BOLLETTINO 150 ORE
ZONA DI SESTO S.G.
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PERG-.1. QUESTO BOLLETTINO - PAG. 2 LE '150 ORE V1950TE NELLA FABBRICA - n 4 ALCUNI PROGRAMMI DEI CORSI IN ZONA - SCUOLA MEDIA li 5 ALCUNI ESEMPI DI LAVORI SVOLTI : *EDUCAZioNE LINGUISTICA IL PROBLEMA DELLA NOCIVITÀ A LR STORIA 10 con SI LAVORA NELLE )150oRE 12. *PERCHÉ DICIAMO SCUOLA NUOVA - PAG. 43 SCUOLA E POLITICA 46 ALFABETIZZAZIONE A2 oNNERSITÀ- 20 cOHE VENGONO AFFRONTATI ALCUNI PROBLEMI NELLE 450 ORE 24 ALCUNE IDEE PER LA cat-IPAGIJA bl ISCRIZIONI SCUOLA MEDIA E ALFABETIZZAZIONE 24
giugno 1976 INDICE :
UAWArf
perc hè questo bollettino?
La conquista di ore pagate dal padrone per frequentare corsi di studio collettivo da parte dei lavoratori risale al Contratto di Lavoro dei metalmeccanici del 1973. Per la prima volta in quel contratto si affermava il diritto_dei lavoratori a Fare dello studio non più solo occasio ne di maggior qualificazione professionale, alla ricerca di una sempre più illusoria carriera individuale nelle aziende, ma occasione per una crescita culturale-collettiva e nello stesso tempo per tentare una esperienza di scuola diversa, "alternativa" come spesso si è detto rispet to alla scuola che i lavoratori hanno conosciuto di persona attraverso l'esperienza dei loro figli.
A tre anni di distanza molte altre categorie di lavoratori hanno realiz zato questa conquista, soprattutto nell'ultima tornata contrattuale, nel la quale gli stessi metalmeccanici hanno ulteriormente migliorato le norme previste dal contratto: questo fatto rende finalmente possibile la realizzazione di una effettiva intercategorialità dei corsi "150 ore" Facendoli uscire dai margini troppo ristretti di una partecipazione qua si esclusivamente di metalmeccanici.
Ma quanti lavoratori conoscono cosa effettivamente sono le 150 ore?
Quanti degli stessi delegati dei Consigli di Fabbrica sanno cosa sia sta ta l'esperienza che, nella nostra zona di Sesto S.G., oltre 1.000 lavoratori hanno portato a termine con il conseguimento del titolo di studio in questi primi 3 anni dei corsi?
Certo sono ormai tanti i lavoratori che in un modo o nell'altro si sono avvicinati a questi corsi, ma tanti, troppi, sono quelli che ancora non conoscono quasi niente delle 150 ore, molti quelli che hanno una visione parziale o che nutrono ancora pregiudizi o timori ingiustificati nei confronti di questa esperienza.
Noi crediamo che, pur senza eccessivi trionfalismi, possiamo senz'altro presentare un bilancio positivo: non solo per il risvolto quantitativo, ma anche per la qualità del lavoro svolto dai corsisti e dagli insegnan ti.
Questo bollettino vuole essere un modo per allargare la conoscenza all'interno delle fabbriche di quel lavoro e nello stesso tempo per discu tere a livello di massa i limiti che sono stati presenti: solo così, non certo affidandosi solo agli specialisti, sarà possibile migliorare ulteriormente i risultati raggiunti.
Bisognerà inoltre far sì che si realizzi nei corsi del prossimo anno una maggior presenza non solo dei lavoratori dell'industria ma anche di altri strati sociali che potenzialmente hanno molto da offrire: dai dipen denti della pubblica amministrazione, ai lavoratori del commercio, alle stesse casalinghe che possono trovare in un momento di studio e di dibattito collettivo una occasione reale di superamento di una condizione di emarginazione dovuta alla disoccupazione obbligata che si maschera
dietro la definizione stessa di "casalinga".
Per questo, nelle prossime settimane, le iscrizioni ai corsi di terza media ed ai corsi di alfabetizzazione che inizieranno nel prossimo ottobre si farà non solo nelle fabbriche ma anche nei quartieri attraverso l'impegno dei comitati di quartiere e delle biblioteche decentrate che già si sono dichiarati disponibili ad un impegno attivo in questa direzione. Leggete questo bollettino, discutiamone assieme, impegnamoci ancora per la riuscita della campagna di iscrizioni per il prossimo anno; contribuia mo anche su questo terreno all'avanzata complessiva dei lavoratori: anche la conoscenza critica, la cultura acquisita ed elaborata nella scuola dei le 150 ore sono maggior potere per la classe operaia.
LE 150 ORE NEI CONTRATTI
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Bg ACC I A iJ TI 60 ORE POLI GRAFICI 400 ORE ALiHEUT(tRISTI '100/1450 oRE TESSILA 120 ORE (bi cui 40 RETRIBUITE) * OSPEDALIERI X1 50 oRE EDILI so ORE Ci-FINICI 150 ORE 44 NEL MUOVO COUTRATTO LA RICHIESTA bi 2.50 ORE GIOCATTOLI ASO oRE HETALmEccAuicl PRIVATI 250 PER L ioe.en.i&o A50 ALTRI coR51 METALNEccEmici STATALI 250 oRE L EG-WO -150 aRE ELE TTRici -150 ORE PETROLIO PRIVATI 450 oRE
l e I 5 O o r e vissute nella fabbrica
Da oggi, all'attenzione del Consiglio di Fabbrica, si pone un problema oltre a quelli contingenti e pressanti di tutti i giorni che riguardano i lavoratori, è quello della gestione dei corsi della scuola dell'obbligo. Infatti è stato ormai garantito ai lavoratori con le lotte sindacali il diritto di poter frequentare una scuola che offre alcuni strumenti di critica e di avanzamento culturale; oggi il problema non è più garantire questo diritto ma riuscire a gestirlo in modo da non correre il rischio che venga vanificato.
Proprio per questo motivo è diventato urgente instaurare tra C.di F., corsisti-lavoratori e insegnanti un dialogo sul diritto allo studio e sui risultati che la scuola dell'obbligo può dare ai lavoratori. Forse ai C. di F. non è chiara l'importanza di aprire questo dibattito, tutta l'attenzione è posta sui problemi generali e nazionali che vive il movimento operaio (crisi economica, inflazione, disoccupazione, cassa integrazione ecc.), però è diventato pressante proporre continuamente il dibattito sulla scuola alla Falck Concordia perché grossi sono gli ostacoli che impediscono ai lavoratori che vogliono andare a scuola di poterlo fare. L'ottanta per cento infatti sono pendolari e quindi hanno problemi di orario dei pulmann. Vi sono poi problemi familiari e di doppio lavoro. Questi impedimenti possono essere superati non senza difficoltà se tra i corsisti esiste quell'entusiasmo e quel rapporto costruttivo che li porta a vedere in modo prioritario i vantaggi ottenuti andando a scuo la. Il discorso a questo punto viene ribaltato e si sofferma sulla scuola in sè stessa e al modo in cui risponde alle esigenze dei lavoratori. Supponiamo che gli operai si iscrivano a questi corsi non certo per pren dere il diploma ma per imparare alcune nozioni di vita. Vogliono capire quello che li circonda, vogliono sapere, discutere, scrivere, fare i con ti, intervenire alle assemblee.
La scuola per loro deve quindi saper dare queste cose; se non ci riesce, grossa è la delusione che dà e che si ripercuote sugli altri lavoratori che vorrebbero partecipare, poiché i lavoratori vogliono una scuola nuova e non tradizionale che non parli soltanto della fabbrica dove vengono ogni giorno, ma della società e di come essa è composta, per capire in fondo gli squilibri e le sperequazioni del sistema in cui vivono.
Quindi sia il Consiglio di Fabbrica, sia la scuola devono collaborare insieme per portare avanti questa grossa conquista. Ognuno ha dei compiti diversi da svolgere che bisogna adempiere in modo serio e preoccupato per non trovarsi un domani a dover recuperare la strada perduta.
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CINISELLO:
a- esame del problema della scuola italiana dalla riforma del '62 ad oggi
- la questione meridionale, con particolare riferimento alle esperienze di emigrazione dei corsisti
- la Costituzione: esame degli articoli e valutazione delle loro appli cazioni
quadro Isterico delle sviluppo dell'industria italiana a partire dalla sua nascita
storia della rivoluzione industriale in Inghilterra e della nascita della classe operaia in Europa
b- strutture di base della lingua inglese e elementi delle culture anglo americane
o- acquisizione di strumenti di base matematico-statistici la busta paga
- esame di alcuni problemi economici in collegamento ai temi storici trattati (inflazione, deflazione, reddito, salario, prezzo, profitto, mercato del lavoro, domanda, offerta ecc.)
analisi medice-scientifiche dell'ambiente interno ed esterno alla fabbrica e delle ripercussioni dell'ambiente sull'organismo umano
- dibattito sui problemi socio-sanitari in cellaborazione con i medici dello SMÀL di Cinisello.
COLOGNO MONZESE:
a- analisi delle strutture scolastiche: la scuola come istituzione statale e in rapporto alle esigenze produttive e al mercato del lavoro analisi della situazione di lavoro- la situazione occupazionale e produttiva delle piccole aziende - le scelte economiche e politiche delle sviluppo industriale italiane dal dopoguerra ad oggi
- analisi del modo di produzione capitalistico analisi di aspetti della realtà contemporanea (inflazione, deflazione, moneta e politica monetaria, le state, il governo, la Costituzione italiana)
- analisi di un periodo storico alla luce delle categorie nterice4.ece nemiche acquisite: la ricostruzione con richiami al fasciamo e alla Resistenza
b- le quattro operazioni; rappresentazione grafica di tabelle statistiche; integrami; rappresentazione cartesiana; il concetto di funzione; i numeri naturali, razionali, e relativi
il metodo scientifico: la rivoluzione copernicana e Galileo
c- la struttura del discorso da un punto di vista logico. Rapporto lin.gua - dialetto, confronto tra i vari tipi di linguaggio: quotidiano, tecnico, colto.
Ae
SCUOLA DI VIA FRIGIA
la rivoluzione industriale vista in particolare come momento di nascita del proletariato
- chiarimento dei concetti economici incentrati (salario, merce, profitto ecc.)
- la risposta del movimento operaie allo sfruttamento capitalistico: la situazione della classe operaia in Italia dall'inizio del secolo all'attuale momento economico e politico; chiarimento dei fenomeni economici caratteristici della società capitalistica (inflazione, deflazione, recessione, crisi ecc.)
acquisizione degli strumenti di base matematici e linguistici elementi di lingua straniera (facoltativa).
SCUOLA "L.EINAUDI"
parte introduttiva allo studio della storia: t differenti modi di produzione dal comunismo primitivo al capitalismo
- analisi del modo di produzione capitalistico dalle origini alla fase attuale
- analisi delle caratteristiche fondamentali della crisi in corso gli strumenti della comunicazione: 1) analisi delle interferenze del dialetto sulla lingua; 2) produzione attiva della lingua. Letture collettive di giornali e brani di libri come strumenti di arricchimento delle capacità espressive personali e- strumenti matematici: 1) gli elementi fondamentali; concetto di numero; il sistema di numerazione a base decimale con utilizzazione di abati; le quattro operazioni e le loro proprietà; dalla numerazione romana a quella indiano-arabica; la media; l'approssimazione; le frazioni; concetto di proporzione; concetto di funzione; numeri indice. Elementi di geometria: concetto di area e di volume; calcolo dello aree dello figure principali. 2) Le studio della bustapaga.
VI SCUOLA MEDIA
la storia economica italiana dal 1945 al 1975 :
I0 periodo: 1945-50. La ricostruzione
2° periodo: 1951-1963. Lo sviluppo economico
30 periodo: 1964-1969. La crisi "congiunturale" 64-65; la ripresa econem2a;11 "autunno caldo"; ecc.
recuperi degli strumenti matematici di base
- le varie voci di calcolo relative alla busta paga: trattenute, oneri sociali, contingenza
o- recupero degli strumenti linguistici di base e delle capacità espres sive. Letture di quotidiani, periodici, libri, dispense.
- i livelli linguistici: confronto tra lingua parlata e scritta; italiane • dialetto; linguaggio colto, linguaggio popolare.
- uso del dizionario
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Alcuni esempi di lavori svolti
-- COME E STATO AFFRONTATO IL PROBLEMA in Le E bUC AZIONE LINGUISTICA
Inanzitutto abbiamo fatte due scelte: 1) compresenza tra insegnanti di lettere e di lingua per essere in grado di avviare il discorse in una maniera più articolata e approfondita; 2) partire dall'esperienza lin guistica dei corsisti e non da una lezione teorica.
Perciò in classe abbiamo incominciato col chiedere ad ogni corsista se riteneva di parlare alle stesse mode in ogni situazione, cioè usando lo stesso tipo di lingua, o se invece si accorgeva di usare lingue e espressioni linguistiche diverse a seconda delle situazioni. Abbiamo catalogato le risposte alla lavagna in una tabella di queste tipo:
- --
Quindi abbiamo chieste a questo o quel corsista: perché questi cambi di lingua?
Per quante riguarda casi) la risposta è
l'uso dell'italiano • del dialetto (a seconda dei stata: per esigenze di comunicazione.
Per quanto riguarda l'uso del dialetto le risposte seno state: quando c'è maggiore familiarità; perchè se, tornando al paese, si prova a parlare italiano, si viene immediatamente attaccati con un ironico " ecco, è tornate il signore"; per esprimere meglio certe sfumature (intonazioni, battute, commenti,....).
Da queste risposte abbiamo osservato:
che la funzione centrale della lingua è quella della comunica— zione e che a questo riguardo l'italiano copre un campo più am pio dei vari dialetti
che li dialetto è inteso come segno di' riconoscimento cultura— le di una determinata comunità
che, all'interno di quella comunità, l'italiano è inteso come segno di distinzione di classe (notaio, medico ecc. parla— no italiano o ci provano)
che il dialetto, grazie alla maggiore padronanza che spesso so ne ha rispetto all'italiano, possiede una maggiore espressività e vivacità.
Abbiamo poi chiesto ai corsisti se avessero mai provato vergogna, pau ra o soggezione nell'esprimersi in dialetto. C'è stata da prima una certa riluttanza a pronunciarsi su questo punto, ma poi, sbloccatosi il primo, sono stati in molti a rispondere di sì, a raccontare episo— di, con particolari riferimenti alle assemblee di fabbrica.
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Abbiamo allora invitato i corsisti a cercare le cause di questo senso di vergogna nel parlare in dialetto in certe situazioni. Le risposte so no state: chi parla dialetto viene deriso, per certe espressioni o "errori"; i vari dialetti vengono associati a certe "idee" (dialetto siciliano = gelosia, mafia; dialetto napoletano = truffa, ....);i "signori" parlano italiano.
Abbiamo osservato: che la questione principale sta nella divisione in classi della nostra società e nell'uso che la borghesia ha fatto, più o meno coscientemente, dello strumento linguistico per ribadire la propria posizione di superiorità che i vari dialetti vengono associati a tipologie a carattere per lo più denigratorio, che, cogliendo alcuni aspetti "reali" ma accentuandoli in modo unilaterale e parziale, deformano la realtà e finiscono col diventare stereotipi diffamatori che, in conclusione, il:criterio che conviene seguire nella scel ta tra italiano e dialetti è quello del grado di funzionalità per le esigenze di comunicazione (e a tale riguardo l'italiano presenta evidenti vantaggi); e che è bene criticare ogni altro tipo di discriminazione verso i dialetti.
UN ARErOHENTO SCIENTIFICO APPRONTATO : IL PROIILENA BELLA NOC1VITA'
L'esperienza storica dimostra che nella società capitalistica l'ambiente di lavoro è stato causa di malaStie, infermità e spesso morte per un nu mero incalcolabile di lavoratori. Molto spesso accade però che da parte dei lavoratori non ci sia una chiara coscienza di questo fatto o per lo meno non si abbiano gli elementi per valutarne l'effettiva portata. In questi ultimi anni si è fatto strada il principio del controllo e del la gestione operaia nella globalità dell'intervento che ha spinto la classe operaia ad una effettiva presa di coscienza della dimensione gene rale dei problemi della fabbrica e quindi della necessità della lotta per un radicale cambiamento dei rapporti di potere in fabbrica e nella società.
In questo quadro generale risulta chiaro che problemi fino a poco tempo fa ritenuti marginali, quali quello della salute in fabbrica, acquistano una maggiore importanza.
Il lavoro svolto sulla nocivi."11wrtato avanti nel modulo si è svolto in diverse fasi: un primo momento ha riguardato una raccolta di dati sui fattori di nocività presenti nei diversi posti di lavoro rappresentati e di cui i lavoratori avevano già consapevolezza. Questo giro ed analisi delle varie situazioni ha costituito un primo momento di riflessione che, nel confronto di esperienze diverse, ha messo in luce alcuni aspet ti del problema su cui i lavoratori non si erano soffermati.
In un secondo tempo i fattori di nocività emersi sono stati suddivisi
in vari gruppi, con l'aggiunta dei fattori che non erano fin'ora stati presi in considerazione o perchè non erano presenti nelle fabbriche della zona o perchè non erano recepiti come nocivi.
In questa suddivisione sono emersi riferimenti all'anatomia ed alla fisiologia del corpo umano ed alla patologia delle malattie professio— nali considerate.
L'argomento ha posto anche in luce molti problemi riguardanti la gesti one della salute più in generale, quali il rapporto tra medico e pazie nte, la struttura assistenziale vigente, l'industria farmaceutica e i medicinali, l'inquinamento, tutti problemi che non si sono approfonditi per mancanza di tempo ma che si è arrivati a far rientrare nell'ambito più generale del rapporto tra uomo e ambiente mediato attraverso la scienza.
Sucessivamente si è passati alla lettura e discussione del recente ac— cordo F.L.M. nella parte riguardante l'ambiente di lavoro, analizzando la differenza tra una posizione di delega del problema agli "addetti ai lavori" e una posizione di partecipazione attiva, il significato e le possibilità aperte dall'introduzione di strumenti d'indagine quali il libretto di rischio e quello sanitario, il registro dei dati ambienta— li, quello bio—statistico, ecc.
Abbiamo anche preso in considerazione gli organismi che dobrebbero oc— cuparsi della salute in fabbrica sia per quanto riguarda la prevenzione sia per l'intervento sucessivo di monetizzazione in caso di infortunio e malattia professionale e ne abbiamo evidenziato l'inefficienza e il funzionamento volto non di certo al servizio dei lavoratori, osservan— do i dati statistici degli ultimi vent'anni per quanho riguarda appunto infortuni e malattie professionali.
Negli ultimi anni si sono avute esperienze alternative di gestione del— la salute in fabbrica, alcune delle quali sono andate al di là dell'a— spetto puramente rivendicativo, giungendo a contestare l'organizzazio— ne capitalistica del lavoro.
Per dare maggior concretezza al lavoro fatto sulla nocività e per cupe rare i limiti che il movimento ha incontrato su questo tema (che con— sistono nel fatto che le lotte sui problemi della salute sono rimaste circoscritte -11e categorie industriali più avanzate, senza trovare una generalizzazione, nell'errata gestione talvolta fatta degli accordi con quietati e nella mancata socializzazione ed estenzione della lotta fuo— ri dalla fabbrica per rivolgersi ad un tessuto sociale più ampio), stia mo ora analizzando, tramite un contatto diretto con chi queste esperien ze le ha vissute in prima persona, alcune di queste esperienze (Monte— dison e Breda) che.attraverso tentativi volti in direzioni diverse, han no portato a maturare nuove scelte e nuove iniziative.
- LA STORIA bEGLI ULTIMI 30 ANNI PAATENtIO DALLA CRISI
Nel nostro corso il lavoro di storia è cominciato partendo dalla situazio ne in cui ci troviamo oggi, cioè dalla crisi. Anzitutto ci siamo detti: perchè diciamo che c'è la crisi? quali sono i fatti, i Fenomeni che vediamo intorno che ci fanno dire che c'è la crisi?
Ognuno ha detto il suo parere e abbiamo scritto alla lavagna un elenco di fenomeni che dimostravano l'esistenza della crisi. Ecco l'elenco:
Aumento della disoccupazione
Aumento dei prezzi
Deficit finanziario dello stato e degli enti pubblici
Diminuzione delle esportazioni
Spreco e congelamento della spesa pubblica
Calo della produzione
Aumento del prezzo delle materie prime
Svalutazione della lira
Cattivo funzionamento dell'agricoltura
Instabilità del governo
Incapacità del governo a fronteggiare la situazione
Calo dei consumi
Fuga dei capitali all'estero
Ritiro dei capitali esteri
Chiusura delle fabbriche
Cassa integrazione
Già mentre scrivevamo questo elenco abbiamo fatto delle correzioni. Ad esempio al punto n° 1) avevamo scritto in un primo tempo "disoccupazione ", ma poiché in Italia la disoccupazione c'è sempre stata, era dal suo aumento che si poteva capire che la crisi.
Poi abbiamo fatto una verifica dell'elenco, per vedere se per caso non a vevamo messo dentro qualche causa della crisi mentre dovevano esserci so lo gli effetti.
Per capire meglio la differenza tra cause ed effetti ci siamo serviti del linguaggio medico, dove è chiara la distinzione tra sintomi (es.mal di testa, nausea) e causa, cioè diagnosi (es.indigestione) di una malattia. Per il momento noi dovevamo limitarci ad elencare i sintomi della crisi e nella classe si è trovato l'accordo sul fatto che si potevano co nsiderare senz'altro sintomi i punti n°1-6-8-15-16 dell'elenco.
Altri fenomeni abbiamo visto invece che li si poteva considerare sia sin tomi che cause della crisi: ad es. il "calo dei consumi" (n° 12) è causa del calo della produzione, quindi dell'aumento della Cassa Integrazione, dell'aumento della disoccupazione, ecc., ma al tempo stesso è un sintomo di una situazione di crisi, poichè dietro il calo dei consumi stanno altre cause, come l'aumento dei prezzi, la diminuzione dei redditi e lo stesso calo della produzione (ad es. il calo del consumo di vestiti causa il calo della produzione di vestiti, ma queste causa a sua volta il calo del consumo -e quindi della produzione- di tessuti, filati, macchi-
io
nf. cucitrici, e così via.
Questo ragionamento ci fa capire che l'uso del linguaggio medico va bene solo Fino a un certo punto: in un sistema economico moderno, infatti, tu tti i Fenomeni sono strettamente collegati in un rapporto di causa-effet to reciproco (interazione). Ciò non significa però che, rispetto al pro= 2ema che stiamo esaminando -la crisi-, siamo tutti causa ed effetto allo stesso grado: alcuni sono prevalentemente effetti (e sono quelli che abbiamo definiti sintomi: i punti n° 1-8-6-15-16), altri sono prevalente mente cause (e vanno perciò eliminati dall'elenco), altri ancora sono al tempo stesso cause ed effetti della crisi e fra questi, oltre al calo dei consumi, abbiamo messo i punti n° 3-10-13-14.
I punti rimasti esclusi sono eventualmente cause della crisi, diciamo eventualmente perchò bisognerà andare a vedere in seguito se lo sono davvero.
Interessanti sono anche gli elementi venuti fuori dalla discussione sui punti n° 10 (instabilità del governo) e n°11 (incapacità del governo a c'ronteggiare la situazione): si è cioè chiarita la differenza che c'è rra una constatazione (l'instabilità del governo) e un giudizio (l'incapacità del governo a fronteggiare la situazione).
Come 2onseguenza di questo chirimento abbiamo visto che tra i sintomi di un fenomeno (in questo caso la crisi) possiamo includere solo ciò che può essere constatato da chiunque, anche da persone con opinioni diverse. mentre vanno esclusi i giudizi.
Alla fine di questa discussione abbiamo così potuto riscrivere correttamente l'elenco dei sintomi della crisi, ossia la sintomatologia della crisi.
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LE 1 50 ORE TROC c ANO
COME S I LAVORA
nelle 150 ore
Nei corsi usiamo generalmente due metodi di lavoro. Uno consiste nella lettura di libri, ciclostilati, giornali ecc. A turno un corsista legge poi, dopo che si è compreso il significato di tutte le parole conosciute incontrate nella lettura, prova a esprimere con parole sue il significato di ciò che ha letto aiutato, se ce n'è bisogno, dagli altri corsisti dagli insegnanti. Alla fine della lettura di un argomento si discute in sceme, ci si chiarisce le idee e poi si riassumono alla lavagna, e ognuno sul proprio quaderno, le cose che si sono imparate.
Altre volte, invece, ognuno scrive individualmente una relazione. Queste relazioni vengono poi corrette dall'insegnante insieme al corsista che la ha scritta oppure sono trascritte alla lavagna e corrette da tutti i corsisti e dall'insegnate.
L'altro metodo che usiamo nei corsi consiste nel lavoro di gruppo. In questo caso la classe è divisa in gruppi di quattro o cinque persone. Ogni gruppo ha a disposizione libri, giornali, ecc.; si legge insieme, si discute e poi si fa una relazione scritta su quanto si è appreso. I gruppi lavorano su argomenti diversi l'uno dall'altro e poi relazionano alla classe tl risultato del loro lavoro, rispondendo alle eventuali domande dei corsisti.
*Secondo me i metodi di insegnamento al tempo in cui io andavo a scuola e che mi sono rimasti impressi si basavano su date storiche, fatterelli, nomi ecc. Per cui tirate le somme mi ritrovo al giorno d'oggi con niente di concreto".
"Per me la storia che ho studiato nelle scuole elementari, non mi è servi ta a niente è forse per questo che non me la ricordo più, non mi è servi ta perchè mi ha aiutato poco per la vita, anche se è stato bello sapere quello che è successo in quell'epoca, le guerre romane, le guerre di Indipendenza, sono cose astratte e troppo lontane".
"Io ritengo che la scuola delle 150 ore sia validissima nel mio caso da quando vengo a questo corso mi sento più a mio agio nei rapporti con gli altri. Lo stare assieme ai compagni mi ha fatto uscire dal mio guscio".
"Il lavoro di gruppo è molto costruttivo perchè ti abitua a parlare con gli altri perchè in ogni gruppo ci sono compagni che hanno idee diverse ed esperienze diverese".
"Sto frequentando il corso delle 150 ore e debbo dire con mia soddisfazione che questo mi ha dato modo di essere più sicura di me stessa soprattutto nell'esprimersi anche in fabbrica".
PERCHÉ Dictamo SCUOLA NUOVA
Questo bollettino si propone un bilancio critico dell'esperienza Fin qui condotta. Sei uria contrauuizione visto cne questo bollettino serve per puublicizzare i corsi delle 150 ore. ria noi creuiamo cne é giu sto uare spazio alle critiche perché vogliamo davvero una scuola nuova, e ci renuiamo conto cne icori é semplice costruire un'alternativa. Per costruirla abbiamo bisogno cella partecipazione ui tutti soprattutto uelle critiche perché alla critica noi assegnarne un compito importante, questo é uno deglielementi cne ci differenzia dalla scuola tradizionale. Cosa v uol aire scuola nuova? Vuoi uire una scuola dove s'impara a capire ragio nanao, dove non si studia a memoria, una scuola che creue che tutti poss sano e debbano stuaiare. una scuola cne si DaSa sulla responsabilità e n on sulla uisciplina, dove ogni cosa Cile viene netta ueve essere argoment ata in modo che tutti possano controllare e verificare quello che viene eietto. una scuola che incoraggia alla critica, non trasmetta una serie ui nozioni come se fossero uogmi di rene, che insegni a disc2utefe. Quest o vuol uire un rapporto uiverso con gli insegnanti, un modoierl'insegnarep perché noi crediamo che la cultura é essere messi in grado di capire e s cegliere;percné non esiste un sapere fine a se stesso. Percné molti di quelli che tornano a scuola nanne dimenticato tutto' Questa domanda dovr ebbe íar riflettere perché quello che si e imparato a scuola non e entra to a far parte della vita del lavoratore ma è rimasto Cuori come una cos a inutile, un "lusso" in più cne però non serve a niente. Si muovono mol te accuse alle 150 ore: si dice cne non si studia abbastanza che s'impar a poco e si parla multo, che non ci sono programmi, ma non ci si può nas condere che se si vuole creare una scuola nuova, più aderente agli inter essi dei partecipanti, cne cerchi ui non selezionare, si corrono uei rischi. bntrare a scuola non vuol dire entrare in un luogo "neutrale", non può voler uire tagliare i ponti con la propria esperienza, v.ol uire invece confrontare le proprie esperienze con quelle uegli altri e capire perché sono avvenute certe cose e usci-e continuando a chiedersi il percné. :oi vogliamo cne la scuola aiuti a rendere protagonisti gli uomini della loro vita. Perché questo avvenga occorre far nascere un nuovo tipo ai atteggiamenLo verso la cultura, ocdòrre dare alla scuola un ruolo di stimolo che eserciti alla critica e non all'accettazione passiva dei yiu dizi perché qualcundTha detto ma permetta ai difendere le proprie idee perché queste idee si sono formate con il ragionamento attraverso una scelta. Occorre creare intorno a questi problemi un dibattito che investa tutte le scelte culturali che la scuola ha fatto lino aueSS0, perché é anche attraverso queste scelte che si selezionano gli uomini che debbo no pensare e quelli cne debbono solo credere. ion é semplice ma noi acce ttiamo la sfida. vogliamo creare una cultura viva operante perché co noscere il mondo vuol dire capire in ultima istanza come si fa a cambiar lo. Per rendere più chiaro quanto abbiamo aftermato facciamo un esempio tratto da un libro di testo in uso nella scuola media cne parla ai cne cos'é lo Stato. Il testo é di Consonni-Idcolini, "L'uomo e la sua storia" vol. III° edizione S.E.I. la
LO STATO CONFRONTATO CON LE ALTRE SOCIETA'
Poichè lo Stato è una delle società nelle quali vive l'uomo,i caratteri specifici dello Stato saranno più facilmente compresi se confronteremo appunto lo Stato con le altre società, mettendo in rilievo i caratteri speciali dell'uno e delle altre.
Lo Stato è originario, ha cioè origine da sè, senoa che nessuno lo crei (come avviene ad es. per una società commerciale).
Lo State è indipendente, cioè non ha enti ad esso superiori, come hanno
tutti gli altri enti e le società private. Lo Stato è sovrano, cioè superiore a tutti, a tutti esso si impone con ti
un supremo potere di, comando
Analizziamo voce per voce: intanto già il titolo crea confusione,lo Stato non è una delle società, ma è l'organo che la società si dà per governar— si: Di conseguenza, non è vero che ha origine da sè, ma corrisponde al ti po di organizzazione sociale esistente perciò è un organismo storico che cambia. Lo Stato di cui parla il libro non è lo Stato con la S maiuscola che da sempre esiste sulla terra, ad es. Lo Stato del 1500-era tutto di— verso da quello attuale: Intanto generalmente si trattava di monarchie e non di repubbliche, in secondo luogo il re giustificava il suo potere non perchè tale fosse la volontà della popolazione ma perchè si dichiarava so vrano in nome di Dio. Il popolo era privo di qualunque potere reale,dove: va obbedire ai potenti, che erano tali per diritto di nascita e possedeva no le terre e le ricchezze, mentre il popolo era formato dai servi della gleba cioè i contadini, che appartenevano al feudatario della nascita al— la morte e per generazioni, lo Stato quindi non faceva che riflettere que sto ordinamento che la società aveva. Lo Stato diventa, invece, grosso mo do quello che conosciamo noi solamene alla fine del secolo XVIII (1700); dopo che per secoli nella società si era sviluppata una lotta durissima fra feudatari e borghesi (mercanti e commercianti) che avevano bisogno per accrescere le loro ricchezze di una società che funzionasse in modo diverso da quella feudale. Intanto avevano bisogno che i contadini non fossero più legati alla terra ma potessero andare in città a lavorare nelle fabbriche, in secondo luogo per vendere i loro prodotti avevano bi— sogno di uno Stato unico. Questi interessi contrastanti fra due classi so corali diverse si riflettavano in idee politiche diverse, i feudatari che continuavano a volere uno Stato in cui il potere fosse in mano a poche persone per diritto di eredità che era come dire per volontà divina e i borghesi, che per vincere su di loro dovevano sostenere che tutti sono liberi ed uguali di fronte a Dio, e che ciascuno ha il diritto di essere quello che riesce a conquistarsi con le proprie capacità. La concezione borghese portò alla creazione dello Stato attuale, in cui il potere di governare la società non deriva da Dio ma dagli uomini, cioè dal popolo che elegge poi i suoi rappresentanti in parlamento. Quindi il fatto che fossero gli industriali ed i banchieri a prendere il potere fece sì che
lioranizzaziene statale cambiasse radicalmente e il cambiamento consistette sopratutto in : 1) - Ritenere che il potere statale derivi dal popolo nel suo insieme e non dalla divinità; 2) - la concezione che tutti gli uomini erano sovrani perchè tutti erano uguali di fronte alla legge senza distinzioni di razza, di sesso, di religione, e a qualunque ceto sociale appartenessero; 3) - al posto della volontà personale del re come fonte di comando si considerava la legge quale',espressione della volontà generale cioè dell'insieme del popolo.
Questi brevi accenni incompleti servono a far rilevare la impostazione che di questo complesso problema dà il libro; impostazione che induce il lettore a pensare che : 1) - tutto è sempre stato così e sempre sarà;
- che ad es. se lo Stato è "originario" cioè ha origine da sè, è una entità al di sopra di noi che non può essere messa in discussione;
- che la sovranità dello Stato è indiscutibile al di là del fatto che la sua sovranità è differente se trova la sw giustificazione nella volontà di Dio e nella volontà del popolo; 4) «riicréAlorme di governo che lo Stato si dà sono frutto di una situazione storica e come tale possono esserne ricercate le cause;
Ad esempio lo Stato italiano attuale è'il risultate di un accordo raggiunto con la votazione del 2 giugno 1946 dopo anni di lotta contro il fascismo e i tedeschi alla fitte della seconda guerra mondiale ed è differente dallo Stato italiano durante il periodo fascista. Quali sono queste differenze, da quali cause derivano, quali conseguenze portano sono affermazioni' che possono essere controllate che spingono a porsi delle domande a trovare delle risposte. In molti libri di testo invece raramente si cerca di rendere problematici gli avvenimenti, i fatti, più spesso ci si limita ad una serie di affermazioni che debbono essere ripetute in modo meccanico.
I bambini in questo modo saranno poco stimolati ad impadronirsi degli strymenti necessari ad interpretare la realtà, ma si abitueranno a ripetere definizioni, presto dimenticate, perchè per sapere occorre capire, occorre porsi delle domande affinchè le cose che si imparano orientino veramente verso delle scelte e dei giudizi autonomi.
QUESTA STORIA DELLE I ORE NON RIESCO PROPRIO A MANDARLA GIO!
MA CHE BISOGNO CP DI MANDARE A SCUOLA GLI OPERAI ?
DOPO'MIO QUELLO CH FACCIAMO PER BOCCIARE I LORO FlaLlUI
SCUOLA E POLITICA
Una delle polemiche più frequebti nei corsi delle 150 ore, è certamente quella sul tema della politica nella scuola, polemica in cui convergono, tutti gli elementi del dibattito più generale sulla scuola dei lavorato ri.
Molti giudicano eccessivo lo spazio dedicato alla "politica" rispetto quello dedicato all'insegnamento dell'uso corretto della lingua italian a e soprattutto della matematica, trasformando così la politica in uri specie di disciplina a sè.
A questa critica gli accusati rispondono, giustamente, che non è soltar to con il far di conto che si esce dall'emarginazione culturale e si rT vendica perciò per questa scuola un ruolo prevalentemente di formazione socio-politica, perchè i lavoratori prendano coscienza delle ragioni de lla loro emarginazione ed imparino a combatterla con la partecipazione attiva, prima nella scuola e poi nella società.
Per questo si rifiuta categoricamente un tecnicismo fine a se stesso,un sapere astratto non collegato steettamente alla realtà dei lavoratori, limitando, meno giustamente, l'insegnamento di alcune materie a quegli elementi che "si" ritengono indispensabili per i problemi che si presen tano al corsista nella sua quotidianità.
Questa contrapposizione però fra tecnica e politica è, indipendentemen te da quale dei due termini si intenda sostenere, una precisa eredità d ella scuola tradizionale dove il termine "politico" ha sempre un carata erenegativo e contrapposto ad una conoscenza obiettiva e asettica al i sopra del mondo.
Rifiutare quindi non solo i contenuti e le finalità, ma anche il valore di alcuni elementi di base trasmessi dall'insegnamento tradizionale, so spettati anch'essi di essere strumenti della borghesia e finendo così pe r essere alternativi non soltanto al nozionismo, ma alle nozioni stesse. Mr equivale ad una riproposizione del concetto che vuolVla‘esperienza sci entifica dalla dinamica della storia e dal carattere delle classiche 1' hanno determinata. Si finisce così per contrapporre al nozionismo un em ,pirismo di segno opposto che non ne rappresenta purtroppo il superamento.
Contro tale tipo di falsa alternative è rivolta la critica di molti 13 voratori le cui richieste vengono spesso frettolosamente liquidate com(7, domanda di scuola tradizionale.
Quando infatti alcuni corsisti si lamentano per la troppa "politica': se nza cercare di capire cosa sta dietro questo termine, a cosa veramente si riferisce, si risponde con il solito sillogismo che dimostra l'inevi tabilità del fare politica in questa scuola visto che è frutto di una lo tta operaia.
Dire-questo spesso non serve perchè quei lavoratori non mettono in dubbio il valore dell'analisi politica della propria condizione, chiedono solamente un maggior equilibrio fra contenuti e strumenti di base nell' insegnamento di questa scuola. Se poi queste richieste a volte sono indicative del permanere tra i lavoratori di un concetto di scuola tradizionale, è pur vero che una netta opposizione, tutto sommato nella stes
sa ettia, ron aiuta a sconfiggere questa idea ma anzi ne consolida il ''ronte, acutizzando la polemica e provocando spaccature tra i corsisti.
La selezione che di fatto si realizza in alcuni moduli attraverso gli abbandoni da imputare spesso all'incapacità di mediare tra i diversi live lli dei corsisti, impedendo un progresivo coinvolgimento dei lavoratori che si trovano subito di Fronte ad un aut-aut.
L'impatto con un insegnamento spesso radicalmente diverso dalle aspettati ve, viene vissuto da molti corsisti in modo traumatico producendo reazioni altrettando radicali.
La mancanza di una effettiva programmazione didattica e la pretesa demago cica di costruire su due piedi un programma di studio con la collaborazio ne dei corsisti, conferma in alcuni di loro l'idea della scuola 150 ore cc: ome corso di formazione sindacale spingendoli ad assurdi confronti con la scuola del mattino vista come mitica fucina d'ingegni.
Il metodo insomma adottato in alcuni dei corsi delle 150 ore, sia nella scelta dei temi su cui basare la didattica sia nel rapporto insegnate-cor sista, risente ancora di visioni demagogiche della classe operaia e dei suoi bisogni, è legato a concetti schematici e meccanici che impediscono una mediazione capace di conquistare ai contenuti di questa scuola tutti i corsisti provocando anzi l'abbandono da parte di quei lavoratori che più necessitano di essere sindacalizzati.
Questi sono gli elementi che il dibattito iniziato negli incontri organizzati dalla Segreteria della commissione di zona con corsisti e insegnanti, ha messo chiaramente in luce.
Obiettivo dei prossimi incontri tra Segreteria e corsi che si terranno ne lle prossime settimane, dovrà essere l'impegno comune per la soluzione pU sitiva di questi problemi e dovrà investire non solo i componenti la Segre teria ma anche tutti quei delegati che hanno contribuito in maniera deter minante al lavoro della commissione di zona e a cui si richiede di partecipare a questi momenti, convinti della necessità del loro contributo per la ricerca di una sintesi positiva del dibattito compreniva di tutte le indicazioni valide senza schemi preconcetti
is
ALFABETIZZAZIONE •
Esiste l'analfabetismo?
Provate a dire ad una persona che in. Italia ci sono circa 7 milioni di analfabeti e vedrete due occhi stupiti puntarsi contro di voi come se aveste detto una cosa incredibile. Quanti sono gli analfabeti in Italia? Tra analfabeti totali e di ritorno si può calcolare che vi siano 7 milioni di analfabeti, iittLombardia circa 900 mila e a Sesto più di 7 mila. Altro che scuola per tutti, altro che "si studia troppo". Di fronte a questa situazione molto grave, in Lombardia vi sono solo 45 corsi di alfabetizzazione e tutti in Milano e provincia, per un totale di cir ca 400 lavoratori: 900.000 analfabeti di cui 400 lavoratori solo che var no a scuola.
Alcuni problemi dell'analfabetismo.
L'analfabetismo é composto da due elementi: 1) analfabetismo totale (coloro che non hanno mai saputo leggere e scrivere); 2) analfabetismo di ritorno, cioé coloro che hanno perduto la capacità di leggere e di sc rivere. Questo fenomeno deriva dalla emarginazione culturale dei lavoratori all'interno della società, la quale é determinata dallo stesso sviluppo capitalistico. Questo significa che il problema dell'analfabetismo se non viene affrontato in modo complessivo e radicale tenderà continuamente ad aumentare. I problemi da affrontare non sono pochi, é necessari.' un grande lavoro di convincimento dei lavoratori analfabeti, spesso chi é analfabeta tende a nascondere la propria condizione e chiudersi in se stesso non coinvolgendo criticamente la società e la scuola che lo hanno emarginato. Che il problema abbia una grande estensione lo testimonia an che l'esperienza vissuta dagli insegnanti delle 150 ore dell'obbligo che hanno "scoperto" il fenomeno nei loro corsi. I problemi che pone un corso di alfabetizzazione non sono pochi, se qualcuno pensa che il problema sia solo quello dell'apprendimento dell'alfabeto si sbaglia di grosso, l'analfabeta proprio per il non uso costante del leggere e dello scrivere si trova ad avere una serie di meccanismi logici diversi da quelli tradizionali. Proprio per queste caratteristiche l'alfabetizzazione deve avere un proprio spazio autonomo nelle 150 ore. Il pericolo di fare una scuola "ghetto" in realtà esiste, l'unico modo per non cadere in una simile trappola é inserire organicamente l'alfabetizzazione nelle 150 ore sia nella struttura organizzativa sia nei contenuti. L'emarginazione cul turale dei lavoratori e di ampi strati della popolazione va combattuta con l'uso permanente della scuola (le 150 ore), ma occorre anche che le 150 ore siano aperte a tutti (casalinghe, disoccupati, pensionati,...), ma ciò non é ancora sufficiente. E' necesario che la popolazione abbia la possibilità di partecipare ad una attività culturale nel luogo in cui vive, e questo lo può fare solo l'Ente Locale.
L'alfabetizzazione che tipo di scuola é?
Vediamo concretamente cosa si fa in questa scuola.
Programma di un corso di Sesto: - Storie personali (2 mesi)
- Vita di G. Di Vittorio ( 1 mese)
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- Fascismo (1 mese)
- Resistenza e Repubblica (1 mese)
Siamo partiti dal racconto che ogni lavoratore ha fatto della propria esp erienza di vita e di lavoro.
Secondo i vari livelli di analfabetismo si sono fatti vari esercizi tratti dai racconti dei corsisti.
4. Scuola e politica nell'alfabetizzazione.
Anche nell'alfabetizzazione si pone il problema di legare l'appre ndimento degli strumenti di base (in questo caso é il leggere e lo scrivere) con tutto ciò che viene definito "cultura". Anzi, nell'alfabetizzazione questo problema é molto più difficile da affrontare a causa della divaricazione enorme tra parte propedeutica dell'apprendimento e la parte cosidetta culturale. Vi sono vari modi di intendere la scuola delle 150 ore, sia da parte sindacale, sia da parte degli insegnanti, sia da parte dei lavoratori che frequentano i corsi. Nella scuola si deve Fare politica o no? Ecco una domanda che molti si pongono e in termini differenti anche i lavoratori dell'alfabetizzazione. Quale risposta dare? Gli errori che abbiamo di fronte sono diversi e tutti pericolosi e si possono riassumere in: 1) concepire le 150 ore come scuola che fa politica questa intesa però come politica "della classe operaia per la classe operaia" concependo così le 150 ore come scuola alternativa. Alternativa a che cosa? ci si deve chiedere innanzi tutto. Il pericolo maggiore di questa concezione non sta solo nel provocare un rifiuto di questa scuola da parte di alcuni lavoratori ( i motivi possono essere vari e qualche volta frutto di una concezione borghese della scuola e della "politica"), ma soprattutto quello che é più pericoloso é l'isola mento in cui verrebbe a porsi la classe operaia rispetto gli altri strati sociali e l'isolamento in cui verrebbero a trovarsi le 150 ore rispetto la scuola diurna; 2) concepire le 150 ore come scuola che NON deve fare politica. Occorre rovesciare con forza questa strana concezione della "politica". La borghesia nascondendosi dietro la apoliticità della cultura e della scuola ha fatto passare di fatto nella scuola per anni e anni dei contenuti culturali reazionari e completamente staccati dai problemi della nostra società. E dobbiamo dire con chiarezza che molti lavoratori per motivi vari hanno tuttora questa concezione della scuola e della politica. Formu" e definizioni belle e pronte che possano indicarci la soluzione corretta non ce ne sono, ma c'é l'esperienza di questi tre anni. I risultati migliori si sono ottenuti laddove i programmi tenendo conto _d ei contenuti del mondo del lavoro e del movimento operaio hanno però sar; 12 to articolare un lavoro didattico e un discorso che andasse ben al di là delle semplici conoscenze del mondo attuale.
UNIVERSITÀ •
Anche quest'ànno sono iniziati i corsi monografici universitari organizzati dalla F.L.M. in collaborazione con i docenti universitari, nell'ambito della gestione delle 150 ore.
La scelta del Sindacato in ordine alle tematiche dei corsi, si è accentrata sui seguenti corsi:
- Diritto del lavoro
Forze armate e movimento operaio
- Padronato pubblico e privato Comunicazioni di massa
- Servizi assistenziali a Milano
- Storia contemporanea
- La condizione femminile
Elementi di economia
- La questione cattolica nel pensiero marxista
I corsi hanno la durata di circa 80/100 ore complessivamente, articolate in una mezza giornata durante l'orario di lavoro e con recupero al sa bato mattina.
La partecipazione aicorsi, da parte dei lavoratori della zona di Sesto è stata, quest'anno come gli anni scorsi, numerosa: circa 200 iscritti. La stragrande maggioranza degli iscritti, proviene dalle grandi fat,triche quali la Breda Siderurgica e Temo, l'Ercole e la Magneti Marelli; dalle medie e piccole fabbriche si sono iscritti circa 10 lavoratori. Nel fare, a tre anni dall'inizio dell'esperienza, una valutazione criti ca dell'andamento dei corsi, non si può non rilevare inanzitutto come, dai dati riguardanti le iscrizioni, emerga l'assenza dei lavoratori dei le Leghe. E' Una constatazione che ci porta a riconsiderare criticamente il ruolo che ha avuto ed ha il Sindacato nella gestione dei corsi universitari. Inanzitutto ci sembra sia mancato un preciso impegno da pa rte dei delegati delle commissioni di zona al momento della pubblicizza zione dei corsi e della raccolta delle iscrizioni. E' un limite che non è solo organizzativo, ma che rivela il fatto come, rispetto ai corsi universitari e a differenza di quelli per il recupero della scuola dell' obbligo, oltre ad una prima fase di contrattazione con i docenti per la definizione dei corsi, sia stata carente, da parte delle strutture sindacali sia a livello provinciale che di zona, tutta la fase di elaborazione, di controllo e di gestione dei corsi. E' importante infatti che oggi, i delegati affrontino in modo organico e continuativo il rapporto con i corsi, discutendo con i lavoratori, a livello di commissione di zona e provinciali, quale sia la domanda di cultura che viene dalle fab briche, i contenuti dei corsi, il metodo di lavoro, il rapporto tra lavoratori e studenti all'interno delle università, le nuove prospettive che può offrire un diverso utilizzo dei corsi e delle strutture univer* isitarie. 20
come vengono affrontati alcuni problemi nelle 150 ore
L'esistenza nella zona sindacale di Sesto San Giovanni di 12 moduli 1 corso regionale e 4 corsi di alfabetizzazione ha provocato dei problemi di gestione dell'esperienza abbastanza complessi a cui si é cercato di dare una risposta con l'istituzione di una commissione di zona per le 150 ore formata da delegati dei Consigli di fabbrica e dagli insegnanti impegnati nei corsi.
La commissione si é riunita con frequenza quindicinale, affrontando di volta in volta i problemi emergenti dai corsi o dalla gestione complessiva.
I temi discussi, dalla scelta delle sedi e le iscrizioni al progetto di legge Malfatti sulle 150 ore, dall'alfabetizzazione ai programmi dei cor si, se hanno registrato una notevole attenzione e partecipazione hanno tuttavia messo in luce una carenza rispetto alla conoscenza reale dello andamento dei corsi da parte dei delegati, accanto ad una richiesta di più stretto contatto tra sindacato e corsi. Da questa constatazione, e per dare modo ai delegati dei Cdf di rendersi conto direttamente dei problemi esistenti, é scaturita, nel mese di marzo, la proposta, da parte della segreteria della commissione, di una serie di incontri periodici con i delegati di classe delle varie scuole, aperti agli insegnanti, corsisti ed ex-corsisti, per una verifica rispetto alle problematiche emerse ed alla possibilità di modificare alcuni limiti messi in luce. Si é arrivati così, alla fine di marzo, agli incontri nelle scuole con un or dine del giorno che prevedeva una verifica sull'andamento generale dei corsi.
Un bilancio conclusivo dell'esperienza ha permesso di individuare 3 ordi. ni di problemi particolarmente sentiti dai lavoratori: 1) rapporto sinda cato-corsi; 2) rapporto corsisti-scuola; 3) i programmi e le materie.
In merito ai rapporti con il sindacato é stata vista come positiva da parte dei lavoratori l'iniziativa degli incontri fra la segreteria della commissione di zona ed i consigli dei delegati di classe che, a detta di molti, avreoc: dovuto essere presa già all'inizio dei corsi. Da parte di molti lavoratori si é poi imputato ad un insufficiente impegno sindacale all'atto delle iscrizioni, il fatto che i lavoratori arrivino a scuola se nza una immagine precisa delle 150 ore, con aspettative confuse e conti"; dditorie che determinano atteggiamenti di scontento. Questa mancanza di chiarezza sul modello didattico-culturale che nei corsi si cerca di impostare viene vista dai lavoratori come una delle motivazioni principali per cui alcuni di loro abbandonano la scuola dopo i primi giorni.
Un secondo ordine di problemi, per cui é richiesta una maggiore attenzio ne da parte sindacale, riguarda le difficoltà di ogni tipo che le direzioni ed i capi reparto frappongono all'uscita dei lavoratori dai luoghi di lavoro (orario, cambiamento dei turni). Questo problema é senti-
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to in modo particolare dai lavoratori dell'ospedale e da quelli dei tur nisti delle fabbriche che vengono sottoposti ad ogni sorta di pressione con turni di lavoro £he molto difficilmente si conciliano con l'orario della scuola. Al di là dei singoli problemi il dato di fondo emerso riguardo a questo primo punto é la richiesta da parte dei lavoratori di un maggiore coinvolgimento dei Cdf intorno ai problemi della scuola.
Il rapporto tra corsisti e scuola é stato affrontato analizzandole alcuni aspetti.
Il primo e più sentito di questi aspetti é quello dell'esistenza all'in terno delle classi di livelli differenti fra i corsisti. Su questo problema si é venuta sviluppando in tutte le scuole una discussione estremamente vivace che non sempre però é riuscita ad avere sbocchi positivi, anche per la contemporanea presenza di due punti di vista opposti: da una parte infatti tendeva ad emergere il "diritto" dei "più bravi" a non vedere rallentato il proprio lavoro e dall'altra la posizione di chi si pone invece nell'ottica di permettere a coloro che hanno problemi di quasi alfabetizzazione di usare in modo proficuo le 150 ore di diritto allo studio.
Partendo da questo livello il dibattito si é allargato fino a porre in discussione un'altra serie di problemi come l'emarginazione di alcuni lavoratori rispetto a momenti del lavoro che non riescono a coinvolgere tutti e come soprattutto, l'esistenza dei corsisti di un'immagine e quindi di una richiesta di scuola tradizionale e quindi "neutrale" che non còrrisponde a quella che i lavoratori si trovano davanti in questi corsi.
Ultimo, ma non per questo di secondaria importanza, problema emerso é il rapporto con ì presidi che anche quest'anno hanno costretto i lavoratori e gli insegnantilsoprattutto quelli della scuola Einaudi, a sprecare tempo ed energie per vedere riconosciute il diritto ad usufrui re delle strutture scolastiche.
Con maggiori difficoltà rispetto ai primi due punti é stato affrontato anche il discorso relativo ai programmi e alle materie. Su questo argomento sono emerse una serie di richieste da parte dei cor sisti che vanno dall'esigenza di avere dei programmi indicativi già al momento dell'iscrizione a scuola a quella di avere chiari all'inizio e durante tutto il corso gli obbiettivi cui si tende. A questo proposito é chiaro il riferimento ad una certa improvvisazione presente in alcuni corsi in cui non sempre il lavoro svolto risponde a delle precise linee programmatiche. Con ciò non si vuole negare la necessità di verificare quanto determinato in precedenza, ma si vuole riaffermare che eventuali modifiche ed adattamenti del programma che gli insegnanti ritengano necessari devono sempre essere motivati per non generare confusione nei lavoratori.
Dai corsi emerge in modo abbastanza preciso anche l'esigenza di una mai giore attenzione al recupero degli strumenti di base (anche se il problema quest'anno é stato sicuramente presente a tutti gli insegnanti) ss
blema quest'anno é stato sicuramente presente a tutti gli insegnanti) e soprattutto la richiesta, non nuova, di matematica che però comincia ad essere vista anche come esigenza di capire in modo rigoroso.
Per quanto riguarda la storia l'impressione ricavata é che essa sia più subita che rispondente ad un reale bisogno, per cui si pone l'a necessità di prevedere un momento di chiarificazione nei corsi sulle motivazioni che spingono ad affrontare un discorso di questo tipo.
Un ultimo aspetto emerso é la messa sotto accusa in alcune situazioni della struttura modulare che, segmentando l'insegnamento, impedisce lo svolgimento di un discorso continuo nelle singole classi.
Per riprendere tutti questi problemi ed effettuare un bilancio conclusivo del corso la segreteria della commissione di zona ha programmato un'as:,emblea finale con i corsisti in ognuna delle cinque scuole in cui sono presenti le 150 ore ed una commissione di zona finale in cui tirare le conclusioni del lavoro di quest'anno e gettare le basi per il prossimo corso.
Su questo terreno la commissione ha già formulato l'ipotesi dell'utilizzazione del mese di settembre per un lavoro di preparazione in zona che veda impegnati insegnanti e delegati dei Cdf nell'elaborazione di una seria e precisa programmazione sulla base dell'analisi dell'esperienza fatta quest'anno e dell'esigenze emerse dai lavoratori.
Per quanto riguarda infine la prossima campagna di iscrizioni sono state programmate varie iniziative fra cui una serie di contatti con il comune di Sesto e le sue strutture decentrate per allargare la prospettiva in cui le 150 ore si sono mosse finora ed investire tutta la realtà sociale della città della problematica dell'Educazione Permanente.
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ALCUNE IDEE PER LA CAMPAGNADI IScRIZ(ON1
SCUOLA MENA E ALFABETIZZAZIONE
Quest'anno la campagna d'iscrizioni a Sesto é caratterizzata dal Fatto che non vuole essere solamente un momento di raccolta di Firme ma vuole aprire un dibattito reale sul bilancio dell'esperienza, sui contenuti delle 150 ore, sulle prospettive dell'Educazione Permanente e i rapporti con la scuola del mattino.
Una iniziativa di questo tipo non deve rimanere chiusa solamente nell'am bito delle fabbriche ma deve estendersi nel territorio non solamente per raggiungere quegli strati della popolazione che non hanno nella fabbrica il loro punto di riferimento, ma soprattutto perché l'esperienza culturale delle 150 ore possa avere momenti di confronto con le scelte culturali della scuola in generale e dell'Ente Locale.
Questa esigenza é Maturata proprio per evitare che le 150 ore diventino un "ghetto" e ripropongano contro lo stesso spirito che le ha fatte nascere una divisione tra momenti di scuola per operai e il tessuto culturale e sociale del paese.
A tal Fine sono stati presi contatti con l'Ente Locale e con gli altri organismi di massa che agiscono nel territorio, la prima iniziativa é nata proprio sulla campagna di iscrizione attraverso l'impegno di organizzare una serie di assemblee sia a livello centrale (assemblea cittadina) sia a livello periferico (nei consigli di zona e nelle biblioteche)e nelle scuole.
E' importante sottolinear c e h c t
On queste iniziative si inizierà la campagna delle iscrizioni e quindi i luoghi stessi di dibattito diventeranno centri di raccolta con la prospettiva di rapporti sempre più stretti e di iniziative comuni.
Altri organismi di massa che volessero aderire a questa iniziativa sono pregati di mettersi in contatto con la commissione di zona 150 ore presso la Federazione Unitaria di Via B. Croce n. 84, Sesto S.G.
I centri di raccolta fin qui contattati sono:
COIJSIGLI DI FABBRICA E • BIBLIOTECHE PUBBLICHE DI C.U.Z. quAkrie
• UutouE
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• SCUOLE
Per ulteriori chiarimenti telefonare F.L.M. 24.88.888/ 24.70.964
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3° Convegno FLM di Sesto aG. Mozione conclusiva
Il 3° Convegno della F.L.M. di Sesto S. G. tenutosi il 3 dicembre 1976 dopo ampia e approfondita discussione approva la seguente risoluzione conclusiva.
Cosciente della gravità della situazione, una sempre più larga parte del Paese esprime oggi con forza che il vero problema non è solo quello di scongiurare il tracollo del Paese, che pure è necessità da affrontare energicamente, ma di agire subito perchè sia avviato uno sviluppo economico, sociale, civile, radicalmente nuovo rispetto al passato, in modo tale che dalle gravi difficoltà di oggi nasca una Italia diversa e rinnovata.
A portare a tale gravità è la stessa natura della struttura economica e produttiva del nostro Paese e del tipo di politica economica perseguita dalle forze che finora l'hanno governato.
Non si risolve certo la crisi continuando ad imporre ulteriori sacrifici ai lavoratori o attenuando l'attacco verso i responsabili, ma è necessario cominciare a farli fare a chi non li ha mai fatti, lottare contro il parassitismo, il clientelismo e prioritariamente contro l'evasione fiscale come primo momento per una autentica riforma fiscale.
Il 3° Convegno F.L.M. di Sesto S. G. giudica i segni di ripresa produttiva in atto non in grado, non diciamo di eliminare, ma neppure attenuare la gravità dei problemi di cui soffre l'economia, e per le cause stesse che l'hanno determinata — svalutazione della lira, — e per il persistere del calo degli investimenti e dell'occupazione.
Occorrono scelte che operino in profondità sulle cause vere dei mali di cui soffre l'economia italiana, con una precisa scelta di attuazione di riforme di strutture, nell'ambito di una programmazione democratica. Bisogna impostare una lotta a fondo all'inflazione e per il riequilibrio della bilancia dei pagamenti, rilanciare, con misure coerenti di finalizzazione settoriale il processo di riconversione produttiva, affrontando al suo interno i problemi di indirizzo e il ruolo del sistema delle PP.SS. Occorrono altresì seri programmi di investimenti per il Sud da destinarsi all'agricoltura.
Con questa impostazione occorre andare al confronto con il governo, facendo estrema chiarezza sui suoi reali intendimenti, che oggi, con le scelte politiche fatte, sono indirizzati a far pagare la crisi -ai lavoratori, alle masse popolari, ai ceti laboriosi, senza alcuna prospettiva di ripresa reale economica e produttiva.
Con le sue scelte il governo apporta contemporaneamente inflazione e recessione, in una logica di politica tradizionale ed illusoria che punta esclusivamente sul rilancio dell'esportazione.
Chiarezza significa battersi per scelte precise nell'indirizzo di una ripresa che punti ad investimenti per agricoltura, energia, edilizia popolare, etc. é respingere la volontà di ripristinare, come è oggi, il vecchio modello di sviluppo.
A questo il 3° Convegno si oppone con decisione e forza e se si regisi., asse tale posizione del boxtrno, chieda alla Federazione CGIL-CISL-UIL una
risposta dura e costante compreso se necessario lo sciopero generale.
Quanto espresso è ritenuto dal 3° Convegno recezione anche della volontà espressa positivamente dalla popolazione nelle elezioni di questi anni e che esprime la richiesta di un diverso modo di governare, di una politica alternativa, la valorizzazione delle istituzioni, la costruzione di una nuova direzione politica del Paese.
Il 3° Convegno ribadisce l'importanza prioritaria di questi obiettivi, che devono trovare sostegno nell'immediata apertura delle vertenze aziendali per una corretta applicazione della prima parte del Contratto. Tali piattaforme debbono portare anche a miglioramenti economici e normativi, tali da rafforzare la perequazione dei trattamenti a livello di azienda e corrispondenti alla realtà odierna.
In questo contesto, ribadendo la validità delle lotte, condotte in questi ultimi anni, il Convegno condivide il giudizio negativo espresso dalla Federazione CGIL - CISL - UIL sulle proposte del governo e in modo particolare sui contenuti dei 12 punti della Confindustria —scala mobile, orario di lavoro, festività, etc. — che non possono in alcun caso rappresentare base di trattativa, riconfermando le nostre posizioni su tutti questi punti come sono state espresse nel documento dell'esecutivo nazionale della FLM e contenuti nella piattaforma della Federazione CGIL - CISL - UIL.
Nel contempo il 3° Convegno denuncia il degradarsi sempre più di un rapporto partecipativo democratico nella definizione dei nostri obiettivi che devono essere oggetto di confronto con il governo, la Confindustria, l'Intersind.
Occorre riconfermare nei tempi stabiliti il Convegno Nazionale dei delegati della Federazione CGIL - CISL - UIL, come inizio di una ampia consultazione di massa a cui far seguire un costante rapporto democratico - trattativa - informazione - decisione di lotte - che poggi sulla partecipazione dei lavoratori.
All'interno di questo il 3° Convegno della FLM di Sesto S. Giovanni giudica opportuno e chiede la convocazione della Conferenza Provinciale della FLM.
Il 3° Convegno esprime questa posizione unitaria, sulla base dell'ampio dibattito di massa avuto in questi giorni, e che ha portato anche alla rielezzione di tutta la struttura FLM (Consigli di Fabbrica, di Lega, Comitato Direttivo di Zona).
L'iniziativa 'espressa ha rappresentato un elemento altamente positivo ed importante per il processo unitario, che può e deve riprendere consistenza anche partendo da questa esperienza.
Il 3° Convegno FLM di Sesto S. Giovanni nel riconfermare il proprio impegno a rafforzare l'iniziativa ed il processo unitario in atto, ribadisce che come sempre i lavoratori della Zona di Sesto S. Giovanni saranno in prima linea nella battaglia per il rinnovamento del Paese e della Società.
Sesto S -Giovanni, 3 dicembre 1.97£.