltasi nel 1962, dopo una sentenza che condannava i suoi esponenti per apologia continuata di fascismo, fu ricostituita, sempre per iniziativa di Stefano Delle Chiaie, nel 1970. A
questa organizzazione appartengono, fra gli altri, Alessandro D'Intino e Salvatore Vivirito, due dei terroristi fascisti del campo paramilitare delle SAM nel Reatino.
ROSA DEI VENTI
E' un gruppo della organizzazione « Giustizieri d'Italia », scoperta pochi mesi fa. Le sue ramificazioni si estendono d'a Padova alla Versilia e alla Lunigiana. Aveva preparato un piano per eliminare 1.600 persone. Quando i carabinieri fecero irruzione in casa di uno dei suoi dirigenti, il medico fanatico nazista Porta Casucci, trovarono anche il senatore del MSI Giorgio Pisanò, direttore di Candido. Per l'attività di questa organizzazione è in carcere il colonnello Amos Spiazzi; due generali dell'Esercito sono coinvolti nella clamorosa vicenda.
ORDINE NERO
Pare sia sorto al posto del disciolto « Ordine Nuovo » e dell'organizzazione « La Fenice ». Quest'ultima era diretta dal latitante Giancarlo Rognoni e ne faceva parte, fra gli altri, Nico Azzi, autore di un fallito attentato, il 7 aprile dell'anno scorso, al direttissimo Torino-Roma.
Nelle elezioni del 1972 La Fenice, periodico del gruppo omonimo, fece propaganda per il MSI e pubblicò un ringraziamento « per l'aiuto ottenuto » al sen. Gastone Nencioni, capogruppo del MSI a Palazzo Madama, a Franco Maria Servello, vice segretario nazionale del MSI, a Nicola Romeo, deputato missino, deceduto recentemente, all'avv. Benito Bollati, che gli è subentrato alla Camera, a Franco Petronio, noto teppista e deputato del MSI, a Tommaso Staiti di Cuddia, consigliere comunale del MSI a Milano. Nico Azzi, agli inquirenti, dichiarò: « Servello è sempre stato il nostro emblema, la personalità alla quale ci siamo sempre ispirati ».
Al gruppo « La Fenice » era collegato Giancarlo Esposti, il bombardiere fascista ucciso in uno scontro a fuoco con i carabinieri giovedì mattina nel campo paramilitare di Rascino.
« Ordine Nero » ha fatto la sua prima comparsa nel marzo scorso a Milano con un attentato compiuto contro alcuni uffici del Corriere della Sera. Altri episodi di terrorismo firmati da questa organizzazione (che si suddivide in sezioni che portano il nome di scrittori stranieri fascisti, come Celine) sono stati i recenti attentati alla Federazione del PSI di Lecco e all'Esattoria civica di Milano. E' l'organizzazione che ha rivendicato, con un messaggio trovato a Trieste, la responsabilità della strage fascista di martedì scorso a Brescia.
I deliranti messaggi di « Ordine Nero » sono spesso seguiti dalla dicitura Anno zero, titolo di un foglio clandestino fascista, una copia del quale era in possesso di Silvio Ferrari, il giovane neofascista saltato in aria sul suo scooter a Brescia il 19 ma crain scorso mentre si apprestava a compiere un attentato.
FRONTE NAZIONALE
E' il movimento che fa capo a Junio Valerio Borghese, capo dei criminali della « X Mas » durante la Repubblica di Salò, autore di un progettato « golpe ». Diramazione del « Fronte Nazionale » è l'« Associazione Amici delle Forze Armate » che esordi, nel 1971, con un raduno al
teatro Adriano di Roma durante il quale si esibirono il deputato del MSI Caradonna, famigerato capo di squadracce, il defunto generale De Lorenzo, passato dai monarchici al MSI, e altri personaggi che hanno poi preso il largo perchè colpiti da mandato di cattura.
LOTTA DI POPOLO
E' un'associazione di ispirazione nazista che ha tentato, usando un linguaggio pseudo rivoluzionario, di infiltrarsi, senza successo, in gruppi di sinistra.
MAR
E' il « Movimento di azione rivoluzionaria » che fa capo a Carlo Fumagalli.
FUAN
« Fronte nazionale Universitario ».
Opera in numerose università italiane. SAM
Sono le « Squadre d'Azione Mussolini ». Secondo una opinione diffusa, condivisa anche da esperti della polizia, le SAM, in quanto tali, non esistono: si tratta soltanto di un'etichetta che viene utilizzata da diverse organizzazioni fasciste per « firmare » atti di terrorismo e coprire i veri autori.
GIUSTIZIERI D'ITALIA
Si tratta di un gruppo clandestino che opera su tutto il territorio nazionale. La sua attività preferita è l'invio di minacce, accompagnate da pallottole, a uomini politici, giornalisti, scrittori. I « Giustizieri d'Italia » hanno rivendicato il sequestro dell'attrice Franca Rame avvenuto a Milano.
....00000i 4 OTTOBRE Scuola slovena 17 GENNAIO Casa dello studente e auto del se• gretario della FIOM 2 AGOSTO Palauo della Regione 18 FEBBRAIO Stabilimento Rotograf 1 LUGLIO Auto sindacalista 24 MARZO mnata11F jugoslavo 16 APRILE Federazione PSI e sezione PCI 22 MAGGIO Quattro attentati DICEMBRE Garage del procu• ratore generale D'Espinosa 22 OTTOBRE Treni verso Reggio Calabria 3 FEBBRAIO Sezione PCI 10 FEBBRAIO Tre attentati 20 FEBBRAIO CasadiTTcisfir procuratore Alessandria( 23 AGOSTO e 11 OTTOBRE Binarri delle Valtellina 10 APRILE trà dl sociologia 10 SETTEMBRE Lineigennero 3 OTTOBRE TrTWilT cinematografici 17 APRILE Studio del rettore Opocher TRIESTE VENEZIA 25 APRILE Fiera e stazione ferr. centrale 12 DICEMBRE Strage alla Banca dell'Agricoltura e Condi 9 AGOSTO Treni Vicenza, Pe• scara, Terni, Bre. scia, L'Aquila, Caserta, Venezia e Milano 20 OTTOBRE Atrio facoltà di architettura 11 APRILE Traliccio 14 APRILE fizoliccio 12 DICEMBRE Sede del PCI PESCARA ROMA 2 DICEMBRE Ba ca del Lavoro e Altare della Patria 21 OTTOBRE Sezione PCI di Fuorigrotta 1 DICEMBRE Sezione PSI di Montecalvario 1 GENNAIO PALERMO Municipio e Pala:zo della Regione r... CATANZARO 1 4 FEBBRAIO Muore Malacarla 3 GENNAIO PALERMO Giornale l'Ora REGGIO CALABRIA 7 APRILE li missino Nicola Azzi tenta di far saltare il treno della linea Torino-Genova 21 DICEMBRE Attentato contro la casa di un extraparlamentare di sinistra. Ferito un agente V2"" 23 OTTOBRE Esplode una bomba sotto il monumento ai Caduti della Resistenza 12 APRILE Bombe fasciste contro la polizia. Muore l'agente Antonio Marino 11 MAGGIO Strage davanti alla Questura. Muoiono 4 persone 10 NOVEMBRE < Bombe firmate SAM esplose al cinema Dal Verme a 11 DICEMBRE Bombe delle SAM contro il Palazzo di Glik stilla 13 DICEMBRE Vengono trovate e di. sinnescate bombe al COLLA e Rinascente 10 FEBBRAIO La sede dell'ANPI è devastata da una bomba firmata SAM 23.26 APRILE Bombe SAM contro la esattoria comunale e una sede di un partito extraparlamentare 6.10 MAGGIO Devastata una sede della DC e bomba alla Regione Lombarda Il neofascista Kim Boum« viene arrastato coa pacchetti \ dinamite simili a quelli rinvenuti accanto al cadavere di Feltrinelli 19 MAGGIO Il neofascista Silvia Ferrar' salta in aria mentre trasportava losive Strage in piazza della Loggia con i morti e 94 feriti 22 APRILf Sabotate cori una carica la linea ferroviaria FIRENZE-BOLOGNA 11 MARZO 18 88918,V Romba al mercato. Bomba WC a un so On morto permarrai° 16 MAGGIO 7 0M2138A9 il OFITI/103 AIJATI'J
LE BOMBE DELLA STRATEGIA «NERA»
La risposta dei lavoratori al carovita
di ROMANO BONIFACCI
Gli scatti della contingenza si susseguono: sei punti a febbraio, dieci a maggio, e già si calcola che da agosto il balzo sarà di undici punti, un nuovo record.
Anche questo è un segno, pur contenuto (in realtà gli scatti danno un'immagine molto attenuata della situazione) della dimensione assunta dal carovita nel nostro Paese.
Un fenomeno certamente complesso (vi partecipano anche spinte di carattere internazionale) ma che si traduce, malgrado la scala mobile, e l'indennità di contingenza, in un serio attacco al potere di acquisto dei salari e degli stipendi dei lavoratori, per non parlare delle pensioni e di chi non può contare su alcuna fonte di reddito.
Ma ci sono altri dati che dimostrano la gravità del problema: rispetto ad un anno fa i prezzi, ad esempio, degli alimentari sono aumentati di un 16% destinato a diventare un 20% entro la fine dell'anno. E non ci sono soltanto le spese dell'alimentazione; nel conto bisogna mettere anche gli affitti delle case, i servizi pubblici (trasporti, gas, luce etc.), l'abbigliamento. La situazione è molto grave e provoca oggettivamente una forte spinta salariale. Ma non è su questo che vogliamo soffermarci. I sindacati dei lavoratori hanno ben presente il problema ed infatti, anche nella recente trattativa con ìl governo, hanno giustamente sottolineato la necessità di un controllo dei prezzi (un controllo democratico nel momento della loro formazione, non in quello finale quando non c'è poi tanto da controllare), dell'equo canone, della detassazione di certi generi alimentari, e soprattutto la necessità di prezzi politici per almeno un gruppo di prodotti base. Si tratta di misure immediate che possono subito dare risultati, frenare la spirale inflazionistica, dare un po' di sollievo.
Ma il problema del carovita va aggredito anche con misure di lungo periodo (le riforme in primo luogo) le sole che possono riuscire a modificare le situazioni abnormi che stanno alla radice del fenomeno inflattivo. Non c'è dubbio che quando parliamo di caro-carne, di
DAL MOVIMENTO OPERAIO PER DIFENDERE IL POTERE D'ACQUISTO DEI SALARI
importazioni che dissanguano la nostra bilancia commerciale, di stragi di bovini, di prodotti che vengono distrutti a montagne, di prezzi da primizia anche nelle stagioni dell'abbondanza, di incette e di imboscamenti, non ,facciamo che toccare con mano le conseguenze della mancata attuazione di certe riforme indispensabili per il buon funzionamento del nostro stesso apparato produttivo. Spesso nei mesi scorsi abbiamo sentito più d'uno
(La Malfa in testa) rinfacciare ai sindacati il costo delle riforme ritenuto incompatibile con lo stato delle finanze nazionali.
Era un discorso sbagliato, più da ragioniere che da economista. Eppure nemmeno il ragioniere aveva ragione (e non è un gioco di pa-
politica miope di pura assistenza e sostegno. Se vogliamo avere un'agricoltura che ci aiuti a riequilibrare il deficit nei conti con l'estero, non da paese sottosviluppato, dobbiamo fare subito nuovi investimenti in questo settore; tra l'altro qui si possono avere risultati immediati, nel tempo di una campagna di raccolto. Ma naturalmente bisogna modificare le strutture stesse della produzione, scardinare le impalcature clientelari.
Passi per il petrolio, quello non lo abbiamo, quindi è giocoforza importarlo ma la carne, il grano, lo zucchero, la frutta, i latticini etc. possiamo produrli, certe zone del Paese vantano in proposito delle vocazioni naturali. Ma anche queste sono state mortificate dalla politica della DC, responsabile principale del malessere agricolo che stiamo attraversando, malessere messo in luce dalle grandi lotte contadine e bracciantili. Le indicazioni non mancano. La possibilità di uscire dal tunnel è concreta: abbiamo certo ancora contadini e braccianti capaci di produrre in modo nuovo, di costruire un'agricoltura moderna e competitiva. Bisogna però fare presto, perchè altrimenti correremmo il rischio di non averne più. E allora le nostre campagne potranno essere trasformate in un museo. Degli orrori s'intende.
zi, in più di un caso, si ha la netta sensazione che si tenti il boicottaggio favorendo sfacciatamente i grandi gruppi privati che operano nel settore distributivo e impedendo che le Partecipazioni Statali, presenti con la Standa-Montedíson e il gruppo GS, svolgano un ruolo positivo.
Sono solo due esempi. Comunque sono entrambi significativi: non solo denunciano errori clamorosi che mai a sufficienza saranno additati alla pubblica opinione, ma indicano anche al movimento operaio un terreno su cui cimentarsi con convinzione per sviluppare sino in fondo la politica delle alleanze. Una politica che anche negli ultimi risultati elettorali ha dimostrato di essere vincente.
role) perchè se ragionieri si deve essere, si deve riconoscere che un costo lo hanno anche le mancate riforme. Si prenda il caso dell'agricoltura e del settore distributivo: il carovita che tanto duramente sta aggredendo il potere d'acquisto dei salari e degli stipendi è il prezzo che paghiamo per non aver riformato questi due settori.
Agricoltura. « In questo campo — affermava proprio nei giorni scorsi il compagno Luciano Lama in un'intervista concessa ad un quotidiano milanese — lavorano tre milioni di persone eppure noi importiamo quattro miliardi al giorno di carne, per non dire dello zucchero, del latte e dei formaggi ». Questo perchè la Coldiretti di Bonomi ha voluto ed imposto una
Distribuzione. In Italia c'è una polverizzazione spaventosa. Oltre 800 mila sono i punti di vendita, una realtà che non si può cancellare con un colpo di spugna ma che tuttavia deve essere profondamente modificata in senso democratico:
ciò è l'esatto contrario di quello che vogliono fare coloro che pilotano i piani della grande distribuzione. La scelta che si impone è quella della cooperazione e dell'associazionismo fra i dettaglianti; è l'unica strada che possa salvaguardare tante esperienze positive e recuperare una realtà sociale, gli esercenti, che sono pure vittime dello sviluppo distorto. Esistono le forze capaci di riformare anche questo settore nevralgico sul fronte del carovita. Quel che manca è la volontà politica da parte del Governo di assecondarne i progetti di sviluppo e di rammodernamento. An-
Nuova biblioteca di cultura • pp. 560 - L 5.000 Una approfondita rassegna dei pio significativi espo• nenti e delle varie tisi della filosofia masut, nno Ottocento e del Novecento. da Labreola a Lithiscs. a Marcuse e agli autori d'oggi Zanardo FILOSOFIA E SOCIALISMO Reclus LA RIVOLTA DEI T'Al-PING Biblioteca di storia pp 301 - L 3.000 Uno studio scientelico ma al tempo stesso il racconto vivo di u ribellione che scosse nel secolo scorso la ve«hia Cina n cenfuciana Reed EDITORI RIUNITI E noci ' • Dobb STORIA E LINGUA TEORIA DEI GERMANI CA E n, SMO • ECONOMI SOCIALI Konclratov • NUMERO E PEN SIERO C,onninon • CESARE MANETTI Johnson • LA STORIA DEL DOTTOR SORGE Borolev STORIA CONTEM FORANEA DEI CI LE 1951, ette DIECI GIORNI CHE SCONVOLSERO IL MONDO Burown • ROMANZO E SO CIFTA Pono n1 Tronchere GUIDA DEL MAE STRO Locale • TRATTATO SUL GOVERNO Toghatti COMUNISTI SO CIAEISTI CATTO LICI Fine'' .A SCUOLA PUB BUCA DELL'IN FANZIA Cosstilta • IL FINANZIAMEN 10 PUBBLICO DEI PARTITI Di Genova • DISEGNI E SCUL TURE DIPINTE DI MATTIA MORENI ig, RISTAMPE Mare IL CAPITALE
MISURE SUGGERITE
LE
8
PIRELLI - DUNLOP E POTERE POLITICO
LA COMPENETRAZIONE TRA STRATEGIA
PRODUTTIVA DELL'AZIENDA MULTINAZIONALE
E POTERE POLITICO DEI GRUPPI DIRIGENTI
DEMOCRISTIANI PONE IL PROBLEMA
DI UN MUTAMENTO NELLA DIREZIONE POLITICA DEL PAESE
di PIETRO ANELLI
Il fenomeno delle società multinazionali non è nuovo; tuttavia esso è diventato uno dei temi di fondo di discussione e di lotta per il movimento operaio italiano solo negli ultimi anni, nella misura in cui più complesse andavano facendosi le relazioni internazionali del capitale finanziario ed industriale italiani.
La fusione Pirelli-Dunlop, ultimo atto della ormai secolare vocazione transnazionale della Pirelli, è stato, in questo quadro, uno dei fenomeni più rilevanti.
Non va d'altro canto nascosto che rilevanti sono state le difficoltà incontrate dal movimento operaio del nostro co-
antinazionale e sostanzialmente imperialistico delle scelte da essa operate.
Occorre, urgentemente, trovare una posizione che consenta di bilanciare con efficacia la nuova libertà di movimento politico e finanziario che le grandi compagnie acquisiscono tramite le fusioni.
L'operaio della Bicocca che si è visto arrivare materialmente le gomme prodotte in Grecia per rompere lo sciopero di Milano ha necessità di elaborare una propria risposta adeguata all'attacco dell'avversario.
Un primo dato da analizzare è il ruolo che il "paese d'origine" gioca nell'insieme della strategia del gruppo Pirelli.
potere democristiano e scelte del grande capitale è la chiave di volta dell'espansione multinazionale della Pirelli come di altri gruppi che, solo presentandosi 'garantiti' e 'garanti' dello stato possono imporsi come presenza dominante a livello di mercato mondiale.
lavoro in Italia ha un significato ed un senso tutto particolare, al di là del mero bilancio costiricavi che può starle dietro. In nessuno dei molti paesi in cui il gruppo è presente, il rapporto con la classe operaia si presenta così esplicito nei suoi termini di scontro di classe come in Italia.
Soluzione della crisi
me di altri paesi nel trovare una collocazione corretta, dal punto di vista operaio, di fronte alle fusioni. Non basta infatti analizzare la complessa struttura di una società multinazionale oppure sottolineare e condannare il carattere
— Innanzitutto l'Italia si presenta, per il gruppo Pirelli, come mercato. E si tratta di un mercato con una sua propria irripetibile struttura; infatti una delle componenti fondamentali della domanda di merci cui la Pirelli 'fa fronte in Italia, è di natura pubblica (la richiesta di cavi da parte della SIP e dell'ENEL) o di rilevante interesse nazionale (le forniture di pneumatici di primo equipaggiamento per i grandi produttori di automobili). Ciò significa uno stretto legame tra le scelte del gruppo in tema di occupazione e indirizzi produttivi e le scelte di politica economica operate dal governo. Si tratta quindi di una situazione che consente alla Pirelli, non solo i consueti vantaggi di una soluzione monopolistica delle difficoltà di mercato (garantita per di più dallo stato), ma anche un consistente accumulo di potere politico concreto.
Non è possibile, per il gruppo dirigente democristiano decidere modifiche nell'assetto delle telecomunicazioni, del trasporto d'energia, dei trasporti su strada, senza consultare e sostanzialmente sottostare alle condizioni della Pirelli. In sostanza questa convergenza tra gruppo di
— Se profondi sono i legami tra politica governativa e scelte del gruppo Pirelli, addirittura dominante è la presenza del gruppo a livello di capitale finanziario italiano. La potenza finanziaria del gruppo non va tanto ricercata nella struttura del portafoglio della Pirelli SPA o nella natura delle partecipazioni della finanziaria Pirelli & C che pure, assieme alla finanziaria svizzera SIP ne costituiscono la base materiale, quanto nella articolata e costante presenza della Pirelli nei centri decisionali del capitale a livello nazionale. Presenza discreta, come si addice ad uno staff anglofilo reclutato tra le file della grande borghesia lombarda, ma che non manca mai di venire con durezza allo scoperto in tutte le operazioni chiave in cui si giocano i miliardi delle grandi società ed il posto di lavoro dei loro dipendenti. Per citare solo alcuni casi recenti, si pensi al 'salvataggio' della Olivetti, alla costituzione del 'pacchetto privato' della Montedison, alla costituzione del nuovo gruppo dirigente della Confindustria, tutte operazioni in cui il gruppo Pirelli si è presentato come centro di coagulo delle forze capitalistiche, come guida veramente politica del processo generale di accumulazione in Italia.
— Infine, e questo è il punto decisivo, l'Italia si presenta per il gruppo Pirelli come il punto in cui più alto è lo scontro con la classe operaia, il punto in cui gli indici economici si colorano immediatamente di un significato politico. Una sconfitta sul piano dell'organizzazione del
Ecco perchè, nonostante le ripetute dichiarazioni di possibile disimpegno del gruppo dalle attività italiane l'Italia resta il momento centrale della catena, il punto in cui il padrone sceglie sempre la linea dura, il posto di comando della ristrutturazione.
Centralità quindi della situazione italiana. E all'interno di questa centralità della questione del potere politico non è possibile arrivare ad un ridimensionamento dello strapotere di un gruppo multinazionale con le caratteristiche del gruppo Pirelli senza incidere in profondità negli equilibri politici che stanno dietro alle formazioni governative sino ad ora egemonizzate dalla DC. E' il problema del partito politico che si pone ancora una volta come problema centrale della strategia operaia.
Alla lotta in fabbrica occorre saldare una nuova consapevolezza del ruolo decisivo che un nuovo assetto politico può giocare per spostare a favore dei lavoratori i rapporti di forza nella società; vanno superati tutti gli aspetti di provvisorietà ed occasionalità della presenza dei lavoratori nel vivo dello scontro a livello politico. Non basta dire che il governo Andreotti è caduto per le lotte degli operai italiani e consegnare questo fatto alla storia o peggio alla mitologia: occorre organizzare concretamente una pressante presenza dei lavoratori sui grandi temi dello scontro politico scendendo anche con decisione sul terreno della 'politica formale'; ed il partito comunista si presenta come l'unico strumento oggi in grado di compiere questa operazione.
(disegno di Gai)
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di ALDO PACE
La strategia dei gruppi Pirelli, Michelin e Ceat
IL COOR!)INAMENTO DELLA LOTTA DEI LAVORA TORI PIRELLI
A
PER RISPONDERE
Le linee di sviluppo sia del gruppo Pirelli, che della Società Michelin e della CEAT, hanno dei punti in comune. Da un lato, questi colossi attraverso accordi a livello internazionale con altri gruppi, rafforzano la loro struttura finanziaria, monetaria e produttiva il loro controllo del mercato nazionale e di quelli esteri. Dall'altro lato, essi hanno messo in atto piani di ristrutturazione, secondo i quali: 1°) il settore della ricerca scientifica ed applicata tende a concentrarsi nella casa madre (in Inghilterra alla Dunlop, in Francia alla Michelin di Clermont Ferrand, ecc.); 2°) la specializzazione degli impianti e il loro dimensionamento a livelli cosiddetti ottimali, che tendono ad ottenerli mediante il ridimensionamento dl reparti e li-
controllate) al di sopra o al di sotto del costo e del prezzo reale. La Pirelli, o la FIAT, per esempio, possono benissimo, manovrando i prezzi sui vari mercati dove producono od esportano i loro prodotti, manovrare e spostare i profitti nei vari Paesi nei quali sono presenti come produttori o come esportatori. E ciò sia per motivi fiscali, che di finanziamento di nuovi impianti, e sia per motivi politici e sindacali. Esistono norme nazionali e internazionali per il movimento dei capitali, ma l'efficacia di questi controlli è molto discutibile, tanto che il governo italiano non ha neanche risposto ad una nostra interrogazione con la quale abbiamo chiesto provvedimenti verso la FIAT, la quale nel 1972 pur avendo esportato una quantità maggiore di vetture rispetto all'anno precedente, ha contabilizzato in bilancio un fatturato estero minore.
La società multinazionale tende a centralizzare sempre più le proprie decisioni in materia dl investimenti, di scelte produttive, dl organizzazione del lavoro, e di carattere finanziarlo. Decisioni che sovente agiscono su un raggio di azione che supera il Paese In cui opera la casa madre o la filiale.
possono fare per la CEAT (blocco delle assunzioni, riorganizzazione interna dei reparti).
La collocazione nazionale e sovranazionale della Pirelli, della Michelin e della CEAT, sollevano problemi generali di interesse politico, sindacale ed economico. Le operazioni di associazione a livello internazionale, che questi colossi hanno realizzato, esprimono, per esempio, una tendenza volta ad integrare ulteriormente l'Italia del Nord con le aree forti del MEC, ed a relegare sempre più il Mezzogiorno in posizione di area depressa.
Inoltre, le scelte di questi colossi del pneumatico, insieme alle pressioni della FIAT, hanno accentuato e continuano a spingere nel-
(Parlamento, Regione, Sindacati), respingendo la penetrazione del grande capitale coalizzato in gruppi internazionali.
Le varie questioni sin qui sintetizzate pongono il problema del rapporto tra l'iniziativa dello Stato dei suoi strumenti (Parlamento Regione) e l'iniziativa di questi grandi gruppi; e sottolinea la necessità di organizzare un intervento dei lavoratori, dei sindacati e delle forze politiche operaie e democratiche, a livello nazionale e internazionale, in campo sindacale in quello politico, per imporre l'indirizzo e il controllo pubblici dei piani di concentrazione e di integrazione di questi giganti sovranazionali.
Nuovi strumenti possono e devono quindi essere approntati, co-
cenziamenti, l'intensificazione dello sfruttamento e l'attacco ai diritti agli organismi operai.
L'internazionalizzazione dell'azienda, infatti, offre alla stessa la possibilità di orientare i propri investimenti ad alta intensità di lavoro verso i Paesi con più basso costo di manodopera, con minor sindacalizzazione e forza politica del movimento operaio e democratico. Contemporaneamente sovente si fa uso della minaccia, a scopo di ricatto, di trasferire parte della produzione da un Paese all'altro, specie nel corso di scioperi di una certa durata.
Le società multinazionali, per le enormi disponibilità finanziarie e monetarie concentrate nelle loro mani (possibilità di • creare moneta • attraverso la emissione di azioni e di obbligazioni; il controllo di una parte cospicua dei cento miliardi di eurodollari vaganti per l'Europa) possono attuare con larghezza la manovra finanziaria e monetaria, la cui essenza è rappresentata dalla inflazione manovrata e dalla speculazione, oggi nei confronti del dollaro, domani verso la lira o il franco francese e così via, che in concreto significa, per loro, sostegno del saggio di profitto e di accumulazione, riduzione del costo del capitale, cioè del saggio reale dell'interesse, e la riduzione del salario reale.
La società multinazionale può realizzare cospicui trasferimenti di profitti da un Paese all'altro, attraverso la contabilizzazione delle spese varie, come quelle di ammortamento degli impianti, e, in particolare, con i cosiddetti • prezzi di trasferimento • (cioè imponendo prezzi all'interno della società e nelle sue varie aziende
Tutto ciò fa sorgere un problema, sia in campo politico che in quello sindacale, cioè II problema del carattere equivoco del potere di decisione dei gruppi multinazionali. Non è cioè chiara la possibilità e la responsabilità precise che spettano alla sede nazionale rispetto alla compagnia madre, come sovente abbiamo avuto modo di constatare, per esempio, nel confronti della Michelin.
Infine, il piano di ristrutturazione, con il quale le multinazionali tendono a riorganizzare le proprie partecipazioni, ha assunto, per la Pirelli, nei mesi scorsi caratteristiche vistosamente antioperaie.
Le prime avvisaglie si sono avute con i cosiddetti licenziamenti consensuali, che sono poi stati seguiti da minacce di chiusura di reparti, da sospensioni e da riduzioni massicce dell'orario di lavoro. Cioè, il piano di ristrutturazione della Pirelli si è dispiegato come un attacco ai livelli di occupazione, all'orario di lavoro e al salario. Attacco che è stato accompagnato da una forte carica intimidatoria, quale premessa per portare a fondo la linea di inasprimento dello sfruttamento e dell'aumento dei profitti.
Per la Michelin, anche se il piano di ristrutturazione si è collocato su una linea di sviluppo degli investimenti, la direzione si è ugualmente proposta di attuarlo In modo da contenere al massimo l'occupazione. Nello stabilimento • Dora •: con le • dimissioni volontarie • e attraverso lo svecchiamento per prepensionamento e con premi speciali. Nel nuovo stabilimento Stura e nel potenziamento delle Aziende di Cuneo e di Alessandria, la direzione si propone, attraverso l'introduzione di nuovo macchinario, di riorganizzare iI lavoro in modo da realizzare un pesante taglio degli organici. Il ricatto al posto di lavoro è più ovattato ma esiste. L'obiettivo, alla Michelin come alla Pirelli, è sempre lo stesso: spremere la forza lavoro riducendo il numero dei lavoratori occupati. Le stesse considerazioni svolte per la Pirelli e per la Michelin si
la direzione di mantenere la spinta verso l'uso del mezzo di trasporto privato e, quindi, degli investimenti indotti nelle autostrade, sopravie e sottovie, anzichè indirizzarli per la espansione dei servizi sociali e collettivi, per uno sviluppo ordinato e democratico della nostra economia.
Infine l'operazione Pirelli-Dunlop, la ventilata operazione Michelin con la Continental e l'operazione CEAT con la Uniroyal, rappresentano una specie di botta e risposta tra questi colossi della gomma in relazione alla loro azione per il controllo dei mercati. Ora, a livello delle società per azioni giganti, le regole della concorrenza monopolistica agiscono nel senso che questi colossi si rafforzano per avere più forza contrattuale per trovare, imporre, nuove e più vantaggiose intese con i gruppi più deboli. Per cui la partita tra la Pirelli, la Michelin e la CEAT, può anche non essere ancora chiusa. Cioè, la spinta ad una ulteriore concentrazione tra questi colossi continua, e chi ne farebbe comunque le spese sarebbero ancora i lavoratori e l'economia nazionale.
L'integrazione a livello internazionale di questi giganti, infatti, determina il dominio monopolistico del mercato con la imposizione dei loro prodotti e dei loro prezzi, esprime un attacco alla occupazione alla condizione operaia, e impone un uso distorto delle risorse.
L'Italia, invece, soltanto con il pieno controllo delle proprie risorse umane, culturali e finanziarie può organizzare i necessari rapporti internazionali, culturali e di scambio, sulla base della collaborazione tra Stati e su un piano di parità e, quindi, di un reciproco interesse, vagliato nelle sedi democratiche
me: 1°) la riforma delle Società per Azioni; 2°) la istituzione dell'obbligo di un esame preventivo delle operazioni di fusione, di incorporazione e collaborazione internazionale; 3°) l'obbligo di un controllo pubblico sugli investimenti esteri in Italia.
Ma il problema reale è di come si utilizzano questi strumenti, per quali scelte, contro chi e a favore di chi. Ossia il problema è di volontà politica, di schieramento sociale e politico e di lotta per una nuova direzione politica del Paese.
In campo politico. A livello internazionale è necessario coordinare l'azione politica della classe operaia e della sinistra, per intanto in campo europeo e del MEC, per fronteggiare ogni aspetto della politica di questi giganti sovranazionali. Al riguardo, sono importanti le decisioni che sono state recentemente assunte dalla Conferenza dei Partiti comunisti europei, tenutasi il 26-29 gennaio 1974 a Bruxelles. Nella dichiarazione comune della Conferenza infatti, tra l'altro, si afferma:
Le società multinazionali dominate per il 75% dai gruppi finanziari americani pesano in misura crescente sulla vita economica dei nostri Paesi. Particolarmente presenti nei settori a tecnologia avanzata (informatica, telecomunicazioni, chimica, settore nucleare) e di grande consumo (industrie alimentari, automobili, ottica) tendono ad assicurarsi progressivamente il controllo, o a determinare l'orientamento delle grandi produzioni nauionali e degli scambi internazionali. Nei paesi capitalistici i governi proteggono e favoriscono le attività dei trust giganti, intervengono direttamente o indirettamente per conto dei gruppi dei
LIVELLO INTERNAZIONALE
EFFICACEMENTE ALLO STRAPOTERE DELLE GRANDI CONCENTRAZ IONI PRODUTTIVE
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loro Paesi. L'attività tentacolare delle società multinazionali attenta alla indipendenza economica e anche politica degli Stati capitalistici europei. La potenza delle multinazionali offre loro mezzi supplementari per aggravare lo sfruttamento, le condizioni di lavoro e di vita. Pretendono di passare oltre I diritti sindacali e le conquiste sociali ottenute dai lavoratori nei vari Paesi; sostengono le correnti più reazionarie e più autoritarie, ivi comprese quelle fasciste. Procedendo a bruschi e massicci spostamenti dei loro capitali e delle loro attività alla ricerca del massimo profitto, con un solo colpo privano migliaia di lavoratori del loro lavoro; hanno responsabilità dirette sull'inflazione; accaparrano una parte sempre crescente del finanziamento pubblico •.
« Come già aveva fatto la Conferenza di Londra dei Partiti comunisti dei Paesi capitalistici d'Europa, organizzazioni politiche e sindacali di vario orientamento sono portate a denunciare le attività delle società multinazionali. Aumenta la coscienza e la necessità di una lotta concertata dei lavoratori, a livello dell'Europa capitalistica e in seno a ogni società, per misure che garantiscano gli interessi dei lavoratori e dei popoli, salvaguardino il potenziale economico e la Indipendenza dei nostri Paesi, che favorisca una autentica cooperazione internazionale •.
La dichiarazione della Conferenza, di fronte alla « crisi attuale » conclude proponendo « azioni comuni per la lotta contro l'azione nefasta delle società multinazionali «. E lancia un preciso appello: « 1 comunisti dei Paesi capitalistici d'Europa rivolgono un appello fiducioso all'azione, all'alleanza dei più larghi ceti sociali, di tutte le forze operaie e democratiche, allo sviluppo delle loro lotte comuni ». in campo sindacale. Il 19 gennaio 1974 i sindacati di tutta Europa, dopo anni di profonde divisioni, si sono incontrati a Ginevra
di ANGELO TROMBONI
ed hanno accertato che è possibile una « comune impostazione • dei sindacati europei sui problemi che sono comuni ai lavoratori di tutta Europa; ed hanno deciso di convocare entro il 1974 una Conferenza sindacale. Riportiamo per esteso il comunicato conclusivo:
« Il 19 gennaio 1974 si è tenuta a Ginevra una riunione di dirigenti sindacali europei nel quadro della Il Conferenza Regionale Europea dell'Ufficio Internazionale del Lavoro. I partecipanti alla riunione hanno scambiato punti di vista su problemi comuni ai lavoratori della Europa ed hanno espresso l'opinione che una comune impostazione è possibile e che la convocazione stessa della II Conferenza Regionale Europea e il suo accordarsi su politiche comuni, indica la strada verso una fruttuosa collaborazione sul piano sindacale.
La riunione ha espresso il desiderio di estendere le reciproche consultazioni e scambi di opinioni e di esperienze tra le centrali sindacali d'Europa al fine di assicurare la collaborazione su problemi di interesse comune.
E' stato convenuto che sarebbe utile proporre la possibilità di tenere in awenire riunioni di dirigenti sindacali europei. I partecipanti alla riunione hanno concordato di proporre alle organizzazioni sindacali nazionali che si tenga, se possibile, attorno alla fine del 1974 una Conferenza dei sindacati europei sulla umanizzazione dell'ambiente industriale e, in particolare, sulla sicurezza del lavoro, sulla salute e sul benessere del posto di lavoro.
Tale Conferenza verrà preparata dai 4 membri lavoratori europei del Consiglio di Amministrazione dell'Ufficio Internazionale del Lavoro nella più stretta consultazione con tutte le centrali nazionali.
La riunione dei dirigenti sindacali europei si è tenuta in una buona atmosfera di lavoro e in uno spirito costruttivo •.
I 4 membri cui è stata affidata
la fase preparatoria sono II tedesco della R.F.T., Muhr, il sovietico Pimenov, l'inglese Plant, il norvegese Sunke: gli stessi dirigenti sindacali cioè che hanno presieduto i lavori svoltisi nell'ambito della seconda Conferenza regionale europea in corso a Ginevra. Nel corso del dibattito ha avuto largo spazio il problema delle multinazionali. Questione su cui nel 1969, in occasione del Congresso del sindacato britannico, era stata approvata la seguente risoluzione presentata dal sindacato inglese dei lavoratori chimici:
« Questo Congresso richiama la attenzione sulla trasformazione delle più importanti imprese britanniche in società multinazionali che, se non verranno controllate attraverso una estensione della
proprietà sociale e/o da un sistema di partecipazione pubblica, si creeranno nuovi problemi di sicurezza nel lavoro per i lavoratori britannici e serie difficoltà tanto nel presente quanto nel futuro dell'economia britannica •.
Infine, una manifestazione di lotta ancora più concreta è stata data dai lavoratori della Pirelli e della Dunlop, alcuni mesi orsono, attuando uno sciopero internazionale contro i piani di ristrutturazione del gruppo Pirelli-Duniop. Questo nuovo tipo di lotta costituisce un primo e significativo esempio di azione comune dei lavoratori impegnati nelle multinazionali, esempio che deve essere consolidato ed esteso.
Questo nuovo tipo di lotta comune contro le società multinazio-
nali deve però essere costruito con metodicità, in campo sindacale a livello politico, attraverso incontri, contatti e collegamenti, degli organismi sindacali e delle forze politiche delle aziende che fanno capo a ognuno di questi colossi, in modo da organizzare una lotta uno schieramento antimonopolistico, capaci di battere i privilegi il dominio di questi giganti, coordinando l'azione sia a livello nazionale che in campo internazionale. Secondo questa impostazione, i lavoratori del gruppo PirelliDunlop, come quelli della Michelin, della FIAT si propongono di organizzare degli incontri di gruppo, a livello delle organizzazioni di fabbrica, sindacali e politiche, per coordinare la loro azione.
Aldo Pace
LE LOTTE DEI LAVORATORI DEL SETTORE GOMMA
PER UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO, PER UN NUOVO MECCANISMO DI SVILUPPO
E PER UNA NUOVA DIREZIONE DEL PAESE
L'azione operaia e democratica contro i giganti della gomma ha come punto immediato di forza di partenza, la lotta nella fabbrica per una nuova organizzazione del lavoro e per una moderna condizione operaia. Cioè, per un nuovo modo di produrre sulla base della introduzione dell'innovazione scientifica e tecnologica, che per i lavoratori della Pirelli, della Michelin della CEAT, oggi ha come punto di riferimento la battaglia per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro.
L'azione nella fabbrica deve collegarsi strettamente con la battaglia più generale per avviare un nuovo meccanismo di sviluppo, fondato su profonde riforme di struttura e sulla soluzione dei problemi del Mezzogiorno, dell'agricoltura dell'espansione dei consumi sociali e collettivi.
L'industria italiana della gomma è un settore prevalentemente complementare dell'industria automobilistica. Infatti, la produzione di coperture e di camere d'aria rappresenta il 60°/o dell'intera produzione dell'industria trasformatrice della gomma, la quale è concentrata in poche grandi imprese (sei aziende con dieci impianti in esercizio e cinque in costruzione occupano da sole quasi la metà degli addetti del settore gomma).
Ma, al tempo stesso, è un settore importante ai fini della realizzazione delle riforme e di un nuovo meccanismo di sviluppo. II settore della gomma infatti produce materiale per costruzioni, lastre, articoli tecnici e sanitari, cavi, calzature e prodotti vari. Occorre inoltre aggiungere che la maggior parte di queste produzioni non richiede processi ad alta intensità di capitale, per cui accanto a grandi aziende vi è la prevalenza numerica di piccole e medie impres (300 su 350).
La situazione economica del settore può essere pertanto così sintetizzata: 1°) dall'ANIC (Industria Chimica Pubblica) che produce gomma artificiale e il cui sviluppo è legato anche ai rapporti che essa ha con gli utilizzatori interni e con le priorità contenute nel tipo di sviluppo; 2°) da un mercato con prezzi e tipi di prodotti condizionati dalla forza e dal peso monopolistico della Pirelli, della Michelin e della CEAT; 3°) da un'industria che ha ampie possibilità di diversificazione che non sfrutta appieno, proprio a causa della posizione dominante dei grandi gruppi e dei suoi concorrenti europei ed americani.
Ora, la vicenda del petrolio e della crisi energetica ha agito da acceleratore della crisi del meccanismo di sviluppo monopolistico, perchè è caduta su un tipo di espansione dell'economia italiana distorto e fragile, fondato sulla forzatura dei consumi individuali a scapito dei consumi sociali e collettivi, e sulla emarginazione del Mezzogiorno e dell'agricoltura.
L'industria dell'auto e del pneumatico giocheranno certamente ancora un ruolo importante, specie per quanto riguarda i rapporti di
scambio commerciale con l'estero.
Ma è ormai opinione comune che tali settori perderanno via via la posizione che essi hanno esercitato in questi ultimi 25 anni nella nostra economia, di settori traenti. Una politica di sviluppo reale e democratica della nostra economia postula perciò un cambiamento profondo della struttura dei consumi (nella quale siano privilegiati i consumi sociali e collettivi), e lo avvio a soluzione dei problemi — non più rinviabili — come il Mezzogiorno e l'agricoltura, su cui l'industria italiana deve adeguare le proprie scelte produttive e di investimento.
Lo sviluppo dell'edilizia economica e popolare, l'utilizzazione delle centinaia di miliardi congelati della GESCAL e di quelli stanziati con la legge sulla casa, degli oltre 10 mila miliardi di residui passivi, insieme a massicci investimenti per la soluzione del problema della casa, per la realizzazione dei servizi sociali e collettivi, agiscono anche nel senso di rilanciare ia produzione di autocarri e di macchine per il movimento — terra e, quindi, delle coperture e camera d'aria giganti e prodotti vari di gomma.
La riforma agraria e lo sviluppo del Mezzogiorno, la meccanizzazione agricola, comportano la ripresa del settore delle macchine agricole e, quindi, la produzione di cingoli, coperture e camere d'aria per tali tipi di mezzi meccanici.
La riforma del trasporto pubblico urbano, interurbano e nazionale determina lo sviluppo dei mezzi di trasporto pesanti, filoviari e ferroviari e, quindi, dei pneumatici necessari, della produzione di cavi e prodotti vari di gomma.
L'esigenza di ammodernare e di sviluppare la produzione e il trasporto di energia elettrica, lo sviluppo delle comunicazioni telefoniche, telex e televisive, comportano la crescita della produzione di cavi prodotti vari di gomma.
La riforma ospedaliera, quella sanitaria, della scuola e della casa, sollecitano nel complesso l'espansione dei settori vari della gomma delle coperture giganti per i mezzi di trasporto necessari.
Si pone perciò alla Pirelli, come
alla Michelin e alla CEAT la necessità di considerare con maggiore attenzione l'esigenza di differenziare ancora di più le proprie produzioni, secondo le richieste produttive che comportano un nuovo meccanismo di espansione della nostra economia.
Una funzione importante in tale direzione può e deve svolgere l'ANIC, in quanto azienda pubblica produttrice di materia prima. Essa deve inoltre attrezzarsi per fornire servizi (rierche di mercato, fornitura di materie prime e aiuti vari) a favore della piccola e media impresa, così estesa nel settore della gomma e prodotti vari.
I lavoratori della Pirelli, della Michelin, della CEAT, dell'ANIC, come quelli delle industrie della gomma americane installate nel nostro Paese, devono perciò poter intervenire e partecipare alla elaborazione e al controllo dei piani di investimento delle proprie azi.nrie e sui modi e mezzi di attuazio,e di detti piani. In concreto, i lavoratori rivendicano il diritto di conoscere e di applicare i piani di investimento dei colossi della gomma, allo scopo di poter contrattare e controllare attraverso gli strumenti di fabbrica, i sindacati, gli istituti elettivi (Parlamento e Regioni) gli investimenti, gli indirizzi produttivi, l'organizzazione del lavoro e le localizzazioni degli impianti di questi grandi complessi, ai fini della tutela e dello sviluppo della occupazione, e per garantire uno sviluppo equilibbrato e democratico dell'economia del Nord e del Sud. I lavoratori propongono perciò che il Parlamento e la Regione dispongano dell'Istituto dell'autorizzazione per le nuove localizzazioni (cioè senza autorizzazione non si deve poter costruire nuovi impianti), e che sia resa obbligatoria la pubblicità dei piani di investimento. Questo è il senso e il valore della proposta avanzata dai lavovratori di un nuovo meccanismo di sviluppo, in alternativa al tipo di espansione monopolistica, che essi vogliono discutere e verificare a livello delle forze sociali e delle loro espressioni politiche, ai fini di garantire al Paese una direzione politica adeguata alla gravità e all'urgenza della situazione.
L'iniziativa dei lavoratori per un nuovo meccanismo di sviluppo
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Lettere a LavoratorePirelli
Caro direttore, l'iniziativa di dar vita ad un periodico unitario per i lavoratori del gruppo Pirelli mi sembra giusta e anche interessante.
I primi numeri, poi, a mio avviso riflettono, anche nello sforzo della presentazione grafica, un notevole livello, un « tono » di tutto rispetto.
Vorrei però che mi fosse consentita una critica: sfogliando le pagine mi sembra che l'intenzione di farne una pubblicazione dei lavoratori Pirelli sia rimasta più nel titolo che nella pratica realizzazione. Mi spiego: lo spazio mi pare più dedicato a pezzi e commenti di dirigenti del partito, di giornalisti dell'Unità, di « addetti ai lavori », insomma, che non alla penna dei lavoratori « senza gradi ». Naturalmente non voglio fare della facile demagogia: solo mi sembra che gli strumenti che il partito possiede per fare conoscere certe « voci » esistano già e da parecchio tempo. Il « Lavoratore Pirelli », questa è
la mia convinzione, se volesse incidere di più dovrebbe essere qualcosa di diverso della tradizionale stampa del partito; dovrebbe lasciare uno spazio più ampio alle voci interne. Altrimenti, non sarebbe più proficua una seria e organizzata diffusione dell'Unità, come fanno i compagni di altre fabbriche?
Un'ultima osservazione: credo anche che le colonne del giornale dovrebbero essere aperte ad un coraggioso dibattito fra tutte le forze sindacali e politiche presenti nelle fabbriche Pirelli (un tentativo, del resto, e mi sembra sia riuscito, è stato compiuto con l'inchiesta sul referendum). Certo, il rischio di qualche sbavatura si correrebbe. Ma a che serve oggi un giornale che porta agli operai solo la voce del partito?
Per questo, lo ripeto, serve egregiamente « l'Unità ».
Cari saluti e auguri di buon lavoro.
Ino Iselli
(continua da pag. 1) stesso rifiuto della linea governativa movimento per imporre una diversa misura, un diverso modo di governare, una diversa impostazione del problema italiano.
Di qui la grande importanza del docurrfento della direzione del Partito che affronta con proposte precise sia le questioni economiche, che quelle della lotta antifascista del risanamento democratico. E' infatti un solo nodo di problemi che deve essere sciolto e che riguarda il tipo di Stato di indirizzi e di metodi imposti dalla democrazia cristiana.
Ed ecco perchè abbiamo sottolineato la necessità di un adeguato intervento nostro nel dibattito politico e nella ricerca di un suo sbocco. Tutto infatti ci riporta alla urgenza per il Paese di un mutamento nella direzione politica.
Mentre quindi siamo impegnati a strappare con il movimento conquiste anche parziali che vadano però in una ben definita direzione di rinnovamento sociale ed economico, dobbiamo contemporaneamente operare perchè nuovi orientamenti emergano fra le forze politiche e un nuovo discorso politico si costruisca per cambiare la rotta.
Caro direttore
Il giudizio sui primi numeri del "Lavoratore Pirelli" è senz'altro positivo. Il giornale è partito col piede giusto ed ha cominciato subito a camminare in fretta, superando quei limiti angusti e "provinciali" che, di solito, caratterizzano le pubblicazioni di tipo aziendale. Insomma, "Lavoratore Pirelli" non si è presentato con gli abiti risicati e stretti di certi "giornaletti di fabbrica", che possono essere utili, anzi utilissimi, ma sempre all'interno di una ristrettissima cerchia. Sin dall'inizio "Lavoratore Pirelli" ha buttato sul tavolo tutte le sue ambizioni, affrontando temi di grosso respiro e preoccupandosi anche di guardare "dietro la facciata" (vedi la radiografia del gruppo Pirelli pubblicata sul secondo numero e l'accurata analisi del "matrimonio" Pirelli-Dunlop apparsa sul terzo). Non è mancata anche la nota pepata e gustosa, e mi riferisco agli articoli di Bambury, un corsivista che è un po' la rivelazione del "Lavoratore Pirelli". Tutto bello, tutto bene, dunque? Tutto tutto proprio no. Se "Lavoratore Pirelli" si è giustamente preoccupato di non scivolare lungo la china dell"aziendalismo', si è però dimenticato, a
Fanfani non può pensare di chiudere con atti autoritari, con prepotenza personale con sollecitazioni integralistiche la partita dopo le grandi lotte unitarie, il referendum, i risultati delle elezioni sarde, la risposta antifascista alla strage di Brescia. E neanche si può credere di risolvere il « problema comunista » con l'obbligatorio riconoscimento del ruolo dell'opposizione. Siamo stati siamo contro i « governi di emergenza », come contro frettolose e pasticciate sostituzioni del « fronte laico » — peraltro impossibili — all'ipotesi fallita del centrosinistra.
Restiamo della convinzione che la soluzione sia sempre quella della svolta democratica, dell'unità fra le grandi componenti, cattolica, socialista e comunista, della società italiana. Perciò come sul piano del movimento non deve esservi disarticolazione dispersione, così sul piano della ricerca dello sbocco politico non deve esservi nè settarismo nè frettolosità, ma una nuova fase di dialogo, di colloquio, di ricerca, di dibattito, volta a ricercare un nuovo equilibrio politico. Deve farsi strada, deve avanzare, nel Paese, fra le masse,
mio avviso, di essere un "giornale di fabbrica" che nasce nell'ambito della fabbrica e si rivolge soprattutto alla fabbrica. In questi primi numeri manca quindi una cosa che dovrebbe essere invece un ingrediente necessario per una pubblicazione come questa: la "cronaca della Bicocca", i suoi umori, il suo clima, le sue vicende d'ogni giorno, che possono essere anche le vicende di un reparto, di un ufficio, di un gruppo, di una squadra. In altre parole, il giornale è rimasto un po' troppo sopra il pelo dell'acqua, mentre dovrebbe fare spesso delle "immersioni" nel quotidiano. Non arrivo a dire che debbano essere registrati fatti o fatterelli minuti, ma problemi e situazioni concrete dalle quali si possano trarre suggerimenti e vere e proprie lezioni. Tra l'altro, sarebbe anche il modo per sollecitare gli interventi ed estendere le collaborazioni a livello di fabbrica, creando una specie di reti di corrispondenti nei vari reparti ed uffici. Un'ultima osservazione: sarebbe opportuno, a mio giudizio, usare anche lo strumento dell'intervista, che è sempre una cosa- viva ed immediata, certo più leggibile del fondo che è pure necessario.
Giorgio Manzini
nelle forze politiche l'esigenza di una nuova unità, di una nuova intesa fra le forze democratiche, attorno a un programma di rinnovamento.
Grande è la responsabilità nostra nell'additare questa esigenza e nel lavorare per farla emergere e trionfare. L'esigenza di una svolta si fa infatti sempre più pressante nel Paese. E il riconoscimento di un nuovo rapporto col PCI non può più essere negato. Tuttavia c'è ancora uno scarto fra questi atteggiamenti e la esistenza di un movimento sufficientemente forte e consapevole per tradurre tutto ciò in realtà (cioè anzitutto in programmi, in scelte coerenti, in volontà). Di qui la necessità di essere all'altezza della situazione. E' la indicazione emersa dalla stessa conferenza operaia che acquista nuova validità e nuovo valore: nuovi rapporti Politici devono essere ricercati dai comunisti, nuove e più vaste alleanze per rovesciare le tendenze in atto. per battere le ipotesi enineicIgnti di recessione e di crisi delle istituzioni, per affermare le istituzioni democratiche e un generale cambiamento politico, economico, sociale e morale del Paese.
Dario Vaiorl
UNO STRUMENTO INSOSTITUIBILE DELLA VOSTRA LOTTA
ceti_ , cist. •
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