milano 119
Mensile di informazione politica e cultura
Anno VI - N. 12 - Dicembre 1982 L. 400
Un investimento non utilizzato
Circa 4 miliardi nella nostra zona
Milano dal fascismo a piazza
Fontana
Da tre anni vuota la Casa Albergo
Programmata nel 1974 per gli studenti della Cattolica ora non la vuol gestire nessuno. Perché non viene utilizzata per servizi sociali o trasformata in minialloggi?
Ore 9 lezione in cascina
Parliamone un po' di questa morosità
La voce comprende tutti i crediti accumulati dall'IACPM nei confronti degli inquilini Un'azione burocratico - legale non basta per una soluzione definitiva
Parliamo un po' di questa maledetta "morosità".
Se in ospedale mancano letti
Sconfiggiamo la mafia dei combustibili
Nuove case in via Quarenghi?
La licenza di inquinare
Costo del lavoro:
un tema di moda
I mestée de la Milan de semper
Nel luglio 1977 Milano 19 dedicava l'intera prima pagina e parte della seconda alla questione della Casa-albergo di via Borsa al q.re Gallaratese ospitando una lettera dell'allora presidente del Consiglio di zona ing. Sciarrone, il parere dei progettisti e un documento comune dei partiti comunista e socialista in risposta ad un articolo apparso sul Corriere della Sera del 24 giugno. Siamo andati a rileggere quanto pubblicato e, per i lettori che non fossero a conoscenza, ci pare opportuno riportare alcuni brani per una maggiore comprensione del problema: "La Casa è stata inserita nel piano particolareggiato del Quartiere Gallaratese fin dal 1974; tale struttura è finanziata con fondi della legge 865 e riguarda un pensionato per studenti dell'Università Cattolica. La richiesta di inserimento nel piano particolareggiato è stata fatta fin dal 1973 dal Consorzio Regionale degli IA C PM". Inoltre, cosa interessante a rileggerlo oggi, nella nota dei progettisti si avverte una perplessità che riportiamo: "Resta il nodo dell'opportunità di una precedenza della casa albergo rispetto ad altre attrezzature (...) per un verso è un problema di programmazione degli interventi, la cui corretta soluzione è sempre in Italia ostacolata dal carattere settoriale dei finanziamenti pubblici e, dall'altro, una questione politica che attiene le responsabilità di molti anni di politica urbanistica (...) Oggi revisionare il piano particolareggiato non significa soltanto perdere un anno di tempo, ma per contemporaneo effetto dell'inflazione sciupare una parte consistente dei finanziamenti disponibili". Con questi appunti non intendiamo riaprire vecchie polemiche che sarebbero solo sterili: avevano ragione gli abitanti delle case limitrofe a volere una diversa collocazione della casaalbergo oppure i progettisti? La risposta a questo quesito non ci interessa; ciò che ci sta particolarmente a cuore -- nell'attuale situazione di crisi del paese — è segue in ultima
E gli inquilini pagano gli sprechi
Risparmio energetico: ma l'IACP sa cos'è
È adeguata la gestione del calore nei quartieri popolari?
Le assurdità di una politica che distribuisce i sacrifici e penalizza gli impianti più economici
La questione del riscaldamento non è secondaria all'interno della problematica energetica nazionale, visto che almeno il 40% degli sprechi energetici avvengono a livello edili7J0.
Di nuovo, ad ogni inizio inverno, ci si accorge, magari sotto la spinta degli immancabili aumenti, di un certo numero di "inadeguatezze" (se non vogliamo chiamarle con altri nomi) nella gestione della fornitura del calore da parte dello IACP, che rappresenta una grossa fetta del patrimonio edilizio milanese.
Limitiamoci a farne un elenco schematico:
- mancati investimenti in coibentazioni degli edifici e regolazione degli impianti e adeguamento degli impianti vecchi;
-- impossibilità a risalire alle reali diseconomie dei singoli impianti a causa del tipo di gestione;
- anomala situazione tariffa-
Solo tre metri in più
Insufficiente proposta della sezione decentrata IACP alla famiglia di handicappati psichici di S. Siro
Nello scorso numero di Milano 19 abbiamo parlato dei problemi di una famiglia di handicappati psichici, i coniugi Luigi 42 anni e Concetta 29, e la madre di Luigi settantacinquenne, che vivono in un monolocale di 32 mq. in una casa IACP di S. Siro.
Per migliorare la situazione
psichica generale di queste tre persone è indispensabile un alloggio di dimensioni confacenti alle esigenze di una famiglia dove sia possibile condurre una vita coniugale normale. Di questo parere sono anche i medici che hanno in cura la famiglia. Nel nostro articolo avevamo risegue in ultima
ria (che ha raggiunto livelli equivalenti, se non superiori, al mercato "privato"), mutualità estesa a tutto il patrimonio che, se da una parte distribuisce equamente i "sacrifici" dall'altra penalizza in modo idiota gli impianti più economici e moderni e disincentiva gli investimenti per modificare guai vecchi che sprecano energia. A ciò si aggiunge ormai il sospetto di una "mutualità" dei passivi accumulati a causa dele varie morosità (e ciò sarebbe intollerabile sia da un punto di vista etico che sociale); — il problema dei finanziamenti per gli investimenti, la nuova legge 308 sul risparmio energetico offre molte occasioni, qual'è la posizione degli organi competenti dello IACP sulla questione?
Se un inquilino di San Siro, del Gallaratese o del San Leonardo si fa avanti per rivendicare manutenzioni e miglioramento dei servizi si sente rispondere dalla presidenza, o da qualche funzionario dell'IACPM (Istituto Autonomo Case Popolari di Milano), che se gli assegnatari della nostra zona avessero pagato i 4 miliardi di cui sono "morosi" manutenzioni e servizi avrebbero potuto essere già stati fatti. È quanto è stato detto anche nel corso di un recente incontro avvenuto tra rappresentanti del Consiglio di Zona ed una commissione della Terza zona decentrata (quella che riguarda la nostra zona) dello IACPM, Sanno che esiste questa legge? Intendono utilizzarla? per quanto riguarda la situazione al Gallaratese G-2, ci è giunta voce che l'estate prossima verrà interrotta l'erogazione di acqua calda centralizzata per quattro mesi (per lavori), ciò obbligherebbe gli stabili a dotarsi di impianti autonomi a gas; ciò prelude forse all'interruzione definitiva del servizio estivo? Gli impianti di quartiere infatti, continuerebbero, secondo lo IACP, a fornire acqua calda solo d'inverno. Ma ciò cozza contro le già espresse indicazioni programmatiche delI'AEM, di andare, nel mediolungo periodo alla trasformazione di t utit i grossi impianti di quartiere in impianti di "cogenerazione" (elettricità+ calore), segue in ultima
su cui abbiamo già avuto modo di riferire nel nostro numero di ottobre, ed è la gran colpa che viene rinfacciata agli inquilini ogni qualvolta questi hanno dei diritti da far valere nei confronti dell'istituto.
Certo, il problema non è da poco. La cifra iscritta a bilancio sotto la voce "morosità" è di dimensioni sicuramente preoccupanti: 4 miliardi circa, lira più o lira meno, per quanto riguarda la nostra zona ed oltre 50 miliardi di lire per ciò che si riferisce a tutto il patrimonio immobiliare gestito dall'IACPM. A tanto ammontano i crediti che l'istituto ha accumulato, nel corso degli anni, nei confronti degli inquilini delle case popolari. Una cifra che pesegue in ultima
Un piccolo sacrificio
In occasione delle festività per II Natale e per il nuovo anno vogliamo porgere i nostri auguri a tutti i lettori, che ci hanno sin qui seguito e che ci auguriamo vorranno seguirci anche in avvenire.
Purtroppo assieme agli auguri siamo costretti a dare un annuncio che avremmo preferito non dare: a causa dell'aumento dei costi di carta e stampa (che costituiscono la quasi totalità delle nostre uscite in quanto la redazione presta la sua attività a titolo assolutamente gratuito) ci vediamo obbligati ad aumentare, a partire dal mese di gennaio prossimo, Il prezzo di vendita da 400 a 500 lire per copia e quello dell'abbonamento da 4 a 5 mila lire l'anno. Questo perché il nostro giornale non ha altre entrate al di fuori di quelle provenienti dalle vendite e dalle inserzioni pubblicitarie. che gli hanno sin qui consentito una completa autosufficienTa economica. Confidiamo che i nostri lettori accetteranno il sacrificio di questo piccolo aumento e continueranno a sostenere Milano 19, che, vogliamo ricordarlo, è aperto alla collaborazione di tutti.
La Redazione
Poi arrivarono le br
La testimonianza resa il mese scorso al processo Moro da Corrado Guerzoni sul duro ammonimento che nel 1974 Kissinger, allora segretario di stato degli USA, si permise di rivolgere ad Aldo Moro toglie ogni residuo dubbio che abbia potuto esserci su tale episodio e disegna con estrema nettezza il dramma politico e personale del leader democristiano nel momento in cui (si era a pochi mesi dal referendum sul divorzio) egli stava passando dall'intuizione alla vera e propria azione politica per aprire una fase nuova in Italia. Rozzamente, senza tanti giri di parole, Kissinger, in quella occasione, ingiunse al nostro ministro degli Esteri (tale era l'incarico che Moro al momento ricopriva) di pensare ai casi italiani soltanto nell'ottica degli interessi statunitensi. Se una tale ingiunzione fosse stata fatta,
anche in modo meno rozzo, dal rappresentante di un altro stato, magari nei confronti di un'altra nazione, molti di quelli che amano sciacquarsi ogni giorno la bocca con la parola "libertà" sarebbero insorti, appellandosi, giustamente, al principio della non ingerenza e del diritto dei popoli all'autodeterminazione. In questo caso invece tacquero, anzi, forse qualcuno chinò la testa mormorando "signorsì".
Chi invece non piegò la testa fu, evidentemente, proprio Moro, che, ignorando o fingendo di ignorare l'ingiunzione del potente ed arrogante alleato, continuò a portare avanti il suo disegno politico fino alla stipulazione, nel 1978 dell'accordo programmatico e di maggioranza nazionale. Poi arrivarono le brigate rosse.
M.. I N th LUGLIO/AGOSTO len SISMSILE DI INFORMAZIONE POLITICA CULTURA L 300 La questione della casa-albergo al Gallaratese Ä '.-,r=t,mr=r..--zLettera del presidente della zona 19 al "Corriere della Sera" /C Ccenoiii mi e.u. ÄÄÄÄÄÄ Sem. mora i=,11:2=121:.".~me SI 0ÄÄÄÄÄ it;"it — . OSSA OSSISIS. p—
milano 19
Il dibattito in corso sull'ora di religione nelle scuole italiane di Stato ha, ovviamente, fatto emergere gli orientamenti diversi che su tale argomento sono presenti nella società italiana. Ciò che è rimasto fuori dal dibattito è l'uso (o forse l'abuso?) che si verifica in molte scuole italiane di disporre delle ore di lezione per condure gli alunni ad assistere ad una funzione religiosa con la quale si intende celebrare l'apertura dell'anno scolastico.
Se l'art. 36 del Concordato, firmato I'11 febbraio 1929 dal cardinale Gasparri per la Santa sede e dal cavalier Benito Mussolini per lo Stato italiano, fa riferimento soltanto all'insegnamento religioso cattolico che da quel momento in poi deve estendersi anche alle scuole dello Stato italiano, c'è da chiedersi a quale legislazione si ispiri la prassi della celebrazione religiosa per l'inaugurazione dell'anno scolastico.
Inoltre sarebbe utile sapere se la legislazione scolastica italiana prevede una o mezza festività per tale inaugurazione, se essa deve rivestire carattere religioso o civile, se deve essere effettuata all'interno o all'esterno dei locali scolastici. E palese che le modalità attualmente variano da scuola a scuola: infatti alcuni alunni "godono" della sospensione di tut-
te le lezioni, altri di un quarto o di un terzo dell'orario scolastico.
Solo il ministro della Pubblica istruzione potrebbe fare chiarezza su questa materia affinché il cittadino rispettoso della legge sappia quanto è dovuto alla legge e quanto all'arbitrio, eventualmente. Se poi, cessato l'arbitrio, la legge è da riformare, questa è una cosa che non può attendere troppo tempo perché ne va, ancora una volta, della credibilità di quei valori d libertà e di democrazia che sono il cardine dell'educazione civile e morale. prof. Vera Velluto
Il segno della croce
Mi riferisco alla lettera del sig. Cesare Pavani nel numero di novembre. Ecco il mio parere: il segno di croce e il Crocefisso nelle scuole sono segni della Fede che, anche se discussa, è presente nella maggioranza della popolazione italiana. Non la confonderei con la legge che ha introdotto questa usanza, la legge poteva essere inserita anche in un diverso periodo storico. La dottrina e la cultura cristiana non sono nati in
questo secolo ma sono presenti da almeno 20 secoli, formando una vera tradizione popolare.
Se oggi non riusciamo a capire o a vivere il messaggio di Cristo nella sua nitidezza, tanto che lo confondiamo con avvenimenti politici, non è colpa di Colui che ha scelto di morire in croce per la salvezza dell'umanità.
Semmai esaminiamo come gli uomini ce l'hanno tramandato e quanto rifiuto mettono alcuni alla Sua dottrina.
A me sembra che una dottrina che insegna l'amore, l'onestà, la lealtà e il perdono, siano tuttora valori da proporre ai giovani, come è avvenuto per noi.
Visto il risultato ottenuto da coloro che hanno rifiutato il cristianesimo, possiamo fare delle deduzioni non proprio positive.
Quanto ai ragazzi non cristiani nelle scuole, non parlerei di umiliazione se assistono al segno di croce, ma di rispetto per la fede. Del resto i cristiani che vivono in Paesi dove il cristianesimo non è professato assistono a riti e manifestazioni in uso presso quei popoli, senza per questo sentirsi offesi: a me sembra invece rispetto per le convinzioni tra popoli di culture diverse.
Tina Mozzanica
Errori programmati? Francobolli introvabili
Egr. Direttore, mi permetta di sottoporle un quesito che non ha solo a che fare con la zona, ma che interesserà certo molte persone. Ho notato che sempre più di frequente, nonostante la mia grande attenzione nel comporre i numeri telefonici mi risponde un numero sbagliato, cosi oltre al disturbo che si arreca e alla sia pur breve perdita di tempo (spesso la linea in teleselezione non si ritrova libera), c'è anche il problema della spesa, che si moltiplica proporzionatamente. Ricevo anche più spesso degli anni scorsi telefonate dirette altrove, e alla mia richiesta di conoscere il numero composto, mi accerto che i numeri sbagliati sono più di uno e anche molto differenti di quelli compilati.
La mia domanda è questa: gli errori delle macchine a impulsi (misi dice che non ci sono più le signorine al centralino) sono forse programmati per incrementare gli aumenti delle entrate SlP?
Come chiedere un controllo? Lettera firmata
Per mancanza di spazio rimandiamo al prossimo numero la pubblicazione di altre lettere pervenuteci.
Caro direttore, forse non mi adatto facilmente ai tempi nostri che scorrono veloci e le abitudini cambiano nel volgere di mesi, ma io i francobolli li ho sempre comperati dal tabaccaio, così pure le carte bollate (ma quante ce ne vogliono oggi!), e, ahimè, anche le cambiali. Sempre ho pensato che le rivendite di tabacchi e di valori bollati fossero un servizio pubblico. Pensavo che lo stato si servisse di imprese private che si assumessero l'onere di esercitare un servizio, non certo gratuito, per i cittadini. Tutto questo per dirle che gli abitanti del Gallaratese intorno alle vie Quarenghi ed Uruguay dispongono di ben due tabaccherie che questo servizio pubblico non esercitano o totalmente o parzialmente: il primo non vende nessun tipo di valori bollati, ed il secondo non disponde di cambiali e, a volte, neanche di carta bollata.
Lei può ben immaginare il disagio per gli abitanti della zona; l'ufficio postale più vicino è in via Appennini n° 80 e segue l'orario continuato degli uffici pubblici fino alle ore 14.
Commentando questo fatto con alcuni conoscenti pensavamo, tra il serio ed Il faceto, di chiedere all'Amministrazione delle Poste, attraverso la voce di Milano
19, di distribuire i francobolli anche a mezzo panetterie, farmacie, cartolerie, ecc. ecc. se non riesce ad organizzarsi solo con i tabaccai. Avremo così maggior probabilità di reperire-questi oggetti misteriosi al Gallaratese.
La ringrazio per l'ospitalità e la saluto.
Rachele Barzaghi
e poi fanno footing!
Caro Milano 19, sono un tuo abbonato che abita in via Capecelatro. Da tempo ho avuto modo di notare che per recarsi a "prendere le sigarette" molto spesso gli automobilisti parcheggiano le loro auto in grave divieto di sosta e in posizioni talmente impensabili che sembrano essere studiate apposta per intralciare il traffico. Mi era già capitato (e spesso) di vedere delle auto parcheggiate in divieto davanti a un bar anche se pochi metri più avanti c'è un posto libero, ma non mi era sinceramente mai capitato di vederle in quadrupla fila (!). È inutile ricordare che i "due minuti e poi la sposto!" diventano spesso tre quarti d'ora tra il "bianco" e il saluto con l'amico. Sarei molto grato a chiunque mi fornisse un rimedio per non cadere nella tentazione di acquistare una schiacciasassi "antiauto". L.F.
Superspacci San Siro
Via
milano 19 - pagina o0o o ettere
..,
Solo il ministro può far chiarezza
C. Dolci ang. Via Ricciarelli
fine
espressa
loro
augurando a tutti
Natale e Felice Anno Nuovo
In occasione delle festività natalizie e di
anno gli esercenti dei Superspacci San Siro ringraziano la clientela per la fiducia
nei
confronti e
Buon
colgono l'occasione per invitare i consumatori a RISPARMIARE
SPECIALI
approfittando delle sempre più frequenti OFFERTE
MILANO DAL FASCISMO A PIAZZA FONTANA
Scompare pezzo a pezzo la vecchia Milano
Mentre esplode la moda del novecentismo e del razionalismo lanciata dalla Quinta Triennale
di Gian Piero Pagetti
Nel 1933 il Premio Bagutta venne assegnato a Raul Radice per il romanzo "Vita comica di Corinna". Nove giorni dopo, il 23 gennaio 1933, forse per associazione di idee tra comicità, pagliacci e baracconi, venne creato l'I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione Industriale), un carrozzone ancor oggi esistente su cui il fascismo imbarcò, più per meriti squadristici e per provata fedeltà al regime che per capacità professionali, i suoi benemeriti, molti dei quali manterranno l'impiego anche dopo la sua caduta, limitandosi a sostituire la "cimice" (come veniva chiamato il distintivo del partito fascista) con lo scudo crociato con la scritta "Libertas".
Con la nascita dell'IRI gli amministratori pubblici nominati dal governo misero le mani sul portafogli-titoli delle grandi banche e scoprirono che queste erano proprietarie di una parte notevole dell'industria italiana. Per questa via molte azioni industriali, tra cui quelle di importanti e gloriose aziende milanesi, finirono nelle mani dello Stato, che certo non si dimostrò miglior amministratore dei vecchi padroni.
Del resto il fascismo aveva creato l'IRI (con la benedizione di grandi industriali e di grossi speculatori) non già per far nascere un'industria di Stato da contrapporre a quella privata, ma solamente come strumento temporaneo di risanamento (con denaro publico) di aziende e banche in difficoltà, per poi restituirle risanate, e quindi in grado di produrre profitto, ai privati. Insomma, per dirla in breve, per rendere pubblici i debiti e privati (per pochi privilegiati) i guadagni. Lo stesso Mussolini aveva affermato: "L'IRI non è un'industria, l'IRI è un convalescenziario". Un convalescenziario che però ben
presto si trasformò in un cronicario. Alla fine di quello stesso mese di gennaio si verificò un altro fatto che di lì a pochi anni avrà ripercussioni nefaste, anche a Milano, come in gran parte d'Europa. In Germania venne eletto cancelliere (che sarebbe come dire capo del governo) Adolf Hitler, un ex imbianchino frequentatore di birrerie, dove tra un boccale e l'altro aveva fondato, ispirandosi al partito fascista italiano, il partito nazionalsocialista (che però di socialista aveva soltanto il nome) meglio conosciuto come partito nazista, di cui era diventato il "fuerer", ossia il capo assoluto, svelando ben presto le sue tendenze sanguinarie. In Italia i fascisti esultarono per l'avvenimento, che, secondo loro, confermava la validità dei principi di quella che chiamavano la "rivoluzione fascista", ma nelle osterie di Milano non furono pochi quelli che cominciarono, parafrasando il saluto nazista "heil Hitler" (viva Hitler), ad ordinare "ein liter" (un litro, di vino naturalmente).
La biennale cresce
e diventa Triennale
Il mondo culturale milanese era intanto occupato a seguire le polemiche che si erano accese in vista dell'apertura della Triennale, o meglio, per dirla tutta intera, "Esposizione Triennale Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne e dell'Architettura Moderna", che per la prima volta, giunta ormai alla sua quinta edizione, si apriva a Milano, dove era nata. A dire il vero la Triennale era nata biennale. Alle sue origini c'era stata una "lettera aperta" scritta nel 1918 dall'on. Guido Marangoni (già, a suo tempo, tra i promotori del Teatro del Popolo costruito a Milano nel
1910) indirizzata al sindaco di allora, il socialista Emilio Caldara, e pubblicata sul Bollettino Ufficiale del Municipio Milanese,. con la quale si proponeva di aprire "una grande esposizione d'arte decorativa da rinnovarsi di biennio in biennio e tale da assurgere a generale convegno di quanti in ogni angolo d'Italia abbiano lavorato alla rinascita delle attività artistiche locali".
La proposta, accolta e ratificata l'anno successivo, si era concretiz.zata attraverso un accordo tra le città di Milano e di Monza. 11 19 maggio 1923 la Villa Reale, costruita nel '700 dal Piermarini per gli arciduchi d'Austria ai bordi del parco monzese, aprì i suoi battenti alla prima "Esposizione Internazionale delle Arti Decorative", qui si fermava la denominazione originaria. Denominazione e programma di tale rassegna e delle due che puntualmente le erano seguite nel 1925 e nel 1927 indicavano chiaramente l'intendimento di Marangoni e degli altri promotori della mostra di rinverdire l'antica tradizione degli artigianati regionalistici italiani e folcoristici internazionali, con nessuna, o pochissima, volontà di incoraggiare fatti nuovi.
Ma nel 1930, trasformata l'esposizione da biennale a triennale (dopo che era stata saltata l'edizione che avrebbe dovuto esserci nel 1929) e allungato il suo nome (non più soltanto "delle Arti Decorative", ma "delle Arti Decorative ed industriali"), compì la grande svolta. Il direttorio incaricato di organizzare la manifestazione, composto dal pittore-scultore Mario Sironi e dagli architetti Alberto Alpago-Novello e Gio Ponti, si era messo all'opera con un programma che si rivolgeva non soltanto agli artisti, ma anche agli industriali, parlando di "ideali della vita moderna" e del "rispetto della materia", tenendo anche conto di quella che oggi viene chiamata "produzione in serie" e che allora fu definita "a tipo fisso" e le cui caratteristiche furono riassunte nella "possibilità di riprodurre concretamente ed egregiamente il modello collaudato". Abbandonate le suddivisioni folcloristiche per regioni e rivalutato il grande artigianato dell'antichità, con una mostra sull'arte del vetro romana ed etrusca, erano stati costruiti nel parco di Monza alcuni edifici autonomi, tra cui particolare successo aveva avuto la cosidetta "Casa elettrica", dotata di "tutti gli apparecchi elettrici destinati a sostituire nelle varie funzioni domestiche il personale di servizio ed ad allietare e rendere più confortevole l'abitazione moderna", edificata, con l'intervento finanziario della società Edison (naturalmente interessata all'introduzione nelle case dei nuovi apparecchi elettrici, che avrebbero aumentato i consumi di energia e quindi i suoi utili), secondo il progetto di Luigi Figini e Gino Pollini, all'insegna del movimento razionalista italiano.
Mostri figurativi e cani a muso cubista
Nel 1933, finito il periodo a balia in Brianza (dove ancora molte famiglie borghesi milanesi mandavano i loro pargoli per farli allattare da prosperose campagnole), la Triennale, giunta alla quinta edizione, organizzata dal pittore Mario Sironi e dall'architetto Gio Ponti all'insegna del "razionalismo nell'architettura e novecento nelle arti figurative", venne portata a Milano, al Parco Sempione, dove vennero costruiti una quarantina di edifici dimostrativi (poi demoliti alla fine della manifestazione), quasi tutti ispirati all'architettura funzionale e razionalistica. Si trattava per lo più di ville. Soltanto il gruppo di Giuseppe Pagano Pogatschnig (un architetto istriano, che poi morirà nel 1945 a Mathausen, vittima dei nazisti) aveva costruito una casa a struttura d'acciaio, mentre l'architetto Piero Bottoni (che 14 anni dopo darà il via alla realizzazione del QT 8 e del Monte Stella) ed Enrico Griffini avevano realizzato un "gruppo di elementi di case popolari".
Ma le novità che si potevano vedere nel parco erano niente confronto a quello che c'era all'interno del grande palazzone di mattoni rossi donato alla città dall'industriale Bernocchi e tuttora sede della Triennale e del coetaneo Teatro dell'Arte. Entrandovi i visitatori e la critica ufficiale gridarono addirittura allo scandalo di fronte agli affreschi ed agli altorilievi monumentali di Mario Sironi, Campigli, Carrà, De Chirico, De Pero, Severini, Arturo Martini, Mario Marini che li aggredivano letteralmente dall'atrio e dallo scalone d'onore e che rappresentano quanto era maturato in un ventennio di avanguardia semi clandestina. Il tutto ingigantito dalla velleità del maestoso cara al progettista dell'edificio, l'architetto Giovanni Muzio, ed ai governanti del tempo. Il pubblico milanese, esterefatto, non credeva ai propri occhi, combattuto fra il riso e lo sdegno. Pure fu da quel terribile "choc", davanti a quei pannelli ciclopici, dove l'orribile si mescolava ad una potenza fino allora sconosciuta, davanti ai disegni, alle sagome, alle fotografie di automobili, navi e treni esposti da Pulitzer e da Cosulich con ilproposito dichiarato di esemplificare "gli influssi nella formazione del nuovo senso estetico" derivanti dall'incotro tra esigenze della tecnica e risultati di stile, che i milanesi, e non soltanto loro, furono portati per i capelli a tirare le somme sul passato e ad aprire un nuovo conto con l'arte: a varcare, insomma, il fosso tra l'estetica ottocentesca e quella del Novecento Se la digestione dei "mostri figurativi", come non pochi non esitarono a definirli, non poté avvenire che per gradi, senza peraltro mai risolversi in un consenso generale, se la
nuova architettura alla Gropius venne gagliardamente rintuzzata dal monumentalismo, divennero invece subito una specie d; febbre infettiva il novecentismo ed il razionalismo nell'arredamento, anche se molte volte forse più per seguire una moda dilagante, che non per intima convinzione. Vennero spazzati dei salotti cineserie, cuscini, pendagli, ghirigori arborei, si rivoluzionarono lampade e lampadari, furono angolati cerchi, triangolati gli archi,geometrizzate le volute, stilizzati armadi, specchi, tavoli, sedie, su ogni libreria germinarono piante grasse e per le strade cominciarono a circolare i cani fox-terrier dal muso cubista. E chi non poteva permettersi il lusso di acquistare dei pezzi autentici, poteva sempre accontentarsi delle imitazioni, spesso assai brutte, che poteva comprare magari al '33", aperto in quei tempi in via Torino all'angolo con via Valpetrosa, primo di una serie di grandi magazzini poi divenuti i magazzini Standa, oppure, sempre in via Torino, ma più vicino a piazza del Duomo, all'Upim, una sigla rimasta per molti indecifrabile e che qualcuno pensò di poter interpretare come "Unione Per Imbrogliare i Milanesi"; ma forse si trattava di una interpretazione messa malignamente in giro dalla concorrenza.
Sempre
più rari i meneghini autentici
In quello stesso anno 1933 morì, all'età di 72 anni, Corrado Colombo, un appassionato di storia e di tradizioni milanesi, scrittore facile e versatile, umorista piacevole, pensionato dell'ammnistrazione ferroviaria, direttore del popolare giornale umoristico "In Tranway", autore di più di cento lavori teatrali fra commedie, bozzetti, farse, monologhi, tutti a carattere prettamente popolare e per la maggior parte in dialetto milanese, creatore di due tipiche macchiette, "ol Carlin e la so donna", curiosa coppia di contadini lombardi molto ingenui capitati a Milano. Convinto che l'imitazione allora in voga, da parte di molti autori ed attori, di Edoardo Ferravilla (un attore comico milanese vissuto dal 1846 al 1915, creatore di caratteristiche macchiette sopravissute alla sua morte) nuocesse al teatro milanese, Colombo aveva anche creato, fra dilettanti, una "Accademia per il teatro Milanese" con questo semplice, ma preci-
so programma: "La nostra accademia è decisa ad abolire tutto il repertorio ferravilliano, ad escludere tutte le riduzioni, chiamando a raccolta autori vecchi e nuovi ed esumando le commedie buone. Il repertorio dev'essere eminentemente milanese e gli attori meneghini autentici". Ma, forse anche perché i milanesi autentici cominciavano ad essere sempre più rari, l'accademia aveva avuto scarso successo e, dopo qualche recita nei teatri rionali, si era sciolta. Con la morte di Corrado Colombo scomparve un pezzo della vecchia Milano. Altri pezzi intanto continuavano a scomparire sotto i colpi del "piccone risanatore", che proprio in quei tempi cominciò ad abbattersi, in corso Ticinese,sulle vecchie case che sorgevano, sulla sinistra venendo dal Carrobio, tra le colonne e la basilica di S. Lorenzo, nascondendo questa ultima alla vista di chi passava sul corso. Si farà così posto all'attuale piazzale, dove verrà collocata, nel 1938, la statua bronzea dell'imperatore Costantino, poi sepolta, un paio di anni dopo, sotto un mucchio di sacchi di sabbia per metterla al sicuro dai bombardamenti, che nella seconda guerra mondiale completeranno da quelle parti l'opera di sventramento della Vetra o Vetrasca, come era detto il gruppo di case attorno a S. Lorenzo che aveva preso il nome dai molti conciatori, chiamati vetraschi, che un tempo avevano lì le loro botteghe, lungo le rive di un fosso maleodorante da tempo scomparso, e della Cittadella, il vecchio rione a cavallo del corso Ticinese dalla Cerchia dei Navigli (oggi via Molino delle Armi e via De Amicis) fino alla chiesa di Sant'Eustorgio ed alla Darsena, ritenuto il nucleo primitivo della città. Resterà così spazio per l'attuale Parco delle Basiliche.
(4 Continua Le puntate precedentisono state pubblicate sui numeri 9, 10 e 11 del 1982)
Nella foto in alto accanto al titolo una vecchia immagine di corso Ticinese presa venendo dal Carrobio con le Colonne di S. Lorenzo e dietro le case che nascondevano la basilica. Nella foto in basso un'altra immagine della Milano scomparsa negli anni '30: un venditore di spagnolette (noccioline americane) sulla cerchia dei Navigli.
parrucchiere per signora
dicembre 1982
milano (quartiere camino) via delle onde. 15/o tel. 3087729
El canton del barbee
I sempreinpiedi
Ciao! E così Spadolini appena ritornato dall'America è caduto.
Se ved che là inscì el s'è incontraa cont el Ford.
— Con chi?
Cont el Ford.
— Quello delle automobili?
No, no. Quell che on temp el stava sul cadreghin del Reagan.
Ah, ho capito. L'ex presidente degli Stati Uniti.
Si, propri.
E va bene. Anche se si è incontrato con lui cosa c'entra?
Se ved che l'ha ciappaa el contag.
Quale contagio?
Te se ricordet minga che el Ford tutt i volt ch'el vegniva giò da un aereoplano el boriava gíò dal basel?
Ma Spadolini non è caduto da uno scalino.
— Ma l'è staa on bell tomborlon l'istess! Se ghe fudess stada sotta ona formiga I'avarev spettasciada.
Alludi?
Ehi! Vagh adasi! Ma de stj porcad ne foo minga!
Quali porcate?
— Quella che te dit ti.
Ma io ti ho chiesto soltanto se alludi. Ossia se dicendo Formica intendevi parlare del ministro.
No, no; per caritaa. Mi de minister ne parli minga, ne de Formiga, ne de... Come el se ciama quell'alter ch'el gh'ha on nom ch'el par semper ch'el sia adree a tacca lit?
— Andreatta, vuoi dire?
Mi l'hoo minga dit.
Come vuoi. Comunque sono state proprio le liti tra Formica ed Andreatta a far cadere Spadolini.
Disemm che hinn sta el ciod ch'el gh'ha sbusaa el fond.
Bucato il fondo? In che senso?
Ecco. Te gh'eet present on semperinpè.
Un che cosa?
— On semperinpè.
E cosa sarebbe?
— Vun de quei pigottin che anca se te ghe det on colp dindinnen on poo ma poeu tornenn drizz.
Ah, si, ho capito.
E te set anca come fann a restà in pè.
Certo. Hanno il fondo rotondo e pesante...
Appunto. Gh'hanno el cuu pien, magara de sabbia o de acqua, e la testa svoia. Ma se te ghe rompet el cuu va foeura la sabbia o l'acqua e borlenn giò.
Va bene, ma cosa c'entra questo con Spadolini?
Anca lù el faseva el semperimpè. EI seguitava a dindinnà fin che gh'hann rott el sedess.
— Ti riferisci al sedici per cento di inflazione?
Certament! Son minga inscì sporcascion 'me ti de pensà a on alter sedess!
Comunque caduto Spadolini pensi che le cose possano cambiare?
Pussee che poensall el speri. Ma a dit la verità gh'hoo propri poca speranza.
E perché?
Perché... T'el set com'el dis el proverbi?
Come dice?
Giò on semperinpè ne vegn su on alter. — Ma questo è un proverbio che ti sei inventato tu!
Pò dass, ma finadess l'è semper andada inscì. Ciao, te saludi! el barbee
Per il secondo anno consecutivo
Preside precario al V.V.
Per il secondo anno consecutivo il liceo scientifico "Vittorio Veneto" ha un nuovo preside. È il prof. Antonio Marro, insegnante di matematica e fisica, proveniente dalla direzione del Liceo Scientifico di Cinisello Balsamo. La sua carriera scolastica è stata molto travagliata: da sette anni preside incaricato, cioè precario, non ha ancora avuto la nomina nonostante abbia partecipato a due concorsi. Ci siamo incontrati con lui e gli abbiamo posto alcune domande...
Domanda: Quale giudizio si è formato in lei dopo questo primo scorcio di anno scolastico?
Risposta: Mi sono trovato di fronte ad un istituto sostanzialmente sano, a un corpo docente preparato e un po' chiuso,
ma anche a problemi organizzativi che sono però comuni a tutte le scuole.
D.: Com'è il rapporto tra il corpo docente e gli studenti?
R.: Ritengo potrebbe esservi un maggior dialogo tra le due componenti se i professori dimostrassero una maggiore apertura alle mutate richieste degli studenti di oggi. Si dovrebbe a mio avviso dedicare anche del tempo di ascolto oltre al tradizionale insegnamento.
D.: Com'è suddivisa la popolazione dell'Istituto?
R.: Abbiamo 108 professori di cui il 2% circa precari e 1350 studenti di cui 250 nella succursale al Gallaratese, presso il Centro Onnicomprensivo.
D.: Quale programma ha impostato per questo anno scolastico?
R.: Poiché sono ancora precario, ho ritenuto opportuno attenermi ad obiettivi pratici ed immediati quali Io sviluppo di un maggior dialogo tra le componenti dell'Istituto ed una miglior organizzazione per garantirne un funzionamento efficace. Ritengo inoltre importante recuperare ogni avvenimento interno in senso educativo.
D.: Come funzionano gli Organi Collegiali?
R.: La prima impressione è simile a quella riscontrabile nella maggior parte delle scuole; sèarsa partecipazione di tutte le componenti. Gli studenti non credono alla possibilità di costruire partecipando, ed i genitori delegano ancora troppo alla scuola. Mi riprometto di migliorare questa situazione.
D.: Gli studenti partecipano alle assemblee?
R.: In misura soddisfacente, direi, tant'è che la nostra Aula Magna risulta essere piccola con i suoi seicento posti.
D.: La frequenza alle assemblee influisce sulla qualità dello studio?
R.: No, senz'altro, anche se qualche problema c'è stato, la preparazione dei ragazzi è ad un ottimo livello, sebbene ritenga l'insegnamento sia molto selettivo.
D.: Ritiene l'attuale ora di religione adatta alla formazione degli studenti?
R.: Dipende dall'insegnante.
Ne ho conosciuti alcuni che, con la loro sensibilità, preparazione, fede hanno ottenuto ottimi 'risultati. Personalmente sono contrario al catechismo in classe.
D.: Qual'è la sua posizione nei confronti dell'istituto dell'esonero dall'ora di religione?
R.: Accetto tutte le domande di esonero che mi vengono presentate secondo le norme vigenti; al Vittorio Veneto vi sono 90 esentati.
D.: Esiste una biblioteca interna all'Istituto?
Al solito ci troviamo a parlare del Liceo Ginnasio "Cesare Beccaria" e al solito ne parliamo a riguardo della sua sede staccata sita in via Brocchi, presso a fermata della metropolitana "Uruguay".
Questa succursale è nata circa quattro anni fa in risposta al sempre maggiore bisogno di aule da parte dell'Istituto, bisogno questo non più ovviabile né con l'aggiunta della succursale di via Moscati (C.so Sempione) né, tantomeno, con il solo edificio di via Linneo.
Allora si era parlato di una "sistemazione temporanea", in attesa dello sgombero di aule o di un calo di affluenza, in ogni caso si sarebbe dovuto ovviare presto, consci dei problemi che l'essere nella "succursale-ghetto" provoca.
Passarono due anni e gli alunni delle classi di Via Brocchi, ormai assestatisi sul numero di circa cento iscrizioni all'anno continuavano a restar dov'erano. Le classi che venivano assegnate alla succursale erano le ultime in ordine alfabetico, quelle composte da alunni per lo più provenienti dalla zona 19. La cosa può sembrare coerente, ma non lo è; si pensi a cosa sia più comodo per uno studente che risiede a San Siro tra l'andare in fondo al Gallaratese o arrivare alla sede centrale in via Mario Pagano... I problemi non sono però solo di ordine logistico: l'assegnare automaticamente i ragazzi della zona 19 alla sede di via Brocchi costituisce una forte limitazione alle loro possbilità di apprendimento e di confronto sociale. A differenza degli alunni dell'altra sede staccata, i "Gallaratesi", non potevano riunirsi in assemblea per proprio conto, né tantomeno, per ovvi motivi, partecipare ai collettivi svoltisi in sede centrale, non potevano usufruire della biblioteca dell'Istituto che è aperta solo al mattino, non avevano i professori che verso la metà del primo quadrimestre: non potevano in pratica usufruire del loro diritto costituzionale allo studio nella stessa misura dei più fortunati (c'è chi dice anche "più raccomandati") alunni delle altre zone.
Il comitato di zona del Pci allora proponeva in Consiglio
di Zona una, proposta che potrebbe parere un toccasana: istituire in zona 19 un Liceo Classico, che, unito ad alcune sezioni di scientifico (nella fattispecie quelle della succursale del "Vittorio Veneto" all'Onnicomprensivo) avrebbe formato un plesso unico, con unici insegnanti, unica cassa e programma coordinato, come stabilisce l'odiema riforma della Secondaria Superiore e come già la Circolare Ministeriale N° 48/285 del 27 gennaio 1966 stabiliva e riteneva "nel complesso positiva se si tiene conto dei risultati ottenuti dagli alunni di codesti istituti".
La proposta (c'era bisogno di dirlo?) fu subito accolta e il Consiglio di Zona (unanime) prima e il Distretto Scolastico poi, appoggiarono facendola loro questa proposta che avrebbe significato un maggiore arricchimento degli studenti attraverso più facili scambi colturali tra alunni di varie discipline e che avrebbe fortemente ridotto i problemi dell'assegnazione degli insegnanti in quanto parte dei docenti sarebbero stati in comune tra le due componenti dell'Istituto.
Si iniziò subito a lavorare sulla proposta che però fu in seguito abbandonata per un netto taglio delle spese per edilizia scolastica da parte dello stato e (a quanto si dice) per una forte pressione da parte della presidenza del Liceo Beccaria.
L'Istituto, orbato degli alunni della sede staccata, non avrebbe infatti raggiunto il quorum di alunni necessario per distaccar dall'insegnamento parte del corpo dei docenti per svolgere più riposanti e meglio retribuite mansioni di segreteria.
Vista l'impossibilità di costituire un plesso autogestito si decise di inglobare il nascituro Liceo nel neonato "Centro Onnicomprensivo", spostando la sede staccata della scuola alberghiera presso la scuola di via Brocchi effettuando prima un potenziamento delle cucine che permettesse loro di lavorare. Anche questa proposta fu bocciata per un disaccordo tra la Provincia, che gestisce la scuola alberghiera, e lo Stato che gestiva le altre.
Si è così arrivati al quarto
anno di sede staccata con gli alunni (quasi cento) costretti a vivere in tre strettissime aule.
Lo spazio che era stato loro assegnato in precedenza è stato infatti assorbito dalla Scuola Elementare in carenza di aule che ha loro sottratto più di metà dello spazio a loro disposizione, senza però che il numero degli alunni calasse in maniera così significativa. Si parla di 90 alunni in un quadrato di circa 15 metri per 15: un lager.
Finora sono stati già diversi gli alunni feriti accidentalmente da porte o che hanno ventilato domanda di trasferimento per motivi di salute.
Questa è ora la situazione della sede staccata in cui vanno ancora gli alunni della nostra zona.
Molte perplessità nascono quasi spontanee, come ad esempio il voler sapere cosa succederà ranno prossimo visto che pare si voglia chiudere la sede di Via Brocchi per deviare tutti i "distaccati" nella succursale di via Moscati, venendo così meno i presupposti logistici alla base della costituzione della filiale al Gallaratese. Ci si chiede inoltre perché sono solo gli studenti delle ultime classi, già travagliate per le assegnazioni degli insegnanti a dover patire il distaccamento, e perché queste classi sono composte esclusivamente o quasi da alunni della nostra zona e non si provveda invece per sorteggio, ci si chiede inoltre perché è stata fatta cadere la proposta di assegnare al Liceo Parini in abbondanza di aule parte degli studenti dello stracolmo "Beccaria" e tante altre cose che, al solito verranno ignorate per oscuri giochi di potere, mentre in via Brocchi i nostri ragazzi non fanno ancora educazione fisica in quanto sprovvisti di palestra e insegnante. F.G.
R.: Esiste ed è molto ampia, i ragazzi la frequentano sovente e con interesse. La provincia ha assegnato alla nostra biblioteca una bibliotecaria a pieno tempo in via sperimentale per quest'anno scolastico, fatto unico nelle scuole di Milano.
Le perplesse informazioni che avevamo ricevuto attorno al preside del Vittorio Veneto ci sembrano essere smentite: ci siamo trovati di fronte ad un uomo dal volto mazziniano, dallo spirito aperto, dalla dichiarata volontà di dialogo formativo e dalla disponibilità di servizio.
a cura di Giorgio Cavazzuti
"Il fuoco"
Un volumetto per le scuole
Limitare i pericoli dovuti a trascuratezza e dare norme di comportamento in caso di emergenza: a questo scopo la Regione Lombardia in collaborazione con il Comando dei vigili del fuoco, ha pubblicato un volumetto intitolato «Il fuoco» che il vice presidente della Regione Lombardia, Oreste Lodigiani, ha presentato ieri.
La pubblicazione destinata alle scuole, alle famiglie, partendo dall'idea che la protezione civile comincia con una adeguata prevenzione fin dalle nostre case, contiene consigli, raccomandazioni e prescrizioni che, esposti in forma semplice e con l'ausilio di disegni a fumetti, si propongono di aiutare ad evitare l'insorgere di situazioni di pericolo.
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Gioie e dolori di un iacipino
Maledetti vi amerò
Corriere della Sera 20 ottobre, pagina 21, 5° colonna. Ricopio come una Rank Xerox: ... lo ha comunicato il Presidente Accetti precisando che l'Istituto ha inteso conformarsi con l'appello lanciato dal Sindaco di Milano, Tognoli, per il risparmio energetico.
Questo leggevo con il titolo: Riscaldamento il 25 ottobre per gli inquilini IACP. E simpatico immaginare il Sindaco (con la s maiuscola per rispetto) che lancia l'appello e l'Accetti dietro la porta che lo prende al volo e grida: Ho preso l'appello, l'ho preso io Sindaco, l'appello l'ho preso io! Anch'io gongolo. Vuoi vedere che l'Accetti si conforma con l'appello del Sindaco e con l'aiuto di Dio non accendono i caloriferi prima del terzo giorno della merla? Invece no! I caloriferi verranno accesi il 25 ottobre.
Sono veramente rammaricato, il sapere che il 25 ottobre lo I.A.C.P. accende i caloriferi mi rattrista non poco.
Ma come può essere accaduto che il nostro Sindaco lancia un'appello per il risparmio energetico, il nostro Accetti lo raccoglie e poi ci ripensa il 25 Ottobre.
Ma può essere mai che gli abitanti della Milano I.A.C.P. per una volta favoriti dalla fortuna e dall'intuito dell'Accetti si debbano sentire costretti a perdere questo privilegio. Ma quale torto hanno commesso gli abitanti I.A.C.P. per dar luogo all'accensione dei caloriferi così presto? Perché ci volete togliere l'unico privilegio rispetto agli altri milanesi? Accetti, Tognoli, Vi preghiamo, ritardate ancora, non accendete il riscaldamento, è una punizione che
non meritiamo o crediamo di non meritare. Purtroppo i sogni e le speranze muoiono all'alba del 25 ottobre.
Dove sono finite le belle, dolci serate, care fredde serate davanti al televisore, sprofondati nella vecchia poltrona con la matrimoniale sulle spalle, i calzettoni per la pesca ai piedi, quattro castagne bollenti in mano e la tosse di bimbi... ah!... la tosse dei bimbi durante le due puntate del Giuseppe Verdi.
E la biancheria?? Si... la biancheria di una volta, fresca di bucato che dopo essere stata sei giorni a stendere è più umida di prima e che sensazione vedere il ferro da stiro che la bacia e questa sprigiona una nuvola di vapore che il soffitto starnuta.
E la camicia al mattino? Fresca, umida al punto giusto, proprio come ci vuole per la cervicale, imbevuta di sana umidità come un biscotto nella zuppa inglese.
E la serena visione dei bambini? Belli, i miei bambini quando al mattino si alzano dal letto e vanno in bagno a lavarsi senza togliersi l'impermeabilino. Perché ci volete togliere queste piccole gioie? La vita è così difficile non toglieteci queste minuscole, simpatiche, sentimentali soddisfazioni.
Chi più di noi conosce il piacere, la sera, di entrare in bagno, chiudere a chiave la porta e sedersi sul water, avvertire subito un piacevole senso di congelamento di II° grado che sale dai glutei su, su, fino alla quarta vertebra. Chi più di noi conosce la fragranza delle lenzuola umide quando ti infili a letto la sera.
Torni indietro di vent'anni, ripensi alla naia a Rovigo all'u-
Ripresa la campagna "Scuola ambiente"
Ore 9: lezione in cascina
midità delle camerate che colava dai muri a mestoli. I giorni lieti dei vent'anni e sogni.. ma poi appena tocchi il materasso la moglie ti zompa addosso con sembianze di gomitolo e battendo i denti ti ruba quel poco di calore che ti è rimasto sotto le ascelle. Che emozioni!! Che trasporto!! Che freddo!!!!!
Perché tutto ciò deve finire? Non potremmo continuare magari fino al primo dicembre? E se è vero che si tratta di "risparmio energetico" perché non fino a primavera? Sai quanto di più si risparmia?
Per una volta nella vita di iacipino sono, con gli altri iacipini, il salvatore dell'economia cittadina.
Tognoli, Accetti, lasciateci questo privilegio differenziateci dagli altri milanesi, noi vogliano per una volta, essere i migliori.
Il freddo è salute, è vita, gli uomini più longevi non a caso sono siberiani.
E voi meschini! e voi infelici che avete il riscaldamento da ormia troppi giorni attenti a voi. Il caldo vi perirà!!!
Tognoli, Accetti, se proprio non potete far di più per noi, vada per il 25 ottobre ma tenete conto per il prossimo anno. Vi saremmo grati se l'accensione avverrà non prima del dicembre.
Quanto tempo è passato da quando un bambinetto in 11° elementare di nome Carlo sedeva al primo banco proprio vicino al calorifero, ed io in classe con Lui tre banchi più dietro, vicino alla finestra.
Oggi come allora. La storia si ripete.
Luciano Amato
L'iniziativa comunale riguarda gli alunni delle materne, delle elementari e delle medie - Ilprogramma prevede visite guidate, escursioni, lezioni con audiovisivi
Dagli inizi del mese di novembre scorso è ripresa "Scuola ambiente", rormai tradizionale campagna organizzata dal Comune che quest'anno interessa 650 classi per un totale di 15 mila alunni delle materne, delle elementari e delle medie inferiori.
L'iniziativa — ha spiegato l'assessore all'Educazione Maria Luisa Sangiorgio — si avvale della collaborazione di associazioni naturalistiche, come Italia Nostra ed il WWF, e del "Gruppo archeologia industriale", che sta sviluppando un interessante discorso di indagine e di difesa del "patrimonio" industriale, che in Lombardia ed a Milano è andato accumulandosi (ma anche disperdendosi) nel corso di oltre un secolo di sviluppo.
L'Amministrazione comunale fornisce gratis alle classi anche dispense, audiovisivi e materiale vario. L'unica spesa prevista a carico delle famiglie è di cinque mila lire come contributo complessivo delle spese di trasporto dei bambini, che, nel corso dell'anno scolastico effettueranno anche diverse escursioni in città e fuori Milano.
Ma vediamo ora le iniziative proposte secondo ogni tipo di scuola.
Materne
I bambini verranno stimolati a conoscere il mondo vegetale attraverso visite al "bosco in città" creato alla Cascina San Romano, situata nella nostra zona fra Trenno e Figino, da Italia Nostra, i cui esperti forniranno anche semi e piantine che verrann poi coltivati nelle classi o nei giradini delle singole scuole. Inoltre esperte diplomate presso la scuola femminile statale di agraria seguirano i bambini nelle loro osservazioni, accompagnandoli infine, per una "esperienza diretta", alla Cascina Costa Alta nel parco di Monza. Nei prossimi mesi di aprile e di maggio sarà un vigile urbano a fare il maestro di "educazione civica" portando i bambini in alcune piazze cittadine, dove saranno allestiti spettacoli di animazione incentrati tutti sul tema dell'educazione civica.
Elementari
Oltre al lavoro in classe con
l'aiuto di schede appostiamente preparate, audiovisivi, diapositive, libri, si svolgeranno visite guidate in città e fuori, lavori specifici di approfondimento sull'ambiente naturale (prime classi), sugli animali, sull'ambiente e sull'uomo (seconde), sul mondo vegetale (terze), sul "bene" acqua (quarte) e sull'ambiente urbano (quinte). Alla realizzazione del programma parteciperanno esperti di Italia Nostra e del WWF. Si punta ad una esperienza didattico educativa — ha spiegato l'assessore Sangiorgio — che si propone di far incontrare i ragazzi con l'ambiente stimolandoli a comprendere la complessità del rapporto uomo-natura e la necessità di una corretta gestione dell'ambiente.
Medie
Anche nelle medie inferiori il programma di "Scuola ambiente" prevede diverse fasi: incontro con gli insegnanti, lavoro in classe, visite guidate, approfondimenti specifici. E pure i ragazzi delle medie potranno utilizzare schede, audiovisivi, filmati, dispense. Il programma si svilupperà nell'arco di tre anni e quindi per quest'anno sono escluse le terze. Le prime studieranno, tra l'altro l'agricoltura lombarda (con uscite in Valcamonica e visite al Museo della civiltà di Golasecca), l'organizzazione dei romani sul territorio della nostra regione, lo studio delle foreste. Le seconde affronteranno più specificamente l'organizzazione dell'agricoltura dai primi tentativi di un sistema razionale di irrigazione alla produzione della seta con l'introduzione del gelso.
lits,mbrosiana u t o zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA s.r.l. Via Voragini', 47 - Milano - tal. 327.11.48 zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA (ric. autom ) Via Gallarato,281_- Milano - tal 309.23.67 - 308.50.89 CONCESSIONARIA dicembre 1982 pagina 5 - milano 19
Nella foto la cascina San Romano
Lavoratori a confronto nella nostra zona
Si ma con emendamenti alle proposte sindacali
Hanno votato il 45,3% dei lavoratori interessati. Meglio che nella scorsa consultazione ma ancora in numero esiguo. Alla ricerca di una nuova Unità Sindacale
Si è conclusa nei giorni scorsi, anche nella nostra zona, la consultazione con i lavoratori, sulla piattaforma presentata dalle Federazioni CGIL, CISL e UIL sui rinnovi contrattuali, difesa dell'occupazione, riforma del costo del lavoro.
Nella nostra zona sono state realizzate 261 assemblee nei posti di lavoro, i lavoratori interessati 43614, i lavoratori che hanno partecipato 19727, i lavoratori che hanno espresso con il voto il loro parere 17462.
Se raffrontiamo questi dati con quelli della precedente consultazione, quella dei " 10 punti" del Febbraio scorso, vediamo che è diminuito il numero delle
assemblee, si passa da 326 a 261, di conseguenza è diminuito il numero dei lavoratori interessati, si passa da 55487 a 43614, dei lavoratori partecipanti si passa da 23149 a 19727, dei lavoratori si passa da 19314 a 17462.
In termini percentuali si nota invece un positivo recupero, ad esempio il rapporto lavoratori interessati-lavoratori partecipanti, è del 45,3% contro il 41,7 della consultazione precedente; il rapporto lavoratori votantilavoratori interessati è del 40% contro il 34,8% della precedente. Rimane comunque, per il movimento sindacale un grosso
Costo del lavoro: un tema di moda
Una consultazione sindacale svolta tra mille perplessità
Ormai da tempo si parla del costo del lavoro, diventato argomento cruciale di infuocati dibattiti. Malgrado tanta bruciante attualità, sulla questione del costo del lavoro ci pare sussistano all'interno della sinistra e del movimento operaio delle posizioni pregiudiziali che rischiano di distogliere dal vero terreno di lotta quell'universo così variegato di lavoratori la cui unità costituisce condizione primaria, seppure insufficiente, per l'esito positivo della battaglia, non solo sindacale, che comunque sarà durissima.
Una di queste posizioni si può rilevare dall'intervento di Cossutta durante la recente sessione del C.C. del Pci in cui ha affermato: "È da giudicare criticamente e si deve operare per rivedere buona parte delle stesse posizioni dei sindacati che hanno, di fatto, accettato di discutere il costo del lavoro. Mentre esso è fuori discussione. Discutere ancora è pura azione antioperaia e antisindacale".
Cossutta avrebbe ragione se discutere del costo del lavoro significasse far pagare soltanto ai lavoratori dipendenti le conseguenze della crisi. Purtroppo non è così. Anzi, da sempre il costo del lavoro è la materia prima su cui si cimenta il movimento sindacale; ragion d'essere del sindacato resta per l'appunto quella di aumentare il costo del lavoro per lavoratore occupato, o comunque di impedirne una riduzione in valore reale. Un sindacato maturo non isola più questo obiettivo primordiale dalle condizioni che lo rendono praticabile: ecco perché il sindacato, almeno in Italia, considera fatto suo la riduzione del costo di lavoro per unità di prodotto, e si pone quindi obiettivi, ben più impegnativi di quelli tradizionali, che ne invertano la organizzazione, il progresso tecnologico, i livelli occupazionali, la struttura salariale, il mercato del lavoro e la programmazione economica. E in nessuno di questi campi d'azione la questione nodale del costo del lavoro può restare latitante, tanto meno nei periodi di crisi. Si può e si deve, discutere su come viene affrontata una questione tanto complessa e arrovellata da contrastanti implicazioni economiche e socio-politiche, ma non discuterne, non avere in proposito puntuali piattaforme rivendicative su cui impostare il negoziato e la lotta significherebbe lasciare il governo in mano altrui, disarmare i lavoratori anche nella sola difesa della loro busta paga.
nodo da sciogliere, quello del rapporto tra lavoratori interessati e lavoratori votanti.
È oggi più che mai necessario che il sindacato faccia un'attenta riflessione per capire particolarmente in una fase difficile come quella che sta attraversando il nostro Paese, quali sono la cause che portano il 60% dei lavoratori a non esprimersi né su questa piattaforma, né su altre ipotesi o piattaforme proposte dal sindacato.
Non credo si possa parlare solo di mancanza di democrazia, né soltanto di divisioni laceranti nei massimi organismi dirigenti, per giustificare questo rapporto. Riflettendo sulla "nascita" di questa piattaforma, non possiamo dire che essa è frutto solo del lavoro di un ristretto gruppo di dirigenti, per giungere a questa ipotesi unitaria c'è stata la "spinta" da parte delle Federazioni Unitarie di Categoria, pensiamo alle discussioni e ai documenti prodotti dalla FLM dai tessili, dai chimici, quindi una piattaforma travagliata senza dubbio, però frutto di discussioni e di proposte che venivano da tutti i livelli.
Un'altra posizione pregiudiziale è ancora più pericolosa perché serpeggia di fatto continuamente tra i lavoratori pur senza trovare espliciti assertori. Essa consiste (ne diamo una rappresentazione deliberatamente provocatoria e schematica) nel configurare il rapporto sindacato-lavoratori, specie nelle fasi di definizione delle proposte unitarie alla stregua di una "trattativa" tra gruppi dirigenti del sindacato da una parte e i lavoratori dall'altra, lavoratori la cui consultazione costituirebbe per l'appunto momento conclusivo di accettazione o rifiuto, di una "ipotesi di accordo". Non c'è dubbio che una siffatta posizione trova alimento nei travagliati rapporti che sussistono a tutti i livelli ai vertici delle strutture sindacali; nella precaria partecipazione dei lavoratori alle scelte del sindacato; in metodi di direzione che, proprio nei momenti più stringenti risultano tradizionalmente autoritari; in "compromessi" unitari difficilmente decifrabili, almeno nelle motivazioni che hanno concorso alla loro gestazione.
La defatigante messa a punto da parte della Federazione Unitaria della proposta globale sulla struttura del salario e sul costo del lavoro rappresenta forse l'esempio più clamoroso di un tale stato, quanto mai critico, dell'organizzazione sindacale. Ma questa posizione, che relega in sostanza il Sindacato storicamente esistente a "corpo separato" rispetto all'insieme dei lavoratori, può essere anche da una consultazione che si limiti solo a verificare la corrispondenza della Federazione agli obiettivi da conseguire, e non fosse invece centrata sugli impegni di mobilitazione e di lotta che proprio quegli obiettivi comportano; superando le contraddizioni del movimento sindacale, ed altre ancora che potranno incontrarsi, nella complessa realtà lavorativa italiana. Né sta al riparo dagli attacchi padronali o dalle interferenze governative, che già vanno dispiegandosi. Quindi secondo noi i "tavoli" pertinenti alla contrattazione diventano affidabili solo se saranno sostenuti sino in fondo da un possente movimento unitario di lotta, dove ancora l'operaio deve essere trainante all'interno del movimento con la sua grossa capacità di lotta: è questa la questione politica di fondo da porre al centro della stessa consultazione sindacale. G.Gn.
Probabilmente la fase dell'Unità Sindacale costruita negli anni scorsi si è chiusa, c'è bisogno di una unità rinnovata, per la valorizzazione della quale si deve partire da questi problemi e dalle esperienze più positive emerse negli anni scorsi. Nella zona S. Siro-Rho si è affermato il SI alla piattaforma, sono stati considerati favorevoli i voti espressi attraverso emendamenti il cui contenuto non era alternativo al documento stesso. Per il Si si sono espressi 9.178 lavoratori pari al 52,5%, per il No 7.357 pari al 42,1%, si sono astenuti 927 pari al 5,4%.
I principali emendamenti sono: I) contestualità ai diversi tavoli di trattativa, riforma fiscale, rinnovo dei contratti, riduzione del grado di copertura della scala mobile; 2) copertura integrale dei redditi mediobassi (10/ 12 milioni) eliminando il drenaggio fiscale e coprendo la riduzione del grado di copertura della scala mobile sempre con la manovra fiscale in forma permanente; 3) fondo dello 0,50 a totale volontarietà del lavoratore.
La ricetta di Caterina I ravioli di zucca
Prendere un bel pezzo di zucca di qualità asciutta. Ottima la mantovana. Tagliarla a quadretti, che vanno fatti rosolare delicatamente con olio, burro e erba salvia. Mescolare spesso in modo che non faccia la crosticina, passare con lo schiacciapatate e aggiungere un po' di pane grattuggiato bello fine con grana trito, noce moscata, sale e un uovo. Fare la pasta sfoglia al solito, con farina bianca e uova. Riempire i ravioli o i cappelletti con il pieno, farli lessare in acqua leggermente salata, poi scolare e condire, quando sono ben svuotati, usando burro sfuso con salvia e tanto formaggio. Un piccolo accorgimento: tenere la parte densa di questa acqua di cottura per farsi una splendida minestra di riso.
Per rispondere a tutti coloro che riduttivamente affermano che questo malessere c'è perché lama, Carniti, Benvenuto non si mettono d'accordo, noi diciamo che le divisioni passano anche in "basso", nei C.d.F. e tra i lavoratori.
Come spiegarsi altrimenti che intieri C.d.F. per discutere non dei contenuti della Piattaforma, ma delle modalità per le assemblee, hanno effettuato riunioni su riunioni, senza che all'interno di questi C.d.F. ci fossero delegati col nome e con il ruolo di Lama, Carniti e Benvenuto. io credo che ci sia bisogno per tutti di una pausa di riflessioni, sul ruolo, sulla democrazia, sulla rappresentatività, su questa nostra Federazione Unitaria.
La crisi che investe il nostro paese, troppo spesso è sottovalutata sia per i caratteri, sia per la gravità e gli effetti che provoca all'interno della classe lavoratrice. La crisi divide, frantuma e rimette continuamente in discussione l'unità dei lavoratori, rendendo sempre più difficile sia l'iniziativa del sindacato che il suo rapporto con i lavoratori.
Anche sui No è necessario fare alcune riflessioni, la prima è che il No è stato motivato dal modo in cui oggi all'interno del Sindacato si determinano le strategie e le scelte per affrontare i problemi; la seconda è frutto di una sfiducia sulla possibilità che anche attraverso gli emendamenti potesse essere mod ificata la proposta del Sindacato; vi è infine un No di rifiuto secco di tutto ciò che il Sindacato propone. Il nuovo documento riformulato dal direttivo nazionale tiene conto delle indicazioni venute dai lavoratori, questo è un risultato importante. La dichiarazione dello sciopero di quattro ore per il giorno 24 di novembre per tutti i lavoratori dell'industria, è la prima risposta che il movimento sindacale da al rifiuto delle controparti di capire il confronto per i rinnovi contrattuali. Anche da questa occasione occorre ripartire e rilanciare il confronto ed il rapporto con i lavoratori, teso intanto a far riuscire lo sciopero, ma anche a tentare di gettare le basi per quella "nuova unità" di cui tutti abbiamo bisogno.
Ivan Pontremoli
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I mestée de la Milan de semper
Lavandera de foss, de seggion e de lavato]
Una attenta disanima per fugare i dubbi su certi vocaboli
di Arcano
Un anonimo milanese scrisse degli appunti su alcune deficienze di ben quattro vocabolari milanesi tra i più noti e precisamente quelli di Francesco Cherubini - 1839, Francesco Angiolini - 1897, Giuseppe
Banfi - 1870, Carlo Righetti1896 (pseudonimo Cletto Arrighi), ponendo in risalto tra le altre voci "Mondin, Mondina".
Il Cherubini si limitava a "mondin"... verso il novarese chiamano così quel villico il quale accudisce a rimondar le risaje da ogni mal'erba".
Lo stesso concetto, più o meno nella stessa forma, era espresso dal Banfi e dal Righetti; l'Angiolini invece alla voce "mondin" fa corrispondere mondadore, vagliatore, l'uomo che monda, vaglia, specialmente il grano.
L'anonimo milanese dice testualmente: "Mondin o mondina; colui o colei che nelle risaie, ortaglie e seminati vari si adopera a mondarli da erbe parassite".
Quindi la mondina attuale, quella più nota della risaia, è lavoratrice stagionale, mentre "el mondin o la mondina" addetti all'orticoltura sono costantemente impegnati a rimuovere erbe o pianticelle parassite che crescono spontanee assieme a quelle propriamente coltivate.
Mestiere duro in entrambi i casi; la schiena curva e le gambe nell'acqua, spesso fin sopra il ginocchio, per la mondina della risaia, con l'ampio cappello a protezione dal sole ed il fazzoletto al collo per il sudore e i moscerini; prona sino a sembrare seduta a terra, anche lei incurvata e con copricapo la mondina dell'ortaglia.
Macchie di colore riflesse nell'acqua le prime, sprofondate nella verzura dei coltivi le seconde; per tutte la fatica.
I canti delle mondine non sono soltanto folclore; essi ci parlano di pane sudato, del domani incerto, del torpore agli arti e d'un esiguo compenso.
"Intant che me sgagna ona zanzara,/ fadighi da la mattina a la sera /e porti la mia cros pesanta e amara/stand con j gamb a moeuj ne la risera". E un brano dei loro canti, triste, eloquentissimo.
"Lavandera"; lavandaia. Tempo addietro c'erano tre modi per indicare una lavandaia e precisamente: lavandera de foss; lavandera de seggion e lavandera de lavatoi.
Il modo indicativo è ben motivato; la lavandera de foss svolgeva il suo lavoro lungo i vari rivi d'acqua che in Milano e immediati dintorni erano centinaia, naturalmente compresi anche i navigli e la Martesana, il Lambro e l'Olona, la Vettabia e altri; dopo la tombinatura dei navigli rimasero per lungo tempo ancora fossati e fossatelli e la lor scomparsa completa è soltanto dell'ultimo quarto di secolo; infatti la tombinatura della Martesana dal ponte della Gabella alla fine di via Melchiorre Gioia è iniziata nel 1960.
Le nuove generazioni possono ora soltanto documentarsi a Porta Ticinese; oltre al vicolo Lavandai, percorrendo la Alzaia Naviglio Grande, è possibile intravedere le pietre corrose dal tempo e dalla fatica su cui sono stati lavati gli indumenti e le lenzuola di parecchie migliaia di persone.
Vale la pena di accennare al termine milanese "resentà" che è inteso per l'italiano risciacquare; ma l'origine del vocabolo è dovuta proprio al fatto che le lavandaie risciacquavano i panni a pelo d'acqua... rasentandola.
"Lavandera de seggion" era invece quella lavandaia che lavava i panni nel mastello, divenuta poi, con l'estendersi della rete dell'acqua potabile e l'apposita costruzione con vasche di pietra e cemento, "lavandera de lavatoi".
Lavoro gravoso, specialmente nella stagione invernale quando le mani si screpolavano per il freddo e l'acqua e si formavano i geloni; per sbarcare il lunario era necessario fare buon viso a cattivo gioco.
Prone in ginocchio in riva al Naviglio e nel vicolo che porta il loro nome, ancora una decina di anni addietro, le lavandaie si avvicendavano sul "brelìn", (una sorta di cassetta a tre sponde, consimile a quella della spazzatura, ma più grande, nella quale, con entro un po' di paglia, si inginocchia la lavandaia per non bagnarsi le gambe e la gonnella.. F. Angiolini, vocabolario milanese-italiano, 1897) logorandosi in quella fatica sino alle ultime energie.
Tettoie di lavatoi lungo rivi, roggie e canali sono state rimosse da qualche anno; quella del vicolo Lavandai è stata risparmiata ed eletta a monumento cittadino (in parte era già crollata, verso il fondo del vicolo, e non più ricostruita).
Infine "lavandera de color", la lavandaia che non fa bucato di bianco, detto cattivamente anche per lavandaia mediocre.
Tra i vecchi detti milanesi c'è anche quello che dice: "La cattiva lavandera la troeuva mai la preja bona", cioè: "La cattiva lavandaia non trova mai la pietra buona" nel senso che un agire sbagliato fa dare la colpa alle cose e non a se stessi.
"Beleratt"; è questo il nome milanese di colui che fabbricava e vendeva i "belée", ovvero i balocchi, giocattoli; un tempo, è risaputo, non esistevano produzioni su vasta scala e tanto meno la concorrenza di Hong Kong e dei giapponesi.
Anche le esigenze dei ragazzi di qualche generazione fa erano... meno tali e, bambole a parte, cerchi da rincorrere, cerchietti da lanciare, trottole di legno (pirla), tamburelli, costruzioni in legno dipinto erano i giocattoli più comuni: per chi poteva spendere di più c'erano i carrettini, monopattini e cavalli a dondolo; per ambi i sessi i teatrini con pupazzi e scene di cartapesta.
Le bambole erano un tempo fatte esclusivamente di stoffa; poi di stoffa con la testa di cartapesta e dopo ancora di celluloide; rimasero in tutta stoffa bellissime bambole "Lenci" che costituiscono tuttora motivo di grande interesse femminile e valore collezionistico. beleratt" vendeva i suoi belée oltre che in bottega durante le sagre, ai mercati, sulle piazze nei periodi che erano vicine le festività di Natale e Pasqua. Siamo nel mese di novembre, almeno nel momento in cui scrivo queste righe, lasciatemi perciò parlare anche di lui, di quell'onesto lavoratore che è indispensabile ai vivi... per accudire ai morti.
il vicolo Lavanda!, a Porta Ticlnese, Monumento Nazionale.
"Becchin o sotterrò"; becchino o sotterratore, qualche dizionario ammette anche beccamorti, una voce sgradevole; il becchino un tempo era chiamato anche colui che trasportava i morti al cimitero dopo averli
ripuliti e vestiti. Alla voce "sotterrò" uno dei dizionari da me consultati specifica: "Seppellitore, colui che scava le fosse per tumulare i cadaveri; dal latino fossor e dal toscano affossatore".
A Itra voce che definisce questo mestiere è "scavafoss"; ma "becca mon" in questo caso è soltanto chi lava e veste il defunto, mentre "becchin" è chi lo trasporta al cimitero ed aiuta "el scavafoss" nella tumulazio-
ne. Necroforo è la voce italiana usata in tutti i casi; un lavoro non invidiato, ma onesto e decoroso, certamente indispensabile. (continua)
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dicembre 1982 pagina 7 - milano 19
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I vantaggi di queste nuove soluzioni per la nostra zona
Teleriscaldamento: contro la mafia dei combustibili
A Milano si concentra una parte consistente dei consumi petroliferi destinati al riscaldamento. La centralizzazione del riscaldamento permette un maggior controllo dell'inquinamento e la possibilità di produrre calore contemporaneamente all'energia elettrica. Si può così utilizzare al meglio il combustibile ed ottenere un notevole risparmio di energia.
Per gentile éoncessione della rivista "Bollettino Energia Lombardia"pubblichiamo, a puntate, sul nostro giornale, un servizio di divulgazione sul problema del risparmio energetico e di una più corretta utilizzazione, attraverso la fin-ma della cogenerazion e, dei combustibili tradizionalmente impiegati per generare calore per gli impianti di riscaldamento invernale e per la fornitura di acqua calda. Abbiamo ritenuto utile fare uno sforzo per informare su questi problemi i cittadini della zona 19, e presentare loro le proposte di ristrutturazione energetica della città che, negli anni prossimi, vedranno interessati grandi quartieri della nostra zona: Gallaratese, S. Siro, QT8. In particolare riteniamo utile che i cittadini sappiano quali siano le migliori alternative a strane e discutibili proposte non prive di elementi di ricatto che, negli ultimi tempi, vengono adombrate da alcuni esponenti dello IACP o, più semplicemente, a scomposti rigurgiti di "corporativismo di condominio" che spingono alla soluzione del problema attraverso interventi scoordinati e contradditori, inutili, spesso dannosi e fonte di maggiori sprechi. Dietro questi fenomeni e dietro queste manovre non è difficile ravvisare l'ombra della speculazione privata, della "mafia" Ilei combustibili, che certamente non vedono di buon occhio una corretta riorganizzazione energetica del territorio, soprattutto se ciò implica l'intervento della mano pubblica (A EM) e (orrore, orroreOrisparmio dei consumi.
Abbagliati come siamo dal problema, vero o falso che sia, del deficit elettrico, corriamo il rischio di dimenticare che la crisi energetica può essere affrontata, prima ancora che costruendo nuove centrali, trovando il modo di ridurre i consumi di petrolio in tutti i settori che lo utilizzano.
In Italia una gran parte dei consumi finali di energia è dovuta a produzione di calore che potrebbe essere ottenuta in ugual quantità ma consumando meno combustibile. Diamo una dimensione a queste affermazioni.
Nel 1978, nel nostro Paese, su un consumo effettivo finale di energia pari a 95 milioni di tep (1 Tep = una tonnellata equivalente di petrolio, pari a IO milioni di chilocalorie), il consumo dovuto agli usi termici è stato di 59 Mtep così ripartiti:
31 Mtep a bassa temperatura (cioè inferiore a 100"C, per riscaldamento, acqua calda e usi industriali);
7 Mtep a media temperatura (compresi tra 100 e 250°C, come usi termici nelle industrie alimentari, tessili, cartarie, chimiche, ecc.);
-- 21 Mtep ad alta temperatura (superiore a 250°C, in forni di cottura e/ o fusione di materiali, ecc.).
La prima cosa che si può notare è dunque che gli usi termici a bassa e media temperatura costituiscono ben il 40% del totale dei consumi finali di energia del nostro Paese.
In questo contesto, il riscaldamento di ambienti ha richiesto, sempre nel 1978, un consumo di 19 Mtep a cui va aggiunto il consumo di 2,5 Mtep per produrre acqua calda per usi igienici.
Contemporaneamente, nel nostro Paese, una quantità di calore dello stesso ordine di grandezza di questi fabbisogni termici a basso livello di temperatura viene dispersa, con negativi effetti ambientali, dalle numerose grosse centrali termoelettriche di cui disponiamo.
Da tutto ciò emerge l'importanza che vengono ad assumere tutti quegli interventi tesi a ridurre i consumi in questo settore, attraverso sia una riduzione della domanda (che una razionalizzazione dell'offerta di energia).
Tra gli interventi di razionalizzazione dell'offerta di energia ci soffermeremo su uno di questi, il teleriscaldamento, che è argomento particolarmente attuale nell'area milanese.
Il fatto di puntare l'attenzione sulla città di Milano è corretto e ampiamente giustificato.
Solo il riscaldamento degli edifici e la produzione di acqua calda per usi sanitari, comportano in questa città un consumo di circa 2,4 Mtep/ anno. Di questi, tolti circa 0,2 Mtep coperti dal gas ma nifatturato (gas di città), 2,2 Mtep sono quasi esclusivamente costituiti da prodotti petroliferi (gasolio e olio combustibile).
Se si considerassero anche i consumi della cintura milanese questi dati crescerebbero notevolmente per semplicità comunque ci riferiremo al solo Comune di Milano, che, comune si può dedurre, è responsabile dell'I I % dei consumi nazionali per riscaldamento e acqua calda.
Le proposte che si possono avanzare in questa città, dunque, hanno rilevanza nazionale, e per questo vanno studiate in modo approfondito e presentate all'opinione pubblica corredate di argomentazioni il più possibile trasparenti.
Il teleriscaldamento
Con questo termine tipicamente italiano, noto all'estero come "chauffage-urbain" o "district-heating", ci si riferisce ad un metodo di riscaldamento delle abitazioni assai diffuso nei Paesi del Nord Europa e nei
Paesi dell'Est.
In pratica esso è così si ntetizzabile: in un numero limitato di "centrali termiche" viene prodotto il calore richiesto per riscaldamento e usi igienici da una data area urbana: tale calore viene inviato alle utenze utilizzando come fluido termovettore (cioè trasportatore di calore) acqua calda, a temperature che possono variare tra i 90°C e i 160°C, che percorre una rete di doppie tubazioni interrate (andata e ritorno) fino a raggiungere tutti gli edifici che sono convenientemente allacciabili.
re il gasolio, poiché per la centrale termica del teleriscaldamento, date le dimensioni in gioco, è più semplice prevedere l'uso di combustibili diversi, anche di qualità scadente e quindi di basso costo (naturalmente con gli opportuni provvedimenti di salvaguardia ambientale).
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Naturalmente lo scambiatore di calore è dotato di tutti quei sistemi automatici che, esattamente come attualmente fanno le caldaie moderne, adeguano il flusso di calore da inviare nelle abitazioni in base alla temperatura esterna e a tutti gli altri criteri di termoregolazione.
Il primo vantaggio dei teleriscaldamenti è il seguente: una caldaia di edificio in buone condizioni di manutenzione può difficilmente operare con rendimenti di combustione superiori a 0,75 (cioè del combustibile che entra, il 75% si trasforma in calore e il rimanente 25% si perde nei fumi) (e da indagini statistiche risulta che molte caldaie del nostro Paese operano addirittura con rendimenti di 0,5-0,6), mentre una grossa cladaia che alimenta un sistema di teleriscaldamento, può raggiungere rendimenti di 0,9-0,92 (oltre che perché tecnicamente più complessa anche perché la sua gestione è curata da personale specializzato).
Poiché la rete di teleriscaldamento, con tubazioni termicamente isolate, perde "per strada" in media non più del 5% del calore che trasporta, rimane sempre un risparmio di almeno il 10% rispetto alla soluzione con caldaie di edificio in buone condizioni.
Questo 10% è un valore tutt'altro che trascurabile, quando si pensi che, poiché a Milano il riscaldamento invernale brucia ogni anno circa 2,4 Mtep, equivarrebbe a 240.000 tonnellate all'anno di prodotti petroliferi.
Vantaggi ulteriori possono essere:
— la gestione del riscaldamento dell'edificio viene sottratta a inquilini e condomini che dovranno limitarsi al pagamento del calore consumato esegnalato dal contatore di calore (introducendo maggiore trasparenza nel settore del riscaldamento);
— il bisogno di riscaldarsi viene liberato dal problema di reperi-
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Sul piano dell'inquinamento il teleriscaldamento può offrire il vantaggio forse più interessante. Infatti, le emissioni di inquinanti a bassa quota dai camini degli edifici, con rara stagnante tipica del clima milanese (soprattutto con la nebbia) peggiorano nei mesi invernali la qualità dell'aria già fortemente compromessa dal traffico automobilistico. La centrale termica di un teleriscaldamento invece, oltre agli impianti di depurazione dei fumi, è dotata di alti camini che spingono i fumi al di sopra degli strati più stagnanti dell'atmosfera e ne facilita quindi la dispersione. Naturalmente anche la quantità di fumi emessa si riduce grazie al risparmio energetico.
I vantaggi del teleriscaldamento non sono ovviamente gratuiti. Le difficoltà che si incontrano, comunque, sono di tipo non tanto tecnologico, quanto di tipo economico ed organizzativo.
Sul piano economico c'è la necessità di reperire ingenti capitali iniziali che verranno ripagati dal risparmio di combustibile solo dopo alcuni anni. Tempi di ritorno del capitale investito dell'ordine dei dieci anni o più non sono molto allettanti per le imprese private con i tempi che corrono; perciò operazioni di questo tipo, che pure si dimostrano molto vantaggiose sui tempi lunghi, devono essere realizzate da imprese pubbliche a livello comunale.
D'altra parte la realizzazione del teleriscaldamento in una città come Milano è in grado di dare lavoro a molte imprese di medie dimensioni in diversi settori produttivi, che vedrebbero qualificata la loro opera anche su futuri mercati internazionali, rispetto ai quali si sta attualmente registrando in questo campo un certo ritardo.
Dell'impegno economico richiesto dal teleriscaldamento di Milano si parlerà nelle schede che presentano due alternative che si prospettano per la sua reali77azione.
Sul piano organizzativo, invece, non vanno sottovalutate le difficoltà che si avranno nella gestione di un sistema interconnesso e di ampie dimensioni, quale è un sistema di teleriscaldamento, e che richiederanno una riqualificazione e l'introduzione di nuove competenze nell'ente a ciò preposto (cioè rAem nel caso di Milano). Tutto ciò va però visto più come stimolo ed occasione di avanzamento che come ostacolo.
(1 - Continua). Nella prossima puntata parleremo di "cogenerazione")
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Perché un edificio sia convenientemente allacciabile, deve essere almeno già dotato di impianto di riscaldamento centralizzato. In questo caso la caldaia viene "sostituita" da una apparecchiatura molto più compatta: lo scambiatore di calore (detto anche zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA -sottocentrale di utenza") in cui il fluido caldo della rate di teleriscaldamento (il circuito primario) cede calore, senza però miscelarsi, al fluido che circola nell'impianto di riscaldamento dell'edificio (il circuito secondario).
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Da Milano a Comiso: in marcia per la pace
Dovrebbe arrivare a Comiso verso Natale la marcia della pace che, con partenza da Milano il 27 novembre, stà percorrendo tutta l'Italia passando per l'Emilia-Romagna, la Toscana, il Lazio, la Campania, la Calabria. L'iniziativa è partita sulla base di un appello lanciato da Umberto Eco, Franco Fornari, Roberto Guiducci, Maurizio Pollini, Cesare Segre, Vittorio Sereni, Mario Spinella, Ernesto Treccani, Padre Davide Turoldo, Umberto Veronesi e Paolo Volponi, che dice testualmente:
"La pace è in pericolo, la pace è possibile, la pace è necessaria. Gli avvenimenti internazinali degli ultimi mesi, che tutti abbiamo nella memoria, offrono un quadro altamente drammatico del nostro pianeta, nel quale si moltiplicano guerre ed atti di forza, ed aumentano i pericoli di un conflitto nucleare.
L"equilibrio del terrore', lungi dal rappresentare una garanzia di pace, ha in sé una logica immanente che spinge gli avversari ad assicurarsi margini di superiorità e induce un'inarrestabile corsa agli armamenti.
D'altra parte, si comincia a ragionare intorno ad armi nucleari da usare, a guerre nucleari da combattere, ai mezzi per assicurare, dopo un conflitto nucleare, una qualche forma di vita umana sul pianeta.
Questa logica, questo arrendersi ad una possibile prospettiva di guerra atomica, va denunciata e respinta.
L'unica strada, per quanto difficile, è quella di un'azione tenace per un progressivo e controllabile disarmo globale, sia del potenziale nucleare, sia dei mezzi offensivi convenzionali.
La mobilitazione delle coscienze, le tante e diverse manifestazioni della volontà di pace che hanno percorso l'Europa ez gli Stati Uniti sono doverose, giuste e utili: la loro carica di speranza e di pace non deve andare dispersa.
Alle soglie di un anno che potrebbe vedere un nuovo, fose irreparabile passo nell'escalation degli armamenti nucleari, avvertiamo l'urgenza di nuove iniziative in Italia e in Europa, e la necessità di una crescita del movimento per la pace e il disarmo anche nei paesi dell'Est europeo, nella prospettiva di un superamento dei blocchi e della logica bipolare USA- URSS, a partire dal nostro continente.
A tutte le forze che, pur diverse fra loro, condividono le nostre preoccupazioni e l'esigenza di un impegno, agli uomini di cultura, ai giovani dei movimenti per la pace, alle organizzazioni religiose, sindacali, politiche e culturali avanziamo una proposta:
parta da Milano una marcia che giunga fino a Comiso e che porti in tutto il Paese, lungo un itinerario di pace: - la volontà di confronto e di impegno comune delle forze più diverse sui grandi temi del disarmo, del sottosviluppo e
della fame, del diritto all'indipendenza e alla libertà per tutti i popoli.
l'apprezzamento per tutte le iniziative, sia di sensibilizzazione dell'opinione pubblica nei diversi paesi, sia di carattere politico-diplomatico, tendenti a sospendere qualsiasi decisione d'installazione di nuovi missili in Europa, durante la trattativa di Ginevra.
la richiesta di sospensione della costruzione della base di Comiso, per contribuire ad un risultato positivo della trattativa per indicare, con un gesto di pace, l'unica strada ragionevole, quella della riduzione progressiva degli armamenti nuderi, all'Ovest come all'Est, fino alla loro totale eliminazione".
Fra le adesioni c'è da registrare quella del comitato "Milano per la pace" che ha aderito "vedendo in questa propostascrivono - una occasione favorevole per rilanciare in Italia la lotta contro gli euromissili. Lotta che nella nostra visione è indissolubilmente legata a quella complessiva per il disarmo, contro i blocchi militari, per la libertà dei popoli e contro il sottosviluppo. E un modo - continua la lettera - neppure troppo indiretto per sostenere i diritti del popolo palestinese e di quello polacco. Ribadiamo perciò il nostro più deciso rifiuto della logica secondo cui per disarmarsi bisogna prima riarmarci, e sottolineiamo la necessità che la marcia abbia luogo al più presto".
Anche padre Ernesto Balducci ha aderito assieme ad altre duecento persone. Ed ecco parte delle moltissime altre adesioni: Alberto Moravia, Carlo Bo, Giorgio Strehler, Adriano Buzzati Traverso, Gianni Baget Bozzo, Edith Ikuck, Raimondo Coga, Laura Conti, Gillo Dorfles, Inge Feltrinelli, Dario Fo, Tomas Maldonado, Luigi Malerba, Dacia Maraini, Piero Malvezzi, Fulvio Papi, Fernanda Pivano, Giuliano Procacci, Carla Ravaioli, Nelo Risi, Lalla Romano, Giulio Sapelli, Maria Luisa Spaziani, Vittorio Spinazzola, Sergio Turone, Salvatore Veca, Lea Vergine, Alfonso Vinci, Luigi Anderlini, Domenico Rosati, Franco Bassanini, Giacomo Cagnes, Dante Cruicchi, Raffaele Luise, Stefano Rodotà, Marina Rossanada, Vera Squarcialupi, Bruno Bertotti, Carlo Consiglio, Michelangelo De Maria, Filippo Di Pasquantonio, Paolo Leoncini, Carlo Manuali, Gianni Puglisi, Mario Sbriccoli, Fabio Sereni, Franco Zaccaria, Michelangelo Salerno, Corrado Barbot, Gianni Bianchi, Ninni Guccione, Sandro Antoniazzi, Luisa Morgantini, Antonio Pizzinato, Giorgio Tiboni, Saverio Ripa di Meana, Vincenzo Brune& Enrico Menduni, Gian Mario Missaglia, Enrico Testa, il comitato lombardo del campo per "La pace di Comiso", il coordinamento dei comitati per la pace della Sicilia.
Le "sviste" dei TG
Sfilano in 15 mila ma la TV non li vede
Quindicimila studenti milanesi, della città e della provincia, sono scesi in piazza il IO novembre scorso per manifestare la loro volontà di pace e la solidarietà con i lavoratori polacchi. Un corteo lunghissimo, vivace, compatto, tanti gli slogan gridati all'unisono.
Il movimento per la pace degli studenti ha quindi dunque dato un'altra prova della sua vitalità e con esso la FOCI, il PdUP e DP, che hanno promosso la grande mobilitazione. Eppure tutto questo non ha minimamente interessato i nostri "diligenti" funzionari del TG I e del TG 2 (i due telegiornali della televisione di stato), i quali si sonoben guardati dal dare notizia di tale massiccia manifestazione. E ciò mentre davano soltanto conto della manifestazione dei cattolici popolari, che a Milano, in piazza San Marco, hanno radunato non più di duemila persone per celebrare con canti e letture corali lo sciopero polacco. Un bell'esempio di completezza dell'informazione!
Il diritto alla salute: ospedali
Cosa accade quando mancano posti letto?
L passato veramente parecchio tempo da quando sulla facciata di qualche istituzione, che oggi non si potrebbe propriamente definire di cura, si poteva leggere: "Luogo destinato al ricovero ed alla cura degli schifosi irrecuperabili". Ora non si fa più differenza tra le diverse sintomatologie, e ciò corrisponde ad un autentico progresso civile, ma che accade quando, nonostante la civiltà, un cittadino bisognoso di cure viene respinto ai giorni nostri dall'Ospedale per mancanza del posto letto?
Il numero di presidi sanitari in Italia non é inferiore alla consistenza media della Comunita Europea. Frequente è invece nel nostro paese il caso di pazienti costretti a viaggiare, con comprensibile disagio, da un nasocomio ad un altro prima di poter essere accettati. Per amore del vero, questi non sono completamente abbandonati a se stessi, in quanto l'ospedale cui si sono rivolti collabora nella ricerca del posto letto, presso altre case di cura. Anche nella più fortunata delle ipotesi si verifica comunque una perdi-
ta di tempo, i cui costi terapeutici e personali sono incalcolabili.
La problematica è generale, ma in alcuni stati l'inconveniente è stato ovviato mediante l'impiego di un computer, il quale riferisce in pochi istanti la situazione dei posti letto liberi nell'ambito regionale.
La situazione può essere tuttavia risolta anche da noi mediante un accorgimento poco costoso, artigianale forse, ma certamente efficiente.- Avuto riguardo per le condizioni demografiche, ambientali e configurative di una certa zona, può essere allestito un sicuro punto di riferimento debitamente reclamizzato, cui possano rivolgersi giorno e notte sia le famiglie, sia il mondo del lavoro col suo complesso potenziale infortunistico, sia le strutture sanitarie decentrate, quando si renda necessario l'urgente reperimento di un posto letto in ospedale, il cui unico svantaggio potrà essere, se mai, un'ubicazione più lontana di qualche chilometro.
In termini operativi il servizio potrebbe funzionare come segue. In orari prestabiliti gli
ospedali competenti per territorio, ma anche le cliniche private ed i centri specialistici, sono tenuti a comunicare telefonicamente il numero dei posti letto disponibili, in modo che questi possano essere messi a disposizione a seconda della richiesta e seguendo il metodo scalare.
Una attenta analisi dei costi può convincere sull'utilità di un simile servizio anche in termini economici. Premesso che l'ufficio può agevolmente servire tre o quattro Unità Sanitarie Locali situate in zone extraurbane, oppure rilevare le disponibilità di ricovero in un'intera città, le spese graverebbero innanzitutto su vari bilanci ed il personale potrebbe essere recepito tra le pieghe dei diversi organici che, come è noto, risultano nettamente superiori alla media europea.- Si ha motivo di ritenere che, in considerazione del continuo aumento del prezzo dei carburanti, anche una modesta diminuzione dei trasferimenti in autolettiga per motivi di sovraffolamento compenserebbe le spese del servizio posti letto centralizzato.
All'innegabile utilità pratica
di evitare agli utenti del servizio sanitario qualsiasi ritardo in caso di necessità di ricovero, si aggiungono ulteriori vantaggi non meno apprezzabili. Dal punto di vista psicologico è infatti un motivo rassicurante che un pubblico ufficio indirizzi il cittadino verso la struttura sanitaria in grado di accoglierlo, anzichè delegare la ricerca al caso o ad altri, che spesso sono disorientati dalla situazione di emergenza stessa.- Dal punto di vista etico vengono automaticamente ridotte le poche, ma pur sempre possibili, occasioni di assegnare con parzialità i posti letto nei singoli luoghi di cura.
Una contrazione dei costi, un agile servizio per chi ha bisogno di sentirsi rassicurato in un particolare stato di necessità e la diminuzione di eventuali casi di corruzione sono qualificanti aspetti del vivere civile, che non possono essere sottovalutati. In tempi di riforme non bisognerebbe inoltre dimenticare che talvolta esistono interventi di estrema utilità, che non costano nulla.-
Mario De Carlo
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Lombardia: no all'uccellagione
Lo stato sfrutta i vizi del popolo
Tabacco, alcolici e giochi d'azzardo vari gli rendono bene
La pianta del tabacco è stata importata in Europa nel 1559 dall'America e coltivata dapprima come pianta medicinale.
In Spagna fu portata da Fernandez de Toledo; in Francia da Giovanni Nicot e in Italia da Niccolò Tornabuoni; le prime coltivazioni di certa proporzione iniziarono nel Veneto nel 1570 ed in Sicilia nel 1615; ma lo scopo iniziale della ornamentalità e della medicina cessò d'essere quando cominciò a diffondersi l'usanza di fumare e fiutare tabacco.
Il vizio di fumare si è rapidamente diffuso in tutto il mondo ed in tutti gli strati sociali, clero incluso (forse non è peccato) e per questo vizio sono in rotazione centinaia di migliaia di miliardi nelle valute di tutto il mondo.
Al vizio ci si arriva per stupida emulazione degli altri fumatori; chi si inizia al fumo accusa alle prime boccate un senso di disgusto, intontimento non di rado accompagnato da conati di vomito.
Poi ripetendo l'esperienza gradualmente si abitua, ma, pur non sentendo ancora il bisogno di fumare, lo fa sia per darsi un atteggiamento sia per il fatto che si viene a trovare con amici che hanno progredito nel vizio.
Col tempo l'organismo si adatta ed il desiderio si fa più imperioso, lo attanaglia; soltanto una grande volontà o la minaccia di un serio pericolo diretto può indurre il fumatore a desistere; alla rinuncia a volte seguono reazioni di carattere psicologico che incanalano l'ex fumatore verso altri vizi correttivi di cui poi perde ravvio iniziale; dal consumo consistente di pasticche o caramelle alla gomma da masticare o all'antica formula della liquirizia naturale in bastoncini, masticata e succhiata rabbiosamente.
Molti ricominciano, anche a distanza di tempo, razionando scrupolosamente i consumi; pochi smettono definitivamente e ...fortunati coloro che non conoscono il problema.
I malanni dovuti al tabacco sono noti; il tabagismo è la sindrome tossica conseguente all'uso eccessivo e prolungato del tabacco, male che riguarda i fumatori; la tabacosi è un tipo di pneumoconiosi (malattia dei polmoni) che colpisce in massima parte gli addetti alla lavorazione del tabacco e molto più raramente coloro che ne abusano fiutandolo; è malattia determinata dalla inalazione di polvere di tabacco.
Fumatori ve ne sono di varie categorie e gusti; il pericolo maggiore sembra costituito dalle sigarette, ma nuociono anche i sigari e il tabacco fumato in pipa; anzi, il fumo è nocivo anche a chi non fuma ed è costretto respirarne.
Restano comunque i fumatori poliedrici, quelli che fumano di tutto, senza problemi per se stessi o per gli altri, bloccati solo parzialmente in certi luoghi pubblici dai cartelli citanti la legge n. 584 dell'I I novembre
1975 e la scritta in grande "Vietato Fumare".
Comunque fumare non è reato; si fuma al bar dopo il
caffè, in ufficio, per strada e a casa durante la siesta o davanti alla televisione; sigarette, sigari, pipa o le tre cose alternate; in fumo ci vanno salute, denaro e tabacco. Ricordo Carlo Levi col suo toscano puzzolente sempre in bocca e nei ricordi più lontani Tazio Nuvolari con l'eterna sigaretta; tutti ricordano il grande statista inglese Winston Churchill col suo inseparabile sigaro; oggi la televisione ci mostra frequentemente Sandro Pertini con la sua pipa.
Da tempo remoto lo stato sfrutta i consumatori di tabacco; la leggina che vieta di fumare in luoghi pubblici è un tenue palliativo al diffondersi del vizio anche tra i giovanissimi, i recenti cospicui aumenti hanno dato un solido contributo alle casse erariali.
Lo stato ci tiene moltissimo ai miliardi che incassa dai cittadini fumatori e se anche accenna ipocritamente alle campagne antifumo appena può mette nel suo mirino supertasse sui vizi; quando lo fa non è moralizzazione, lo fa pesantemente.
Se tutti i fumatori decidessero di smettere contemporaneamente il bilancio dello stato subirebbe un colpo durissimo; sapendo benissimo che ciò non è possibile arriva all'impostura di non aumentare i tipi di sigarette più popolari, non per favorire alcuni ceti di fumatori, ma per evitare che tali aumenti influiscano sul paniere e vadano ad aumentare punti di contingenza.
Le rivendite di tabacchi sono frequentemente sprovviste di questi tipi popolari; è la beffa che lo stato aggiunge ai danni del consumatore, costretto all'acquisto di tipi che sono, per lo stato, più remunerativi.
Già nel 1958 ci fu il pentimento dello stato lenone, quello stato che succhiava danaro anche dalla prostituzione; allora ci rimise soltanto sporchi proventi, forse ne guadagnò in prestigio; ma ne ebbe come contropartita l'aumento delle infezioni veneree, della lue in particolare, dei reati di stupro e della prostituzione maschile.
Prosegue l'elenco degli sfruttamenti del vizio da parte dello stato con l'elevata tassazione degli alcolici; l'alcolismo è piaga sociale più che attuale e miete vittime ogni anno, in continuo crescendo.
La figura dell'ubriacone dondolante per la strada è scemata o diradata; v'è purtroppo gente che in preda a crisi di etilismo si mette al volante d'una automobile e combina guai.
Pauroso è l'aumento delle donne, in maggior parte casalinghe, nella nutrita schiera degli alcolisti; l'inizio è un bicchierino per scuotersi dalla malinconia, dalla grigia routine quotidiana; gli insuccessi, delusioni, preoccupazioni per la casa e i figli sono la molla che preme sul bisogno di un po' di carica, quindi da bicchierino a bottiglia prendono l'avvio all'abitudine, cozzano contro l'incomprensione di tutti e nel volgere di poco tempo il loro fegato denunzia sintomi dell'intossicazione alcolica.
La lega contro l'alcolismo è operante con mezzi scarsi; il
Per il primo anno in Lombardia nella stagione di caccia in corso non si potranno più catturare uccelli con le reti negli impianti appositi detti "roccoli".
successo è frutto di un'assidua assistenza morale, ma altri alcolisti incalzano ed il fenomeno è purtroppo in continuo aumento anche tra i giovani.
Vizio? Forse, ma ci sono coloro che si rifugiano nell'uso di alcolici per sfuggire all'amara realtà di vita mettendo a repentaglio la stessa esistenza; allora più che vizio è paura.
Lo stato? Vieta la vendita degli alcolici soltanto in occasione delle elezioni; poi continua ad aumentare le tasse sui vizi del popolo, con particolare... cura per i tabacchi e gli alcolici, due tipi di droga che non sono messi al bando; ma l'alcolismo è ancora più lesivo del fumo, una piaga che si dimostra a breve scadenza devastatrice e letale.
È teoria pura il veto alla pubblicità delle sigarette; i liquori non conoscono veto, anzi, per la RAI-TV e per molte consorelle libere la loro pubblicità è motivo di consistenti apporti monetari; l'aroma della grappa Y o il calore dell'amaro
K non importa, tanto fanno pubblicità anche all'acqua minerale!
Mancando veti di qualunque genere chi potrà proibire a chi lo voglia di sorbirsi un cognacchino in tram, una grappa mentre è in coda all'INAM o all'INPS o meglio ancora un cordiale quando si appresta a pagare le tasse all'esattoria?
Ancora lo stato cropier sul vizio del giuoco; Io zampino dello stato si protende anche su questo come sugli altri vizi che gli rendono bene.
L'antica bisca del lotto si è ingrandita con l'Enalotto e la ragnatela dei suoi interessi si è poi estesa, oltre al Totocalcio, a tutte le Lotterie nazionali; lo stato dedica molta assistenza al giocatore, tanto è vero che se vince una cifra spropositata al lotto lo liquida con un appezzamento di terreno roccioso di impossibile sfruttamento pratico.
Oculatamente, da buon cropier, lo stato fissa la giocata minima, ma non la massima, e ne aumenta la quota a sua discrezione, sicuro del guadagno.
Quanto a pagare le vincite lo stato non è solerte; se poi sono consistenti passano mesi o anni, ma recentemente ha fatto sapere sarà più rapido, non precisando da quale data.
La compagine di viziosi del lotto è fortemente aumentata e non di rado i botteghini debbono chiudere per mancanza di bollettari (grossa lacuna per un biscazziere); ma se qualche volta ci ha rimesso è indubbio che si rifarà riorganizzando le bische e pagando con maggior ritardo le vincite.
Contrariamente a quanto si possa pensare non è soltanto la roulette a falcidiare fortune; il popolare lotto non è da meno; conosco personalmente gente che è finita sul lastrico tentando di rifarsi, aumentando paurosamente le poste, ostinatamente sui numeri in forte ritardo.
Chi partecipa al giuoco d'azzardo organizzato dallo stato non è fuori legge; può farsi spennare in tutta legahtà, è il vizio del rischio che lo stato sfrutta opportunamente. A.Tr.
Il fatto è di grande importanza per la difesa dell'ambiente e degli animali: le catture ogni anno sono di centinaia di migliaia di uccelli nella sola nostra regione, e colle reti vengono catturati anche uccelli rari, protetti; quelli che sopravvivono allo shok della cattura vengono commercializzati, tenuti al buio nel periodo primaverile degli amori, riportati alla luce in autunno perché cantino come fosse primavera, richiamando così i loro simili.
Vengono tenuti in gabbiette appena fuori dei "capanni" in cui antisportivi "cacciatori" aspettano, comodamente seduti, di fare colpo.
Finalmente questa pratica barbara, a cui è contraria anche la maggior parte dei cacciatori, è stata sospesa: questo grazie alle segnalazioni e alle denunce fatte negli ultimi mesi dal WWF Lombardo, che ha fatto presente che l'uso delle reti è vietato da una convenzione internazionale, quella di Berna sulle specie selvatiche, che è ora legge dello Stato, dal giugno 82.
Il Commissariato di Governo, organo che verifica la conformità delle disposizioni regionali con le leggi nazionali, ha bocciato ben tre delibere con cui la Giunta Regionale autorizzava centinaia di roccoli, in violazione della Convenzione. Purtroppo nelle altre regioni non è andata così bene, e l'uccellagione continua, contro la legge e il buon senso; ma per la prima volta negli ultimi anni ci sono buone notizie per gli amenti della natura, e tante più ali libere in volo. St.F.
Concerti in zona
Musica & ricordi
Gli "Asia" alla Tenda di Lampugnano
No, non sono proprio la persona adatta per recensire il concerto degli "Asia", io che quasi svengo solo a sentirne i famosissimi nomi: Carl Palmer (ex E.L.&P. batteria), John Wetton (ex King Crimson, basso e voce), Steve Howe (ex Yes, chitarre)... mi fermo qui: ce n'è abbastanza per soddisfare chiunque abbia solo la più pallida idea di ciò che significhi la parola "rock". Questi nomi che alla parte più giovane di chi legge potranno dire poco sono stati la colonna sonora della generazione che si avvicina ai trent'anni, bei tempi, in cui il rock sinfonico non veniva ancora chiamato "barocco", in cui il menestrello Peter Gabriel cantava la sua "genesi", in cui Bob Dylan ci diceva che i "tempi stavano cambiando", in cui il distorsore per chitarre non era ancora chiamato "fuzz" e i tempi in cui mentre la Pfm furoreggiava in America un ragazzino poco più che diciassettenne incideva un disco dal vivo destinato ad entrare nella storia del rock: quel "Peter Frampton comes alive" che piano piano arrivava alla vetta di tutte le classifiche del mondo rimanendoci per mesi. Questo è ciò che questi nomi ci ricordano, giorni e giorni trascorsi nelle cantine a suonare con le valvole degli amplificatori ormai incandescenti e a provare fino a notte le indimenticabili ballate degli Emerson, Lake & Palmer: la grandissima "Knife edge", la stupenda "Eruption", l'unica "The fugue" e in cui mettevo a dura prova le mie corde vocali e quelle del mio basso.
Con questi presupposti non poteva non essere un grande, anzi grandissimo concerto, atteso da anni da chi sognava il riformarsi di un supergruppo quale quelli degli anni '60.
Quindici brani per più di un'ora e mezza in una tenda stracolma e festante, madida di sudore e di condensa (si può sospendere un concerto per nebbia?). Tante
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canzoni, tanti ricordi, il primo ballo, il primo concerto, la prima ragazza (perché no?), tanti ricordi che sembravano dimenticati, ma che sono rinati cullati dalla voce stupenda di John Wetton; guardo il palco, altissimo, la luce li fa quasi semidei, i brani vecchi cedono man mano il posto a quelli nuovi secondo una linearità melodica solo per orecchie inesperte ripetitiva; iniziano gli assoli, effervescente quello di tastiere, brillante quello di chitarra, lunghissimo quello di basso, breve e preciso quello di batteria; ecco anche il bis: uno solo, un gran-
de regalo a Milano, quando si alzano le note di "Aquatarkus" rabbrividisco pensando a tutti i connessi di quel brano su cui si sono intrecciate le trame di una generazione, quasi non ci credo, solo quando gli occhi sfavillanti di quella ragazza che dall'inizio del concerto non si è fermata un attimo si abbassano quasi in meditazione capisco che si trattava proprio di quel celeberrimo brano, chino anch'io il capo e penso ad un articolo che forse non sarò capace di scrivere.
Franco Gnutti
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me mille cose per la causar
milano 19 - pagina 12 dicembre 1982
Ha fatto ammenda soltanto per le case chiuse
Avranno saputo i polacchi...?
Troppi sembra abbiano dimenticato che la polizia di Scelba non fu certamente migliore di quella polacca
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Tutti, rigorosamente tutti, a qualunque partito o sindacato o religione appartengono, condannano l'uccisione del giovane polacco Bogdan Wlosik; giustamente anche gli italiani.
Nowa Huta, 21 ottobre 1982, venticinquemila polacchi presenziano ai funerali dell'operaio caduto sotto il piombo poliziesco otto giorni prima, il 13 ottobre.
Confesso di avere volgarmente insultato una persona che, giornale aperto alla pagina che riportava la notizia, commentava ironicamente che il tredici non aveva portato fortuna al giovane scioperante: un atto di nbellione istintiva il mio, memore di altri lutti nelle battaglie del lavoro.
Nonostante i famigliari del giovane elettròmeccanico avessero espresso il desiderio di un rito funebre contenuto e riservato, il corteo che si è formato spontaneo e che accompagnava le spoglie del ventenne al cimitero era aperto da quattro striscioni con la scritta "Solidarnosc" in rosso su fondo nero; molti partecipanti portavano il distintivo di "Solidarnosc" listato vistosamente a lutto; c'erano bandiere, si è cantato l'inno patriottico religioso "Boze cos Polske" (Che Dio salvi la Polonia).
Non vi sono stati disordini, dicono tutti concordi i giornali e la televisione; oltre cento corone di fiori con nastri recanti le scritte:"t meglio morire in piedi che vivere in ginocchio", "Si muore solo per quello per cui merita vivere".
Ed ancora, giornali e TV, descrizioni lunghissime di episodi, di parole esecranti, di aperta accusa al regime oppressivo, di condanna per questo grave lutto, di fieri propositi di ribadire il predicato del nuovo sindacalismo, di vittoria finale dei lavoratori.
Sino a questo punto, internazionalmente credo, tutti d'accordo; gli assassinii di operai che protestano e reclamano i loro sacrosanti diritti sono da condannare; sempre e ogni dove, come sono da condannare gli incendi di autobus a Napoli, il saccheggio dei negozi ed altri atti di puro vandalismo.
Quello che ci si domanda oggi, obiettivamente, al di la di propensioni, di simpatie di partito, di interessi diretti o indiretti è ben altra cosa.
Perché tanto interesse per la Polonia d'oggi, delle prevaricazioni della sua polizia di stato, del pugno di ferro del suo governo, delle lotte sindacali spinte sino al rischio di deportazione in campi di concentramento?
L'angolo del computer
In Polonia venivano informati, negli anni cinquanta e sessanta, dei plurimi assassinii perpretati dalla polizia di Scelba, la tristemente famosa "Celere", a Melissa, Reggio Emilia, Modena, nelle campagne del meridione dove i braccianti occupavano le terre? E del sangue che ha arrossato strade e piazze d'Italia senza fare arrossire il governo democristiano di allora?
Hanno mai saputo i polacchi che anche in Italia sono decine, forse centinaia, i sindacalisti che hanno subito soprusi di ogni sorta, arresti, processi, condanne, perdita del posto di lavoro e carcere?
Questi fatti accaddero non soltanto ai tempi di Scelba, ma anche in seguito con Tambroni si sono ripetute a più riprese le bravate di Bava Beccaris, si sono caricati i lavoratori, si è lavata nel sangue, con ferreo dispotismo la volontà dei lavoratori a conseguire il diritto di difendere il proprio lavoro, di avere un trattamento decoroso, un vivere più sereno.
I giornalisti allora non scrivevano troppo di queste tappe insanguinanti della polizia italiana; un po' per il bavaglio della legge sulla stampa, eredità fascista, un po' per partigianeria con il governo d'allora dei grossi gruppi editoriali o la
La memorizzazione
a cura di Gian Maria Airaghi
Il rivestimento magnetico è una mescolanza di ossidi magnetici, leganti plastici e lubrificanti, capaci questi ultimi di tenere insieme i cristalli di ossido di ferro e nello stesso tempo di consentire una flessibile e tenace aderenza al materiale di supporto.
Il nastro magnetico presenta notevoli vantaggi, soprattutto in riferimento allatto che i dati, su di esso registrati, possono essere, in qualsiasi momento, ri resi, icorretti e reincisi, a di erenza del nastro di carta e ella scheda perforata, supporti questi ultimi materialmente e definitivamente alterati al momento della prima registrazione.
Un vantaggio decisamente apprezzabile è dovuto olfatto che il nastro magnetico può raccogliere molte informazioni, poiché la densità di registrazione su questo tipo di supporto è molto spinta.
Si consideri che una densità media di registrazione consente la impressione sul nastro di 3200 caratteri per pollice (1 pollice - cm 2,54) e che un nastro solitamente raggiunge uno sviluppo di 2400 piedi (730 metri circa).
Ne deriva che le possibili registrazioni su un nastro dalle caratteristiche sopra riportate possono essere pari a decine di milioni di caratteri.
Inoltre il nastro magnetico può consentire un movimento molto più rapido sotto gli organi di lettura del calcolatore, il che permette l'ottenimento di velocità operative molto più elevate.
Altro mezzo, universalmente sfruttato per la immissione di dati ed informazioni è il disco magnetico, che, in linea di principio, presenta le stesse caratteristiche del nastro, vale a dire consente registrazioni sotto forma magnetica, correzioni ecc., ma presenta inoltre il vantaggio dell'accesso casuale alle informazioni su di esso registrate.
Ma su questo argomento, sui vantaggi e sugli svantaggi
di questo mezzo nei confronti di altri tipi di input, si ritornerà al momento della trattazione degli organi di memoria.
Unità di controllo Il calcolatore elettronico può essere abbastanza felicemente paragonato ad un "robot", nel senso che per agire elaborando dati e notizie richiede un necessario condizionamento, necessità cioè di una impostazione di fondo che venga seguita e controllata nello sviluppo di ogni passo del lavoro.
Il programma memorizzato Questa impostazione difondo, che consente al calcolatore di partire, sommare, sottrarre e svolgere tutte le operazioni previste dal problema, è chiamata programma.
Senza il programma il calcolatore è un congegno bizzarro, estremamente complicato e spaventosamente costoso che non sa distinguere un numero da un altro, che non sa prendere alcuna decisione logica.
fiprogramma quindi costituisce una parte vitale nella meccanica del funzionamento delle componenti il calcolatore e consiste in tutta una serie di comandi elementari, ciascuno dei quali per l'ottenimento di una particolare funzione operativa. I comandi elementari assumono il nome di istruzioni.
fiprogramma quindi non è altro che una serie ininterrotta di istruzioni che il calcolatore, una volta che siano state immagazzinate ed assimilate nella sua "memoria", interpreta convenientemente in una continua ripetizione nella successione prestabilita, proprio come un robot, che condizionato per una determinata azione, ripete la stessa indefinitamente sino all'esaurimento della incombenza. Diverse risultano le istruzioni necessarie al funzionamento dei calcolatori, così come diversi sono i pro-
paura di reazioni del governo mutandone col mitra in mano; soltanto i giornali proletari accusavano apertamente i misfatti compiuti ai danni della classe operaia.
Hanno mai saputo i polacchi che persino i cortei dei mutilati venivano dispersi a manganellate dalla solerzia degli "scelbini"? Saranno informati i polacchi che a Roma pochi giorni fa, il 22 Ottobre 1982, a seguito di una vibrata protesta di ciechi civili davanti a Pallam Chici, gente inerme ed inoffensiva che reclamava a voce, si sono effettuati tre arresti di ciechi, dopo una proditoria aggressione poliziesca?
I ciechi erano rei di protestare nei pressi della Presidenza del Consiglio; la loro presenza intendeva soltanto denunciare pacificamente l'incivile trattamento a cui i ciechi italiani sono sottoposti.
Se lo scambio di notizie tra la Polonia ed altri stati e l'Italia, notizie di vessazioni, di proteste, di arresti e di morte c'è sempre stato polacchi ed altri popoli avranno l'amara consolatoria di constatare che le cose in Italia non andavano, ai tempi di Scelba come oggi, molto diversamente. Soltanto che oggi si parla molto di più dei moti della Polonia, con insistenza, con la drammaticità che fa divergere l'attenzione da altri grandi drammi umani.
Tutti, rigorosamente tutti, dicevo all'inizio e sostengo, dobbiamo condannare ogni assassinio, arresto, deportazione; viene spontaneo però di chiederci; "Noi saremmo così bene informati sui fatti polacchi se a governare in Vaticano ci fosse un italiano?".
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grammi, il cui insieme di comandi consente lo sviluppo delle più complesse formule di calcolo e di altri tipi di trattamento dei dati immessi.
Si pensi che ciascun calcolatore di tipo medio interpreta all'incirca sessanta ordini diversi, vale a dire sessanta istruzioni di tipo aritmetico logico, di controllo o, più semplicemente, di carattere operativo.
Per la sua imponenza e per la relativamente povera capacità del suo linguaggio il calcolatore elettronico è stato paragonato ad un elefante siamese, utilizzato come è noto per il trasporto degli alberi di teak; unica differenza la tendenza del calcolatore elettronico ad essere ridotto a dimensioni sempre minori e ad esprimere un vocabolario sempre più ampio, ma nello stesso tempo più semplice di quello dell'elefante.
Si tende in altre parole alla generalizzazione dei linguaggi, utilizzabili anche da personale non altamente specializzato, che si avvicinino il più possibile al linguaggio umano corrente, discostandosi sempre più dal linguaggio di macchina.
Comunque si disponga di linguaggi più o meno avanzati, una volta predisposto il programma, passando attraverso le fasi di analisi del problema, stesura dello schema delle varie operazioni, codificazione e traduzione dello schema in linguaggio macchina, caricamento nella memoria centrale delle istruzioni così predisposte, l'ipotetico calcolatore è messo in condizione di operare.
L'unità di controllo assume in effetti questo compito: di controllare le operazioni aritmetiche e logiche, ma soprattutto lo sviluppo organico delle istruzioni precedentemente immesse, affinché i vari passi nella risoluzione del problema avvengano nella misura e nel tempo prestabiliti. (continua)
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A.T.
Si parla tanto di Polonia ma ...
La pittura ad olio è la prima che ci viene in mente quando pensiamo ad un quadro. I colori ad olio, che anticamente venivano preparati in bottega dallo stesso pittore o dai suoi aiutanti, oggi si trovano comodamente preparati in tubetti, ve ne sono di buoni, di meno buoni, o di buonissimi, e con ciò si intende la componente e anche la durata che pure è molto importante.
Quanto alla maniera di usarli, ciascuno ha metodi suoi, la tecnica ad olio si presta a una larga possibilità di impiego. I canoni della pittura classica sono stati sovvertiti ormai da tanto tempo: si stenta a credere, osservando e ammirando gli splendidi dipinti che si trovano radunati per esempio al Jeu de Pau me di Parigi (padiglione del Louvre dedicato agli Impressionisti), che un centinaio di anni fa gli autori di questi capolavori venivano derisi e scoraggiati. Oggi vediamo di ben altro, la pittura ha non solo camminato con i tempi, ma li ha precorsi, e tutto è ammesso e concesso, tutto è stato tentato, osi tenterà, niente viene rifiutato a priori, anche come tecnica oltre che come contenuti: si sa che l'arte è una delle poche libertà concesse all'uomo, e sempre relativa.
Al Beaubourg di Parigi, al Kunstmuseum di Basilea, reparto contemporanei, abbiamo visto opere che con il genere tradizionale della pittura hanno assai poco da spartire.
Eppure è anche quella pittura e se il resto dell'Europa ha musei d'arte contemporanea, e non parliamo dell'America, ci sembra inattuale che a Milano non sia visibile il cammino fatto dall'arte (per approvarla, disapprovarla, affiancarsi, scontrarsi, infine conoscere, che non è dir poco) se non attraverso mostre in avvicendamento, per tacere delle poche sale di Brera.
Ad alcune gallerie private va il merito di presentare qualche
nome di prestigio, ma anche qui è tutto un correre, per chi voglia restare aggiornato, perché quel che si può vedere oggi chissà dove sarà domani. Su cosa e dove si imposterà un criterio sistematico di studio, non solo dell'arte o della pittura in genere ma anche delle tecniche concesse dai materiali moderni? Quali raffronti sono possibili, in loco, e per luogo intendiamo Milano, l'unica città italiana che si presenta in altri campi come di respiro europeo e non provinciale?
Gli stimoli andranno ancora una volta cercati al di dentro, e "nonostante" l'ambiente. Le spinte interne porteranno ciascuno a un lungo tirocinio e a tentativi di personalizzazione. Compiute le sue scelte, scartati gli elementi di disturbo, individuata la caratteristica di maggiore soddisfazione, ogni mano porterà sulla tela, secondo lo spirito dell'artista, la sua porzione di scoperta pittorica.
Errata corrige
Per un banalissimo errore è stato travisato il senso di una affermazione nella rubrica "le tecniche pittoriche".
Dalla trentanovesima riga... "Veniamo a qualche esempio... alla fine del concetto esposto si deve leggere: "... alla resistenza del titanio è da considerare la sua non velenosità".
Nella rubrica "L'angolo della poesia" il testo milanese di Arcano è stato oggetto di una topica e di un errore nella sua parte finale, 36a e 37a riga, che ritrascriviamo esatte: "...perché denter de mi t'hoo perdonada maledisend el dì che l'ho() incontrada...".
Vedano i lettori sul n. 11 del mese di novembre 1982.
Anche noi, soci del Gruppo Sirio, anche i pittori che sono stati presentati su queste pagine sono riconducibili a una identificazione tramite un esame dello stile tecnico.
C'è chi tira il colore liscio liscio senza quasi mostrare rilevanze o spessore di pigmento.
C'è chi esegue velature, chi non interviene con alcun ritorno.
C'è chi dà una certa consistenza a tutta la superficie dipinta, altri applicano strati e strati di materia coloristica formando una densa crosta sporgente. C'è chi parte sempre e solo dalla tela bianca (... il fascino della tela bianca al mattino! diceva un grande pittore) che offre luminosità e si avvantaggia di quel leggero respiro tra cosa e cosa (dipinta) quando appunto non tutta la superficie vien ricoperta, tecnica questa che sempre era stata bocciata all'accademia, fino alla rivoluzione Impressionista.
Per lo più, comunque, i pittori che usano l'olio preparano il fondo con le tonalità preferite che giocherà un ruolo determinante sulla trama pittorica definitiva.
Qualcuno non si accontenta ancora, e vuol dare alla sua produzione un timbro ancora più vivido ed emotivo, e per realizzarlo cerca e trova nuove soluzioni.
Così ha fatto per esempio il pittore della nostra Zona, Sergio Giannini, di cui da tempo seguiamo amichevolmente, il percorso artistico, e del quale presentiamo l'opera intitolata "Primo pomeriggio" (Eposta con altri lavon allo Studio d'Arte 8I, Via Dante 79, Sesto S. Giovanni).
Al di là dell'evidente valore estetico, questo dipinto presenta dal punto di vista tecnico la caratteristica del leggerissimo rilievo sulla superficie, rilievo che dona all'insieme una vibrazione luminosa. La luce che scivola e si avvalla nelle infinitesimali ondulazioni del supporto, crea gradazioni mutevoli in uno stesso colore, che così esalta le sue possibilità di raccordo cromanco con i colori vicini, diventando quindi dinamico. Con questa tecnica i colori vivono una loro vita ancora più risonante di quanto già non facciano accostati "di piatto" come comunemente si fa.
Giannini ottiene questo risultato ricoprendo la superficie della tela con un impasto di materiale sabbioso e colla, in una proporzione frutto di sua attenta ricerca, ora è soddisfatto e sente così di poter esprimere quello che urge dentro di lui. Il suo Studio, in via Marghera 3, è aperto a chi volesse approfondire l'argomento. Il discorso sulla pittura ad olio non è che cominciato, verrà ripreso nelle prossime puntate, senza la pretesa di arrivare ad esaurirlo.
II Gruppo Sirio
Il fine dl questa rubrica è, oltre che divertire con un gioco di interpretazioni, quello di portare ad una osservazione più attenta e critica delle immagini che ci circondano e dl stimolo a "vedere" fotograficamente i fatti ispiratori. Pertanto invitiamo i fotoamatori della nostra zona (dal più scalcinati al più evoluti) a "visualizzare" le proprie Idee inviandoci le proprie opere con una breve descrizione di quanto volevano esprimere.
Pubblicheremo le foto eseguite di volta In volta seguite nel numero successivo dalla spiegazione dell'autore e/o da un commento di un esperto.
Vedremo poi, insieme, se. l'autore ha saputo rendere "l'idea" o se è stato interpretato In modo diverso.
II materiale, potrà essere restituito a richiesta all'autore dopo la pubblicazione, in caso contrario entrerà a far parte dell'archivio fotografico del giornale.
La foto del mese di Brusi
La foto precedente
Commentata da Sergio Magni del Circolo fotografico Milanese
La fotografia mostra probabilmente un ragazzino che, con una moto tipo cross, sta giocando oppure risalendo una riva dopo aver attraversato un torrente. Perché probabilmente? Perché il volto non si vede e restano quindi misteriose etàe sesso del motociclista, perché non si capisce se Facqua è un fiume, un torrente, un lago o una grossa pozzanghera, perché non è sicuro che la moto sia in movimento e non è certo che stia proprio per arrampicarsi lungo una riva.
Tutto ciò significa che Fautore non ha voluto darci delle informazioni precise e quindi la fotografia non appartiene al genere "documentario"; siccome mi sembra evidente che la fotografia non appartiene neppure al genere "artistico" non rimane che il genere "narrativo". Nelle fotografie di tipo narrativo Fautore coglie un fatto, uno sguardo, una testimonianza, un attimo, una situazione spiritosa, interessante, quieta, triste, drammatica, e di questa situazione ci dà la "sua" interpretazione, la "sua" storia, la "sua " verità.
Questa è la teoria: moltissime volte — ahimè — il fotografo incontra parecchie difficoltà a fare tornare bene i conti e così le foto restano un po' confuse e poco decifrabili; magari valide nelle intenzioni ma incapaci di trasmettere un "contenuto mentale" preciso che è in definitiva la motivazione e lo scopo di tutte le fotogyafie. Nell'immagine del sig. Boioli forse l'interesse è l'attimo di cquilibrio precario del motociclista che pare destreggiarsi tra la moto e i tre grossi sassi, oppure
"l'elemento acqua" abbastanza insolito in foto simili, oppure è l'intersecarsi grafico tra due triangoli, l'uno con i vertici formati dai sassi e l'altro con i vertici formati dalle mani e dalla ruota. In tutti i casi mi pare resti una foto di non facile lettura. Certamente Fautore conosce sempre moltissime cose che il lettore non può conoscere o questo fatto può fare sorgere polemiche del tipo "chi legge non capisce niente"; oppure "chi legge sa solo criticare", oppure ancora "vorrei vedere cosa avrebbe fatto lui al mio posto". lo non vorrei proprio che a questo punto il sig. Boioli si arrabbiasse con me; così facendo non risolverebbe infatti il problema di "farsi capire"chesta alla base di ciascun linguaggio e quindi anche della fotografia.
Faccio allora al sig. Boioli una proposta di pace che mi sembra interessante: invii a questa rubrica un'altra sua foto da lui ritenuta sicuramente di facile lettura. Rifaremo insieme un commento Io-
gico e pacato cercando un punto di sintonia che possa portare un piccolo contributo. A che cosa? Non certo all'essere foto-amatori per accontentare principalmente noi stessi; ma all'essere fotoamatori per accontentare anche noi stessi ma principalmente per cercare di farci capire e dialogare con gli altri.
e dall'autore
La redazione mi ha chiesto di fare un commento alla mia foto, ma lo trovo molto deicile e forse superfluo. Il motivo di questo mio click è stato per commentare visivamente un concorso di trial, in special modo di un ragazzino di 10 anni messo a gareggiare con validi piloti; quindi il mio obiettivo ha cer-
cato di colpire maggiormente le dcoltà che incontrava questo novello pilota nel percorso.
Queste difficoltà si notano nella differenza delle dimensioni della moto rispetto alle dimensioni del ragazzo; sono riuscito a dare queste impressioni?
Flavio Boioli
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...
milano 19 - pagina 14 dicembre 1982
Le
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tecniche pittoriche Restando in tema di pittura ad olio
Elio Borgonovo: il pittore delle case da ringhiera
Un severo monito alla società che costringe in un sottomondo le masse indigenti; attraverso la pittura un atto di accusa
Elio Borgonovo è un pittore figurativo, un immaginista; non è tra quelli che inventano.
Le sue sono immagini reali delle case, delle cose, del vivere della gente povera, delle persone semplici, della realtà dura.
Non mette l'accento di pateticità, rivela quel mondo che si vorrebbe ignorare e ne penetra l'essenza con la poesia gentile, col rigore della ncerca, col crepuscolare romanticismo della sua tavolozza, tessendo pazientemente le... sue tele.
Le vestigia della Milano antica, le vecchie case di ringhiera, i bui sottoscalà, gli interni disadorni, il minimo della logistica dei vecchi edifici come le latrine comuni, i lavelli sulle ringhiere, i panni stesi al prosciugo sulle corde a parallele multiple lungo tutto il ballatoio; ed ancora i muri scrostati, i tetti cadenti, le grondaie sbilenche.
Tra gli oggetti che completano queste visioni scope, pattumiere, secchi, catini, brocche, tinozze, pentolame, vecchie lampade, seggiole spagliate, sgabelli e molte altre cose.
Dicevo che Elio Borgonovo non parla in tono di pateticità; è un pittore sincero, sensibile; le vecchie case, le vecchie cose, gli oggetti umili sono gli elementi del suo discorso pittorico.
Vorrebbe che ciò che dipinge fosse soltanto il documento del passato;' si rammarica che ciò è invece una sopravvivenza di realtà in spregio al progresso, il retaggio della mancata ristrutturazione e costruzione di case, un atto d'accusa al blateramento e alle ciance di governanti e amministratori.
La pittura di Elio Borgono-
vo deve essere interpretata anche in questo senso; un monito severo verso questa società che costringe in un sottomondo le masse indigenti, ignorando il predicato di un pressante innovamento per un più moderno vivere.
Ricordo Elio Borgonovo quando alla fine degli anni cinquanta assieme ad un piccolo gruppo di pittori scorazzava per le strade di Milano; in rapidi schizzi tracciava sulla carta un itinerario pittorico: anguste vie, case diroccate, vecchi cortili, fumosi stabilimenti e nere ciminiere; spesso stilizzava ruderi umani, accattoni, vagabondi, zingari e prostitute.
Dal 1959 al 1963 con un gruppetto denominato "i pittori volanti" ha tracciato tutte le vie e le piazze del centro storico ed appoggiato un altro gruppo di pittori indipendenti unendosi a loro ed al promotore di queste artistiche e protestatarie adu-
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L'angolo della poesia)
Dal volume "La voce" Prima Edizione del Premio Nazionale di Poesia del Circolo Culturale Annamaura 1982 a cura del Centro Tipolitografico di Via Cufra 4, Milano, stralciamo alcune liriche che ci sembrano meritevoli di particolare attenzione. Di Giuliano Casonato, già segnalato dalle nostre pagine per il volume "Commensale della sera", autore particolarmente sensibile e recentemente inserito tra i vincitori del Concorso Nazionale Biennale di Poesia Religiosa "Premio Camposampiero" premiazione ufficiale P8 dicembre 82, pubblichiamo "Primo amore", che in quindici versi riesce a tracciare tutto un percorso di umanissimi sentimenti.
Primo amore
Il primo amore vero è stato un cane poi una serie ugualmente amata di cani
In seguito ho amato un gatto che somigliava a un cane e gli parlavo di me e degli altri cani
Anche donne ho amato con ingenuità di cane e mi hanno morso profondamente sottili denti di lupo.
Giuliano Casonato
Identità
nanze sino a quando fu concessa la via Bagutta come sede stradale di manifestazioni e mostre per due volte all'anno.
Per capire meglio l'animo semplice che asseconda la poderosa continua costruzione pittorica vi dirò che Elio Borgonovo è di fertile inventiva; seppe sfruttare i nuovissimi prodotti che la tecnica moderna di volta in volta offriva ed al tempo stesso mettere a bersaglio un prezioso numero di pezzi unici dipingendo su oggetti facenti parte delle sue visioni pittoriche; assi da lavare, doghe di tinozza, assi da polenta o taglieri da lardo; in parole povere ha creato una serie di "pittureoggetto" interessanti e di rara fattura e bellezza.
Lo scorso mese di novembre ha allestito la sua venticinquesima mostra personale presso il Centro d'Arte Rizzolino, in Vicolo Lavandai 6, nel più noto
angolo di Porta Ticinese, in quella affascinante atmosfera del Naviglio Grande così cara a tutti i milanesi ed ai pittori in particolare.
Personalmente sono dispiaciuto di non averne potuta dare tempestivamente la notizia, ma posso rassicurarvi che questa mostra è stata seguita dal pubblico e visitata dai molti amici e collezionisti in tutto il periodo, dal 3 al 14 novembre.
Il pittore Elio Borgonovo ha promesso di incontrarsi con i pittori del Gruppo Sirio in data da stabilirsi e di rivelare alcuni aspetti fondamentali della sua tecnica e delle sue esperienze di lunga escursione.
A lui, da parte mia e di Milano 19 un augurio per una continuità di successi e di soddisfazioni nella vita e nell'arte.
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Di Angela Tirrò Zoppi proponiamo "Identità" perché nella forza di una sola negazione riesce a far intuire compendio di delusioni.
Raccoglietemi stanca sulla riva della mia esistenza e datemi un nome che NON sia il mio.
Angelo Tirrò Zoppi
Un'ora fa
Della nostra corrispondente Doris Canetti sottolineiamo Io slancio lirico di questa folgorante rappresentazione di un addio.
Un'ora fa l'estate era ancora qui fiorita sulla mia pelle dal calore del sole e dalle tue labbra.
Il mare nasceva nuovo ogni momento dentro i nostri occhi avidi e insaziabili.
Il tuo volto il tuo cuore le tue braccia erano un giardino intorno a me.
Un'ora fa partivi ed io voltate le spalle al mare uscivo da un sogno e davo l'addio all'estate. Doris Canetti
Bocche mute
Terminiamo la trascrizione dal volume "La voce" con un brano che ci porta a una riflessione su una delle tante realtà della vita: "Bocche mute", dal X X X° Conv. Int. Sordomuti a Roma.
Bocche mute poveri fiori assetati di rugiada. Pianto senza conforto.
Mimo eloquente silenzioso colma lacune, ansie. Miracolo d'amore. Possedete la serenità nella pace del silenzio, perché silenzio è pensiero perché pensiero è VITA.
Lucia Poli
O.C.E. s.r.i. OPERA CULTURALE EDITORIALE cerca autori da valorizzare e pubblicizzare inviare poesie, canzoni o brani in Vi? Negroli 5 - Milano - Tel. 7385842 dicembre 1982 pagina 15 - milano 19
dalla prima pagina
che da quando sono stati ultimati i lavori (aprile 1980) questa struttura non è mai stata utilizzata.
A questo punto, alla luce dei fatti è d'obbligo la domanda: o non esisteva la necessità di una casa per studenti e perciò c'è stato un errore nella programmazione oppure per difficoltà economiche di gestione non è più stata presa in considerazione dal fruitore (la Cattolica) e neanche -- a quel che ci risulta da altre Università. Se è vero quanto abbiamo appreso e quanto affermiamo, perché allora non sono state ascoltate le diverse ipotesi di soluzione suggerite tra l'altro anche da Milano 19 come ad esempio la trasformazione in minialloggi per giovani lavoratori e anziani e/ o in servizi sociali come poliambulatori ecc.? A questo interrogativo non abbiamo mai avuto una risposta delle autorità competenti anche se ci rendiamo perfettamente conto che l'attuale Giunta comunale ha ereditato la questione. Ciò non toglie che è proprio a questa amministrazione che ci rivolgiamo perché la riteniamo sensibile a questi tipi di problemi. Chiediamo con forza una soluzione ottimale al più presto per questo modernissimo edificio perché esso non si trasformi in un ulteriore esempio di errata programmazione come alcune "cattedrali nel deserto", tanto per inten-
derci, dove si è solo sperperato il denaro pubblico. Questo non ce lo possiamo più permettere.
A. Crippa-L. Zagato
Tre metri
volto un appello allo IACP e chiedevamo una casa più gande per la famiglia di S. Siro. Proprio mentre il nostro ultimo numero veniva stampato, Luigi ha avuto un colloquio con il sig. Zaccaria funzionario IACP di zona che in seguito alla lettera di denuncia di Luigi pubblicata nel mese di settembre e dopo sollecitazioni del SUNIA di S. Siro ha offerto alla famiglia un cambio alloggi con un appartamento di soli 3 mq. più grande di quello nel quale abitano.
A prima vista, conoscendo i problemi della famiglia, una proposta del genere può sembrare solo una presa in giro, come può un appartamento ancora così piccolo migliorare le condizioni psichiche generali? Del resto, a quanto ci è stato riferito, il decentramento IACP non avrebbe potuto fare di più in quanto non è possibile fare un cambio alloggio da un appartamento piccolo a uno più grande. È possibile solo se due inquilini IACP di comune accordo decidono di scambiarsi gli appartamenti. Ma Luigi e la
sua famiglia riusciranno mai a trovare un inquilino disposto a venire a S. Siro in un appartamento più piccolo in uno stabile, al 40 piano, senza ascensore?
A questo punto visto che la situazione è completamente bloccata dalla burocrazia che non sa distinguere fra un caso comune e un caso particolarissimo e in attesa di una presa di posizione da parte della direzione IACP che Luigi e Milano 19 aspettano, è rimasta solo una cosa da fare: la richiesta da parte di Luigi di una nuova assegnazione come handicappato per un alloggio di 2/ 3 locali più servizi, assegnazione che date le particolari condizioni psichiche della famiglia, che anche noi abbiamo constatato, non può essere che sollecita.
Con ogni probabilità la direzione IACP ha qualcosa da proporre, aspettiamo qualche notizia invitando prima di una definitiva risposta, alcuni funzionari IACP a fare una visita alla famiglia di Luigi. Non c'è altro modo per rendersi pienamente conto della situazione! L.Z.
sa e che contribuisce ad obbligare l'IACPM a rivolgersi alle banche per avere in prestito il denaro liquido necessario alla sua gestione (stipendi del personale, pagamento dei fornitori e delle ditte appaltatrici di servizi, ecc.) ed ad assumersi l'onere di interessi passivi, il cui peso, ai tassi attuali, diventa pressoché insostenibile.
Che si debba risanare il bilancio dell'IACPM, recuperando tutto il recuperabile e bloccando il fenomeno della morosità per il futuro ci sembra fuori di dubbio, così come fuori di dubbio ci pare il principio che chi ha avuto in assegnazione una casa popolare (costruita con denaro pubblico e quindi di tutti i contribuenti), una volta stabilito quanto deve pagare secondo le sue possibilità, deve assolvere al dovere di pagare.
Precisato questo resta da verificare se l'organizzazione messa. in piedi per il recupero della "morosità" con corollario di
due dozzine di avvocati e pignoramenti (che pure, bisogna riconoscerlo, ha dato qualche risultato positivo, con il recupero, nella sola nostra zona fra gennaio ed agosto di circa un miliardo e trecento milioni di lire) sia il metodo giusto per risanare realmente la situazione. I dubbi sono più che giustificati.
Incominciamo dalla parola "morosità". Sotto questa voce ci sono tutti i crediti, piccoli e grandi, che l'I AC P M rivendica nei confronti dell'inquilinato.
Ci sono quindi somme che sono veramente "morosità" (ossia affitti e spese volutamente non pagati, in tutto od in parte, a volte da inquilini proprietari di auto di grossa cilindrata o di ville al mare, come è risultato da un'inchiesta recentemente condotta dal Comune di Milano), ma ce ne sono anche altre che non possono essere considerate tali e che rientrano nel contenzioso individuale e collettivo alimentato dalla a volte discutibile gestione dell'istituto (servizi mai o male erogati, manutenzioni non fatte, ritardi nel cambio di fascia agli effetti del reddito e quindi del canone).
gnatari) sin dall'aprile scorso aveva proposto di creare una commissione per il recupero della morosità in cui fossero presentati amministratori e funzionari dell'IACPM e rappresentanti dell'inquilinato. Questa commissione avrebbe avuto l'autorità di trattare tutti i casi individuali e collettivi arrivando a soluzioni realistiche e trasparenti, fuori dai sempre presenti pericoli di parzialità e di discrezionalità.
La maggioranza del Consiglio di Amministrazione dell'IACPM (esclusi il consigliere comunista ed i rappresentanti dei sindacati) respinse tale proposta, così mesi preziosi sono andati perduti senza affrontare costruttivamente, senza contrapposizioni ne pregiudiziali, una materia tanto accidentata quanto la morosità. Ora che le trattative tra IACPM e sindacati degli inquilini e dei lavoratori sono riprese c'è da sperare che la costituzione della commissione paritetica venga riesaminata e realizzata. Quale altro organismo, infatti, potrebbe dirimere vertenze collettive od individuali tra inquilini ed istituto, che a volte si trascinano da anni?
che per loro natura e per ovvie ragioni di ammortamento degli investimenti, dovrebbero funzionare il più possibile su tutto l'arco dell'anno e per questa ragione è importante che il servizio di acqua calda centralizzata continui anche durante l'estate.
E al corrente lo IACP di questi problemi? E il Comune ed il Consiglio di Zona 19 come pensano di muoversi per fare rispettare certe coerenze ed evitare interventi contradditori ed investimenti inutili, vale a dire sprechi di denaro pubblico?
Ci sembra che la logica dietro tutto questo sia sempre la solita: non volontà di programmazione. incapacità a co-
ordinare i diversi compartimenti stagni in cui si è venuta negli anni a configurare la macchina amministrativa, quando non addirittura la più o meno sotterranea volontà di non andare a toccare certi interessi precostituiti.
Ma chi paga tutto questo?
F. Frontini
TARIFFE 1983
abbonamenti annui:
ordinario L. 5.000
Sostenitore L. 10.000
Anche solo questo breve cenno alla complessità della situazione che viene confusamente riassunta nel bilancio dell'istituto sotto la voce "morosità" dice come una condizione puramente burocraticolegale del recupero difficilmente potrà raggiungere l'obiettivo di porre fine a questo fenomeno negativo. Del resto da come starebbero andando le cose sembra di avere già una conferma che la macchina messa in moto se riesce a portare in cassa alcuni crediti, non riesca ad impedire che la morosità continui in maniera tale da annullare i benefici ottenuti.
Il SUNIA (Sindacato Unitario Nazionale Inquilini e Asse-
Poi ci sono tutti i ricorsi, vecchi persino di cinque anni e mai esaminati, riguardanti cambi di fascia per i redditi, che interessano soprattutto inquilini anziani. Si pensa davvero di sistemare la situazione in via burocratica?
E le "morosità" che hanno radici nelle occupazioni abusive collettive ed individuali e che non sono poca parte dei 50 miliardi come si pensa di poterla recuperare? Nessuno, riteniamo, può pensare che ad una fetta consistente di questi occupanti abusivi possa far impressione un'ingiunzione di pagamento o di sfratto, allenati come sono a ben altre arroganze di cui l'occupazione abusiva di un alloggio è spesso soltanto un aspetto e non sempre il maggiore.
Buone Feste /11,1/4mbrosiana u t o ,iÄ Risparmio milano 19 - pagina 16 dicembre 1982
Casa Albergo Morosità MERCATO COMUNALE via CHIARELLI Gli esercenti del Mercato Comunale, nel ringraziare la Clientela per la fiducia espressa nei loro confronti, augurano a tutti BUONE FESTE NATALIZIE Nel frattempo invitano i compratori a RISPARMIARE approfittando delle sempre più frequenti OFFERTE SPECIALI Nuovo orario da dicembre: dalle ore 8,30 alle 13 e dalle 15,30 alle 19. Lunedì pomeriggio chiuso.