la campana
IL RINNOVO DEL CONSIGLIO DI FABBRICA
nel segno dell'unità sindacale e della lotta alla crisi
In vista del rinnovo è giusto sottoporre all'attenzione dei lavoratori il lavoro svolto dal Cdf durante il suo mandato ed i problemi che il nuovo Cdf dovrà affrontare.
Occorre subito ricordare che questo rinnovo cade in un momento particolarmente difficile per l'aggravarsi della crisi economica che colpisce l'intera economia mondiale e quella italiana in particolare, dove si assomma il lento ma inesorabile deteriorarsi dei rapporti sociali, il dilagare degli scandali, dei fenomeni eversivi e malavitosi (mafia, camorra, terrorismo) minando così la struttura democratica del nostro paese.
Gli oltre due milioni di disoccupati, il continuo accrescersi delle ore di Cassa integrazione, il tasso di inflazione che ha ormai splafonato il tetto del 16% prefissato dal Governo, il deficit pubblico che appare sempre più come una voragine di cui non si intravede il fondo sono gli elementi che evidenziano come la politica economica del Governo è inadatta per affrontare la situazione di crisi in cui si trova l'Italia. Se è pur vero che la crisi ha una sua origine a livello internazionale (l'aumento del divario tra paesi ricchi e paesi poveri, il tentativo di riinstaurare un ferreo controllo politico ed economico da parte degli Usa, dal quale deriva la scelta di rafforzare il dollaro danneggiando così le economie dei paesi europei, e in via di sviluppo e causando di conseguenza la caduta della domanda mondiale , il rinascere di focolai di guerra fredda — vedi gasdotto siberiano — ed il conseguente abbandono delle politiche di distensione che avevano tra l'altro agevolato lo sviluppo dei rapporti commerciali di interscambio), le decisioni economiche assunte dal Governo vanno nel senso di utilizzare la crisi per colpire le conquiste, sia economiche che sociali, realizzate dai lavoratori e dalle masse popolari in questi anni.
Infatti l'aumento delle tariffe pubbliche: luce, telefono, trasporti ecc., dei prodotti di largo consumo: benzina, gasolio, ecc. e delle aliquote Iva e l'aumento del drenaggio fiscale gravano principalmente sui ceti a reddito fisso, in particolare lavoratori e pensionati, immiserendone sempre piu le condizioni di vita, mentre i ceti sociali nei quali si annidano ipossessori di rendite parassitarie, gli speculatori (che attraverso losche manovre finanziarie portano ingenti somme di capitali all'estero per poi provocare bancarotte in Italia — vedi Sindona e Calvi ) e gli arcinoti evasori fiscali non vengono colpiti ed ogni iniziativa nei loro confronti viene costantemente affossata.
È inoltre profondamente errato ritenere che si possa rilanciare l'economia italiana attraverso un contenimento
od una riduzione del reddito da lavoro, bisogna attaccare a fondo i redditi privilegiati, parassitari e gli evasori fiscali; questo indirizzo economico di attacco alle condizioni di vita dei lavoratori propugnato da eminenti personaggi governativi (primo tra tutti il ministro Andreatta) non solo non giova a risanare l'economia italiana ma anzi non fa altro che peggiorarla ulteriormente poiché una riduzione e dei redditi da lavoro significherebbe automaticamente una pari diminuzione dei consumi interni e di conseguenza la diminuzione della produzione e dell'occupazione con un processo a spirale di cui si intravede l'origine ma non si può immaginare la fine.
Le cose sovraesposte non avvengono per puro caso o per la cattiva volontà di qualche governante ma sono la manifestazione di un concetto vecchio quanto il mondo: lo scontro di classe.
Ed è appunto nei momenti di crisi economica, in cui i margini di sviluppo e di conseguente redistribuzione del reddito vengono meno, che lo scontro si fa più acuto e le classi sociali più forti tentano non solo di mantenere i loro privilegi ma anzi di aumentarli utilizzando la crisi per impossessarsi di quote di reddito delle classi più deboli.
Ed è proprio in quest'ottica che si colloca la strategia della Confindustria e della stessa Intersind che per bocca di Massacesi va da tempo ripetendo che è giunto il momento che "i lavoratori restituiscano ciò che hanno ottenuto" con anni di dure lotte e sacrifici.
Conseguente a questa posizione è la disdetta dell'accordo sulla scala mobile, il martellante e terroristico bombardamento sul problema del costo del lavoro, il rifiuto ad intavolare le trattative per i rinnovi dei contratti di lavoro.
I lavoratori sono riusciti sinora a contenere se non a respingere l'attacco portato avanti dal padronato, ma non si può nascondere che le lacerazioni interne al sindacato, l'affievolirsi dello spirito unitario, le lunghe paralisi del1 attività sindacale, l'intervento dei partiti nella vita interna dello stesso hanno pesato negativamente sull'attività del sindacato e spesso vanificato o sminuito il potenziale di lotta che i lavoratori hanno espresso anche recentemente.
Diventa pertanto di primaria importanza per i lavoratori e per i Cdf impegnarsi perché nel sindacato si affermino posizioni unitarie che impegnino il Governo ed il padronato a modificare la politica economica, a rilanciare l'occupazione, specialmente tra i giovani, al risanamento sociale e produttivo del Paese. Per fare questo il primo obiettivo da raggiungere è realizzare il Contratto nazionale.
Alcune riflessioni sul terrorismo
La Breda fucine è stata una delle fabbriche maggiormente coinvolte dai fenomeni terroristici: troviamo, tra l'altro, tra gli arrestati un ex-delegato, dichiaratosi pubblicamente come appartenente alle Br e imputato per fatti di rilievo.
Il ruolo di questo ex-delegato era probabilmente quello di raccogliere informazioni di carattere sindacale (situazione dell'azienda, processi produttivi e ristrutturazioni in atto) da impiegare nella propaganda clandestina per raccogliere consenso tra i lavoratori.
Infatti la colonna milanese W. Alasia nella sua ultima risoluzione strategica aveva deciso di intervenire all'in-
temo delle fabbriche non soloper fare assassini (Briano e Mazzanti, ferimento Caramello) ma per accreditarsi come sindacato clandestino che compie analisi sui processi produttivi e che vuole raggiungere obiettivi di carattere sindacale attraverso la lotta armata, che si riduce poi di fatto nell'esecuzione di azioni criminali.
Noi siamo per una trasformazione profonda della nostra società, per una realizzazione concreta dei valori di giustizia sociale e di emancipazione economica dei lavoratori, da realizzarsi con le lotte democratiche e di massa dei lavoratori e non con azioni terroristiche di una ristretta minoranza: è questo lo spartiacque che ci separa inequivocabilmente e senza alcuna possibilità di compromesso da tutti i terroristi.
LA MAFIA
Come un diverso modello di produzione e organizzazione sociale
La morte del gen. Dalla Chiesa, ha fatto tornare alla ribalta il fenomeno della mafia in Sicilia: titoli grandi così sui giornali e su tutti i pollici della Tv hanno gridato alla eccezionale gravità del fatto, riportando la costernazione di molti politici e del Governo e le reazioni della gente più o
meno comune.
Alla stessa maniera l'affare Cirillo ha fatto scoprire il segreto di "Pulcinella" della compromissione fra partiti di Governo (o settori di essi, come si dice ultimamente) e servizi segreti.
A dire il vero di intrallazzi di ente(segue a pag. 4)
Settembre 1982
GIORNALE DI INFORMAZIONE DEL GRUPPO EFIM - BREDA DI SESTO S. GIOVANNI
STATUTO DEI CONSIGLI
DI FABBRICA DELLA ZONA
Premessa
Il Comitato direttivo Flm della zona di Sesto S. Giovanni, decide di convocare il 4° Convegno di zona ed in tale occasione procedere alla rielezione dello stesso Comitato direttivo di zona, essendo ormai trascorsi quasi tre anni dalla precedente elezione.
Esso costituirà il momento conclusivo del rinnovo di tutte le strutture della Flm (Consigli di fabbrica, cinque Consigli di lega: Cinisello, Cologno Monzese, Gorla, Villa S. Giovanni, Sesto S. Giovanni).
La rielezione delle strutture avviene sulla base degli orientamenti e scelte del 2° Convegno nazionale di organizzazione Flm di Rimini del '78, della IV Conferenza provinciale dei delegati del 4/5 marzo 1977, del documento della Federazione Cgil-Cisl-Uil di Milano.
Sulla base delle decisioni assunte e degli sviluppi del processo unitario, si propone il seguente regolamento.
Consiglio di fabbrica e delegati Poteri e compiti
Il Consiglio di fabbrica, struttura di base del sindacato nel luogo di lavoro, realizza la politica globale della Flm e della Federazione Cgil-CislUil e ha poteri di iniziativa e di contrattazione dentro e fuori la fabbrica.
Imposta l'azione rivendicativa e la gestisce, dirige la politica sindacale nella fabbrica.
Ricerca la sintesi unificante dei problemi che riguardano tutti i lavoratori, risponde a quelli specifici di reparto o ufficio, li affronta decidendo e coordinando le azioni di mobilitazione dei lavoratori.
Promuove le iniziative necessarie per la sensibilizzazione e la crescita politica dei lavorai ntribuisce efficacemente per la concre partecipazione degli stessi alle scelte politiche ed alle decisioni dell'azione del sindacato sui problemi generali.
Il Consiglio di fabbrica deve iiiioltre garantire l'attività del patronato, anche attraverso la nomina di appositi incaricati e promuovere altre iniziative di interesse collettivo (ad esempio Cral - Tempo libero, ecc.).
Il delegato, espressione diretta e democratica del gruppo omogeneo, ha il compito di dirigere la politica sindacale nel gruppo omogeneo che lo ha eletto, tutelandone gli interessi nell'ambito della linea unificante decisa dal Consiglio, concorrendo nel contempo a determinare e a realizzare la politica sindacale di tutta l'azienda, della zona, della categoria, della Federazione.
I delegati hanno il dovere di convocare con sistematica periodicità l'assemblea del gruppo omogeneo dei lavoratori che lo hanno eletto.
L'assemblea è un momento democratico essenziale del rapporto sindacato - lavoratori e va utilizzata in modo da consentire al maggior numero di lavoratori di prendere la parola per discutere e partecipare effettivamente alle decisioni.
Composizione consiglio di fabbrica e definizione gruppi omogenei
Il Consiglio di fabbrica è composto unicamente dai delegati eletti dai vari gruppi omogenei dell'azienda.
L'unico criterio per individuare il gruppo omogeneo è quello del riferimento al processo produttivo e all'organizzazione del lavoro.
A questo livello va realizzata l'elezione del delegato o dei delegati quale espressione dei lavoratori del grup-
po omogeneo, indipendentemente dalla qualifica di appartenenza.
Spetta al Consiglio di fabbrica uscente, d'intesa con il sindacato, proporre sulla base delle esperienze maturate, la quantità e la composizion-e dei gruppi omogenei, ed i delegati da eleggere.
L'assemblea discute e decide sulle proposte del Consiglio di fabbrica uscente.
L'unico punto di riferimento quindi per la suddivisione dei gruppi omogenei deve essere l'organizzazione del lavoro, con l'esclusione di criteri che tendano ad introdurre meccanismi garantistici, in quanto la scelta della Flm è quella della rappresentatività unitaria di ogni delegato. Sulla base di queste considerazioni si deve realizzare la corrispondenza di 1 delegato per ogni gruppo omogeneo. Nei casi di cui, sulla base dell'organizzazione del lavoro esistente, i gruppi omogenei siano di dimensione tale da prevedere l'elezione di più delegati, si procederà all'elezione stessa nel rispetto del rapporto orientativo delegato - numero dei lavoratori che segue:
per le aziende da 40 a 200 dipendenti: 1 delegato ogni 15/25 dipendenti;
per le aziende da 201 a 500 dipendenti: I delegato ogni 20/40 dipendenti;
per le aziende da 501 a 1.000 dipendenti: 1 delegato ogni 30/50 dipendenti;
per le aziende oltre i 1.000 dipendenti: 1-`delegato ogni 45/70 dipendenti.
Il Cdf nel definire il rapporto delegati - numero lavoratori deve tener presente che detto rapporto va poi applicato in tutti i gruppi omogenei in cui si suddivide l'azienda.
(Ad esempio: se si è scelto il rapporto 1 a 50 si elegge 1 delegato tra 26 e 74 dipendenti, 2 delegati oltre 75 e fino a 124 dip.).
L'assemblea dei lavoratori discute e decide sulle proposte del Cdf uscente.
Elezione del Consiglio di fabbrica
Le elezioni sono organizzate e curate dal Comitato elettorale designato dal Consiglio di fabbrica uscente, comunque rappresentativo delle forze reali sindacali presenti in fabbrica.
Hanno diritto al voto e sono eleggibili tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti al sindacato, appartenenti al gruppo omogeneo.
Il lavoratore eletto ha il dovere, qualora non lo fosse, di iscriversi al sindacato.
L'elezione avviene su scheda bianca, sulla quale il lavoratore scriverà i nomi di sua preferenza.
Criteri elettorali
Il gruppo omogeneo procede, su scheda bianca, all'elezione del delegato. Questo per essere eletto dovrà aver ottenuto almeno il 50% + I dei voti validi.
Nel caso che nessuno raggiunga il 50% + I dei voti si procederà al bal-
lottaggio fra i due lavoratori che avranno ottenuto il maggior numero di voti.
Nei casi di gruppi omogenei in cui, per ragioni oggettive di carattere tecnico eproduttivo, si devono eleggere più delegati, ogni lavoratore potrà esprimere sulla scheda bianca, un numero massimo di preferenze nella misura dei 2/5 dei delegati da eleggere (in caso di frazione si arrotonda sempre per difetto), fermo restando il principio di un "quorum" minimo di voti, così determinato: 100 + l:nr. delegati x 2. Nel caso che nessuno o qualcuno non ottenga il "quorum" previsto si procederà ad un'ulteriore votazione di ballottaggio fra i primi non eletti in numero doppio a quello dei delegati da eleggere fermo restando che il numero delle preferenze da esprimere è quello prefissato e risulteranno eletti i lavoratori che avranno ottenuto il maggior numero di preferenze.
Piccole aziende
Criteri di elezione
cole aziende sino a 15 dipendenti si Nelle aziende artigiane e nelle picprocederà all'elezione del delegato di azienda.
Nelle piccole aziende superiori a 15 dipendenti si procederà all'elezione di delegati di gruppo omogeneo, comunque tenendo presente le garanzie previste dal contratto.
Durata del mandato
La durata del mandato del Consiglio di fabbrica, viene indicata salvo casi eccezionali, in due anni, al termine del quale si procederà all'elezione di tutti i delegati.
Revoca del delegato
Il delegato di gruppo omogeneo può essere revocato in qualsiasi momento, dopo un dibattito nell'assemblea del gruppo che lo ha eletto e con una votazione palese che sancisca la revoca con una maggioranza pari ai 2/3 degli aventi diritto al voto, nei gruppi omogenei con più delegati, e il 50% + I dei gruppi omogenei con un solo delegato.
La richiesta di assemblea per la revoca, avanzata al Consiglio di fabbrica, deve essere sottoscritta da una entità pari al quorum previsto per l'elezione. ty
Dimissioni del delegat
Nell'andare a formulare le proposte sulla composizione di gruppi omogenei il Cdf ha tenuto in considerazione la trasformazione a cui sarà soggetto la Breda fucine: per cui la scelta di raggruppare alcuni gruppi e creare delle aree omogenee. delegati torneria, frese, attrezzeria, trapani, salagi2ve —, aste eggete, aste pesanti OU~ magazzem,
area forgia (compreso mag. ferro il6tig -3 guardie, lettighieri, .add. spogliatoi, n 3,4.1»....•'tattorino impiegati
éontrolli esterni n. montaggio manutenzione (meccanica, elettrica, _ edile, compressori, falegnami) _e_gfu girati. termico, sabbiere L"Ira.A
n. 3 ica,‘,1 e • C,
n. I St.‘-‘-‘FP; n. 5
Qualora il delegato risolva il rapporto di lavoro, rassegni le dimissio- n i ni oppure, per sopravvenuti impedimenti a svolgere le sue funzioni, richiede di essere sostituito; o nel caso che il delegato per sua scelta cambi gruppo omogeneo, si dovrà procede„ re alla rielezione, entro 30 giorni.
Con nuove elezioni nel caso che sia l'unico delegato del gruppo omogeneo.
Nel caso di un gruppo omogeneo che prevede più delegati: a) con l'inserimento del primo gruppo dei non eletti purche abbia raggiunto il quorum necessario, anche
Esempio Delegati da eleggere Voti di preferenza Quorum minimo 2 1 26,0% 3 1 17,5% 4 1 13,5% 5 2 11,0% 2
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Pc-ri
PROSPETTO GRUPPI OMOGENEIn
ti.
e artigianato
in conseguenza di ballottaggi precedenti. Se nessuno ha raggiunto il quorum si procede a nuove elezioni attraverso il ballottaggio dei primi non eletti, con i criteri precedentemente illustrati;
b) qualora le sostituzioni siano pari o superiori al 50% si procederà alla rielezione di tutti i delegati del gruppo.
Comitato esecutivo
Nelle grandi e medie aziende, il Consiglio di fabbrica (dopo un dibattito politico su proposta unitaria formulata da una apposita commissione elettorale rappresentativa del Cdf) eleggerà con voto palese, nel suo ambito, un comitato esecutivo con compiti operativi e funzionali che coordini le attività ed iniziative decise dal Consiglio di fabbrica.
Si riafferma il criterio della rotazione periodica, preceduta da una valutazione politica, ogni 6 mesi di 1/3 dei componenti l'esecutivo, in modo da realizzare una più ampia responsabilizzazione dei delegati.
Commissioni
Nelle grandi e medie fabbriche, i Consigli di fabbrica daranno vita a Commissioni di lavoro su temi specifici, a cui possono essere chiamati a far parte lavoratori non delegati, ma disponibili a partecipare all'elaborazione ed alla vita stessa del sindacato nell'azienda.
Monte ore e distacchi
Il monte ore a disposizione del Consiglio di fabbrica deve essere gestito collegialmente ed utilizzato da tutti i delegati in relazione alle esigenze e decisioni del Consiglio di fabbrica e del sindacato in modo unitario.
Nelle grandi aziende ove, per il coordinamento dell'attività si ponga l'esigenza di una presenza permanente nella sede del Cdf, essa deve essere garantita attraverso la presenza a rotazione dei membri dell'Esecutivo, superando ogni forma di distacco permanente.
Strutture di zona
Il Comitato direttivo conferma le attuali strutture di zona della Flm, quali unici centri a cui spetta elaborare, definire e decidere le scelte politico - sindacali, i rapporti con le strutture di base, con le altre categorie e la Federazione Cgil-Cisl-Uil, la politica dei quadri, nell'ambito della linea politica, decisa a livello provinciale e nazionale.
Strutture a livello di zona
- Consiglio generale
Comitato direttivo Comitato esecutivo
L'attività del C.d.F.
L'attività del Cdf consiste in un succedersi quotidiano di grandi e piccoli avvenimenti per il cui resoconto occorrerebbe molto spazio (ambiente, inquadramento, patronati ecc.). Vediamo qui di seguito di tratteggiare quali sono stati gli avvenimenti più importanti di carattere sindacale che hanno interessato da vicino i lavoratori ed il Cdf durante gli ultimi tre anni.
Consiglio generale
Massimo organo deliberante a livello di zona, costituito da tutti i delegati dei Consigli di fabbrica o delegati di aziende della zona.
Comitato direttivo
Organismo dirigente a livello di zona che viene eletto dal Consiglio generale in occasione del 4° Convegno di zona.
Esso è formato da 123 membri (pari ad un componente ogni 225 iscritti, che attualmente sono 27.800 circa).
Comitato esecutivo
Organismo operativo ed esecutivo a livello di zona e di coordinamento dei Consigli di fabbrica e di Lega.
Viene eletto direttamente con voto palese dal Comitato direttivo di zona. Si propone di riconfermare l'attuale composizione numerica che è di 19 unità.
Criteri per la elezione del Direttivo di zona
Viene eletta da parte del Direttivo di zona una Commissione elettorale formata da 13 membri.
Tale Commissione elettorale viene proposta all'assemblea generale dei delegati di zona dal Direttivo uscente e deve essere approvata dallo stesso con una maggioranza qualificata di 4/5. Essa deve garantire la corretta e completa applicazione delle norme elettorali stabilite.
Alla Commissione elettorale vengono avanzate:
- n. 86 proposte di candidatura (pari al 70% dei delegati da eleggere) dai
Cdf e Lega di cui:
n. 33 proposte di candidatura dai
Consigli di Lega (vedi elenco n. 2, uno ogni 300 iscritti);
n. 53 proposte di candidatura dai Consigli di fabbrica dellegrandi aziende (uno ogni 330 iscritti).
N.B.: Per quanto riguarda le Leghe il criterio numerico e rapportato all'esigenza politica di una maggiore presenza delle piccole e medie aziende.
Le candidature da parte dei Consigli di fabbrica e Lega — nel numero indicato — devono avvenire dopo una discussione ed approvazione nella riunione plenaria dei Consigli di fabbrica e di Lega, con voto palese.
'La Commissione elettorale elaborala proposta complessiva (123 cangidature) sulla base delle proposte avanzate dai Consigli di fabbrica e Lega e completata per il rimanente 30% = 37 candidature tenendo conto delle capacità e con criteri politici, comprendendo i funzionari di zona a tempo pieno.
La lista così composta viene sottoposta al dibattito e all'approvazione a maggioranza dei 4/5 del Consiglio generale.
Occorre premettere che durante il suo mandato il Cdf ha dovuto affrontare i problemi derivanti dal cambio del gruppo dirigente aziendale e dal passaggio da un bilancio in attivo ad uno in passivo con il delinearsi di un andamento produttivo negativo in molti settori della fabbrica, in particolare in quello delle aste.
Procedendo in ordine cronologico il primo problema rilevante che il Cdf si è trovato ad affrontare è stato il rinnovo dell'accordo integrativo aziendale. Questo accordo, che è stato il risultato di una lotta particolarmente aspra ed incisiva, ha consentito il conseguimento di miglioramenti salariali e il raggiungimento di importanti obiettivi che anticipavano rivendicazioni poste nel contratto. Basti ricordare l'introduzione della 5S agli operai, la questione degli scatti nei passaggi di categoria per gli impiegati e la definizione anzitempo delle modalità di attuazione della riduzione dell'orario di lavoro in forgia che ha consentito ai lavoratori di quest'area di realizzare la riduzione nel luglio dell'81 quando la Confindustria disdiceva l'accordo sulla riduzione d'orario e le altre aziende a partecipazione statale ne rinviavano l'attuazione.
Ma nell'accordo del luglio '80 erano contenuti due aspetti che possiamo giustamente indicare come lungimiranti e di particolare importanza.
Il primo riguarda laparticolare insistenza posta dal Cdf sul problema della diversificazione produttiva dell'azienda che consentiva di ribadire e rafforzare i principali filoni produttivi ponendo un limite allo sviluppo del solo settore aste. In questa fase di pesante crisi della produzione nel settore aste appare quanto è stata importante la scelta del Cdf di voler garantire in BF una diversificazione produttiva in modo da consentire un indirizzo produttivo che non sia condizionato pesantemente dall'andamento del mercato delle aste.
L'accordo del luglio '80 è stato inoltre l'occasione per pronunciare da parte nostra un giudizio fortemente critico e di riserva rispetto alla capacità di gestire efficacemente l'azienda da parte dalla direzione aziendale che aveva partecipato alle trattative. Il bilancio fortemente passivo del 1980 ed il conseguente cambio ai vertici direzionali sono la conferma della validità delle nostre affermazioni. Un altro importante accordo è stato successivamente realizzato nel settore aste leggere. La nuova linea di produzione aste per l'elevata produttività e per il tipo di organizzazione del lavoro prefigurata dall'azienda poteva portare alla parcellizzazione delle mansioni produttive ed alla conseguente dequalificazione dei lavoratori (il che avrebbre significato per i lavoratori interessati l'inserimento ai livelli categoriali più bassi).
L'intervento del Consiglio di fabbrica è stato rivolto alla ricomposizione delle mansioni attraverso l'istituzione dei gruppi di produzione con la costituzione dei quali è stato possi-
bile il conseguimento del 5° livello e ad interventi ambientali per migliorare le condizioni di lavoro.
Nei primi mesi del 1982 l'azienda richiedeva l'istituzione di alcune turnazioni nel reparto forgia.
Il Cdf ha utilizzato questa richiesta per ottenere una riduzione del tempo di presenza in fabbrica per questi lavoratori (quelli che lavorano sul turno centrale escono dalla fabbrica alle 16, i turnisti sono presenti in fabbrica 7,30 ore).
Questo risultato è stato raggiunto soprattutto grazie alla ferma e coerente posizione del Cdf che scontrandosi anche con alcuni lavoratori, ha riaffermato il principio che la salute dei lavoratori va difesa e che la nocività va eliminata (vedi pause e riduzione dell'orario di lavoro, bonifiche ambientali) e non può essere monetizzata.
Ma il problema che ha maggiormente impegnato il Cdf è stato quello del risanamento aziendale. Per riportare il bilancio in attivo nel marzo '82 l'azienda presentava un suo piano di risanamento che si basava essenzialmente sulla ristrutturazione di alcune aree di servizio (magazzini, manutenzione, impiegati, ecc.) e conseguentemente sulla riduzione del personale occupato in queste aree. Bisogna ammettere che il piano di risanamento proposto dall'azienda coglieva un po' di sorpresa il Cdf che aveva qualche incertezza nel valutare la proposta della direzione aziendale. Certo l'azienda andava risanata e le proposte formulate dalla direzione anche se prevedevano una limitata riduzione e riconversione del personale, apparivano pressochè indolori poichè non erano previsti licenziamenti. Dopo un'attenta riflessione ed un approfondito dibattito al suo interno e con i lavoratori, il Cdf stabiliva che il risanamento aziendale non si poteva realizzare unicamente tramite la riduzione del personale. Per risanare l'azienda occorre intervenire direttamente nei reparti produttivi investendo in nuovi macchinari, mantenendo ed anzi ampliando la diversificazione produttiva, industrializzando la produzione di determinati prodotti (es. valvole); qualsiasi flessione dell'organico non poteva essere che temporanea.
Con questa linea il Cdf si presentava alle trattative e dopo un aspro e serrato confronto riusciva ad impegnare l'azienda su un piano di risanamento fondato essenzialmente sugli investimenti e sullo sviluppo dei diversi settori produttivi. Durante la trattativa emergevano anche forti preoccupazioni sulle prospettive produttive del settore aste. L'attuazione dell'accordo (in particolare per quanto riguarda la riconversione e la mobilità dei lavoratori) veniva vincolata alla verifica sull'andamento produttivo. Questa verifica, che doveva essere realizzata ai primi di settembre, è stata rinviata dall'azienda alla fine di questo mese mentre la preoccupazione sulla situazione produttiva nel settore aste si fa sempre più preoccupante.
Questo problema sarà uno dei primi e più difficili compiti che il nuovo Cdf dovrà affrontare. Vogliamo infine ricordare che il Cdf ha sempre dato il suo attivo contributo al dibattito all'interno del sindacato con documenti, ordini del giorno e prese di posizione per riportare negli organismi sindacali l'opinione dei lavoratori della Breda fucine.
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Dalla prima pagina sto genere ne è piena la storia della Repubblica: basta ricordare gli attentati in Alto Adige negli anni '70 e le conclusioni del processo per la strage di p.zza della Loggia che esclude ogni rapporto fra gli imputati politici e un disegno più ampio che coinvolga settori importanti dei servizi di sicurezza, costituitisi in "organizzazioni private", e ben determinati gruppi del potere economico locale.
Per quanto riguarda la "Mafia", la nostra memoria storica non ha dimenticato come sono andate le cose per la strage di Portella delle Ginestre, il 1° maggio 1947: nonostante il fiume di inchiostro che ha fatto scorrere, rimane ancora oggi, dopo ben 35 anni, senza una giusta spiegazione così come senza chiara e sufficiente risposta sono rimaste le domande del sen. Li Causi, in relazione ai rapporti fra Giuliano, gli agrari e i nordamericani e fra i primi e alcuni parlamentari tra cui Scelba stesso, ministro dell'interno. Certo, non si può dire che la mafia sia nata con l'unità d'Italia e tanto meno con la Democrazia cristiana.
Scriveva Pietro Ulloa, procuratore di Trapani sotto i Borboni nel 1838: "Vi ha in molti paesi, delle fratellanze, specie di sette che diconsi partiti, senza riunioni, senza altro legame che quello di dipendere da un capo, che qui e un presidente, là un arciprete. Il popolo è venuto a convenzione coi rei; come accadono furti escono dei mediatori ad offrire servigi per il recuperamento degli oggetti rubati".
Nata e sviluppatasi come "compagnie d'armi" a difesa dei feudi contro i ricorrenti tentativi dei contadini di impossessarsene, la mafia, già nella seconda metà dell'Ottocento, aveva completato la prima accumulazione capitalistica e andava estendendosi nei grossi centri urbani ove era attratta dalle lucrose attività commerciali e industriali oltre che dai sempre più frequenti contatti con la burocrazia cittadina.
Il mafioso ex gabellotto diventa egli stesso proprietario terriero spodestando il feudatario che prima aveva protetto e poi ridotto a vendere per pochi spiccioli il feudo; perciò egli è ancora più deciso di prima alla perpetuazione del sistema di sfruttamento nelle campagne.
Le rivoluzioni siciliane del 1812, 1820, 1848 erano specifici moti contadini e come tali si proponevano l'abbattimento delle vecchie e nuove strutture feudali con tutte le iniquità, le violenze e le corruzioni che da quel
sistema si generavano.
Analoga motivazione e stesso scopo ebbe la rivoluzione del 1860: le sollevazioni contadine nell'isola significarono giustizia e occupazione delle terre.
Così nel 1893, coi "fasci siciliani", quando Crispi, sulle orme di Bixio, soffocò barbaramente nel sangue il movimento contadino.
Dunque la mafia non ebbe origine con l'unità d'Italia ma è chiaro che i piemontesi indirizzarono tutte le loro forze di repressione contro il movimento contadino: l'alleanza da loro ricercata era con la borghesia agraria, la più parassitaria e reazionaria (per la propria storia e origini) di tutto il resto della Penisola.
Quindici anni dopo l'annessione della Sicilia il Sonnino, parlando alla Camera ebbe a dire: "Quel che trovammo nel 1860 dura tutt'ora; la Sicilia lasciata a sé troverebbe il rimedio; una trasformazione sociale accadrebbe necessariamente. Ma noi italiani delle altre province impediamo che ciò avvenga, abbiamo legalizzata l'oppressione esistente ed assicuriamo l'impunità dell'oppressore".
La mafia si è dunque impadronita dei feudi, delle campagne, dei commerci, con un sistema originale, sperimentato: l'abigeato e il taglieggiamento, i sequestri di persona e le intimidazioni, da un lato, la paura e la repressione verso il popolo dall'altro.
Gli interessi della mafia sono coincisi perfettamente con gli interessi dei feudatari prima, con quelli dello Stato unitario poi, con gli uni e con gli altri e con quelli Usa nel dopoguerra, quando bisognava impedire a tutti i costi che la grande avanzata del Blocco del Popolo in Sicilia si saldasse politicamente con i risultati delle lotte partigiane al nord. Da qui nasce la collusione della mafia con alcune forze politiche che rappresentavano gli interessi dei ceti agrari e reazionari (in particolare parte della Dc), anche per questo la mafia si scatenò contro i sindacalisti e le Camere del lavoro in Sicilia.
Può alla luce di tutto questo e degli sviluppi successivi la mafia essere combattuta a Palermo? Data la fitta rete di interessi politici ed economici, nazionali ed internazionali che essa è riuscita a costruire?
Può la mafia essere intesa come una "banda" e cioé come un'organizzazione criminale, più potente e ramificata, ma strutturalmente non diversa da altre e perciò affrontabile con un intervento militare dello Stato?
Nessun generale e nessun prefetto speciale potrà mai aver ragione in questi termini del "nemico".
Il "nemico", la mafia, è diventata una modalità oggettiva di funzionamento del sistema, essa rappresenta ormai un affermato modello di produzione e organizzazione sociale, e raffigura tendenzialmente la regola di organizzazione interna dell'economia siciliana. Nell'aggravarsi dei vecchi e nuovi mali dell'isola, nel vergognoso aumento del divario fra nord e sud la mafia appare oggi come l'unico soggetto forte, credibile, capace di distribuire ricchezza, di mobilitare risorse, di garantire lavoro e occupazione.
Non latitanza dello Stato dunque, ma una forma particolare del modo di intendere e gestire da parte delle attuali classi dominanti lo Stato in Sicilia, che si va estendendo anche al resto della società italiana (Gelli e P2).
Una forma-Stato semiclandestina
dove le decisioni politiche hanno sempre meno come sede i luoghi istituzionali aperti alla dialettica tra le classi sociali, e dove sempre più essi rappresentano la lotta violenta (guerra) di interessi privati fra gruppi concorrenti nei centri del potere invisibile, clandestino appunto.
In questo quadro, e solo in esso, sono riconducibili le altre varie forme di attacco alla "democrazia", camorra, terrorismo e massoneria, come esemplarmente dimostrano le liste di Gelli, il caso Cirillo, i "risultati" a cui di volta in volta si giunge nei vari processi.
Concludendo, non è dunque il fenomeno mafioso o camoristico o massonico presi ciascuno isolatamente dall'insieme della vita politica nazionale che rappresentano il pericolo per la democrazia, quanto piuttosto il sistema stesso di produzione delle decisioni politiche tendenzialmente legato a tali fenomeni.
Contributo di Maurizio Denti
Il Cral muove i primi passi
Il giorno 2/6/82 si è riunito per la prima volta il Consiglio direttivo del Cral, eletto direttamente dai lavoratori.
Nell'ambito del gruppo sono scaturite diverse tendenze, che hanno portato alla costituzione di varie sezioni, quali la sezione arte e cultura, calcio, ciclismo, fotografia, modellismo, pesca, tennis ed altre non ancora definite.
Poco tempo è passato e già alcune sezioni sono in piena attività; vorremmo ricordare come esempio la sezione fotografia, che ha preparato un concorso fotografico per il prossimo mese, la sezione arte e cultura, che ha iniziato con una mostra di acquarelli, il tennis che sta ultimando due tornei, ed infine la sezione calcio che ha organizzato la squadra per la prossima stagione.
Il Consiglio direttivo in questi giorni è impegnato in due commissioni, una per vagliare la possibilità di stipulare delle convenzioni con commercianti per ottenere prezzi vantaggiosi, l'altra per programmare le attività turistiche per il prossimo anno.
Tutto ciò sembra poca cosa, ma le difficoltà per far funzionare un centro ricreativo sono molte, e sono dovute soprattutto al fatto che, fino ad oggi, nulla era stato fatto in questo senso. Preziosa è stata per noi la collaborazione fornitaci dai Cral di altre aziende che vantano già una certa esperienza in questo campo. Non si tratta però di un problema puramente organizzativo, quanto di suscitare l'interesse e la partecipazione di tutti i lavoratori, senza i quali non si potranno mai raggiungere risultati concreti.
Scopo fondamentale del Cral è quello di organizzare il tempo libero del lavoratore sotto il profilo culturale e sportivo. Poiché l'estro creativo può essere insito in un individuo indipendentemente dal lavoro che questi svolge, ma ha spesso bisogno di uno stimolo per esprimersi, si può capire come un'organizzazione di questo genere possa costituire un incentivo per dar vita ad un tipo di cultura attiva.
Il Consiglio direttivo del Cral Efim-Breda Fucine
Situazione pratiche espletate dal patronato Inca-Cgil Inas-Cisl Ital-Uil
1980 1981 1982 Tot. Evase In corso Tot. Evase In corso Tot. Evase In corso Pensione anzianità di prova 27 22 5 27 8 19 35 27 8 Pensione anzianità effettiva ——— 8 2 6 11 4 7 Pensione di vecchiaia 6 5 1 1 — 1 5 2 3 Pensione d'invalidità 3 2 1 5 — 5 10 1 9 Pensione di reversibilità 2 1 1 3 1 2 2 — 2 Pensione sociale 4 2 2 — — — I — 1 Versamenti volontari 1— 1 1 — 1 1 — I Accrediti per infortunio 129 129 — 81 81 — — — — Accrediti per maternità — — — 4 — 4 4 4 — Rendite Inail per sordità 22 13 9 15 2 13 2 — 2 Rendite Inail per varie 2 — 2 4 — 4 29 2 27 4
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