GENERAL ELECTRIC : IL NOSTRO PADRONE SCONOSCIUTO
« Il progresso è il nostro scopo ».
Con questo moralissimo slogan la General Electric si presenta sui mercati pretendendo di dare di sè stessa un'immagine diversa da quella che rievocano altri colossi multinazionali il cui potere è ormai tale da rappresentare il vero e proprio governo mondiale al quale i singoli governi nazionali devono obbedienza.

Nata nel 1892 dalla fusione della Edison General Electric, della Thomson Houston International Electric, la G.E. è il maggior produttore mondiale di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Il suo fondatore è quel Thomas A. Edison, inventore tra l'altro della lampadina e del fonografo e detentore complessivamente di 1200 brevetti.
Dalla sua immagine di uomo morigerato e fattosi da sè la G.E. fa discendere la sua filosofia con la quale ci vuol far intendere che il profitto non è il motore principale delle sue attività e che l'impero economico ed industriale controllato dalla GE è qualcosa che si è creato fuori dei meccanismi tradizionali, senza che esista cioè un padrone.
In Italia è l'ing. Casini il più fedele interprete di questa dottrina che gli fa sostenere che la CGE — controllata all'80% dalla GE — è animata da un puro intento di
razionalizzazione del processo produttivo, che la GE non può essere vista come padrone perchè è solo l'azionista di maggioranza e che in realtà chi detiene il vero potere è « una qualche vecchietta dell'Oregon » che ha investito i suol risparmi in un mazzetto di azioni della GE.
Gli anziani ci sono simpatici e hanno tutto il nostro rispetto, ma a questa vecchina dell'Oregon vogliamo fare un po' di conti in tasca, per arrivare a capire meglio le cose che succedono in casa nostra.
Certo il fatto che la GE si muova con molta più discrezione di una ITT o di una delle sorelle pe-
trolifere dei cui misfatti è abbondantemente informata l'opinione pubblica mondiale, rende più difficile il compito di documentare la politica che persegue. Quello che ci proponiamo è di fornire un quadro di insieme della GE in una indagine che svilupperemo a puntate sul giornale.
Cominciamo la prima parte dell'inchiesta con alcune « curiosità » illuminanti.
Già nel lontano 1916 Lenin nel suo saggio popolare « L'imperialismo, fase suprema del capitalismo », con il quale ha documentato le mistificazioni presenti nelle parole d'ordine sulla proprietà priCONTINOA IN t•
DALLA PRIMA-
vata, la libera iniziativa e la libera concorrenza che i capitalisti usano ■... per ingannare operai e contadini a, cita l'accordo del 1907 tra la General Electric e la AEG tedesca con cui i due colossi sancirono la divisione del mercato mondiale in sfere di rispettiva influenza. Nemmeno la GE è sfuggita quindi fin dall'inizio alla logica, tipica del monopolio, di spartizione del bottino con l'appoggio dell'azione finanziaria delle banche volta ad accelerare la crisi delle piccole imprese per favorire i processi di concentrazione. E sono questi elementi che si ritrovano presenti nella politica finanziaria dei nostri giorni e che, per quanto riguarda la GE, ritroviamo anche nell'operazione Olivetti-divisione calcolatori, di cui parleremo prossimamente.
In merito a quel lontano accordo se teniamo presente che la GE si assicurò anche il controllo dell'I 1 per cento dell'AEG, si ha l'esatta dimensione di come il monopolio USA, oltre a dividere il mercato mondiale, si sia preoccupato di conquistare una posizione di controllo anche nelle riserve di caccia altrui.
Proseguiamo negli anni. Nel 1928 la GE ottenne il monopolio assoluto del carburo di tungsteno (un materiale indispensabile per le macchine utensili ad alta velocità). In seguito a questry il prezzo del carburo di tungsteno salì da 50 a 453 dollari la libbra e si mantenne tale fino al 1936. Il costo di produzione era di 8 dollari!
Per essere una società cui non interessano i profitti non c'è proprio male!
Noi che siamo di parte e mettiamo sempre in dubbio la presunta buona fede dei padroni. sosteniamo che, tra le varie « nefandezze «, il monopolio annovera anche la funzione di ritardare l'introduzione di nuovi prodotti e l'applicazione di nuove scoperte, altro che agire in nome del progresso! E anche il nostro azionista di maggioranza non sembra sfuggire a questa regola.
Infatti troviamo che per dieci anni la GE (così come la Westinghouse) si è battuta per impedire o comunque ritardare l'introduzione nel mercato delle lampade fluorescenti. Il perchè va ricercato nel fatto che la GE negli anni della grande crisi registrò nel settore delle lampadine ad incandescenza
utili netti sempre superiori al 20 per cento all'anno. Figuratevi che ancora nel 1939 la GE chiedeva a tutti i suoi rivenditori di nascondere che le lampade a fluorescenza fanno risparmiare le spese di illuminazione!
A questo possiamo sommare una dichiarazione esplicita di Oven Young, presidente della GE negli anni 40:

« Quindici anni sono approssimativamente il periodo medio necessario per sperimentare una invenzione e durante tale periodo l'inventore, il promotore e chi investe, credendo che l'invenzione abbia un grande avvenire, in generale ci rimettono la camicia... Ecco perchè i capitalisti « assennati evitano di sfruttare nuove invenzioni vi si impegnano solo quando il pubblico sia disposto ad una domanda massiccia.
Oppure, aggiungiamo noi, è meglio se i soldi per le ricerche di nuovi prodotti arrivano attraverso finanziamento statale o delle banche private di altri paesi. Nei prossimi numeri torneremo più vicino ai giorni nostri ad es !minare la politica della GE e i suoi riflessi avuti in Italia.
(continua)
In breve dal gruppo
Rieletto il Consiglio di fabbrica in via Tortona: 33 delegati e 3 responsabili del Patronato. A tutti buon lavoro.
Prevista una emigrazione di massa nell'area di Baranzate in autunno. Il trasferimento proposto dalla direzione riguarda oltre ai Sistemi Digitali, i lavoratori delle fabbriche 4 e 5 della Fiar e tutti gli impiegati del Progetto attualmente in fabbrica 2. Area prescelta: l'ex Postai Market che si trova a l km. buono dallo stabilimento ex Teomr di Baranzate. Previste grosse spese per il riadattamento. Grossi dubbi sul significato dell'operazione che vedrebbe concentrate 300 impiegati e 50 operai in un'unità che non si potrà certo definire produttiva e scarsamente omogenea al suo interno.
Ancora lontana la discussione
sui problemi immediati.
Misurati 32" di temperatura nell'officina Fiar. I lavoratori si sono presi delle giuste pause per rinfrescarsi giungendo ad un ampio uso delle docce.
Ancora una volta la CGE, così prodiga nel curare l'ambiente degli uffici non lesinando moquettes, archi, piante e fontanelle e condizionatori, dimostra di non voler affrontare prioritariamente i problemi dell'ambiente nei reparti operai che si trascinano ormai da anni. Vuoi dire che le pause aumenteranno e che magari ci saranno spedizioni di massa negli uffici per rinfrescarsi un po'.
!.'ing. Casini è più a destra del New York Times. Dopo il risultato del voto del 15 giugno l'ing. Casini ha dichiarato: • Adesso dovrò fare dei grossi sforzi per convincere
gli americani che l'Italia è ancora un buon paese per gli investimen. ti ». Si tratta di vedere chi ha più paura del lupo mannaro, caro ingegnere!
Avanza speditamente il Nuovo Modello di Sviluppo a Baranzate. Dopo l'episodio dei mobili da giardino, infatti, recentemente c'è chi è riuscito a farsi stuccare e riverniciare l'automobile durante l'orario di lavoro e, pare, anche al sabato. Evidentemente i cosiddetti Quadri intermedi, quelli cioè che godono di un minimo di autonomia decisionale, ricercano a loro modo la via di uscita dalla crisi si arrabattano a cercare concrete possibilità di diversificazione pro- 4 duttiva.
Restiamo sbigottiti in attesa di vedere cosa succederà prossimamente.
SEGRETARIA QUADRUMANE CERCASI
Può sembrare incredibile che esistano ancor oggi, era delle conquiste interplanetarie, problemi come quelli che andiamo a descrivere qui di seguito. Non si stupisca il lettore e non perda la speranza: la giustizia trionferà.
(AMEN!!!)
Dovete sapere che l'edificio sulle cui porte spicca la prestigiosa scritta • GENERAL ELECTRIC » è una roccaforte medioevale composta da piccoli feudi dominati da floridi signorotti in accesa lotta Ira di loro.
La storia insegna che i feudi sono stati edificati sulle spalle dei a servi della gleba » e che solo costoro hanno pagato il prezzo della notorietà e del potere del loro signore. Ciò accade ancor oggi, certamente in forme più astute e sottili, ma che sostanzialmente significano: - FACCIA COME LE DICO »!!!
Nonostante già da molto tempo siano stati inventati gli orologi elettronici e sia stata introdotta la « democratica » innovazione del cartellino, ci sono ancora persone che pretendono sia fatto quotidianamente l'elenco dei presenti, degli assenti e dei ritardatari.
E questo è solo un esempio.
Ma entriamo ora nel vivo dell'argomento e vediamo in che condizioni molti di noi sono costretti a lavorare.
Notoriamente la crisi economica
in atto ha causato notevoli problemi di inserimento nel mondo del lavoro dei neodiplomati e dei disoccupati in genere, eppure guardando la nostra situazione può sembrare assurda una simile asserzione. Infatti il personale è decisamente insufficiente: forse dattilografe quadrumani sarebbero l'ideale (ma non proprio l'optimum).
Anche per gli altri il problema è identico, in quanto essi sono considerati o superattivi (dei veri supermen, divoratori di pratiche) o dei lavativi (perchè svolgono in otto solo il lavoro che normalmente si svolgerebbe in dieci).
Ma a tutto questo coloro che comprendono così bene i nostri problemi trovano sempre una soluzione valida: rotazione del personale (che per loro significa trasferire chi non vuole essere trasferito e tenere inchiodate le persone che vorrebbero invece cambiare lavoro), proibizione assoluta di andare in ferie fuorchè nel mese di agosto, innalzare laudi e preci al Signore affinchè conceda buona salute a tutti idipendenti.
E per completare il grazioso quadretto di famiglia che mamma CGE tiene amorevolmente (e un po' oppressivamente) sotto le sue lunghe ali aggiungeremo qualche piccolo ma significativo particolare.
Ci viene detto che da un po' di tempo a questa parte le biro sono considerate « vuoto a rendere ».
Questo fondamentale ferro del mestiere viene distribuito col contagocce: una a ciascuno e non una di ipù (tranne il caso di potenti raccomandazioni dall'America!!!).
L'uso quotidiano di tale strumento ne provoca l'esaurimento, solo in questo caso l'interessato può, restituendo la salma della biro vecchia, averne in cambio una nuova.

Altro punto di fondamentale importanza è la salvaguardia dell'estetica e del decoro dell'ufficio. Infatti è severamente proibito lasciare « chincaglieria » alcuna sui tavoli e sugli scaffali (il posto non c'è ma anche l'occchio vuole la sua parte!). E' doveroso specificare che la « chincaglieria » in questione è composta da oggetti strettamente attinenti al lavoro e che, per ragioni di spazio, non si sono potuti sistemare in altro modo.
Ciò detto non possiamo far altro che porgere dei sintetici auguri a chi si trova in una situazione di questo genere e ricordargli che:
il dipendente modello deve svolgere tutte le sue pratiche mensilmente. Se non ce la fa lo dica pure a chi comprende i suoi problemi che questi lo sposterà al secondo livello;
visto che le biro sono considerate « vuoto a rendere » chi per sua deprecabile negligenza perda l'unica che ha, non disperi! Si punga il dito e scriva!!!
SULLA PARTECIPAZIONE AL GIORNALE
Da Montefeltro ci scrive un impiegato:
Vorrei fare alcune considerazioni sull'articolo apparso sul numero precedente dal titolo "Dio è un uomo o una donna?" poichè non sono d'accordo con la redazione che l'ha pubblicato.
Di critiche se ne possono fare tante, ma il fatto che più mi ha colpito è stato quello della leggerezza con la quale sono stati affrontati problemi così seri come quelli dei diritti della donna, della sua emancipazione e della legalizzazione dell'aborto.
Non si deve permettere di far scrivere con tanta leggerezza cose e problemi sui quali è ancora aperto il dibattito tra i lavoratori e le forze progressiste per trovare una soluzione a questi problemi che offendono la dignità dei cittadini. Nel testo si cita: "Non credo che una donna con un po' di coscienza vada sulla piazza con dei cartelloni spifferando a tutti che dopo 15 anni non ha più voglia di lavare i piatti...".
Certamente l'autrice dell'articoletto non ha mai visto o partecipato ad una manifestazione delle femministe e non è neppure informata del loro programma di lotta e di rivendicazione. Non sono cose certo che si leggono sui giornali come Amica, Stop, Novella 2000, ecc.
Le donne lottano per affermare la loro personalità e la loro dignità e non perchè sono stufe di lavare i piatti. E' giusto che tutti debbano portare il loro contributo, ma è altrettanto vero che i problemi per i quali lottiamo e ci sacrifichiamo non devono essere lasciati trattare con ironia e qualunquismo. Le idee altrui vanno rispettate e confrontate quando sono documentate e analizzate anche da un altro punto di vista, ma nel nostro caso potevamo fare a meno di leggere un dialogo tra madre e figlia privo di senso. Perchè la nostra bella fanciulla non ha fatto parlare la femminista (la zitella
inacidita) aprendo così un dibattito che poteva coinvolgere anche noi? E' troppo comodo accendere il televisore e deliziarsi con Carosello... ».
Risponde la commissione stampa:
D'accordo, nemmeno a noi è piaciuto l'articolo in questione. A parte questo, più che nel merito dell'articolo, questa lettera ci consente di ribadire i concetti della partecipazione al giornale che sono stati ampiamente discussi all'interno del Coordinamento.

Il giornale è aperto a tutti. Questo significa che vi hanno diritto di ospitalità tutte le opinioni, una volta accertata la buona fede di chi scrive. Applicare questo principio non è facile, ma inevitabile se non vogliamo che la catena delle censure si allunghi a dismisura. Certo, pericoli di confusione esis:ono e per questo a fianco degli
articoli anonimi (che riflettono la linea unitaria) compaiono anche quelli firmati a testimoniare che si esprime una idea personale. Vogliamo stimolare il dibattito? Allora bisogna tener presente che le difficoltà che si incontrano derivano anche dalla convinzione che non si sarà ascoltati e si verrà censurati, e questo avviene anche nelle assemblee. Per questo bisogna sforzarsi per conquistare anche agli altri spazi di intervento e di democrazia. Se è vero che il movimento operaio nel suo complesso certi scogli li ha già superati è anche vero che su un sacco di problemi posizioni divergenti personali e non esistono ancora e non pensiamo che la questione si possa risolvere semplicemente nascondendosi il fatto che certe idee circolano ancora.
Per questi motivi abbian o pubblicato quell'articolo e ne pubblicheremo ancora badando magari a fare in modo che non sorgano equivoci e malintesi.
Sempre che ci sia la buona fede.
Centinaia di migliaia di posti di lavoro in pericolo, chiusura a catena ' di piccole fabbriche: è così che avanza la «ripresa» padronale -
aprile -9,7
Il grafico illustra l'enorme incremento della Cassa integrazione nel gennaio-maggio di qu:!st'anno rispetto allo st2sso periodo dello scorso anno. I li particolare, il numero delle ore dell'intervento ordinario e straordinario è passato da 24 milioni e 970 mila a 117 milioni e 4 mila; in edilizia si è passati da cicca 47 milioni di ore a circa 37 milioni.
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MILANO. Per i dirigenti dell'Alfa ci sono 17.500 operai di troppo. Per questo decidono la cassa integrazione e tentano di mascherarle come estensione delle ferie
SANSONI. A zero ore 25 operai
Napoli: alla Merrell

DISOCCUPATI rilevati in questi giorni dall'ISTAT superano il milione. Di Questi. oltre seicentomila sono nel Mezzogiorno, in una zona già dissanguata dall'emigrazione e alle prese con il problema, insolubile, di dare un posto di lavoro ai giovani che finiscono la scuola dell'obbligo o che si diplomano e si laureano. La Campania sta ancora peggio: 250 mila i disoccupati (e in questa Regione, si badi bene. si concentra il 60 per cento dell'industria meridionale). oltre un milione e seicentomila le ore di cassa integrazione ordinaria (66 per cento del salario) e tre milioni e 287 mila ore di, cassa integrazione straordinaria (83 per cento del salario) nel 1974. E la situazione non è cambiata a partire dal gennaio di questo anno, semmai è peggiorata.
b elb bito. Napoli* ss.c.f:40
371 licenziamenti z
a sei' mesi
Gte e occupata
Contro 314 licenziamenti e l'inten i ione del padrone di smobilitare la fabbrica di Giugliano
ZANUSSI: DIECIMILA OPERAI IN MENO
Il calo è avvenuto negli ultimi cinque anni - La questione della diversificazione produttiva - Assemblee nelle fabbriche di Porcia (Pordenone)
ROMA. Chiesti 53 licenziamenti su 83 operai alla Bruno
Occupata la De Medici contro 194 licenziamenti
I licenziamenti alla conceria De Medici di Milano, meglio nota come la fabbrica della strage
Oggi assemblea aperta
alla Philo contro i 160 licenziamenti
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Alcune tendenze di fondo sembrano manifestarsi, nell'area dei paesi capita_ listici sviluppati ed in Italia, nelle trasformazioni in atto della produzione. La prima tendenza è ad una forte riduzione dei posti di lavoro e anche, ma in misura nettamente minore, della produzione, nell'industria produttrice di beni di consumo: automobili, tessili e abbigliamento, elettrodomestici, arredamento. L'ipotesi non è quella di una caduta dei consumi, di cui si prevede un incremento sia pure moderato, ma di una ristrutturazione produttiva su queste basi: investimento e spostamento di una quota importante della produzione nei paesi del terzo mondo e anche in certi paesi socialisti; concentrazione produttiva e salti notevoli nella produttività del lavoro nei grandi impianti, riducendovi drasticamente la occupazione; liquidazione di una parte delle aziende minori operanti in questi settori, sotto il peso schiacciante di una concorrenza acutissima e di ricatti finanziari, ma contemporaneamente, trasferimento di parte dei cicli di produzione in aziende minori e nel lavoro a domicilio, accentuandone la dipenden_ za dalle maggiori imprese, cioè il carattere di produzione decentrata per conto delle grandi aziende.

Cassa integrazione per 1'300 lavoratori della Mira Lanza
Manovre per ottenere dal CIP una revisione dei pazzi listini - Oggi assemblea generale dei dipendenti
GRAVE COLPO ALL'OCCUPAZIONE
Annunciata ieri la chiusura
della. Richard Ginori di Pisa
La direzione dello stabilimento addossa ogni colpa al governo Rotte le trattative per i chimici ANIC di Ragusa
Da via Tortona
L' eterno dimissionario
In quasi tutto il settore, impiegatizio e operaio; la risposta al personale che avanza qualche reclamo presso capi o direttori è una sola:
« SE NON LE VA QUELLA E' LA PORTA »: risposta adottata da molti nostri superiori (si fa per dire) anche perchè non richiede molto sforzo.
SOLO UNO PUO' permettersi di dire « VOGLIO »; se non ottengo, se non mi date e se non è come dico io DO LE DIMISSIONI!
A questo punto la Direzione al completo si da un gran da fare; lo fanno sedere, cercano di calmarlo, gli offrono un ristoro.
E LUI? niente, O COSI' O MI DIMETTO, batte i piedei e ritorna bambino, al tempo dei giochi e delle caramelle quando ancora poteva dire, VOGLIO, VOGLIO, FORTISSIMAMENTE VOGLIO; e la direzione?
CALA LE BRACHE, cedo ed è comprensibile, la CGE senza LUI cesserebbe di esistere, la disoccupazione colpirebbe migliaia di dipendenti e la nostra buona mamma
« DIREZIONE • che sempre dall'alto ci protegge, concede al nostro BAMBINO ogni sorta di richieste esaudendo ogni suo capriccio (senza limite).
Ora si pensa: QUESTO BAMBINO 'ADULTO' o comincia a fare l'adulto oppure la direzione che si lascia camminare sopra, cosi come pretende di camminare sopra a tutto il suo prossimo considerandolo « ZERO • disprezzandolo come nessun individuo normale si permetterebbe di fare; o la direzione dicevamo, comincia a prenotarle un posto all'asilo oppure qualcuno farà in vece sua, qualcosa di simile.
Inoltre questo individuo che si ritiene tanto in alto da considerare tutti piccoli, ha un frasario limitatissimo infatti ogni sua frase' è seguito da un « GUT • che non si riesce mai a capire se è una parola importante tedesca oppure se
intende « GUT • dal milanese (OUAND PIOEF VEGNEN GIO' I GUT).
Ora l'unico consiglio valido che la direzione dovrebbe adottare con urgenza, è che dopo qualche tempo d'asilo l'individuo in questione venga inviato a qualche scuola formativa, dove potrà finalmente incominciare ad apprendere come fare per vivere in società considerandosi meno alto lui e meno bassi gli altri.
Se poi nonostante ciò non riuscirà a cambiare, vuol dire che per lui non resterà speranza alcuna e sarà considerato come ora « UN RIFIUTO DELLA SOCIETA' •. F. L.
" CONTATTO NON STABILITO "
Il giornalino parrocchiale, delle Dame di S. Vincenzo, dal qualunquismo più smaccato, edito dalla Direzione, « Contatto », non è stato capace di far scaturire nemmeno la più piccola « scintilla • fra le maestranze della CGE. Insomma li ha lasciati quasi del tutto indifferenti, non spostando di un solo millimetro il corso regolare della loro esistenza.
Ma vogliamo con tuttociò e con uno sforzo notevole imbastire una risposta che non cada anche questa nel banale ed iniziamo con un argomento che dovrebbe suonare
vergogna per tutta la redazione del « Giornale • e per chi dietro le quinte lo ispira. Ci riferiamo al trafiletto dedicato alla morte del nostro caro compagno Claudio Varalli. Riportiamo fra virgolette una frase indicativa della mentalità dura a morire di certa gente: ... « ucciso il 16 di aprile, in piazza Cavour, vittima di un pazzesco estremismo. • Non passa minimamente per la mente a questa ormai « minoranza silenziosa - di far scrivere chiaramente a tutte lettere che il compagno Varalli è stato vittima della vigliaccheria e della ferocia
sanguinaria di un gruppo di fascisti in agguato. Così facendo è un insulto alla memoria di Claudio quando si fa apparire la vicenda come se la morte fosse anche colpa sua, dal momento che militava in un movimento di sinistra e perciò soggetto quasi diremmo in modo naturale a simili mortali pericoli. Ed allora che razza di dialogo si può stabilire con gente che si presenta con un simile biglietto da visita e che ancora non ha capito un Fanfani di niente, riguardo i passi giganteschi compiuti dal popolo italiano, nella maturazione

e nella sua possibilità di valutazione intelligente di ogni cosa e nessuno specie nelle fabbriche è disposto ormai a tollerare simili travisamenti della verità. Non è neanche più disponibile per un certo paternalismo patetico alla De Amicis, tanto per intenderci, come per esempio l'articolo riguardante la raccoglitrice di carta straccia, per le Missioni del Terzo Mondo. Non si vuol capire che non è più una questione di elemosine, ma di concedere una volta per tutte la piena libertà a queste nazioni super sfruttate in centinaia di anni di feroce colonialismo, e non mandare il contentino o le briciole che la nostra
società dei consumi con il suo immenso sperpero ci consente di fare con simili atti indegni di popoli civili come ci pecchiamo di essere. E « dulcis in fundo », scriviamo dei messaggi augurali che non potevano non venire che da una certa parte ristrettissima, con tutti i loro titoloni messi in bella vista come: « Vice direttore generale, segretario della società, direttore affari generali ed affari degli altri » e via accumulando (anche i titoli di borsa ovviamente) e da un presidente finora inedito, che il suo solo titolo di merito è di essere un colonnello (almeno in Argentina o Brasile i presidenti di
grandi complessi sono dei generali collocati a riposo fra un - golpe » e l'altro).
Perciò si può immaginare che cosa hanno da spartire questi marziani della società, con gli operai, gli impiegati, i tecnici della CGE per i quali il loro solo titolo nobiliare e di merito è quello di lavorare e mandare avanti alla meno peggio la barca in un mare che, grazie a 30 anni di malgoverno dei democristiani e dei padroni, inetti e ladri, è diventato così tempestoso. Ma con l'aiuto attivo di Fanfani, finirà. Prossimamente.
DAL VOTO ALLE LOTTE

Di solito a parlare dei risultati elettorali ci si fa sempre un sacco di scrupoli nella preoccupazione di non essere sufficientemente unitari, ma i mutamenti emersi con il voto del 15 giugno scorso sono di portata tale da imporre automaticamente una discussione sulle prospettive.
La grande avanzata a sinistra è stata salutata ovunque con esplosioni di esultanza popolare e solo chi si è affidato all'informazione della TV non si è accorto che nelle strade e nelle piazze si verificavano manifestazioni di entusiasmo spontaneo paragonabili a quelle che solo fino a pochi anni fa era-
no riservate alle vittorie della nazionale di calcio.
C'era anche più festa del 13 maggio 1974 dopo il referendum, perchè i risultati delle elezioni, pur confermando la tendenza emersa con la vittoria del NO, hanno un significato più preciso che non lascia margini di ambiguità.
Anche le nostre valutazioni sono di soddisfazione per quanto ha espresso il voto perchè sentiamo che alla vittoria dello schieramento popolare abbiamo contribuito anche noi, anche se nella campagna elettorale abbiamo mantenuto un atteggiamento di giusto disim-
pegno. Sentiamo di aver contribuito con le lotte, con l'azione unitaria tra i lavoratori volta a superare le barirere pregiudiziali — e in primo luogo quelle rivolte a sinistra con l'iniziativa anti.fascista e l'azione per i diritti civili e una sempre maggiore democrazia. li 15 giugno ha espresso la validità di una linea di mutamento e di progresso nella quale il sindacato è una forza fondamentale, ed stato battuto chi ha creduti che il paese fosse ancora schiavo deiia strategia della tensione, della teoria degli opposti estremismi: H voto è stato un'altra chiara risposta sia alle provocazioni delle brigate
pre-elettorali sia alle campagne di indottrinamento condotte a colpi di slogan.
Il confronto ha investito necessariamente anche il tema della crisi economica e il responso lo dobbiamo interpretare come consenso alla linea alternativa per la quale lottiamo per uscire dalla crisi. E non è vero, come si sente dire da qualcuno a mo' di giustificazione, che governino questi o quelli, nella sostanza non cambia molto. Se così fosse non sarebbe avvenuto che le sinistre sono avanzate oltre le previsioni anche là dove hanno già responsabilità di gr,verno locale, perchè altrimenti carenze o errori sarebbero sta» pagati senza scampo con l'arretramento. E in più vi sono gli esempi di Genova e Venezia dove il voto hi pesantemente condannato l'azione DC che non aveva esitato, nel recente passato, ad esercitare il ricatto della crisi nelle amministrazioni pur di chiudere a ogni iniziativa delle forze popolari.
Stando ai risultati elettorali, quindi, sembrerebbe che ormai il gioco è fatto, che le cose dovranno cambiare per forza, o meglio in rispetto della volontà popolare. Ma le reazioni di alcuni partiti, DC, PSDI e PLI (anche se di quest'ultimo non vale ormai più la pena di occuparsi) dimostrano ancora una volta l'incapacità di certa classe politica di muoversi nella realtà del paese che cambia. Lo si è visto in TV come, a parte la sinistra, solo i repubblicani siano stati capaci di comprendere almeno in parte il significato del voto: gli altri rimangono disperatamente attaccati alla loro fetta di potere — far politica per auesti si ridur. al semplice conteggio dei seggi, niente di più — o ripropongono vecchi ritornelli modello 1948 sulla libertà e la schiavitù.
D'accordo, non sono state le blaterazioni di Orlandi e Saragat sui pericoli che minaccerebbero la democrazia a farci perdere il gusto della festa, ma tuttavia bisogna comprendere che a questo punto il voto va difeso. non può essere inteso semplicemente come nuova delega: è più corretto
dire che rappresenta un punto più avanzato dal quale sviluppare nuove iniziative.
In primo luogo tenendo presente che queste elezioni, nonostante il loro riconosciuto valore politico generale, aprono prospettive nuove o comunque diverse soprattutto a livello di Enti locali (Comuni e Regioni) con i quali il Movimento Operaio può instaurare una fase di nuovi rapporti in modo part!colare per quel che riguarda la politica del territorio, la casa, i trasporti. Questo presuppone ridare fiato e precisione alle piattaforme su questi obiettivi e rilanciare la battaglia per conquistare a una maggiore partecipazione democratica gli organi di governo locale e regionale.
E' pacifico che non sarà tutto così semplice come a dirlo, tenuto conto soprattutto delle difficoltà che si dovranno superare per risanare situazioni che sono degenerate in anni di malgoverno.
A maggior ragione, perciò, più grandi saranno le difficoltà a livello politico complessivo, di cui è stata anticipazione il vertice DC che, nella sua maggioranza, non ha sciolto le ambiguità continuando a esprimere sostanziale immobilismo negli uomini — o meglio nei cavalli, visto che così amano chiamarsi tra loro — come nelle idee.
Questa constatazione consente di aprire una parentesi sui cattolici, quelli che ancora vedono nella DC l'unica espressione politica possibile, non per riproporre strumentali adulazioni, ma per indicare alcune contraddizioni che vanno affrontate.
Un anno fa, su questo giornale, commentammo il risultato del referendum citando tra l'altro l'analisi autocritica dei giornale cattolico « L'Avvenire » che auspicava la necessità di cambiare il modo di fare politica e di gestire il potere. Il 17 giugno scorso, commentando l'esito del voto, lo stesso giornale scriveva in un articolo, ripreso anche dall'Osservatore Romano, che oli Italiani sono cambiati nel profondo e che lo spostamento a sinistra è stato determinato più che da-

gli errori della DC dai nuovi modi « di essere e di manifestarsi della coscienza collettiva ».
Le due analisi sembrano avere una precisa coerenza, ma se oggi ci ritroviamo avendo alle spalle un altro duro scontro di più, bisogna fare uno sforzo per superare i limiti propri di questi discorsi teoricamente anche validi e suggestivi per le prospettive che parrebbero aprire. ll guaio è che ancora una volta si rifiuta di ammettere e affrontare la contraddizione di fondo che si è acuita dopo le ultime elezioni, e che crea, sia ben chiaro, problemi a tutti e non solo a parte dei cattolici.
In sintesi: la DC, per rispondere alla domanda espressa dal voto, dovrebbe spostarsi a sinistra. Tuttavia i voti raccolti sono il frutto di una campagna elettorale volta a destra e da tale parte infatti sono giunti i tamponamenti parziali alle perdite avute a sinistra. Conclusione, se ne vada pure il buon Amintore, quello che resta è un partito che ha visto rafforzata oggettivamente la sua destra moderata i cui colpi di coda possono risultare ancor più pericolosi dal momento che ha giocato e perso la carta del ritorno al centrismo.
Certo la situazione può non essere esattamente schematica come l'abbiamo indicata, ma resta il fatto che la tendenza più probabile è quella di una radicalizazione dello Rcontro nolitico e sociale, piuttosto che quella di una sua parziale attenuazione.
Tutto questo ci sembra debba e?sere ben presente soprattutto nell'affrontare le prossime scadenze di lotta per l'occupazione e il rinnovo contrattuale. D'altro canto, e questo è il dato fondamentalmente importante, vi è da rilevare che ci apprestiamo alle scadenze indicate con un'ampiezza dello schieramento popolare che travalica abbondantemente i limiti della semplice classe operaia.
E' l'occasione giusta per consolidare le alleanze, rafforzare il potere dei lavoratori nelle fabbriche, costruire concretamente l'alternativa espressa dal voto.
Ordine Pubblico ieri : LUGLIO 1960

Il Paese intero scese in Fotta per sconfiggere il governo Tambront che poggiava sull'apporto determinante del MSI Morti e feriti a Reggio Emilia, a Roma, in Sicilia
Centomila operai di Genova respingono uniti il congresso fascista
Gli avwisimenti verificatisi nel mesi di luglio del 1960 sono troppo noti perchè si debbano qui rievocare particolareggiatamente gli scontri di Genovadove una mobilitazione decisa e cosciente della popolazione riuscì ad avere la meglio sulle forze di polizia, sconfiggendo fascisti e governativi - i morti di Licata, Palermo e Catania (qui Salvatore Novembre, diciannovenne operaio edile comunista, è abbattuto a colpi di manganello: «mentre egli perde i sensi, un poliziotto gli spara addosso Wpérutamente, deliberatamente. Uno, dué, tte • colpi fino a massacrarlo, a renderlo irriconoscibile. Poi il poliziotto si mischia agli altri, continua la sua azione.» Ma Salvatore non è ancora morto: alcuni sbirri ne prendono il corpo martoriato e lo trascinano fino al centro della piazza dove si svolgono gli incidenti: deve servire da esempio e da orribile monito alla
MILANO. 300 p6liziotti
entrano di notte alla
Om-Fiat, puntano le pistole
sugli operai, che facevano il picchetto e portano
Ze„macchlioperoneLassemblea
con le fabbriche della zona
cittadinanza catanese: così finiscono gli attentatori all'ordine democratico e tambroniano. Alcuni carabinieri rimangono a guardia del corpo che va lentamente diventando un cadavere, impedendo, mitra alla mano, a chicchessia di avvicinarsi e prestare soccorso al giovane: egli finirà dissanguato); le cariche, rimaste famose per la tecnica multipla - con le cami‘neite,-i cavt211l.Vii idranti, e una coscienziosa caccia al manifestante - di Porta San Paolo a Roma. Tuttavia, il massacro di Reggio Emilia del 7 luglio, quando i carabinieri e celerini spararono ininterrottamente per quaranta minuti ammazzando cinque persone, merita di essere brevemente raccontato, almeno nella sua fase saliente; lo facciamo con le parole di Piergiuseppe Murgia, che al luglio 1960 ha dedicato un intero libro: »... e poi, d'un tratto, ancora tra il fumo accecante, si sente lo sgranare
degli spari. La polizia spara. Spara sulla folla. La gente per un attimo si ferma stupita. Non sa rendersi conto. Sparano da ogni parte della piazza. Sparano a distanza ravvicinata. Sugli uomini. Sparano senza sosta. Il primo a cadere è Lauro Farioli, 22 anni, padre di un figlio. Ai primi spari, si è lanciato incredulo verso i poliziotti come per fermarli,- gli agenti sono a cento metri da lui: lo fucilano in pieno petto, gli sparano sulla faccia. Dirà un ragazzo testimone: «Ha fatto un passo o due, non di più, e subito è partita la raffica di mitra. Io mi trovavo proprio alle sue spalle e l'ho visto voltarsi, girarsi su se steste con tutto il sangue che gli usciva dalla bacca. Mi è caduto addosso con tutto il sangue. (...) Intanto l'operaio Marino Serri che piangeva di rabbia si è affacciato oltre l'angolo della strada per protestare gridando: »Assassini, assassini!» Un'altra raffica lo ha subito colpito ed anche lui è caduto.
1975
Taranto: arbitrarie
perquisizioni alle
sedi dei sindacati
tessili CGIL e CISL
Criticano la legge Reake due magistrati sotto accusò
SOLDATI. La nuova ondata di arresti &carico dei. congid!ìfi.,. déll'aith6S0 14Schiera per reati politici
ORDINE PUBBLICO. Ancora arresti e intimidazioni contro i ioidati che hanno inapifestato in piazza il loro antifascisre,2
ORDINE PUBBLiCO. Perquisite a Taranto le sedi-dei sindacati tessili e-de4144- f: 6: La polizia sequesìra gai elenchi degi: ;scritti