Il contratto dei 250.000 lavbratori della gomma e della plastica si è aggiunto alle altre vertenze di categoria e alle centinaia di piattaforme integrative aziendali positivamente concluse in questi mesi.
Positivi, di questa lotta, sono non solo gli importanti risultati acquisiti (un consistente aumento salariale che complessivamente incide sulla busta paga in media di 30-35 mila lire; miglioramenti dal punto di vista dell'orario di lavoro, degli appalti, delle condizioni e dell'ambiente di lavoro; una classificazione unica in 7 categorie; il consolidamento della forza dei lavoratori in fabbrica mediante il riconoscimento del Consiglio di fabbrica come agente contrattuale), ma anche il come ad essi si è giunti. Essi sono stati conseguiti infatti dopo una lotta aspra — costata 160 ore di sciopero — in cui il padronato non ha esitato ad utilizzare numerosi mezzi — dalla artificiosa montatura della tensione, alla strumentalizzazione della crisi energetica e delle sue conseguenze nel settore dei derivati dal petrolio e delle parti per auto — nel tentativo di piegare e dividere i lavoratori, di introdurre esitazioni e frizioni, specie nel rapporto tra operai e impiegati. Questi tentativi si sono rivelati infruttuosi di fronte alla ferma volontà unitaria dei lavoratori e alla capacità delle loro organizzazioni di dirigere la lotta. E positiva è stata soprattutto la capacità di non considerare e non fare di questa vertenza di categoria una cosa a sè stante rispetto alle conquiste già acquisite e a quelle che verranno, rispetto ai più generali problemi del settore e al movimento complessivo dei lavoratori nel paese.
Ma se importante è come si arriva ad un contratto, altrettanto importante, se non più
Importante ancora è come lo si registra, Io sl realizza, lo si fa vivere.
Vi sono due considerazioni da sviluppare In proposito. Innanzitutto un contratto esprime sempre, al momento della firma, i rapporti di forza che in quel momento si sono venuti a determinare tra gli operai di una fabbrica, o di una categoria, o l'intera classe operaia e la rispettiva controparte. Ma una volta conquistato l'accordo occorre farlo rispettare, saper tradurre quei rapporti di forza che hanno portato al contratto nella sua effettiva applicazione e saper collegare ai risultati raggiunti in un determinato momento quelli raggiunti precedentemente, e magari non ancora registrati e pienamente realizzati, e quelli che ci si pone in prospettiva.
La seconda ,onsiderazione è che un accordo, per quanto importante esso sia, per quanto riguardi un grande gruppo come la Pirelli, o una intera categoria, ha tanto più valore quanto non si limita a porre questioni e conseguire obiettivi che riguardano solo l lavoratori di quella azienda o dl quella categoria, ma si collega al movimento generale che l'intera classe operaia porta avanti in difesa degli interessi di tutti 1 lavoratori e di tutti coloro i cui interessi stanno dalla stessa parte di quelli dei lavoratori.
Assurdo sarebbe ad esempio isolare i risultati ottenuti con questo contratto da quanto viene previsto dal contratto integrativo strappato dalla Pirelli questo autunno sul tema degli Investimenti, dell'occupazione, dello sviluppo industriale nel Mezzogiorno, dl una diversificazione produttiva più corrispondente alle esigenze di sviluppo economico del paese.
(segue e pag. 2)
1er111111 i. tiii11111111 111111111 Eng* rRiLAriiefflatile di G. ROSSINOVICH da pag. 5 a pag. 10 II1523121ad Un articolo di Fernando DI GIULIO PERCHE' IL DEI LAVORATORI LavoratoreFirelli mensile degli operai e degli impiegoti comunisti del gruppo Pirelli APRILE 1974 - Un numero Lire 100 2 Lavoratori della Pirelli nella battaglia per un diverso sviluppo economico
Conquistato l'accordo per il contratto
di ALDO LUCIANI
La lotta dei 250.000 lavoratori della gommaplastica e linoleum è stata la lotta contrattuale più dura di questi ultimi anni.
L'intesa è stata realizzata dopo un lungo braccio di ferro ingaggiato dagli industriali della gomma e della plastica a partire dai padroni delle piccole aziende ai grandi gruppi come: Pirelli, Michelin e Ceat.
Il padronato ha opposto una tracotante resistenza alla piattaforma presentata dalle organizzazioni sindacali, contestando soprattutto qualsiasi avanzamento in materia di organizzazione del lavoro e i diritti di contrattazione da parte degli organismi sindacali di fabbrica.
Né sono mancate, da parte degli industriali, assurde strumentalizzazioni della crisi energetica al punto di affermare che « non è possibile una riduzione del lavoro notturno a causa della carenza di energia elettrica »... ( sic!).
Per vincete la resistenza padronale, manifestatasi anche con pesanti provocazioni e atti repressivi, sono occorsi oltre cinque mesi di lotta compatta (140 ore di sciopero) portata avanti con tenacia da tutti i lavoratori: operai, impiegati e tecnici.
Sono state messe in atto forme di lotta incisive, all'interno e all'esterno della fabbrica, con manifestazioni articolate a livello nazionale, regionale e provinciale; si è allargato lo schieramento di lotta investendo, oltre alla popolazione, le forze politiche e sociali nel corso di riuscite assemblee aperte.
Finalmente, dopo una lunga ed ininterrotta sessione di trattative, durata più di otto giorni, il 18 marzo si raggiungeva un'ipotesi di accordo tra gli industriali e la folta delegazione di lavoratori guidata dalla FULC nazionale.
L'accordo raggiunto è stata valutato globalmente positivo anche se presenta alcuni limiti: in particolare, per quanto riguarda la richiesta di riduzione del lavoro notturno, i grandi monopoli della gomma si sono chiusi in un « NO » mantenuto fino alla fine.
Occorre comunque precisare che, al di là del risultato negativo, l'aver inserito nella lotta contrattuale l'obiettivo della graduale eliminazione del lavoro notturno nel settore manifatturiero, costituisce un'importante indicazione che nel futuro dovrà essere ripresa e fatta propria dall'intero movimento sindacale affinchè si affermi il principio della dignità del lavoratore nel processo produttivo contro la concezione capitalistica dell'uomo schiavo fisicamente e psicologicamente della macchina e della ferrea legge del profitto.
E' invece palese la vittoria dei lavoratori in
(segue da pag. 1)
Come assurdo sarebbe isolare quèsti ultimi risultati da quelli analoghi conseguiti in questi mesi in un larghissimo numero di piattaforme aziendali, sino a quella del gruppo Fiat. Risultati questi che però richiedono un costante impegno e un'attenta vigilanza perchè vengano effettivamente realizzati, dalla lettera dell'accordo divengano realtà concreta.
Ma anche quelle conquiste che apparentemente sono le più semplici e immediate e sembrano a sè stanti richiedono impegno, mobilitazione e collegamento con i temi più generali per essere effettivamente realizzate. Per esempio questo contratto, abbiamo visto, prevede un aumento salariale che è tra i più consistenti di quelli ottenuti in questi mesi. Tale aumento compare automaticamente sulla busta paga e parrebbe la cosa più sicura, una conquista che niente e nessuno può più tirare via. Ma neanche in questo caso è così: anche questa conquista elementare va difesa, fermando il meccanismo complessivo dell'inflazione, creando le condizioni perchè l'aumentato salario del lavoratore della Pirelli non venga rosicchiato dalla diminuzione del potere d'acquisto delle pensioni dei suoi genitori, dalle difficoltà che nel mercato del lavoro incontrano i suoi figli e i suoi familiari, ecc., o non venga vanificato dall'incapacità di chi dirige il nostro paese ad affrontare i nodi delle crisi economica e strutturale, a creare le condizioni per un effettivo allargamento del tes-
tema di salario e di organizzazione del lavoro.
L'aumento di 25.000 lire uguale per tutti, l'adeguamentoi parametrale dei minimi contrattuali che comportano aumenti per tutti dalle 3000 alle 9000 lire mensili, la rivalutazione degli scatti di anzianità degli impiegati, il passaggio dal 13 al 18°/o dell'importo complessivo degli scatti di anzianità per gli operai, l'adeguamento del punto di contingenza della la e 2a categoria operai al livello della 3a e della 4a categoria impiegati, a partire da Maggio, sono tutti elementi salariali che non costituiscono soltanto una conquista di carattere economico ma anche politico in una situazione, come l'attuale, in cui il padronato e le forze politiche che lo sostengono tentano di scaricare i costi dell'inflazione sulle spalle della classe operaia e delle masse popolari.
E' inoltre di grande rilievo politico la conquista del riconoscimento del consiglio di fabbrica che ha diritto, in ogni unità produttiva, ad un monte ore di permessi retribuiti pari a due ore per dipendente.
Il ruolo di contrattazione del delegato viene esaltato in materia di cottimo, di ambiente e di orario.
Il delegato di gruppo omogeneo è infatti preposto alla contrattazione:
1°) delle nuove tabelle di cottimo emesse nei reparti;
2°) dei miglioramenti da apportare per la modifica dell'ambiente di lavoro;
3°) del lavoro supplementare e straordinario.
L'importanza di queste conquiste risulta con maggiore evidenza se si considera il pesante attacco che, in questi due ultimi anni, il padronato ha sferrato alla contrattazione e agli organismi di base del sindacato.
Per quanto riguarda l'orario, è stata confermata la rigida applicazione delle 40 ore settimanali distribuite su 5 giorni (dal lunedì al venerdì), il ricorso al lavoro supplementare e straordinario, previa contrattazione del C.d.F., è ammesso solo nei casi di assoluta necessità; comunque, per l'effettuazione del lavoro straordinario, è previsto il recupero dello stesso mediante riposi compensativi.
Va ricordato anche il successo riportato in tema di garanzia del salario laddove è stabilito il mantenimento dell'80°/o del guadagno di cottimo dopo 15 anni di lavoro a cottimo e dell'80°/o dell'indennità turni dopo 20 anni di lavoro a turni, qualora dopo tali scadenze i lavoratori vengano adibiti a lavori ad economia o al turno normale.
Molto significativo l'obiettivo raggiunto per quanto riguarda le qualifiche: si è ottenuta una scala classificatoria articolata in sette livelli con l'intreccio, per alcuni livelli professionali, tra operai ed
suto produttivo e dell'occupazione, ecc.
Ecco il collegamento tra i risultati conseguiti da una importante piattaforma e il movimento generale per rinnovare le strutture economiche e sociali e la direzione politica del paese. Ecco l'esigenza di legare strettamente i risultati di questa lotta e lo sforzo per la loro applicazione alla lotta per ottenere immediati provvedimenti che frenino l'aumento dei prezzi, garantiscano il blocco delle tariffe pubbliche, consentano di avere una casa ad un giusto canone di affitto, colleghino le pensioni ai salari, consentano mediante la detassazione un aumento dei redditi più bassi.
Sia questi provvedimenti immediati, indilazionabili, sia le più profonde operazioni di risanamento e rinnovamento del tessuto economico, politico e morale del paese che il nostro partito e le organizzazioni dei lavoratori esigono, richiedono una modifica nell'orientamento del governo del paese e hanno bisogno della più larga unità possibile tra i lavoratori e le forze democratiche. Senza l'unità dei lavoratori e il contributo della più grande forza da essi espressa, il Partito comunista, non è possibile passo alcuno in direzione di un effettivo risanamento e rinnovamento; viceversa senza questa prospettiva, se non si va in questa direzione, non si può pensare di avere l'appoggio dei comunisti.
Qualsiasi passo che non vada in direzione del risanamento e del rinnovamento, in direzione degli interessi dei lavoratori e delle categorie più deboli della popolazione e che va-
impiegati abbattendo perciò le vecchie divisioni tra qualifica operaia ed impiegatizia. Altri miglioramenti riguardano: l'ottenimento delle 150 ore per il diritto allo studio, le ferie, gli appalti, la malattia e l'infortunio, l'indennità di licenziamento per gli operai (seppure col limite della non retroattività).
Il contratto rappresenta, oltre ad una importante attestazione dei lavoratori a livelli più alti di potere e di conquista all'interno della fabbrica, un momento di aggregazione e di lotta degli operai della gomma e della plastica che, partendo dall'unificazione contrattuale, potranno utilizzare la loro esperienza unitaria per ulteriori conquiste nella fabbrica e nella società.
Va cioè battuta la concezione pansíndacalistica del contratto di lavoro come punto di arrivo dei lavoratori. Deve invece essere affermato il ruolo complessivo della classe operaia che, partendo dalla gestione di lotta delle conquiste contrattuali, si ponga l'obiettivo della risoluzione delle grandi questioni sociali e di riforma e per una diversa direzione politica del nostro Paese.
E' solo su questa strada che i lavoratori possono difendere e dare continuità alle loro vittorie sindacali ed affermare la loro capacità di essere classe dirigente del Paese,
A PARTIRE DAL PROSSIMO NUMERO LavoratorePirell
SARA' INVIATO DIRETTAMENTE AL DOMICILIO DEGLI ABBONATI.
Per questo numero abbiamo voluto evitare i ritardi delle poste che si prevedono per il sovraccarico delle festività pasquali.
da invece in direzione contraria, non può che incontrare l'opposizione ferma e serrata dei comunisti: questo è fondamentalmente anche il senso del nostro atteggiamento nei confronti del 5° Governo Rumor nato dalle ceneri dell'ultima recente crisi di governo. Non sempre il collegamento tra i temi, solo apparentemente isolati, che stanno al centro di un contratto che ha visto contrapposti lavoratori e padronato, e i temi della più generale battaglia in difesa degli interessi economici o dei più generali diritti civili e di libertà dei cittadini (come nel referendum per il divorzio) è immediatamente presente alla coscienza di tutti i lavoratori. Compito deì comunisti e della loro forza organizzata è ancora una volta quello di far compiere, nel corso della lotta per la realizzazione degli obiettivi conseguiti e nello sforzo di collegare questa con la più generale battaglia di classe e democratica, un balzo in avanti nell'elevamento della coscienza politica di tutti i lavoratori.
G. RossinovIch
ERRATA CORRIGE: Nell'articolo apparso sul precedente numero dedicato alla fabbrica di Livorno dal titolo « L'unità tra i lavoratori blocca la ristrutturazione padronale » è stato erroneamente pubblicato che la mano d opera femminile è attualmente impiegata nella misura del 10°/o sul totale degli occupati. Tale percentuale è invece del 20°/o.
GOMMA - PLASTICA: CINQUE MESI DI LOTTA
2
di ALDO PACE
L'industria della gomma in Italia è alquanto concentrata. Solo il 16% delle imprese hanno più di 250 lavoratori ed accentrano quasi 1'80% della forza lavoro. Le 9 più grandi società (Pirelli e sue consociate, Michelín Ceat, Brema-Firestone e poche altre) 'impiegano oltre il 56% della forza lavoro.
Il Settore della Gomma segue quindi la tendenza in atto nella economia italiana che vede una concentrazione, nei settori più importanti, della grande impresa, a discapito delle medie e piccole imprese che sono costrette anche per le minori e talvolta quasi nulle agevolazioni creditizie, a vivere ai
Il ca rattere multinazionale
DEL GRUPPO del grup po pone ai lavoratori problemi nuovi PIRELLI I e di
d i n aalisi
lotta
ra, nel '17 in Argentina, nel '29 in Brasile e nel '36 in Belgio.
In Svizzera a Basilea, la società internazionale Pirelli diviehe la Holding del gruppo ed ha il controllo diretto delle società dislocate fuori dell'area della CEE.
L'espansione massima avviene comunque nel secondo dopoguerra, soprattutto in America Latina, ad iniziare dal '50, nel quale anno viene fondata in partecipazione con la Uniroyal (partecipazione che sarà riscattata nel 1967) in Argentina, la compagnia platense de Neumaticos, nel 1955 in Messico viene fondata la Condumex con partecipazione di capitale mes-
conda, inoltre ha rilevanti partecipazioni in altre società. Queste partecipazioni consentono a Pirelli di sedersi nei consigli di amministrazione accanto ai maggiori partners del capitale finanziario, í posti migliori da dove si può vigilare sulle mosse altrui e scongiurare entrate scomode e pericolose. E' dalla Pirelli & C. che la famiglia Pirelli estende le sue ramificazioni nei settori più disparati e tende ad espandersi all'estero.
La nazionalizzazione dell'elettricità ha portato come conseguenza per la Pirelli & C. una maggiore disponibilità del capitale liquido che le ha permes-
Pirelli Spa mentre quest'ultima avrebbe 1'1,75% delle azioni della Société Internationale relli.
La Pirelli internazionale controlla dunque le società estere del gruppo ed ha la responsabilità della conduzione di tali società le quali si dislocano in Europa, fuori della Cee, e nelle Americhe e precisamente in 9 paesi di questi due continenti; impiegano circa 34 miliardi di lire dato per il 61°/o dalla produzione di cavi, per il 29°/o dai pneumatici e pet il 10°/o dagli articoli vari.
margini dei grandi complessi industriali. Tipico è il caso delle industrie attorno alla cintura di Torino che sono legate mani e piedi alla politica della FIAT.
Anche Pirelli si serve però delle medie e piccole imprese là dove ritiene più conveniente non farle sparire: è questo il caso del settore articoli vari nel quale accanto alla grande impresa Pirelli Sapsa e Pirelli Superga vi sono piccole imprese (Ikgo Spa, Italia Spa, ecc.) che devono sottostare alla politica di Pirelli.
Nel Settore gomma la presenza della mano d'opera è ancora notevole anche se alcune produzioni (i cavi speciali ad olio fluido) hanno .raggiunto un grado tecnologico e di automatismo molto spinto.
In effetti il tipo di sviluppo del settore voluto da Pirelli e con il beneplacito delle autorità di governo, è stato quello di mantenere la posizione privilegiata sul mercato italiano ostacolando l'ingresso nel settore di potenziali rivali.
Il gruppo Pirelli è stato uno dei primi, se non il primo in Italia, ad uscire dall'ambito nazionale e costituire delle teste di ponte in altri paesi per allargare la sua sfera d'influenza. Nel 1902 lo troviamo già in Spagna, nel 1914 in Inghilter-
sicano e statunitense attraverso la Anaconda wire & co. di New York; nel 1966 in Perù si costituisce la Pirelli peruviana con partecipazione di capitale peruviano; nello stesso periodo anche il Canadà si aggiunge ai paesi nei quali Pirelli si è insediato con proprie società. In Europa vengono potenziati gli impianti che già esistono e ne vengono costruiti di nuovi; così è in Inghilterra e così è in Spagna, in Grecia e in Turchia vengono impiantati stabilimenti per la produzione di pneumatici il cui scopo, per il padrone Pirelli, va oltre la semplice acquisizione del profitto, come si è constatato durante l'autunno sindacale quando gli operai scioperanti della Bicocca hanno visto dirigersi verso il loro stabilimento camion carichi di pneumatici provenienti dai due paesi suddetti. Le tabelle l e 2 riassumono il quadro della multinazionalità del gruppo Pirelli. Interessante è vedere il ruolo che svolge la Pirelli & C., società in accomandita per azioni della quale amministratori a vita, essendo soci accomandatari, sono i Pirelli. Essa controlla sia la Pirelli SpA, sia la Pirelli internazionale (nel suo portafoglio ha il 7,2°/o delle azioni della prima e il 19% della se-
so di svolgere in pieno la politica di espansione all'estero finanziata, si può dire, dallo Stato. Infatti nel 1965 venivano incorporate tre società ex elettriche: la Idroelettrica Alto Chiese, la Svel e la Sidat e la Pirelli & C. diveniva d'un colpo titolare di un credito verso l'Enel per 8.288 milioni di lire pagabili in 20 semestralità. Questo credito permetteva alla società milanese di stipulare con l'Icipu un mutuo di 5 miliardi per investimenti in società del gruppo in Italia e all'estero, mutuo di cui maggiormente beneficiava la Pirelli internazionale.
E proprio partendo dalla Société Internationale Pirelli possiamo analizzare il gruppo Pirelli inteso come società transnazionale, cioè una società con prevalenza di capitale nazionale ma con ramificazioni internazionali. Essa ha un capitale di 180 milioni di franchi svizzeri, ha sede a Basilea e suo compito è il controllo delle società estere del gruppo fuori della Cee, ha il 60°/o del capitale azionario di queste, mentre il restante 40% è detenuto dalla Pirelli Spa con l'accordo PirelliDunlop, parte di queste partecipazioni passerànno alla società inglese; la Pirelli Internazionale ha anche nel suo portafoglio il 12°/o delle azioni della
In Europa, le società più importanti sono: le tre inglesi che impiegano circa 10 mila operai in 5 stabilimenti nei quali si producono cavi, pneumatici e calzature di gomma; la Pirelli Productos in Spagna con 8 mila operai e sei stabilimenti, in Grecia e in Turchia le due società che fabbricano pneumatici con uno stabilimento ciascuna. In America latina il gruppo Pirelli controlla 10 società, con 150 milioni di dollari di investimenti e 12 mila dipendenti. 7 mila sono i dipendenti della Pirelli in Brasile, paese dove il gruppo ha rilevanti interessi anche nelle piantagioni di caucciù. Proprio in Brasile troviamo una società del gruppo, la Same, che non produce articoli di gomma, ma costruzioni elettromeccaniche, ed è l'unica società estera del gruppo che si diversifica, non rientrando nel settore gomma la sua produzione. In Argentina le società Pirelli impiegano circa 4 mila dipendenti nel loro stabilimento per la produzione di cavi, pneumatici e articoli vari. In Messico la Condumex produce cavi ed impiega circa 1.400 lavoratori. In Perù l'unica fabbrica Pirelli produce cavi. Importante è l'attività di Pirelli in Canada dove la Pirelli Cabies ha una notevole produzione di cavi elettrici nei suoi due stabilimenti.
Non abbiamo dati sufficienti per disaggregare il fatturato
complessivo, comunque sappiamo che il tasso di crescita del prodotto è superiore che non nella Pirelli Spa. Così pure, stando ai dati della fornità dei bilanci della società milanese, i dividendi di queste società sono ragguardevoli, oscillano sempre dal 10 al 20 e anche al 25°/o del capitale sociale. Da tener presente che tra le società estere vi sono anche società finanziarie che fungono da holdings per le società industriali e che hanno certamente interessi anche in altre società del paese non facenti parte del gruppo Pirelli. Tale è per esempio la Compagnia de Inversi°. nes in Spagna.
In complesso il gruppo Pirelli tende sempre più a spostarsi all'estero e con l'accordo con la società inglese l'importanza della produzione italiana verrà ulteriormente diminuita con le conseguenze, anche sul Diano sindacale, da qualcuno già analizzate. Inoltre la posizione monopolistica di Pirelli in Italia gli ha permesso un autofinanziamento che ha spesso ecceduto l'investimento, ciò che ha determinato una eccedenza di capitali che invece di essere reinvestiti in Italia, hanno permesso a Pirelli una espansione delle sue attività all'estero. Il risultato è stato quello di fare del gruppo Pirelli uno dei colossi mondiali nel settore della gomma, preceduto soltanto dai big americani in Europa, dalla Michelin e dalla Dunlop.
T,'Innunciata integrazione Pirelli-Dunlop segna il punto d'arrivo della politica espansionistica dei due gruppi; in effetti Pirelli e Dunlop si sono scelti a vicenda per l'indicato segno di comnlementarietà che li porterà ad essere uno dei complessi industriali meglio organizzati sul piano operativo.
Nel prossimi due numeri:
La PiFelli dopo l'Integrazione con la Dunlop
La risposta operaia agli accordi Pirelli-Dunlop
LE DIMENSIONI
3
il corsivamma
Ancora sulla "storia del sindacato" raccontata dal padrone
r PUNTATA
Se anche stavolta ci occupiamo di "FATTI E NOTIZIE" è perchè, increduli e abietti (il Signore ci perdoni) eravamo convinti finora che la storia del sindacato fosse storia delle fatiche e delle lotte operaie, storia delle difficoltà del movimento operaio di organizzarsi unitariamente per lottare contro i padroni.
Sbagliavamo. A rivelarci finalmente la verità sono arrivati, col tram a cavalli, alcuni regi scrivani di "FATTI E NOTIZIE", mensile a bassa pressione della PIRELLI S.p.A. Costoro, inutilmente slanciati dietro una vetrata del PIRELLONE stanno fingendo di scrivere, su quel giornale, una "Storia del sindacato in Pirelli", a puntate, come i romanzi d'appendice.
In questa "Storia", movimentata e tumultuosa come un piatto di gelatina, i padroni ci informano che a lottare con gli operai c'erano anche loro. Contro chi? Contro il destino avverso, sospiriamo noi finalmente illuminati. I veri nemici della classe operaia sono i malefici influssi astrali. L'occupazione delle fabbriche del 1920, causata da Giove che entra in collisione con la Vergine, è motivo di intima soddisfazione per Alberto Pirelli. Delle sue memorie raccolte ingiustamente in volume (andrebbero incise su tavole) i redattori citano alcuni brani, duri e intensi come canti quaresimali. Quando nel 1920 le C.d.L. decisero la occupazione delle fabbriche "le nostre maestranze — egli scrive — obbedirono, pur tra le ultime, all'ordine, ma voglio qui ricordare che in quella occasione ricevetti una delle più lusinghiere e gradite attestazioni che abbia mai raccolto nella vita: al momento stesso dell'occupazione, la Commissione Operaia — e rammento le parole di Marzani, infiammate come la sua cravatta rossa — venne ad invitarmi a restare quale loro can() nella vagheggiata nuova forma sociale di conduzione della azienda".
Riusciamo a capire, per il clima storico in cui si svolsero i
Gli operai Pirelli per una nuova politica dei trasporti
fatti, il Marzani che, certamente, auspicava una svolta radicale, e quindi anche pensare che un padrone tornasse a essere semplice lavoratore tra lavoratori, perchè no. Ingenuità o meno, la storia ha detto la sua e noi siamo sempre dalla parte di Marzani, un po' meno sentimentali.
'Pirelli chiama con malcelato sarcasmo "vagheggiata nuova forma sociale" tutto ciò che per milioni di operai significa giustizia e libertà. In realtà Pirelli "vagheggiava" un suo nuovo ordine sociale; dopo l'occupazione delle fabbriche si recherà dal suo sarto lasciandogli le misure per una bella divisa nera.
Ma la lezione continua. Siccome anche al Pirellone c'è una Cassa per il Mezzogiorno, qualcuno, dietro incentivo, ne approfitta per scrivere su "FATTI E NOTIZIE": "Sul piano sindacale si era fatta sentire nel frattempo la influenza della scelta operata dal segretario generale della C.G.I.L., il comunista G. DI VITTORIO, che aveva sostenuto la necessità di una politica di collaborazione per la ricostruzione nazionale: collaborazione fra la classe operaia, i ceti produttivi e le classi medie compresi, aggiunge il giornale, gli imprenditori. Quest'ultima aggiunta è arbitraria e in malafede, è una meschina deformazione. Tutti sanno qual'era la condizione disastrosa delle fabbriche del Nord subito dopo la guerra, periodo cui fa riferimento il brano citato. La preoccupazione di DI VITTORIO era la condizione disperata in cui versava la classe operaia, gli imprenditori andavano stimolati ad assumere lavoratori.
Tutti sanno anche cos'è la nostra visione della politica delle alleanze, ma è bene che tutti sappiano qual è quella di "FATTI E NOTIZIE", la cui massima aspirazione è di avere il più presto possibile il nuovo direttore: Girolamo Domestici, lume a Petrolio presso il "Resto del Carlino", part-time col Grattacielo.
H. Banbury
Una delegazione dei lavoratori della Pirelli Spa di Villafranca Tirrena-Messina, guidata dal capo gruppo comunista al Consiglio comunale di Messina, Giuseppe Mangiapane, dal responsabile lavoro operaio della federazione, Antonio Cattino e dal segretario della cellula comunista della Pirelli Spa, Antonino Papale, ha avuto un primo incontro interlocutorio con i rappresentanti dell'amministrazione del Comune di Messina per sollecitare un intervento del Comune in direzione del trasporto dei lavoratori (tecnici, impiegati ed operai) della Pirelli mediante mezzi dell'ATM, da e per Messina, coincidente con l'orario di entrata e di uscita dei turni dei suddetti lavoratori. L'azione dei lavoratori della Pirelli si muove nel quadro più generale della lotta al caro vita, al caro benzina e per una nuova concezione del servizio del trasporto pubblico come servizio sociale, quindi come servizio che vada incontro alle esigenze delle masse lavoratrici.
sta una valutazione del Consiglio di fabbrica della Pirelli, spende in media dalle 30 alle 40.000 lire al mese ed i lavoratori pendolari messinesi alla Pirelli sono circa 300 su 1.200.
I rappresentanti dell'amministrazione comunale hanno convenuto sulla urgenza dell'istituzione di tale servizio che darebbe un valido contributo alla difesa del salario e degli stipendi delle maestranze Pirelli in un momento in cui il potere d'acquisto dei salari e degli stipendi si fa sempre più debole.
Infatti, un lavoratore che da Messina si sposta a Villafranca con l'automobile privata, è que-
Le due delegazioni, dopo il colloquio, hanno convenuto di incontrarsi a breve scadenza per trattare il problema in fase tecnica ed operativa. L'ATM infatti dovrebbe ricevere nel mese entrante un primo contingente di nuovi autobus. Al prossimo incontro la delegazione dei lavoratori, si presenterà a livello di Consiglio di fabbrica presentando un organico pacchetto di precise proOdtte, confortato da una estesa consultazione ed indagine conoscitiva fra tutti i lavoratori Pirelli. In ogni caso peè affrontare globalmente il problema dei trasporti pubblici in tutta la zona Industriale Milazzo-Venetico-Villafranca-Valle Del Mela occorre uno sforzo congiunto di tutti i consigli di fabbrica che insieme ai consigli comunali interessati, si facciano controparte ed interlocutori con la Regione per fare approntare un piano zonale complessivo alla Azienda Siciliana Trasporti. Anche per questo, la risoluzione del problema dei pendolari messinesi, oltre a rappresentare una barriera al caro vita, potrebbe essere il punto di partenza, a Messina e nel suo entroterra, per un processo di confronto e di incontro fra la fabbrica e gli enti elettivi, per una crescita civile, democratica ed antifascista della società messinese.
LavoratorePirelb
mensile degli operai e degli impiegati comunisti del gruppo Pirelli
Direttore responsabile: Roberto Nardi
Redattore capo: Pietro Anelli
Comitato di redazione: Pietro Anelli, Aldo Luclani, Aldo Pace
Segretaria di redazione: Gabriella BonvInt
Redazione: sezione L. Temolo, viale Sarca. 181 - 20126 Milano
Amministrazione: Via delle Botteghe Oscure, 4 - Roma
Numero unico in attesa di autorizzazione
Stampa: ORMAgrafica, Via Faunla, 8 - Roma
VILLAFRANCA TIRRENA
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Perchè il NO dei lavoratori
di FERNANDO DI GIULIO
Grande è il valore dell'istituto familiare per i lavoratori italiani. Nel nostro paese la vita degli operai è stata ed è tuttora difficile, spesso caratterizzata da lotte aspre per la difesa del proprio tenore di vita e l'affermazione dei diritti del lavoro. Nei momenti più drammatici della vita e della lotta la famiglia ha sempre rappresentato un baluardo e una difesa. La storia delle famiglie operaie, ed è qui l'origine della loro saldezza, è storia di sacrifici umani, di difficoltà insieme superate. Nessuno può quindi dubitare che un partito come il nostro, che ha nella classe operaia il suo fondamento e la sua ragione d'esistenza, non intenda tutta l'importanza dell'istituto della famiglia. Del resto le lunghe battaglie che la classe operaia ha condotto per il lavoro e contro l'emigrazione sono state anche date a difesa della famiglia, contro una politica economica e sociale che essa sì ha spezzato e distrutto centinaia di migliaia di famiglie italiane, facendo violenza alla volontà dei loro componenti. E in queste battaglie i sostenitori del sì nel referendum, i difensori della abrogazione della legge del divorzio, clericali e fascisti, li abbiamo sempre trovati dall'altra parte, e nessuno di costoro ha mai detto una parola a difesa delle famiglie di quei lavoratori costretti a vivere lontani dalle mogli e dai figli.
Nel referendum non il valore della famiglia è in discussione, ma il diritto, per quegli italiani i quali per le vicende della vita hanno contratto un legame matrimoniale che non ha retto alla prova del tempo, di potere, dopo anni di separazione, sciogliere un vincolo ormai morto e costituire legittimamente una nuova famiglia. Perchè questo diritto dovrebbe essere negato o meglio riservato solo ai privilegiati ed ai potenti i quali hanno sempre trovato il modo attraverso i tribunali ecclesiastici di annullare i propri matrimoni e costituire nuove famiglie?
Si dice: ma i casi di famiglie distrutte sono pochi. n' vero, lo ha dimostrato l'esperienza di que-
L'impegno dei sindacalisti
LAMA e BONI
« L'impegno per vincere il referendum »
sti primi anni di applicazione dell'istituto del divorzio. Ma il valore di un diritto, di una libertà non si misura mai dal numero di coloro che sono interessati ad esercitarlo. Per pochi che essi siano, è dovere dei molti, non personalmente interessati, garantire il loro diritto. Qui si riconoscono gli amici autentici della causa della libertà. E questo è il tema dello scontro: i grandi principi di tolleranza e di libertà che dalla rivoluzione francese sono parte essenziale della civiltà contemporanea, lievito di ogni progresso della storia.
Non è un caso del resto che al momento dello scontro i fascisti sono corsi a schierarsi tra i sostenitori dell'abrogazione del divorzio. Hanno capito che era la loro battaglia di sempre, perchè era battaglia contro la libertà. Non è un caso che intorno al sì si riuniscano tutte le forze della vecchia Italia, le forze della intolleranza settaria, della prepotenza e della sopraffazione. Spetta alla classe operaia dire di no a tutti costoro. La classe operaia, i lavoratori sono stati nella storia d'Italia, dalla lotta contro il fascismo, alla Resistenza, alla difesa dei principi costituzionali in questo dopoguerra, sempre il baluardo della libertà, quelli che hanno saputo dire no ad ogni attacco alle libertà degli italiani. I lavoratori sono coloro che hanno saputo costruire sul terreno sindacale una unità che è basata sul rispetto delle più diverse opinioni, sul confronto delle idee che respinge ogni intolleranza e settarismo. E non è un caso che esponenti di ogni corrente del movimento sindacale, anche cattolici come Macario, Carniti e molti altri, nroprio in nome dei principi di libertà, abbiano annunciato il loro no.
La lunga faticosa strada dell'affermazione dei principi di tolleranza e libertà nella società italiana si identifica da molti anni col progresso del movimento dei lavoratori. Sia la battaglia del referendum l'occasione di una nuova affermazione, di un nuovo passo innanzi,
« Secondo i principi affermati dalla stessa carta dell'unità e il diritto di partecipazione alla vita democratica che vale per ogni cittadino, noi e i quadri della nostra organizzazione sentiamo il dovere come militanti di sviluppare la nostra azione perché l'Italia non vada indietro, perché la legge sul divorzio non sia abrogata ».
ESECUTIVO UIL
« Impedire l'abrogazione della legge sul divorzio »
« Il Comitato esecutivo della UIL nella ferma convinzione che dalla lotta per un generale progresso economico e sociale del Paese non possa essere disgiunto un impegno per obiettivi capaci di consolidare ed estendere i diritti civili e le libertà individuali, fondamento di quella società pluralistica per cui si batte il movimento sindacale, richiamandosi a una precedente ed unanime delibera del Comitato Centrale invita i militanti della UIL ad una concreta mobilitazione per impedire l'abrogazione della legge sul divorzio, in uno spirito di civile e democratica competizione ».
LUIGI MACARIO
Segretario generale aggiunto della CISL
« Andare alle vere cause della disgregazione familiare »
« Il lavoratore sa bene che il benessere delle famiglie, morale e materiale, dipende essenzialmente dalle strutture economiche e sociali, dall'occupazione, dalla scuola, dalla casa, dall'organizzazione sanitaria, dalle infrastrutture civili e, insieme a questo, dalla moralità della vita e dei costumi. La disoccupazione, l'emigrazione, l'analfabetismo e l'incultura, la vita nelle baracche, la malattia, l'insicurezza e la miseria sono, infatti, rischi e pericoli e quindi fattori di degenerazione e di decomposizione obiettiva a cui sono esposte le famiglie della povera gente di ben più va-
sta portata e gravità della possibilità di divorzio ».
PIERRE CARNITI
Segretario nazionale della FIM-CISL
« Una operazione di destra »
« Il referendum sul divorzio implica un'operazione di destra per la materia in discussione, per il tipo di schieramento che provoca, per le ambiguità che contiene. Si confrontano due schieramenti interclassisti. L'indissolubilità del matrimonio, alla quale come cattolico credo, non c'entra. L'indissolubilità è un valore, e un valore non può essere imposto coattivamente. Perciò sono contro l'abrogazione della vigente legge sul divorzio. Ma quello che mi preoccupa come sindacalista cristiano, è che il referendum contiene potenzialmente il pericolo di una lacerazione dei lavoratori ».
EMILIO GABAGLIO
Ex presidente nazionale ACLI
« Contro la divisione della classe operaia »
« Non è possibile nascondersi che una vittoria dello schieramento abrogazionista aprirebbe la strada ad una grave involuzione politica e che su questa eventualità hanno scommesso le forze integraliste, reazionarie, gli stessi fascisti e tutti coloro che puntano alla divisione della classe operaia e delle masse popolari e a soluzioni autoritarie.
Per questi motivi sento, in coscienza, di dover rispondere « no » alla proposta abrogazionista ed allo stesso tempo, di ribadire la necessità che all'indomani del referendum, si ponga mano con sollecitudine al varo definitivo di un rinnovato diritto di famiglia e al miglioramento di alcuni aspetti della legislazione divorzista, come del resto già si sarebbe potuto fare — stante la disponibilità delle forze di sinistra — se la DC ed il suo gruppo dirigente in particolare, non si fosse assunta la grave responsabilità di lasciar cadere le ripetute proposte di negoziato, portando quindi il Paese alla pericolosa prova del referendum ».
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DELLA BICOCCA
Abbiamo chiesto ad alcuni lavoratori, membri del Consiglio di fabbrica della Pirelli-Bicocca, la loro opinione ed il loro giudizio sulla prossima scadenza che vedrà impegnato il Paese a votare sul referendum abrogativo della legge istitutiva del divorzio.
Essi ci hanno così risposto:
CORNELIO FRIGERIO, 36 anni, operaio. Credo ohe, parlando del referendum per l'abrogazione del divorzio, sia giusto affermare che non sono certamente state le forze democratiche nè tanto meno i lavoratori ad assumersi la grave responsabilità di indirlo.
I lavoratori non hanno cercato questo scontro nella consapevolezza che in questo difficile momento per la vita del nostro Paese, solo l'unità della classe operaia e di tutte le forze democratiche riuscirà a portare avanti un programma di riforme sociali per un nuovo modello di sviluppo.
I lavoratori sanno, per esperienza diretta, che non è la legge Fortuna-Baslini a minacciare l'unità della famiglia; l'unità della famiglia è invece incrinata dai problemi posti dall'emigrazione, dal caro-vita e dalla disoccupazione.
E' chiaro quindi che chi ha voluto questo scontro spera in questo modo di spezzare l'unità dei lavoratori e dl erigere steccati ormai crollati grazie al movimento unitario di lotta di questi ultiimi anni. Credo che nessun • piccolo Cesare » della politica italiana nè alcun gruppo confessionale possa distogliere i lavoratori dal loro impegno di lotta.
Il • NO • del lavoratori all'abrogazione di questa legge è quindi implicato. Il 12 maggio voteremo perciò contro l'annullamento della legge Istitutiva del divorzio consapevoli di compiere una scelta civile e di progresso. MARIO MINOTTI, 36 anni, operaio.
Con tutti i problemi esistenti in questo momento nel Paese, ci troviamo ad affrontare un tema che, pur essendo da chiarire, è deviante rispetto ai temi di lotta che la classe operaia sta affrontando. Potrebbe sembrare, a prima vista, che sul problema del referendum, si siano alleati al Movimento operaio anche i liberali.
Noi lavoratori voteremo NO all'abrogazione della legge per riaffermare quei principi di democrazia per i quali lottiamo da sempre.
I liberali voteranno come noi, ma per questioni diverse: ungere la Sacra Rota costa, come pure è costoso divorziare andando all'estero pagando saporitamente fior di avvo-
cati. Molto meglio avere il divorzio qui, a portata di mano.
Per noi lavoratori, però, Il problema è ben diverso e non vogliamo scherzarci; crediamo nell'unità della famglia, la difendiamo fino in fondo, crediamo anche a quel « qualcosa » che ci ha uniti, Indipendentemente da « chi • ci ha uniti. Tuttavia, quando non esistono più i presupposti per mantenere in vita il legame del matrimonio; quando la vita a due diventa un tormento per entrambi i coniugi, riflettendosi negativamente anche sui figli, è giusto che questo legame possa sciogliersi. E' dovere quindi di ogni cittadino, anche di coloro che per loro convinzioni religiose non sentono la necessità di tale strumento, garantire la possibilità di ricrearsi una nuova vita e nuove possibilità.
Ciò sarà possibile se tutti voteremo NO all'abrogazione della legge sul divorzio.
VITO BASILICO, 48 anni, impiegato. Sono anch'io convinto dell'utilità delle leg ge attuale, anche se, quando fu combattuta quella battaglia, ho avuto occasione di avanzare riserve circa la possibilità di ricatto che il Movimento operaio offriva alla Destra, essendosi impegnato troppo in alleanze spurie. Ora il discorso si fa per andare avanti. Perciò, pure con i suoi difetti, d'altronde modificabili, purché se ne discuta seriamente per migliorarla, la legge consente finalmente anche alla popolazione italiana (ultima tra i popoli civili) di accedere alla possibilità di scioglimento di un matrimonio quando questo si dimostri fallito in modo irrimediabile. Direi intanto che la conquista è tale soprattutto per i lavoratori, per i meno abbienti. I ceti privilegiati, infatti, conoscevano già da un pezzo « le vie del Signore » che, per definizione, sono infinite, anche per ciò che concerne il divorzio (Sacra Rota, Svizzera etc.).
A mio modo di vedere poi, chi ha scelto di sottoporre la legge a referendum è quella stessa DC che, pur rappresentando sia molti voti di lavoratori, sia i pochi voti delle forze della conservazione e del privilegio, è una DC diretta nei fatti da questa minoranza del privilegio. E' la DC portavalori di tutti i padroni.
Se occorresse ancora una verifica sul giudizio da dare circa questa DC, basti notare che, pur in presenza di offerte di tutto il Movimento operaio e dei suoi partiti, tese ad evitare lo scontro del referendum che rischia pur sempre di dividere l'Italia in due (persino all'interno delle famiglie), questa DC sceglie proprio lo scontro, anche se ipocritamente dichiara di non volerlo. Sceglie lo scontro e non l'unità; anche se non rifiuta • l'altra unità -, quella col MSI, a cui ha già chiesto i voti per eleggere Leone e a cui rende un servizio corrispondente. Insieme col MSI bisogna che non votino i lavoratori democristiani, i contadini e i ceti medi DC. Sono certo che alla Pirelli, 1 nostri compagni di lavoro, che pure potranno votare ancora DC alle prossime elezioni politiche o amministrative, si rifiuteranno di votare col MSI ed imporre anche a me l'indissolubilità del matrimonio che è loro congeniale.
Ritengo opportuno e proponibile che su tale legge si discuta anche fra i lavoratori della Pirelli in un dibattito sereno e non con spirito da • crociata «, meglio se sotto la direzione del Consiglio di fabbrica.
sciplina dei casi di scioglimento del matrimonio ».
grandi nemici dell'unità familiare sono gli squallidi e logori fantasmi di Gedda e Lombardi e tutti coloro che con una politica colonialista e rapinatrice hanno spopolato le campagne e le città del mezzogiorno costringendo milioni di lavoratori ad emigrare, dividendo di fatto i padri dai loro figli, i mariti dalle loro mogli.
Chi crea le vedove bianche e la piaga dell'emigrazione, quello è il nemico dell'unità familiare!
Contro costoro, che usando l'arma
DI LIVORNO
ROSANNA LENZI, operaia lo sono favorevole alla legge sul divorzio perchè penso che sia giusto porre qualche rimedio alle situazioni familiari disgraziate che non hanno più via di uscita. Ho letto su una rivista che la DC userà, durante la campagna per il Referendum, lo slogan • sì come il giorno delle nozze ». Mi pare che cerchino in questo modo di giocare coi sentimenti della gente più sprovveduta, di carpire la buonafede dei cattolici e soprattutto delle donne. Infatti evitano di discutere del funzionamento, dei pregi e anche dei difetti della legge, ma si limitano invece a suggerire un voto di istinto, direi. Trovo tutto questo, oltre che sbagliato, anche offensivo nei confronti soprattutto delle donne; sembra che la DC non ci consideri capaci di ragionare e di discutere, ma capaci solo di decisioni avventate e impulsive. Però tante donne, soprattutto giovani, non sono più disposte ad essere usate come riserva di voti della DC.
Discutono e fanno propaganda per il NO, soprattutto nelle fabbriche, e bisogna che questo impegno delle operaie si estenda anche al di fuori della fabbrica, nei confronti delle donne che, non lavorando, sono più facilmente influenzate dalla propaganda democristiana.
Ci sono molti casi di situazioni familiari infelici, di persone che ormai si sono rifatte una famiglia nuova, spesso con nuovi figli. Bisogna portare a conoscenza di tutti questi casi umani per far vedere alla gente a cosa realmente serve la legge sul divorzio, e perchè vada difesa.
della lacerazione e della provocazione, vorrebbero che i lavoratori combattessero gli uni contro gli altri sulla base del sentimento religioso, col preciso scopo di affossare le riforme stendere un polverone su scandali imbrogli di ogni sorta, i lavoratori della PIRELLI il 12 Maggio voteranno « NO » alla abrogazione del divorzio per conservare una conquista civile democratica e sarà un « NO » al fascismo e alla provocazione clericale.
PIERA MUNAFO', operaia
lo penso che quando non c'è più nè pane, nè amore nè fantasia, tanto vale piantarla li. E' inutile cercare di far vivere per forza un legame famigliare che non ha più alcun valore.
La legge sul divorzio serve proprio a questo. Tuttavia per vincere il Referendum non basta aver ragione o invitare gli altri a ragionare. Bisogna anche fare tanta propaganda. Il voto è formulato in modo difficile e gli errori sono facili da fare. Anche nella nostra fabbrica alcuni hanno saputo dai compagni di lavoro più attenti che per salvare il divorzio bisogna votare NO. Altrimenti sarebbero andati dritti al Referendum a votare sì perchè erano favorevoli al divorzio. Questo ci da l'idea delle difficoltà che incontreremo in questa campagna elettorale.
E soprattutto le donne devono battersi in prima fila, perchè in certo modo questa votazione le riguarda direttamente più di altre. Forse per la prima volta in Italia la donna ha la possibilità di esprimere col voto il proprio peso in favore di una legge che rappresenta un passo importante e ormai decisivo verso un cambiamento generale del diritto di famiglia.
Se il Referendum passa e la legge viene abrogata, sarà molto difficile pensare di poter andare avanti verso la parità effettiva fra uomo e donna, e tutte le possibilità che oggi ci sono in questo senso, verranno soffocate. Quindi dobbiamo spingere soprattutto le donne a votare NO; e forse questa anche una grande occasione per avere una reale partecipazione delle donne al dibattito politico e sindacale; sino ad ora questa partecipazione è stata assai limitata, come possiamo vedere anche nelle assemblee, in fabbrica.
MARIAPIA GIARDINI, operaia lo ho una esperienza personale vissuta nell'ultimo anno.
Devo dire subito che la legge è molto costosa, almeno per una operaia e questo è un punto che andrebbe migliorato.
C'è poi il problema del mantenimento dei figli; quando ho fatto le pratiche per il divorzio, il giudice ha voluto vedere ii mio listino e quello di mio marito, ed ha stabilito una cifra per gli alimenti che, se può andar bene ora, non sarà più sufficiente quando mio figlio andrà alle scuole superiori; per aumentare gli alimenti dovrò fare allora un'altra azione legale, il che significherà altre spese.
Nella riunione del giorno 11-3-1974, i delegati del Consiglio di fabbrica della Pirelli di Villafranca Tirrena, dopo aver tracciato la strategia e la linea di lotta per il rinnovo del Contratto nazionale del lavoro, hanno affrontato ed ampiamente dibattuto la posizione unitaria da assumere in vista del referendum abrogativo della legge 8098 che reca il titolo « Di-
Da più parti è stata fatta un'ampia analisi sulla democraticità e sulla costituzionalità della legge sul divorzio che, smentendo ogni falso allarmismo, e nel rispetto della dignità umana e del sentimento religioso, ha permesso di regolarizzare la drammatica posizione di « fuorilegge » di tante famiglie italiane. Nonostante tutto ciò, forze reazionarie e clericali hanno voluto imporre una consultazione elettorale per annullare questa legge, lanciando una meschina crociata il cui obiettivo reale non è la difesa dell'istituto familiare bensì di rompere l'unità della classe operaia e di cambiare il quadro istituzionale con una svolta conservatrice e reazionaria, che strumentalizzando il deterioramento politico e sociale dovuto all'incapacità dei nostri governanti, darebbe spazio alla provocazione e alla parola d'ordine fascista.
I delegati dei lavoratori hanno fermamente ribadito che i veri e più
LENINA TURINELLI, operaia
lo penso che il referendum sulla legge per il divorzio riguardi le persone che hanno famiglia e che possono formarsene una; per questo mi sembra strano l'impegno che il clero stà mettendo nella campagna elettorale. C'è stata la conferenza dei vescovi che ha cercato di imporre ai cattolici di votare per l'abrogazione; c'è la propaganda continua nelle chiese. Ma io mi chiedo: i preti e le suore, i religiosi insomma, fanno un voto di rinuncia proprio alla famiglia.
Dovrebbero essere gli ultimi ad avere diritto di pronunciarsi su questi problemi. D'altra parte anche per un cattolico, per uno che crede, il divorzio non dovrebbe sembrare così spaventoso. In fondo non si tratta 'del suo divorzio, ma della possibilità di sciogliere i matrimoni andati in crisi. Penso che su questo piano non abbiano argomenti validi.
Durante il periodo di funzionamento della legge abbiamo assistito ad una diminuzione lenta ma continua dei casi di divorzio. Quindi non dissoluzione della famiglia, come vorrebbe Fanfani, ma una giusta legge, moderna e riparatrice, una legge che dobbiamo difendere votando compatti per il NO.
Inoltre durante tutto il periodo di separazione, prima del divorzio, io non ho avuto alcun contributo da mio marito; la donna separata in Italia è meno tutelata di una ragazza madre.
Mio figlio mi ha capita e non ha vissuto il divorzio come un dramma; un suo tema sul divorzio (fa la terza media) ha avuto un voto molto alto.
Un'altra osservazione che vorrei fare riguarda il fatto che la legge attuale sul divorzio consente all'uomo divorziato di risposarsi subito, mentre impone alla donna divorziata di attendere dieci mesi: al di là delle motivazioni di questa disposizione (salvaguardia della paternità ecc.) mi sembra che sia un'altra discriminazione nei confronti della donna.
Con tutto questo penso che la legge sul divorzio debba essere mantenuta perchè è una garanzia di libertà e di progresso, un passo concreto verso la parità tra uomo e donna; piuttosto temo che a causa del modo in cui sarà formulata al referendum la questiene, ci potranno essere alcuni errori, per esempio gente favorevole al divorzio che voterà si. Bisogna impegnarsi per fare la più vasta propaganda per il No. Questo è abbastanza facile nelle fabbriche, ma sarà difficoltoso tra le casalinghe o nelle campagne.
IL DI ViLLAFRANCA IL
NO
IL NO
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reazionarie
In tutta l'Europa continentale, eccetto che nella Spagna franchista, esiste la possibilità di sciogliere il matrimonio. Diamo di seguito brevi cenni per quanto riguarda i singoli Paesi.
ALBANIA
Il codice, secondo la legge del 18 maggio 1948, non prevede singoli motivi di divorzio lascia ampia discrezione al giudice.
AUSTRIA
L'istituto del divorzio, introdotto all'epoca dell'Anschluss, nel 1938, è stato ulteriormente regolato nel 1945. I motivi per ottenere il divorzio sono analoghi a quelli vigenti nella Repubblica Federale Tedesca.
BELGIO
Per ottenere lo scioglimento del matrimonio è necessario che vi siano le seguenti cause: adulterio, eccessi, sevizie e ingiurie gravi. Nel Belgio, dove è in vigore il Codice napoleonico del 1804, con successive modifiche, è stabilita la differenza tra adulterio maschile e quello femminile e il divorzio per mutuo consenso • presuppone una colpa molto grave che può anche essere mantenuta segreta.
BULGARIA
La legge del divorzio (1949 e successive modifiche del 1953) segue i principi di quella sovietica.
CECOSLOVACCHIA
Il divorzio, con legge 7 dicembre 1949, è ammesso per grave e continuo turbamento della vita coniugale, causato da seri motivi.
DANIMARCA
Con la legge del 30 giugno 1922 è possibile ottenere il divorzio per via amministrativa. Possono richiederlo i coniugi di comune accordo o anche soltanto quello dei due che avrebbe diritto ad ottenerlo in via giudiziaria, purchè ci sia il consenso dell'altro sulla definizione dei problemi attinenti i rapporti patrimoniali ed i figli.
FINLANDIA
Il divorzio è regolato dalla legge del 1929 prevede le stesse cause di quella svedese.
FRANCIA
Il Codice napoleonico del 1804, ispirato dalla Rivoluzione del 1789, regola ancora oggi il diritto di famiglia e sottrae in modo categorico tutta la materia alla Chiesa.
francesi oggi possono sciogliere il matrimonio soltanto in questi casi: adulterio della moglie e del marito (l'adulterio del marito è stato equiparato alla moglie), condanna a pena detentiva e infamante (anche se amnistiata, secondo l'interpretazione della giurisprudenza), eccessi, sevizie e ingiurie gravi (fra queste va compresa la violazione grave e ripetuta degli obblighi familiari e quindi anche l'abbandono). Questi motivi sono validi anche per la richiesta di separazione. Per mutuo consenso non può farsi luogo neppure a separazione.
GRAN BRETAGNA
Il divorzio è stato introdotto nel 1857 ed attualmente la materia è regolata dal Mar-
Per capire quale sia la posta in gioco nel referendum promosso contro la legge che ha introdotto tre anni or sono in Italia la possibilità di sciogliere i matrimoni falliti, bisogna chiedersi perché le forze reazionarie e fasciste siano state e siano le più accese nel sostenere questa iniziativa.
SI dice che la richiesta di referendum fosse motivata dalla preoccupazione nei rispetti di una supposta influenza negativa che il diritto al divorzio potrebbe avere sulla stabilità della famiglia. Ma se così fosse, il referendum non avrebbe motivo di essere perchè tre anni di esperienza hanno dimostrato che il divorzio è servito solo a risolvere un certo numero di rotture matrimoniali già avvenute da anni, a tutelare il coniuge economicamente più debole, e a dare un nome a tanti figli, senza provocare alcun fenomeno di cedimento nell'istituto familiare.
Si dice anche che il referendum fosse voluto per tutelare un convincimento religioso. Ma anche in questo caso, l'esperienza ha mostrato che la legge e chi la applica non mettono minimamente in discussione la facoltà dell'antidivorzista di non divorziare: la legge si limita a tutelare il diritto al divorzio
per quelle donne e quegli uomini che hanno già verificato la impossibilità di continuare il rapporto matrimoniale. Si tratta, cioè, di un elementare diritto civile di libertà che fa parte della concezione di una famiglia rinnovata e moralmente sana.
Le ragioni, dunque, sono altre.
In realtà le forze reazionarie si sono poste l'obiettivo di far arretrare tutta la situazione politica e sociale del Paese. Non avendo realizzato questo obiettivo sul terreno del confronto sui temi politici ed economici, sul quale anzi crescente e il loro isolamento, hanno pensato di strumentalizzare, sentimenti religiosi e convincimenti morali per scatenare una sorta di guerra di religione ed aprire una spaccatura verticale fra le masse popolari, distogliere i lavoratori dalle lotte per il rinnovamento e tentare di costruire un blocco reazionario.
Eesse si propongono non solo di sconfiggere una conquista di civiltà ma di tentare uno spostamento a destra in tutta la situazione del paese, di deteriorare i rapporti fra la Repubblica e la Chiesa, di introdurre una pesante, artificiosa difficoltà nel processo di unità sindacale dei lavoratori, di consolidare quello che lo stesso dirigente demo-
cristiano on. Piccoli ha definito il « contagio colerico fascista » sul mondo cattolico.
La verità è che il piano della destra, dei fascisti, dei conservatori è di dare, tramite il referendum, un colpo ad una riforma che rappresenta un diritto di civiltà perchè vogliono impedire ogni altra riforma, economica e sociale che sia apportatrice di progresso. E' questa operazione reazionaria che va bloccata e rovesciata.
Questo hanno capito tanti cattolici democratici nei quali il referendum ha suscitato dubbi e preoccupazioni profonde.
E' infatti evidente che nessun cattolico democratico può pensare di imporre per legge le proprie convinzioni agli altri. La legge che dà il diritto al divorzio non obbliga nessuno a divorziare. Ma non è democratico imporre per legge di stare uniti nel matrimonio a coloro che si sono già divisi di fatto da anni.
La battaglia che ci proponiamo di affrontare con tutte le nostre forze è, dunque, allo stesso tempo una battaglia per i diritti civili e una battaglia per la salvaguardia della democrazia e dell'unità dei lavoratori, per il progresso politico e civile del paese.
La Spagna franchista l'unica rilevante eccezione nel Continente
riage Act del 1949 e modifica del 1950 (Matrimonial causes act). Cause di divorzio sono l'adulterio, ratto, sodomia e bestialità (in quest'ultimo caso l'azione è riservata solo alla donna). Altri motivi sono costituiti dall'abbandono del tetto coniugale per almeno tre anni, malattia mentale incurabile da almeno 5 anni. Altre norme inoltre sono valide per la Scozia.
GRECIA
Il Codice civile del 1946, che viene dopo la legge 24 giugno 1920, prevede, quali motivi di divorzio, la colpa di uno dei due coniugi (adulterio, bigamia, insidie, abbandono) e infermità mentali.
ISLANDA La legge del 27 giugno 1921 prevede le seguenti cause di divorzio: separazione di fatto da tre anni, abbandono malizioso da due anni o assenza da tre anni, adulterio, pericolo di contagio venereo per causa dell'altro coniuge, insidie alla vita e gravi maltrattamenti, condanna a più di due anni di carcere, infermità di mente da oltre tre anni.
JUGOSLAVIA
Con le leggi del 1946 e del 1948 il divorzio è ammesso per grave perturbamento coniugale, adulterio di uno dei coniugi, attentato alla vita dell'altro coniuge, maltrattamenti, ingiurie gravi, comportamento immorale, infermità mentale incurabile, abbandono ingiustificato del tetto coniugale per oltre sei mesi, condanna a più di tre anni di carcere, atti sessuali contro natura, istigazione dei figli alla prostituzione o alla delinquenza.
LUSSEMBURGO
Dal 1804 è in vigore il Codice francese con successive modifiche. Il matrimonio deve essere celebrato davanti all'autorità civile e l'atto deve precedere il rito religioso. Le cause di divorzio sono le stesse di quelle previste in Francia.
NORVEGIA
La Norvegia regola la legislazione matrimoniale in base ad uno schema comune a Svezia, Finlandia, Danimarca e Islanda. Al matrimonio religioso sono riconosciuti gli stessi effetti civili. Il divorzio può essere ottenuto in via giudiziaria e amministrativa e una ampia discrezionalità è data al giudice. Dopo un anno di separazione è possibile giungere ad una sentenza di divorzio.
PAESI BASSI
Il matrimonio, secondo il Codice civile del 1830, si scioglie con la morte di uno dei due coniugi, con il nuovo matrimonio dopo la dichiarazione di morte presunta di uno dei coniugi, con la sentenza di scioglimento successiva alla separazione legale o col divorzio.
POLONIA
Con i decreti del 1945 e del 1946 venne sanzionato il principio della laicità dell'isti-
tuto matrimoniale e introdotto il divorzio. Con il nuovo Codice, entrato in vigore il primo gennaio 1965, e che viene a colmare le lacune del Codice di famiglia del 1950 troppo generico, si è stabilito che il divorzio può essere concesso nel caso che tra i coniugi esista uno stato di rottura insanabile. La stessa legge, peraltro, prevede delle norme limitative.
PORTOGALLO
L'istituto del divorzio è stato introdotto nel 1910. Dopo il Concordato con il Vaticano, i coniugi che si siano sposati in chiesa non possono più divorziare. Tra le cause di divorzio l'adulterio, condanna irrevocabile e pene gravi, maltrattamenti o gravi offese, abbandono (tre anni) o assenza (4 anni), malattie inguaribili da almeno tre anni, gioco d'azzardo.
REPUBB. FED. TEDESCA
La materia è regolata dal Codice civile del 1896 e successivamente dalla legge n. 16 del Consiglio di controllo alleato del 20 febbraio 1946. La legge prevede come cause di divorzio: a) condotta colpevole (adulterio e condotta immorale nel termine più vasto); b) infermità, sia mentale, ripugnante o contagiosa, non guaribile entro breve tempo. Altro motivo di divorzio può essere rappresentato dalla cessazione della comunione familiare, senza colpa, da almeno tre anni.
riguardano l'abbandono per almeno due anni, l'assenza ingiustificata per non meno di tre anni (presunzione di morte), bigamia, adulterio, malattie veneree contagiose, attentato alla vita del coniuge, condanna superiore ai tre anni, uso di alcool e droga in maniera costante, malattia mentale incurabile da almeno tre anni.
SVIZZERA
Con la legge federale del 24 dicembre 1874 viene introdotto il divorzio in tutto il Paese soltanto in caso di mutuo consenso. Solo a partire dal 1912 per lo scioglimento del matrimonio viene esclusa la necessità del reciproco assenso dei coniugi.
Le cause per ottenere il divorzio e che valgono anche per conseguire la separazione, riguardano l'adulterio, l'attentato alla vita, sevizie e ingiurie gravi, delitto infamante condotta disonorante, abbandono malizioso, malattie mentali incurabili, grave attentato al legame coniugale.
UNGHERIA
Per la legge ungherese del 1952 il divorzio è concesso soltanto per motivi seri e gravi.
URSS
A partire dalla Rivoluzione d'Ottobre II matrimonio viene regolato esclusivamente dalle leggi dello Stato. Con il Codice civile (22 ottobre 1918). il matrimonio viene configurato come un'unione tra uomo e donna, che può essere regolato dagli stessi contraenti, è sciolto quindi con il solo loro accordo. Stessa parità dei diritti era stabilita tra i due coniugi e ai figli nati fuori e dentro il matrimonio.
Il 29 novembre 1929 il Codice delle leggi relative al matrimonio, alla famiglia, alla tutela, riconobbe uguale efficacia sia al matrimonio registrato sia all'unione tra uomo donna fondata sull'affectio maritatis. Con la legge del 27 giugno 1936 per la dichiarazione di divorzio era necessaria la presenza di entrambi i coniugi.
ROMANIA
La legge del 29 marzo 1959 prevede la concessione del divorzio per motivi che impediscano la prosecuzione del rapporto matrimoniale.
SVEZIA
Il Marriage Code dell'11 giugno 1920 regola le disposizioni della materia e distingue il divorzio immediato da quello preceduto da separazione, che può essere ottenuta quando il giudice riscontra uno stato di incompatibilità tra i due coniugi. La separazione, dopo un anno, si tramuta in divorzio se i coniugi dimostrano di non aver coabitato assieme. Le cause del divorzio immediato
Nuovi decreti promulgati nel 1944, stabiliscono che « soltanto il matrimonio registrato è la fonte dei diritti e dei doveri dei coniugi » e che « la madre non unita in matrimonio non può chiedere l'accertamento della paternità e gli alimenti Il processo giudiziario viene così obbligatorio e cessa di avere efficacia il • divorzio unilaterale • e quello del mutuo consenso. La separazione personale non viene prevista e non si stabiliscono quali possano essere le cause per il giungere ad una sentenza di divorzio.
Nel 1949 un decreto del Plenum supremo dell'URSS impose al tribunale di stabilire le ragioni del coniuge che chiede il divorzio. La legge matrimoniale del 1969 prevede il divorzio per irreperibilità dell'altro coniuge, interdizione per infermità di mente, di condanna ad almeno tre anni.
Una conquista civile e democratica da difendere contro i tentativi delle forze
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Chi ha voluto) il Referendum PERCHE?
LUIGI GEDDA
Salito alle alte cariche dell'Azione cattolica durante il fascismo, raggiunse la notorietà nelle elezioni del 1948. Fu il fondatore e il dirigente dei comitati civici, punto di raccolta degli elementi più reazionari, che pesarono gravemente nell'inasprire lo scontro, nell'approfondire la divisione tra gli italiani. Il « terrorismo religioso » fu la sua arma specifica, il frequente ricorso alle falsificazioni, la sua caratteristica. Nel 1952, fu tra i principali propugnatori di una alleanza tra democristiani e fascisti per le elezioni amministrative di Roma, ma si scontrò con la ferma opposizione di De Gasperi. Il Pontificato di Giovanni XXIII, lo spazzò via dalla scena.
GIULIO ANDREOTTI
Propugnatore anche lui, nel 1952, del « listone » clerico-fascista, volle dare all'episodio una sottolineatura personale: si recò in reverente visita al maresciallo Graziani, che proprio in quei giorni celebrava l'anniversario della fondazione dell'esercito di Salò, passando in rivista i più truci arnesi del collaborazionismo con i nazisti, nelle sue proprietà di Arcinazzo. E' l'uomo degli amichevoli incontri televisivi con Almirante, l'amico dei « potenti » della speculazione edilizia, dei trasporti privati, del grande commercio; è lo sconfitto del centro-destra, del governo che non disdegnava l'appoggio dei fascisti.
GIORGIO ALMIRANTE
Razzista e istigatore anti-semita, nel ventennio; firmatario di bandi che comminavano la pena di morte ai patrioti, durante la repubblica di Salò; fondatore, tra gli altri, del Msi nel dopoguerra. Fascista « duro » o « molle », polemico con la Dc o filo-clericale, a seconda delle necessità, Almirante gioca ormai apertamente su due tavoli: quello dell'asserito rispetto della legalità e quello della violenza sanguinaria, della « trama nera ». Al referendum si presenta come difensore della « santità » del vincolo matrimoniale anche se, personalmente, ha contratto due matrimoni, uno dei quali provvidenzialmente annullato.
GABRIO LOMBARDI
La sua ambizione è quella di diventare il Gedda degli anni settanta. Un Gedda che ha capito che ormai non è più tempo di crociate da condursi al grido di « Dio lo vuole! ». Ha voluto prendere le distanze dalla Dc, affermando di sentirsi « più cristiano che democratico », ma il tentativo di presentarsi come oltranzista dell'anti-divorzio e insieme come assertore di indefiniti valori laici lo mette spesso in situazioni che non si sa bene se definire comiche o ciniche, come quando ha affermato: « Se ci si vuole cautelare contro i pericoli di rottura dell'unità familiare, il rimedio c'è: non sposatevi! »
Una buona legge che funziona da tre anni
La legge sul divorzio è applicata in Italia da tre anni. E' la legge n. 898, approvata dal Parlamento ed entrata in vigore il 1° dicembre 1970. Se molti cittadini ancora non lo sanno (e c'è chi specula su questa disinformazione) vuoi dire che l'applicazione della legge non ha suscitato scandalo né ha portato allo sfacelo le famiglie italiane come preannunciavano gli' antidivorzisti.
I In questo periodo poche migliaia di casi
SU DICIASSETTE MILIONI di famiglie italiane in questi tre anni ci sono state poche migliaia di casi di divorzio, con una percentuale che è tra le più basse del mondo. Tra le cause di divorzio discusse, si sono verificate soltanto cento opposizioni: questa cifra dimostra che in genere i coniugi erano d'accordo nel chiedere il divorzio, come sanzione giuridica di un matrimonio da tempo irrimediabilmente fallito.
ll rimedio per le unioni già fallite
GLI ITALIANI HANNO FATTO dunque un uso responsabile e serio di questo diritto di libertà, di questo diritto civile che è ammesso in tutti i paesi d'Europa (anche in quelli con popolazione a maggioranza cattolica, come Bel.
gio, Austria, Francia), tranne nella Spagna fascista. La legge sul divorzio è infatti servita a sanare situazioni umane drammatiche e insostenibili, soprattutto di coniugi non più giovani e divisi da molti anni, di famiglie cioè dissolte da lungo tempo. Spesso il divorzio è stato chiesto proprio per regolarizzare la situazione dei figli.
IQuando si può chiedere lo scioglimento del matrimonio
LA REALTA' PROVA che questa è una buona legge, che non lascia spazio alla leggerezza e al capriccio e tinto meno è un obbligo per nessuno. Quando infatti si può chiedere il divorzio? In casi limitati e rigorosi che vanno dalla condanna di uno dei coniugi all'ergastolo, alla condanna di uno dei coniugi per tentato omicidio nei confronti dell'altro coniuge, o alla condanna di uno dei coniugi per violenza carnale verso un figlio. Oltre ai casi-limite, è prevista la facoltà di chiedere il divorzio dopo una separazione legale ininterrotta (cioè ottenuta in tribunale) di almeno cinque anni.
E Una seria tutela per la moglie e per i figli
LA LEGGE PROTEGGE I FIGLI. In-
fatti l'obbligo di mantenerli, educarli e istruirli resta valido per tutti e due i genitori, anche nel caso che uno di essi o entrambi passino a nuove nozze. La legge tutela anche ampiamente la donna. Il tribunale deve infatti disporre, al momento della sentenza di divorzio, che il marito garantisca un assegno alla moglie in proporzione alle proprie sostanze e ai propri redditi. Nello stabilire l'ammontare dell'assegno si deve tener conto del contributo offerto dalla donna alla creazione del patrimonio familiare; si deve inoltre fissare la misura e il modo con cui il marito contribuirà al mantenimento e all'istruzione dei figli. Nel caso in cui il marito non mantenga i. suoi obblighi, il tribunale può ordinare che una quota dei redditi o proventi di lavoro del coniuge venga versata direttamente alla moglie. Il tribunale può infine disporre che una quota della pensione o di altri assegni in caso di morte del marito sia attribuita alla moglie da cui egli ha divorziato. Tutte queste disposizioni rendono sicura la tutela della moglie e dei figli più nel caso di divorzio che in quello di separazione. (Quanto alla Sacra Rota, è noto che essa annulla il matrimonio, ma. non assicura tutela alcuna né alla moglie né ai figli).
i Le oscure manovre dei crociati del referendum
IL COMITATO PRESIEDUTO dal clericale Gabrio Lombardi si è mosso con la richiesta del referendum per cancellare la legge appena sei mesi dopo l'approvazione da parte del Parlamento. Non ha atteso cioè nemmeno il tempo necessario per conoscere i primi effetti della sua applicazione, dimostrando che il vero obiettivo perseguito era ed è quello della « crociata » per dividere le masse popolari. Non a caso la richiesta del referendum è stata appoggiata dai Comitati Civici di Gedda, che a suo tempo furono strumento di divisione dei lavoratori, ed è stata accolta con favore da Almirante che esplicitamente spera di rientrare così nel gioco politico.
Fanfani ha respinto
E ogni proposta di accordo
LA DC PORTA LA RESPONSABILITA' di non aver evitato al Paese la prova lacerante del referendum, in un momento di crisi che esige un clima di sicurezza democratica, di solidarietà civile, di impegno collettivo, di pace religiosa. L'on. Fanfani ha infatti respinto ogni proposta di accordo tesa a scongiurare il referendum.
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Chi non è d'accordo con le scelte oltranziste di Fanfani TESTIMONIANZE CATTOLICHE
« Per quanto riguarda la coscienza cristiana, ritengo che questa sia un'ottima occasione per far valere il principio già sancito dal Concilio, ma che non è ancora diventato animatore delle comunità cristiane, che i valori morali sono tali in quanto si basano su uno spontaneo consenso della coscienza e che l'indissolubilità del matrimonio in tanto ha valore in quanto è il frutto di un consenso continuamente rinnovato, autentico e libero da ogni coercizione esterna. Un'intransigenza che si aggrappa al formalismo legale, trascurando quelle che sono le posizioni di coscienza, è pura ipocrisia, sostanzialmente distruttiva, tanto per la morale autentica quanto per il Vangelo ».
« Mi rammarico che il referendum diventi un'occasione, un pretesto per sollevare problemi ché non hanno nulla a che fare né con quelli dello spirito né con quelli della fede cristiana. Questa confusione tra problemi politici e problemi religiosi rispecchia, del resto, una consuetudine della nostra vita civile, portata a mettere l'accento sbagliato su parole che dovrebbero avere tutt'altro significato e tutt'altra importanza. Quella del "divorzio sìdivorzio no" è una questione di stretta pertinenza della coscienza del cristiano. E nessuno ha il diritto d'interferire nella coscienza del cristiano. Perciò io sono per la conservazione della legge vigente. La questione, ripeto, è puramente politica, pone problemi assolutamente estranei alla sfera del cristiano ».
« La verità non può essere imposta con coercizione e quindi nemmeno con legge. Ovvio che questo vale a maggior ragione per i non credenti, ai quali non può essere imposta, per legge, la verità cattolica dell'indissolubilità. E' certo che per il credente il matrimonio è indissolubile, ma è anche certo che questa verità egli non può imporla a chi non crede. C'è chi pensa a tutti i problemi del paese e sa che anche l'avvenire della famiglia si gioca non solo sull'indissolubilità o sul divorzio, ma anche su altri campi. I vescovi stessi hanno volutamente allargato il discorso al diritto di famiglia. Non è da escludere che qualcuno ritenga di dover tenere presente, tra gli altri, anche questo elemento, per decidere poi, in coscienza, come votare ».
On. LUIGI GRANELLI (DC) « Un errore storico » E' ipocrito far credere che lo scontro su un punto così importante non sia uno scontro duro e gravido di conseguenze politiche e di governo. Una volta sullo scivolo sarà difficile fermarsi; se la Dc tutta intera, guidata da un leader autorevole come Fanfani, non sa ritrovare il coraggio di De Gasperi per fare tutto ciò che può evitare un errore storico, non è da escludere che i pericoli per la democrazia e la pace religiosa divengano irreversibili ».
25 PARROCI ROMANI
« Scorretto prendere parte per il si o per il no »
Riteniamo che sia doveroso orientare il nostro ministero pastorale ad un'opera di chiarificazione che dia al referendum il suo significato di competizione civile e che renda ciascun credente responsabile della sua decisione sulla base di valutazioni socio-culturali e di scelte politiche. Ci sembra pastoralmente scorretto e nocivo alla chiesa prendere parte per l'una o per l'altra soluzione del quesito proposto. Ciascun cattolico deve sentirsi in comunione con la fede ed in piena appartenenza ecclesiale, qualsiasi opzione decida di fare in proposito ».
Mons. SALVATORE BALDASSARRI
Arcivescovo di Ravenna
« Dubbi anche sulla dottrina cattolica dell'indissolubilità »
La dottrina autentica della Chiesa sul sacramento del matrimonio sancisce l'indissolubilità del vincolo matrimoniale. Esistono, però, su questa questione alcuni dubbi che, senza intaccare la dottrina autentica, sollecitano una risposta. Da chi? Dal popolo di Dio, cioè da tutti i fedeli e dai teologi. Un vescovo ha bisogno dell'aiuto dei teologi. I matrimoni nulli previsti, ad esempio, nei casi registrati dai libri penitenziali del Medioevo o adombrati in un celebre passo del Vangelo di Matteo ci dicono che sulla questione della indissolubilità del matrimonio rimane ancora molto da studiare e approfondire ».
NON VERO che umilia la coscienza dei cattolici
I cattolici autentici non possono temare una legge che non li costringere mai ad agire contro la propria coscienza. • L'indissolubilita e una libera scelta •, ha affermato lo stesso Pontefice Paolo VI. I veri credenti do vrebbero invece sentirsi umiliati se, cancellando il diritto al divorzio quella che e per loro libera scelta dalla coscienza, affermazione di una fede che va vissuta giorno per giorno. dovesse diventare un obbligo. una costrizione garantita dal codice penale e dai carabinieri. E agirebbero contro la loro stessa coscienza di cattolici se. accantonati i principi cristiani della solidariata e della comprensione umana, volessero condannare chiunque altro ad una vita di lacerazione e di sofferenza La Chiesa stessa, del resto si e sempre riservato il diritto. nel suo ordine. di annullare i matrimoni e. in taluni casi. di scioglierli. Per di pio con un intervento personale di Paolo VI. ha accelerato le procedure di annullamento dit parte dei tribini ecclesiastici. Porcile dunque un diritto che la Chiesa h.i sempre rivendicato dovrebbe essere sottratto. nel suo ordine. allo Stato italiano?
PADRE BALDUCCI
Scolopio, teologo e saggista
« L'indissolubilità come frutto del consenso »
CARLO BO Rettore dell'Università di Urbino
« Sono per la conservazione della legge vigente »
Mons. GOTTARDI Vescovo di Trento « L'indissolubilità non può essere imposta »
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Un voto contro l'intolleranza e la sopraffazione
per mantenere una legge giusta ed efficace, che consente a coloro che ne hanno bisogno di sanare le proprie situazioni familiari; che riporta ordine e legalità, dove non v'era che lacerazione e ipocrisia; che tutela il coniuge economicamente più debole; che garantisce tutti i diritti dei figli; che consente ai coniugi divisi di rifarsi una vita più degna
per mantenere aperto ed accelerare il processo di riforme e di avanzata democratica: per consolidare l'unità dei lavoratori e la pace religiosa del popolo italiano; per la prospettiva di una intesa e di una azione comune tra le forze politiche e ideali decisive in Italia per il progresso civile ed economico del Paese.
BERLINGUER PAJETTA
«Una battaglia di libertà»
Noi abbiamo detto e ripetiamo, che siamo disposti a perfezionare questa legge, a introdurre in essa modifiche anche importanti per venire incontro a esigenze e proposte di parte cattolica e per allargare le basi del consenso attorno alla legge stessa. Questo impegno resta, anche per domani, se si uscirà vittoriosi da questa prova. Ma quel che vogliono i promotori del referendum è, invece, la liquidazione di ogni possibilità di regolamentare giuridicamente, in qualsiasi modo, i casi di scioglimento del matrimonio. Si creerebbe in tal modo un vuoto e quindi un disordine anche giuridico: si farebbe mancare quella tutela che la legge oggi assicura alle donne e ai figli e che prima non esisteva. Anche da questo punto di vista, dunque, si rivela l'irrazionalità del referendum, che, se ha una logica, è solo una logica dí intolleranza e di sopraffazione. Ecco perché diciamo che si tratta di una battaglia di libertà e ciò è qualcosa di diverso da un'im-
postazione che presenti il referendum come uno scontro fra la sinistra e la destra.
La nostra scelta è per una campagna ampia ed estesa, non settaria ma unitaria, argomentata e ragionata in tutti i suoi aspetti e verso tutti i cittadini. In modo particolare dobbiamo rivolgerci verso i cattolici e verso gli elettori e gli iscritti della Democrazia Cristiana. Vogliamo parlare agli stessi sacerdoti, se non altro perché conoscano bene quali proposte la Democrazia Cristiana ha rifiutato per modificare la legge in vigore e su chi ricade quindi la responsabilità dei pericoli che può correre la pace religiosa, nonché degli ostacoli che possono frapporsi a una piena normalizzazione dei rapporti fra Stato e Chiesa.
Il nostro compito è di isolare e battere chi ha voluto il referendum (i Lombardi, i Gedda, gli Almirante) e chi ha rifiutato ogni ragionevole accordo, senza peraltro mai contrapporre alle proposte nostre, del PSI e di altri, proprie proposte.
Per la salvaguardia dell'unità dei lavoratori »
La nostra posizione è stata sempre chiarissima. Prima nella ricerca, poi nella difesa di una legge che permettesse uno scioglimento del matrimonio regolato da norme rigorose e preoccupate della difesa dei figli e del coniuge più debole, non dimenticammo mai di mettere a base della nostra azione questi punti: una politica unitaria intesa ad evitare una divisione del paese su contrasti religiosi; una ricerca paziente di soluzioni che tenessero conto delle posizioni di tutte le forze popolari e democratiche, e ottenessero quindi il più largo consenso possibile nel Parlamento e fra gli elettori.
Ricordiamo quindi che quando si discusse e si votò in Parlamento la legge Fortuna-BasliniSpagnoli noi rifiutammo ogni impostazione anticlericale, ogni motivazione faziosa, arrivando alla polemica e talvolta allo scontro, anche aspro, con altre forze laiche. Non parve mai a noi che si dovesse in qualche modo presentare la riforma come una conquista contro i cattolici nè che la battaglia si do-
vesse accompagnare alle polemiche contro la Chiesa, persino contro posizioni tradizionali dei cattolici italiani. Condannammo molte delle posizioni e i toni dei radicali da noi giudicati residuo del passato fra i laici, quanto le posizioni retrive e le chiusure clericali, che parevano via via venir superate nel mondo cattolico e nella stessa Chiesa post-conciliare. Si vuole il referendum, per una azione di prepotenza all'interno della DC, attraverso l'imposizione di una linea di rottura dei processi unitari, di differenziazione ideologica e di distacco nel confronto degli alleati del centro-sinistra. Con l'accordo di fatto con la destra su questa questione e in questa battaglia, si vuole mostrare che è reversibile la politica attuale, si vogliono ricattare i partiti laici. Peggio, forse, si vogliono esplorare le possibilità di soluzioni alternative di centro-destra, dí pericolose manovre nelle quali la destra, fino a quella fascista, può essere coinvolta. Si torna a giocare con pesantezza sempre più evidente la carta dello scissionismo, dell'anticomunismo, ritornando alle nostalgie quarantottesche e scelbiane.
REFERENDUM POPOLARE rer l'ainogatieee della kgge 1• tficemb, 1970. o 898 Valete che sin'obrogata L. legge P dicembre 1970. n. 898. 1)i,eiplinii dei cui di scioglimento del matrimonio SI E E NO
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utile iniziare la nostra analisi della situazione degli impiegati della Pirelli dal 1967. In quell'anno sembrava del tutto normale che essi non partecipassero alle lotte per il rinnovo del contratto. Il loro rappresentante nella commissione interna avallava sostanzialmente una situazione di « status quo ».
Ma una situazione apparentemente florida nascondeva pesanti inquietudini: la gravosità del lavoro notturno e dell'orario (45,3 ore settimanali), le scadenti prospettive, una retribuzione al di sotto di altri settori e, a partire dal '68, le lotte degli operai esasperati dalle condizioni alienanti del lavoro e dalla loro posizione subalterna in fabbrica e nella società, che hanno caratterizzato dall'autunno caldo ad oggi la storia italiana.
In questa situazione non poteva mancare un sentimento di rivalsa nei confronti degli impiegati che sempre avevano partecipato, senza un impegno attivo, delle conquiste degli operai; da qui un picchettaggio che li spinge a partecipare ad uno sciopero a cui non sono interessati.
E' una iniziativa che vanifica definitivamente il tentativo di vivere in neutralità trascurando i problemi complessivi dei lavoratori e che li induce per la prima volta a discutere la loro collocazione all'interno della fabbrica.
Con la discussione nasce la consapevolezza di una situazione non così agiata come pareva, nascono le prime richieste, sotto forma di raccolta di firme e tutta un'atmosfera di subbuglio a cui la direzione risponde aumentando l'indennità notturna al 50%. Ma dopo poco tempo Settimo si unisce gli impiegati di Milano su una piattaforma di gruppo e pur tra qualche incertezza nella conduzione della lotta si riesce a conquistare un aumento salariale di lire 6.500, la scheda valutativa ed altre piccole migliorie. E' la prima vera conquista degli impiegati a Settimo; da quel momento in poi si attua una loro partecipazione anche se con fasi alterne a tutte le vertenze. Vi è dapprima una spinta alla sindacalizzazione (350/o UIL, 5°/o CGIL), un contributo abbastanza attivo al contratto del '70, ma si comincia poi ad avvertire un certo distacco dovuto al sentirsi in minoranza rispetto al numero ed alla forza contrattuale degli operai, a partire dalle lotte per il riconoscimento del Consiglio di Fabbrica, dalle votazioni dei delegati e soprattutto nella piattaforma contro la cassa integrazione e sugli investimenti del '73.
Si mantiene una situazione fluida in cui l'impiegato non riesce a trovare una dimensione precisa di classe. Lo stabilimento pneumatici di Settimo Torinese è d'altronde in una situazione particolare: su una forza di 2900 operai vi sono 230 uomini e 42 donne così suddivisi: uomini dirigenti 4. Funzionari 7, prima super 7, prima 27, seconda 66, terza 2 - Q.S. 116. Donne: seconda 5, terza 37.
Le donne sono totalmente addette a servizi amministrativi. Gli uomini (4 in-
gegneri, 74 periti industriali, 5 ragionieri, 6 geometri, 2 dottori, 138 senza alcun titolo di studio particolare) sono così suddivisi: Direzione, servizi tecnici e qualità 58; Amministrativi (costi manodopera, programmi) 31; produzione 140.
E' una situazione in cui si evidenziano alcuni fatti: gli impiegati sono il 10°/o degli operai contro la media personale del 18,5 con punte di più del 35°/o per settori tecnologicamente avanzati. La presenza ristretta di categorie superiori e perciò le limitate prospettive di carriera, assenti del tutto per le donne. Il personale addetto alla produzione è di gran lunga preponderante rispetto ad altri servizi (non esiste personale addetto alla ricerca o con compiti altamente qualificati) ed alcune funzioni si sono rivelate totalmente dequalificanti (assistenti di reparto) negli ultimi 2 anni si sono licenziati 40 impiegati, nessuno tra gli assistenti di produzione evidentemente date le difficoltà di inserirsi in altre in-
abbiamo detto: dovuta alla meccanizzazione di alcuni lavori delle segretarie, agli spostamenti con chiari intenti stancanti attuali a spron battuto negli ultimi tempi (47 eccetto licenziamenti e promozioni), alla politica salariale della direzione che, giocando su un basso salario di base non confrontabile con altre ditte e con Milano (agli ultimi assunti non è stata concessa l'intera carriera tipo come promesso (per una 2a categoria lo stipendio mensile è all'incirca 195-200.000 lire, per una la categoria 240.000), concede aumenti al merito (abbastanza esigui, 8000 mensili o 40.000 una tantum) indiscriminati, rinnovando l'antico sistema del divide et impera.
I problemi sembrerebbero due: occupazione e salario. Ma risulta pressochè impossibile combattere la diminuzione degli organici vista la situazione creatasi se non investendo l'intera società perchè incrementi, come sarebbe urgente, la domanda di personale tecnico ponendo mano alle riforme della sanità, della scuola, della ricerca scientifica e ad un riassetto del patrimonio ambientale e culturale (vedi i dissesti idro-geologici, le epidemie, la distruzione delle vestigia artistiche), considerando anche rii.cremento costante di diplomati e laureati in cerca di lavoro. Anche sul salario, oltre al velleitarismo qualunquistico di alcuni sempre pronti a parole a faraonici scioperi ad oltranza od alla disponibilità ad accettare fantomatici premi di produttività sulla scia di un banalissimo tentativo della direzione di incentivare ciò che non lo è (e cioè l'organizzazione delle strutture gerarchiche) come pare sia avvenuto in altri stabilimenti (Villafranca, Messina), non si riesce ancora a costruire un disegno alternativo a quello, sempre discriminante, del padrone. I problemi invece sono ben più complessi e riguardano in ultima analisi il rapporto tra la scienza e l'organizzazione del lavoro e quindi la collocazione di classe degli impiegati. Sarebbe errato preferenziare per giusti aumenti salariali rimandando a tempi migliori la soluzione della funzione dei tecnici e degli impiegati nella fabbrica. E' necessario riuscire ad evitare le manovre ricattatorie della direzione (spostamenti, licenziamenti, passivi, aumenti discriminatori) individuando nel gruppo omogeneo e non nel singolo l'agente contrattuale per simili questioni.
dustrie. Si era creata una sovrabbondanza di impiegati per due cause: una politica arrivistica di alcuni capi che individuava nell'aver molti sottoposti una spinta favorevole alla carriera e le lotte operaie contro l'organizzazione capitalistica del lavoro che incrinavano ed annullavano la funzione di gendarme fino allora esercitata dai capisquadra e dagli assistenti.
Il padronato vista l'impossibilità di reimporre, prostrando la classe operaia, un certo tipo esclusivamente autoritario di organizzazione, incomincia a ristrutturarsi e non solo alla Pirelli, eliminando tutte quelle funzioni ormai inutili (analisti tempi, assistenti). 40 dimissionari
Il gruppo ha inoltre in se enormi potenzialità in tutti i campi, ad esempio l'approccio ad una ricerca scientifica delle condizioni ottimali di ambiente di lavoro di rapporti sociali non atomizzati ma inseriti nel contesto della fabbrica.
Ed è verso questa dimensione qualitativamente nuova che i tecnici devono ricercare la loro collocazione come anche da parte operaia vi deve essere uno sforzo superiore a quello tutt'ora in atto, non solo distruttivo delle vecchie funzioni gerarchiche ma che operativamente ricerca nuove vie per una migliore e più umana utilizzazione della forza lavoro.
La piattaforma approntata, ora in fase
di discussione a Settimo, dovrebbe iniziare un discorso su tali temi: nell'ipotesi di un cottimo collettivo per gli operai, con funzione disincentivante e di garanzia del salario, si inserisce una quota fissa (ad economia) anche per gli impiegati, ha non solo come rimedio salariale per avere con l'inquadramento unico una effettiva parità in tutti i campi, ma cerca un reale inserimento degli impiegati in una nuova organizzazione del lavoro.
Si stanno preparando quindi delle assemblee inizialmente sui problemi degli operai e degli impiegati della manutenzione che hanno per tema questo rapporto nuovo che dovrebbe nascere all'interno della fabbrica nello spirito di riuscire ad intaccare quella separazione tra lavoro manuale ed intellettuale che nella società moderna non risponde a necessità oggettive ma unicamente ad una funzione discriminante imposta dal capitalismo.
arvaieprea• .411.48.181•101411811 01041.0184181 PSICOPE 4.6 DEGLi 812LILe A O Erusalimskij DA BISMARCK A HITLER Universale 2 voli pp 288 L 3 600 Donini LINEAMENTI DI STORIA DELLE RELIGIONI Tito AUTOGESTIONE E SOCIALISMO mefaoone di Criusep, Bel la II pu06 pp 320 L 1 500 RISTAMPE Togliatti. LA FORMAZIONE DEL GRUPPO DIRIGENTE DEL PCI A TORINO 1919-1972 lecioni e lestunononce prefazione di Gian Carlo Patella - Biblioteca del mo vimento operaio italiano pp. 364 L 3 000 Longo UN POPOLO ALLA MACCHIA Ouarta edizione 50v migliaio secolo pp 448 - L 2 200 Un classico della Resistente ER SCUOLA IL SISTEMA FEUDALE cure di ANTONIO CABILE Strumenti pp 144 • L 1.200 LA VITA POLITICA NELL'ANTICA ROMA cura di PENATA MORETTI Strumenti p0 160 • L 1.200 IMPIEGATI PIRELLI
e degli impiegati
A Settimo cresce la consapevolezza sindacale e politica, la volontà unitaria dei tecnici
A. P. i T4 i IUNITI Garin INTELLETTUALI ITALIANI DEL XX SECOLO Biblioteca di storte • pp. 392 • L. 5.000 • Une biografia critica della intellettralltà dal Novecento ettraverso une serie dl profili analitici •• molanti dl *adoranti come Croce. Gremirci. Badi. De Poggiar°. Codignola. Cantimori Heller PER UNA TEORIA MARXISTA DEL VALORE Nuova biblioteca di cultura paga 256 - L 2100 • Formularioni di ipotesi loti valori secondo II mandamo. •randrati nei legami tra penisola:Sta e unlverralità. • nei rapporti tra l'uomo e la nuova civiltà socialista. Sereni CAPITALISMO E MERCATO NAZIONALE IN ITALIA Universale • pp. ‘84 • L 2.200 - Sistematicamente indi. rati rapporti tra politici e industriali. tra agricoltura • industria. nel processo dl moderni:tallone dell'Italia dalli:ora ad oggi. in un team famoso Per I. domoden.99sinse Léon PSICOPEDAGOGIA DEGLI ADULTI Perda.. - pEa 192 - L. 1.200 • La psicologia analitica:rant* posta in rapporto con la pedagogia. durata volta al san vado degli adulti. Una originalissima guida per eiduclialt terapeuti. e per ciaecuno dl noi era voglia conowarti meglio. Bufalini IL DIVORZIO IN ITALIA li uni. pp 130 l 400 La posuiiiiie dei (001,11.1 MAI dly01,11. e il referendum In appendice el testo della legge Fortuna Baslinr e della proposta di legge Carettnni Piemontese IL MOVIMENTO OPERAIO A TRIESTE Dalle origini ali avvento del la5c,smo prefatione di Vittorio Vidal. Biblioteca del movimento operaio :la liana pag 520 L 4 500 Uni e pp. 352 L.1 $00 Bilrhulei a di sturo pp 384 4 000 Vygotskig Lucra LeontNev, PSICOLOGIA E PEDAGOGIA teblioree.a di cultura Pli 3114 1 3 000 Longa. SULLA VIA DELL'IN SURREZIONE NAZIONALE Pitriiiires delnuivimento opra italiane pil 382 I 3 000 lenin. RIVOLUZIONE IN OCCIDENTE E INFANTILISMO DI SINISTRA l° idee pp 105 1 000 11
di E. DONDE
Fare un'analisi delle strutture di base del sindacato così come esse si sono venute formando e trasformando, non è sicuramente una impresa semplice.
Pur tuttavia un'analisi si impone, per riuscire a' definire meglio il ruolo dei consigli di fabbrica, le loro prospettive e 11 rapporto che i sindacati provinciali e nazionali devono instaurare al fine della realizzazione di una direzione sinda-
Gli organismi di base
reparto, Il non avere momenti di sintesi, portava i delegati a credere di essere più potenti di quanto in realtà fossero, soprattutto in una fase di estrema mobilitazione, come appunto il '68-'69.
E' il periodo in cui il padronato non riesce a mettere a punto una strategia di risposta all'esplosione delle lotte operaie e cerca, con scarsi successi, di prendersi la rivincita restringendo lo scontro al-
di consigli di fabbrica che svolgono, seppure coi limiti che vedremo, una funzione positiva.
L'estensione del fronte di lotta, la qualificazione degli obiettivi con una saldatura tra potere in fabbrica e tematica delle riforme, i primi passi di quella possente elaborazione di massa che ha preso il nome di « proposta alternativa per un nuovo sviluppo economico «, sono tutti elementi che hanno fatto
recuperato il rapporto tra gruppo omogeneo e delegato; questo rapporto alimenta la vita del delegato con una problematica specifica che è indispensabile alla validità del consiglio. Avère una visione generale non significa infatti trascurare i problemi concreti del reparto o dell'ufficio, significa piuttosto saperli ricondurre al generale, per recepire e sostenere il discorso più complessivo. In secondo luogo deve essere chiarito il rapporto tra delegato e consiglio di fabbrica per evitare che i reparti di grosse dimensioni condizionino tutta la fabbrica, sia sulla base di un'aperta discussione politica, sia sul terreno di un rapporto di forze interne.
Terzo problema è quello di dare all'organo esecutivo del C.d.F. la funzione per la quale è stato creato e cioè avere un ruolo non decisionale.
La cosiddetta burocratizzazione dei C.d.F. è in larga parte una prevaricazione di fatto degli esecutivi che vengono così ad agire in assenza di un rapporto corretto con i delegati e i lavoratori, nella logica delle vecchie commissioni interne.
Queste tendenze vanno combattute con estremo vigore, perchè attraverso questa dannosa pratica si mette in discussione tutta una linea politica di classe che si avvale del contributo dei delegati e del C.d.F.
Le recenti conquiste (accordi di gruppo, contratti etc.) e le battaglie generali che ci stanno li fronte, non ultima quella del referendum, richiedono da parte di tutte le organizzazioni sindacali una capacità nuova di intervento ad un livello più qualificato. I consigli di fabbrica e di zona, in questa fase acuta dello scontro di classe nel nostro Paese, saranno messe a dura prova.
La certezza che qui esprimiamo è che queste strutture sapranno adoperarsi al massimo delle loro possibilità per realizzare quel movimento che è necessario per respingere II tentativo di riversare I costi della crisi sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari e per respingere i tentativi di involuzione politica; la Federazione nazionale e le altre istanze del sindacato dovranno utilizzare appieno queste disponibilità.
cale più salda e complessiva del movimento.
Essa è opportuna anche per arrivare a comprendere bene come il travagliato cammino delle strutture unitarie abbia portato, attraverso una serie di revisioni critiche ed un costante approfondimento ed estensione delle esperienze, al consigli di zona quali strutture del sindacato all'esterno della fabbrica che, per la loro natura, richiedono il superamento del patto federativo.
Occorre tener presente, nell'accostarsi a questa tematica, il rapporto dialettico stretto esistente tra le politiche rivendicative e generali portate avanti dal movimento sindacale e le strutture che esso si è dato per portarle avanti.
II dibattito sulle strutture non può essere mal slegato da quello sulle politiche rivendicative; è questo il dato che ci permette di comprendere il sorgere dei primi delegati.
Alla Bicocca, ad esempio, l'occasione per la costituzione del delegati, fu una serie di serrate che la Pirelli, con il suo solito atteggiamento provocatorio, mise in atto durante la battaglia del '69 (lotta per il premio di produzione e per I diritti sindacali).
Alle spalle di questa occasione c'era però la lunga battaglia sul cottimo e un'esigenza operaia di contrapporre ad una linea di intensificazione dei carichi di lavoro e del ritmi, portata avanti dalla direzione, una sorta di contropotere decentrato che ribaltasse quella linea.
La figura del delegato trova cioè uno spazio in relazione ad una linea di contestazione della organizzazione capitalistica del lavoro.
In questo fatto stanno i pregi e I difetti oggettivi del delegato. Strumento valido di contrasto dello strapotere padronale, il delegato difficilmente riusciva ad avere una visione più vasta rispetto al reparto che rappresentava; questo non per limiti personali, ma perchè mancava ad esso lo strumento di sintesi: il C.d.F, che è il momento organizzativo creato successivamente.
Questo non possedere una visione globale, questo chiudersi nel
lo interno della fabbrica. Solo successivamente, nel '7071, il padronato, anche sulla base di errori commessi dal movimento sindacale, mette a punto una linea anti-operaia che, prendendo atto del consolidamento di un certo potere di contrattazione espresso nella fabbrica dal delegati, cerca di metterlo in discussione recuperando sul piano politico ed utilizzando la strategia della tensione.
E' opportuno riaprire, a questo punto, una parentesi. Quando parliamo di questi limiti, non vogliamo assolutamente mettere in discussione la funzione propulsiva che I delegati hanno avuto fin dal loro nascere, vogliamo solo ricordare le caratteristiche quasi oggettive che essi presentavano in quella fase.
Nè si tratta qui di parlare dei limiti che avevano i delegati senza mettere in evidenza una certa carenza dell'organizzazione sindacale nel suo complesso, che non sempre ha svolto il proprio ruolo di orientamento e di direzione.
I primi consigli di fabbrica veri e propri, sorgono attorno alla fine del 1970, ma solo nel 71 essi cominciano a funzionare, a costituire cioè quel momento di valutazione complessiva, di sintesi politica che dà fiato ai singoli comitati di reparto.
Alla costituzione del Consiglio di Fabbrica non si è arrivati facilmente: lunghe polemiche unitarie, problemi politici di rappresentatività, di non estromissione delle componenti sindacali minoritarie: sono tutti aspetti di un dibattito che, soprattutto nelle grandi fabbriche, ha coinvolto l lavoratori e che non si è fermato ai problemi organizzativi, ma ha investito i contenuti dell'unità che si andava costruendo.
Tale dibattito non è ancora definitivamente concluso in alcuni settori del movimento.
Se le lotte del 68-69 costituiscono un momento di rottura col passato di forzato quanto apparente immobilismo, le lotte successive di questi ultimi anni, sono state qualcosa dl più qualificato ed anche di più forte. Questa forza viene, oltre che da una rinvigorita e più unitaria gestione sindacale, dalla presenza di centinaia e migliaia
uscire la classe operala da uno stato d'isolamento nel quale, una certa visione garbaldina delle lotte, l'aveva cacciata.
Far uscire il movimento da una visione repartistica ed aziendalistlca, quindi corporativa, sempre presente e possibile in una situazione politica ed economica come l'attuale, non è stata e non è cosa facile.
I tentativi di portare i consigli di fabbrica sul terreno delle richieste spicciole che non escono dalle mura della fabbrica e cioè di relegare la classe operaia ad un ruolo subalterno alle classi dominanti, è sempre presente e va combattuto.
La visione di una classe operaia forza egemone di uno schieramento più vasto, che sa intessere alleanze o convergenze di respiro contingente e strategico con i ceti intermedi laboriosi per imporre contro i monopoli e le forze conservatrici una diversa gestione della politica economica è un argomento che costituisce tutt'ora motivo di battagliapolltica nei consigli di fabbrica.
Ma anche qui I limiti frapposti a questa visione di classe dei problemi, non solo soggettivi o derivanti dalle forze molteplici che possono agire sul consiglio di fabbrica, essi sono bensì determinati anche da un fatto strutturale e politico. I consigli di fabbrica non possono morire nella fabbrica, essi devono uscire, devono sapere creare un'organizzazione esterna alla fabbrica che realizzi di fatto, nella lotta di lutti i giorni, la saldatura determinante tra fabbrica e territorio.
I Consigli di zona sono quindi lo sbocco più immediato e più importante, anche se non l'unico, che può fare uscire i consigli di fabbrica da una visione ristretta e al tempo stesso affrontare nel concreto una articolazione specifica delle linee più generali del movimento.
Il fatto che I consigli di zona rappresentano lo sbocco più logico per I consigli di fabbrica, non ci deve far sottovalutare un'azione che tutta l'organizzazione deve compiere per una democratizzazione della vita interna dei consigli di fabbrica. Innanzitutto deve essere
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