Torchio1

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Il Torchio

A cura della sezione "EMILIO SERENI" (CORSERA) del P.C.I. - Via S. Marco 21 -11ilimo- A. VII - N. 1 - Aprile 1977

il nostro impegno

1969. Nel pieno delle lotte della classe operaia e della presa di coscienza del mondo studentesco, i comunisti della cellula del Corriere della Sera decisero di dare vita a un loro giornale, IL TORCHIO, che servisse a chiarire il grave momento politico e, nel piccolo spazio aziendale, si opponesse all'allora Corrierone del "Mostro in prima pagina" e degli "Opposti estremismi".

La presentazione del TORCHIO teneva conto della grande capacità di lotta della classe operaia, ma sottolineava anche la pericolosità del riguargito fascista e delle forze conservatrici che tendevano a ricacciare indietro le conquiste dei lavoratori.

Nella presentazione del primo numero del TORCHIO scrivemmo

"A nostro avviso la realtà dell'azienda di cui si fa parte è così complessa e piena di contraddizioni, cambia frettolosamente, che certi nodi hanno bisogno di essere analizzati e chiariti fino in fondo perchè possano essere portati alla luce i veri processi che ne stanno alla base".

Proseguendo nell'analisi della situazione aziendale mettemmo in rilievo la necessità del giornale come strumento di unità tra le varie componenti politiche, dicendo che il TORCHIO "anche se nato nell'alveo di una tradizione di partito, quella del P.C.I., ricerca un dialogo aperto, pacato e costruttivo con tutte le forze democratiche e progressiste del Corriere".

Infatti, un'altro fattore fondamentale che ci ha spinto alla fondazione di questo giornale è stata non solo la conquistata esigenza di uno strumento di comunicazione e di informazione, ma anche la sentita esigenza di ricercare quei legami, che al disopra di ogni differenza ideologica accomunano tutti, in modo da riuniialle quella coscienza unitaria senza la quale ogni lotta, ogni progresso rischiano di essere sterili".

Otto anni sono passati da quel primo numero, la cellula del P.C.I. si è trasformata in sezione.

Siamo diventati una grande forza e riteniamo il TORCHIO uno strumento importante della nostra azione; uscirà regolarmente, in una veste modesta ma con lo spirito di otto anni fa, un giornale aperto al contributo di tutti in piena libertà per un confronto sereno e costruttivo nell'interesse dei lavoratori.

Ciò nun vuol dire che siamo disponibili ad ospitare il malcontento e le frustazioni di pochi ma che accettiamo la collaborazione dei singoli su temi di interesse generale.

Tutti i partiti, gli organismi vari dell'azienda, troveranno spazio sulle nostre colonne. Cercheremo insomma di essere quello che il Corriere della Sera da un pò di tempo tende a non essere piu.

A. Frigerio

Dopo il 16.mo Congresso della Cellula del "Corriere"

siamo sezione

II I° marzo ha rappresentato una data molto importante per noi comunisti del "Corriere della Sera". L'annuale Congresso di Cellula svoltasi appunto in quel giorno (il 16.mo per la cronaca), raccogliendo le esigenze maturate da tempo, è stato infatti, il Congresso costitutivo della Sezione del P.C.I. al "Corriere della Sera".

Al tavolo della presidenza, a convalidare l';mportanza della trasformazione della Cellula in Sezione, era presente Gianni Cervetti, membro della direzione del Partito Comunista Italiano. I lavori si sono aperti con un'ampia e dettagliata relazione del compagno Di Iorio, segretario uscente, i) quale ha puntualmente ed esaurientemente saputo mettere a fuoco i principali problemi e le tematiche che travagliano oggi il campo politico, economico e sociale del nostro Paese.

Il Congresso ha visto la partecipazione di un gran numero di compagni che hanno seguito con interesse le varie fasi della giornata,

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Rizzoli e chi finanzia IL VALZER DEI MILIARDI

Lotte di oggi e di ieri

T MARZO 1944

Vertenza aperta LA LOTTA DEI GRAFICI

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8 Marzo Non ricorrenza, ma riflessione e lotta

Il fallimento della vecchia classe dirigente IL QUADRATO DELLA VERGOGNA

17 marzo a Bologna IN PIAZZA MAGGIORE

Ancora sulla Biennale

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Congresso dei comunisti del "Corriere" L'intervento conclusivo del compagno Cervetti

Stampa: Coop. Guado

dando vita ad un ampio e costruttivo dibattito, partendo dai punti principali evidenziati dal relatore.

Ben 27 sono stati i compagni che hanno ritenuto di portare un loro contributo al dibattito e fra questi, un particolare rilievo ha assunto l'interesse del compagno Stefanoni, il quale, oltre ad approfondire ed analizzare i vari punti toccati dalla relazione, ha attirato l'attenzione dei prnenti su un problema che è più che mai vivo ed attuale: il rapporto tra partiti e sindacato.

Oltre ai compagni della nostra Azienda, seguivano i lavori congressuali numerosi compagni di altre fabbriche (Alfa Romeo, Il Giorno, l'Unità Scarsellini) che sono intervenuti direttamente nel dibattito portando, oltre ai saluti, un interessante, e sopratutto utile, contributo alla discussione. La presenza di questi compagni ci è servita per avere un utile scambio di idee ed esperienze su come si muovono e lavorano i comunisti all'interno di realtà ben diverse dalla nostra.

Hanno poi portato i saluti al nostro Congresso i rappresentanti politici della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista Italiano, Dante Gatti per il Consiglio di Fabbrica, Gaspare Barbiellini Amidei della direzione del giornale, Maurizio Andriolo membro del Comitato di Redazione. Sono stati letti un saluto del direttore del "Corriere della Sera" Pietro Ottone e -sano di Benedetti (direttore del personale). Entrambi esprimevano il saluto e gli auguri di buon lavoro al nostro Congresso e nello stesso tempo formulavano le scuse per l'impossibilità di poter essere presenti a causa di loro impegni di lavoro.

Nel corso della mattinata sono state elette le commissioni politiche ed elettorali i cui compiti erano rispettivamente quelli di elaborare una mozione politica finale e di eleggere il I° comitato direttivo nella nuova Sezione che si andava costituendo.

Nella seduta pomeridiana i compagni hanno portato a termine la fase del dibattito dopo di che il compagno Gianni Cervetti ha tirato le conclusioni con una relazione di carattere politico-economico generale, facendo una panoramica delle problematiche proprie del nostro settore. Data la natura estremamente interessante della relazione del compagno Cervetti, un ampio estratto della stessa è pubblicata a parte.

Le cifre

Iscritti 273 di cui reclutati 16.

Donne 13.

Le cariche

Direttivo: Graziano Carreri, Daniela Cortellino, Angelo Frigerio, Ruggero Leoncavallo, Mario Sainati, Bruno Schincarìol, Claudio Sdiirinzi, Ennio Stefanoni, Giancarlo Toppi.

Probiviri: Giuseppe Cossu, Giovanni Di Jorio, Giovanni Panozzo, Adriana Rigoli, Remo Vaccari.

Segretario: Angelo Erigerlo.

Emilio Sereni

"La scomparsa di Emilio Sereni determina un vuoto diffidimente colmatile per la dirittura

l'occhiello

Vi sono alcuni Direttori nella nostra azienda editrice impegnati a fondo nel rendere migliori i loro giornali, farli più ficchi di notizie, più interessanti alla lettura e, di conseguenza, aumentarne la diffusione. Insomma ce la mettono tutta. Sbagliano? Sembrerebbe di sì. Se pensassero unpò più ai loro interessi, a vivere in modo tranquillo e senza preoccupazioni, farebbero dei giornali sempre più brutti, sempre più bugiardi, sempre più illeggibili. Giornali che vendano pochissime copie.

Sino al punto che il nostro Editore, finalmente consapevole della situazione finalmente reso edotto di questi titanici sforzi per rovinare un giornale, non potrebbe far altro che prendere immediati provvedimenti. E la storia recen-

morale, per la qualità di democratico antifasdsta, per la sua coerenza di militante per il progresso sodale, per il suo autentico impegno di uomo di cultura. In una sodetà ove molti valori morali vengono misconosduti egli rappresenta un insegnamento e un comportamento di vita da imitare. Voleva mutare in meglio la sodetà e sapeva che per farlo, occorre sacrifido, preparazione e costanza". Non esitiamo a fare nostre le parole della direzione dell'ANPI sulla perdita del compagno Sereni, m questo momento di lutto per l'intero movimento operaio. Cercheremo, nei limiti delle nostre possibilità, di prendere esempio dalla vita di Emilio Sereni. Ecco anche perchè la Sezione comunista del "Corriere" d'ora in poi si chiamerà Sezione Emilio Sereni.

te (e anche quella meno recente) ci insegna che questi provvedimenti consistono essenzialmente in dimissioni (o pensionamenti) accompagnate da generosi, vera?Unte generosi, arrotondamenti di liquidazione e, magari, perchè no, dalla promessa di dirigere, naturalmente dopo un periodo di giusto riposo, un nuovo giornale meno impegnativo e logorante. Ecco perchè questi nostri Direttori che fanno di tutto per i loro giornali forse sbagliano. Se è così, noi comunisti del "Corriere", che da sempre apprezziamo quelli che si prendono le loro giuste responsabilità, ci permettiamo di augurare loro di continuare a sbagliare.

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Rizzoli e chi finanzia

IL VALZER DEI MILIARDI

Come oramai tutti sanno l'ingresso di Rizzoli al Corriere della Sera è avvenuto nell'estate del 1974, quando Giulia Maria Crespi vendette la sua quota all'editore di via Civitavecchia subito seguita dagli altri due soci, Agnelli e Moratti. La vicenda poi andò avanti attraverso molte vicissitudini, colpi di scena, accaparramenti di testate, fatti, anche questi, piùttosto noti.

Dietro però questa storia romanzesca, della quale conosciamo soltanto pochi capitoli, perchè molto resta ancora da scrivere, ce n'è un'altra, forse meno affascinante, che a noi, che siamo soltanto dei poveri materialisti, interesserebbe molto conoscere. Parliamo dei movimenti di capitale che l'ingresso di Rizzoli ha provocato movimenti che continuano turbinosamente tuttora. Purtroppo le cose note a questo proposito sono molto poche avendo il capitale nel nostro Paese la più ampia libertà di muoversi clandestinamente. Tanto è vero che ancora adesso si dubita che Rizzoli abbia pagato la quota di Agnelli, stimata in 9-10 miliardi.

La nostra curiosità quindi è destinata a rimanere in gran parte insoddisfatta. E il lettore ci scuserà se useremo spesso il condizionale nel mettere assieme quelle poche voci, notiziole e illazioni, riferite dalla stampa. Innanzitutto non è nota la provenienza dei capitali necessari a Rizzoli per l'acquisto della società editoriale del Corriere della Sera. A giudicare col senno del poi sembrerebbe proprio, a differenza di quanto fu detto tre anni fa, che la farina non venga dal sacco della famiglia Rizzoli perchè altrimenti si tratterebbe di un sacco senza fondo, se si pensa tutte le cose che Rizzoli ha comprato dopo il Corriere, in Italia e fuori.

Ad esempio non crechmo che l'accordo con la Arab International Bank per la costituzione di tre società, una ad Alessandria e due al

Vertenza aperta

Cairo non abbia comportato anche un impegno finanziario da parte dell'editore milanese. Come pure gli altri accordi simili a questo conclusi in Sud-America. La vicenda del "Mattino" di Napoli ci pare che faccia un po di luce forse per la prima volta. In questa vicenda infatti è coinvolta direttamente la DC, socia, tramite la Affidavit, di Rizzoli nella nuova proprietà. Potrebbe essere anche significativo che negli stessi giorni delle trattative per la proprietà del giornale napoletano Rizzoli chieda un prestito all'IMI di una ventina di miliardi.

A metà del 76, quando a Rizzoli vengono attribuite ben sei nuove testate quotidiane oltre al "Mattino", la situazione finanziaria del gruppo prevederebbe, secondo stime caute, circa 80 milioni di debiti a fronte di una cifra pressochè uguale di crediti. Interpretazioni meno ottimistiche fanno ascendere la situazione debitoria a circa 190 miliardi.

Intanto Rizzoli investe a Malta dove fonda una società divisa in parti uguali col governo maltese, e a Malta compra anche una tipografia. Il costo iniziale dell'intera operazione maltese non è noto. Negli stessi giorni si parla di una società svizzera che appoggerebbe finanziariamente Rizzoli. Alle spalle di Questa società ci sarebbero Cefis e la Montedison.

Il corrente anno si apre con tre novità di rilievo: l'acquisto, dato per certo, da parte di Rizzoli del quotidiano del P.S.I. di Genova "Il Lavoro" (60% delle azioni all'editore milanese, 40% al partito socialista) per una cifra non precisata, la presentazione ufficiale del progetto di creazione nell'ambito del gruppo di due nuove società, la Pubbliriz e la Datariz, allo scopò di unificare tutti i servizi pubblicitari nella prima e tutti i servizi di calcolo ed elaborazione nella seconda. La superconcessionaria di pubblicità ci

Lotte di oggi e di ieri

La conclusione, che noi comunisti consideriamo positiva, della vertenza per il rinnovo del contratto di lavoro dei poligrafici, ci ha fatto, curiosamente, pensare alle lotte passate. Crediamo non inutile ricordare oggi episodi che apparentemente sembrano lontani, dai quali, però, pensiamo derivi anche la nostra forza di oggi.

l° MARZO 1944

interessa in particolare in questa sede implicando enormi problemi di ordine economico. Attraverso questa società passerebbero automaticamente una ottantina di miliardi di investimenti pubblicitari. Se poi consideriamo la aggiunta delle testate che già sono di proprietà dell'editore milanese o di quelle la cui proprietà gli viene fondatamente attribuita la cifra del giro di affari annuo salirebbe ad almeno 120 miliardi. Se si aggiunge ancora il giro di affari derivante dalla vendita di pubblicità non su carta stampata ma cinematografica (cosa che per Rizzoli, proprietario della Cineriz, dovrebbe essere cosa non difficile), televisiva (ricordiamoci di Telemalta), e le affissioni, si capisce bene che non è fuori dal mondo chi parla di duecento miliardi di giro d'affari per la superconcessionaria rizzoliana. Questo tenendo conto anche dell'enorme potere di attrazione che la Pubbliriz avrebbe su editori piccoli e grandi ai quali facilmente potrebbero venire assicurati minimi garantiti di entrate pubblicitarie di tutto rispetto.

Tenuto conto che gli investimenti pubblicitari in Italia, anno 1976, si sono aggirati in cifra globale attorno ai 450 miliardi, è facilmente intuibile quale effetti potrebbe avere una concessionaria di pubblicità di tali dimensioni sullo stesso mercato dell'informazione.

Terza novità del '77 è la notizia che la famosa società svizzera di cui si parlava da tempo altro non sarebbe che la banca Rothsehild di Ginevra, una filiale del più grande impero finanziario privato d'Europa con sedi a Francoforte, Londra, Vienna e Parigi. Un impero che indubbiamente avrà accettato di finanziare l'editore Rizzoli in cambio di precise garanzie economiche. Chi le ha fornite? Questa è l'ultima di tante domande destinate, almeno per ora, a restare senza risposta.

La lotta dei grafici

Prosegue la lotta per il rinnovo del contratto scaduto il 15 febbraio scorso, da parte dei lavoratori grafici-editoriali, un settore importante nel campo dell'informazione che occupa più di 80.000 lavoratori.

La piiattaforma rivendicativa prevede dei punti estremamente importanti che vanno dall'accorpamento con una parte dei cartotecnici, che più si avvicinano come l'rodotto alla carta stampata, alinformazione a livello nazionale in merito all'andamento economi-

AUSTERITA'

Dodicimila italiani hanno perduto tutto nel "crack" della Weisscredit a Chiasso. Un ammanco di ottanta miliardi (Titolo dal Corriere della Sera)

PREGO, PARLI PER LEI

Siamo tutti indiani metropolitani (Titolo dal Corriere della Sera)

co produttivo e occupazionale per periodici-editoriali, scolastici, editoria libraria ed altri.

La durata del contratto sarà biennale. Anche il controllo degli investimenti (punto nodale rivendicato da tutto il movimento operaio) richiesto dai lavoratori per verificare le conseguenze dall'introduzione di nuove tecnologie sull'ambiente, il controllo sull'occupazione e sulla qualificazione professionale e la conoscenza preventiva di tutte le iniziative editoriali sono alcuni de-

.1 FACCIA DI TOLLA

"Ma la frase forse infelice dell'ex ministro è stata pronunciata verso la fine quando Tanassi ha sostenuto che il Paese deve essere orgoglioso di una classe politica che non si è fatta corrompere a differenza di quella degli altri paesi". (Gianpaolo Pansa sul Corriere della Sera)

gli aspetti più qualificanti della trattativa in corso.

Dato il persistente comportamento negativo da parte degli editori (comportamento che ha raggiunto toni terroristici con la minaccia di Rizzoli di non pagare le ore considerate "morte' ) mentre andiamo in macchina, le organizzazioni sindacali hanno proclamato dopo i tre giorni di sciopero articolato già effettuati un altro monte ore di sciopero articolato da effetuarsi entro il 5 aprile.

o SORPRESA, SORPRESA

"Curiosamente, Moro, che è uomo di Stato da molti anni, mostra di meravigliarsi che si usino tali metodi (le bustarelle Lockeed, ndr.) nei grossi affari internazionali..." (Gianpaolo Pansa sul Corriere della Sera)

VE LO DICO IO "Negli ambienti intellettuali non

È una sera qualsiasi del mese di febbraio del 1944. Un membro del Comitato segreto di Agitazione, si incontra in una delle tante buie vie della zona Garibaldi con un attivista della Cellula Comunista del Corriere della Sera.

I due si parlano lungamente, alla fine si lasciano con una stretta di mano e si allontanano rapidamente dileguandosi nell'umida notte milanese. Non sappiamo che cosa si siano detti i due uomini, ma il risultato di quell'incontro si sarebbe visto alcuni giorni dopo. È il 29 febbraio.

Da tutto il giorno nel vecchio edificio di Via Solferino ha luogo un insolito andirivieni. Si formano qua e là gruppi di tipografi, speditori, rotativisti, che alternano ad un sommesso palottare fra di loro, un immediato silenzio quando si avvicina ad essi qualche estraneo. Il richiamo di un capo al lavoro interrotto, rapidamente li disperde. C'è comunque nell'aria un'insolita agitazione un nervosismo a stento represso. "marzo 1944.

Alcuni operai fin dalla prima mattinata, fermano nelle vie circostanti alla Sede del "Corriere" quei colleghi che si stanno recando al lavoro. Li avvertono che è stato decretato uno Sciopero Generale al quale tutte le fabbriche del Nord devono aderire, per indebbolire il regime fascista,e che pertanto tutti dovrebbero tornare alle loro case.

Molti sono convinti da queste argomentazioni, qualcuno esita, torna indietro, si ferma ed attende chissà quale evento. Pochissimi superano non visti oppure strattonati i picchetti e raggiungono frettolosamente la Via Solferino. Ma il numero di coloro che non aderiscono allo sciopero è così esiguo, che per quel giorno il "Corriere della Se-, ra" non uscirà e sarà il solo quotidiano italiano nel quale lo sciopro avrà avuto esito positivo. Intanto iniziano i primi arresti. A

pagare sono i più "politicizzati", quelli che nei mesi precedenti avevano dimostrato un maggiore attivismo. Finiranno a San Vittore e faranno mesi e mesi di galera, qualcuno di essi conoscerà anche i Campi di Concentramento dell'Austria e della Germania. Il giorno dopo i tedeschi piazzano due mitragliatrici; una è collocata all'interno, l'altra all'esterno del giornale.

Quei compagni che picchettano le vie limitrofe, comunicano a coloro che si accingono a ritornare al lavoro, che i tedeschi arrestano chiunque entri in Azienda e con questa "bugia" riescono a limitare a poche decine il numero di quelli che, non aderendo allo sciopero, tornano al lavoro. Il 2 ed il 3 di marzo, lo sciopero registra un successo pressoché totale, perchè sono tirate soltanto pochissime copie.

Inoltre, i gruppi comunisti, dall'interno dell'Azienda, con azioni di ostruzionismo e di boicottaggio, riusciranno ad impedire in larghissima parte l'uscita stessa di queste copie. Lo sciopero durerà compleasivamente tre giorni, ma l'effetto morale che esso ebbe nei confronti del Regime e nella coscienza di quei ceti borghesi e conservatori che ancora speravano in una rivincita di Mussolini, fu enorme.

Quello che tradizionalmente era considerato l'organo di consenso e di sostegno al fascismo, non arrivando in quei primi giorni di marzo nelle edicole del Paese; contribuirà in modo notevole a far scricchiolare le già logore strutture del nazi-fascismo in Italia e a galvanizzare la Resistenza. E ciò fu possibile grazie al coraggio e allo spirito di sacrificio di un pugno di uomini che fu capace di guidare e di orientare larghe masse di lavoratori che al fascismo non avevano mai creduto.

SENZA SENSO

Dietro il voto contrario della minipattuglia di Democrazia Proletaria al progetto di accordo sindacale per il rinnovo del contratto di lavoro (poi approvato a grandissima maggioranza) si nota, oltre a motivazioni pseudo sindacali sotto vuoto spinto, l'ormai consueto anticomunismo da salotto, o da corridoio o da strada (fate voi) di cui questo gruppetto sembra non riuscire a fare a meno. Per la verità sino ad ora questo discorso valeva più per l'esterno che per l'interno dell'azienda, dove non si erano ancora verificati episodi della portata di quello di cui parliamo.

Intendiamoci, una volta imboccata la strada dell'avventurismo e del velleitarismo parolaio, non c'è più molto da aspettami. Noi, però, forse ci eravamo fatti qualche illusione sulle persone che in azienda rappresentano questo gruppo. Dobbiamo ricrederci. Chi si allea, come è successo, nei fatti e nelle parole, con le spinte corporative più conservatrici, magari soltanto per raccogliere qualcheffimero consenso, si qualifica da solo. Tutta questa faccenda a noi dispiace non tanto perchè il nostro partito abbia qualcosa da perderci (sono ben altri gli avversare e i pericoli ai quali siamo abituate a rispondere), neppure temiamo che i lavoratori della nostra azienda possano essere convinti a seguire linee politiche insensate (tanta è la fiducia che noi da sempre riponiamo nel buonsenso politico delle masse). Però ugualmente ci dispiace. E ci dispiace perché vorremmo che le energie malspese, da coloro che in altre occasioni sono sembrati non conpletamente privi della capacità di capire, venissero utilizzate a fini di più concreta azione politica. G.C.

conformisti sovietici circola la tesi che la rivoluzione di ottobre si sia risolta fondamentalmente in una `restaurazione'. Nel sessantesimo anniversario della 'grande rivoluzione d'ottobre' essa può apparire persino blasfema e almeno dal punto di vista delle speranze che la rivoluzione blosce$dca ha suscitato nel mondo, lo è". (Piero Ostellino sul Corriere della Sera)

SI FA MA NON SID DICE

Giannettini si decide a parlare in aula ma non dice una parola che accusi il SID. (Titolo dal Corriere della Sera)

G A S TRO -ENTE R ITE

"De Carolis già sogna pranzi all'americana dove i simpatizzanti e i fans danno l'obolo al partito.... ci arriveremo - dice - ne sono sicuro". (Dal Corriere della Sera)

Aprile 1977 pag. 2 Il Torchio

L'8 marzo La manifestazione di quest'anno, dell'8 marzo, ha rappresentato un'ulteriore conferma del salto qualitativo fatto dalle donne. L'assemblea che ha avuto luogo in azienda ha affrontato infatti, in preparazione anche del Convegno delle lavoratrici Poligrafiche, tenuto poi il 16 marzo al Salone Pier Lombardo, i problemi interenti al lavoro. E' stato questo il nuovo modo di vivere veramente questa ricorrenza rivalutandone il profondo significato di giornata di lotta. Siamo partite dalla nostra realtà che contrasta fortemente con quella più generale che vede costantemente diminuire i livelli occupazionali. Le assunzioni femminili al "Corriere", se confrontate con quelle degli anni '60, si sono più che raddoppiate e lo stesso inquadramento vede le donne, per la maggior parte, in seconda categoria. Ma anche dalla nostra realtà, già positiva, emerge lo stato di dequalificazione in cui versa non solo il lavoro femminile ma l'intero settore impiegatizio. Necessità, quindi, di una diversa riorganizzazione che combatta la parcellizzazione con l'applicazione della classificazione unica, con la rotazione delle mansioni, con i turni, anche su ore notturne, laddove ve ne sia il bisogno, per conseguire quella professionalità necessaria non solo al mantenimento ma allo sviluppo stesso dell'occupazione.

Dall'assemblea come poi dal Convegno sono emersi appunto i problemi della dequalificazione, della parcellizzazione, come quelli dell'insufficiente rete di servizi che rendono precario il lavoro femminile. Da qui deriva la volontà di affrontare questi problemi insieme contribuendo con il nostro impegno costante e attivo nell'ambito dei gruppi omogenei, del Consiglio di fabbrica, sconfiggendo posizioni culturalmente arretrate che qua e là emergono pericolosamente e che tendono ad assegnare alla donna, particolarmente nell'attuale situazione un ruolo sostitutivo "dei servizi sociali". Questo mentre è invece chiaro come non possa esistere rinnovamento della società senza il sostanziale cambiamento della condizione femminile e che elemento

Il 17 marzo a Bologna

prioritario di questo mutamento e la conquista, il consolidamento, il massimo sviluppo del "diritto al lavoro" delle masse femminili. Dal dibattito e dal Convegno stesso è emerso però anche che nel momento in cui rivendichiamo coscientemente un inserimento completo e più qualificato, discutendo dei concorsi, del polmone, dei turni, dei permessi per entrambi i genitori, dei servizi, è indispensabile essere disponibili ad entrare a pari condizioni nell'organizzazione del lavoro pur se questo comporta non l' ochi problemi. La condizione deloccupazione femminile in generale è talmente critica e così duramente attaccata che dal convegno è emersa la proposta di andare ad un controllo del turn-over, attuando attraverso gli uffici di collocamento una gestione delle assunzioni che porti a seconda delle disponibilità, categoria per categoria, all'assunzione di tante done quante sono quelle che interrompono il rapporto di lavoro.

Affi'ontando coraggiosamente i nostri problemi di lavoratrici noi riusciremo a dar loro risoluzione e contemporaneamente a promuovere una sempre maggiore volontà di partecipazione, anche tra tutte quelle lavoratrici più restie alla vita sindacale e politica, senza il cui contributo sarà difficile essere realmente vincenti nella battaglia per un reale rinnovamento.

Il convegno delle lavoratrici poligrafiche è stato il proseguimento naturale dell'assemblea dell'8 marzo e ha dimostrato come i nostri siano i problemi delle lavoratrici dell'intero settore, ma soprattutto ha rappresentato un momento importante di messa a punto di un lavoro che ci dovrà vedere tutte impegnate, superando incomprensioni pericolose, in azienda come fuori, per il raggiungimento di una società, più giusta perchè più umana a dimensione anche di donna.

Ed è con questo spirito che invitiamo le lavotatrici ad aprire un dibattito sulle pagine di questo giornale inviando lettere aperte alla redazione su temi di attuali come, ad esempio, i turni o il cosiddetto 6x6.

Il quadrato della vergogna

"....anche perchè chisto è nu paese nu poco curioso, spedalmente mo che d sta il prudesso alla Lockheed, dal quale pruciesso risulta che siamo innocenti tutti 9uand: e allora, se in mezzo a noi noncistanemmeno nu fetente, significa che siamo fessi collettivi, non vi pare?".

Così scriveva Luigi Compagnone sul "Corriere della Sera". Il Parlamento ha però deliberato che non siamo fessi collettivi. Gui e Tanassi sono stati rinviati al giudizio della Corte costituzionale.

"Quali che siano le responsabilità dei due ex ministri - scriveva 'la Repubblica' - comunque le vicende nelle quali si sono trovati coinvolti rappresentano soltanto un particolare dell'affresco, la punta di un iceberg di scandali soffocati, di processi insabbiati, d'ingiustizie, prevaricazioni, favoritismr.Per "Le Monde" Gui e Tanassi non sono poi tanto più colpevoli di altri ministri notoriamente mafiosi (leggi Gioia) o del clan dei Gava.

Appunto. Ma allora la DC può dare di sè l'immagine di un partito pulito che può parlare "in nome della morale e della verità" o quel-

la di un partito profondamente inquieto e corrotto? L'onorevole Moro non tollera neppure che interrogativi del genere posano essere formulati.

A nostro avviso la DC e la sua classe dirigente nel loro complesso, questo complesso di uomini che da oltre trent'anni sta facendo il bello e il cattivo tempo nel nostro paese, ha portato sull'orlo dello sfacelo. Scandali e denunce non hanno risparmiato alcun settore dell'amministrazione pubblica centrale e periferica, hanno investito l'esercito e la la magistratura, i servizi segreti, le banche, gli enti previdenziali e assistenziali, le università, anche le organizzazioni culturali e sportive. La politica del silenzio e dell'insabbiamento ha sempre coperto di un velo protettivo il "primato" per dirla con Moro, della DC. C'è stato però un 20 giugno, e il 20 giugno morde ancora e con forza, smentendo i lamenti delle cassandre che ne piangono periodicamente il tradimento e la fine.

Si è arrivati a una situazione che chiama sempre di più la DC a

Attualità della questione comunista

fare i conti con il suo sistema di potere, con le forze sociali che aggrega intorno a sè, e in particolare con quelle dello spreco, del parassitismo, della corruzione che ne sono una parte non irrilevante.

Sappiamo bene che non tutta la DC è uguale e non cadiamo certo nell'errore di grossolane semplificazioni, ma ci domandiamo: è disposta la DC a intaccare i privilegi di una parte del suo elettorato, a contrastare il groviglio di interessi corporativi su cui ha costruito tanta parte del suo potere?

La crisi del paese rischia di essere mortale. La crisi viene da trent'anni di malgoverno della DC, dal fallimento della sua classe dirigente. Ma pare che la DC sappia soltanto fare quadrato attorno ai propri errori e ai propri scandali.

La sua 'politica è a dimensione unica e vecchia: colpire ulteriormente i redditi da lavoro senza intaccare alcun privilegio e rifrugare nelle ceneri del centro-sinistra una soluzione che lenisca i suoi fallimenti.

A. Bruni

Il nostro Partito, oggi

La questione comunista è più che mai il centro del dibattito culturale, morale ed economico del nostro Paese. Tutti si chiedono che cosa è, che cosa fa, dove andrà il P.C.I. Il P.C.I. fa discutere quando fa proposte ed assume iniziative o quando tarda a presentarne o ne accenna l'indicazione. C'è chi lo accusa di insufficienza e di debolezza, chi di prepotenza e chi lo ritiene incapace di scalfire il regime democristiano. Talvolta tutto ciò è argomentato, posto in termini politici, anche costruttivi, molte volte invece evidenziato un anticomunismo gretto e settario. In questa compagnia ideologica che da 30 anni si sviluppa e che oggi si è accresciuta per il peso specifico che il P.C.I. ha assunto nel nostro Paese, ci sono forze che pur prendendo atto della nostra nuova forza, non hanno capito il perchè della nostra avanzata. Non hanno capito, o non vogliono capire, la nostra proposta unitaria per affrontare e risolvere i problemi nazionali, il nostro sacrificio in mezzo ai lavoratori.

Ebbene questo ci deve anche stimolare ad essere migliori, sempre più pronti, consapevoli che la nostra proposta globale per il rinnovamento della società non solo deve essere spiegata e discussa, ma soprattutto che deve essere realizzata anche partendo dalle piccole cose, dai singoli luoghi di lavoro. Noi comunisti dobbiamo essere consapevoli non solo delle originalità della via italiana al socialismo ma della assoluta necessità di costituire quelle opportune alleanze per realizzarla. Ed è sul terreno economico, oggi, che la battaglia si fa aspra.

Inflazione e riforme sociali, crisi del capitalismo e del suo modo di produrre, nuovo modello di sviluppo. Siamo contro lo sfruttamento per il massimo profitto, siamo perchè il profitto venga utilizzato socialmente. Oggi viene avanti con forza l'esigenza di controllare gli investimenti, per coordinare la produzione, per andare ad uno sviluppo produttivo senza enormi sprechi, scoraggiando la tendenza alla rincorsa ai facili profitti.

Ciò significa un salto non solo

economico-sociale ma morale: questo per noi comunisti comporta una tensione morale ancora più partecipata. É. necessario allargare la base dei contributi pratici, senza mortificare il contributo idealepolitico.

Lavorare, ad esempio, per le "Conferenze di Produzione ' nei luoghi di lavoro serve a far crescere la consapevolezza del ruolo della classe operaia e ad individuare le storture di gestioni economiche non rispondenti agli effettivi bisogni dei lavoratori e della società.

Proprio nel nostro settore ed anche quì al "Corriere" c'è bisogno di capire i problemi per contribuire a rafforzare la proposta politica sulla riforma dell'editoria che sia indirizzata effettivamente alla libertà di stampa. Quali gli strumenti? Innanzitutto, anche nel nostro settore, la politica delle alleanze. Con i giornalisti in primo luogo, i più esposti ai ricatti e alle pressioni degli editori con scopi non certamente di libertà e di progresso sociale.

IB. Schincariol

Oggi, 17 marzo, Bologna, democratica e antifascista ha il molto, di una città proditoriamente colpita nei suoi più alti valori morali e civili.

La provocazione fasdsta, la devastazioni operate dalle teppaglia eversiva ha fatto scattare questa grande manifestazioni di popolo in P.zza Maggiore.

Uomini, donne, giovani lavoratori e studenti venuti dai campi e dalle fabbriche dalle scuole di tutta l'Emilia Romagna, sono oggi qui a Bologna, in questa piazza con il solenne impegno di difendere la democrazia e le istituzioni repubblicane nate dalla Resistenza.

Assistiamo qui in P.zza Maggiore l'arrivo del gonfaloni delle dttà emiliane medaglie d'oro della Resistenza, vediamo innanzi a tutti sfilare Il gonfalone di Marzabotto, a monito di colore che praticano la violenza e la calunnia centro le istituzioni democratiche e popolari.

La campagna perversa e calunniosa contro le istituzioni de-

mocratiche e popolari e contro i compagni che sono alla testa del grande movimento rinnovatore della nostra società, non passa. Essa è condannata a cadere nella vergogna per la lotta possente e tenace che oggi a Bologna i lavoratori hanno indicato a tutto il Paese. Il compagno Zangheri a condusione della manifestazione ha detto: "Per questo oggi si guarda da ogni parte d'Italia a Bologna, per questo Bologna si sente investita da una grande responsabilità nazionale".

La scelta del C.d.F. di inviare la nostra delegazione a questa grande manifestazione di popolo è stata una scelta di grande valore, non solo dal punto di vista di solidarietà, ma soprattutto di grande volontà d'impegno di lotta dei lavoratori del "Corriere" insieme alla dasse lavoratrice italiana per rinnovare e far progredire la nostra sodetà, e battere muli tentativi dl eversione fasdsta emergenti.

ANCORA SULLA BIENNALE

È ancora recente la polemica, che all'inizio di marzo, è nata intorno alla Biennale e sulle dimissioni dalla carica di Presidente dell'Ente Veneziano di Ripa Di Meana.

Noi riteniamo che il fenomeno artistico per potersi esprimere ai più alti livelli, non debba essere al servizio di alcun gruppo di potere o di regime politico, per creare consenso o condizionamento. L'espressione artistica e la ricerca culturale, hanno un senso soltanto quando si esprimono liberamente, poiché loro finalità deve essere quella di individuare le vie che travagliano ogni Società.

Ma non possiamo non stigmatizzare le dimissioni, che troppo affrettamente Ripa De Meana ha dato, rinunciando alla carica di Presidente del Co-

mitato Direttivo, senza consultare prima il Comitato stesso che avrebbe potuto esprimere diverso parere.

È questo, un atto individuale e negativo, che potrebbe essere interpretato come un gesto di sfiducia nei confronti del Direttore dell'Ente Veneziano. Un'azione irriflessiva, che ha già dato esca ad una serie di interpretazioni, che individuano la causa delle dimissioni di Ripa Di Meana, non tanto nell'intervento di Rijov e in quello intempestivo della Farnesina, quanto nella delusione dello stesso Presidente , di fronte ai finora mancati finanziamenti del Governo, dei quali la Biennale ha bisogno. Senza volere comunque, attenuare il giudizio da noi espresso sull'iniziativa dell'Ambasciata Sovietica, vorremmo anche dare una valutazione "tecnica", sulla congruità o meno di adibire l'intera Biennale ad una Mostra sul dissenso.

Riteniamo che, se è importante che ogni artista manifesti liberamente il suo dissenso ed il suo talento, è altrettanto importante, per la riuscita spettacolare della manifestazione non allestire esclusivamente padiglioni dedicati al dissenso nei Paesi Socialisti dell'Est Europeo.

Ma indipendentemente dal seguito di questa vicenda (le dimissioni sono state poi ritirate), i dubbi sulle cause reali che le hanno determinate sono forti e restano.

"...Venezia - ha dichiarato il sindaco di Venezia, il socialista Rigo - deve avere una funzione di collegamento internazionale, questa città deve essere promotrice di intese e di amicizie fra Oriente ed Occidente...". La Biennale, che in Venezia ha sede, non dovrebbe anch'essa avere questa funzione? P.G.

fallimento
Il
della vecchia classe dirigente
pag. 3 Aprile 1977 Il Torchio
IN
MAGGIORE • eh-
Non ricorrenza, ma riflessione e lotta
PIAZZA

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