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Consiglio di fabbr!ca, Agenzia delta F.L.M. Mnanese, Anno Vi - n. 70 - ottobre 1978
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SEVESO, MONITO PER TUTTI

A 2 anni dalla tragedia la vicenda dell'Icrnesa sembra appartenere ad un altro pianeta.

La scienza ha fatto congressi in sordina parlando di Seveso come di un reperto antidiluviano; per la stampa nazionale, fatta salva qualche eccezione, il caso non fa più notizia; ai partiti politici non conviene compromettere equilibri politici già difficili con Polemiche intorno a quale autorità competa la difesa della salute pubblica.

Ma nonostante questi tentativi, di cancellare in un popolo la storia delle sue sofferenze per toglierli volontà di lotta e di cambiamento, noi non dobbiamo dimenticare che Seveso è il simbolo della minaccia costante portata dalla fabbrica agli uomini e al territorio, dobbiamo sapere che Seveso è il modo, non l'unico ma il più grave, con cui l'industria moderna uccide.

Due anni fa

DUE ANNI FA IL 10 LUGLIO 1976 ALLE ORE

12,37 DA UNA FABBRICA POSTA NEL COMUNE

1)1 MEDA in provincia di Milano si sprigiona una nube biancastra, carica di un tossico tra ì più potenti the si conoscano, la diossina.

La diossina è una sostanza che si forma nella lavorazione di una sostanza erbicida, il T.C.F. 4, 5, triclorofenolo). Gli erbicidi o diserbanti vengono usati Per liberare dalla vegetazione aree da destinare a Strade e nelle risaie per diserbaré. Invece che in campo nel settore civile l'impiego di queste sostanze è Stato fatto bellico dove ne sono stati sganciati quantitativi enormi che hanno distrutto centinaia di migliaia di ettari di foreste e di colture; il loro impiego Come defolianti chimici durante la guerra del Vietnaln ha aperto un nuovo capitolo della patologia e nella genetica: eczemi e malattie della pelle, aborti, malformazioni 'congenite e probabili mutazioni. In Italia, benché ne sia vietato l'uso, non è vietata la fabbricazione del T.C.F. ed una azienda che lo produceva era proprio la Icmesa di Meda, per conto della Givadaun, associata alla multinazionale « La Roche

k'u nella Icmesa che si ruppe il disco di sicurezza del reattore A 101 DEL REPARTO B. i vapori che si trasformarono in una densa nube fuoriuscirono per circa 20 minuti; poiché era sabato e la produzione era già stata fermata, come di consueto, alle cinque del Riattino, nella fabbrica c'erano solo gli addetti alla manutenzione che assieme ad un capo reparto accorso diedero l'allarme.

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Gli impianti erano privi di alcuni dispositivi di sicurezza: il termostato non era collegato all'allarme acustico e l'azienda era priva anche dell'impianto di abbattimento dei fumi previsto per certe lavorazioni. Queste misure avrebbero dovuto essere osservate perché uno dei pericoli inerenti alla fabbricazione del T.C.F. è la reazione esotermica, incidente che provoca un aumento irreversibile di temperatura! e di uindi la produzione di una impurezza nota come ossina.

Tutti gli incidenti precedenti, avvenuti in Olanda, Cecoslovacchia, Usa, Austria, avevano avuto conseguenze meno disastrose perché i fumi erano stati convogliati e abbattuti all'interno dell'impianto e non avevano perciò contaminato il territorio.

Ci sono persone che ricordano la nube come una piccola nuvola bianca, altre che parlano di un fungo e di nebbia grigiastra nel cielo; probabilmente questo dipende dai diversi tempi d'osservazione. L'odore che si sprigionò viene ricordato come quello dei medicinali. Tutti sono concordi nel riferire d'aver provato bruciore agli occhi, senso di soffocamento, mal di capo; coloro che casualmente si trovavano a passare nella zona inquinata, a distanza di qualche ora, presentavano arrossamenti da allergie, ustioni, eczemi e prurito.

Nel giro di poco tempo la diossina si depositò sulle persone, sulle piante, sulle case, sul terreno. Il terreno se ne impregnò con la caduta delle foglie e delle prime pioggie, fino ad una profondità di 20-25 centimetri ma con una distribuzione ineguale.

Il pericolo accertato della diossina deriva dall'ingestione, cioè per esercitare i suoi effetti tossici la diossina deve essere ingerita. Molti animali da cortile, galline, oche, conigli, gatti, dopo 2-3 giorni morirono.

Per l'uomo i pericoli della diossina, e non solo in teoria, sono ampiamente conosciuti.

Sappiamo che i più colpiti furono i bambini che si trovavano a giocare nei pressi della fabbrica, alcuni ustionati più dalle altre sostanze che contiene il T.C.F. che dalla diossina; manifestarono fotofobia, vomito, mal di pancia e dopo qualche giorno ematuria (sangue nelle urine) e cloracne. Gli adulti accusarono vomito, dolori addominali, mal ditesta e anche essi ematurie che aumentarono col passare dei giorni, perché non essendo stati avvertiti continuarono a mangiare frutta e verdura inquinata.

Un sintomo inconfutabile della ingestione della diossina è la cloracne, manifestazione cutanea che dà una acne molto persistente, colpendo soprattutto le parti superiori del corpo, collo, braccia, volto. La cloracne ha regolarmente colpito i lavoratori delle industrie di quei paesi dove sono avvenuti incidenti analoghi, an-

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cne se di dimensioni più ridotte (Germania, Usa, Olanda, inghilterra, Cecoslovacchia, Austria).

Una volta ingerita la diossina non si metabolizza e T1°11 si elimina, bensì si tassa nei tessuti, prevalenteMente in quelli grassi come il fegato.

Nasce così il pericolo grave dell'accumulo: infatti i Medici sostengono che parti infinitesimali di diossina non possono produrre danni all'organismo e a p quei,io proosito hanno sbilto dei livel di tollerabiutà per l'uomo. Ma poticahéi li la diossina non si elimina quantità piccole assunte quotidianamente raggiung° „ no quantità pericolose (= accumulo).

Bo nificare immediatamente le zone colpite dai vele110 è quindi la prima misura da prendere in caso di incidente.

Passarono invece due settimane prima che i cittadini di Meda e Seveso fossero avvertiti di cosa gli era capitato e prima che La Roche, che conosceva esattamente il pericolo, parlasse.

Il dottor Jann, presidente della Hoffmann La Roche, dichiarò infatti che: «Incidenti come quelli di Seveso Possono accadere in molti processi chimici», il rischio quindi era previsto ma nessuna misura era stata Preposta per affrontarlo.

1.1 sabato dello scoppio i responsabili della Icmesa avvertirono vagamente gli abitanti delle case vicine del pericolo, invitandole a non mangiare frutta, ortaggi e bestie, ma da quel momento i padroni iniziarono con freddezza lo scarico di responsabilità. Alle autorità locali, che avrebbero dovuto sapere, i dirigenti della multinazionale si limitarono a dire che il gas uscito dalla fabbrica poteva essere tossico; ma si guardarono bene dal chiarirne la composizione. In Poco 'tempo la moria di animali si trasformò ín ecatombe; diversi bambini furono ricoverati in ospedale, i medici si dichiararono incapaci di scoprire le cause delle lesioni dermatologiche, il sindaco di Severo dichiarò lo stato dí emergenza. Mentre l'ufficiate sanitario tace all'Icmesa, salvo che nel reparto dove è avvenuto lo scoppio, il reparto B, la produzione continua fino al giorno 16 luglio!

quel giorno, sulla base delle conoscenze fornite dalL° Smal (servizio di medicina per gli ambienti di lavoro) i lavoratori si rifiutano dì continuare a lavorare, nonostante il parere contrario deí dirigenti.

Il 17 luglio la autorità giudiziaria pone il sigillo al reParto B della Icmesa, il 18 il sindaco ordina di chiudere ia intera fabbrica.

Nessuno fa il nome della diossina, e intanto, insieme agi abitanti di Meda e Seveso, continuano ad ingerirla anche quelli di Desio e Maderno poiché le loro 1P3ne non sono considerate inquinate.

e autorità spaventate e impreparate ordinano prov- n ' edituenti inadeguati come quelli, per fortuna non

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eseguiti, di irrorare i campi e l'altro, dato ai militari, di bruciare ogni cosa contaminata con il lanciafiamme!

In base alla moria degli animali si fa la prima mappa di inquinamento: non si tiene conto né della gente che si ammala né della vegetazione che ingiallisce. La mappa chimica, basata sui controlli fatti al terreno, non coincide con quella biologica e chimica.

Il 20 luglio i lavoratori della fabbrica fanno un volantino per informare la popolazione e denunciare La Roche; per la prima volta si parla di evacuazione della popolazione (nel caso di Seveso avrebbero dovuto evacuare immediatamente 18.000 persone.)

Subito dopo vengono emesse comunicazioni giudiziarie contro il direttore dello stabilimento e il direttore di produzione, ma il loro arresto, se possibile, aumenta il cinismo difensivo dei padroni.

La paura è la grande protagonista delle settimane successive: si scopre che la gente di Seveso e di Meda aveva già denunciato la Icmesa per l'inquinamento del Certesa, riemergono le storie di animali morti e di pecore fulminate dopo aver pascolato ed essersi abbeverate vicino alla fabbrica; nessun provvedimento viene preso per chi transita sulla strada, mentre i treni della Nord vanno e vengono sfiorando la zona inquinata.

Quasi all'improvviso la Brianza viene allora bombardata dalle notizie sulle tragiche caratteristiche della diossina: la Nato invia un documento alle autorità italiane invitandole a fare evacuare la popolazione, arrivano i reparti speciali dei N.B.C. (nuclei di guerra nuclerare e biologica), arrivano studiosi e curiosi, in una assemblea a Seveso il Prof. Reggiani, tecnico della Roche, dichiara che tutta la popolazione colpita deve essere portata via, nuda, dopo una doccia, senza nessun oggetto personale, che la fabbrica va abbattuta, le case vicine pure, il terreno inquinato va rimosso. Nessuno lo ascolta.

La realtà era così terribile che molti degli abitanti si rifiutarono, e si sarebbero rifiutati anche in seguito di accettarla. Forse perché non vedevano via di uscita, forse perché rimasero vittime di uno scontro politico che si consumò sulle loro teste. Aiutati dai rappresentanti locali delle forze più conservatrici, con alle spalle una società tradizionalista come quella brianzola, diffidarono degli esperti, dei politici, di coloro che consideravano degli intrusi.

Quando i carabinieri fecero evacuare le prime 179 persone ci furono momenti di panico e di disperazipne.

I democristiani dei grandi interessi corporativi e professionali attaccarono prima di essere attaccati, i partiti della sinistra si dimostrarono impreparati a fare fronte ad una situazione di tali dimensioni, il sinda-

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rato, pur perseguendo una linea di denuncia, dovette registrare una assenza di strategia sulla nocività e l'inquinamento del territorio.

Così la gente di Seveso fu oggetto di cose che non capiva, di dibattiti da marziani, di prese di posizione che la lasciarono estranea, di polemiche incomprensibili, di interessi padronali (nel censimento delle zone da evacuare furono lasciati fuori molti terreni e insediamenti produttivi).

Questa diossina che non si vede e non si tocca e, almeno subito, non fa niente, è come lapeste di manzoniana memoria: può essere solo il frutto dell'invenzione degli umori che vogliono sconvolgere la vita del paese. Su chi ignora chi sa ha buon gioco: davanti all'imponderabile resta la rassegnazione o la fede!

Solo alla fine del 1976, con il manifestarsi violento di centinaia di casi di cloracne tra i bambini, si riprende il problema della bonifica.

Intanto la evacuazione è stata estremamente parziale, riguardando appena 739 persone sulle migliaia interessate; la gente, o con autorizzazioni o senza, continua ad entrare nelle case evacuate della zona; in autunno cadono le foglie contaminate, le opere di pulizia e bonifica avvengono senza addestramento trasformandosi in una dislocazione di diossina da un Punto all'altro della zona.

La situazione sanitaria è incontrollata: i colpiti da cloracne (più di 600) provengono anche dalle zone di risoetto, cadono molte difese immunitarie, nessun dato viene pubblicato e fatto conoscere alla popolazione. Un operaio della lcmesa è morto di cancro al fegato, e una donna dopo di lui, anch'essa di cancro al fegato. Ci sono decessi improvvisi e sospetti, in silenzio vengono fatte biopsie del fegato dei morti.

Le autorità regionali si sono impegnate ad ottenere un posto di lavoro ai lavoratori della Icmesa; molti dipendenti hanno accettato di andare in pensione Prima del tempo in cambio di qualche lira, degli altri solo un operaio del consiglio di fabbrica ha trovato lavoro. Le aziende non li vogliono perché temono di avere dei lavoratori che gli creino problemi a causa della salute.

Si e spenta la polemica sull'aborto; delle donne incinte al momento dello scoppio della nube alcune hanno chiesto e ottenuto l'aborto terapeutico tra utrilazioni inaudite, altre sono andate ad abortire in Svizzeri in Inghilterra, qualcuna lo ha fatto clandestinamente in Italia. Solo una clinica a Milano in conformità alla sentenza della Corte Costituzionale, h a applicai() l'aborto terapeutico. Non sappiamo quanti siano stati gli aborti spontanei, né i nati morti g rnalformati, poiché anche su questi dati impera il silenzio delle -autorità e la paura della gente.

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Due annidopo

Oggi a Seveso è passata la grande paura e la gente cerca di vivere come se non fosse successo niente. Infatti, tutto sembra come prima. Case smaglianti di intonaco nuovo nella zona Ab e A7 dove gli evacuanti hanno fatto ritorno; si lavora alacramente intorno ad un progetto di impianti sportivi a Seveso degno di competizioni olimpioniche, si rilancia l'edilizia. Solo la grande recinzione gialla, talvolta a pochi metri dall'abitato, ricorda il passato-presente. Dentro si erge la struttura sinistra dell'Icmesa e si celano gli I edifici abbandonati per sempre.

La gente più colpita si è chiusa in sé stessa, privatizzando la propria condizione: le visite al reparto der! matologico con i bambini ancora sofferenti fanno pane ormai della vita quotidiana. Ora tutto avviene discretamente, senza pubblicità; i fotografi e i cronisti non si interessano più di Seveso.

Allora è davvero finito tutto? Finito che cosa? A due anni si sa con certezza che la Hoffmann La Roche-Givaudan sono responsabili dell'aver avviato a Seveso, in una zona abitata, una lavorazione pericolosa che la Svizzera ormai proibiva, con un impianto diverso da quello del brevetto Givaudan, adottato in altri paesi, al solo scopo di risparmiare sui tempi e sulla manodopera. Si sa che i pericoli reali erano ignorati dai lavoratori, che la zona circostante la fabbrica era inquinata anche prima dello scoppio del reattore, inquinata dalle acque di scarico provenienti dalla lavorazione e dal lavaggio degli impianti, dai

;")1 .. d rifiuti solidi, liquidi, e gassosi, dai fumi di un bruciatore che probabilmente produceva più diossina di quanta non ne distruggesse. Un medico locale curava da anni gli abitanti delle tre vie intorno alla fabbrica e aveva notato gli stessi fenomeni che si manifestano

'' 1, ..!.. , ora: aborti spontanei, malformazioni, neonati di

47.~1 ,. -' i peso inferiore alla media, bambini con convulsioni e gl- ì-1 disturbi neurologici, una certa incidenza di mortalità di cancro. Tutte le sintomatologie descritte dalla letteratura e previste per le persone colpite dal tossico. Inoltre i nomi delle persone di allora sono gli stessi di quelle più colpite oggi, perché più vicine al momento dello scoppio, sono i nomi dei bambini apparsi in tutte le foto col volto deturpato dall'acne clorica.

Si sa che la Hoffman La Roche-Givaudan è respon.,_ sabile di aver tardato tanto a dare l'allarme dopo

x.- l'incidente. Non bastano le corse del prof. Reggiani

* ....%,,,. della Givaudan a scagionare le responsabilità della ‘!1

, .- -.. ' multinazionale. Si sa anche che gli amministratori italiani .... i non sono stati né attenti né sclerti e di ciò do--t-tioitikigAjAh''.. vranno rispondere insieme ai responsabili di organi-

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ievato ammontare delle ammende pecuniarie richieste per loro dalla Corte dei Conti sta a significare il slioasabilità penali dei tecnici stranieri ed italiani, di-

rigenti dellicmesa, amministratori locali, ufficiali sanitari. Si sa, se si vuole sapere o far sapere, perché ia gente interessata invece sa poco dell'istruttoria ancora aperta, delle perizie che non si fanno o i cui riS°Itab non arrivano mai. Quanta diossina è uscita 'al reattore? Quanta ce n'è ancora al suo interno? C ,°sa è successo quel 10 luglio al reparto B? uei 736 evacuati della zona A hanno fatto ritorno alle `°r0 case in zona A6 e A7 150 famiglie circa. Le case 'nno state decontaminate dalla Givaudan, in base ad "a convenzione stipulata con la Regione Lombar' QIa Alcune famiglie si sono rifiutate di ritornare, per :)atira o per altri motivi. Le autorità italiane non le assistono più, nessuno paga più loro la pigione della k 4vitazione provvisoria, nessuno si occupa di far loro °t nere il risarcimento completo dei danni materiali 'tluiti Devono cavarsela da sole: privati cittadini contro il colosso chimico. Questo è il prezzo della :Oro sfiducia o paura. Non è permesso avere paura! PPure il motivo addotto per far rientrare le 500 berS°1)e era proprio di carattere psicologico; meglio rischio di farle rientrare nelle zone A6 e Al che aUello di farne delle persone turbate, infelici, sradiLate. Ma la psicologia della paura non vale, vale solo uuella della fiducia. Eppure non deve essere allegro ' Itare lì: le case sono ripulite, i giardini curati, i ancella dipinti di fresco, i mobili nuovi splendenti, la recinzione gialla è a 10; 30,100 metri al massie al di là della lunga linea gialla la maledetta

32.,

',1e.gaie, afflitte da spese di trasporto scuola per i il luogo di lavoro del capofamiglia dalla preca-

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13 1 !tli ambien prop te osche ti all non hanno a tutela del né tutelato al né la salute e la difeso. L'edifesa delgrado della loro responsabilità. Si sa che ci sono re,
uli altri evacuati avranno una casa nuova; quella irrecuperabile, rimarrà imprigionata nella proibita, destinata all'abbandono, alla distru-t'°°e• Potranno farsi una casa nuova dove vorranno, , -1.11are „ al paese d'origine o restare a Seveso. Alla fine j'la primavera del '78 cinque di queste famiglie eva: ,ate erano ancora ospiti dell'albergo che le aveva colte due settimane dopo l'incidente. Famiglie di-
i;le,:a dell'abitazione: piccole stanze a due letti — nem11°il posto per metterci una poltrona per guarda- la Tv TI'alla sera — e il selfservice al piano di ci.tto per a Tutta una cultura rurale che si scontra con un diverso di vivere. Fare la fila per mangiare, i-tigiare con gli estranei, cibi scelti e cucinati da al‘,;," potere fare il bcato, stirare, sfaccend Le e d spesso passavano u la giornata a piangere are. chiuse

nella stanza. I figli non possono portarsi a casa i compagni per studiare assieme. Gli altri clienti abimali degli alberghi sono degli estranei; stranieri, cal-, ciatori in ritiro, partecipanti a congressi vari. I carnederi in divisa mettono soggezione. Meglio la stanzet, ta e i nervi a pezzi.

«Ma noi siamo fortunati» mi diceva una di queste donne« perché ci hanno evacuato, portati lontane( dalla diossina, ma quei poveretti della zona B! »

La zona B, una superficie di 269,4 ettari, con un valore medio di inquinamento di 3 rnicrogramrni per metro quadrato. Ma in qualche punto c'è più diossi: na nella zona «A». Gli abitanti sono circa 5.000; le industrie grandi e piccole sono molte. Si è preferito chiamarla zona B per evitare l'evacuazione. Dopo una prima chiusura nell'estate del '76 i luoghi di produzione sono stati riaperti. Qualche manifesto sui muri e sui pali della luce dice di non mangiare frutta e di non allevare animali, di osservare norme igieniche, come lavarsi le mani...

Oggi le aree inquinate della zona B, che non sono mai quelle abitate, sono state bonificate: hanno rovesciato la terra nei campi con una pronfondità di 15 centimetri, arato, seminato e basta. Ora si attendono i nuovi controlli. Gli orti privati non sono mai stati bonificati; la gente è convinta che se non si fa niente è segno che non c'è niente, ha ripreso a piantare patate e fagioli, ad allevare galline. Nella primavera del '78 gli orti coltivati erano un centinaio, di ciò approfittò subito la Hoffmann La Roche-Givaudan per sostenere che questa era la dimostrazione che la diossina non c'era più e pertanto non avrebbe più versato alcun risarcimento per gli orti e gli allevamenti. La verità è che non c'era mai stata un'informazione costante puntuale sui pericoli — e ciò anche grazie ai tecnici della multinazionale — e che la gente preferiva incorrere nel pericolo di una multa piuttosto che rinunciare al vantaggio economico di produrre per consumo proprio.

Il lucro cessante si paga solo alla fine dell'anno, ma le famiglie fanno la spesa ogni giorno ed inoitre si pagano frutta verdura e animali ai prezzi pagati ai produttori, mentre ora le famiglie devono andare a fare gli acquisti nei negozi ai prezzi dei consumatori.

Meglio rischiare!

La primavera del '78 le aree da bonificare — ma libere, prive di recinzioni e di cartelli indicanti il pericolo, luoghi di giochi, corse, capriole dei bambini e di incontri serali di innamorati — sono state coltivate a piselli e ad altre piante usate per la bonifica. I piselli sono cresciuti rigogliosi e la gente andava a raccoglierli e li mangiava. I bambini giocavano in mezzo le piante e ogni tanto staccavano un bacello e mangiavano i piselli crudi. 11 responsabile dell'operazione

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t bonifrca ci disse subito che si trattava di piselli da fo, r 3ggio, non di piselli per l'alimentazione umana. La fferenza tra il « Pisum hortense» consumato dal' 'uorno e il « Pisum arvense» destinato agli animali non è però così grande e, soprattutto, non si vede.

E Poi c'è il problema della salute. Il piano epidemioi00co approntato con oltre un anno di ritardo; i tectlici che non accettano di lavorare a Seveso per una uria di 10.000 lire giornaliere; i baroni che non lasciano le loro cattedre; le beghe all'interno dell'Istituto Superiore della Sanità, mentre gli scienziati vant10 ad inutili e dispendiosi congressi sulla diossina. Pochi accettano di lavorare sul campo, di raccogliere manualmente i dati che poi il cervellone elettronico do%Tà elaborare. Di ciò approfitterà la grande multinazionale per dire che la colpa di ogni cosa è nei ritardi e nell'incapacità degli italiani. L ,_a situazione sanitaria non è rosea; nonostante le di'llarazioni ottimistiche o le omissioni nel corso di 'In convegno a Milano, dove non viene presentata la relazione sulla situazione immunologica delle persorle, in particolare dei bambini colpiti e ci si dimentica tu invitare il neurologo incaricato di fare un'indagine suun gruppo di popolazione a rischio. Il neurologo scomodo si presenta lo stesso e produce dati inquietatiti sui disturbi neurologici della popolazione osservata. alcuni dei quali coincidono curiosamente ton quanto il medico delle tre strade vicino all'Icrnes ` 1aveva osservato tra i suoi pazienti anche prima delt incidente. Inoltre mentre i 750 evacuati possono essere controllati, curati, seguiti attentamente, non altrettanto si può dire per le persone della zona B e 4t)aa. R o delle zone escluse dalla mappatura, ma do ve la presenza della diossina è stata accertata. 'el piano di intervento è previsto appunto i'inter;ento ner le zone definite contaminate. Chi si trova cori cha queste zone non può e non deve ammal.v.si In;ecc, nelle aree più contaminate della zona B la gente Sussurra che ci sono troppi infarti da un po' di tem139, troppa gente giovane che muore improvvisamente' troppa gente che soffre di « mal di fegato», troppi 'ambini con eruzioni cutanee. troppa gente che ci Fede sempre meno, che digerisce male, dorme ma:e...Un bambino ha ancora tracce di sangue nelle unirle. E a Baruccana, proprio dove un rilievo aerefotoanmetico fatto dalla Hoffmann La Roche indicava CO un punto rosso una zona molto inquinata e dove Sono le case popolari, la gente si ammala, lamenta rta serie di disturbi. Suggestione? Ai momento dello

lo stabile non era ancora terminato, era prig di porte e di finestre; dopo un mese e mezzo qual- ell , rla ha concesso l'agibilità e senza alcun controllo vi inviato gli 'inquilini. Sempre lì vicino ci sono state curie morti sospette, apparentemente private, senza

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nesso alcuno con la diossina. Ma le due giovani donne decedute avevano mangiato la verdura dell'orto dopo l'incidente; poi hanno cominciato a star male e tra un ricovero ed un altro, sono morte. «La diossina non c'entra» dicono i medici, ma i sintomi narrati dai familiari sono inquietanti. Su tutto questo cade il silenzio anche quello dei congiunti che spesso non capiscono e talvolta si oppongono ad ogni indagine perché non ne comprendono la necessità — come i vecchi genitori di una di queste donne che non hanno voluto l'autopsiaperché l'hanno considerata un prolungamente di sofferenze, di strazio — e quello dei medici e delle autorità.

Molta gente preferisce non credere al pericolo, perché credere può significare qualcosa di orribile, l'abbandono del paese, i cambiamenti, il danno economico, il lavoro, la scuola dei figli le quattro mura tirate su nelle domeniche di sole. E davanti queste scelte e queste paure la gente è sola come due anni fa. Forse solo fra molti anni sarà possibile valutare « la catastrofe sociale e cuturale» provocata dal caso Icmesa. Fra molti anni l'alto indice di abortività e quello basso di natività, le malformazioni in aumento, la mortalità in aumento, le malattie, l'incognita della sterilità per coloro che erano bambini al momento dello scoppio, la nevrosi, i ricordi, avranno veramente mutato qualcosa in questa piccola comunità. Ma forse non saremo più in grado di riconoscerlo perché Seveso è l'inizio di una catena che continuerà a snodarsi sotto lo sguardo distratto della nostra società fondata sulle merci.

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Disegno in copertina di Enzo Siciliano tasti di N. Aciazzi Matfii stampa: Coop. Guado - Tel. 0331/881475 • - t - t••.•&.,• qiir.dta

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