Rullano 19
Mensile di informazioni politica e cultura della Zona 19
Anno IX - N. 11 - Novembre 1985
Milano dal fascismo a Piazza Fontana
Al Consiglio di Zona 19
Un DC vice presidente, il PSI si tura il naso
Cronaca di una seduta svoltasi tra tante "dimenticanze" - Presentato dalla maggioranza un "programma che non è un programma" - Timori di futuri possibili incidenti procedurali o limitazioni delle regole democratiche
Lettura di un programma che non è un programma, elezione del vice presidente e nomina della Commissione del regolamento, che la maggioranza pentapartitica si è "dimenticata" di mettere all'Ordine del Giorno, sono i tre avvenimenti della seconda seduta dell'attuale legislatura del Consiglio di Zona 19. la seduta si è aperta con la lettura da parte del presidente, il socialista Gianpiero Chioccola, di un tardivo documento che iniziava con la frase: "Amici Consiglieri, siamo riuniti stasera per la nomina del Vice Presidente, valida a tutti gli effetti anche se, di fatto, è la prosecuzione della precedente" (dove soltanto con un grosso sforzo di immaginazione si riusciva ad intuire che quel "valida" e quel "prosecuzione" si riferivano non alla nomina del vice presidente, bensì alla non nominata precedente seduta del Consiglio di Zona) e che non aveva neppure la pretesa, come espressamente dichiarato dallo stesso presidente, di essere il "programma" del pentapartito che peraltro non lo aveva neppure inserito nell'Ordine del giorno. Era soltanto, come hanno fatto rilevare i consiglieri dei gruppi comunista e demoproletario, un elenco superficiale ed incompleto di problemi non ancora da discutere.
Ma allora, perché presentarlo?
Evidentemente per salvarsi la faccia dopo il ribaltamento della maggioranza laica e di sinistra e la sua sostituzione con una maggioranza pentapartitica, senza alcuna motivazione politica, nè programmatica di zona. Unica giustificazione addotta dalla nuova maggioranza: la tensione politica che si sarebbe venuta a creare con il referendum del 9 giugno.
Terminata la lettura del "programma che non era un programma" (nove pagine dattiloscritte per dire mente), la maggioranza pentapartitica ha proposto per l'elezione a vice presidente del Consiglio di Zona il democristiano Giuseppe Bella, contrapponento tale candidatura a quella della indipendente Gabriella Finazzi presentata nella precedenter seduta dal gruppo comunista.
Smorfie, facce strane, ilarità nel gruppo socialista e conseguenti preoccupazioni in quello democristiano. Ma non avevano concordato un nome? O dobbiamo credere che anche il vice presidente di zona, come già il presidente, è stato imposto dai vertici cittadini del pentapartito? Fatto sta che si è andati al voto: Bella è risultato eletto, ma soltanto eletto con 18 voti (due in meno dei consiglieri della maggioranza), la Finazzi ha ottenuto 10 voti (PCI e DP), due consiglieri (evidentemente della maggioranza) hanno votato scheda bianca, mentre i due consiglieri missini non hanno partecipato alla votazione, come già avevano fatto per l'elezione del presidente.
Infine si è passati alla nomina della Commissione per il Regolamento interno del Consiglio di Zona 19 (senza il quale il Consiglio di zona non può operare) e si è scoperto che la mag-
L. 600
Al Centro di piazzale Segesta Anziani si mobilitano contro la distruzione del "loro" giardino
Impedito l'accesso all'impresa che dovrebbe costruire i campi di bocce - Delegazione a Palazzo Marino - Assenti gli assessori del Pentapartito
gioranza pentapartitica si era "dimenticata" di farla mettere all'ordine del giorno. Si sono dovute raccogliere le firme dei consiglieri!
C'è soltanto da sperare che nel prossimo futuro la confusione nel pentapartito non porti il Consiglio di Zona 19 ad infortuni procedurali o a limitazioni delle regole democratiche (tra l'altro il presidente si è anche "dimenticato" di dare la parola al pubblico) e neppure che, in attesa della formazione delle commissioni e delle nomine dei rappresentanti del Consiglio di Zona nei Comitati di Gestione e negli organismi scolastici, ci si ' 'dimentichi" anche dei problemi urgenti sui quali comunque il Consiglio di Zona può già decidere ed intervenire, fra cui, ad
esempio, il Centro Civico di Zona, in via Quarenghi, ancora inagibile, e la questione dei campi di bocce nel Centro Anziani di Piazzale Segesta, per i quali il gruppo consiliare comunista ha presentato rispettivamente un'interpellanza ed un'interrogazione, che riportiamo in altre parti del giornale.
Ma tanti altri problemi sono aperti nella zona a oltre 5 mesi dalle elezioni: per cominciare quaranta miliardi di lire del Fondo di Zona per le attività ricreative e culturali per il secondo semestre 1985 sono ancora fermi in attesa di delibere e vanno spesi entro l'anno. Vogliamo sperare che non rimangano inutilizzati e tanto meno che vengano spesi male, magari in modo clientelare.
Diventa più leggera la mano del fisco sulle liquidazioni
Anche se si è lontani dalle interpretazioni delle Commissioni Tributarie che avevano sollevato dubbi di costituzionalità sulla precedente tassazione - Come si calcola l'imposta - La domanda di rimborso per le liquidazioni già percepite
Approvata in via definitiva dal Parlemento iL 19 settembre scorso la nuova legge sulla tassazione dell'indennità di fine lavoro (più comunemente detta liquidazione) dopo un iter lungo e sofferto, durato oltre un anno dalla sua presentazione alle Camere quale disegno di legge governativo.
Molto brevemente va detto che questa legge per la riforma del trattamento lrpef sulle liquidazioni porta a differenti risultati di convenienza, ma sostanzialmente, con la visione del comune buon senso, non si può negare un giudizio positivo sui principi di maggior giustizia fiscale, seppure di modesta entità, in essa contenuti.
In altre parole, già molti lavoratori e pensionati, ai diversi livelli di qualificazione, hanno manifestato le loro perplessità e il loro disappunto su questo provvedimento, purtroppo senza verificare che almeno in una certa misura esso ha riservato l'eliminazione di una sperequazione che si protraeva da troppo tempo. Quella, per l'esattezza, che colpiva soprattutto i lavoratori con elevata anzianità e a basso reddito.
Chi scorge nella nuova normativa tendenze di marchio populista, a nostro avviso si sbaglia di grosso. Troppo giusto era cancellare la disparità esistente tra lavoratori liquidati a più riprese con brevi anzianità e altri con lunghe anzianità e, al limite, anche con unico rapporto di lavoro, trattati fiscalmente in uguale misura. Oggi finalmente questo traguardo è stato conseguito. Quanti non hanno avuto la fortuna di raggiungere briganti carriere di lavoro con (segue a pagina 16)
untoP
E così il primo governo Craxi è caduto. Certo, non neghiamo il fatto che tale governo non ci piaceva, ma ancor meno ci è piaciuto il modo in cui è stato fatto cadere su questioni essenziali riguardanti l'autonomia nazionale e la politica internazionale dell'Italia.
Dobbiamo infatti riconoscere che nella vicenda della Achille Lauro gli atti compiuti da Craxi sono stati ispirati alla volontà di salvare vite umane, di tutelare la sovranità e l'autonomia dell'Italia e di affermare il metodo della trattativa per la soluzione pacifica del conflitto israelinao-palestinese. Nessun arretramento è possibile rispetto a tali principi così come a quello della più intransigente difesa delle leggi che regolano i rapporti tra le nazioni. Non è possibile infatti sconfiggere il terrorismo se gli
È continuata per tutto il mese di ottobre la mobilitazione degli anziani del centro di piazzale Segesta contro la realizzazione, da parte del Comune, di due campi di bocce nel giardino del centro stesso. Sabato 5 ottobre il Comitato di Gestione ha indetto un'assemblea di utenti del centro, vista l'intenzione dell'impresa incaricata di iniziare i lavori il lunedì successivo. Ben 150 anziani, seduti ai tavolini sparsi nel giardino sotto il sole caldo di quest'autunno eccezionale, hanno discusso il da farsi assieme ai consiglieri di zona del PCI (Calerio, Ferri e Beretta) e del PSI (Zaccaria e Giorcelli), intervenuti per sostenerli nella loro lotta, ed hanno deciso di firmare una petizione da consegnare alla Giunta Comunale, al Sindaco, agli assessori ai lavori pubblici, all'assistenza ed al demanio, nella quale è stato scritto: "Gli utenti del Centro Anziani di Piazzale Segesta 11, riunitisi in assemblea il 5 ottobre 1985, chiedono l'immediato annullamento dei lavori per la formazione di due campi di bocce il cui inizio è stato annunciato dall'impresa Edil Alba per il 7 ottobre 1985, in quanto la realizzazione di tale opera, mai richiesta dal Comitato di Gestione né dal Consiglio di Zona 19, eliminerebbe completamente lo spazio verde esistente, uti(segue a pagina 16)
Bella democrazia!
stati stessi violano il diritto internazionale così come è avvenuto con l'incursione israeliana su Tunisi e con il dirottamento dell'aereo egiziano da parte degli USA.
Certo, la situazione nel Mediterraneo è esplosiva, ma proprio per questo è più che mai necessaria per il nostro paese una politica capace di fargli svolgere una funzione positiva per una soluzione pacifica del conflitto medio orientale. Per raggiungere tale obiettivo è necessario che l'Italia si renda elemento attivo di un processo di distensione e di disarmo controllato. Ma di tutto questo gli alleati (o ex alleati ?)di Craxi,.sottraendosi al dibattito sui motivi delle dimissioni del governo, hanno impedito al Parlamento di discutere e agli italiani di sapere. Bella democrazia!
UNIPOL ASSICURAMOM Agente Generale GINO MAZZOLA Via Osoppo,13 Tel. 02/40.80.980
In bici alla scoperta di un bosco in città Ben tornato Robin Hood' A proposito di decentramento No, cara Falcucci no Quartieri cronache 40 anni, una vita nella storia di San Siro I mestèe de la Milan de semper
Con la nuova legislazione
di Milano pulita
I "Volontari Milano pulita" offrono l'espressione poetica di un socio riferita al dolente argomento della vacillante educazione civica dei nostri cittadini.
Dopo la lettura della poesia ed una obiettiva riflessione i Volontari di Milano Pulita lanciano un rinnovato appello per chiedere collaborazione ai loro sforzi e vi invitano ad unirvi a noi per rinforzare sempre più le file degli amici del pulito.
Telefonate al n° 8379722 nei pomeriggi di martedì e giovedì e dimostrateci il vostro interesse sull'argomento segnalandoci i punti della vostra zona di degrado e di carenza di arredo urbano. Oppure venite a trovarci negli stessi pomeriggi presso la Sede di Viale Blignj n° 22.
Aiutaci a ritrovare l'ambizione per la nostra città.
Eccovi la poesia del socio Ercole
Luigi:
Con i Volontari Milano ritornerà pulita
Cara Milano, eri pulita e bella, brillavi come una stella.
Ora sei sporca e bruttina come una disordinata vetrina. Lasci molto a desiderare! Bisogna proprio meditare! Il naviglio era uno specchio ora, di nero fango è il suo letto.
I muri delle case erano arte e colori adesso sono scritte ignobili e... [dolori...
Con tutte quelle cartacce sparse ovunque per la città non si sa dove si finirà.
Pure rotti sono i contenitori devastate aiuole e panchine.
I bambini nei giardini non [possono giocare, e neppure sui marciapiedi [possono restare, perchè la pupù dei cani è facile [calpestare.
Scarichi di acqua color catrame e inquinamenti a non finire.
È così che la nostra salute va a farsi benedire!!
Dobbiamo, come Volontari. impegnarci con fierezza, buon senso e dignità per convincere la gente a non sporcare la città.
Solo cosi la Madonnina da lassù con orgoglio sorriderà per il ritrovato splendore della nostra bella città premiando la nostra buona [volontà.
Attendiamo vostre telefonate oppure una vostra visita.
Volontari Milano Pulita
Viale Blignj n° 22 - MI
tel. 8379722 - pomeriggi di martedi e giovedì - ore 15/18
Giornali di zona gratuiti
Egregio Signor direttore ho l'abitudine di portarmi il giornale Milano 19 sul posto di lavoro, non per leggerlo a scapito della ditta artigianale per la quale presto la mia opera e da cui sono pagato, ma per rilassarmi un poco durante la meritata pausa tra i due orari.
Colleghi che da tempo lo adocchiano (e spesso me lo... impegnano per qualche mezz'ora) trovano strano che sia venduto in edicola e non dato in omaggio come tanti altri consimili; all'aggettivo "consimili" mi sono veramente arrabbiato avendo avuto l'occasione di vederne qualche esemplare degli "altri".
Non le sto a citare le testate per risparmiarle il tempo e perché sono francamente sicuro che Ella le conosce tutte; dal canto mio ho fatto presente che (abito a S. Siro) ricevo gratuitamente un altro giornale il quale non riporta le rubriche del Suo e neppure quegli interessantissimi brani di storia milanese, di
La stangata e le bugie dalle gambe corte
costume, mestieri e sottile satira politico-sociale.
La cronaca della zona è centrata sui più disparati argomenti ed informazioni e non di rado di vera anticipazione da fare persino invidia a qualche grosso quotidiano.
L'indirizzo politico, indubbiamente proletario, si scosta un poco dalle mie convinzioni, ma ciò non toglie al giornale una sua freschezza e serietà ed inoltre, l'ho notato benissimo, cede spazio anche a problemi che coinvolgono la religione con la signorile disinvoltura di chi sa cosa significa concretamente l'informazione.
È vero che alcuni giornali di zona sono sovvenzionati oltre che dalla pubblicità anche da sottoscrizioni tra volenterosi; è il caso del giornale della Zona 18, ma ci sono zone che ne sono totalmente prive o che... inventano un giornale soltanto in occasione delle elezioni.
Lettera Firmata
12 maggio 1985: si è votato per i Consigli Regionali, provinciali, comunali e delle zone.
In campagna elettorale i partiti di governo — DC, PSI, PRI, PSDI, PLI — facendo facile propaganda perché controllano i maggiori mezzi di informazione, assicuravano che l'economia del paese andava bene e quindi andavano premiati in blocco, ma in particolare la DC e il PSI.
9 giugno 1985: Referendum promosso dal PCI contro il taglio dei 4 punti di scala mobile. Anche in questa occasione i 4 partiti di governo, ma in particolare Craxi, dicevano che la vittoria dei "sì" avrebbe messo in crisi lo stato economico dell'Italia, i pensionati ci avrebbero perduto, si sarebbero rimesse in discussione tutte le prestazioni sociali.
Sapete tutti come sono andate queste due tornate elettorali.
Le conseguenze. Negli enti locali non contano i programmi, contano le spartizioni imposte da Roma. A Milano e nella nostra zona 19 il PCI è il partito di maggioranza relativa ma è costretto a stare all'opposizione. Si è formato il pentapartito senza programma. Si sono spartite le presidenze delle zone
con il pallottoliere. Ora che non ci sono le elezioni, dai telegiornali delle 19,45 e delle 20 di sabato 28 settembre veniamo a sapere che è in arrivo la stangata. Sono passati solo 4 mesi da quando dicevano che si andava bene.
Bilancio dello Stato: buco di oltre 110 mila miliardi.
Bilancio del commercio estero: passivo di oltre 16 mila miliardi.
Sanità: ticket dal 15 al 25%, ricetta più cara. Non pagheranno coloro che non hanno mai pagato: gli evasori fiscali.
Pensioni: scala mobile ogni 6 mesi.
Cassintegrati: dovranno pagare in più 1'8,65%.
Assegni familiari:aboliti per il primo figlio e per i figli a carico oltre i 18 anni.
Tariffe: trasporti in città a 900 lire, più cari gli abbonamenti, treni più cari dal 6 all'8%, niente fasce sociali per elettricità e telefoni.
Scuole: aumentano le tasse deliliniversità e delle secondarie', Morale:ogni commento in pii, è superfluo, tra il dire e il fare c'è di mezzo il governo! A.R.
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Sono uno che ha passato piacevoli serate alla Festa dell'Unità, ma sono anche uno che frequenta la Montagnetta corren-
Pochi metri Tante curve
Caro Direttore:
sono un abitante del quartiere Gallaratese, e tramite il giornale della Zona, voglio sottoporre alla sua affezione quanto segue.
Il tratto di via Trenno che va dalla palestra Cappelli Sforza sino alla fine (parco di Trenno) è per la sua limitata carreggiata (pochi metri) e per le molte curve, veramente ridotto ad un "percorso di morte".
Mi meraviglia anzi che non si verifichino tanti incidenti mortali!
Molti, troppi veicoli, ra i quali autotreni ed enormi camion da cantiere la percorrono in continuazione ed il limite dei "30 km orari" pochi lo osservano!
La mia osservazione è questa: cosa si aspetta, perlomeno, a farla diventare "a senso unico"?
Non mancano certo le strade alternative per farlo!
Grazie dell'attenzione ed auguri per il giornale. Gianni Cavatovi
do ed è innegabile che, pur non rimirando il_paesaggio, resto colpito dalle ferite rimaste dopo Io smontaggio degli "stand" della festa.
Mentre correvo, l'altra settimana mi sono ritrovato a pensare se e come sarebbe possibile eliminare questi inconvenienti.
E mi è venuta un'idea. Perché la potente organizzazione del PCI non si procura qualche piccola macchina agricola adatta a smuovere il terreno schiacciato e deturpato dal peso delle strutture?
Forse si riuscirebbe a vedere ricrescere l'erba e sparire, un anno con l'altro, quelle brutte macchie che paiono di bruciato. Non dovrebbe essere difficilissimo, e così si darebbe una risposta giusta alle accuse di "attilismo".
F.T.
Da qualche tempo a questa parte con una puntigliosa puntualità ci pervengono notizie di ritrovamenti di bombe americane e inglesi (quest'ultime in numero minore) ancora efficienti e minacciosamente mortali sparse un poco dappertutto sulla penisola, con un'alta percentuale di concentrazione al nord.
Da Subiaco a Sanremc e Saronno (ironia di 3 SI) ea altre infidamente adagiate nel Ticino lungo le scarpate ferroviarie; un carico di morte variante dai trenta chilogrammi cadauna fra quelle individuate nel porto di Sanremo ai due quintali di un reperto bellico nel Ticino.
I ritrovamenti non sono tutti d'attualità; non c'è stato anno da che la guerra è finita, sono passati oltre quarant'anni, in cui non siano stati segnalati ordigni d'ogni genere ed inquietanti episodi di forzato esodo in attesa del disinnescamento da parte degli artificieri, anche recentemente in Lombardia, si sono succeduti sollevando un velo di drammaticità, di paura e disagio relegando negli animi qualche dubbio per il futuro.
gli americani dei satelliti in avaria lasciati nell'atmosfera più remota a ruotare assieme al nostro pianeta; la notizia ci viene propinata ovviamente in quanto hanno affinate certune tecniche che rendono l'operazione possibile.
Chissà quanti saranno i relitti alla deriva negli spazi aerei sopra le nostre teste che giocano a carambola con meteoriti staccatisi dai numerosi pianeti o stelle varie e si rincorrono senza posa sbriciolandosi col passare del tempo; nessuno però conosce quale realtà ci si prospetta per gli anni futuri, quando si awicinerà la saturazione o eventi di natura sconosciuta faranno perdere quota a questi corpi vaganti.
Da una parte è impensabile arrestare la scienza e negare il suo indirizzo di ricerca continua a favore dell'umanità; dall'altra c'è il rischio di rompere un equilibrio che dura da millenni ed ipotecare seriamente la quiete delle generazioni a venire.
CENTRO ASSISTENZA TECNICA AUTORIZZATO
TV COLOR - B/N
CASIRAGHI RENATO
VIA F. ALBANI, 33 - MILANO Tel: 49.82.890 - 49.06.41
Gli assegnatari di "Cascina Cottica" n. 288 residenti in Via Trenno 121 Chiedono: — di conoscere a che punto è la sistemazione delle due cascine fatiscenti ed in parte crollate adiacenti al complesso "Cascina Cottica"
La cronaca più recente ci informa del recupero da parte deChiedono la sistemazione della strada che unisce Via Ippodromo a Via Trenno piena di buche e frequentemente allagata.
Questa via è frequentatissima da chi si reca o proviene dallo Stadio di S. Siro: i tifosi non potendo percorrere la strada, essendo questa un perenne acquitrino, si attaccano alla recinzione del complesso "Cascina Cottica" con grave rischio per la loro incolumità avendo già in più punti rotto e divelto la recinzione medesima ed arrecando altresì danno al complesso stesso.
La presente istanza fa seguito alle precedenti rimaste purtroppo inascoltate.
Fiduciosi in una sollecita risposta, gli assegnatari (circa mille persone) porgono distinti saluti.
Il Comitato
È bene notare che non sono soltanto gli americani (anche se sono loro i maggiori esponenti in questa corsa allo spazio) a costituire un pericolo: francesi, russi, cinesi e italiani sono in lizza e concorrono ad aumentare le apprensioni.
Asseriva un credente superconvinto d'antiche tesi sull'esistenza di "qualcosa lassù" che un giorno o l'altro il Padreterno si sarebbe stancato d'essere annoiato in continuità da questi marchingegni e avrebbe studiato un conveniente ripiego. Bando alle supposizioni e alla fantasticherie; pensare all'oggi è inderogabile, ma fare un pensierino anche per il domani è cosa saggia; non dovremmo trovarci con qualche missile o satellite o navetta che ci piove all'improvviso sul capo!
E se leggendomi qualcuno può essere tentato di sorridere di questi miei timori per il futuro faccia mente locale alle numerose bombe inesplose sulle quali magari ha costruito la sua casa che riposano nel prato del vicino.
Quelle sono dure realtà a cui ci si avvicina soltanto nel momento che se ne viene a conoscenza; tristi souvenirs americani o inglesi che in altri siti del globo cambiano nazionalità e possono essere tedeschi, giapponesi, francesi o "perché no?" italiani.
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ettere milano 19 volontari
L
A.T.
Si può o no comprare o vendere uranio?
Nel 1949 la magistratura non sa come affrontare questo dilemma, mentre sa benissimo come comportarsi contro chi distribuisce volantini
di Gian Piero Pagetti
Il 14 gennaio 1949 il Premio Bagutta venne assegnato a Giulio Confalonieri per il romanzo "Prigionia di un artista" e il verdetto della giuria fu oggetto di accese discussioni nell'atmosfera fumosa della Birreria Cavour, un locale ricavato nell'omonima piazza, proprio di fronte al Palazzo dei Giornali, fra i ruderi di un palazzo quasi totalmente distrutto dai bombardamenti, dove ('"intellighenzia" milanese del tempo soleva trascorrere le notti infervorandosi — tra un bicchiere di birra (spesso uno solo per tutta la nottata perché molti la spesa per il secondo non se la potevano permettere), il suono di un'orchestrina, il canto di un menestrello a volte improvvisato e il vociare di tutti — in interminabili disertazioni di politica, di filosofia, di arte, di letteratura, del... sesso degli angeli o (perché no?) dell'ultimo spettacolo presentato in qualche teatro cittadino.
E chi aveva abbastanza soldi per andarci a teatro, e non limitarsi a parlarne, non aveva che l'imbarazzo della scelta: la Osiris al Lirico in 'Al Grand Hotel" di Garinei e Giovannini, Edoardo De Filippo al Nuovo in "Napoli milionaria", Peppino De Filippo all'Olimpia ne "I casi sono due", la compagnia Adani-Calindri-Pisu-Volpi all'Odeon in "Nata ieri", "Il gabbiano" di Cechov al Piccolo, i concerti di Magaloff o i balletti della scuola di ballo scaligera diretta da Ettorina Mazzucchelli alla Scala e... chi più ne ha più ne metta. Ce n'era per tutti i gusti, ma non abbastanza per soddisfare i tanti artisti (o aspiranti tali) lirici, di prosa e del varietà che tutti i giorni si ritrovano a passeggiare su e giù i primi per la Galleria Vittorio Emanuele, i secondi per la Galleria del Toro ed i terzi in Galleria del Corso, in attesa che qualche impresario, anche il più guitto, si accorgesse di loro e li scritturasse per una rappresentazione, anche una sola, fosse pure nel teatrino di uno sperduto paesino di provincia.
Vogliono la pace?
La polizia li bastona
In via Bassini venne inaugurata la prima "casa albergo" di Milano, versione più costosa della solita "camera ammobiliata", del "letto in famiglia" o anche di un solo letto in una stanza in comune con altri, abituali rifugi notturni per tanti immigrati che ogni giorno piovevano a Milano alla ricerca di un introvabile lavoro. Erano momenti difficili. Grandi industrie milanesi, spesso dal passato glorioso, quali la Breda, la Marelli, la Oto Melara, l'Isotta Fraschini, avevano imboccato il piano in discesa della liquidazione e altre, più piccole e meno note, si erano messe sulla loro scia. Alcune, tra cui la Oto Melara, vennero occupate dagli operai, che, resistendo ai tentativi della polizia di sfrattarli con la forza, avviarono, con esito positivo, esperienze di autogestione.
Ma il governo anziché aiutare e, stimolare la ripresa industriale e l'occupazione, preferì destinare i fondi ERP (European Recovery Program, meglio conosciuto come "Piano Marshall", un piano varato nel 1947 dagli Stati Uniti per la concessione di prestiti ai paesi europei per la ricostruzione industriale) alla restaurazione dei monopoli ed agli armamenti.
Il 6 gennaio 1949, infatti, Palazzo Chigi (vale a dire il Ministero degli Esteri), aveva inviato direttamente a Washington un memorandum per chiedere l'ammissione dell'Italia nell'allora ancora neonato Patto Atlantico (la NATO) ed in febbraio, cadute le resistenze degli inglesi in un primo tempo contrari, dagli Stati Uniti giunse una risposta affermativa a tale richiesta, che peraltro in Italia si scontrava con l'ostilità non soltanto dei comunisti e dei socialisti, ma anche della maggioranza dei socialdemocratici e di molti democristiani.
Ma a dare manforte agli atlantisti ci si mise anche Pio XII (papa Pacelli), che l'I I febbraio 1949, ventesimo anniversario dei Patti Lateranensi, ricevette in Vaticano,per la prima volta in forma ufficiale, Alcide De Gasperi e il giorno dopo emanò una "esortazione apostolica" in cui, dopo aver parlato di"trame del nemico infernale, il cui programma è odiare Iddio e rovinare l'uomo", diceva: "per questo noi salutiamo con gioia tutte quelle iniziative che, allo scopo di sventare tali minacce, tendono ad unire le nazioni in alleanze (leggi patto Atlantico, n.d.r.) con vincoli sempre più stretti': La "fronda" democristiana era così servita e poco più di un mese dopo, il 18 marzo 1949, De Gasperi riuscì a far passare in Parlamento l'adesione dell'Italia al Patto Atlantico con 317 voti favorevoli e 175 contrari. Gli italiani si trovarono così intruppati in un blocco militare e gli operai milanesi scesero in piazza per protestare. La polizia, come il solito, li caricò inseguendoli con le jeep fin sui marciapiedi, tra i tavolini della Galleria, ovunque, calando senza parsimonia fendenti di sfollaggente sulle teste e sulle schiene di
chiunque capitasse a tiro, manifestante o no che fosse.
Ma né randellate degli scelbini, né denuncie riuscirono ad indurre alla resa i "Partigiani della Pace", un movimento a carattere mondiale sorto nell'agosto del 1948 in Polonia da un convegno cui parteciparono intellettuali dei paesi socialisti, dell'Europa occidentale e di alcuni paesi colonizzati già impegnati nella lotta al colonialismo, i quali, per porre termine alla guerra fredda, avevano lanciato l'idea di un patto di pace tra le cinque gradi di potenze (Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna, Francia e Cina) che avevano sconfitto il nazifascismo. E nel 1949 i partigiani della Pace, andarono nelle case, nei quartieri, nelle fabbriche per stabilire un colloquio con la gente, per spiegare cosa era la bomba atomica, quali guasti provocava, come bisognava combattere contro la guerra batteriologica riuscendo in poco tempo a costituire a Milano e nella provincia ben 250-300 comitati periferici.
Per pochi volantini
12 giorni in galera
Erano momenti di grandi lotte. Si lottava per la casa, per il pane rincaracato a 115 lire al chilo (quello comune con la tessera) malgrado una lettera del sindaco ai fornai perché tale aumento non venisse attuato. Si lottava per il posto di lavoro contro i padroni che volevano licenziare.
Il 13 luglio vi fu un grandioso sciopero cui parteciparono un milione di metalmeccanici. Il giorno dopo manifestarono, malgrado le cariche della Celere, le mogli degli operai dell'Isotta Fraschini, una gloriosa fabbrica milanese che il governo aveva deciso di gettare a mare. E mentre la periferia esplodeva di collera per le condizioni aberranti di vita, la fatiscenza degli alloggi, la sporcizia, i topi, il 14 luglio 1949, anniversario dell'attentato a Togliatti venne pubblicato negli "Acta Apostolicae Sedis" (Atti della Sede Apostolica, che sarebbe poi il bollettino ufficiale della Santa Sede) un decreto del Santo Uffizio, ap-
provato il giorno prima da Pio XII, con il quale veniva comminata a tutti i comunisti la scomunica, un'arma che il pontefice non aveva mai usato contro il nazifascismo ma non esitò a brandire contro coloro che il governo democristiano non era riuscito a far star zitti. E sui confessionali di molte chiese milanesi apparvero cartelli con la scritta "Se sei comunista o se hai votato comunista confessati perché sei in peccato mortale': Nessun cartello sui confessionali, invece, nessuna condanna dai pulpiti contro chi, una decina di giorni dopo sfrattò sui due piedi una povera donna (la cui casa era stata distrutta dai bombardament ed il cui marito era finito chissà dove) da uno stabile semidistrutto di via Carducci, dove essa aveva trovato precario rifugio per sé e per i suoi tre figli. La donna protestò, implorò, ma tutto fu vano. Gli usceri non si lasciarono impietosire (erano uomini, che diamine! Non femminucce) e la costrinsero a caricare le sue poche cose su un furgoncino a pedali. La donna se ne andò e si piazzò con i suoi figli e con la sua roba in piazza del Duomo, sotto i portici dell'Arengario, in segno di protesta silenziosa, che però urlò insopportabile alle orecchie delle autorità cittadine. Intervennero i vigili e "sfrattarono" di bel nuovo la donna "sistemandola" con i figli nel dormitorio pubblico di via Colletta (noto a tutti per la sua sporcizia, i suoi topi e i suoi scarafaggi) ed ammucchiando le sue misere cose nel magazzino comunale di via Meda. E scoppiò lo scandalo dell'uranio 238 sequestrato il 9 agosto a Milano. Non si sapeva da dove venisse, né dove dovesse andare. Si sapeva soltanto che valeva meno (molto meno) del 235, ma che era pur sempre uranio. Poi si venne a sapere che due tizi, due commercianti milanesi, avevano acquistato da un bulgaro, che abitava in Austria, una partita di aghi tedeschi. Avevano pagato subito, ma gli aghi non arrivavano. A un certo punto il bulgaro era capitato a Milano e aveva lasciato ai due commercianti, come pegno, due chili di uranio.
Passò altro tempo e gli aghi non arrivavano. I due commercianti milanesi decisero allora, per rifarsi, di vendere l'uranio. La polizia, venuta a sapere della cosa in seguito ad un esposto di un avvocato si propose, sotto mentite spoglie, come acquirente e riuscì a mettere le mani sull'uranio e sui due commercianti. Ma qui cominciarono i guai!
Era lecito comprare o vendere uranio, 235 o 238 che fosse?
Non era lecito? La legge in merito non diceva niente e il 18 agosto i magistrati, non sapendo chepesci prendere, decisero di confiscare la merce sequestrata e di rilasciare i due arrestati, che si ritrovarono così senza uranio, senza soldi e senza aghi tedeschi.
Ai magistrati milanesi rimase invece la soddisfazone di aver duramente punito, cinque giorni prima, un pericoloso "sovversivo", un certo Giulio Costa, muratore, sorpreso il 27 luglio, da un solerte poliziotto, a distribuire, in un cantiere di via San Marco, dei volantini che invitavano i lavoratori ad aderire allo sciopero degli edili. Portato al Commissariato Garibaldi e poi a San Vittore, il 13 agosto 1949 il Costa comparve, sotto l'imputazione di "aver incitato ad alta voce gli operai a sospendere il lavoro" e di aver diffuso manifestini che contenevano "espressioni di incitamento allo sciopero"(due reati "gravissimi", come tutti possono vedere), davanti al pretore della prima sezione, che lo condannò ad una multa di mille lire (una cifra astronomica a quei tempi), che il Costa non pagò soltanto perché in attesa del processo si era già sorbiti ben 12 giorni di carcere preventivo. E del fatto che nei cantieri milanesi ogni giorno qualche muratore morisse per mancanza di misure di sicurezza, il pretore non volle neppure sentirne parlare.
Ma
se dicevano che ci rimettevano...
Il 20 agosto la polizia milanese mise le mani su una partita di cornici e di penne stilografiche imbottite di cocaina. Di chi erano? Mistero! Intanto fornai furbetti ed ingegnosi escogitavano ogni possibile trucchetto pr rifilare ai clienti il pane a 130 lire al chilo anziché quello comune a 115, e il 24 agosto l'Inam (Istituto nazionale assicurazione malattie) pensò bene, appellandosi ad una legge fascista, di togliere alle gestanti (quelle meno abbienti naturalmente) il diritto al ricovero mutuato nelle cliniche e negli ospedali milanesi. Motivo? Spesso e volentieri i datori di lavoro non pagavano o tardavano a pagare i tributi. E l'Inam, anziché prendersela con i "morosi", ritenne giusto, e indubbiamente più comodo rivalersi sulle partorienti.
Nel settembre 1949 l'Unione Sovietica fece il suo prinio esperimento atomico: la "bomba" non era più monopolio americano. Il 1° Ottobre in Cina venne proclamata la Repubblica
Popolare; ma qualche giornale milanese, tra cui non poteva mancare il solito "Corriere Lombardo", insinuò che l'esperimento atomico non fosse che un bluff della propaganda sovietica. In quanto alla Cina fece semplicemente finta di ignorarne l'esistenza, preferendo continuare a dare man forte agli industriali italiani, tra cui quelli milanesi non erano certamente secondi a nessuno, i quali inasprirono, grazie anche all'appoggio del governo, la loro già durissima offensiva antioperaia. I "ridimensionamenti" si moltiplicarono; i licenziamenti furono all'ordine del giorno e verso la fine del 1949 i padroni scatenarono l'attacco che ritenevano potesse essere definitivo: obiettivo primario da distruggere i Consigli di Gestione, che avevano ottenuto un riconoscimento dall'articolo 46 della Costituzione e che avevano assunto una crescente importanza dando un contributo fondamentale alla articolazione del "Piano del lavoro" della CGIL, le cui linee generali erano quelle della nazionalizzazione dell'energia elettrica e la costituzione di un Ente nazionale dell'elettricità, la costituzione di un Ente nazionale per la bonifica, l'irrigazione e le trasformazioni fondiarie col compito di promuovere un intenso sviluppo dell'agricoltura italiana in stretto legame con la rinascita delle campagne meridionali e con la riforma agraria, la costituzione di un Ente nazionale dell'edilizia popolare per promuovere la costruzione di case popolari, scuole, ospedali, ecc., la realizzazione di un vasto programma di opere pubbliche essenziali a un minimo di civile convivenza. Si trattava, tutto sommato, di propote che non chiedevano niente di trascendentale. Ma agli industriali non piacque, e ancor meno piacque la proposta di nazionalizzare l'energia elettrica ai padroni della Edison, la società che a quei tempi produceva elettricità ed era concessionaria per la sua distribuzione in buona parte di Milano. "Com e? — non potè fare a meno di chiedersi qualcuno — Ma se fin a ier quei de la Edison hann seguitaa a lamentass perchè disevenn che ghe smenavenn a dann la lus al prezzi che ghe la dann': (Come? Ma se fino a ieri quelli della Edison hanno continuato a lamentarsi perché dicevano che ci rimettevano a darci luce ai prezzo a cui ce la danno).
(36 - Continua - Le puntate precedenti sono state pubblicate a partire dal numero di settembre 1982)
Nelle foto Milano 1949: In alto, accanto al titolo, giovani in corteo per la salvezza della Maiali. Sotto: i milanesi visitano, all'interno della Oto Melara, la mostra della produzione effettuata durante quattro mesi di occupazione operaia.
novembre 1985 milano 19 - pagina 3
Da questo numero riserviamo questo spazio a "Diciannoverde", un gruppo formatosi nella nostra zona per la difesa dell'ambiente, con sede nel Centro Comunitari di via Lampugnano 145 il quale già dal mese di luglio collabora al nostro giornale trattando i problemi ecologici ed ambientali con particolare riguardo a quelli relativi alla Zona 19
ambiente
ambiente
Centro Comunitario, via Lampugnano, 145
Alla scoperta di un "Bosco in città"
"Due ruote per una zona" cronaca di una biciclettata
Pedalando per le vie dei campi è possibile vedere cosa si può ancora salvare e cosa si può fare per arrestare il degrado ambientale - La calorosa accoglienza degli amici di Italia Nostra
Domenica 22 settembre ore
IO. È già autunno ma forse il "tempo" non è ancora al corrente perché splende un solleone da piena estate durante la giornata il caldo si farà sentire... Alla biciclettata "due ruote per una zona" organizzata dal gruppo Diciannoverde si presentano in una trentina. Un paio di bici da corsa, qualche "saltafoss" in mano ai ragazzi, alcune bici fiammanti "nuove di zecca", ma soprattutto "vecchie glorie" dalla vernice... ed altro... un po' sbiadita (segno che i ciclisti presenti usano spesso il loro mezzo a due ruote!)
Ore 10,15 — Si parte inforcando subito la nuova ciclabile all'interno dell'area prevista per l'Orto Botanico... Breve sosta per dar tempo alla contestatissima "guida" del percorso di spiegare che nel piano regolatore di 10 anni fa (ma tuttora valido) quell'area è adibita ad Orto Botanico. Diciannoverde si batte perché quest'area non rimanga abbandonata e magari... cementata, ma venga adibita a verde attrezzato con alberi tipici della pianura padana.
Si riprende la marcia, ma quasi subito ci si deve fermare.
Il copertone liso di una delle "vecchie glorie" fa la malaugurata conoscenza di un chiodo arrugginito: scoppia l'amore a prima vista e... scoppia anche la camera d'aria!!! Per fortuna si può rimediare con un veloce cambio di bici (organizzazione impeccabile: fermata ai box... 13 secondi!!).
Altro breve giro e ci fermiamo ad "ammirare" in lontana la centrale termica per il riscaldamento delle case popolari: i fumi che escono dai camini sono molto nocivi (contengono infatti zolfo, anidride solforosa) e non vengono nemmeno filtrati... In attesa del metano, che da noi arriverà per ultimo, anche questo è un problema da affrontare per la zona 19.
Finalmente imbocchiamo la strada che porta in aperta cam-
In difesa della natura e dell'ambiente
Ben tornato
Robin Hood!
Le azioni attuate dagli aderenti al gruppo Greenpeace e le loro grandi capacità organizzative, stanno facendo saltare i nervi ai potenti - Ne è un esempio il sabotaggio della Rainbow Warrior e l'uccisione di un membro del suo equipaggio
Cominciarono nel 1972 in tre. Un Australiano, un Canadese e in Inglese, con la loro barca di 11 metri penetrarono nel poligono nucleare Francese di Mururoa (lo stesso che stanno tentando di raggiungere in questi giorni) per protestare contro le esplosioni atomiche nell'atmosfera: furono speronati da un incrociatore Francese e dopo frettolose riparazioni allontanati.
pagna all'altezza di Via Cilea 106, in breve ci troviamo circondati dalle "marcite". Sandro, il nostro esperto agrario, ci informa che d'inverno questi campi vengono allegati perché non gelino i germogli. Ciò permette di avere più raccolti di foraggio per il bestiame.
Ancora più in là il paesaggio cambia: quelle che ci circondano sono le risaie. Qui in uno splendido scenario agreste (roba da Novecento atto l° celebre film di Bertolucci) vediamo all'opera una mieti-trebbietrice. Questa gigantesca e sbuffante macchina procede lentamente sui cingoli (sembra un carro armato ha sussurato qualcuno!) recidendo le piantine di riso e dividendo i chicchi dagli arbusti (addio care ed arrabbiate mondine!!! .. .). Ai lati dell'infernale aggeggio due contadini con sacca e tracolla, approfittano dello stupore per afferare lesti le rane rimaste sulla palta senza più protezione delle piantine... (così oltre al primo, questo lavoro frutterà anche... il secondo piatto!!!).
Qualche metro più avanti e vediamo ergersi in cielo il "tubone" bianco e rosso dell'Inceneritore di Figino... per non rovinarci la festa preferiamo tirare avanti ed arriviamo alla Cascina (Dorina?). I padroni sono veramente ospitali e ci permei-
tono di visitare la stalla e l'aia dando così a Sandro l'opportunità di mettere a frutto i suoi studi nello spiegare ai cittadinicittà i "segreti" e le tecniche dell'allevamento di bestiame. (A proposito sapevate che uno dei motivi principali per cui non vengono lasciate le corna alle mucche è quello dello... spazio??). I bambini intanto si divertono dando da mangiare fresca erbetta verde ai vitellini.
Una visita all'essiccatore, dove viene portato il riso appena raccolto perché perda umidità e buccia, conclude l'istruttiva visita alla Cascina.
Ore 12 — Si raggiunge finalmente l'agognata meta: il Bosco in città di Italia Nostra.
Qui la giornata è decisamente movimentata: da una parte si è appena conclusa una gara podistica, dall'altra alcuni pittori e parecchi "cuochi" stanno allestendo un favoloso pranzo alla griglia nell'apposito porticato... (noi coi nostri "miseri" panini siamo quasi tentati di mischiarci in questa seconda folla!!!).
Silvio e Luca di Italia Nostra ci accolgono scusandosi della confusione di cui non hanno fatto in tempo ad avvisarci... ma anche noi, passati i primi istinti famelici, preferiamo sdraiarci in mezzo agli alberi che approffittare delle strutture di cemento. Salutati quelli che tornano a casa e parcheggiate le bici in cascina raggiungiamo il luogo della nostra "siesta". È un bellissimo boschetto: ombra di foglie sopra, tenera erba sotto. Proprio l'ideale per un allegro pic-nic con annessa pennichella. Pensare che solo 9 anni prima in quel posto vi erano solo campi desolati!!!
Alle 14 quando il caldo "dovrebbe" essere diminuito (ma il condizionale è d'obbligo!) Silvio e Luca tornano tra noi armati di cartina per una prima visita "teorica" al Bosco in città.
Il terreno del bosco è stato ceduto a Italia Nostra dal Comune di Milano circa 9 anni fa. Sono 350.000 m2 di terreno ed in futuro è prevista una estensione dell'area al di là del canale scolmatore che attualmente ne delimita i confini. La prima zona piantumata è proprio quella in cui ci troviamo noi: "Campo lungo". Una striscia a forma di triangolo stretto e lungo dove, nonostante incendi dolosi, si è formato quel po' po' di bosco che da qualche ora ci offre fre-
sco riposo. Sulla destra del triangolo c'è invece "campo marcio" (in quanto spesso allegato) dove rovi, canneti, erbe ed "erbacce" di ogni genere la fanno da padroni. Qui è un rifugio ideale per tutti gli animali che da anni e del tutto spontaneamente stanno ripopolando sempre più la zona, ma è anche un posto dove stanno crescendo tutte le sterminate specie di erba della pianura padana (e già si pensa di allestire un erbario...). Sulla sinitra del triangolo, invece, è previsto da tempo che si debba fare un laghetto (ciò favorirebbe oltre al ripopolamento ittico anche il ripopolamento di uccelli acquatici), ma intoppi burocratici ne hanno fino ad ora impedito la realizzazione. Precisa scelta di Italia Nostra, infatti, è stata quella di ricreare al massimo una zona "naturale" nel vero senso del termine dove vi sia armonia tra lo svago della persona e la necessità di vivere degli animali selvatici evitando di fare dell'area assegnata un classico parco cittadino ad uso e consumo unicamente della gente. Si è deciso anche di non recintare l'area del Bosco in città proprio per mantenerne la caratteristica di spazio libero a tutti gli animali, comprese le persone (queste poi più che da "animali intelligenti" si comportano spesso da bestie in quanto approffitando della mancanza di reti scaricano rifiuti a tonnellate, entrano in moto o macchina, o peggio ancora, per cacciare!!!).
Italia Nostra è meta continua di visite da parte delle scolaresche (10.000 all'anno) e da poco sono cominciati dei "campi di lavoro" settimanali per giovani dai 16 ai 18 anni che alternano momenti di lavoro vero e proprio (piantumazione, pulizia rifiuti, cartelli di divieto, ecc.) a momenti di studio sulla natura.
Alla visita "teorica" su cartina è seguita naturalmente quella pratica ai luoghi descritti compresa la visita ad un vecchio fontanile che essendo fuori dai confini del bosco è diventato ormai un immodenzzaio di rifiuti (anche qui non si capisce quali ostacoli burocratici impediscano al Comune di Milano di assegnare questo posto alla tutela del Bosco in città).
Ore 16 — Cotti dalle innumerevoli e belle cose viste, ma ancor più dalla calura (a dispetto del calendario) estiva ci concediamo un minimo di tregua all'interno dell'amato boschetto. Con gli amici di Italia Nostra ci rivediamo in ottobre per parlare assieme dei problemi della zona 19 e studiare una strategia comune per l'area dell'Orto Botanico. Per ora un sincero grazie per come si sono prestati a questa visita.
Ore 16,30 — Si riparte per casa. Amelia, I l mesi, la "mascotte" di Diciannoverde accarezzata in faccia dal venticello si addormenta quasi di colpo ciondolando la sua testolina di qui e di là dal seggiolino... Con questa ultima divertente difficoltà si arriva felcimente a calca.
Ci riprovarono nel 1973, in 5 (a bordo c'erano due ragazze Neozelandesi), questa volta i Francesi abbordarono il Vega (era questo il nome della minuscola imbarcazione) e picchiarono selvaggiamente tutto l'equipaggio, donne comprese, ed è stata solo la presenza di spirito di una delle ragazze che, nascondendo una pellicola fotografica, permetterà al gruppo di documentare al mondo le violenze a cui sono stati sottoposti e di suscitare nell'opinione pubblica di Australia e Nuova Zelanda reazioni tanto indignate da costringere l'anno seguente la Francia ad aderire al trattato che impedisce la continuazione degli esperimenti nucleari nell'atmosfera.
Nasce così, con una prima vittoria, l'organizzazione Ecologico-Pacifista Greenpeace che tanto fa parlare di sé in questi giorni. La filosofia che ispira questo gruppo è quella della tutela della Natura e degli Animali in tutto il mondo e di un disarmo totale di tutte le potenze nucleari e non. I mezzi che hanno scelto per arrivare a questi obiettivi sono le azioni altamente spettacolari con le quali coinvolgono la gente attirando grande simpatia e ammirazione. Queste azioni, sempre pacifiste rivolte contro Governi o Multinazionali suscitano una tale reazione dell'opinione pubblica a favore di Greenpeace che spesso inducono i "potenti" a cedere. Così nel 1975 sette attivisti dell'organizzazione sbarcano, illegalmente, in Siberia per sensibilizzare gli abitanti del posto contro l'inutilità dello sterminio delle Balene; le autorità Sovietiche li arrestano e dopo qualche giorno li rispediscono in Alaska, ma intanto la notizia fa il giro del mondo.
Nel 1976 ingaggiano una battaglia, ormai famosa, contro i cacciatori dei cuccioli delle foche, nella baia di Hudson in Canada. Ogni anno 150.000 cuccioli di foca venivano uccisi con metodi barbari e spesso scuoiati vivi, per rifornire l'industria della pellicceria, in Europa e negli Stati Uniti delle loro bellissime pelli dal folto pelo bianco, I Greenpeacers si organizzarono come Commandos e con elicotteri e motoslitte precedettero le navi dei cacciatori, dipingendo i cuccioli con bombolette spray, rovinando la pelliccia e risparmiandoli così da una morte atroce. Il governo canadese si mosse a difesa dei cacciatori, multò ed arrestò i membri di Greenpeace, ma l'opinione pubblica Canadese e Americana, sconvolta dal documentario girato dall'organizzazione sulla caccia ai cuccioli, protestò così violentemente che la vendita delle pelli di foca subì un crollo, tanto da costringere il canada ad emanare nuove leggi a tutela dei piccoli delle foche.
Nel 1978 l'organizzazione si impegnò in una vasta campagna di sensibilizzazione contro la costruzione di nuove centrali nucleari negli Stati Uniti, per mezzo di picchettaggi e blocchi continui ai cantieri di costruzione.
Nel 1979 questi moderni Robin Hood sfidarono i cacciatori di balene Russi, Norvegesi e
Giapponesi (gli unici a non aderire al trattato di salvaguardia dei cetacei). Nelle gelide acque del mare del Nord si frapposero con i loro veloci gommoni, tra le navi dei cacciatori e le balene rendendo così diffile la caccia. I tentativi di ostacolare i cacciatori assunsero spesso toni drammatici: i gommoni furono bersagliati con getti di idranti e fatti segno a colpi di fucile, ma dopo giorni di scaramucce e mentre in molti paesi la protesta anticaccia saliva, i cacciatori furono costretti a lasciare il campo. Altre azioni spettacolari furono organizzate contro la multinazionale Givaudan-Roche (responsabile del disastro di Seveso) la cui sede centrale di Ginevra venne praticamente murata per molte ore da 41 fusti metallici con la scritta "Diossina", e le indagini condotte dai "segugi" dell'organizzazione portarono alla scoperta dei fusti di scorie di diossina prelevati da Seveso e abbandonati in una comune discarica, con relativa denuncia e condanna dei responsabili. Più di recente per protestare contro lo scarico di sostanze chimiche, altamente nocive, nel mare del Nord bloccarono, con la loro nave Sirius, la foce del fiume Schelda in Belgio. L'intervento della polizia, chiamata dalle società responsabili dell'inquinamento, portò al sequestro della nave. Dopo circa due mesi, un gruppo di Greenpeace si impadronì nottetempo della nave e la portò fuori dalle acque territoriali. Tutte queste azioni, unite alle grandi capacità organizzative di questo gruppo, fanno ormai saltare i nervi ai "potenti"; ne é esempio la incredibile vicenda del Rainbow Warrior sabotato, a quanto si è saputo, e con l'uccisione di un membro dell'equipaggio, dai servizi segreti Francesi, per impedire una missione di pace nel poligono àatomico Francese di Mururoa.
Ora l'opinione pubblica di tutto il mondo segue con trepidazione e simpatia l'azione delle altre navi che hanno preso il posto di quella fatta saltare dai Francesi. Raccontavano i pellerossa Corvi, antichi abitanti del Canada, prima dell'arrivo dei pionieri, che l'uomo bianco non sarebbe stato contento fino a quando non avesse avvelenato l'ultimo fiume e non avesse abbattuto l'ultima foresta, ma prima della fine sarebbe sorta una nuova razza di guerrieri che avrebbe salvato la terra. I Corvi li chiamavano "i Guerrieri dell'Arcolabeno": Rainbow Warriors, appunto, che speriamo di rivedere in mare presto a difesa dell'ambiente e della pace contro inquinatori e guerrafondai. Mgi
Diciannoverde si riunisce tutti i giovedì dalle ore 21 presso il Centro Comunitario di via Lampugnano 145
pagina 4 - milano 19
novembre 1985
A proposito di decentramento
Trasformare i Consigli di Zona in vere e proprie municipalità
Apriamo, con questo articolo di Luigi Pizzocri, consigliere della Zona 19 del gruppo comunista, un pubblico dibattito sui problemi del decentramento alla luce delle esperienze già fatte ed in vista degli sviluppi futuri. A tal fine apriamo queste pagine a chiunque voglia portare il suo contributo
Il PCI propone per la prossima legislatura di rafforzare ulteriormente i Consigli di Zona, trasformandoli in vere e proprie municipalità all'interno di un più generale riassetto istituzionale dell'area metropolitana, delineando così anche un nuovo organismo di governo della realtà metropolitana.
Entro il 1990 si tratta di avviare una vera e propria operazione costituente delle municipalità, rafforzando le funzioni e i poteri attuali delle Zone.
Le Zone dovranno raggiungere dimensioni congrue, con uovi compiti amministrativi delle municipalità: il PCI vuole ridurre il numero delle zone, rendendole più grandi e dando loro più potere in materia di gestione del territorio, di opere pubbliche, nel campo socio-educativo, in quello socio-sanitario e in quello dei trasporti.
Sono proposte rispondenti ai problemi reali, frutto dell'esperienza maturata in questi ultimi dieci anni. Il progetto delle municipalità dovrebbe essere in questo prossimi cinque anni il minimo obiettivo, se si crede in questa forma di autonomie locali per governare al meglio la città. Nel frattempo occorre dare subito alle Zone i poteri e le deleghe consentite dalla precedente legge sul decentramento applicando il regolamento creato dalla Giunta di Sinistra. imprescindibile che alle Zone siano dati poteri e competenze specifiche, l'informazione in tempo reale dei vari progetti e personale adeguato ai nuovi compiti. Inoltre i poteri delle Zone devono essere riorganizzati e rafforzati con la revisione e l'attuazione del regolamento e delle delibere quadro attualmente esistenti relative al Demanio, Servizi Sociali, Sanità, Verde e Sport-Tempo libero. Infine occorrono nuove deleghe concernenti ad esempio l'urbanistica (materia per la quale devono essere previste consultazioni con i cittadini), l'ecologia, le manutenzioni, l'edilizia popolare, il settore trasporti, il traffico e la viabilità, l'arredo urbano, il personale e l'educazione permanente.
I poteri assegnati naturalmente devono essere effettivi e non comprendono gli aspetti puramente burocratici, che devono rimanere a carico dell'amministrazione centrale.
Per quanto riguarda il personale è necessario, per amministrare e operare con efficacia, introdurre il vincolo di dipendenza gerarchica anche a livello di zona. Il CDZ, tramite le Commissioni, diventa un interlocutore valido dell'Amministrazione Comunale a condizione che i rappresentanti delle sue commissioni partecipino ai lavori delle Commissioni del Consiglio Comunale fin dall'inizio; in particolare con riferimento agli investimenti localizzati nelle proprie zone.
La partecipazione alle Commissioni consiliari del Consiglio Comunale, risponde soprattutto all'obiettivo di inserire i Consigli di Zona nei processi formativi delle decisioni della Civica Amministrazione, prima che le decisioni stesse vengano formalizzate in atti deliberativi. La Commissione consiliare può divenire così non soltanto il momento istruttorio delle decisioni della Civica Amministrazione, ma soprattutto il momento dialettico in cui si realizza il confronto delle esigenze e delle istanze di cui le diverse forze politiche sono portatrici.
Per fare tutto ciò è necessario che si definisca la riforma degli Enti Locali. Ma fin d'ora è necessario intervenire per aumentare le capacità decisionali, di
conoscenza, di gestione e partecipazione delle singole Zone.
Nell'ambito del processo reale ed istituzionale, che dovrà condurre alla formazione dell'Ente dell'area metropolitana, un posto di rilievo deve certamente assumere il problema dell'evoluzione del decentramento milanese. La Legge Regionale n° 382 e il relativo DPR di attuazione n° 616 hanno in larga parte recepito indicazioni che emergono da processi istituzionali già in atto nelle singole regioni (Es. i comprensori, le USL). Una valutazione simile si può fare anche a proposito della legge 8/4/ 1976 n° 278 relativa al decentramento comunale. Siamo quindi di fronte alla esigenza di recepire delle indicazioni da processi già in atto e di orientarle verso soluzioni reali e normative coerenti con le prospettive che si pongono per l'a- rea metropolitana. È giunto il momento di definire la messa a punto del progetto di decentramento discutendo e precisando i seguenti punti:
1°) Definire ampie aree omogenee ed affidare pienamente al potere decisionale, deliberativo e gestionale delle circoscrizioni; il che significa delegare funzioni, delegare poteri, affidare risorse per la gestione e per gli investimenti, decentrare operatori e dirigenti degli apparati
comunali.
2°) Definire meccanismi e procedure certi che consentano alle zone: a) di partecipare sin dall'inizio alla formazione delle principali scelte politico-amministrative del Comune (bilanci annuali e poliannuali, piani di settore, linee programmatiche dei servizi ecc.); b) di verificare e controllare la gestione e la realizzazione delle decisioni così
El canton del barbee
prese.3°) Ultimo punto di questo progetto: concepire i CDZ come assemblee elettive che sempre più e sempre meglio esercitano funzioni e poteri dopo aver consultato i cittadini. I consiglieri e quindi i cittadini stessi non devono essere considerati strumenti parlanti.
Luigi Pizzocri Consigliere della Zona 19
L'assenteista
Ciao! Allora, hai sentito Spadolini?
Chi? Quell ch'el fa l'assenteista? L'assenteista?! E dove.
Al Consilij Comunal de milan! Per fass elegg l'era andaa in gir a dì ch'el sarev staa lì tucc i lunedì. Poeu, dopo che l'hann eleggiuu el s'è faa puu vedè.
Beh, sai... Avrà avuto altri impegni... come segretario del Partito repubblicano... come ministro...
Perchè? Prima de fass elegg queij impegn lì ghi aveva minga? O forsi forsi el saveva minga de aveghi?
Ma certo che li aveva e che sapeva di averli, solo che...
Doma che l'ha preferii fà finta de nagotta e ciappà per el cuu quei che gh'hann daa el voto.
Ma non credo che tu sia tra quelli.
No, no, figurett. Ghe mancarev alter che ghe davi el mà voto a vun che prima el dis ona robba e poeu... A proposit, se l'è che l'ha dit 'sta volta chi?
Ha detto che nella vicenda dell'Achille Lauro Reagan si è comportato come un cow boy. On coss'è? Un cow boy. Un bovaro, insomma.
Hoo capii, on bergamin.
Eva bene. Chiamalo bergamino, se preferisci. Verament ti t'avevet dit che l'era stà el Spadolini a ciamall bergamin.
A chiamare bergamino chi?
Beccarla: ...c'èqualcosa di nuovo oggi nell'aria...
11" Progetto ragazzo", creato ne11981, si fonda sulla cultura del lavoro in modo che i giovani vi trovino non soltanto una gratificazione estetica e funzionale, ma anche un mezzo per sviluppare un atteggiamento attivo e responsabile quipe capace di perseguire i fini pedagogici che il progetto si propone.
L'Istituto C. Beccaria, per quanto sia un'istituzione con mandati custodialistici, è caratterizzato dall'attuazione di un progetto di intervento scolastico-formativo per i detenuti che è stato creato nel 1981 dalla Ripartizione Educazione del Comune di Milano, dall'Istituto stesso e approvato dal Ministero di Grazia e Giustizia, dal Tribunale per i minori, dalla Regione Lombardia. Il "progetto ragazzo" segue una linea pedagogica che intende l'educazione come risultato di una pluralità programmata di interventi e dove ognuno riconosca nel complessivo il proprio specifico". La struttura operativa su cui si regge è costituita da un comitato di coordinamento avente funzione di sostegno della sperimentazione, dalla Direzione dell'Istituto, dagli operatori del Comune e dell'Enaip, della Scuola elementare e Media che sono i responsabili della formazione professionale, dell'attività didattica e di animazione. È la direzione dell'Istituto stesso che permette l'integrazione tra le componenti dell'équipe (educatore-psicologo-assistente sociale-operatore) e l'esterno.
Operanti all'interno dell'Istituto sono anche gli agenti di custodia che stanno sempre coi ragazzi, gli educatori del Ministero di Grazia e Giustizia, che sono sia i tutori del ragazzo, sia riferimento fondamentale per il loro destino, gli psicologi che oltre ad attuare un'osservazione per la Magistratura, offrono un sostegno psicologico. Il referente organizzativo e metodologico è il Coordinatore con funzione anche di costituire un'è-
Il "Progetto" si fonda sulla cultura del lavoro in modo che per il ragazzo non vi sia solo una gratificazione estetica e funzionale, ma, attraverso pratiche conoscitive, possa svilupparsi un atteggiamento attivo che sappia renderlo responsabile e protagonista e che, insieme all'impegno scolastico lo incentivi al cambiamento.
Il "Progetto" prevede interventi diversificati a seconda dei tempi di permanenza determinati dal tipo di reato commesso, quali raccoglimento, la comunità-convivenza, l'avvio al lavoro, la formazione professionale, a seconda che si tratti di brevi medie o lunghe permanenze.
Le metodologie impiegate per il conseguimento di tale scopo, comprendono il criterio di corresponsabilità e gli obiettivi del lavoro da svolgere. Importante è anche la strutturazione degli spazi in modo da dare una visione immediata delle loro funzioni. La scelta delle varie attività avviene a seconda del tempo di permanenza del ragazzo e del suo interesse. Mentre per le lunghe permanenze vi è una cooperativa nella quale i ragazzi sono soci, fornita di laboratori di falegnameria, pelletteria, panificazione e centro stampa, atta a soddisfare commesse interne ed esterne, uno "Spazio sera" costituito da un bar autogestito, un centro di animazione musicale e teatrale, per le brevi permanenze si dà maggior rilievo all'accoglimento e alla comunità-convivenza oltre che ai prelaboratori che, come per le me-
die permanenze, comprendono attività di video-tape, strumenti musicali, pelletteria, falegnameria. Indipendentemente dalla durata della permanenza nell'Istituto, si dà notevole rilievo all'attività intesa non solo come momento ricreativo e ludico ma educativo.
Importante è la figura dell'operatore che, subito dopo l'assistente, è colui che trascorre il maggior numero di ore coi ragazzi coprendo un arco che va dalle otto del mattino fino alle I l di sera. La sua immagine risulta avere diverse sfaccettature che riguardano sia l'insegnamento delle varie attività, sia la sensibilità alle dinamiche che si sviluppano nel singolo individuo, alle tensioni specifiche di ogni gruppo e inter-gruppo, diventando quindi un primo punto di riferimento sia educativo sia psicologico a cui il ragazzo può rivolgersi. Ogni impegno richiesto al ragazzo viene riconosciuto e valorizzato in vari modi quali permessi a casa (per i giovani del riformatorio), partecipazione a iniziative, a gite all'esterno, oltre che in termini finanziari.
L'attuazione del "Progetto ragazzo" ha di certo contribuito alla soluzione a quelle dinamiche di violenza e rifiuto dell'istituzione carceraria che vanno sommate alle tensioni della fase già di per sé difficile e conflittuale dell'adolescenza. Ha infatti sviluppato una disponibilità al confronto, un atteggiamento più positivo, tenendo costantemente presente che ogni detenuto è un individuo che in modo faticoso cerca di crescere. V.P. operatore del Beccaria
EI Reagan, no! Te l'ee dit appenna adess! Veramente ho detto che Spadolini ha detto che Reagan si è comportato come un cow boy. Se ved che lù el se sent on boeu.
Lui chi?
EI Spadolini. Spadolini?
Te vedet minga ch'el ghe va ad ree al Reagan come on boeu el ghe va adree a on bergamin? Come sarebbe a dire?
Te gh'eet in ment la storia de l'Achille Lauro?
Certo.
E la polemica che l'è nassuda quand che el Reagan l'ha faa dirottà l'aeroplano egizian e poeu el s'è inrabbii perchè el Craxi l'ha minga vorsuu dagh i palesti nes che gh'erenn a sora?
Certo che la ricordo.
E guarda caso, strasc d'ona volta che el Craxi l'ha faa ona robba giusta, el Spadolini, per fagh on piasé al Reagan, el gh'ha daa a contra e l'ha faa boria giò.
Ma chi ti dice che Spadolini abbia fatto cadere il governo Craxi solo per fare un piacere a Reagan?
Tel disi mi, t'el disi.
E cosa te lo fa pensare?
EI fatto che el Reagan el fa el president di american.
E con questo?
Con quest? Ma disi, te se seet mai incorgiuu che cont i american el Spadolini l'è semper staa cuu e camisa?! Anzi...
Anzi che cosa?
Tanti volt l'ha cercaa de fa vedè che l'era pussee american lù che i american.
Ma se è stato proprio lui a dire che rifiutava per il suo partito la definizione di "partito americano"!
Per el sò partii pò dass, ma per lu...
Ma si riferiva anche a se stesso.
Allora i casi hinn duu.
Ossia?
O lù el cerca anmò ona volta de ciappà per el cuu la gent come l'ha faa per fass elegg al Consilij comunal de Milan...
Oppure? O se de no el fa l'assenteista anca quand ch'el parla lù.
Ma... Ma come fa a essere assente quando parla?
— Domandeghell a lù, dato che on dì el dis ona robba e el dì dopo el se regorda minga de quell che l'ha dit el di prima. Ciao, te saludi! el barbee
Non più soltanto carcere minorile
novembre 1985 Trillano 19 - pagina 5
I seicento anni della fabbrica del Duomo
Gian Galeazzo si prende Milano e un'idea non sua
L'anno prossimo ricorrerà il seicentesimo anniversario dell'inizio dei lavori per la costruzione del Duomo di Milano. Già sono iniziate le celebrazioni per ricordare questo avvenimento. È stato persino annunciato un "Anno Santo" ambrosiano. Ma cos'è questo nostro Duomo? Come è nato? Come è cresciuto? Per rispondere a questi interrogativi riteniamo di far gradita cosa ai nostri lettori iniziando da questo numero a raccontarne la storia.
"La me par la fabbrica del Domm", è un detto che i milanesi ripetono da... sempre quando un lavoro sembra non debba aver mai fine t visto che i lavori per la costruzione del Duomo di Milano sono iniziati seicento anni fa e ancora non se ne vede la fine, non si può certo dar torto a questo vecchio detto meneghino.
Ma andiamo con ordine, cominciamo dall'inizio.
È il 1386. Signore di Milano è Gian Galeazzo Visconti. Lo è da appena un anno. Prima il dominio dei Visconti, che comprendeva molte città non soltanto lombarde, era diviso in due parti: Gian Galeazzo se ne stava a Pavia, mentre a Milano c'era suo zio, Bernabò, un uomo che metteva paura a tutti, duro, autoritario, crudele, "un po' matto" sussurrava qualcuno badando bene di farsi udire soltato da orecchie più che fidate.
Gian Galeazzo — che dopo essere rimasto vedovo di una principessa francese aveva sposato la cugina Caterina, figlia di Bernabò — sembrava rispettare lo zio e lasciarsi consigliare da lui e il 6 maggio 1385, nell'annunciargli la sua intenzione di andare in pellegrinaggio al Sacro Monte di Varese passando sotto le mura di Milano e nell'esprimergli il suo desiderio di vederlo e salutarlo, aveva pregato lo zio e suocero di uscire dalla città e di andargli incontro.
Bernabò aveva accettato l'invito e, senza sospettare di nulla, e quasi senza scorta, era andato, a cavallo della sua mula, incontro al genero-nipote, ma si era trovato in mezzo ad un gran numero di armati di Gian Galeazzo, i quali lo avevano preso e buttato nella segreta di un castello, Visconteo naturalmente, assieme a due figli che già prima erano con Gian Galeazzo.
Milano si era così trovata ad avere un nuovo padrone, che per qualche giorno aveva lasciato che il popolo sfogasse contro i beni dell'antico signore un odio che egli si era spesso merita-
to. Gian Galeazzo, aveva indubbiamente grandi qualità politiche, ma indubbiamente molto meno, come abbiamo visto, doti morali. Lo chiamavano il conte Virtù soltanto perché aveva ricevuto in dote nel primo matrimonio con la figlia del re di Francia la contea di Vertus, ma dopo aver messo in prigione, lo zio lo aveva fatto accusare di complotto contro di lui e, qualche tempo dopo Bernabò aveva ricevuto in carcere un bel piatto di fagioli (gli piacevano moltissimo) condito con una salsa che lo aveva spedito dritto all'altro mondo. Il nipote aveva voluto che gli venissero fatti magnifici funerali e... si sentì tranquillo, sicuro di non perdere più Milano.
t in questo periodo di prepotenze, di lotte in famiglia, di... fagioli al veleno, che incominciano i lavori per la costruzione del Duomo. Non si creda però che i Visconti fossero soltanto dei tiranni sanguinari pronti a scannarsi l'un l'altro per dominare. Lo stesso Bernabò aveva compiuto anche, frammiste a quelle crudeli, qualche saltuaria azione generosa e saggia. Per parte sua Gian Galeazzo nella sua enorme ambizione di conquiste (voleva diventare re d'Italia) aveva capito la necessità di farsi anche amare dai suoi sudditi, specialmente nella sua nuova capitale: Milano, andando magari incontro a qualche loro desiderio. I milanesi ambivano da tempo un Duomo meraviglioso. Molte altre città italiane e straniere, avevano già celebri cattedrali, che erano insieme monumenti e centri della fede religiosa e della vita cittadina. Milano, poteva sì vantare Sant'Ambrogio, la più recente e stupenda chiesa di Sant'Eustorgio, molte altre chiese dovute ai bravissimi architetti lombardi; ma le prime due erano un po'"fuori mano", verso le mura della città, e nessuna formava una massa maestosa come quelle che erano sorte o stavano sorgendo in altri centri.
Non è che a Milano mancasse una cattedrale (una chiesa insomma che dipendesse direttamente dall'arcivescovo), tuttaltro, ce n'erano addirittura due, una per l'estate, Santa Tecla, e l'altra per l'inverno, Santa Maria Maggiore, più piccola (malgrado il nome) dove la gente stando più stretta si poteva riscaldare a vicenda, entrambe in quella che è ora la piazza del Duomo, ma sia la prima, sia la seconda erano malconce, danneggiate dalle guerre, dagli incendi e dal crollo ripetuto del campanile di Santa Maria Maggiore.
I milanesi volevano quindi un Duomo che diventasse famoso in tutto il mondo, Gian Galeazzo decise di accontentarli e la fabbrica incominciò.
Molti storici o cronisti (quelli che scrivono la storia giorno per giorno, intanto che accade o poco dopo) tendono addirittura a far credere che il primo ad avere l'idea di costruire il Duomo di Milano sia stato lo stesso Gian Galeazzo. Qualcuno afferma che egli aveva promesso di far costruire un grande tempio dedicato a Maria Nascente (cui il Duomo di Milano è dedicato) se gli fosse andato bene, come infatti gli era andato, il "colpo" contro suo zio Bernabò. Qualche altro sostiene che Gian Galeazzo temeva di non poter mai avere figli maschi che gli sopravvivessero — dopo che erano morti i due avuti dal primo matrimonio, mentre dal secondo era nata una bambina — e quindi aveva fatto voto di edificare il Duomo dedicandolo alla Madonna e di aggiungere il nome Maria ai nuovi maschietti che gli fossero nati. Vera o non vera che sia questa versione, fatto sta che poco dopo ebbe due figli maschi, che chiamò Giovanni Maria e Filippo Maria. Ma è altrettanto sicuro che non fu lui ad avere per primo l'idea della nuova cattedrale. Da tempo se ne parlava a Milano. Regina della Scala, moglie di Bernabò, aveva appoggiato l'idea, ma suo marito, notoriamente taccagno, da quell'orecchio non ci voleva sentire ed allora lei si era accontentata di una chiesa molto più piccola, chiamata in suo onore Santa Maria della Scala (da cui avrebbe preso il nome, molto tempo dopo, la piazza e il celeberrimo teatro) ed i milanesi per vedere iniziare la costruzione del loro Duomo dovettero attendere che lei e suo marito non fossero più signori di Milano. Pag
(l - Continua)
Premiazione in massa a Palazzo Dugnani
Nella sala di Palazzo Dugnani in via Manin 2, ha avuto luogo il 28 settembre, la Cerimonia del I° Premio Internazionale di Poesia "Il Gallaratese" - Città di Milano, promosso dall'Associazione Culturale "Centro Incontri" con il patrocinio della Provincia di Milano.
Sulle gloriose note del brindisi della Traviata, la Commissione Giudicatrice ha introdotto il discorso di apertura inneggiante alla nobiltà dei concetti, all'intensità del sentimento lirico e via dicendo. Sul palco d'onore troneggiava lo Stendardo del "Centro Incontri" che un frate occasionale (anch'egli finalista) è stato invitato... ad aspergere di buoni auspici.
Stando all'affluenza del pubblico, la manifestazione sarebbe ascesa agli onori della Teogonia esiodea, sotto l'egida della musa
Talia: Dea della Commedia...
La foto curiosa
Oltre 9000 gli aderenti al Bando di concorso dei quali almeno 300 erano stipati in sala: una folta schiera di finalisti provenienti da ogni parte d'Italia.
Non è trascurabile poi, che il contentino è stato esteso a tutti i soci del "Centro Incontri" ad esclusione di quelli appartenenti al quadro organizzativo.
Ad ognuno dei presenti (o quasi) è stato consegnato un Attestato speciale di merito. Il Bando si articolava in due Sezioni: poesia singola e silloge.
A nostro parere un concorso dovrebbe comprendere, oltre ai primi classificati, una rosa di 2030 finalisti fra segnalazioni di merito e menzioni speciali. Il prestigio di un concorso di poesia non dipende unicamente dal numero delle presenze. 9000 aderenti? Allora ne premiamo 200. È un po' troppo. Ci sembra
11 Gallaratese in versi Ma
che si sminuisca la figura del poeta che rimane perplesso nel constatare una premiazione così massiccia, quasi fosse un'opera pia.
Aggiungiamo che l'organizzazione del "Centro Incontri", seguace di Lucullo, provvede proprio a tutto, anche alla distribuzione (durante la cerimonia) di un aggiornato Menù con particolare riguardo alla Cucina pugliese!
Ai "non addetti" che non comprendessero l'incalzare ironico della cronaca, facciamo rilevare che ad ogni finalista è giusta una Cattolina-Invito con la dicitura "E stata premiata con l'opera...". Ciò faceva presumere che gli interessati ricevessero un riconoscimento tangibile, quanto meno una medaglia-ricordo. E neanche in tal caso valeva la pena di scomodare tante persone da località molto distanti come Bari, Lecce e addirittura Bruxelles.
In realtà la Giuria ha "elargito" gratis et amore Deo (si fa per dire), un semplice attestato di partecipazione giocando, probabilmente, sull'equivoco generato dalla dicitura riportata sull'invito che, come abbiamo riferito, sottintendeva un riconoscimento superiore ad un attestato.
Non sappiamo se l'estensore di questo cartello, affisso ad un palo della luce nei pressi del Centro Civico del Gallaratese, abbia commesso un involontario "strafalcione" o abbia voluto indicare, raddoppiando le consonanti, l'enormità del manufatto. Alla fantasia dei lettori la soluzione del quesito
Quindi coloro che hanno dovuto coprire lunghe distanze (esborso a parte) hanno raggiunto un semplice pezzo di carta, il cui unico pregio consiste nelle sue dimensioni ragguardevoli: cm. 31x44! Sorprende che un concorso dalle modalità così ambigue sia stato patrocinato dalla Provincia e che una Giuria qualificata si sia prestata per una premiazione così poco qualificante. Abbandoniamo Palazzo Dugnani con una punta di delusione e con la ferma convinzione di essere stati gabbati. Ma ci rincuora l'idea di poterci... risollevare con un buon piatto di orecchiette pugliesi! epe
vF S
novembre 1985
Cattedrale di Santa Teda
pagina 6 - milano 19
LA ZONA DI PIAZZA DEL' DUOMO verso la metà del sec. XIV
CAMICERIE - TELERIE ABBIGLIAMENTO CASUAL Wrangier e FRIT OF THE LOOM MILANO - Via Guglielmo Silva 39 Tel. 02/464403
Battistero di San Giovanni S a grato
quanto sarà
grande?
E.-Relazzo Reale _4
Pianta del Duomo
Ricostruzione ideale delle chiese esistenti prima del Duomo
I mestée de la Milan de semper
Milan a la gh' ha besogn anca de chi spazza j fogn
Dall'antica "bonza" di buona memoria alle modernissime autocisterne per i problemi dell'ecologia. - Milano è sempre stata sensibile e vanta uno dei più rapidi servizi di pronto intervento a cui si appellano nei casi d'emergenza comuni di tutta Italia
Arcano
Spurgo pozzi, vasche biologiche, condotte, fognature, ecc.; una voce relativamente recente per un problema di sempre.
Sino agli anni trenta del secolo le imprese che operavano in questo settore provvedevano con attrezzature abbastanza semplici, con carri-botte a traino animale e pompe azionate a mano il cui personale non vantava alcuna specializzazione.
Il carro-botte era noto ai milanesi come "la bonza" e coloro che si avvicendavano nelle mansioni di spurgo, svuotamento di pozzi neri o tombini intasati erano chiamati "bonzée".
Ammodernatasi ogni tecnologia, aumentata la richiesta d'interventi con la continua espansione della città, decuplicata nelle condotte la rete fognaria e resasi capillare la distribuzione idrica anche nelle case più umili che prima avevano un lavandino in comune a più famiglie anche questo mestiere subì un ulteriore sviluppo.
Mezzi più adeguati ed accorgimenti più consoni ad un vivere civile sostituirono la vetusta "bonza" e le pompe a mano; autocisterne munite di pompe idrauliche multiuso, con getto ad alta pressione ed aspiranti per un rapido impiego e miglio-
Dialettologia milanese (24)
Pareri discordi "su la scoeula"
La tre versioni dello stesso vocabolo che prendono lo spunto dai tempi più remoti non trovano giustificazione nell'applicazione del milanese moderno anche per il fatto che ciò stravolgerebbe tutta la struttura dei vocaboli affini con disastrosi risultati
Alcuni lettori hanno mosso obiezione sull'uso del vocabolo "scoeula" ritenendolo superato dal più comune "scola"; non è affatto vero ed è provato dalla "evasione" di questa voce dal vocabolario di Giuseppe Banfi, irreperibile forse per l'imbarazzo provato dal grande studioso, nel ricopiare da Francesco Cherubini soltanto la parte che gli ha fatto più comodo del più imponente vocabolario milanese-italiano stampato, leggendo la nota a fianco d'ogni singolo vocabolo decide di sopprimerlo in assoluto: né l'uno né l'altro!
Vediamo allora il Cherubini: "scoeula" e bassamente "scoeura" per scuola; più avanti "scòla" dicono le persone colte per "scoeula", ma tutti gli esempi che il Cherubini fa prendono lo spunto da "scoeula"con relative forme plurali "scoeul".
"Scoeura" per scuola usato anche da Carlo Porta per una forma di richiamo alla lingua orientale romana (chiamata dagli stranieri Valacca) e fenomeno noto come rotacismo, consistente nel passaggio di un'articolazione fonetica a "r" di cui, nel milanese, la "cedente" è quasi sempre la consonante "L" mentre la lingua italiana nota con maggiore frequenza la "S".
Nella lingua milanese gli esempi più evidenti ed ancora vivissimi sono "pures", pulce/ i; "voré", volere; "gora", gola; "candira", candela; oppure "para" per paia; "carimàa", calamaio.
Già nella nota sulla dialettologia del marzo 1985, proprio parlando del dittongo "uo" nella lingua toscana tra gli esempi citati c'è anche "scoeula"; fanno da parametro "roeuda, soeul, voeuj, coeur, langoeur" (ruota, suolo/e, vuoto/ e, cuore/ i, languore), ma nessuno si sognerebbe di modificare la regola.
È vero che l'ha fatto Francesco Angiolini scrivendo "scòla" senza avere il coraggio di fare il benché minimo riferimento alle altre forme; ma è anche ben noto che l'Angiolini ha barbaramente maltrattato la lingua mi-
re risultato a cui fece seguito l'accrescimento delle imprese che il rinnovato sistema esigeva. Sarà utile dire ai più giovani, anche se l'informazione per sé stessa farà loro torcere il naso, che quando una "bonza" operava in casa per lo svuotamento del pozzo nero in tutto il caseggiato aleggiava un fetore... da non fiutare e poi per il debordamento all'esterno della botte del liquame ed il lento trasporto dovuto al carico e ai vecchi ronzini trainanti si può affermare che se l'operazione si verificava, poniamo un caso, in via Arena al numero 30 il fetore s'irraggiava per tutte le case vicine trascinandosi via via per tutto il percorso della "bonza" sino a destinazione.
Altra nota sull'argomento: dal Portello alla Darsena di porta Ticinese l'Olona era allora scoperto e dalla colorazione dell'acqua era possibile stabilire quale ciclo di lavorazione era in corso nelle numerose lavanderie industriali e tintorie di tessuti poste a nord di Milano.
Inquinamento anche allora, non c'è dubbio, certo meno pesante dell'attuale; non a caso scrivemmo sulle pagine di questo giornale che Bonvesino della Riva già ai suoi tempi aveva definito "Lambro merdarum"il tratto di fiume tra Monza e S. Zenone.
re".
la nese "mutilando o uccidendo" molti vocaboli e riducendone l'alfabeto; per questo l'anonimo meneghino senza tanti preamboli annota: "Se l'Angiolini scrive nel suo vocabolario "soeu" per suoi, voce antiquata ma non ancora morta e rimanda a "sò", perché non ha fatto la stessa cosa per "scoeula", scuola che è voce più che mai viva?".
Ambrogio Maria Antonini, avvocato e poeta tra i contemporanei più noti, fine dissertatore di problemi dialettici sulla milanesità ed autore del primo vocabolario italiano-milanese riporta con scrupolosità tutte e tre le voci corrispondenti a scuola, nella sequenza "scoeula, scoeura, scòla".
Poiché l'argomento ha provocato tutta questa serie di chiarimenti ed ha rubato molto spazio debbo anche aggiungere che i corsi d'insegnamento di dialetto milanese, al Circolo Filologico Milanese di Via Clerici, 10 Milano (è scritto proprio così, di dialetto, non lingua!) sono una lodevole iniziativa, ma nonostante le affermazioni di Cesare Comoletti si distinguerà ancora la diversità di linguaggio tra milanesi di altre porte da quelli di Porta Ticinese dove, lo affermava appunto Francesco Angiolini suo malgrado, si parla il milanese più squarciato!
Quello che fa piacere è che tra i vocabolari indicati per i corsi al Circolo Filologico dell'Angiolini non sia citato, visto che ha depennata in assoluto la consonante "Z", ma rimane una trasparenza evidente della sua traccia nel "Contributo per una grammatica del milanese contemporaneo" di Claudio Beretta: dal canto suo Cesare Comoletti sulla Martinella dello scorso ottobre scrive... "ma è altrettanto vero che col passare dei secoli "l'influenza della cultura e della lingua nazionale hanno ritoccato pubbligh in pubblich, besogna in bisogna...". Forse per il "Filologico", a Porta Ticinese no!
(Continua)
Ecco che ora queste imprese si rendono ancora più utili, lasciando a parte il capestro della legge in materia, agendo con particolari cautele sugli scarichi, disincrostazioni di condotte, fognature, pozzi neri, pozzi pompo, serbatoi di nafta e gasolio, vasche biologiche e di decantazione delle industrie.
Gli interventi per prosciugo di allagamenti, trasporto di rifiuti solidi e liquidi e loro smaltimento, fanghi industriali e residui chimici sono celeri e precisi; a richiesta effettuano la pulizia di interi stabilimenti.
Da sottolineare che queste imprese operano ad ogni livello: civile, industriale, comunale, provinciale, regionale e nazionale (taluna fu recentemente chiamata per il disastro in Val di Fiemme ed intervenne anni addietro per lo straripamento dell'Amo a Firenze, cosa che odrira Milano).
Telefoni a disposizione giorno e notte, festività comprese, per interventi tempestivi, radiotelefono sugli automezzi ed il vanto di un'attività centenaria seguendo criteri d'avanguardia nel settore sia sul piano tecnico sia sulla rapidità d'azione costituiscono la carta d'identità di una di queste imprese, benemerita dell'ecologia, per i milanesi... un marchio sicuro.
È castigata prassi del nostro giornale non fare reclame ad alcuno, ma il lettore attento saprà individuarla.
Sono centinaia gli addetti a questo mestiere benemerito; ripuliscono le fogne e rendono vivibile la città; ma neppure loro sfuggono alla causticità verbale del meneghino che frusta sibilante: "Gh'hin anca quej che fan danée con la merda!" (Ci sono anche quelli che fanno quattrini con gli escrementi!).
Riproduzioni artistiche, stampe d'arte; particolare settore dell'attività tipografica, zincografica, serigrafica, litografica, ecc. a cui vanno ad aggiungersi un imprecisato numero di affinità che lasciano perplessi circa la catagolazione dei mestieri di cui una la vogliamo citare: "realizzatore di multipli d'arte in gene-
Quindi riproduzioni artistiche con tiratura limitata realizzate con tecnica serigrafica su metallo, legno e tessuto; riproduzioni di pregio su oro, argento, acciaio, carte speciali, rame, seta, pergamena. Un settore che tira sempre e che prospera in virtù della sua impalpabile atmosfera d'inserimento: ora pezzo d'arredo, di regalo o collezione oppure investimento (oro, argento, platino), talvolta semplice capriccio, esibizione. Difficile conoscere quali e quanti sono i maestri e loro capolavori riprodotti; stampe decorative e copie d'incisioni sono all'ordine di milioni per la sessantina di ditte operanti nella sola Milano, delle quali ditte taluna estende l'arco di lavoro a cataloghi d'arte, cornici, mutipli di sculture, rami sbalzati e oggettistica d'arte... d'ogni stampo!
"Te savesset quanti giocond gh'han in cà ona Gioconda!" (Sapessi quanti giocondi hanno in casa una Gioconda!) È uno dei motteggi pù ricorrenti della bonaria ironia milanese alludente ad una delle riproduzioni più trattate e diffuse, inteso anche per "pezzo a buon prezzo" e canzonatorio quanto il "volere e non posso" del "scior invernisàa", signore inverniciato!
Benemeriti di un'arte a tanto al pezzo, dicevamo, eppure un mestiere come un altro con l'impiego di molte persone, decoroso e che in fondo dà pane e occupazione anche se le ripetitività dei Raffaello e dei Leonardo fanno la loro pacifica invasione nelle case della gente comune.
Vogliamo citare un ultimo corrosivo frizzo (forse conio di mente invidiosa oltre che salace): "Venditor de l'art sublim in concorrenza con l'Upim!" (Venditori dell'arte sublime in concorrenza con l'Upim!).
Stazioni di servizio e distributori di carburante; discendenti da "l'omm de la pompa" ovvero "benzinatt". Agli inizi del secolo le colonnette di distribuzione del carburante erano veramente monumentali e ... per lo più collocate all'esterno di officine e autorimesse, "garages"; poche in verità e disseminate nella città funzionavano a mano fornendo benzina dei tempi per auto del tempo, l'una bassa d'ottani le altre starnutanti. Il servizio distributivo strada-
le vero e proprio prese impulso per iniziativa delle compagnie petrolifere di pari passo con la diffusione degli autoveicoli, indipendentemente dalla presenza o meno nelle vicinanze d'officine di riparazione auto.
Per i possessori di veicoli con motore a ciclo a due tempi rimaneva il fastidio di farsi da sè la miscela e soltanto dopo l'ultima guerra, con l'esuberante produzione di motocicli con questo tipo di propulsore, più economico e meno esigente di manutenzione, si diffusero anche le colonnine per miscela (Il fenomeno attuale si è rovesciato; moltissimi distributori, specie autostradali, ne sono sprovvisti e chi ha un "due tempi si... arrangi come può!).
Sono invece aumentate le colonnine per rifornimento di gasolio, fatto dovuto all'incremento di produzione di questo tipo di propulsore, mentre i rischi di panne per mancanza di tale carburante erano frequenti soltanto una decina d'anni addietro.
Anche la fisionomia della colonnina è mutata ed ora è poco più d'un cassoncino munito di tubi, numeratori e indicatori del numero di ottani che, dai 72/ 78 della migliore benzina prebellica sono ora saliti a 98/ 100 dell'attuale super.
All'ammodernamento degli impianti ha fatto seguitola miglioria dei servizi opzionali all'automobilista: minimarket di accessori e parti di ricambio, bar, telefono, tavola calda e persino articoli da regalo e musicassette.
Parliamo in breve anche del metano e del gas liquido; sempre nell'immediato dopoguerra moltissimi autoveicoli furono dotati di impianto d'alimentazione a gas metano per far fronte alla scarsità di carburante o al poco economico consumo di benzina, specialmente per quegli autocarri leggeri o mediopesanti residuati militari (in gran parte americani e inglesi e grandi bevitori); nacquero così le officine specializzate nella trasformazione o modifica per l'uso promiscuo benzina-metano.
Da ricordare ai meno anziani che durante il periodo bellico hanno circolato per migliaia di chilometri autocarri, autobus e persino autovetture munite di "gasògeno", cioè d'impianto per la produzione di gas combustibile, gas prodotto da legna da ardere, carbonella e antracite, povero di potere detonante e con problemi non indifferenti
per le scorie (già era fortunato chi poteva circolare in quelle condizioni, sempre che la legge fascista non l'avesse alleggerito dei pneumatici per l'uso militare lasciandogli il veicolo!).
Con il miglioramento delle tecniche e la maggiore disponibilità di mezzi e materiali, optando soprattutto sul risparmio, si è poi diffusa la trasformazione di motori a benzina con gas di petrolio, aumentata inverosimilmente con la contrazione delle forniture (crisi energetica) ed il crescendo pauroso dei costi dei carburanti; si ripropose la trasformazione a gas metano anche per molti veicoli con percorrenza a medio raggio e taluni impianti sono congegnati per l'uso sia di benzina sia di metano o gas liquido (G.P.L.).
Conseguenza logica è stata l'attivazione di stazioni di rifornimento, carente in molte zone italiane, anche per questi tipi di carburante per l'autotrazione; dal canto suo il fisco è stato... sensibile alla volontà di risparmio degli automobilisti manovrando in modo che, con la supertassa sui veicoli diesel diventata tassa di possesso (quindi assicura l'intero introito annuo che se il veicolo non circola, concetto quest'ultimo esteso a tutti i veicoli moto comprese) e con aggravi fiscali su benzine, metano e gas scoraggia chi vuole veramente risparmiare lasciandogli alternative che si rivelano vere e proprie incognite nei casi di forzosa sosta dell'automezzo.
Eccovi dunque i personaggi delle stazioni di servizio, molti a guadagnarsi il pane, a volte "benzinatt" a volte “gasista", a discrezione della carburazione della vostra automobile; gente indispensabile nel ritmo moderno dell'attuale società e che "la fa el sò mestée" (fa il suo mestiere).
Nota: è stato tralasciato il discorso sulla benzina sintetica degli anni grigi della guerra per mancanza di elementi precisi a disposizione di chi scrive; tra l'altro ci fu chi tentò esperimenti con il carburo per acetilene.
(Continua)
Nella foto un distributore di benzina al Bottonuto, un vecchio e malfamato quartiere milanese che è stato demolito agli inizi degli anni '50 e che prendeva nome da un'antica pusterla la cui posizione è ricordata dalla casa-torre a sinistra della foto.
novembre 1985 milano 19 - pagina 7
di
Una positiva esperienza di
C'era una volta, in via Lampugnano 145...
Ecco i quattordici volontari del
Centro Anziani Segesta
Tre di loro, che hanno superato i settant'anni dimostrano agli incerti che tutti possono dare il loro contributo per mettere in cantiere le attività necessarie agli anziani della zona
buto prezioso con la loro presenza costante ed attiva.
Questo gruppo di volontari che autogestisce il Centro Anziani ha avuto modo, in questo sia pur ancora breve periodo di attività, di svolgere una considerevole massa di lavoro e di fare un'esperienza nuova: coinvolgendo e sensibilizzando più gente nelle attività del tempo libero nel modo più sano di stare insieme per organizzare gite, pranzi, spettacoli, incontri come quello avuto di recente con i lavoratori e la direzione della "3 C", che ha avuto un notevole successo e che i volontari del Centro anziani intendono proporre ad altre aziende in concorso con i Consigli di Fabbrica.
Una piccola scuola elementare diventata. Centro Comunitario
Ma, malgrado la crescente richiesta di luoghi di ritrovo laici, pastoie burocratiche ne hanno fin dall'inizio ostacolato l'attività, mentre non si provvede all'esecuzione di lavori, di costo non eccessivo, che ne garantirebbero l'agibilità
Questo che vedete nella foto è un gruppo di volontari che autogestiscono il Centro Anziani di Piazzale Segesta 11, a San Siro. In tutto sono quattordici, alcuni saltuari, altri con mansioni di pulizia e riordino giardino come il Piero. Antonio, meglio conosciuto come "el Tognella", si occupa della riparazione di tapparelle, stufe a gas e di altri piccoli, ma assai utili specie per gli anziani, interventi casalinghi.
Ci sono donne come l'Annina, da un anno in pensione. C'è l'Anna, ex operaia della Recordati, appena andata in pensione
e subito offertasi come volontaria. Tre collaboratrici che hanno già superato la soglia dei settant'anni dimostrano agli incerti che tutti possono dare il loro contributo. Sono la Ginetta, la Maria e la Luisa Carla.
Il Villa, si occupa di amministrare i proventi ricavati dalla nascita delle bevande e di organizzare le attività ricreative. Ci sono poi la Nuccia, la Tina, la Mariuccia, la Nada (ex impiegata disoccupata), il Pino. Tutti questi volontari nonostante gli anni e gli acciacchi (almeno per alcuni di loro) danno un contri-
Stefano Allocchio è cresciuto nella S. C Trenno, in un ambiente dove oltre ai segreti dell'agonismo sportivo si riceve un'educazione che si impronta alla modestia e alla formazione dell'uomo
Sì, ancora lui, Stefano Allocchio; il prorompente atleta è stato ancora una volta protagonista di un successo e merita la nostra considerazione in modo particolare per quella sua "nascita" nello sport delle due ruote nella nostra zona, con l'aiuto della Società Ciclistica Trenno.
Prossimo a compiere il primo anno da professioista e, mentre scrivo, impegnato nella sei giorni di Berlino dal 17 al 22 ottobre e dopo soli due giorni di pausa a Dortmund per un'altra identica gara dal 24 al 29 otto-
Uno dei problemi cui i volontari debbono prestare la massima attenzione è quello della distribuzione del lavoro, un altro è quello dell'operare assieme, in modo democratico, per evitare prevaricazioni, nel rispetto reciproco di ciascun volontario o volontaria. Già è stato concordato di fare una riunione periodica, al giovedì, per scambiare opinioni e proposte e per correggere eventuali errori ed io sono convinta che si possa aumentare ancor più il numero dei volontari per mettere in cantiere altre attività necessarie agli anziani della zona.
Fernanda
Era una piccola scuola elementare immersa nelle brume della campagna di Trenno e tutto intorno crebbero enormi palazzoni che stivano grandi famiglie i cui figli, bisognosi di spazi per incontrarsi, creano le condizioni per farlo diventare un luogo di ritrovo per tutti: il Centro Comunitario di Trenno in via Lampugnano 145.
La storia di questa costruzione è memoria abbastanza recente per ricordarla qui: dalla sua inaugurazione, dopo la ristrutturazione, nel 1980 alla dichiarazione di inagibilità perché carente di alcune uscite di sicurezza e quindi la limitazione del-
le presenze ad un massimo di 25 persone, alla faticosa partecipazione degli eletti nel comitato di gestione ridottisi alla presenza di tre commissari su undici, alla decadenza del consiglio di gestione stesso dopo il rinnovo del Consiglio di Zona 19 in seguito alle elezioni.
Ma la necessità di luoghi di ritrovo laici continua ad essere una necessità costante ed è per questo che gli utenti della palazzina di via Lampugnano 145 premono per normalizzare una situazione che altrimenti li priverebbe degli spazi necessari per le attività che comunque qui si sono organizzate.
A tale scopo si è svolta una assemblea lunedì 14 ottobre dove sono stati ribaditi i concetti di salvaguardia del Centro Comunitario. Per rendere più efficace la richiesta è stato dato appuntamento a tutti ad un prossimo consiglio della Zona 19 per ribadire l'esigenza di salvaguardare questo spazio. Siamo in chiusura di Milano 19 e vi ragguaglieremo sugli sviluppi nel prossimo numero.
Nella foto: Questo sarebbe lo spaio occupato nel salone se l'affluenza del pubblico venisse limitata a 25 persone.
Al suo primo anno di vita la Società Ciclistica Gallaratese ha già raccolto i primi frutti e tratteggia nuovi programmi di sport e di svago per il futuro in un ambiente popolare saturo d'entusiasmi
bre, Stefano Allocchio ha lasciato chiaramente intendere di fare le corse sul serio.
E l'ha dimostrato in modo convincente a Bassano del Grappa, ai campionati mondiali di ciclismo, dove si è onorevolmente battuto ed è riuscito a guadagnare la medaglia di bronzo quale terzo classificato nella gara su pista a punti professionisti.
A conti fatti, con una tappa al giro di Sicilia e due tappe al giro d'Italia la sua volontà di ferro è stata premiata con il bronzo mondiale; un risultato
di rilievo, una grande soddisfazioe sua intima e di tutti gli amici sostenitori smorzata da lui stesso con quella gioviale semplicità dell'atleta umile e puntiglioso, stimato ed amato.
Non sempre i giornali danno spazio a certe considerazioni, fatta eccezione della Gazzetta dello Sport che è fuori discussione, forse perché abbagliati dallo scenario calcistico attorno al quale giostrano alti interessi non sempre sportivi, ma dove le parole d'effetto e le cronache pettegole si sprecano, oppure l'interesse maggiore dei lettori è calamitato dalla schedina o dal vortice di miliardi per l'acquisto di giocatori.
Ebbene, da questa... tribuna popolare che è un giornale come il nostro segnaliamo un particolare interessantissimo anche
per coloro dichiaratamente tiepidi in questo settore dello sport: Stefano Allocchio non si è mai ritirato in nessuna gara ed ha speso con caparbia volontà tutte le sue energie, disciplinato e sensibile ai dettami dei suoi dirigenti, pronto a sacrificarsi per i compagni di squadra dove ce ne fosse bisogno.
Allora possiamo dire che quella che emerge non è soltanto la figura dell'atleta che difende a denti stretti la credibilità dei suoi ammiratori ed amici o quella dell'atleta impegnato a mietere successi e racimolare denaro; emerge la figura di Stefano Allocchio uomo, educato alla scuola della perseveranza e della razionalità in un ambiente proletario dal quale ha saputo apprendere la modestia e la bontà, atleta dal cuore d'oro.
Al giro di boa del primo anno di vita la Società Ciclistica Gallaratese tira le somme dell'attività svolta e traccia un programma di massima per la prossima stagione.
Il mese di ottobre si è concluso con brevi gite in provincia e qualche galoppata d'allenamento che ha fatto molto bene ai soci più anziani... per evitare l'indurimento delle gambe!
Le riunioni del giovedì sera sono state animate sia dalle discussioni per la scelte dell'equipaggiamento sportivo e i colori del nuovo sodalizio sia per il rinnovamento, da parte di qualche socio, dei mezzi meccanici e accessori.
C'è da dire che le cose quì si fanno seriamente; qualcuno ha persino ordinato la bicicletta da corsa su misura e preso in considerazione l'idea di montare le nuove ruote a disco di carbonio, innovazione tecnica sperimentata in più occasioni da divi del pedale, oltre a tutti quegli accorgimenti che appagano l'entusiasmo di questi dilettanti, veri amatori della bicicletta sino all'ultimo respiro.
Naturalmente possono iscriversi alla società anche gli amanti del turismo in bicicletta, anzi se ne annoverano diversi, e anche chi in bicicletta non va più ma ne ama lo sport incodizionatamente può venire presso la Società Ciclistica Gallaratese per passare qualche ora in compagnia, dare un suo parere
e rendersi in qualche modo utile nella fase di organizzazione di manifestazioni, incontri con altri gruppi o gite.
Sta maturando l'idea di attrezzare un automezzo d'appoggio e soccorso in caso di necessità per l'attuazione di gite a tappe a lungo raggio, dove l'automezzo o anche due possono facilitare la logistica del trasporto di bagagli ed il prosieguo d'un socio malauguratamente infortunato o indisposto. (Appare logico che giunti poniamo a Firenze e volendone visitare i musei non è indicato, anche se folcloristico, andarci in tenuta da ciclista!).
La Società Ciclistica Gallaratese ha disertato, perché impegnata in altra manifestazione, il raduno cicloturistico organizzato per il 6 ottobre 1985 da diversi enti cittadini allo scopo di raccogliere fondi a beneficio dell'Istituto Italiano dei tumori di Napoli, raduno improntato sulla solidarietà degli sportivi milanesi.
Onde non lasciare adito a dubbi circa l'impossibilità d'essere presenti, o sottrarsi meschinamente ad un appello a cui è sensibile lo spirito dei milanesi, s'è deciso di raccogliere ugualmente le quote d'iscrizione a cui vanno ad aggiungersi offerte spontanee ed inviare tale somma alla consorella istituzione di Milano.
Aperta una Leva ciclistica La U.S. Trenno apre una leva ciclistica per i nati negli anni 1970/ 71/ 72/ 73/ 74. Gli interessati possono presentarsi ogni giovedì sera presso la sede di via Ratti, 24 dalle ore 21 alle ore 22 oppure telefonare al n. 4523059 dopo le ore 20. pagina 10 - milano 19
autogestione
novembre 1985
Ai mondiali di ciclismo
Una medaglia di bronzo per una volontà di ferro
In bici per correre o per turismo Consuntivo di un'annata d'attività della S.C.G.
A.T.
Tribuna aperta Una sede non paludata dove sia più facile confrontarsi
I temi su cui discutere sono molti: dalle nuove povertà alla "legge finanziaria" che rischia di aggravarle, dal Fondo Monetario Internazionale al diritto degli stati e dei popoli alla propria indipendenza
Caro direttore, ti invio questa lettera, anche se non riguarda fatti accaduti nei nostri quartieri. So che Milano 19 è un giornale di zona e che anche le lettere dovrebbero essere incentrate su fatti di interesse locale, penso però che un giornale zonale possa assumere anche una funzione di collettore dei dubbi e dei pensieri dei suoi lettori. In questo senso propongo all'attenzione di Milano 19 un "pastone" di osservazioni, scaturite dalla impressioni suscitate in me da fatti accaduti nelle ultime settimane. Gli accadimenti di effetto non sono certo mancati!
Sul piano economico: la presentazione del "rapporto Gorfieri"sulla povertà in Italia, da cui emerge una interpretazione nuova della parola povertà, che assume un senso, se possibile, anche più allarmante (per la vastità del fenomeno che porta alla luce) del significato tradizionale. "Povero" oggi non è solo la donna anziana che vive sola, il giovane in cerca di lavoro, il contadino meridionale. Oggi la povertà in Italia riguarda anche il libero professionista (0,7%), il lavoratore in proprio (19,8%), l'impiegato (16,5%) e perfino i dirigenti (0,4%). La soglia della povertà è individuata in una famiglia di 2 persone con una spesa di circa 420.000 lire al mese. Vengono considerati poveri coloro che hanno una spesa per consumi pari o inferiore al 50% della spesa media nazionale pro capite. Ben sei milioni di italiani rientrano in questa area di povertà e undici milioni vivono in condizioni di disagio economico.
Riforma IRPEF: elaborata come parziale restituzione ai lavoratori dipendenti di quanto tolto loro dal "fiscal drag" e come parziale contropartita ai contenuti della legge finanziaria elaborata con l'intento di ridurre il deficit pubblico e dare così una certa stabilità alla nostra economia. Tra le sue pieghe contiene strane contraddizioni col rapporto sulla povertà.
Infatti, a parte che nella "finanziaria" non si parla di tassare i grandi patrimoni, ma anzi si detassano gli utili delle industrie che siano reinvestiti (si premiano gli industriali per fare il proprio lavoro), anche la riforma dell'I R PEF, accompagnata dallo slogan "rendere giustizia ai ceti medi" racchiude alcune stranezze. La più grossa è l'aumento del prelievo fiscale sulle fasce più basse e in particolare per la fascia dai 10 ai 12 milioni l'anno, che altro non sono che gli stessi gruppi sociali indicati dal "rapporto Gorrieri" come area di disagio economico.
La seconda è la strana interpretazione del termine ceti medi; se si pensa che fino ai 20/ 25 milioni la detassazione è relativa e diviene più significativa oltre i 30 milioni.
Delle armi possiamo benissimo far senza
c'è la corsa al riarmo l'incidente è sempre possibile
L'aumento e la diffusione dei conflitti locali nelle aree più arretrate e periferiche del mondo è spesso conseguenza di cinici calcoli dei mercanti di morteAppoggiamo l'idea di un Ministero per la pace e la giustizia internazionale
Riunione del Fondo Monetario Internazionale: in cui sostanzialmente si è detto un no secco alle richieste dei Paesi poveri indebitati per oltre 900 miliardi di dollari. Se pure va rilevato che l'andamento della riunione non è stato univoco, è altrettanto vero che la risposta data alle richieste dei Paesi del Terzo Mondo è stata inequivocabile. Significativa, mi pare, possa essere questo stralcio delle dichiarazioni rilasciate dai rappresentanti del Perù: "Ai banchieri bisogna dire come Dante nell'Inferno: abbandonate ogni speranza. Per il suo debito estero il Perù non pagherà mai, né ora né in futuro, più del 10% degli introiti delle esportazioni... Il Perù non ha interesse a far parte di un organismo (il FMI) che aiuta un solo paese (gli USA)". Tutto nel nome della stabilità dell'economia mondiale. Ma sarà poi vero? Non è forse per questa via che si accentuano tutti i contrasti, sia nel nostro paese sia a livello internazionale, contribuendo a far aumentare tutte le tensioni? Questo è il primo punto di un groviglio che va formandosi; pur permanendo alcune divergenze, procede una certa omogeneizzazione della nostra politica economica alle concezioni reaganiane, che vanno per la maggiore in tutto l'Occidente sotto il nome di "neoliberismo" (più mercato meno stato).
In politica internazionale: il rapimento della A. Lauro, in cui è venuto alla luce un atteggiamento positivo del nostro governo, che nasce da una politica di apertura verso i paesi deboli, che soprattutto nel Mediterraneo, sono nostri naturali interlocutori.
Il rapimento da parte degli Stati Uniti, dell'aereo egiziano con a bordo i terroristi palestinesi, e la pretesa della loro estradizione nel paese rapitore.
Le reazioni dei "media" a questo fatto sono state per così dire deboli e incerte. Pochi hanno messo nella giusta evidenza come questo rapimento tenda a mandare in pezzi il diritto internazionale (cioè le regole del gioco che permettono agli Stati di avere rapporti tra loro). Stati non proprio minori come l'Egitto e Malia trattati come comparse irrilevanti della scena internazionale, incuranti del fatto che (se pure fedeli alleati degli stessi USA) non fanno parte del loro "giardino di casa". È ancora più grave che ciò avvenga mentre pare aprirsi uno spiraglio verso una nuova fase della distensione, in un periodo in cui non sono più accettati supinamente dall'opinione pubblica internazionale, nemmeno gli interventi repressivi e "normalizzatori" nelle zone di influenza delle grandi potenze es. Polonia, Afgnaisthan, Nicaragua,
Salvador... Il deteriorasi delle "regole del gioco" non può portare ad altro che ad un accentuarsi dell'instabilità e dell'insicurezza in aree importanti e più in generale nel mondo. Il mancato rispetto delle norme che regolano i rapporti tra gli Stati, da parte di un Paese che ha un ruolo internazionale di particolare rilevanza, non può che autorizzare qualsiasi potenza "regionale" e tutti i movimenti di guerriglia e di resistenza, ad alzare il tiro della loro iniziativa. In questo senso non può sfuggire che proprio la risposta data dai paesi ricchi alle proprie difficoltà (una linea di contrapposizione verso il Terzo e il Quarto mondo), tende ad isolare e ad abbandonare a sé stessi, sia i movimenti di liberazione nazionale, sia i fermenti di trasformazione presenti inquelle situazioni. Questa mancanza di interlocutori, unita al permanere e all'aggravarsi delle cause che stanno all'origine di queste lotte e di queste crisi, non potranno che renderne gli esiti ancora più esplosivi.
Di fronte a questi fatti fortemente stridenti per qualsiasi orecchio, non ho potuto non rilevare come siano ancora sostanzialmente ristagnanti sia la discussione politica e culturale, sia l'iniziativa di mobilitazione capace di coinvolgere ampi strati di persone. La nostra politica economica non può essere vista slegata dalla nostra politica internazionale; le nostre difficoltà non possono essere ridotte al solo deficit pubblico o alla scarsa innovazione tecnologica. Occorre elaborare un disegno di ripresa dello sviluppo economico che esca dalle strettoie della ricetta neoliberista. Riprendere la visione dell'Europa come polo sempre più indipendente, capace di avere una sua prospettiva autonoma nei confronti sia dei Grandi sia del Terzo Mondo, visione che ha avuto in passato diritto di cittadinanza non solo a sinistra e che la crisi economica della fine degli anni settanta ha ricacciato indietro. Individuare e approfondire i punti di convergenza tra i nostri interessi e quelli dei paesi dell'area del Mediterraneo; recuperare e ridare dignità al diritto di sovranità di qualsiasi Stato, coniugato col concetto più ampio dell'indipendenza nazionale, alla luce del quale ridiscutere i rapporti con le grandi potenze.
Questo è quanto io sono riussito a mettere insieme, forse sarà solo una sagra della banalità e una fiera dell'approssimazione, ma sarei contento se nello spazio delle lettere di Milano 19 nascesse una rubrica di confronto politico e di costume, creando così una sede non "paludata" dove sia più facile confrontarsi.
Franco Tosi
Gli anniversari dei quarant'anni dallo sganciamento delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki e dei dieci anni dalla conferenza di Helsinki sulla sicurezza in Europa, sono stati ricordati con particolare solennità e hanno dato a molti la possibilità di riflettere sul futuro dell'umanità e sulle responsabiltà personali e collettive della realtà attuale così carica ancora di angosce e di segnali di guerra, nonostante il forte impegno pacifista dei popoli e delle nuove generazioni.
Continuano intanto a restare in drammatica evidenza le questioni della fame e del sottosviluppo e le situazioni dove più acute e intollerabili sono le conseguenze delle tragedie dell'oppressione e dell'ingiustizia in tante aree calde del mondo.
Si ha l'impressione che la pace così a lungo invocata e sperata corra il rischio di avere a giorni contati sotto l'incalzare di un riarmo incessante e sempre più esteso e alla luce dei tanti conflitti locali alimentati spesso dal militarismo, dai giochi dell'imperialismo, dall'espansionismo delle grandi potenze, dagli interessi economici delle multinazionali.
È difficile riuscire ad intravvedere spazi reali di intervento, di azione e di militanza a favore della pace e delle popolazioni coinvolte loro malgrado in tragedie e violenze di dimensioni inaudite per le quali non sembrano esserci spiragli con uscite di sicurezza e nemmeno tregue possibili per tentare di avviare dialoghi e trattative.
Per ogni abitante della terra ci sono già fin d'ora a disposizione negli arsenali, sui sottomarini e sugli aerei, almeno 4 tonnellate di tritolo equivalenti alle potenzialità distruttive delle testate nucleari, senza tener conto degli intensi programmi di sperimentazione e di costruzione delle armi convenzionali e di quelle chimiche e batteriologiche.
I potenti della terra ed i signori della guerra sembrano voler spingere l'uanità sempre più velocemente verso la follia dell'autodistruzione, anche se continuano invece ad affermare che l'obiettivo è solamente quello di ristabilire gli equilibri tattici e strategici tra i blocchi contrapposti e di creare un forte deterrente per fronteggiare e scoraggiare eventuali intenzioni aggressive degli avversari.
È una logica perversa e cinica che deve essere contestata alimentando la crescita intensa e diffusa dell'obiezione di coscienza individuale e collettiva e la estensione della pratica della non violenza nei rapporti interpersonali e planetari.
Ci sono ancora, grazie a Dio e nonostante tutte le manovre ostili, forti e inequivocabili segnali di pace che emergono e si manifestano ovunque, e quindi
fondati motivi di speranza che la resistenza alla guerra possa far approdare alle sponde della pace possibile ed aprire gli orizzonti alla stagione della fratellanza universale.
La marcia da Perugia ad Assisi nei luoghi e sulle contrade di S. Francesco, è stata soprattutto un inno alla natura ed alla gioia e la riscoperta dell'idea che, al di là delle diversità e delle divisioni, è possibile continuare a camminare insieme testimoniando la voglia di costruire la pace e tracciando l'itinerario di un dialogo incessante sul valore della vita e sulla dignità e la centralità dell'uomo nella complessità e nel divenire delle vicende storiche.
Chiedere a voce alta e chiara il congelamento e la riduzione delle spese militari è un gesto profetico da apprezzare e da condividere senza riserve: pace, disarmo, non violenza, delle armi facciamo senza, ritmavano in coro e con allegria i moltissimi giovani del lungo serpentone pacifista in cammino verso Assisi lanciando un messaggio universale che deve aver raggiunto il cielo assieme ai tanti palloncini colorati simbolo della vocazione alla pace di tutti i popoli della terra.
La ripresa delle trattative a Ginevra tra USA e URSS e del dialogo tra Reagan e Gorbaciov non potrà non tener conto dell'attesa e delle speranze anche di quel pezzo di umanità che è andata ad Assisi e della mobilitazione permanente delle nuove generazioni tenacemente impegnate in varie parti del mondo nella ricerca del significato profondo dell'esistenza e nella sperimentazione del volontariato e della solidarietà verso i Paesi emergenti e in gravi difficoltà economiche e sociali. Svuotare gli arsenali è dunque un obiettivo urgente e umanitario da perseguire con generosità e altruismo allo scopo di allontanare lo spettro della guerra globale e recuperare subito tutte le risorse disponibili per la lotta alla fame e al sottosviluppo e per la diffusione e l'affermazione della giustizia nei rapporti internazionali. La ripresa degli esperiementi nucleari, l'installazione di missi-
li di teatro e intercontinentali sempre più micidiali, la proiezione della militarizzazione nello spazio, vanno invece nella direzione opposta, quella dell'arroganza e del disprezzo verso la vita di ognuno e il diritto dei popoli alla pace.
Al convegno di Roma sul traffico delle armi è emersa ancora una volta la pressante richiesta dell'abolizione del segreto militare sulla fabbricazione e sul commercio delle armi in Italia, del controllo parlamentare sulle esportazioni dei sistemi d'arma nel quadro di una diversa e più coerente politica estera italiana e non più invece per far fronte alle esigenze del commercio con l'estero e della bilancia dei pagamenti.
L'aumento e la diffusione dei conflitti locali nelle aree più arretrate e periferiche del mondo è molto spesso la conseguenza delle losche manovre dei mercanti della morte che agiscono nella più assoluta clandestinità spingendo i governi nella palude della militarizzazione dei rapporti internazionali.
Lo scandaloso traffico degli armamenti destinati al 3° mondo ed ai popoli della fame deve cessare mentre si deve avviare contemporaneamente e con coraggio un profondo processo di riconversione dell'industria bellica trasformando le "spade in vomeri e le lance in falci" e disertando "i laboratori della morte".
L'idea di costituire un Fondo nazionale per la ristrutturazione delle fabbriche d'armi e di progettare un Ministero per la pace e la giustizia internazionale, scaturita dal Convegno di Roma promosso dalle Acli, da Mani tese e da Pax Cristi assieme ad altre organizzazioni cristiane, va appoggiata e diffusa per riuscire a conquistare finalmente in Italia una legislazione contro il commercio clandestino delle armi e l'esportazione selvaggia e irresponsabile dei sistemi d'arma nazionali.
Con la corsa al riarmo "l'incidente" è sempre possibile e può scatenare conflitti di violenza inaudita.
La voce e la coscienza degli uomini e dei popoli sono il vero, l'unico deterrente possibile alla follia dei militari e dei potenti. Giovanni Garuti
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Quando
La bottega dell'erborista a cura di Liana Treves
Conosciuto in Francia come "radice di Windoek" e chiamato "Artiglio del Diavolo" in Africa, l"harpagophytum procumbens" è certamente uno degli esempi più eloquenti della ricchezza di certe medicine indigene, che solo ora stiamo iniziando a scoprire grazie agli studi approfonditi condotti da diversi gruppi scientifici.
L'Artiglio del Diévolo cresce spontaneamente rìél deserto del Kalahari e nelle steppe della Namibia. In marzo e in aprile, quando ci sono le grandi piogge, dalla pianta spuntano rapidamente grosse foglie e fiori profumati, che hanno dei meravigliosi boccioli a forma di trombetta e di color rosso-violetto.
La radice è morbida e di colore bianco-giallastro, può essere facilmente tagliata con un coltello. Il suo sapore è amaro come le foglie del carciofo. Durante la stagione delle piogge la radice immagazzina acqua nei suoi tuberi, che sono sugherosi, in modo da poter avere una certa riserva di acqua per il periodo della grande calura.
I semi sono nascosti un un frutto grande come una mano dal quale si dipartono diverse escrescenze a forma di dita dotate di uncini, alcune rivolte a rosetta verso l'alto ed altre verso il basso.
Una volta che questa strana pianta si essicca completamente diviene molto dura e resistente e solo con molta fatica si riesce a staccare questo frutto detto 'artiglio", da cui il nome dell'intera pianta. In effetti, questi frutti si incrostano sotto le zampe degli animali che, indeboliti e limitati nella loro mobilità, rischiano in queste regioni aride di morire di fare e di sete.
Per tentare di liberarsi da questi ospiti indesiderati gli animali iniziano a grattare la terra con le zampe con una danza frenetica che spesso porta ad inserire ancor più profondamente quel fastidioso frutto all'interno delle loro carni. Da qui il nome di "Artiglio del Divolo"dato alla pianta dagli indigeni.
Le parti dell'harpagophytum utilizzate sono i tubercoli della radice secondaria, che è molto ricca di principi attivi. Questi tubercoli vengono tagliati in sottili lamelle che, *dopo essere state pulite con cura, vengono fatte seccare al sole. Considerando che la radice è ricoperta da un sottile strato sugheroso, che la droga nel trattamento perde sino a dieci volte il suo peso in acqua e che inoltre la radice va raccolta ad una profondità di circa un metro, appare evidente la ragione per la quale questa pianta raggiunge prezzi così elevati.
Molte testimonianze mediche confermano che si può usare questa pianta per una gran varietà di malattie, con risultati paragonabili a quelli dei migliori farmari derivati dal fenilbutazione. I principi attivi sono arpagoside (glucoside amaro), arpagide (glucoside), glucochinine. Peraltro, è solo da pochi anni che si è cominciato a studiare la chimica di questa pianta.
Il dott. Stenmetz di Amsterdam ha pubblicato le sue ricerche sulle proprietà terapeutiche dell'Artiglio del Diavolo, sostenendo che tale pianta aumenta il bagaglio del nostro arsenale di erbe medicamentose contro l'avvelenamento dei tempi mo-
Una preziosa radice per la cura dei reumatismi
Un ulteriore esempio di come certe vecchie osservazioni di medicina popolare hanno oggi trovato conferma scientifica
La Psicofonia
Dimensione Parapsicologia
La Psicofonia consiste nell'ascolto di voci paranormali per mezzo di un comune magnetofono o apparecchio ricevitore (metafonia). t possibile anche l'abbinamento di entrambi. (In quest'ultimo caso il magnetofono si utilizza per decifrare o decodificare l'eventuale traccia del segnale ricevuto).
Il problema consiste proprio nella capacità di discriminare l'entità della grandezza elettrica che può essere costituita da rumori di fondo aventi frequenza ed ampiezza discontinui; oppure dalla ricezione di più suoni, opportunamente modulati, che possono assomigliare ad una comunicazione composta di parole.
Predisponendo l'ascolto con un ricevitore radio (in cuffia o in auricolare) è preferibile scegliere la gamma delle Onde Corte o delle Onde Medie sintonizzandolo in uno dei due punti estremi della scala parlante privi di trasmissioni. Si dovrà udire il cosiddetto rumore bianco (generato dai transistor dell'apparecchio) con una certa continuità, al punto di familiarizzare con quel particolare fruscio.
Proiezioni dell'inconscio o contatti con l'Aldilà? a cura di Enrico Perillo
La costanza ed un ascolto paziente, che non deve superare mezz'ora al giorno, potrebbe dare risultati apprezzabili che dovranno essere confermati da un attento riascolto "dell'udibile" preventivamente registrato.
Sono noti, a riguardo, gli esperimenti di Gabriella Alvisi che descrive nel suo volume I viventi di ieri. Mentre a chi volesse approfondire tale suggestiva ipotesi, segnaliamo Psicotronica, di Roberto Volterri.
Ma come nasce la psicofonia come è spiegabile la mediazione che si verificherebbe con presunte personalità defunte?
Il regista svedese Friedrich Jùrgenson nel 1959, durante una registrazione di carattere tecnico, scoperse delle strane interferenze costituite da segnali estranei alla registrazione stessa. Proseguendo nelle sue ricerche identificò tali messaggi con la comunicazione dei defunti, ritenendo di essere in contatto con un'altra dimensione.
presente nel magnetofono, sfruttando la portante elettromagnetica attraverso le tre fasi momenti paradinamici di Pensiero-Energia-Azione.
derni. Essa riesce infatti a stimolare i meccanismi di disintossicazione e di protezione del nostro organismo in modo meraviglioso.
Confermando le scoperte fatte da altri, il dott. Schmidt scrive "Di notevole importanza è il fatto che dopo l'interruzione dei trattamenti, il processo di guarigione non finisce, non è ripresa del processo infiammatorio e la guarigione, che è già iniziata, continua. Negli anni scorsi ho prescritto la radice dell'Artiglio del Diavolo a dei pazienti che soffrivano di reumatismi. Esso è stato un valido aiuto alla normale cura per i reumatismi in più di 100 casi e ad alcuni pazienti ho potuto persino evitare le medicine, in casi meno gravi ho potuto prescrivere la tisana di radice da sola. Ho usato inoltre il tè della radice per malattie del fegato e della bile".
Anche chi soffre di forme irritanti della pelle ha avuto dei buoni risultati con l'applicazione della polvere della radice, applicata sottoforma di impasto con acqua tiepida sulla pelle infiammata. I resoconti informano che questo tipo di applicazione toglie irritazione nel giro di 24 ore, iniziando così il processo di guarigione.
I nativi della Namibia strofinano la radice fresca sulle ferite, poiché sostengono che affretti la guarigione, altri invece polverizzano la radice seccata, che viene poi applicata sulle ferite dopo averle ripulite.
Il prof. Zorn dell'Università di Jena incominciò a fare alcune prove sugli effetti prodotti dalla radice dell'Artiglio del Diavolo in caso di artrite. Egli scopri che dopo una cura di 5 settimane diminuiva il gonfiore e le giunture si muovevano senza problemi. Ciò che è molto importante da un punto di vista medico è il fatto che dopo la fine della cura non vi è stata interruzione del processo di guarigione.
Questa pianta potrebbe inoltre offrire un valido aiuto in caso di malattie della bile e del fegato ed in caso di colicisti, gastriti e così pure in caso di insufficienza pancreatica.
Tutte queste osservazicni ci portano alla conclusione che la radice può essere somministra-
ta anche per lunghi periodi senza causare nessuna conseguenza dannosa, poiché la profonda pulizia della vescica e dei reni che essa promuove non danneggia in alcun modo il cuore o la circolazione sanguigna.
Questa radice è quindi raccomandata come profilassi e come depuratore, quando è consigliabile una depurazione di tutto l'organismo o come preventivo contro qualsiasi malanno. Il che sembra molto indicato nell'epoca in cui viviamo, caratterizzata dalla costante paura dei dannosi effetti dell'inquinamento, delle infezioni virali, dello smog, persino nei luoghi lontani dai centri urbani.
Il modo migliore per sfruttare le proprietà farmacologiche della droga è quello di utilizzare la radice secondaria confusa o polverizzata sotto forma di decotto. Si mette un cucchiaio da tavola di radice in 300 g di acqua bollente. Si lascia in infusione per tutta la notte ed al mattino si filtra. Si beve il decotto durante la giornata, in genere un terzo al mattino, un terzo a mezzogiorno ed un terzo alla sera, sempre circa 10 minuti prima dei pasti. Bisognerebbe non aggiungere zucchero, dato che ci si abitua presto al sapore amaro della bevanda. Seppur raramente il decotto può dar luogo ad alcuni effetti secondari non desiderati. In alcuni soggetti è possibile che si manifesti un effetto lassativo, in questo caso basta ridurre la dose iniziale per 4-5 giorni. Un altro inconveniente a dato dall'amarezza della preparazione, che può provocare vomito o repulsione oppure anche la non digestione. In questo caso basterà diluire appena il preparato. In ogni caso, la maggior parte delle persone supera tutti questi inconvenienti durante i primi 8-10 giorni di cura.
Un secondo metodo altrettanto efficace sebbene meno rapido consiste nello scaldare una teiera prima di mettere la cucchiaiata di radice dell'Artiglio del Diavolo. Vi si versa l'acqua bollente poiché non si deve raffreddare l'infuso troppo presto, La teiera deve essere di porcellana o di ceramica. Non deve mai essere appoggiata su di un tavolo di pietra o di metallo e sarebbe meglio lasciare la teiera nella notte vicino ad una fonte di calore. L'infuso non deve essere scaldato perché altrimenti il tè non viene abbastanza forte.
La conservazione dell'infuso non deve superare le 24 ore.
Anche nel caso dell'Artiglio del Diavolo si ha quindi un ulteriore esempio di come certe vecchie empiriche osservazioni di medicina popolare indigena, abbiano oggi potuto essere confermate da opportune sperimentazioni mediche.
Seguendo le modalità già descritte si tenterà di interpretare eventuali suoni che si sovrapponessero alla portante. Per esperienze personali aggiungiamo che la natura della comunicazione dovrebbe essere preceduta da un forte soffio in cuffia.
Si potrà anche udire un rumore metallico simile alla chiusura di un chiavistello o di una serratura.
Un altro studioso, Kostantin Raudive di origine lettone, intraprese le stesse esperienze pervenendo ad analoghe conclusioni che comunicò sul suo libro Voci dall'Aldilà.
Realizzò inoltre, un apparecchio denominato, appunto, Le voci di Raudive, predisposto per la ricezione in alta frequenza tale da escludere la possibilità di interferenze terrestri. La meccanica della registrazione che "loro" trasferirebbero su nastro magnetico, avverrebbe modulando il rumore di fondo
Inscì mangia Meneghin (Cucina milanese - 15)
Legora in salmi (Lepre in salmi)
"Se la legora vorli mangiaila o voialter sii bon de ciappalla o andée dal becchée a compialla!" (Se la lepre volete mangiarla o voialtri siete capaci di prenderla o andate dal macellaio a comperarla!).
Va subito detto che la lepre in salmi è un piatto da preparare due giorni prima della cottura dopo la necessaria marinata.
Spellata e monda delle interiora, tolta la testa e le zampe va tagliata in pezzi e posta sul fondo di una capace marmitta di ceramica o terraglia; una cipolla affettata, due gambi di sedano e due carote pure affettati, una foglia di lauro sbriciolata, un rametto di maggiorana, tre grani di pepe spappolati, e una buona presa di sale dovranno ricoprire la carne.
Versare quindi una bottiglia di barolo, barbaresco o generoso barbera d'annata e lasciare riposare bene per due giorni rivoltanto un paio di volte, delicatamente, la carne che va tenuta coperta da un panno pulito per potere respirare!
In procinto di cucinare la lepre togliere i pezzi con delicatezza e farli ben sgocciolare uno alla volta sulla marmitta per non perdere il marinato e riporli sopra un panno pulito asciugandoli piano con un lembo; passarli quindi in farina bianca.
In una casseruola, meglio ancora se di terracotta, rosolare un etto di burro con mezza cipolla ed indorare bene rigirandoli, i pezzi di carne a fiamma allegra; salare moderatamente e quando la carne avrà preso una bella coloritura versare sopra la marinata,
Se ipotizziamo il pensiero come il prodotto della rarefazione materiale (la realtà dell'attività spirituale), non dovrebbe sorprendere molto la possibilità di una tramutazione sonora degli impulsi elettromagnetici presenti sul nastro in assenza di segnale: white noise. Non mancano le critiche. Hans Bender, ad esempio, identifica la psicofonia come proiezioni dell'inconscio. Le voci sarebbero prodotte dagli stessi sperimentatori che emanerebbero forze bioenergetiche influenzando la registrazione. Per offrire maggiore attendibilità del fenomeno, riportiamo alcuni stralci significativi dell'Ing. C. Trajna, membro del Centro Studi Parapsicologici di Bologna. "L'incontro con le voci ha registrato per me l'inizio di un'avventura esistenziale straordinaria: non solo per le esperienze meravigliose che ho potuto fare e per le conoscenze che ho acquisito, ma anzi soprattutto, per la maturazione... interiore che questa avventura ha prodotto.
Mi capitò fra le mani il libro — ormai famoso — di Kostantin Raudive — L'inaudibile si fa udire che dice tutto a chi leggesse queste pagine senza aver mai sentito parlare di psicofonia... Gli spiritisti, in Germania, negli Stati Uniti, hanno costituito delle associazioni al solo scopo di indagare sulle misteriose voci.
... Non sono d'accordo con gli scettici: il meraviglioso mi attrae irresistibilmente... Perciò, letto il libro di Raudive... feci le mie prime esperienze, nel giugno del 1975, su un radioregistratore Orion Caf 2, a cassette, un apparecchio di nessuna pretesa. In seguito quando verificai l'esistenza effettiva delle voci ebbi più volte la tentazione di acquistare un apparecchio professionale.
portare ad ebollizione, moderare la fiamma, incoperchiare e lasciare cuocere per due ore.
Provare con una forchetta il punto di cottura, eventualmente lasciando sul fuoco ancora una mezz'ora; per essere certo il risultato non v'è di meglio dell'assaggio.
Secondo l'usanza dell'antica cucina milanese se la lepre è stata presa dal cacciatore il suo sangue va tenuto in disparte per essere aggiunto alla marinata; anche il cuore, fegato e polmoni vanno rosolati con la carne e finiti di cuocere con essa, ma non vanno messi a marinare, serbandoli a parte.
Se invece la lepre è stata comperata in macelleria, volendono, in mancanza del sangue della lepre si può avere dal macellaio un poco di sangue di maiale o di gallina da aggiungere alla marinata e macerato anch'esso con la carne due giorni.
Sembra un piatto complicato ed è invece alla portata delle massaie di buona volontà, da consumarsi in bella compagnia di cinque o sei persone che non abbiano soverchi problemi di digestione di fegato ed ancora più gustoso se affiancato da una fumante polenta ed annaffiato dello stesso vino usato per preparare la marinata.
Nota: salmi, dal francese "salmis"; intingolo, sugo, salsa piccante e aromatica; inteso anche per salsa con capperi, acciughe, spezie, aromi vegetali freschi finemente triturati.
Sperimentavo non più di una, due volte per settimana, ogni volta per mezz'ora, la durata della facciata di un nastro. Però ho trascorso molte ore a riascoltare dei nastri completamente vuoti... Non mi scoraggiavo. Sapevo che Raudive aveva testardamente insistito per molti mesi, prima di ottenere dei risultati... Quando comparve sul nastro qualcosa che configurava una prima comunicazione di origine ignota... emerse con un forte disturbo, ma nonostante la mia impreparazione non durai fatica a decifrarla: - Luciano: dove cerchi il ponte - il ponte?".
Quella strana frase che agli amici parve di sentire testualmente, non fu altrettanto evidente quando, qualche mese dopo, la riascoltarono, ignorando il testo. Ognuno di loro, infatti, la interpretava in modo diverso! "Io stesso — riferisce il Trajna — riascoltando il nastro, non sono più certo se dica cruciato o Luciano". La fenomenologia della ricerca psicofonica è oggetto di studi che si avvalgono di strumenti più o meno complessi idonei a discriminare il segnale ricevuto, che per sua natura, risulta di difficile identificazione. Allo scopo si ricorre, ad esempio, alla "psicofonia stimolata" che offre interessanti risvolti tecnici comprendenti lo studio dell'alimentazione energetica del magnetofono.
11 fenomeno non si svolge secondo il modello delle radiocomunicazioni. Tutto prova che emittente e ricevente coincidono in quanto la velocità di propagazione dei campi elettromagnetici, pari a quella della luce, si introduce nella relatività di Einstein.
(continua)
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pagina 12 - milano 19 novembre 1985
Via Padova 16Scoppia la pace
Testimonianze raccolte da Fiorella Cosmi e Matilde Lucchini
"Via Padova è una strada senz'alberi. Comincia in piazzale Loreto e va avanti fino alle autostrade per Bergamo. Al numero 61 c'è una casa ad un piano: è una sezione del Partito Comunista Italiano, la Mantovani-Padova".
Così comincia il libro "Via Padova 61 - Scoppia la pace" scritto da Fiorella Cosmi e Matilde Lucchini raccogliendo le testimonianze e la passione dei compagni vecchi e giovani, i loro ricordi, le loro speranze.
"Bisognerebbe scriverla la storia di questa sezione" aveva detto il segretario Gino Mori e Fiorella e Matilde hanno cominciato a parlarne, a raccogliere materiale, a fare lunghi colloqui con tanti militanti di diverse generazioni. Prima i vecchi militanti, quelli che hanno fondato la sezione, quando ancora, come scrive nella prefazione Giovanni Brambilla, "i disagi della guerra nazifascista apparivano in tutta la loro gravità". La sezione divenne allora centro della vita politica, ma anche della vita sociale della zona. Fu una grande esperienza di vita sociale e di solidarietà umana. Qui prendeva corpo la funzione del Partito nuovo che Togliatti andava sollecitando "presente in tutte le pieghe della società", come scrive Brambilla. Ecco dunque le parole sintetiche di Giancarlo Fusi, che il 25 aprile 1945 aveva 17 anni e fu partigiano. Ecco Teresa Botti, bambina nella guerra e militante sindacale e comunista per tutti questi anni. E Vittorio Casagrande arrivato da Trichiana dove aveva contribuito ad eleggere la prima giunta vera, scon-
figgendo prete, dottore e farmacista che avevano preso il potere. Parla Francesca Volpones, sorella di Oliviero trucidato dai nazisti, moglie di Terzulli, commissario della 110' Brigata Garibaldi, ma soprattutto protagonista della storia di Milano. Parla Pietro Porchera che ha combattutto con "Pioppo", cioè Giovanni Pirelli. Racconta ancora Laura Benfenati che pure è morta a 85 anni, poco dopo l'intervista. Fanno un dialogo Carlo Colombo e Angelo Moretti che raccontano la vera storia di piazzale Loreto e spiegano che "eravamo giovani e magri, come adesso in Nicaragua o in Salvador".
Poi parla l'attrice Anna Rodolfi, che è stata la prima donna segretaria della sezione nel 1971. Andreina Airaghi e Angelo Maggioni, una famiglia di comunisti. Il reggiano Corrado Bazzoli racconta il "luglio '60" e dopo di lui Giulio Cuzzi, dirigente del Circolo culturale Bertold Brecht e combattente in Jugoslavia, afferma che "la parola più bella della sinistra è "internazionalismo". Teresa Stabilini racconta d'un fiato la storia della sua vita di 87 anni. Umberto Fanin dice che "dobbiamo essere molto chiari nel parlare della nostra pace".
"All'inizio chiedevamo 'e Togliatti?', poi le risposte sono state anche su Berlinguer", spiegano Fiorella e Matilde. Le ultime interviste sono dedicate ai giovani per "non aspettare quarant'anni per farli parlare". Spiegano cosi il loro concetto di pace, di militanza, di politica.
Giorgio Oldrini
Perseveranze
Silloge poetica di Giuseppe Marcucci
Presso il Cenacolo Letterario della Libreria Internazionale Cavour di Renzo Cortina, a Milano, il 12 settembre scorso è stata presentata una silloge poetica dal titolo "Perseveranze" uscita dalla penna e (è il caso di dirlo) dal cuore di una persona molto nota in campo artistico:
Giuseppe Martucci.
Martucci è il direttore del diffusissimo periodico Artecultura, una pubblicazione che è presente ovunque vi sia una manifestazione d'arte, sia essa figurativa o letteraria.
La stessa rivista Artecultura è stata la promotrice di innumerevoli attività artistiche, e per
Palazzi privati a Milano
Edito dall'Ente Provinciale per il turismo - 94 pagine, 2000 lire
L'Ente Provinciale per il Turismo (E.P.T.) di Milano ha presentato alla stampa la sua ultima pubblicazione, "Palazzi privati a Milano" (94 pagine, 2000 lire), una guida agile e precisa alla scoperta di un patrimonio artistico tanto straordinario quanto misconosciuto. A differenza di altre città in cui l'edilizia civile è fiorita in un preciso periodo (per esempio il neoclassico a Trieste o il Rinascimento a Firenze), a Milano troviamo rappresentata una gamma di stili che va dal gotico al liberty senza interruzioni e con esemplari tutti di pari dignità artistica. Il volumetto, che è stato curato dall'architetto Carlo Perogalli, offre una scelta di edifici, che vanno dal Palazzo Borromeo (Piazza Borromeo 12), costruzione neogotica del primo Quattrocento, al massimo esemplare del liberty milanese, il Palazzo Castiglioni di corso Venezia 47, passando per una serie di palazzi più o meno noti, rappresentativi di varie epoche.
trovandosi i palazzi per lo più nel centro, la tentazione di affittarli a caro prezzo come uffici o banche è stata quasi sempre irresistibile; gli ambienti antichi sono stati spesso devastati per adattarli alle nuove funzioni; gli affreschi, gli stucchi, gli infissi d'epoca distrutti o incongruamente accostati a scrivanie metalliche e computer; in ogni caso poi, dato l'utilizzo privato, questi spazi non sono visitabili.
Ma anche per le facciate e i cortili, che restano a disposizione dei cittadini, c'è il drammatico pericolo dell'inquinamento: le colonnine, le statue, i fregi di arenaria si sfarinano e scompaiono. Per il caso positivo degli Omenoni, di cui si è appena completato il restauro, ci sono decine di facciate in via di distruzione.
brevità di spazio citeremo solo l'edizione del Premio Pace per la poesia, che vede quest'anno la sua tredicesima edizione, e tralasciamo le altre iniziative nate proprio dall'ingegno e dal coraggio di Giuseppe Martucci, che con la pubblicazione del volume "Perseveranze" mostra il suo volto e il suo animo di poeta, la sua sensibile personalità e le sue indubbie capacità letterarie.
Sotto la bella copertina di Attilio Lunardi, completato da ràffinati disegni di Remo Brindisi, il libro si presenta con un sobrio nitore. Milena Milani ha preparato la biografia dell'auto-
"Milano e i Navigli" era il titolo di un catalogo che una decina di anni or sono illustrava una mostra fotografica organizzata dal Comune. Con lo stesso titolo il Comune di Milano ed il civico archivio fotografico ripropongono ora lo stesso catalogo, sotto la veste più dignitosa di un volume autonomo curato da Pietro Florio e Pantaleo De Marzo, didascalie
re e Carmelo Strano ne fa il testo critico, mentre Vanni Viviani ne ha curata l'impaginazione. L'intera silloge è dedicata al figlio dell'autore: Teo Martucci, che abbiamo visto commosso alla sera dell'inaugurazione. Fra le venti liriche riunite sotto un titolo che ben si attaglia alla vita di un uomo che ha conosciuto anche le amarezze di un lavoro da emigrante, scegliamo proprio l'ultima composizione "Dimenticato minatore".
—Amava./ Le cose più belle/ lo spazio, il sole/ l'armonia del canto/ quanti hanno cuore./ Giù. Nel più profondo/ ventre della terra/ nel buio mondo/ finì il suo amore./ Serrato, stretto/ schiacciato forte dalle nere falde/ del rozzo carbone./ Amava./ Dimenticato minatore... -
di Fermo Roggianí - in segno di omaggio e di nostalgia per i Navigli che furono. Passando da una pagina all'altra, da una foto ad un quadro (riprodotto in bianco e nero) e viceversa, si acquista una netta sensazione (ed i meno giovani rinverdiscono il ricordo) di quanto Milano ha perduto in bellezza e umanità di spazi con la copertura, peraltro necessaria per altri motivi, dei suoi Navigli che fino a poco più di mezzo secolo fa racchiudevano il suo "sciroeu" (centro storico) in un cerchio che lo circondava a poche centinaia di metri da piazza del Duomo. Foto struggenti ci restituiscono visioni di ponti, di "sciostre" (depositi sulle sponde dei Navigli dove venivano scaricate le merci ed in particolare legna e carbone, da cui il milanese "sciostree" per carbonaio), di alzaie.
All'iconografia consueta della Milano fluviale (il "tombon" di San Marco, il vicolo dei Lavandai, San Cristoforo, la Darsena) si alternano immagini quali quella di un passaggio del celere (un tempo) "barchett de Boffalora" davanti a una casa pavesata di biancheria al vento di una cornice di realtà che i decenni ormai trascorsi non sono riusciti a cancellare.
Nella foto il Naviglio in via Francesco Sforza.
Quest'opera è quindi un invito a guardare con diversa attenzione i tesori d'arte che abbiamo sotto gli occhi, a volte senza saperlo, ma anche 'un invito a riflettere sui problemi particolari di questo tipo di edifici. Il più grave è il problema degli interni:
Il presidente dell'E.P.T., Giovanni Pini, ha annunciato che è in corso di preparazione una mostra su questo argomento, che sarà l'occasione per ricordare a tutte le forze cittadine la necessità di elaborare un piano per la difesa di questo inestimabile patrimonio.
Marina
Nella foto il cortile di Palazzo Borromei.
Milano e i Navigli Edito dal Comune, curato da Pietro Florio e Pantaleo De Marzo, didascalie di Fermo Roggiani 20148 MILANO Lab.: Viale Aretusa, 19 Tel. 40.46.103 MATERASSAIO rifacimenti in giornata TAPPEZZIERE IN STOFFA TENDAGGI vendita materassi a molle PERMAFLEX - SIMMONS NOVITA' BAGNO OPPIONI ARREDAMENTI COMPLETI PER BAGNO COMPOSIZIONI IN CRISTALLO E IN LEGNO accessori di ogni genere NOVITA' NESSUN FORO NELLE PIASTRELLE LAVORI SU MISURA MILANO - via G. SILVA 29 (Ingresso da via ALBANI) Tel 4986440 aperto tutti i giorni dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 16 alle 19,30 novembre 1985 milano 19 - pagina 13
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Elogio per una pipa
Uomini da pipa, uomini che sanno fare pipe, pipare.
Non siate maliziosi, anche se "far pipe" nella metaforica del linguaggio italico vuol dire qualcosa come piacere solitario, masturbo; no, no!
Voglio parlarvi in piccolo tratteggio d'una attività artigiana a cui si applica con rigorosa meticolosità un mio amico che possiede oltre alla grande passione per questo genere di lavoro un'abilità insolita.
Dal suo minuscolo laboratorio sia il fornello di radica purissima e di prima qualità sia il bocchino di galatite nera e di elegante accoppiamento sono scrupolosamente lavorati a mano, calibrati, lucidati e... consegnati per l'uso.
eseguono prelievi anche a domicilio
Scegliamo questa definizione, linoleografia, anziché la dizione più vicina alla realtà, che sarebbe "linoleumgrafia", semplicemente perché si tratta di una parola di uso più comune. Serve per indicare il procedimento (e some al solito anche il suo risultato) per eseguire incisioni con il metodo del rilievo, simile ma non identico, a quello della xilografia di cui abbiamo già parlato. Il materiale questa volta è il linoleum, di invenzione non troppo antica, per la verità in-
trodotto, come procedimento di fabbricazione, intorno al 1860 da Federico Walton, inglese che lo produceva con sistemi lavorativi quasi identici a quelli usati ancor oggi.
I componenti del linoleum sono la grossa tela di iuta, molto robusta, su cui si spalmano e si comprimono varie sostanze (vi è anche polvere di sughero) legate con olio di lino, gomme, resine e colori da pigmenti.
Per l'esecuzione di una linoleografia, tecnica cui Picasso diede nobiltà e diffusione, si seguiranno alcune avvertenze, prima di tutto il lavaggio preliminare per l'asportazione di qualsiasi traccia di untuosità, lavaggio che di prefernza va eseguito con sabbia molto fine, affinché non graffi la tavola.
Con inchiostro di china si esegue il disegno, che poi risulterà capovolto, per cui lettere dell'alfabeto, numeri e la stessa firma si devono eseguire al contrario.
Quando si adopera una tavoletta molto scura per il ricalco di motivi particolarmente complicati che richiedono l'uso di carte copiative, riuscità di aiuto lo spargere sulla superficie un sottile strato di biacca.
A questo punto inizia il lavoro di incisione vero e proprio, che si esegue con apposite sgorbie di varie misure, nelle forme
a V e a U, appuntite o piatte, larghe o strette, tutte molto taglienti e da usare con molta abilità, per evitare dolorose e pericolose sconfinature verso le dita. Meglio abituarsi subito a dirigere le sgorbie in direzione contraria alla mano che regge il lavoro.
Terminato questo lavoro di scavo, la lastra va ancora lavata per togliervi i resti del disegno. Se la linoleografia è da prepararsi in monocromo, si dovrà stendere il colore prescelto, un colore oleoso da stampa, su una superficie molto liscia, quale il vetro il resopal. Importante la densità della stesura, da cui dipenderà l'assenza di sbavature e lo spessore esatto del velo colorato, distribuito con un rullo sulla matrice.
Il foglio di carta speciale, assorbente ma non eccessivamente pesante, va posato con tocco deciso sulla lastra inchiostrata e poi si esercita una pressione uniforme, servendosi di un attrezzo idoneo, sia esso un rullo o un semplice cucchiaio da tavola.
Separando il foglio dalla tavoletta, si avrà subito la visione del risultato.
Il Gruppo Sirio
Nell'illustrazione, una linoleografia di Arcano "Naviglio Grande".
I suoi pezzi non sfigurerebbero certamente in bocca a celebri personaggi dalla pipa onnipresente; dal noto sindacalista Lama all'ex presidente della repubblica Pertini o al tecnico della nazionale di calcio Bearzot. Quello che posso affermare personalmente e senza tema di una smentita da parte di chicchessia è che una delle pipe che escono dalle mani del mio amico farebbe resuscitare dalla tomba anche mia nonna Virginia, la quale fumava gustosissimi sigari con il suo stesso nome, quelli con la paglietta, ma di nascosto fumava del buon trinciato nella pipa di mio nonno Pietro tra una presa di tabacco da fiuto ed uno dei tanti caffè che ingurgitava giornalmente.
In via Capre, tra la via S. Eufemia e corso di Porta Romana, strada scomparsa una trentina d'anni fa, era nota come "la donnetta dei quatter tabacch", perché oltre a fumare sigari e pipa e fiutare tabacco ne masticava anche, come usavano fare al tempo moltissimi uomini.
Ragioni evidenti m'impongono di fermarmi qui, non posso fare una sfacciata pubblicità; ma se qualcuno volesse regalare o regalarsi una pipa "unica" fatta interamente a mano mi telefoni in redazione a Milano 19 il mercoledì sera o lasci un messaggio oppure scriva all'indirizzo del giornale. State tranquilli, non ci speculo; è un piacere aiutare così un amico ed ottimo artigiano, ma il piaciere sarà tutto vostro quando sarete in possesso di una delle più belle pipe lavorate a mano... dell'intero globo! Arcano
Il pittore delle case di ringhiera Personale di Elio Borgonovo alla Galleria Meneghin e Cecca
Si inaugura presso il Circolo Ambrosiano "Meneghin e Cecca" in via Monte di Pietà, IMilano, il giorno 18 novembre 1985, una mostra di pittura di Elio Borgonovo, presentato a suo tempo su Milano 19 e noto
come il pittore delle case da ringhiera. Le sue interpretazioni delle vecchie case e degli oggetti umili della povera gente non sono soltanto un insolito richiamo, ma mettono in risalto la capacità dell'artista e tutta la
sua genialità. La mostra sarà possibile vederla dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 19,30 tutti i giorni e si chiuderà il 1° dicembre 1985.
«gratis» allo SFERISTERIO MILANO per una serata simpatica divertente diversa con il gioco della pelota basca tutte le sere funziona bar tavola fredda e totalizzatore elettronico NÌ alla presentazione di questo annuncio avrete diritto all'ingresso GRATUITO con esclusione del sabato VIA PALERMO 10 - TEL. 6572290 Le tecniche pittoriche (29) La linoleografia L'arte di incidere sul linoleum Via C. Dolci, 38 - 20148 MILANO Tel. 40.80.506 3,0LORIFICIO S. SIRO COLORI - VERNICI - FERRAMENTA - CASALINGHI CARTE DA PARATI - MOOUETTES - ARTICOLI BELLE ARTI ... e mille cose per la casa! -Le Woleil" boutique Via Sebastiano del Piombo 15 20149 Milano lei. 4982961 LABORATORIO di ANALISI MEDICHE LACOMINA s.r.l. via delle Ande 5 tel. 3086091
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pagina 14 - milano 19 novembre 1985
A.T.
Pag: nome corto, attività lunghissima
Di milanesissimi natali, tra le sue opere non potevano mancare i Navigli e le vedute della vecchia e cara Milano
L'attività lunghissima è quella che tutti noi suoi amici (di Pag pittore, che è il direttore di Milano 19, Gianpiero Pagetti) auguriamo a questo artista un po' novizio nonostante l'età, e ci spieghiamo subito per non venir fraintesi.
Attivo "da sempre" in campo politico per un partito di cui condivide gli ideali, ai quali ha sacrificato e sacrifica gran parte del suo poco e prezioso tempo libero, e forse anche di più, Pag non si è fatto conoscere come pittore se non in questi ultimi anni, sulla scia degli interventi del Gruppo Sirio in quartiere e nella zona, riservando però sempre un occhio benevolo a questo gruppo stranamente tenace e compatto che di anno in anno manteneva viva una presenza culturale in un ambiente dapprima scarsamente favorevole.
Ignari di questa sua passione segreta, i soci Sirio si premuravano di invitare Gianpiero Pagetti a tutte le iniziative organizzate negli anni in cui il periodico locale veniva affermandosi, e lo vedevano arrivare sempre puntuale e sinceramente interessato, interesse che poi si tramutava in spazio di cronaca su queste stesse pagine, che oggi vogliono fare il suo nome come pittore.
La scoperta di questa sua capacità artistica è arrivata quando in una delle mostre indette nella sede della Cooperativa "La Vittoria" di Trenno Pagetti ha esternato il desiderio di inserirsi tra gli espositori e quindi presentando una vivace serie di Paesaggi pieni di colori e di luci, molto apprezzati dai visitatori, che incontravano la firma Pag per la prima volta e volevano fare la conoscenza con il pittore.
Rotto il ghiaccio, ecco Pag che partecipa ai concorsi che periodicamente il Sirio organizzava, per rendere più piena e vivibile la zona-dormitorio, per suscitare l'interesse verso l'arte, e per molti altri motivi sociali.
Una buona spinta all'esercitazione all'aria aperta, con cavalletto e tavolozza "en plen air" Pag l'ha certamente avuta dalla
milano 19
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L'angolo della poesia )
Tema "Giustizia"
Non ci deve sorprendere che anche la giustizia sia stata presa in considerazione quale tema poetico, purtroppo non sempre esaltante la stessa, anzi...
Negli anni correnti sono accaduti fatti che hanno profondamente solcato il concetto che di tale vocabolo si è fatta bandiera nei millenni, quello di virtù, lasciando soltanto lo spazio al potere di realizzare il diritto incespicando sovente sul tortuoso sentiero dell'iniquità
Dal Vero
(Omaggio a Olindo Guerrini, alias Lorenzo Stecchetti, da AdjectO Versione in milanese da "La Rossumada"di Arcano ler hoo cognossuda la giustizia. Stava int on tuguri tant lurid e infett, sora certi cadregh residuàa dal ghètt, che la spioggeria contaminava. Tra sveglia e indormenta l'interrogava del vilàn col gergo e cont el dialqtt e, miagoland cont el tono de falsett, lée, quej alter e'1 Tribunal seccava.
Poeu ghignand la me dis: "Mì a t'hoo ligàa j man, la lengoa, i pée e de quel tò scritt nient denanz de mì voeuri che sia provàa.
Mì t'hoo mettùu el bavaij e t'hoo prescritt che non t'ha de podèe manch tirà el fiàa. Adess deféndent pur. A l'è tò
frequentazione di quel maestro veterano (in pittura e sulle tecniche pittoriche) che è il conosciutissimo Arcano, il quale sembra godere nel trovare chi si appressa a condividere il suo grande amore per l'atmosfera, intesa non solo come quella dell'ambiente, ma anche per quel clima di trasporto simbiotico che si forma tra la natura e l'artista che tenta di trasferirla in arte. Avvinto da questa pratica, Pag ha trasformato la sua maniera di dipingere, divenendo più sciolto nel disegno di base, più disinvolto nel tratto e nel colpo di pennello, più raffinato e attento nella scelta del colore. Colore che si è fatto più corposo, più materico, più agilmente trattato, con grande vantaggio del risultato finale.
In tutte le ultime collettive svolte dal Sirio in questi ultimi anni Pagetti ha partecipato con lavori sempre nuovi, il che sta a dimostrare che si è applicato molto, rubando qualche ritaglio prezioso al suo ,già poco tempo libero, ma ne valeva la pena certamente. Nell'ultima mostra a tema, quella sul Quarantennale della Liberazione, il dipinto che Pag ha presentato è di quelli che non si dimenticano; una vera opera basilare nella produzione di un artista.
Forse è già stata descritta, ma
vogliamo ricordare il soggetto, già di per sé significativo: il lager in terra italiana, la Risiera di Trieste, che ancor oggi conserva i resti di quei tristissimi giorni, dei martiri che vi hanno spento la loro vita, e ad essi, in omaggio al loro sacrificio, Pagetti ha voluto illustrare la lugubre frase: "Tu uscirai per il camino". Una allucinante sequela di figure martoriate esce da quel camino, oltre i lisci muri che si elevano a ricordare le colpe degli uomini che smarriscono i valori morali dell'esistenza, e nel ricostruire quell'episodio Pag ha anche costruito un quadro degno di alti riconoscimenti.
I soggetti della pittura di questo interessante artista sono però solitamente lieti e sereni. Naturalmente non potevano mancare i "Navigli" e le vedute della vecchia e cara Milano, tanto più cara in quanto il Nostro vanta natali milanesissimi. Memorabili le dispute con l'altro meneghino puro sangue, dal cognome Tremolada presente all'anagrafe della nostra città da quattro, cinque o più secoli. Entrambi si fanno vanto di conoscere ogni via, vicolo, contrada in particolare "entro la cerchia, e più di tutto al Ticinese, e ciò è comprensibile per chi è nato, non diciamo quanti anni fa, proprio in corso Ticinese all'an-
golo con via Mulino delle Armi. E per chiudere questa spontanea presentazione raccontiamo un aneddoto che lo stesso pittore ci ha raccontato, inerente alla vacanza appena finita, di questa favolosa estate '85. Entusiasta della pratica di dipingere all'aria aperta, Pag se ne va con cavalletto e scatola in una località che gli sembrava particolarmente adatta alla riproduzione pittorica. La gente passa, guarda e se ne va, ma un bambino piccolissimo gli si mette al fianco e se ne sta lì per tutto il tempo non perdendosi un gesto, un segno sulla tela, una pennellata di colore. Quando arrivano nuovi curiosi, poi è lui, il piccolino che dà le spiegazioni del caso, dimostrando tra l'altro di aver compreso benissimo intenzioni e scelte del pittore. Il quale lavora, disegna, corregge, aggiunge, modifica finché il quadro gli appare finalmente quale lui lo desiderava. Ripone i colori, pulisce i pennelli, asciuga la tavolozza e il bambino gli dà il suo voto: "Ma lo sai pittore che sei proprio un artista?".
Bruna Fusi
Nella foto "Naviglio Grande d'agosto", olio su tela cm. 50x35.
(Ieri ho conosciuta la giustizia. Stava / in un tugurio tanto lurido e infetto, 1 sopra certe sedie residuate dal ghetto, / che la pidoccheria contaminava. / Tra sveglia e addormentata interrogava I col gergo del villano e col dialetto 1 e miagolando con il tono difalseito, / lei, gli altri e il Tribunale seccava. / Poi ghignando mi dice: "Io t ho legato / le mani, la lingua, i piedi, e di quel tuo scritto / nulla dinanzi a me voglio che sia provato. / Io t 'ho messo il bavaglio e t'ho prescritto / che tu non possa nemmeno tirare Mato. 1 Adesso difenditi pure. È tuo diritto':
De Justitiae
Da pretura de paes a cort marzial, l'istess de quand ghtra el "tribunal special" e pur anch se l'è amministrada mal, la giustizia l'è ona virtù cardinal. Con tutt j robb che al mond succeden a la giustizia hin pocch quej che ghe creden!
(Da pretura di paese a corte marziale, / lo stesso di quando c'era il "tribunale speciale" I e pur anche se amministra male, / la giustizia è una virtù cardinale. 1 Con tutte le cose che al mondo succedono / alla giustizia son pochi quelli che ci credono).
Diritt e dover d'on galantomm hin scritt sora i codes de la legg bolgironna; se te manchet ai dover la tontonna, ma l'è sorda quand te ciamet i diritt.
(Diritti e doveri d'un galantuomo sono scritti / sopra i codici della legge traditrice; 1 se tu manchi ai doveri ti brontola, / ma è sorda quando tu appelli i diritti.)
Testi milanesi tratti da "In ponza de corter 1979. Arcano
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novembre 1985 milano 19 - pagina 15
dalla prima pagina Anziani
lizzato dagli anziani e dagli operatori per attività ricreative e di animazione. La distruzione del giardino comporterebbe la paralisi totale della vita associativa del centro", sotto la quale sono state apposte ben trecento firme.
Sempre nell'assemblea del 5 ottobre gli utenti hanno deciso di presidiare il successivo lunedì mattina il Centro,►di recarsi in delegazione a Palazzo Marino.
Analoga richiesta era già stata avanzata dal gruppo consiliare comunista al Consiglio di Zona 19, che in data 30 settembre aveva presentato la seguente interrogazione urgente: "Si chiede se il Presidente del Consiglio di Zona 19 è a conoscenza che: I) un'impresa, con tanto di appalto comunale, si è presentata al Centro Anziani di piazzale Segesla per realizzare un campo di bocce al posto del giardino del Centro; 2) il Comitato di Gestione per ben due volte, durante l'estate, si è opposto ad un'opera mai proposta da alcun assessore al Consiglio di Zona e neppure dal Consiglio di Zona, che invece, già da tempo, aveva proposto di realizzare un campo di bocce nel giardino del Centro Comunitario di Trenno ed un altro nel campo giochi di via Falk, da dare in gestione, tramite convenzione, alla Lega Pensionati del G.2 San Leonardo e all'associazione G.3. Si chiede infine un incontro urgente fra Consiglio di Zona 19, Comitato di Gestione del Centro Anziani con gli assessori all'assistenza ed ai lavori pubblici:
Lunedì 7 ottobre l'impresa
non ha potuto entrare nel Centro presidiato, sin dalle prime ore del mattino, da non meno di 150 anziani. La sera dello stesso giorno una delegazione del Comitato di Gestione del Centro e del Consiglio di Zona 19 si è incontrata a Palazzo Marino con il segretario del Sidaco, che ha cercato di convincere i presenti sulla compatibilità tra il progetto dei campi di bocce e le attività che si svolgono nel giardino. Presenti i consiglieri di zona comunisti e socialisti (di quelli degli altri gruppi nessuno si è fatto vedere) è emersa la proposta sostenuta con fermezza dai consiglieri comunisti, di utilizzare il finanziamento di quasi 50 milioni di lire (tale è la cifra destinata alla realizzazione dei campi di bocce) per sistemare tutto il giardino del Centro Anziani di Piazzale Segesta, come da tempo richiesto dagli utenti e dal Consiglio di Zona 19. Per modificare la delibera ed il progetto comunale, e quindi la destinazione del finanziamento, era però necessario parlare con gli assessori, il che non è stato possibile perché malgrado fossero stati preavvertiti con telegramma e quella stessa sera di lunedì 7 ottobre fossero presenti a Palazzo Marino per una seduta del Consiglio Comunale, essi non si sono presentati all'incontro.
Il presidente del Consiglio di Zona 19, Cianpiero Chioccola, si è allora impegnato a telefonare personalmente il giorno successivo agli assessori. Ciò che ha effettivamente fatto riuscendo ad avere, con l'assessore ai Lavori Pubblici Zorzoli, un incontro su cui ha riferito agli utenti del Centro in un'assemblea tenutasi il 22 ottobre, durante la quale gli anziani hanno ribadito il loro no ai campi di boceP.
Rimane da rilevare che situazioni di questo genere si determinano quando centralmente (in questo caso a Palazzo Mari-
no) vengono prese decisioni senza farvi partecipare gli utenti e gli organismi del decentramento: nella fattispecie gli utenti del Centro Anziani, il loro Comitato di Gestione ed il Consiglio di Zona 19. Chi ha sbagliato deve ora rimediare, magari perdendo ancora un po' di tempo (si va incontro alla brutta stagione per cui i lavori di sistemazione del giardino potrebbero essere eseguiti anche nei prossimi mesi senza dar fastidio agli anziani), ma comunque con la partecipazione e con il consenso e senza spreco di denaro pubblico. Questo valeva per la passata maggioranza di sinistra e questo deve valere anche per l'attuale maggioranza pentapartitica formatasi al Comune di Milano e al Consiglio di Zona 19.
Diventa
relative vistose retribuzioni, e contemporaneamente hanno continuato il loro stato di servizio per tempi lunghi nella stessa azienda, si vedono almeno riconosciuto una modesta somma di danaro in più con un minor prelievo fiscale sull'indennità di fine rapporto di lavoro.
Un altro aspetto positivo della legge nella sua stesura finale riguarda l'approvazione della retroattività dei termini di decorrenza per la richiesta di rimborso. Originariamente fissata sulle liquidazioni percepite dopo il l' gennaio 1983, su proposta del gruppo parlamentare comunista, è stato possibile renderla operante anche per i rapporti di lavoro interrotti dal gennaio 1980.
È indubbio che siamo lonta-
ni dalle interpretazioni delle varie Commissioni Tributarie e della stessa Corte Costituzionale che, per oltre due anni, avevano illuso un po' tutti indicando "non infondati i dubbi di costituzionalità" del prelievo fiscale sulle liquidazioni perché non tiene conto che in esse figurano elementi di natura previdenziale, a prescindere da contribuzioni effettivamente versate dagli stessi lavoratori (soltanto gli statali contribuiscono con il 2,5 per cento dell'80 per cento della retribuzione), perciò assimilabile ad una forma di risparmio forzoso che, proprio perché tale, dovrebbe godere di un trattamento fiscale agevolato, superiore a quello cui sono considerate le forme di risparmio volontario, quali possono essere le polizze assicurative.
Per queste ragioni il capitolo non dovrebbe essere definitivamente chiuso. Si ipotizza ancora un pronunciamento della Corte Costituzionale. Fra tanti "addetti ai lavori" istituzionalmente delegati ad esaminare e decidere la delicata materia sulla pelle di larghi strati di popolazione le vie da percorrere sono infinite, anche se dopo l'attuale aggiustamento i margini di future ulteriori detassazioni sembrano piuttosto ristretti. Come si calcola la nuova imposta
Due gli-elementi da prendere in considerazione: imponibile e aliquota. L'imponibile è dato dall'importo corrispondente al trattamento di fine rapporto diminuito di una somma pari a 500 mila lire per ogni anno di anzianità (con esclusione di eventuali periodi di anzianità convenzionale).
Per calcolare l'aliquota prima bisogna determinare il redditto di riferimento. Questo è uguale all'importo complessivo della liquidazione diviso per il numero degli anni di anzianità e
moltiplicato per 12. Sul reddito di riferimento si calcola la relativa imposta applicando le normali aliquote Irpef (il 18 per cento sui primi 11 milioni, il 27 per cento dagli I l ai 24 milioni, e così via). Con questi dati, la formula per calcolare l'aliquota è la seguente: imposta Irpef diviso reddito di riferimento moltiplicato per 100. Dopo aver determinato l'imponibile e l'aliquota si moltiplicano i valori così ottenuti ricavando l'imposta da pagare.
Con un esempio vediamo di chiarire meglio il procedimento, come sempre, in materia fiscale, macchinoso (e giustamente al limite della sopportazione). Lavoratore a basso reddito. Importo di liquidazione di 40 milioni per 40 anni di attività continuata presso uno stesso datore di lavoro. Calcolo dell'imponibile: dalla somma corrispondente alla liquidazione occorre detrarre lire 500.000 x 40 = 20.000.000; quindi l'imponibile risulta di lire 40.000.000 — 20.000.000 = lire 20.000.000.
Calcolo dell'aliquota: lire 40.000.000 : 40 = lire 1.000.000 che moltiplicato per 12 = lire 12.000.000 (reddito di riferimento). Ora si tratta di determinare l'imposta che si dovrebbe pagare su 12 milioni. Tale imposta è di Ire 2.250.000 secondo le attuali tabelle Irpef. L'aliquota è uguale a lire 2.250.000: 12.000.000 x 100 = 18,75. Questa è l'aliquota da applicare all'imponibile di 20 milioni sopra calcolato. Che sarà 20.000.000 x I 8,75 : 100 = lire 3.750.000. Con l'imposta precedente si pagava lire 5.065.000. Una differenza in meno di lire 1.315.000.
Non dimentichiamo che in campo operaio (naturalmente il più vasto) sono ancora in atto liquidazioni ridotte rispetto a questa pur minima presa in considerazione, in quanto per i periodi iniziali e intermedi di at-
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tività lavorativa calcolate su una base di indenità pari ad una retribuzione settimanale o quindicinale per ogni anno di anzianità.
Altro esempio per un lavoratore con reddito medio, sempre con un'anzianità di servizio di 40 anni. Liquidazione: 60 milioni di lire — Imposta: lire 8.600.000 — Imposta precedente: lire 11.794.000.
La domanda di rimborso
Hanno diritto al rimborso della somma versata in più quale imposta fiscale tutti i lavoratori che hanno cessato il servizio da l° gennaio 1980 in poi. Per le cessazioni avvenute antecedentemente, la nuova legge si applica solo se il lavoratore o i suoi superstiti hanno presentato ricorso e il procedimento è ancora in atto.
Questi i termini per la domanda: entro 60 giorni dalla pubblicazione della nuova legge, avvenuta in data 27/9/ 85, il ministro delle Finanze emanerà un decreto con il fac-simile del modulo e le relative istruzioni operative; entro 90 giorni dalla pubblicazione del decreto, i lavoratori o i loro superstiti dovranno presentare la domanda di rimborso sul modulo che verrà distribuito a tutti i richiedenti; per le liquidazioni degli anni 1980 e precedenti il rimborso dovrebbe avvenire nel 1986; per quelle del 1981: nel 1987; per quelle del 1982 e successive: nel 1988. A partire dal 1° gennaio 1986 e fino alla data di emissione dell'ordinativo di pagamento, decorreranno gli interessi nella misura del 6 per cento per semestre, con esclusione del semestre in cui sarà emesso il mandato. Chi non rispetterà i termini e le modalità stabilite non perderà il diritto al rimborso, ma dovrà seguire la normale e quindi ancora più lenta procedura.
pagina 16 - milano 19 novembre 1985
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