Milano domani9

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Monlué da salvare. Non è uno slogan ad effetto, ma, dopo aver constatato l'attuale stato di preoccupante abbandono e progressivo deterioramento della cascina Monlué, è l'appello che dalle colonne di questo giornale lanciamo al Consiglio di zona, ai partiti politici, ai circoli culturali, a tutti i cittadini della nostra zona che amano questo piccolo e antico borgo.

Se l'Amministrazione non interverrà con opere di manutenzione serie e programmate, se non si provvederà con urgenza alla esecuzione di quelle opere indispensabili al mantenimento della struttura, come ad esempio il rifacimento dei tetti, tutto sarà irrimediabilmente perduto.

Numerose sono state le attività cul-

In questo numero

Riusciremo a salire sui jumbo-tram?

Il consultorio familiare nella Zona 13

Che cosa fa il Consiglio di Zona?

Al servizio dei cittadini mediante lo stimolo, la critica, il confronto.

Un intervento nel dibattito su:

"A che cosa serve un giornale di Zona"

La Trecca cambia volto Inchiesta sulla pornografia. Cosa ne pensano gli abitanti della Zona

I rapporti fra DC e PCI a Milano.

Confronto fra Antonio Velluto

e Maurizio Mottini

Le

Esce il 15 del mese (luglio e agosto esclusi)

turali e ricreative che hanno avuto come cornice questa antica abaziacascina negli scorsi anni e lo splendido consenso di pubblico ottenuto in ogni occasione ha dato ragione a quanti condussero una appassionata battaglia per recuperare alla collettività la cascina Monlué come centro comunitario di incontro popolare e di iniziativa culturale democratica.

L'aver sottratto Monlué alla speculazione fu il primo importante risultato; oggi di fronte allo stato di sfacelo è necessario che con lo stesso slancio e lo stesso entusiasmo i cittadini, le forze politiche e culturali si battano sostenendo l'azione del Consiglio di zona perché Monlué venga defìnitivamenté e completamente acquisita come struttura sociale al servizio delle realtà cultu-

rali e sociali.

Noi crediamo che, pur di fronte alle difficoltà finanziarie del momento, un intervento, anche se pur minimo, sia oggi non solo indispensabile ma anche doveroso se si considera il valore storico e culturale di questa rara testimonianza di una antica e affascinante periferia.

Assurdi episodi di violenza in viale Ungheria

I fatti: sabato grasso, pomeriggio, una banda di ragazzini "armati" di uova e farina decide di dare "l'assaldo" all'oratorio; l'obbiettivo un gruppo di ragazzi di Comunione e Liberazione. Ma come al solito dallo scherzo, dallo scontro incruento a base di uova e farina, si passa alle sassate, alle sberle alle minacce con pistola, al quartiere invaso da poliziotti in assetto di guerra. Dire ora chi ha dato la prima sberla o chi ha tirato il primo sasso è alquanto difficile. Possiamo solo dire che da un'azione oggettivamente sbagliata da parte di alcuni gruppi della zona, C.L. ha colto al volo I occasione per imbastire una campagna di stampa (ne ha parlato anche la T.V. falsificando macroscopicamente i fatti) improntata (come al solito!) al vittimi-

smo. Nel suo comunicato stampa C.L. dopo aver esposto i fatti dal proprio punto di vista fa delle affermazioni facilmente confutabili. Dice tra l'altro: "questo fatto di violenza rappresenta un grave attacco alla libertà di espressione della comunità parrocchiale il cui lavoro educativo e la presenza sodale rappresentano da anni un contributo costruttivo a rendere la vita del quartiere più vivibile creando esperienze di solidarietà tra i giovani e gli adulti, chiaramente al servizio di una promozione umana e sociale della zona".

A nostro modo di vedere sembra abbastanza esagerato dire che i fatti di sabato siano un attacco alle libertà d'espressione. E che dire del fatto che la comunità parrocchiale ha dato un contributo

valido alla promozione sociale della popolazione della zona? Non si possono fare tali affermazioni quando è davanti agli occhi di tutti il frutto di SO anni di malgoverno D.C., e quando non si muove un dito per cambiare questo stato di cose. Allora ci sembra che C.L. non aspetti altro che questi fatti, per avere l'occasione di fare affermazioni campate in aria. Ciò ovviamente non toglie ad alcuni gruppi avventuristi la responsabilità di dare oggettivamente copertura a queste manovre di C.L., compiendo delle azioni irresponsabili.

Riteniamo pertanto di non drammatizzare eccessivamente questi spiacevoli fatti e di riaffermare che la lotta politica deve mantenersi sul piano del confronto civile delle opinioni. Luigi Cibo

L.200
ANNO III n. 3 MARZO 1977
delle droghe La Fiat "scarica" la Fabbri? pag. 2 pag. 3 pag. 3 pag. 3 pag. 4 pag. 5 pag. 7 pag. 8 pag. 9 MENSILE DI CULTURA POLITICA E ATTUALITA'
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responsabilità dell'industria farmaceutica nella diffusione
La cascina Monlué crolla: salviamola!

Riusciremo a salire sui jumbo-tram?

Ogni mattina, dopo aver scorrazzato tutta notte lungo il percorso della linea 24, i contestatissimi jumbo-tram ritornano verso i depositi dove restano in attesa delle prime ombre della sera. Poi, mentre il traffico privato si dirada e gli stessi mezzi pubblici diminuiscono le loro corse, i jumbo riprendono il loro cammino per completare i 5mila chilometri di rodaggio. Molti cittadini riescono però a vederli in azione sempre lucidi e desolatamente vuoti: soprattutto nella prima mattinata uando le vetture della linea 24 sono "assaltate" da centinaia di lavoratori e studenti, i jumbo che passano senza fermarsi (con i loro 59 comodi posti a sedere e lo spazio per altri 200 passeggeri)

provocano qualche battuta ironica e molte domande. Se in un primo tempo ci si chiedeva: "Quando saliremo?", adesso la domanda diventa: "Riusciremo a salirci?". Cosa è sucesso dunque nelle ultime settimane perchè la futura utilizzazione dei nuovi automezzi venga messa in dubbio così drasticamente? E' sucesso che lanciata da un quotidiano, ripreso da altri organi di informazione, discussa in Consiglio comunale, negli uffici tecnici dell'ATM e fra i cittadini, è nata la "grana" dei jumbo-tram. "Sono pericolosi in curva perchè sbandano vistosamente", è stata la prima accusa. E subito dopo: "La Giunta che li riceve al ritmo di quattro al mese e al prezzo di 350 milioni l'uno, non potrà utilizzarli

perchè non esistono percorsi completamente protetti e, ad alcune fermate, le banchine di attesa sono curve in modo che il conducente del jumbo non riesce a vedere chi sale e scende in coda con il conseguente rischio di chiudere le porte in faccia a qualcuno'. Il perchè di questi senza dubbio gravi inconvenienti lo spiega, in parte, il "Corriere della Sera':"Negli anni scorsi la parte finale del mezzo pubblico è stata modificata" e nel titolo del "pezzo" si chiede "Chi ha cambiato la coda del jumbo?. La domanda formulata domenica 13 febbraio per una intera settimana non trova seguito mentre in città bambini, vecchi mamme, turisti di passaggio, continuano a chiedersi "Chi ha cambiato la coda al jumbo? Chi è stato?". Sullo stesso "Corriere" il 20 febbraio finalmente da Firenze arriva una risposta. Voce roca e testa bassa, l'architetto Giovanni Klaus Koening appassionato di tram fin dall'infanzia e proprietario di una meravigliosa biblioteca sui mezzi di trasporto "confèssa": "Ho cambiato io la coda del jumbo. E' stato nel 70 poi aggiunge quasi a scusarsi però non ho mai chiesto alcun compenso". Scherzi a parte, a portare un po' di chiarezza nell inticata vicenda (che essendosi arrichita di nuovi particolari, prese di posizione polemiche. commissioni di lavoro, viene chiamata anche giallo dei jumbo-tram'') arriva una conferenza-

stampa del vicesindaco e Assesorr ai Trasporti Korach. Nell'incontro vengono ricostruiti i momenti e i passaggi che hanno portato ijumbo-tram nell'occhio del ciclone. All'inizio degli anni '70, l'ATM riesce a costruire, utilizzando tre vecchie vetture, un automezzo in grado di trasportare un gran numero di passegeri alla guida di un solo conducente. L'esperimento è stato soddisfacente e viene applicato con continuità sul percorso del "15" in considerazione delle decine di migliaia di tifosi che affollano ogni domenica lo stadio di San Siro. Considerate le mediocri prestazioni delle squadre di calcio milanesi degli ultimi tempi forse il problema ogni risulta smorzato; ma nei primi anni del '70 riuscire ad incanalare in poche ore le migliaia di tifosi fermi in un unico punto era stato considerato un grande risultato. Vengono così decise gare di appalto per la costruzione di 100 jumbo che, fra I altro, possono permettere una migliore utilizzazione del personale dell'ATM realizzando anche un risparmio per l'azienda. Mentre è in corso la gara d'appalto tra le 21 ditte (la commissione verrà poi assegnata in misura eguale alla AEG e alla GAI) l'allora maggioranza di centrosinistra è lacerata al suo interno fra fautori del progressivo sviluppo della rete metropolitana e sostenitori del manteni-

mento di buona parte dei trasporti su superficie .

Tra le varie accuse ai jumbo c'è anche quella della famosa coda che, rispetto ai primi modelli costruiti, non è smussata in corrispondenza dell'ultima porta con una conseguente maggior rigidità in curva.

Oggi la nuova Giunta si trova di fronte la "modifica-Koening" che comporta certamente qualche problema di percorso, con i jumbo che vengono sfornati ogni mese e devono essere regolarmente pagati. La soluzione più logica è di trovare un accomodamento e apportare qualche modifica ad alcune banchine per un costo complessivo di 20 milioni, . come è stato annunciato da Korach, che permetteranno a ben 35 jumbo di viaggiare lungo la linea 24. Resterà poi il problema delle "codate", ma a questo proposito gli abitanti della zona 13 che al mattino si servono dei mezzi pubblici sanno che quotidianamente decine di grossi pulman articolati viaggiano per via Mecenate trasportando lavoratori e studenti dai comuni della provincia. Proprio sulla coda questi automezzi portano la scritta "attenzione! Pericoloso accostarsi in curva" eppure nessuno, a quanto ci risulti, si è mai sognato di chiedere la cessazione del servizio.

A carnevale ogni pestaggio vale

Luogo: la via perpendicolare a via Mecenate all'altezza dell'ufficio postale

Aníbiente: sotto il pallido sole invernale, in un clima di gioiosa festa, mentre sfilano i carri allegorici organizzati dai parroci di piazza Ovidio e via Zama per le vie del quartiere.

Giorno: l'ultimo sabato di febbraio, cioè il "sabato grasso".

I portagonisti: un centinaio di persone e di bambini e un automobilista.

I fatti: mentre i carri con sopra allegri bambini girano per le vie invitando altri bambini alla "processione", un'automobilista vuole passare tra i carri perchè evidentemente il tempo che ha a disposizione gli impedisce una sosta di 10 minuti.

ll dramma:

La macchina viene presa a calci;

L'automobilista "toccato" nel suo punto debole (l'onore di avere una macchina nuova e lustrata a specchio) reagisce. Scende dalla macchina si "accapiglia" con alcuni presenti;

Tra l'indietreggiare delle persone, 4 o 5 "valorosi" separano i contendenti e l'automobilista risale sulla sua brillante auto e fa marcia indietro;

A questo punto due persone rincorrono la macchina, aprono la portiera, afferrano lo sventurato e lo trascinano per terra pestandolo: la scena è da film western, manca solo la musica di Ennio Morricone;

1 soliti "valorosi" cercano di evitare questo ingiusto pestaggio e questa volta anche il sottoscritto fa da pacere. Risultato: finalmente i contendenti vengono divisi e ognuno viene "spinto" per la sua strada. Il pestaggio duole forse più a noi che le abbiamo prese da ambedue le parti.

Arriva, dopo lo spiacevole incidente, il prete "capocarro" e il vigile. Non sanno cosa dire.

A mio parere colpevoli sono ambedue le parti: l'uomo schiavo del tempo e del suo "gioiello" che corre veloce, che non deve avere ruggine sul cofano e che "sfonda" qualsasi ostacolo; gli altri così pronti a trasformare una così gioiosa festa, e per di più organizzata da fedeli cristiani, in una rissa e quasi in un linciaggio.

Penso solo che una coscienza civica si forma dai piccoli fatti di ogni giorno; che diventa spontaneo amare gli altri non dal momento in cui varchiamo la soglia di una chiesa, ma dalla capacità di ognuno di saper rifiutare le intransigenze, le prevaricazioni ed anche i toni rissosi che più o meno ogni giorno vengono da parti che nonostante tutto si professano "cristiane".

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Che cosa fa il consiglio di zona?

Nelle scorse settimane sia "Il Corriere della Sera" che "Il Giorno" hanno pubblicato alcuni articoli nei 9uali hanno riferito dell'attività svolta dai Consigli di zona a Milano nel corso del 1976. In essi si lamentava una scarsa partecipazione dei cittadini all'attività di questi organismi che dovrebbero invece avere come primo loro compito istituzionale appunto quello di stimolare la partecipazione. A parte il fatto che non siamo d'accordo nel considerare poco significativa la presenza di oltre 50 mila persone alle attività dei vari Consigli di zona — tanto più che si tratta di una massa di persone in continuo aumento —, siamo convinti che ciò che finora ha impedito una maggiore presenza è stata la mancanza di poteri decisionali (limite questo che verrà superato con l'approvazione del nuovb regolamento e con le elezioni dirette che speriamo si tengano al più presto), che una insufficiente conoscenza

L'attività svolta dalla Commissione Urbanistica in gennaio e febbraio

dell'attività svolta dai Consigli di zona e delle possibilità di partecipazione che ai cittadini sono offerte. Vediamo pertanto di precisare quest'ultimo aspetto della questione.

Innanzitutto bisogna ricordare che tutte le riunioni del Consiglio di zona sono aperte al pubblico e che per dare un attivo contributo di idee e di "lavoro" tutti possono far parte delle sue Commissioni. L'attività del Consiglio di zona infatti è suddivisa in varie Commissioni ("Urbanistica, trasporti, lavori pubblici", "Educazione, cultura, sport ', "Assistenza, sanità, ecologia". "Carovita, bilancio, lavoro"): per far parte di esse è sufficiente farne richiesta, sia a titolo individuale che come rappresentanti di gruppi organizzati.

Che cosa fanno queste Commissioni?

Per rispondere alla domanda vediamo concretamente che cosa esse hanno fatto nel corso dei mesi di gennaio e febbraio.

La Commissione Urbanistica ad esempio, che si riunisce regolarrhente ogni lunedì sera presso il Centro civico di viale Ungheria 29 (sede del Consiglio di zona), ha preso in esame varie licenze edilizie esprimendo pareri che, dopo essere stati approvati dal Consiglio di zona, devono essere obbligatoriamente presi in considerazione dalla Amministrazione comunale. Il 17 gennaio ad esempio è stato affrontato il problema dell'area di via Salomone abusivamente chiusa da una recinzione ed ora occupata da alcuni giovani della zona in segno di protesta per le irregolarità commesse. La Commissione ha deciso pertanto di chiedere che l'area venga destinata a campo giochi per ragazzi e che vengano abbattuti i prefabbricati costruiti illecitamente. Il 24 gennaio si è discusso invece della proposta di prolungamento dell'autobus 66 a Ponte Lambro e per rendere

possibile ciò è stata richiesta la realizzazione di una nuova strada che congiunga via Bonfadini con la nuova via Serrati: in tal modo il percorso dell'autobus risulterebbe rispondente alle esigenze dei cittadini. Il 7 febbraio poi è stato preso in esame il progetto del Centro sociale che verrà edificato a Ponte Lambro con i finanziamenti già stanziati dall'IACP: si tratta di un progetto che prevede la costruzione di una palazzina di due piani nella quale troveranno posto sale-riunioni, locali per ufficio e ambulatorio, sala-teatro, biblioteca e discoteca.

11 14 febbraio invece la Commissione ha preso in esame, insieme ad alcuni rappresentanti del Consiglio di fabbrica, la situazione della Montedison di via Bonfadini: ciò allo scopo di decidere riguardo all'utilizzazione dell'area di proprietà della Montedison in previsione dell'ampliamento del Centro ricerche e tenendo

conto che il previsto smantellamento dello stabilimento non dovrà causare licenziamenti.

Anche le necessità di verde pubblico rientrano nelle competenze della Commissione urbanistica: di questo si è discusso ad esempio il 21 febbraio allorchè si è parlato della sistemazione "a verde" dell area situata fra via Dalmazia, via Decorati. p.za Ovidio.

Da questi esempi è possibile capire che la materia trattata dalla Commissione urbanistica non è aridamente "tecnica" e lontana dai problemi reali dei cittadini, anzi è strettamente legata ad essi, tosi che lo sviluppo della zona proceda nel modo più "umano" possibile. Altrettando importante è l'attività della Commissione Educazione e quella del Consiglio di zona nel suo complesso: di essi riferiremo in un prossimo articolo.

Il "nostro" consultorio

Perchè venerdì sera, 4 marzo, al Centro Civico per parlare del "nostro" Consultorio? Innanzi tutto perchè come diceva lo psicologo dell'Università di Milano Sergio Colombi, che l'esperienza in questo campo l'ha fatta a Cinisello, il Consultorio per la sua stessa funzione, per i problemi che intende affrontare, non può stabilire un rapporto concepito in modo tradizionale con l'utente a cui si rivolge. Se cioè il suo compito fosse solo assistenziale, verrebbe più o meno trasformato in un semplice distributore di pillole. Il suo raggio d'azione va invece

Come, dove, perchè nella Zona 13

ben oltre, dalla consulenza alla socializzazione di tutta una serie di problemi come la maternità, l'aborto, la contraccezione, cche la donna era stata sempre abituata àd affrontare nella sfera del privato. Da questo fatto conseguono tutta una serie di problemi e rischi con i quali occorre fare i conti. Il Consultorio è infatti una struttura che vive e si fonda sulla partecipazione della popolazione della zona altrimenti rischia di essere disertato se non si crea un rapporto di mutua fiducia; e perchè ciò avvenga occorre anche che esso si presenti come

organismo realmente pluralistico nel quale tutti possano riconoscersi ed esprimersi. Venerdì sera ci siamo però incontrati e confrontati nell'assemblea pubblica indetta dal PCI per discutere non solo del "dopo", di quando cioè il Consultorio verrà aperto, ma dell"oggi", cioè di quello che occorre fare perchè ciò che sembrava essere a portata di mano non rimanga ancora a lungo un sogno. Tutto sembrava infatti essere ormai pronto, essendo i locali reperiti nell'asilo nido di nuova costruzione in Via Meleri, tanto che in gennaio "Mila-

DIBATTITO SU: « A COSA SERVE UN GIORNALE DI ZONA »

no domani" aveva annunciato l'assunzione prevista entro febbraio degli specialisti che avrebbero dovuto operare nel "nostro" Consultorio: un psicologo, un ginecologo, una assistente sociale e una assistente sanitaria. Ecco però arrivare il decreto Stammati con il quale si sospende l'assunzione di nuovo personale nei Comuni per tutto il '77 (fatte alcune eccezioni per la reintegrazione di quello già esistente). Le proteste che si sono levate per denunciare l'erroneità del decreto che non solo non risolve la situazione finanziaria dei Comuni, ma

impedisce loro ogni possibilità di iniziative in campo socio-sanitario, sono state molte. È però necessario che a queste si aggiunga la nostra, ed è per questo motivo che in questi giorni verranno raccolte le firme per una petizione che verrà presentata all Assessore e per conoscenza al Sindaco: si tratta in questo modo di ribadire concretamente la nostra volontà di vedere questa struttura funzionare al più presto nella nostra zona.

Sono stato anch'io invitato a partecipare al dibattito su: "A cosa serve un giornale di zona" in corso su "Milano domani" e vi aderisco perchè personalmente vedo positiva una pubblicazione che, rivolgendosi ai cittadini di una zona determinata, assolva a quella che ritengo debba essere la finalità di tale tipo di giornale, cioè di riuscire a sensibilizzare gli abitanti della zona ai problemi politici, sociali, culturali che più da vicino li riguardano. Non possiamo infatti negare il generale assenteismo della popolazione: siamo sinceri, a qualunque incontro, dibattito, assemblea si tenga in zona sono sempre gli stessi (e pochi purtroppo!) I volti che si incontrano. Eppure anche le recenti cronache su "Milano domani" dimostrano che non sono I motivi a mancare per una più diffusa partecipazione, solo che la pigrizia dell'individuo prevale sul senso del dovere sociale che dovrebbe chiamare tutti a collaborare nella gestione pubblica se veramente si vuole vivere In

democrazia e non solo accettare o subire quanto deciso, come si è soliti dire, da quelli che sono "in alto".

Ecco allora come ritengo debba muoversi un giornale di zona, pur dando un debito spazio alla cronaca e all'attualità:

- evidenziare quanto si sta elaborando a livello comunale, provinciale o regionale e esporlo in modo veramente critico perchè ognuno possa ben capire se quanto si va facendo si rifletterà a vantaggio o a limitazione della nostra zona;

- dedicare massimo spazio a quanto i lettori fanno pervenire per avere un termometro valido delle aspettative e degli interessi della base da soddisfare poi con un allargamento del dibattito, interessando opportunamente il Consiglio di Zona, nonchè promuovendo specifici incontri con l'intervento delle varie forze politiche e sociali.

Il mio giudizio sul giornale di zona è quindi più che favorevole se esso sarà posto come ho già

detto al massimo servizio del suo lettore, ed auspico così a "Milano domani", che pure ha preso vita come espressa manifestazione delle componenti comuniste delta zona, di continua-

re la via intrapresa con l'allargamento dei contributi che vi affluiscono, cosi da divenire un foglio veramente aperto ad ogni cittadino senza peraltro creare falsi unanimismi bensì favoren-

do il procedere di un democratico confronto anche attraverso la critica, ma non con la polemica fine a sé stessa e quindi sterile.

13;

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La Trecca cambia volto

Come gli abitanti di via Zama si sono conquistati le nuove case

Finalmente dopo anni di lunga lotta e mobilitazione le case del Lotto 64 da sogno di difficile realizzazione sono. ora realtà tangibile.

Anzitutto penso che prima sia necessario fare una breve storia delle case di Via Zama per meglio valorizzare i risultati ottenuti.

Già da anni si sentiva la necessità di creare un nuovo quartiere per sopperire alle carenze abitative e alla completa mancanza di servizi, che in Via Zama le passate Amministrazioni comunali non si sono mai preoccupate di creare, prendendo come spunto, per giustificare il loro clientelismo, il fatto che queste case erano alloggi di passaggio per gli immigrati che, giunti a Milano, non riuscivano a trovare una sistemazione adeguata e definitiva. Premetto che queste, come le altre case minime di Milano, sono state costruite intorno al 1935 con l'intento di allontanare le famiglie dei Lavoratori e dei ceti meno abbienti dalle abitazioni del centro per potervi insediare famiglie con redditi superiori e portare avanti una politica speculativa e discriminatoria.

Ed è con queste illusorie promesse, che per un trentennio si è tenuta emarginata una grossa parte della popolazione. Ogni volta che avveniva un incontro con i responsabili dell'I.A.C.P. e con le altre forze politiche dei passati governi di centro-sinistra, quello che si otteneva non erano altro che belle frasi piene di buoni proposi mai realizzati.

Nel frattempo nella cittadinanza cresceva l'esigenza di nuove abitazioni dove vi fossero quei servizi abitativi e sociali, (che nelle case della "TRECCA" non si erano mai voluti creare) necessari per condurre una vita civile e decorosa.

Fu con questo spirito che verso il 1970 cominciò a concretizzarsi un movimento di massa proprio fra gli stessi inquilini, che diede inizio al "calvario" delle manifestazioni davanti a Palazzo Marino, agli incontri con gli Assessori all'Edilizia Popolare e con i responsabili dello I.A.C.P. Bisogna riconoscere che i giorni, le ore e le parole spese durante tutti questi anni sono serviti a qualche cosa. Penso che l'idea venutasi a creare sugli abitanti di via Zama e sulla vita che si conduce in quel quartiere sia oramai superata e che negli stessi sia cresciuta una coscienza civile e un maggior desiderio di rendersi attivamente partecipi dei problemi della zona .13.

Parte di questo risultato va attribuito alle forze politiche democratiche e al S.U.N.I.A. operanti in Via Zama, che non hanno mai perso la volontà di lottare e di rendere partecipi tutti i cittadini anche nei momenti più difficili.

Ora i lavori nel Lotto 64 stanno per essere ultimati; già alcune delegazioni di inquilini hanno potuto accedervi per rendersi conto di quale criterio sia stato usato per costruire gli alloggi e poterne rendere pubblica la metratura, l'ubicazione e la fattezza.

Non dobbiamo dimenticare inoltre l'attento lavoro della VI Commissione che ha vagliato negli ultimi mesi con serietà e celerità le 480 domande degli assegnatari degli alloggi, affinché fossero in regola con tutti i certificati, i documenti ed i redditi richiesti, per poter formulare dapprima la graduatoria e trasferire poi tutti gli incartamenti alla Commissione Alloggi I.A.C.P..

Siamo giunti quindi al momento cruciale e anche più delicato dell'operazione di risanamento della "TRECCA": a questo punto subentra la reale volontà e capacità delle forze politiche, degli Enti locali, degli Istituti e sopratutto degli stessi INQUILINI, affìnchè il trasferimento dal vecchio al nuovo quartiere avvenga con uno stretto controllo e una completa vigilanza, che non conceda spazio a quei movimenti politici che vorrebbero vedere sfumato questo obiettivo, legittima speranza degli abitanti. Per certe persone, sarebbe più logico e fruttuoso, partecipare maggiormente alle riunioni del S.U.N.I.A., unico organo di vera informazione, anziché discutere

nei luoghi meno appropriati senza essere al corrente, delle attuali difficoltà, o esserlo in maniera errata cercando di creare falso allarmismo e panico nella gente.

Gli inquilini quindi non prestino attenzione alle chiacchere e alle fandonie che giungono loro per vie traverse ma si preoccupino anzi, tramite i delegati sindacali, dei problemi che il momento presenta e se ne facciano carico. Così, con la più larga partecipazione, si potrà evitare qualsiasi forma di occupazione abusiva o altre iniziative che non gioverebbero a nessuno ma che potrebbero mettere nuovamente in discussione tutto quello che i cittadini si sono civilmente conquistati (ricordiamo a questo propo-

sito le condizioni degli appartamenti che si sono ritrovati i legittimi assegnatari delle case di Ponte Lambro: servizi igienici devastati, ecc.).

In questo momento penso quindi che la "parola d'ordine" che dobbiamo darci debba essere: vigilanza e partecipazione "giorno e notte" perchè il Lotto 64 è nostro e guai a chi ce lo tocca. Una richiesta va fatta anche al Consiglio di Zona perchè formi rapidamente una COMMISSIONE che si occupi esclusivamente dei problemi del Lotto 64, affinché venga dimostrata l'effettiva volontà politica di integrare la popolazione della "TRECCA" e di trasferirla nel Lotto 64 per un migliore sviluppo sociale e civile di tutta la Zona 13.

Il dissenso nell'est-europeo (tribuna aperta

È scontato che tale dissenso trovi grande eco in Occidente in quanto si tende a dimostrare, come è ovvio, che la sua struttura giuridicopolitica sia la migliore esistente.

Cioè si deve riconoscere l'esistenza di un'operazione ideologica tesa alla creazione di consenso. Essa è lecita, entro certi limiti, ma deve essere riconosciuta per tale.

È altrettanto ovvio che l'Occidente dia per scontata l'esistenza del dissenso nella sua area geografica, identificando il dissenso con una generica libertà d'opinione o con la pluripartiticità.

È però vero che fenomeni seri di dissenso — anche quello non banditesco, non armato, non violento — sono perseguiti anche dalle nostre parti, sia pure in modo molto diverso (si veda ad esempio la condanna per vilipendio, per apologia di reato — come fino a non molto tempo fa la difesa dell'obiezione di coscienza — o i cosiddetti reati d'opinione).

Occorre essere profondamente convinti che una società realmente democratica non può fare a meno del dibattito delle idee, e quindi del dissenso, nei confronti del potere, del suo esercizio, della sua ideologia. Però deve essere chiaro che il dissenso non è a senso unico, non si può fare di ogni erba un fascio. Un conto è il dissenso degli operai polacchi, un altro quello di Sacharov e del suo gruppo o dei firmatari della Charta 77, un altro ancora quello di Solgenitzin.

primo è rivolto a misure economiche coercitive che aumentano le sofferenze di masse di gente: la repressione di tale dissenso suscita riprovazione perchè appare come antipopolare o addirittura antioperaia, e per di più, messa in atto da un governo comunista, lascia molto dubbiosi. Non si può neppure dire che il dubbio dipenda da cattive informazioni. Allora si lascino circolare queste benedette informazioni sulla base delle quali potremmo capire qualcosa di più.

È scorretto però essere pregiudizialmente favorevoli al dissenso. È uso ideologico deviante e strumentale del dissenso stesso.

Riconosciamo almeno anche ai governi dei paesi dell'Est europeo un minimo di credibilità — salvo verifica contraria— come del resto lo riconosciamo ai governi occidentali.

Il gruppo di Sacharov già da tempo, più recentemente il gruppo della Charta 77 in Cecoslovacchia, ed altri gruppi in altri paesi, dissentono in nome dei diritti individuali perchè ritengono non costruibile una società socialista a prescindere da essi. Più recentemente il loro dissenso si ricollega agli accordi internazionali di Helsinki.

Si tratta in questo caso di un riferimento giuridico importante, ma per essere serio esige che chi ne riferisce, compresi i nostri giornalisti che ci passano le notizie del dissenso, ne conosca il contenuto. Non se ne può fare un mito, tanto più reale e

Queste colonne sono a disposizione di tutti coloro che intendono usarle. Le opinioni espresse possono non corrispondere con quelle della Redazione di "Milano donuoi".

operante quanto più sconosciuto, come del resto tutti i miti. Non si sta dando ragione a questo a quello — si chiede di leggere con attenzione quello che si scrive —: si sta chiedendò di non parlare a vanvera, come fa molto spesso il quotidiano di Montanelli. Per quanto ne sappiamo è vero che tali accordi non sono rispettati per le parti che si riferiscono ai diritti dell'uomo. Su questa base c'è certamente da esprimere condanna per la repressione e solidarietà per i dissenzienti, che chiedono giustamente il rispetto di accordi sottoscritti. In altri casi di dissenso. come ad esempio in Solgenitzin, le cose sono un poco più complesse. Il suo dissenso mi pare decisamente ideologico. I suoi termini di riferimento sono da ricercarsi nella tradizione della Santa Russia a sfondo contadino, propria della interpretazione letteraria. Cioè alla Russia attuale si contrappone una Russia ideale che si presume esistita al tempo dei grandi zar. Ma si tratta di un'esistenza letteraria, non reale. Perciò i valori proposti nel dissenso di Solgenitzin, oltre che finzioni letterarie, si mostrano decisamente non progressisti — l'ipotesi di fatto è restauratrice — e a prestano con facilità il fianco al strumentalizzazioni da destra, come di fatto è avvenuto. C'è una certa equivocità che deve essere smascherata nei suoi aspetti obiettivamente restauratori (se non proprio reazionari).

Il che non significa che Solgenitzin non possa avere queste idee. Ma è oltremodo scorretta la pretesa che si tratti di idee generalizzabili nella Russia di oggi — e anche di ieri — oppure attribuirgli valore oltre l'ipotesi letteraria. Il rivivere dei cosiddetti "soggetti popolari" oltre che irrealistico — non solo in Russia ma anche da noi — è obiettivamente una proiezione di frustrazioni a carattere feudal-medievale, non corrisponde

affatto ad un pluralismo democratico delle esperienze — e non solo delle idee — ed ha una sua pericolosità obiettiva. Non per niente Solgenitzin trova ascolto da noi presso aree politiche e culturali che si manifestano nei fatti incapaci di serie poposte innovatrici: il gruppo di "Russia Cristiana" e "Comunione e Liberazione" ne sono un esempio.

nuove case del lotto 64 Gasafticente ARTICOLI REGALO GIOCATTOLI CASALINGHI (MILANO DONAMI-) zona 13,,r4
Le

Il sesso da guardare

Perchè la pornografia. A chi serve. Cosa ne pensano gli abitanti della zona

C'era il rischio di trinciare a priori giudizi moralistici. Solo così si spiega una certa nostra esitazione prima di trattare su Milano domani il problema della pornografia.

Ma intanto la pornografia dilaga e i suoi effetti appaiono tutt'altro che liberami.

Basti considerare la degradazione del sesso sulle più svariate riviste "per soli uomini", così come un tipo ormai diffuso di bassa produzione cinematografica ed anche, seppure in forme che si manifestano soltanto per simboli erotici, lo stesso settore della pubblicità.

Sulla fabbrica del sesso per immagini c'è poi un giro di miliardi al quale sono spesso indirettamente interessati ben noti settore dell'editoria.

Vale perciò la pena di sentire, attraverso la voce degli abitanti della nostra zona, come è giudicato un fenomeno che non è solo di costume.

E vero che i giovani sono i principali consumatori di pornografia?

Giovanna Valsecchi, 15 anni, 2a liceo artistico, ha interrogato sull'argomento alcuni compagni di scuola. "Molti ragazzi hanno sfogliato i giornali-pomo verso i 9-12 anni, per curiosità e desiderio di informazione verso il sesso, argomento molto spesso tabù nell'ambito familiare. Io stessa avevo le idee molto vaghe sul rapporto sessuale ed ho trovato in un libro pornografico alcune chiarificazioni".

Da questa dichiarazione risulta evidente quale può essere il danno che simili pubblicazioni possono fare: quali 'chiarificazioni' un libro pornografico sia in grado di dare ognuno può imma-

LA

ginarlo! Per Federico Valtolina, 17 anni studente, occorre una certa cautela prima di parlare di pornografia giacché non è possibile tacciare di oscenità una foto, uno spettacolo o qualsiasi altra cosa solamente perché in essa vi è l'immagine di una persona nuda. Si pensi ai numerosi esempi di arte figurativa e di letteratura che attraverso l'immagine del nudo hanno raggiunto in ogni epoca risultati artistici di grande valore. Per questo penso che per combattere la vera pornografia basta affidarsi alla coscienza del singolo che dovrebbe essere in grado di distinguere il vero dal falso, il lecito dall'illecito. Che la pronografia abbia accompagnato in tutte le sue epoche l'umanità è un dato di fatto. Apuleio, Petronio, De Sade, ad esempio, furono scrittori certamente pornografici —ci dice Wanda Cotignola, 36 anni, 2 figli, —l'unica differenza tra i tempi in cui scrivevano tali autori e i giorni nostri è che allora era dcile diventare ricchi con la pornografia, mentre oggi, sviluppandosi su basi industriali, essa è fonte di ingenti profitti. Nel nostro paese però la pornografia è contenuta entro limiti moderati grazie anche alla vigile critica della Chiesa e perché in generale siamo un popolo di buon gusto.

Molto ci sarebbe da dire sia riguardo all'errore di definire pornografico, invece che erotico (e la differenza è sostanziale) uno scrittore come De Sade, sia sull'utilità della vigile critica della Chiesa con le conseguenze di repressione sessuofobica e non liberatoria che ciò ha significato. Sentiamo ora un militante democristiano attivo sia in consigio di zona sia come consigliere del circolo elementare Decorati-Meleri-Zama. Si tratta di Mar-

co Meletti, 37 anni, 2 figli che spiega così il fenomeno: la pornografia è una delle espressioni della cosiddetta civiltà dei consumi. L'aspetto più triste è che da essa l'uomo e

PAROLA AD UN DIRETTORE DIDATTICO

la donna traggono maggior sfiducia l'uno dal l'altro, e soprattutto sfiducia nell'amore vero che invece è un sentimento bello, pulito, che dona gioia e serenità a sé e agli altri. Quali i

Educazione sessuale per battere la pornogra

Frequentemente, trattando della pornografia, ci si sofferma su considerazioni estreme: la pornografia è distruttrice di valori morali e pertanto è da reprimere; oppure, la pornografia fa parte della libertà di espressione, quindi non è assoggettabile ad alcuna limitazione. questo modo semplicistico non permette di cercare le cause profonde del fenomeno, nè di sottoporre ad una revisione critica le proprie personali convinzioni, nè, tanto meno, di dare un contributo positivo alla ricerca delle soluzioni. La repressione può temporaneamente arginare le manifestazioni più evidenti, ma non risolve il fenomeno alle radici; spesso colpisce ottusamente, lasciando però filtrare messaggi abilmente cammuffati e diretti sottilmente, distruttivi. Nel secondo caso, la libertà incondizionata che si vuole tutelare in realtà può trasformarsi in grave condizionamento soprattutto delle persone che più sono

esposte alle suggestioni ossessive dei max-media e dei messaggi, nascosti o palesi, che provengono dal modo di vivere e di concepire la vita nella nostra realtà attuale. Ritengo che possa essere utile impostare il problema in modo più ampio, a livello di cultura, cioè dr conoscenza di ciò che agisce al di dentro dell'uomo e della società, di ripensamento sulle nostre scelte o di interrogativi sul perchè non facciamo scelte. Penso che sia anche importante rivedere le nostre convinzioni di persone adulte, genitori, insegnanti, cittadini, in merito all'educazione. Come persona che opera nella scuola, mi soffermo particolarmente su questo ultimo aspetto. Noi possiamo intendere l'educazione come semplice trasmissione di conoscenze e valori, finalizzati alla formazione di persone aprioristicamente definite, come è avvenuto molto diffusamente fino ad ora. In questo caso, nei momenti di crisi e cambia-

mento, quando esplodono i fenomeni e vengono messi in discussione i modelli e le strutture conosciute, a chi è stato così educato vengono a mancare gli strumenti per orientarsi con scelte proprie nella realtà. L'attuale ricerca pedagogica ci propone nuove riflessioni sull'educazione, che è vista come processo finalizzato allo sviluppo e alla maturazione equilibrata della personalità del ragazzo, attraverso la conoscenza e l'esperienza, nella realtà in cui vive. Dobbiamo cioè rendere possibile che il ragazzo raggiunga padronanza di se, senso di sicurezza e fiducia in se stesso, capacità di mettersi in rapporto con gli altri, adulti e coetanei, di orientarsi costruttivamente e operativamente nell'ambiente in cui vive. In questo concetto è implicito che la conoscenza e l'esperienza sono mezzi per la formazione personale, per acquisire la capacità di vedere criticamente la realtà e anche di modificarla. Se accettiamo

ALLORA, COME ERA ANDATA A FINIRE QUELLA STORIA?

questo modo di intendere l'educazione, ci dobbiamo però anche assumere il compito di rivedere il nostro modo di essere educatori e la responsabilità di essere autentici punti di referimento e di guida per i ragazzi. iniziando un dialogo che ci coinvolgerà personalmente nelle situazioni. Concretamente, se vorremmo tradurre questi concetti in interventi educativi diretti ad affrontare il problema della pornografia in una situazione reale, dovremo porci almeno queste domande: come e quando il ragazzo cerca le pubblicazioni pornografiche? Perché le cerca? come pensa di utilizzarle? Nel momento in cui fra gli interlocutori, cioè fra l'adulto e il ragazzo, ci saranno risposte chiare, responsabili e, oso dire, anche coraggiose da parte dell'adulto, potrà esidenziarsi il vero problema, che è quello di dare una autentica educazione globale, quindi anche sessuale.

BEI-1, LINO SISTEMATA...

rimedi, Possono essere pochi e tanti, ma secondo me tutti partono da una considerazione: dobbiamo imparare a renderci conto di quello che siamo, della nostra dignità e quindi impegnarci in famiglia, nel quartiere, sul posto di lavoro, nella società perché questa dignità sia veramente riconosciuta: allora avremo probabilità che cessino le ingiustizie sociali, gli sfruttamenti, gli egoismi, gli uomini saranno veramente uguali nei propri diritti e quindi non ci sarà bisogno di cercare le evasioni tipiche del nostro tempo come la droga, l'alcoolismo, la violenza e la pornografia. Cosa si pensa nell'ambiente scolastico della pornografia? Lo abbiamo chiesto alla Dott.ssa Fernanda Gnesutta, direttore didattico abitante nel quartiere Forlanini. Ci ha rilasciato una dichiarazione che pubblichiamo a parte quale specifico contributo alla nostra inchiesta.

Per avere una visione più completa abbiamo sentito anche gli edicolanti della zona: non siamo rimasti sorpresi quando ci hanno detto che le pubblicazioni pornografiche raggiungono punte di vendita molto più alte di quelle dei rotocalchi nazionali.

A Ponte Lambro infine abbiamo chiesto il parere di Paolo Zucca, giovane giornalista de Il Corriere di Pavia e redattore anche di Milano domani: Secondo me non è sempre facile tracciare una linea di demarcazione fra pornografia e utilizzazione del nudo per esigenze artistiche. Questo ipotetico elemento di spartizione è estremamente variabile in relazione alle categorie di persone che sono indicate a definire la posizione.

Più che una, voglio dire, ne esistono diverse che riflettono l'educazione ricevuta, l'età, le convinzioni religiose, le letture fatte. Negli ultimi anni l'allenamento delle maglie della censura ha creato, finalmente, la possibilità perché un maggior numero di situazioni fino ad ora ritenute "tabù" possano essere presentate in pubblico attraverso la carta stampata, la radio, il cinema e il teatro. L'apertura di nuovi spazi si è accompagnata però con lo svilupparsi di fenomeni di degenerazione che trovano la spinta soprattutto nella speculazione commerciale del sesso. A mio giudizio una risposta a queste rappresentazioni di indubbia pornografia non può venire da una nuova censura (magari mascherata in altre forme) ma dalla costruzione di una diversa moralità che abbia già superato lo scoglio pornografia (insieme a tanti altri scogli naturalmente) per cui tali operazioni commerciali siano emarginate e destinate a scomparire. Un'operazione senza dubbio difficile,. lunga e capace di improvvisi arresti e cadute, ma mi sembra l'unica in grado di portare un apporto costruttivo dell'evoluzione della società umana. Queste sono soltanto alcuni voci su un fenomeno che fa discutere. Non spetta a noi trarne le conclusioni, semmai ci auguriamo che altri cittadini della zona giudichino utile far conoscere il loro parere, magari attraverso la Tribuna aperta che il nostro giornale inaugura con questo numero.

"L'ABORTO DI LEGGE"

SEI STATA FORTUNATA, ORAMAI CON LA LEGGE SULL'ABORTO...

NO, SAI É STATO PIUTTOSTO COMPLICATO PERCI-IE .„

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(ma.Atio ocra) zona13 5 (inchiesta)
TROVAVO TUTTI

CHE COSA SUCCEDE NEL CIRCOLO DECORATI-MELERI-ZAMA?

CONDANNA DEI METODI INTIMIDATORI

La presa di posizione del Consiglio di Zona

I nostri lettori già conoscono la grave situazione esistente all'interno del Consiglio di Circolo Decorati-MeleriZama, situazione di immobilismo creata da una maggioranza che, usando metodi intimidatori (si è arrivati perfino alla denuncia giudiziaria da parte di Franco Emide nei confronti da altri nove Consiglieri), di fatto opera in modo da scoraggiare la partecipazione dei genitori e tenta di allontanarli dal processo di crescita democratica di cui la scuola ha tanto bisogno.

In merito a questa vicenda ha espresso un parere il nostro Consiglio di zona: riteniamo pertanto utile riportare integralmente il documento approvato all'unanimità nel corso della seduta del 4 febbraio scorso ed inviato al Presidente del Consiglio di Circolo Ettore Forte e per conoscenza al Provveditore agli Studi, all'Assessore regionale all'Istruzione all'Assessore comunale dell'Educazione.

Riteniamo infine di dover sottolineare l'invito conclusivo del documento che auspica l'apertura dei lavori del Consiglio ai genitori dei bambini frequentanti le scuole del Circolo: chi non teme la democrazia ed il libero confronto delle

opinioni non deve avere paura di dibattere pubblicamente le proprie idee. In relazione alla querela presentata da un componente del Consiglio di Circolo Decorati-Meleri-Zama nei confronti di nove Consiglieri, inviata per conoscenza anche al Consiglio di zona, vengono espresse dallo stesso le seguenti considerazioni: nel condannare l'utilizzo del metodo della denuncia, non ritenendolo compatibile con i rapporti che devono instaurarsi nell'ambito di Organi democraticamente eletti, giudica pesantemente negativo il clima intimidatorio che si è creato e ne valuta gli effetti sfavorevoli sulla partecipazione dei cittadini interessati nella gestione della scuola. Pertanto offre la propria collaborazione perchè si rimuovano gli ostacoli che generano l'immobilismo affinchè si consenta un fattivo confronto di identità educative ed una convergenza di sforzi e di aiuti per il bene comune della scuola. Invita inoltre il Consiglio stesso, al fine di garantire a tutti i componenti la possibilità di esercitare il proprio mandato, ad effettuare le proprie sedute alla presenza dei genitori del Circolo, così come avviene in altri Consigli di Circolo e di Istituto della zona 13.

Mentre i mariti guardano i figli - le donne discutono

Come possono le donne trovarsi, discutere di problemi sociali, politici, culturali, se debbono occuparsi dei figli, della casa, del lavoro? Succede cosi che, normalmente, sia l'uomo a partecipare alle iniziative del quartiere e che la donna viva i dibattiti della zona solo di riflesso, relegata in casa dall'obbligo di accudire ai figli. Contro questa situazione è partita l'iniziativa di organizzare degli incontri al sabato pomeriggio, presso il Circolo culturale "5 Giornate' di via Mecenate 25. L'idea è venuta ad un grupo di madri e mogli, con mariti superirnpegnati : a loro è stato chiesto di rinunciare un sabato, ogni 15 giorni, a qualsiasi attività e di occuparsi dei figli: le donne, in tal modo libere, hanno incominciato a trovarsi e a parlare dei loro problemi.

E' giusto che la donna possa lavorare anche di notte? Che sia obbligata ad andare in pensione 5 anni prima dell'uomo? Che lei sola sia autorizzata a stare a casa quando il figlio si ammala? Cosa vogliono i gruppi femministi e cosa intendono tutte queste quando dicono che "il privato è pubblico?" Quali novità ha portato il diritto di famiglia? Tutti problemi, che è stato chiesto di approfondire e che, intorno alle madri e alle nonne. hanno riunito le figlie, in un comune interesse di sapere e di discutere. E' questo un gruppo dal quale gli uomini non sono esclusi necessariamente e, infatti, negli stessi locali girano dei padri con i figli, si muovono fidanzati e amici delle più giovani, ma i ruoli sono capovolti e sono soprattutto le donne che parlano, nello sforzo, per molte nuovo, di esprimersi in publico, di dibattere problemi di interesse generale.

Sabato 29 gennaio è stata la volta dell'aborto. Quali le impressioni sul testo legislativo votato dalla Camera? L'opinione comune è che la legge vada difesa e portata avanti, perchè l'aborto clandestino è una piaga vergognosa sulla pelle delle donne, ad unico vantaggio delle "mamme" e, soprattuto, dei "baroni".

Va difesa perchè, togliendo l'aborto dalla clandestinità, costringe tutti i pubblici poteri e le istituzioni ad affrontare con più serietà il problema degli anticoncezionali.

Va tuttavia detto che il fatto che le pillole e spirali siano tutti mezzi proibiti dalla Chiesa ha certo impedito, in un paese come l'Italia, che venissero esaminati e

propagandati con la dovuta serietà scientifica.

La legge prevede che il medico, interpellato dalla donna, dovrà darle il certificato, per cui, dopo 7 giorni di riflessione, lei possa abortire: dovrà però darle anche tutte le informazioni perchè la gravidanza. se indesiderata, non si ripeta. Altrettanto dovrà fare il medico che effettua l'intervento. La legge perciò sarà un fatto positivo.

Severo è il giudizio che il gruppo esprime contro i radicali, che, non volendo

scendere a compromessi ragionevoli, si sono alleati a chi è contro la possiblità di regolamentere l'aborto. Quello che invece viene soprattutto sottolineato da tutte le donne che sono intervenute, è l'incapacità delle nostre strutture sanitarie di affrontare il problema. Tra obiezioni di coscienza, interessi occulti di chi non vuole perder i lauti guadagni, effettive gigantesche carenze degli ospedali, come verrà trattata la donna che deve abortire?

Da tutte queste considerazioni, vengono

i suggerimenti: "Dobbiamo difendere la legge, contro chi vuole affossarla", "dobbiamo organizzare dei dibattiti unitari, perchè gli aspetti che ci uniscono prevalgano contro le. divisioni, le concezioni di parte " è il parere di una nonna. Le giovani condividono, ma puntano soprattutto sull'altro aspetto della legge: l'obbligo di potenziare le strutture sanitarie e la conoscenza dei metodi anticoncezionali, hanno partecipato numerose al dibattito sul Consiglio laminale, che si è tenuto il 4 marzo al

Consiglio di zona. Si decide anche di approfondire il problema degli anticoncezionali. Sabato 26 marzo sarà dedicato a questo argomento. Si vogliono anche interpellare i medici del quartiere, perchè vi partecipino: il loro ruolo in questo campo è impostante e sarebbe assurdo seguire la conferenza di un esperto ed ignorare il medico della zona, al quale poi ci rivolgiamo.

Ornella De Filippi

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Fra PCI e DC: discutere dei problemi senza preconcetti

Confronto fra due uomini politici milanesi: Antonio Velluto e Maurizio Mottini (a cura di Adriano Zagato)

Abbiamo di fronte Antonio Velluto, vice-capo gruppo della DC al Consiglio comunale di Milano e Maurizio Mottini, fino a poche settimane fa Assessore all'Economato ed ora capo-gruppo del PCI: l'uno rappresentante del maggior partito di opposizione, l'altro di quello maggiore al governo della città. Facciamo con loro una lunga conversazione di cui riportiamo un ampio resoconto che riteniamo fedele a quanto dichiaratoci.

Milano domani: Chiediamo innanzitutto quale è lo stato dei rapporti fra i due partiti.

Mottini: I rapporti sono piuttosto tesi soprattutto perchè la DC invece che impostare un confronto sui fatti spesso fa un processo alle intenzioni volto ad individuare tutto il male possibile della azione della Giunta nella componente comunista.

Velluto: Io penso che una certa difficoltà di rapporti fra DC e PCI derivi da ragioni esterne al Consiglio comunale, dalle differenze esistenti fra i due partiti. dal diverso ruolo che essi si trovano a svolgere a Milano: il PCI che era diventato "bravo" all'opposizione oggi deve gestire il governo, la DC che, a mio avviso, era stata "brava" al governo e che oggi si trova all'opposizione. Ma in concreto, che cosa rimproveriamo al PCI all'interno della maggioranza? Noí rimproveriamo l'incapacità ad accogliere un ruolo positivo della opposizione. Un esempio concreto. Il provvedimento dell'acquisto da parte del Comune di alloggi a riscatto dell'IACP per trasformarli in case in affitto con un onere rilevantissimo per le casse comunali. Abbiamo cercato di indurre la maggioranza a non fare queste cose; abbiamo dovuto arrivare al litigio per far cambiare "a metà" il provvedimento. Se era ragionevole la nostra opposizione al punto da far cambiare il provvedimento a metà, perchè non cambiarlo tutto?

Milano domani: Per chi come noi vive i rapporti fra i partiti "alla periferia" risulta abbastanza incomprensibile l'esistenza di rapporti "muro contro muro" a palazzo Ma-

rino. Ad esempio nella nostra zona i rapporti fra PCI e DC sono buoni e improntati al confronto serio sui problemi. Vorrei sapere se queste spinte provenienti dalla periferia possono influire sull'instaurarsi di un diverso clima anche in Consiglio comunale.

Mottini: Penso che sicuramente se i rapporti fra i partiti nelle zone sono improntati alla correttezza e al realismo, ciò non possa che avere un effetto positivo "al centro". Tuttavia ci sembra di poter affermare che alcuni gruppi presenti nella DC milanese, dopo aver vinto il congresso cittadino (De Carolis, n.d.r.) oggi si trovano in posizione minoritaria e usano la tribuna del Consiglio comunale per impedire che questo clima corretto possa instaurarsi anche a palazzo Marino. Questa manovra si può battere solo sviluppando la partecipazione, il dibattito e il con-

fronto delle posizioni politiche.

Velluto: Prendo atto positivamente che nella zona 13 ci sono rapporti corretti fra DC e PCI. Devo però dire che essendo per ora limitati i poteri dei Consigli di zona, la possibilità di un confronto molto acceso viene smorzata. Il fatto poi che nella DC ci siano voci diverse, come rilevava Mottini, è normale, viste le caratteristiche del partito. Il PCI quindi deve stabilire i rapporti con il complesso della DC e non solo con una sua parte. A proposito del confronto delle posizioni voglio citare un altro esempio: la Scala. Non c'era modo di confrontarsi per trovare un accordo? Ciò che voglio dire in sostanza è che il PCI dovrebbe rimeditare sulla DC che non è fatta tutta di "cattivi che mangiano i bambini". Milano domani: Devo dire che mi lascia un pò perplesso questa im-

magine che il PCI avrebbe della DC. Che ne pensa Mottini? Mottini: È nota la polemica esistente da parte di ambienti radicali e socialisti nei confronti di una presunta arrendevolezza del PCI verso la DC; francamente quindi questo discorso lascia perplesso anche me. Veniamo comunque ai due esempi citati da Velluto. Per quanto riguarda le case dell'IACP Cà Granda e Rozzano ricordo che già l'exPresidente dell'IACP Venegoni, democristiano, formulava anni fa una proposta analoga per le case di Rozzano. Qual'è la differenza fra le proposte di allora e le scelte di oggi? La diflèrenza sta nella grave situazione economica attuale che ha obbligato a prendere decisioni diverse, tali cioè da ricorrere al risparmio privato. Per la Scala invece non capiamo che cosa ci sia da recriminare, visto che il PCI per la ca-

rica di vice-presidente ha indicato un indipendente e che alla fine all'interno del Consiglio di Amministrazione ci saranno sicuramente più democristiani che comunisti. Milano domani: Per concludere vi chiedo un'opinione sui tempi necessari per l'approvazione del nuovo regolamento per il decentramento e su quando si terranno le elezioni dirette dei Consigli di zona.

Velluto: Noi diciamo subito, anzi diciamo che la Giunta è già in ritardo.

Mottini. Nessun ritardo della Giunta, perchè il regolamento è stato già da essa approvato e si è deciso che il 21 marzo si inizierà a discuterlo in Consiglio comunale che speriamo possa completare rapidamente i suoi lavori. Se ciò avverrà crediamo che le elezioni si terranno entro l'anno.

Le proposte culturali della provincia

L'Amministrazione Provinciale di Milano, nell'ambito del proprio intervento culturale, ha avanzato una serie di proposte per favorire un intervento articolato in mostre, proiezioni cinematografiche e diapositive, conferenze e dibattiti sui diversi aspetti sociali e culturali del mondo contemporaneo.

Con questa serie di iniziative l'Amministrazione Pronviciale intende favorire la circolazione di numerose proposte avanzate

da associazioni culturali di base e da istituti di ricerca.

Tali proposte si collocano all'interno di un progretto culturale complessivo che si sta attuando anche attraverso l'organizzazione di iniziative musicali, teatrali, che tendono a coinvolgere studenti, lavoratori, intellettuali, avvicinando cosi un arco sempre più vasto di categorie sociali e di cittadini. Per evitare però che queste iniziative rimangano scollegate dalle realtà che sono

destinate a riceverle, pensiamo che dovrebbero essere inserite in una serie di attività culturali programmate dal Consiglio di Zona attraverso la Commissione Educazione. Riteniamo utile pertanto riportare a lato i titoli di alcune delle suddette iniziative della Provincia, con l'augurio che qualche scuola, Circolo culturale o associazione ricreativa, trovi in essi ispirazione per manifestazioni che favoriscano la crescita del

dibattito culturale in Zona.

Palestina, un genocidio (dibattiti, proiezioni, audiovisivi, documenti)

La condizione femminile nel mondo (conferenze, mostre, dibattiti)

Gli anni di Gramsci (audiovisivi, mostre, dibattiti)

Per la storia del movimento operaio milanese (conferenze e di-

battiti)

Come cambia la scuola (filmato, dibattiti)

Incontri musicali (concerti, dibattiti)

Fede e politica (dibattiti Ä proiezioni)

Per ulteriori Informazioni rivolgersi al servizio cultura della provincia di Milano, via Vivaio 1, tel. 7740 int. 491.

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Le responsabilità dell'industria farmaceutica nella diffusione delle droghe

Abbiamo visto nel precedente articolo, come l'opinione pubblica americana avesse reagito alla diffusione delle fumerie d'oppio: la Bayer si era perciò trovata a lanciare l'eroina sul mercato con un potenziale numero di acquirenti elevatissimo (250.000 solo negli U.S.A.) Il Narcotic Bureau di fresca istituzione ottenne con le leggi contro le fumerie due risultati importantissimi:

1°)La criminalizzazione delle minoranze cinesi le quali erano malviste dalla popolazione in quanto erano una concorrenza nel mondo del lavoro (basso costo della manodopera).

2°)Fare un grosso favore alle industrie farmaceutiche che rimanevano in questo modo le uniche padrone del mercato legale degli stupefacenti.

Data fondamentale nella storia della droga è il 1912 quando all'Aja venne convocata la "Prima convenzione internazionale dell'oppio" che sancì il proibizionismo in alcuni paesi. Nel 1899 la Bayer lanciò un'altra "panacea" contro tutti i mali, il cui nome è importantissimo e destinato a fare la fortuna dell'industria che la lanciò: l'aspirina. Tutto l'intero pacchetto di norme e leggi che regolamentavano l'uso degli stupefacenti presero il nome di Harrison Act, e con questa legislazione venne penalizzato l'uso dell'eroina (nel frattempo individuata come sostanza in grado di provocare tossicomanie).

In questo modo le industrie farmaceutiche poterono presentare al pubblico due liste di farmaci: quelli "cattivi" con in testa l'eroina, e quelli "buoni" guidati dall'aspirina.

L'aspirina è il primo di tutta una lista di analgesici che vengono venduti per rimediare ad una serie di acciacchi e malanni (malanni che anche morfina ed eroina curavano in maniera efficace, ma essendo questi prodotti ormai conosciuti per la loro pericolosità furono scartati).

Gli analgesici non presentano gli stessi grossi rischi di tutte le droghe imposte fino a quel momento, ma ne presentano altri che però non sono certo le case farmaceutiche a renderle note.

Nel 1919 negli U.S,A. venne introdotto il proibizionismo su tutte le bevande alcooliche, in seguito al vertiginoso aumento del numero degli alcoolizzati soprattutto tra la popolazione di colore. Tale provvedimento rimase in vigore fino al 1934 e quando si fecero le somme si scoprì che non solo il numero degli alcoolizzati non era diminuito, ma parallelamente era aumentata in maniera massiccia la criminalità, in quanto per soddisfare le richieste dei consumatori, sorsero in tutti gli stati distillerie clandestine che mossero un giro di delinquenza massiccia' con veri e propri rackets.

Con l'illegalità cambiarono i modelli di tossicomania: fino al 1912 i tossicomani erano medio borghesi e in gran parte di sesso femminile, mentre in seguito,

poichè per procurarsi l'eroina era indispensabile frequentare la malavita aumentò la richiesta ai medici di nuovi farmaci analgesici e venne così a mancare una grossa fetta di clientela al mondo degli spacciatori.

Questi per poter in un primo tempo mantenere i guadagni di sempre e poi incrementarli in maniera vertiginosa, iniziarono la diffusione dell'eroina nei quartieri popolari e nei ghetti negri.

Il processo fu lento ma inarrestabile: i grossi boss della droga sapevano che i clienti delle classi medie tendevano a diminuire progressivamente e perciò diventava più difficile reclutare clienti bianchi che non volevano "contaminarsi" frequentando i ghetti negri. Il nuovo mercato si sviluppò quindi fra gli abitanti degli stessi ghetti, i quali, ignari dei pericoli verso i quali andavano incontro, trovarono che l'eroina li aiutava a vincere la tensione,

l'ansia e le inevitabili depressioni che le loro condizioni di vita provocavano.

Questo è il panorama che si andava via via delineando, con il proletariato sempre più coinvolto nel gioco che la borghesia conduceva assai abilmente e con questo panorama si arrivò a un momento storico determinante per tutta l'umanità: la seconda guerra mondiale.

Chi deve pagare la crisi?

Il lavoro (quello, s'intende, al quale ci costringono le necessità quotidiane) è sempre più o meno odiato nell'intimo dei sentimenti individuali. Non è che l'uomo non ami la fatica in quanto tale: la odia soltanto quando gli è imposta da un particolare destino economicosociale.

È raro che il lavoro si armonizzi o s'accordi col carattere, con i fini e con lo spirito dell'individuo; quasi sempre è una malinconica necessità; e la psicologia delle moltitudini c'insegna sempre qualche cosa d'interessante in merito.

Basta pensare, ad esempio, all'enorme favore che in ogni tempo ha avuto il "tentare la fortuna" su giochi di ogni genere; il che, in definitiva, non è che un inconscio o consapevole disprezzo verso il lavoro.

È vero che, una volta disoccupati, andiamo ansiosamente all ricerca di un altro impiego; ma questo perchè siamo spinti dallo spirito di sopravvivenza e ci sottoponiamo mestamente al ricatto sociale.

Un contributo al dibattito sui rapporti fra lavoro e compenso

Analizzando storicamente il lavoro si delinea un fatto interessante: uno squilibrio costante e più o meno accentuato tra lavoro offerto e compenso ricevuto. In altri termini: per quanto possa essere evidente un certo stato di benessere sociale, il lavoratore è sempre mal pagato; e questo non vuol dire che chi lavora si trovi sempre in condizioni di povertà: luò benissimo avere l'automobile, il teevisore, e tuttavia sapere che la quota compensativa è sempre lontana dal rispondere al lavoro prodotto.

Si tratta cioè di un rapporto economicodinamico indipendente dalle particolari condizioni di benessere che il lavoratore può avere nella propria casa. Si obbietterà: il lavoro non può avere un compenso simile a duello che si richiede a un motore qualsiasi, il quale per sviluppare un dato lavoro, richiede assolutamente un dato "compenso" energico. Difatti se l'uomo accetta di vivere in società, è giusto e razionale che dal suo lavoro venga detratta una quota che serva

al mantenimento dei vari servizi pubblici dei quali tutti godono. Questo è ovvio. Il problema però è che una giusta quota sia pagata anche dall'imprenditore e che tutto il ricavato venga utilmente impiegato e non sperperato in parassitismi di ogni genere.

D'altro canto il fatto che l'energia umana non vada paragonata a quella di un motore meccanico mette in evidenza un altro interessante fenomeno: mentre al datore di lavoro è impossibile far agire un motore con un'energia inferiore a quella richiesta dalla potenza del mezzo meccanico (anzi, in pratica, il motore dà un rendimento sempre inferiore della energia ricevuta), dal motore umano si può ottenere un notevole "rendimento" anche con compensi minimi. Questo, d'altra parte, mette in evidenza il gioco su cui vengono puntati gli interessi e gli egoismi delle classi dominanti, anche per il fatto che l'energia umana è un valore indeterminato, che non si può calcolare in kilowatt. Una cosa è certa: che si tratta di una energia straordinaria e

che sfugge ad ogni esatta valutazione. Ma un altro fatto è certo: che il datore di lavoro, per essere sicuro di non sbagliare, applica sempre un compenso relativamente minimo, o comunque inferiore al livello di equità.

La critica degli economisti si compiace spesso di fare un paragone tra l'enorme differenza di condizioni esistente tra lo stato del lavoratore odierno e le infelicissime condizioni che furono proprie dei lavoratori del passato. Rilevano costoro che, nonostante lo sfruttamento delle classi dominanti, è evidente un certo progresso. Infatti le dure lotte sindacali hanno portato a una seppur lenta evoluzione e alla fine i lavoratori hanno vinto ed ha avuto il sopravvento una certa razionalità di distribuzione del reddito. Tale rilievo se lo si prende nel suo significato relativo indubbiamente è giusto; ma se lo si valuta nel suo valore assoluto non modifica di molto la sostanza dello sfruttamento in sè. Infatti se il lavoro passato aveva un indice di pro-

STRILLAMMO 11.1110111211MIALTilla

duzione a livello, poniamo, 10 e un indice di compenso 1, il lavoratore odierno ha certamento un compenso 100 volte più grande, ma produce anche 1000 volte di più del lavoro antico. Perciò il rapporto matematico lavoro-compenso non si scosta molto da quello che dominava l'economia del passato. Basta pensare ancora oggi all enorme fetta d'introiti della classe imprenditrice che, incurante delle condizioni alquanto precarie del paese, può tranquillamente esportare all'estero capitali, mentre Io Stato di conseguenza importa debiti. Come se questo non bastasse la politica recente dimostra come la classe dominante, conscia delle conquiste economiche dei lavoratori, cerca d'iniziare un processo involutivo e, con la scusa del costo del lavoro, vuole rosicchiare le conquiste sindacali nella speranza di vedere ancora crescere i suoi introiti, per far cadere il peso della crisi economica da essa prodotta nuovamente sulla classe più debole.

(,MILANO DOMANI; zona13) 8

Perché dall'ortomercato vengono ad invadere piazza Ovidio

Sabato 5 febbraio, l'Associazione dei grossisti dell'Ortomercato ha deciso la sospensione temporanea delle vendite, per protestare contro le continue pressioni che il sindacato svolge per la regolamentazione dei rapporti di lavoro.

Alla serrata hanno risposto prontamente le cooperative dei facchini proclamando uno sciopero che si è protratto per diversi giorni paralizzando completamente l'attività del mercato.

Così per un certo periodo piazza Ovidio e le vie adiacenti sono state invase dai lavoratori in lotta e da decine di camion e carrelli carichi di frutta e verdura proveniente da ogni parte d'Italia che hanno intralciato il traffico nella zona.

Di questo hanno approfittato i cittadini che, avvicinatisi dapprima incuriositi da tanto movimento, hanno subito colto l'occasione per concludere qualche

buon affare acquistando alcune cassette di insalata e frutta (beni oramai preziosi visti i prezzi) a condizioni senz'altro favorevoli. Lo stato di malessere che oramai da lungo tempo interessa l'Ortomercato è la conseguenza dei rapporti sempre più tesi che intercorrono tra i grossisti e le organizzazioni dei facchini.

Da una parte si pone l'esigenza di contenere i costi interni dei trasporti e degli altri servizi, per garantire al prodotto di presentarsi sul mercato col miglior prezzo; dall'altra si denuncia il tentativo di boicottare il regolamento regionale dei mercati all'ingrosso che stabilisce i rapporti di lavoro tra grossisti e prestatori d'opera, con lo scopo di mantenere un completo controllo sull'attività del mercato.

La mancanza di una precisa normativa al riguardo costringe i facchini, attualmente riuniti in tre cooperative, a lavorare alle dirette dipendenze del grossista, con un rapporto basato sul vecchio meccanismo del "tante ore, tanti soldi". Solamente la cooperativa più forte, che conta 950 soci, è riuscita da imporre il sistema del servizio "a quintalato" secondo il quale essa, in base alla quantità di merce, si incarica direttamente di effettuare il trasporto. L'obiettivo che da tempo si sono posti i facchini è di creare un unico consorzio che raccolga tutte le cooperative, per eliminare così il fenomeno del lavoro precario e dell'abusivismo su cui speculano i gestori, e di ottenere oltre alla gestione dei servizi di trasporto e di scarico, quelli di manutenzione delle strutture, attualmente in mano ad alcune ditte pri-

vate.

Con queste proposte si cerca di mantenere il posto a quei dipendenti che dopo anni di un lavoro così duro e faticoso, vengono considerati non più idonei a svolgere determinate mansioni e quindi respinti.

Ma oggi il discorso non può certo limitarsi soltanto ai rapporti interni al mercato, deve invece riguardare la funzione che esso si accinge a svolgere in un momento di grave crisi economica che interessa in particolar modo il settore agricolo. L'Ortomercato, inaugurato nel 1965, occupa una estensione di circa 44 ettari ed ha richiesto allora, una spesa di oltre Il miliardi. Dal 1971, dopo il disimpegno di alcuni privati, è diventato quasi interamente di

proprietà del Comune di Milano che possiede oramai il 95% del capitale. Esiste oggi un preciso impegno dell'Amministrazione per trasformare questa struttura nel senso di una maggior efficienza e razionalità attraverso l'eliminazione degli sprechi e dei parassitismi ancora esistenti.

Lo scopo che si prefigge il nuovo presidente Luigi Carnevale è di rilanciarlo come punto di incontro tra produzione e distribuzione, superando le vecchie abitudini legate alla battaglia per spuntare giorno per giorno il miglior prezzo, per giungere ad una precisa strategia commerciale che ne rilanci l'attività a livello nazionale ed europeo e ne accentui la funzione di strumento di contenimento dei prezzi e di lotta al carovita.

La Fiat "scarica" la Fabbri?

Poco si conosce del settore dell'editoria, un settore di poche migliaia di addetti, un settore che ha fatto parlare di sé soprattutto per ciò che produce, come veicolo d'informazione, piuttosto che per gli attacchi all'occupazione in esso in atto da parte del grande capitale monopolistico.

Ci pare interessante che i lavoratori, magari operanti in aziende della nostra zona con capitale Fiat, sappiano come questo grande colosso si sta muovendo nell'industria editoriale e quindi più in generale nel nostro paese.

In generale il disimpegno della FIAT nel campo dell'informazione è iniziato con l'uscita clamo-

rosa dal Corriere della Sera, dalla Gazzetta dello Sport, Alto Adige, Piccolo. Per l'editoria in particolare il disimpegno si configura con la tendenza a svuotare la sigla EFI dalle case editrici che la compongono (Bompiani, Sonzogno, Etas Libri), il gruppo Periodici per il Tempo Libero (ETL) e periodici tecnici (EKPT) facendola ruotare, per ridurre i costi, intorno ai servizi e alle strutture FABBRI senza adeguare programmi di investimento sul piano editoriale; chiedendo per l'ETL il trasferimento a Torino di 19 dipendenti senza garanzia di lavoro per i 20 lavoratori che rimangono, e vendendo, è di questi giorni la voce ufficiosa, I'EKPT alla

agenzia pubblicitaria SPE. Rimane la Fabbri (IFI) per la quale non esistono programmi che garantiscano, non tanto l'espansione della base produttiva, ma per lo meno il mantenimento dei livelli occupazionali (e dove siamo reduci fra l'altro dell'operazione fallimentare della rivista "TU" abolita senza garantire ai lavoratori nessun tipo di programma alternativo). Tra l'altro, come si diceva prima, si sta avviando un processo di concentrazione con Bompiani, Sonzogno e Etas, con seri rischi per l'autonomia culturale e produttiva di queste tre case librarie. Dalla richiesta di trasferimento a Torino dell'ETL, e per la difesa dell'occupazione di 40 lavoratori

interessati, è partita una vertenza portata avanti da tutto il gruppo unitariamente, nonostante le continue difficoltà che la direzione interpone non riconoscendo il tavolo delle trattative come unico, bensì usando il gioco delle sigle (EFI, IFI) al fine di dividere, non soltanto la forza dei lavoratori, ma di garantirsi la possibilità di meglio ristrutturare e razionalizzare.

Scioperi e assemblee aperte con occupazione simbolica dell'ETL hanno portato la settimana scorsa a una risoluzione del problema: una parte dei lavoratori ha accettato contestualmente il trasferimento, alcuni rimarranno occupati nel gruppo, altri dopo 6 mesi di cassa integrazio-

ne speciale avranno il posto di lavoro all'interno del gruppo. Ma se questo era uno dei problemi più immediati, come riusciremo a risolvere i problemi delle altre "case" del gruppo prive di organici programmi di sviluppo reale e qualitativo della produzione?

Sembra insomma che per il settore editoriale la FIAT abbia già programmato lo "sviluppo zero" e indichi chiaramente una politica di disimpegno non solo nell'editoria ma in tutte quelle attività non direttamente legate al settore dell'automobile (vedi cessione dell'assicuratrice SAI, tentativo di vendita della Rinascente).

ÄÄÄ MERCERIA - MAGLIERIA COTONERIE - CONFEZIONI SOSTENere IL GIORNALE 3ÄÄÄÄÄC P-1Lo Accessori bagno Impianti idraulici e riscaldamento Riparazioni Via Attilio Regolo, 2 Telefono 50,62,0' 9 (MILANO DOMANI) zona 13
?

(la posta dei lettori Lzona13)

Un partito "trasparente" Fare un giornale "aperto"

Il 21 febbraio si è concluso il congresso della sezione Scotti-Forlanini del Partito Comunista (via Mecenate 25). Come tutti gli anni il dibattito era aperto alla partecipazione di tutti i cittadini democratici della zona: il nostro partito non ha nulla da nascondere e pertanto compie pubblicamente ogni suo atto. Erano infatti presenti, ed hanno portato il loro saluto, rappresentanti del Partito socialista e della Democrazia cristiana della zona. Per questi motivi riteniamo anche utile che su "Milano do-

mani" sia pubblicato il bilancio della sezione relativo al 1976. Il PCI è un partito che ha come unica fonte di finanziamento, oltre a quello pubblico, il contributo volontario dei suoi militanti e dei simpatizzanti: quali altre forze politiche italiane possono fare con sicurezza una simile affermazione? Niente "fondi neri" quindi nè voci in bilancio di difficile controllo: di ciò siamo orgogliosi e pensiamo che anche questo piccolo esempio dimostri l'onestà e la democraticità del PCI.

Egregio Direttore, la prerogativa essenziale della stampa locale e quindi di "Milano domani" è quella di attenersi strettamente alle vicende locali ed accrescere sempre più la capacità di approfondire queste realtà.

Oltre a ciò questi organi di informazione devono saper accogliere le varie opinioni su questi avvenimenti, in modo da diventare un punto di incontro, di dibattito e di verifica tra le componenti politiche e sociali della zona.

Poter essere quindi un momento di sollecitazione verso l'Amministrazione locale e anche di legame tra l'amministrazione e realtà di zona e di quartiere.

A mio avviso questo compito non viene eseguito in modo completo da "Milano domani". Infatti tra gli scritti che appaiono su questo giornale, molti sono quelli che non riguardano fatti locali e che con essi non hanno neppure il minimo collegamento, nello stesso tempo invece è trascurata ad esempio una dettagliata informazione sui lavori del Consiglio di Zona. Ciò non aiuta a stimolare il contatto tra realtà di Zona e realtà più ampie, cittadine, provinciali ecc. Inoltre esso denota una estrema difficoltà nel moltiplicare le voci politiche e culturali più rappresentative così che "Milano domani" appare meno "aperto" di quanto invece sia nelle intenzioni dalla sua re-

dazio ne. Se si vubl far diventare il giornale uno strumento efficace di partecipazione e di dibattito della cittadinanza su qualunque problema è necessario che nella redazione trovino spazio, o che alla redazione siano strettamente collegate, più voci possibili (SUNIA, Consigli di istituto, CUZ, Circoli culturali, associazione cattoliche, Anpi, associazioni sportive, naturalmente i partiti politici ecc.) che trovino in "Milano domani" lo strumento per poter esprimere nel quartiere le proprie valutazioni in una vivace e costruttiva dialettica. Tutte queste critiche possono sembrare un poco pesanti verso la redazione. Conoscendone lo spirito di dedizione e le energie profuse per sostenerè questa meravigliosa iniziativa che è la realizzazione di un giornale di informazione, in un momento in cui, all'interno della grande crisi che l'Italia Sta attraversando, si inserisce quella pericolosissima della stampa. Sono sicuro che si vorrà comprendere che questo è un segno di interesse e di stimolo per avere nel quartiere e nella zona un giornale ancora migliore. Cordiali saluti

Pubblichiamo volentieri questa lettera ringraziando per il contributo critico

che dà alla crescita del giornale. Condividiamo molte delle opinioni che in essa sono esposte e in questa direzione già da tempo ci stiamo muovendo, per dare il maggior spazio possibile a quei problemi che più direttamente interessano gli abitanti del quartiere. A questo fine si contrappongono però leiiifficoltà oggettive che derivano dalle condizioni in cui operano coloro che contribuiscono a dar vita a "Milano domani" e che ad esso dedicano la maggior parte del loro tempo libero. Tutti i componenti della redazione hanno infatti una propria occupazione che non permette loro di essere al corrente di tutti i fatti, i problemi e le esigenze che emergono dai quartieri. In questo senso il contributo dei cittadini è indispensabile se vogliamo creare un collegamento diretto tra il giornale e la realtà della zona. Per questo motivo invitiamo i nostri lettori e tutti coloro che lo desiderano a farci conoscere le loro opinioni e i loro suggerimenti per aiutare "Milano domani" a crescere e diventare un reale strumento di dibattito e di confronto fra tutte le forze sociali, culturali e politiche della zona. Tutto ciò tuttavia riteniamo non ci debba far perdere di vista che la Zona 13 è parte di una città come Milano, dei cui problemi non possiamo non tener conto, soprattutto perchè spesso' condizionano la soluzione di quelli della nostra zona.

'iLan pittore al mese) Manuel Wagnest

Il mio colloquio con Wagnest si svolge nella sua abitazione di via Montessori ed occupa più livelli ai diversi piani della sua attività, di militante di sinistra, uomo di cultura e bancario, con ampia esperienza della realtà.

La sua prima esperienza di lavoro espressivo consiste nel fare l'illustratore,

ma già a questo primo livello il suo interesse si sposta a quello che succede se sí prova a "liberare la penna" e a disegnare senza un compito prestabilito negli intervalli del lavoro.

Questa scelta di lasciar accadere la sua produzione senza programmarla rigidamente e di rifletterci in un secondo mo-

mento costituisce per Wagnest un'esperienza fondamentale. "Una volta ero un "normale" impiegato che accettava tutta una serie di valori", Wagnest afferma, poi le sue stesse figure gli hanno posto dei problemi. Dalle ricerche strutturali su oggetti del mondo della natura, la sua attenzione si

sposta successivamente al conflitto fra due diversi tipi di natura: grattacieli imponenti e oppressivi che contendono lo spazio a larve giganti, tutte scaglie e pinze. Questo tema diviene più esplicito nella produzione seguente, in cui appaiono figure umane spersonalizzate, ridotte

quasi a gelidi fantasmi senza volto. A questi fanno riscontro penetranti immagini di personaggi inseriti nel sistema. Forza lavoro tarpata in tutte le sue capacità espressive, piccoli insetti costretti a tristi sogni di grandezza e di violenza, questo sono le larve spaventose.

L'altra polarità sono "gli inseriti" che credono di ricavare qualche cosa dal loro ruolo sociale pur soffrendone. Non a caso Wagnest afferma: "Direi che una liberazione creativa sia una delle prospettive più temute. Molto meglio per la perpetuazione del sistema che l'uomo viva in un complesso di meccanismi artificiosamente organizzati, in cui vengano meno le possibilità di realizzazione personale. Verrebbero a crearsi le premesse per una sostituzione dei valori e per un cambiamento del modo di vivere.

Quando dipingo folle e personaggi senza volto, dall'espressione svuotata, intendo rappresentare gente che vive al di fuori di qualsiasi possibilità di scelta".

Lo stesso pensiero, in versione ottimistica, lo si trova espresso in una delle sue ultime opere. Le larve orrende con le pinze che agguantano e distruggono sono sparite. Il quadro è composto da una selva di mani che si stringono, simbolo della libertà, di un mondo in cui l'uomo viene riconosciuto per la sua presenza e il suo calore.

Qui potrebbe terminare il discorso sul pittore. Restano da chiarire i problemi di Wagnest come intellettuale sensibile alla questione del comunicare. Infatti, a suo parere, la pittura è insopprimibile a causa del suo carattere magico e della sua capacità di dare un ampio spazio a una libera espressione creativa. Essa ha tuttavia il grosso limite di non essere sempre recepibile da tutti. È quindi necessario trovare nuove forme di comunicazione più semplici per ridare voce e capacità di scelta ai lavoratori svuotati e massificati dallo sfruttamento quotidiano. Come esempio mi viene citata una mostra tenuta a Monlué, nella quale ai quadri dei pittori si univano i disegni dei ragazzi di alcune scuole medie della zona. Pure viene citato l'albero di Natale dei lavoratori ideato e prodotto assieme ai componenti del Circolo Culturale 5 Giornate, in cui gli ornamenti erano costituiti da varie riproduzioni di strumenti di lavoro.

Ciò che conta è che si programmi con rigore e con impegno l'impiego di queste nuove forme, per arrivare ad un autentico confronto con la popolazione dei quartieri e con le sue esigenze espressive, da un ambito puramente intellettualistico. Proprio questo è l'impegno di Wagnest nella sua dimensione di militante comunista e di artista democratico.

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ENTRATE USCITE Tesseramento 226 Propaganda (manifesti, tessere (media valore abbonamenti a L. 7.180) L. 1.625.600 "L'Unità", nolo sale alla Federazione L. 1.265.600 per manifestazioni, alla sezione L. 360.000 giornali) L. 537.000 Sottoscrizione perla Contributo stampa comunista L. 643.000 all'Innocenti alla sezione L. 43.000 occupata L. 50.000 Sottoscrizione Affitto sede L. 205.000 elettorale (20.6.76) L. 484.500 Cancelleria e Versamenti degli stampati L. 105.000 scrutatori L. 316.500 Necrologi L. 65.000 alla sezione L. 425.000 Vitto scrutatori Vendita giornali L. 106.350 (20.6.76) L. 90.300 Vendita Inaugurazione sede L. 60.000 carta straccia L. 562.000 Festa 8 marzo L. 40.000 Avanzo gestione '75 L. 503.000 Totale uscite L. 1.197.600 Totale entrate L. 1.999.350 Avanzo L. 801.750

IMPARIAMO DALL'ESEMPIO DI SEVESO

Il dissesto ecologico italiano

L'inutilità di dieci anni di discussioni, dibattiti e programmi sui problemi ecologico-ambientali-italiani è tutta contenuta nella nube tossica di SEVESO, esempio clamoroso e drammatico del lento avvelenamento quotidiano a cui tutti noi siamo condannati e è monito per quanto potrebbe ugualmente succedere domani in una qualunque parte d'Italia. In Sicilia un paese di 800 abitanti, Marina di Melilli, sta per essere trasferito in massa perchè le emissioni congiunte degli impianti della Montedison, della Esso, dell'Isab, della Cogema e dell'Enel ne hanno talmente deteriorato l'ambiente da rendere la vita impossible alla popolazione. A Marghera le quotidiane fughe di gas della Montedison obbligano gli operai a lavorare con le maschere antigas a portata di mano, avvelenano gli ambienti vicini e distruggono i monumenti di Venezia; i serbatoi del terribile gas "fosgene" degli stessi impianti costituiscono una minaccia incombente per centinaia di migliaia di persone. I fanghi rossi e bianchi di Scarlino e Marghera, assieme agli scarichi delle numerosissime raffinerie che infestano la penisola, da Ravenna al golfo di Augusta, stanno uccidendo il Mediterraneo. La legge che proibisce la vendita del DDT riguarda solo gli usi usi domestici cosicchè i nostri campi vengono annualmente cosparsi con oltre 500 mila kg. di DDT e di suoi derivati; mentre la legge che regolamenta la biodegradabilità dei detersivi non ha alcuna efficacia per la mancanza quasi totale in Italia di impianti di depurazione. La legislazione antinquinamento poi, per quanto riguarda il settore industriale, non viene fatta osservare oppure è congegnata in modo tale da non poter diventare mai operante.

Questi sono solo alcuni degli esempi più macroscopici (ve ne sono cento e più altri): probabilmente abbiamo anche noi una I.C.M.E.S.A. nella zona e non lo

sappiamo. Assimiliamo veleni a piccole dosi che, accumulandosi, prima o poi si faranno sentire. Sarebbe interessante fare una ricerca nel quartiere per conoscere il numero delle morti per intossicazione (cancro al fegato, ecc.) che la Montedison ci ha regalato. Ma non solo la Montedison è responsabile di avvelenarci; ho citata questa fabbrica perchè la sua presenza la sentiamo appena mettiamo il naso fuori di casa, grazie alle sue puzze e le sue ciminiere fumanti. Ci sono poi le sofisticazioni alimentari (addirtivi, coloranti, conservanti, ecc.,) l'inquinamento delle acque e dell'aria, e tutte le situazioni "anomale" in cui siamo costretti a vivere. Ma non dobbiamo rassegnarci a credere che l'avvelenamento a cui siamo sottoposti sia una specie di pedaggio da pagare per il progresso tecnologico e sociale: in realtà tutto quello che sta succedendo non è altro che il risultato del saccheggio che la BORGHESIA ha preparato nei confronti del territorio. La responsabilità di ciò è della cupidigia del capitale italiano ed estero, cioè di pochi uomini senza scrupoli che per arricchirsi sempre più non esitano a ucciderci e a uccidere il mondo che ci sta attorno.

Giunti a questo punto dobbiamo anche fare delle considerazioni politiche; dobbiamo dirlo chiaramente che siamo arrivati a ciò anche perchè gli organismi legati al potere politico D.C., che avrebbero dovuto difendere la nostra salute hanno fatto causa comune con gli avvelenatori. Allora che fare? Dobbiamo realizzare un controllo serio e rigoroso sugli organismi esistenti (Ministero della Sanità, Assessorati regionali e provinciali all'ecologia) e sviluppare una lotta unitaria con i Consigli di fabbrica delle INDUSTRIE chimiche per costringere i dirigenti delle stesse ad adottare le misure atte a eliminare le cause di inquinamento.

Che cosa mangiamo?

L'inquinamento dell'aria, la nocività dell'ambiente e negli ultimi tempi la diossina sono argomenti ormai all'ordine del giorno. Ma le preoccupazioni con ciò non sono finite.

La nostra salute non è infatti minacciata solo dall'esterno, ma può esserlo direttamente anche dai cibi che ingeriamo qualora questi contengano degli additivi tossici.

tano essere tossici, ve ne sono infatti molti assolutamente inoffensivi. Ciò è vero nonostante che nelle scorse settimane abbia avuto ampia diffusione un documento attribuito all'Ospedale Villejuif di Parigi, specializzato nella lotta contro i tumori, che aggiungeva nuovo allarme circa la tossicità di additivi e coloranti che non risultano messi al bando dalla legislazione italiana.

«pericoloso».

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Ci spieghiamo meglio. Innanzi tutto cos'è un additivo l'enciclopedia riferisce testualmente: "sostanza che si aggiunge a un prodotto per migliorarne determinate caratteristiche", il cibo in questione può così acquistare una colorazione o anche un sapore migliore, ma può anche diventare noci-. vo per la nostra salute. Va anche precisato che non tutti gli additivi risul-

E' genuina la provenienza di questo documento, o si tratta di un piano per aumentare la confusione, e cogliere la buona ferie di chi ha creduto di farsi parte diligente riferendo della sua esistenza? Se ci trovassimo davanti a un falso, c'è da riflettere sul fatto che simili falsi possono essere spacciati evidente-

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mente per il grado di bassissima informazione che esiste in questo campo, e per il clima di sfiducia latente per gli interventi tardivi della legislazione in materia di coloranti. Se questa tabella è arrivata al consumatore, è grave sapere che essa non corrisponde a una verità scientifica, ma piuttosto che ricevere una asserzione in tal senso, riteniamo che l'opinione pubblica senta la necessità di essere rassicurata in modo definitivo e autorevole dalle autorità sanitarie con l'esseri informata una volta per tutte con chiarezza su tutti gli additivi e su tutti i coloranti, attraverso una divulgazione ufficiale di dati e tabelle che impediscano la prefabbricazione di documenti falsi e che in modo decisivo e competente faccia chiarezza su tale importante argomento.

MILANOcacchi)DOMANI)

Con questo numero inizio la pubblicazione di partite; ia prima non può essere che una del campione del mondo in carica Anatoly Karpov. Karpov-Spassky Leningrado 1974 (9a del match)

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Siciliana 1-e4-c5; 2-Cf3-e6 3-d4-c:d4; 4C:d4-Cf6; 5-Cc3-d6; 6-Ae2-Ae7: 70-0-0-0; 8-f4-Cc6; 9-Ae3-Ad7; 10Cb3-a5; 11-a4-Cb4; 12-At3-Ac6; 13Cd4-g6; 14-Tt2-e5; 15-C:c6-b:c6; 16-f:e5-d:e5; 17-Df1!-Dc8; 18-Hh3Cd7; 19-Ag4-h5; 20-A:d7-D:d7; 21Dc4-Ah4: 22-Td2-De7; 23-Tfl-Tfd8; 24-Cb11-Db7; 25-Rh2-Rg7; 26-c3Ca6; 27-Te2!-Tf8; 28-Cd2-Ad8; 29Cf3-f6: 30-Td2-Ae7; 31-De6!-TadO; 32-T:d8-A:d8; 33-Td1-Cb8; 34-Ac5Tn8; 35-T:d8!-Abbandona.

Ed ora Vi propongo un problema nel quale il bianco muove e vince: collocare i pezzi nel seguente modo: BIANCO: Pf5.Ph5,Ae6.Ta8.Rg4 NERO:Pg7,Ph6,Dh7,Re3.

Vi comuni, .altre che e in corso di svolgimento il torneo dei candidati per sfidare Anatoly Karpov per la conquista del titolo mondiale Spero nel prossimo numero di poterVi dare i risultati definitivi della prima fase del torneo.

A tutti gli appassionati ricordo che il match Korcnoy-Petrosyan (relativo al suddetto torneo) si svolge in Italia e precisamente nel centro turistico del Ciocco.

AGLI ADDITIVI ALIMENTARI Ospedale Villejef di Parigi, specializzato per la lotta contro i tumori. ADDITIVI SOSPETTI ADDITTIVI TOSSICI E 125 E zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA 215 E 241 E 102 E 250 E 131 E 218 E 338 E 110 E 251 E141 E217 E339 E 120 E 252 E 142 I E 221 E 340 E 123 E 311 E 150 E 222 E 341 E 124 E 312 E 153 E 223 E 460 E 127 E 320 E 210 E 224 E 481 E 211 E 321 E 212 E 228 E 462 E 220 E 330 E 213 E231 E463 E 230 E 407 E 214 E 232 E 485 E 239 E 450 E 213 E 233 E 466 E 214 E 240 E 477 N.B. - L'«E 330» e il più
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