Rinasce peggiorato e indebolito il governo Rumor dopo lo sciopero del 27 febbraio
Mentre il nostro giornale va in macchina, il nuovo governo Rumor ha giurato nelle mani del presidente della Repubblica di servire la Costituzione e il popolo italiano.
Simile formula di giuramento sarebbe umoristica o addirittura grottesca se non si trattasse di un organismo tanto importante per la vita del paese.
Infatti, questo governo « a termine » (sicuramente non durerà molto dopo il referendum, qualunque sia il risultato di esso) nasce con due compiti primari:
affossare il più rapidamente possibile, dopo aver trovato un accordo sui due capri espiatori (on. Valsecchi e Ferri), lo scandalo dei finanziamenti avuti dai petrolieri negli ultimi sei anni, allo scopo di aumentare il costo dei prodotti petroliferi.
E la benzina è salita da 162 e 260 lire nel giro di sei mesi.
Arrivare, facendo dell'ordinaria amministrazione, al referendum per l'abrogazione della legge sul divorzio.
Referendum promosso da Gabrio Lombardi, Gedda e la parte più retriva dello schieramento ecclesiastico (le firme venivano raccolte in molte chiese, anche a Milano) ma voluto soprattutto da Almirante che vede attraverso questa battaglia, la possibilità di inserire il MSI nel gioco politico dal quale era stato emarginato dopo il giovedì nero (12
Aprile 1973, uccisione di un poliziotto da parte dei fascisti, in via Bellotti a Milano) e da Fanfani, che vede in questo scontro ingigantire le possibilità di divisione del quadro democratico e quindi un ulteriore passo verso la repubblica presidenziale da lui vagheggiata nel sogno di diventare il De Gaulle italiano al di là delle differenze abbastanza evidenti di statura fisica.
Certo che in queste condizioni la partecipazione del PSI al nuovo governo ha maggiore senso di cedimento e di compromesso (nel senso più deleterio del termine).
Anche perché la soluzione delle più importanti vertenze operaie che si stanno ottenendo in questo periodo aprono degli spazi per un'estensione della lotta in vista di grandi obiettivi unificanti che incidono sul livello di vita e il potere delle masse occupate e disoccupate.
E' molto importante e positiva la decisione del PCI di tornare ad una linea di opposizione netta nei confronti del centro sinistra.
Uno sviluppo coerente di questa linea favorirebbe la ripresa di un dibattito all'interno della sinistra, sulle prospettive della costruzione di una opposizione politica e sociale al potere borghese.
Resta però da sviluppare una strategia di offensiva che consenta al movimento operaio di esprimere una risposta anticapitalistica, e di alternativa alla DC, seria e positiva nel quadro della crisi economica e della aggravata involuzione istituzionale.
NO DI PILLITTERI (Psdi) Al SERVIZI SOCIALI NEI QUARTIERI
Concesse due licenze edilizie, contro il parere del Consiglio di zona 10, a Galimberti e a Condor
Scuole e servizi sociali nella nostra città non servono, oppure sono più che sufficienti!
Questo, per lo meno, sembra essere l'illuminante parere del Comune, visto che in questo periodo, tramite l'assessore socialdemocratico Pillitteri, continuano ad essere concesse licenze edilizie per la costruzione di case di lusso su aree che il minimo buonsenso (oltre che il parere del Consiglio di Zona, che
Milanodieci febbraio 72 pag. 2) avrebbe consigliato di destinare a servizi sociali.
Una di queste licenze ha dato la possibilità agli speculatori della « Condor » di mettere finalmente gli artigli sull'area di via LeoncavalloConegliano.
Eppure già da due anni i lavoratori della zona avevano espresso decisamente la volontà di sottrarre questa area alle mire della speculazione edilizia per destinarla alla costruzione di una scuola o di un asilo. Tale volontà si era concretizzata in azioni dirette e clamorose quali assemblee popolari, occupazioni dell'area, con l'organizzazione di giochi per bambini e raccolta di firme per il suo utilizzo pubblico.
Proprio questa pressione popolare aveva spinto il Consiglio di Zona 10 a esprimere, per ben tre volte, parere sfavorevole alla richiesta di costruzioni di case di lusso e ad includere l'area di via Leoncavallo tra quelle che nel suo più generale piano di ristrutturazione della zona dovevano essere destinate a servizi sociali, che la situazione del quartiere richiede urgentemente.
Infatti, se prendiamo in considerazione il territorio compreso tra piazzale Loreto, via Porpora, via Padova e la ferrovia, notiamo che vi abitano, all'incirca, 60.000 persone con i maggiori indici di affollamento riscontrati nel tratto compreso tra via Padova e via Leoncavallo.
A questo elevato numero di abitanti corrisponde un elevato indice di affollamento nelle aule scolastiche: si pensi che nel '73 le statistiche davano una media, nei tre tipi di scuole dell'obbligo (materne, elementari e medie), di 35 alunni per classe. Alla scuola elementare Tito Speri si è tentato di risolvere il problema dell'affollamento costruendo delle aule prefabbricate nel cortile, ma questa operazione non è valsa ad eliminare, come si è visto lo scorso anno, i doppi turni.
Quest'anno, poi, si è ricorsi all'espediente di sopprimere l'attigua scuola per cartellonisti onde assegnare quelle aule alla scuola dell'obbligo: nonostante ciò si sono sì eliminati i doppi turni, ma si è aumentato nuovamente l'affollamento.
Per quanto riguarda, poi, la scuola materna, si assiste ormai da un paio d'anni al triste spettacolo dei « bambini pendolari » costretti ad essere trasportati ogni mattina in asili dall'altra parte della città, a causa dell'insufficienza di quelli esistenti nella nostra zona.
Infine, come tutti sanno, nel nostro quartiere, manca il Centro Sociale, un pronto soccorso, cose essenziali in qualsiasi paese che voglia chiamarsi civilizzato.
Il Centro sociale potrebbe essere una forma di alternativa alle squallide serate passate davanti alla televisione ed al bar a dir stupidate. D'altra parte sono 15 anni che in zona non si costruisce una casa popolare, non solo, ma le case dei proletari vengono volutamente lasciate andare in rovina per poterle abbattere e poterci costruire al loro posto case di lusso. E' quello che è stato fatto alle case che sorgevano appunto sull'area di via Leoncavallo, è quello che viene fatto con tutte le case vecchie di via Fanfulla, Chavez, Arquà, ecc. che, nella testa dei padroni, sono destinate alla stessa sarte.
Ora è ovvio che a questo punto, o si hanno i soldi per andare a spendere 60-70.000 lire, per due stanze con servizi, di fitto mensile o ci si organizza per lottare tutti insieme e contrastare fin da ora il piano dei padroni. E' per questo che nei giorni 9 e 23 marzo un gruppo di abitanti del quartiere si è ritrovc.to sull'area Leoncavallo per ricordare al Comune gli impegni presi e per far capire ai padroni che non possono più pensare di fare e disfare a loro piacimento ma che anche noi esistiamo e siamo capaci di farci sentire.
Vogliamo che la licenza edilizia venga revocata, che tutte le aree libere del quartiere, come quella di via Padova 25 vengano destinate ad uso pubblici per costruire quei servizi che ci sono necessari e che infine tutte le case proletarie del quartiere siano rimesse in ordine perché siano abitazioni decenti per i lavoratori stessi che già ci abitano.
Nel numero di marzo avevamo pubblicamente posto all'Assessore PiIlitteri (Edilizia privata, subentrato dopo la crisi di 4 mesi, al socialista Baccalini) una precisa domanda per quanto riguarda l'area di via del Ricordo angolo via Cascia, sulla quale il nostro « benefattore » Galimberti ha iniziato i lavori per la costruzione di una casa di lusso, infischiandosene (lui fa il suo lavoro, no?) della mancanza di servizi sociali e di case con affitto popolare nel quartiere.
FINORA NESSUNA RISPOSTA.
Se ciò fosse semplicemente causato dal fatto che l'Assessore non abbia ricevuto il nostro giornale di marzo (ma l'abbiamo consegnato a mano alla sua segretaria) ci premureremo di spedirglielo con questo di aprile a mezzo raccomandata. Il fatto (la concessione della licenza) è gravissimo, non solo perché si permette ancora al Galimberti di costruire case di lusso mentre i servizi sociali e le case popolari sono completamente assenti nel quartiere, ma anche perché la licen-
za edilizia era stata per ben tre volte bocciata dal Consiglio di zona, spinto a ciò dalle masse dei quartieri interessati. E l'assessore Pillitteri non può prendere sotto gamba queste indicazioni.
Da ultimo la licenza edilizia concessa è al di fuori delle norme legali stabilite il 20 dicembre u.s. dal Consiglio Comunale, il quale vieta il rilascio delle licenze di costruzione per tutte quelle aree che il vecchio Piano Regolatore destina ad altri usi, diversi da quelli dell'edilizia privata.
Ora l'area di via del Ricordo angolo via Cascia è di queste aree e quindi è chiaro che l'Assessore deve revocare la licenza.
E' ora di finirla con questo saccheggio di aree a vantaggio dei soliti speculatori.
Sabato 23 e domenica 24 marzo una manifestazione di cittadini si è avuta davanti all'area di via del Ricordi, per protestare contro tali sopraffazioni.
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VOTARE « NO » AL
REFERENDUM
a pag. 4-5
PROSSIMA DELEGAZIONE
DA BONATTI
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LA NUOVA LEGGE
SUL LAVORO A
DOMICILIO
Lire 100 Anno 60 Ä II PERIODICO MENSILE DELLA ZONA io N. 4 Aprile 1974 Ä 11111011001eCI
Un'altra area, già alberata, che il Comune non vuole dare al quartiere.
CONDOR ha cominciato a costruire.
C.D.Q. Leoncavallo
L'area di via Leoncavallo-Padova dove
NOTIZIE DAL QUARTIERE
Don Ghinelli risponde al nostro direttore ma ...
Don Ghinelli, prevosto della Parrocchia di Turro e cappellano delle Suore, autore di una lunghissima, indignata lettera a proposito del nostro articolo su « Ville Turro », ha così risposto al nostro direttore, dopo la pubblicazione « Ville Turro, don Ghinelli e le suore » del febbraio:
Egregio signor Direttore, ho ricevuto ieri pomeriggio il numero di febbraio di Milanodieci.
Ringrazio chi me lo ha inviato e lei che ha fatto pubblicare il mio articolo.
Da parte mia le faccio pervenire quanto ho pubblicato sul bollettino parrocchiale.
Ho letto la sua risposta: davvero parliamo due lingue diverse. Non è che a me non stia a cuore la sorte di chi lavora; solo non potevo permettere che le suore continuassero ad essere ingiusto bersaglio di velenose accuse.
Anche se l'incontro richiesto verteva per me su un altro tema, non mi dispiacerebbe un incontro amichevole con lei proprio sul tema da lei prospettato.
Con ossequi.
Milano, 9 marzo '74
Don Domenico Ghinelli
Da parte nostra, oltre ad invitare don Ghinelli a non scivolare troppo facilmente sulle responsabilità nei confronti dei lavoratori, Sue (di cappellano a Ville Turro per 30 anni) e dell'organizzazione ecclesiastica di cui fa parte, Lo pregheremmo di pubblicare sul Suo bollettino parrocchiale la nostra risposta alla Sua lettera. Ci appelliamo anche noi alla Sua onestà di uomo. Non comprendiamo infine il motivo di un incontro « privato » e non pubblico sulle nostre divergenti valutazioni.
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ANNO VI - n. 4 - aprile 1974
Periodico mensile della Zona 10
Direttore responsabile: Giovanni Manara
Direzione - Amministrazione
Via Caroli 8 20128 Milano Tel. 25.90.839
Stampato presso la Tipografia
Grafo Press-via Val Bregaglia 4 Milano - tel. 40.45.496
Registraz. N. 192 - 11 Maggio
1970 presso il Trib. di Milano
Abetinahandicappati
Nel Centro di bambini handicappati di via Adriano 20, continua il . lavoro di inserimento e di contatto con le scuole elementari di zona, con risultati sorprendenti. Ogni settimana tre classi del Centro handicappati si incontrano rispettivamente con due classi della scuola di via Brambilla, di via Venini e di Lambrate, e in questa occasione svolgono attività espressive (musica, pittura, drammatizzazione) in comune. E' facilmente comprensibile come un'esperienza di questo genere sia fondamentale in quanto esempio della possibilità di inserire i bambini handicappati nelle strutture normali, e come d'altra parte esso richieda un impegno sempre più vasto e continuo degli educatori del Centro e degli insegnati della scuola. E proprio mentre una esperienza così indicativa va avanti nell'ambito di un lavoro più generale di recupero anche sociale di questi bambini, si cerca di colpire i lavoratori del Centro, e l'iniziativa portata avanti da loro, danneggiando di conseguenza i bambini stessi e le loro famiglie. Le richieste di nuove assunzioni di personale educativo sono state bloccate; non è stato più inviato alcun bambino al Centro, mentre si sa benissimo che sono centinaia i bambini che aspettano di ricevere una qualche assistenza, anzi che da anni attendono, segnati nelle liste di attesa dell'assessorato all'assistenza: ma le stesse liste non vengono rese pubbliche nonostante le ripetute richieste dei lavoratori e dei genitori del Centro, nonché degli organismi della zona che si interessano al problema. Lo stesso Assessore alla assistenza, Valentini, ha poi chiaramente affermato di fronte ad una delegazione di genitori e di operatori, che i bambini segnalati in queste liste saranno inviati addirittura negli istituti chiusi (come il tristemente famoso Cesano Boscone), perché così « costeranno meno alla amministrazione pubblica ». Mentre quindi da un lato si porta avanti una iniziativa di reale recupero e di reale inserimento di questi bambini nelle scuole e nelle strutture normali, dall'altra l'amministrazione pubblica competente decide il taglio del bilancio, la canalizzazione dell'assistenza ai bambini nel settore privato privilegiando un'assistenza legata agli interessi di grossi istituti religiosi e privati a tutto discapito dell'intervento decentrato, pubblico, fatto nel luogo di provenienza degli utenti. Denunciamo pertanto come lavoratori e come operatori del settore questo tipo di manovra, e chiediamo l'adesione dell'opinione pubblica della zona in difesa del nostro lavoro, del significato che esso assume nella lotta contro l'emarginazione e contro ogni forma di segregazione. Inoltre come dalla Società Azioni
lavoratori dipendenti Abetina (Società per che gestisce quasi tutta l'assistenza comunale), evidenziamo il grave stato di disagio in cui ci veniamo a trovare in questo momento: sono state bloccate tutte le assunzioni (come già detto sopra), e il contratto firmato nel giugno 73 non è stato ancora applicato. E' chiaro come tale stato di cose venga a pesare non solo sui lavoratori ma anche sugli stessi utenti e come sia necessario sbloccare al più presto questa situazione e garantire la continuità del servizio nei termini e nei modi richiesti dai lavoratori e secondo le esigenze obiettive dei bambini che frequentano il nostro Centro.
I lavoratori dell'Abetina via Padova
L'Ospedale Bassini verrà trasferito a Cinisello; in Via Ricordi rimarrà soltanto il pronto soccorso?
Con tutto il bisogno di posti letto che c'è a Milano e nella nostra zona, che è una delle più popolate, un altro ospedale verrà trasferito. Si tratta dell'ospedale Bassini che, pur essendo piccolo, con i suoi 200 posti, poteva servire un pochino anche la nostra zona, sempre in attesa dell'entrata in vigore del piano ospedaliero regionale. Verrà invece portato a Cinisello in base al piano ospedaliero regionale. Infatti questo piano, che non riesce ad andare in porto per una serie di resistenze soprattutto da parte dell'ordine dei medici, prevede l'ospedale di zona adeguato alle esigenze dei suoi abitanti, sia dal punto di vista quantitativo (numero di posti letto in rapporto alla popolazione della zona, al loro indice di ricoverabilità) che dal punto di vista qualitativo (le attrezzature, i reparti dovranno essere in proporzione al tipo di paziente che con maggiore frequenza può aver bisogno delle cure ospedaliere).
Ma intanto il piano ospedaliero regionale tarda ad andare in vigore, la nostra zona sarà privata di un ulteriore servizio senza prospettive di ricambio e di soluzione. C'è chi dice che in via Ricordi qualcosa rimarrà, sicuramente il pronto soccorso e, forse, anche la chirurgia e l'ostetricia.
Il guaio è che queste ultime voci seiriprano invece contraddette dalla gravità della situazione interna al Bassini e dall'atteggiamento della Direzione dell'ospedale che, per mancanza di fondi, minaccia di chiudere e di licenziare i dipendenti. Non è difficile credere alla direzione sul fatto che manchino davvero i soldi, per far fronte alle spese dell'ospedale e per pagare i dipendenti: sappiamo benissimo che le mutue sono molto lente a pagare, che pagano al di sotto delle effettive spese che l'ospedale sostiene. Ma intanto una soluzione, seppur temporanea, va trovata. In attesa sempre di quella benedetta riforma sanitaria di cui si parla fin dal '68 e che, con tutti quei bei governi che ci ritroviamo, non va mai avanti. (E pensare che, con tutto il parlare che si fa di diminuire la spesa pubblica dello Stato, questa riforma, eliminando tutti quegli enti mutualistici che speculano sulla salute dei cittadini, eliminando molti enti ospedalieri privati e realizzando una effettiva uguaglianza nella qualità delle prestazioni date ai degenti, porterebbe ad una diminuzione della spesa pubblica sanitaria e ad un miglioramento del servizio ospedaliero italiano. La scusa che le riforme costano non tiene: questa è una riforma che oltre a non costare, fa risparmiare allo Stato ed al lavoratore).
Va trovata una soluzione temporanea alla crisi del Bassini, se non altro in attesa che partiti e sindacati si trovino d'accordo nel portare alcune modifiche al piano ospedaliero regionale (un effettivo decentramento della gestione degli ospedali di zona, con collegamenti nelle fabbriche e aperta ai cittadini) e che questo possa, finalmente, andare in porto con una programmazione precisa dell'ospedale da impiantare in zona.
Via Ponte Nuovo 5 e via Tanaro 4: il padrone di casa specula anche sull'antenna TV
I padroni di casa hanno molta fantasia quando devono aumentar& le spese dell'affitto. In via Ponte Nuovo 5 e Tanaro 4, per esempio, l'amministrazione dell'ospedale di Circolo di Desio, proprietaria degli stabili, ha presentato agli inquilini una spesa esorbitante per l'impianto dell'antenna centralizzata. Ma partiamo dall'inizio della storia. Gli stabili in questione sono due modesti edifici, abitati da gente che vive esclusivamente del proprio lavoro e da pensionati; gente che ha perciò il diritto di vivere in una casa decente ad un affitto giusto, proporzionato al proprio salario. Dello stesso parere non è il padrone che, trovatosi in questi anni nell'impossibilità di aumentare l'affitto, ha trascurato la manutenzione dello stabile, soprattutto nella sua parte interna (scale, androne, tetti, cortile) suscitando la protesta degli inquilir- ni.
Due anni fa agli abitanti era stato proposto di applicare un'antenna centralizzata con la quale si poteva vedere il primo e il secondo programma televisivo ed in più le trasrnis:sioni della tv svizzera. L'amministratore aveva raccolto per iscrit-
Linea «46» e servizio autobus per il cimitero di lambrate
E' ormai più di un anno (1 febbraio 73) che la linea « 46 », di collegamento fra la via Ponte Nuovo e la stazione metro?olitana di Gorla è :n funzione.
La fase sperhientale si può dire abbondantemente superata ed ha fatto emergere quello che forse si sapeva già in partenza e cioè che la linea « 46 », essendo linea di collegamento fra il quartiere e le linee metropolitane, serve soprattutto i cittadini che devono recarsi al lavoro. Per cui è chiaro che, nelle ore di punta, c'è l'esigenza di un servizio più serrato (magari con DUE autobus che non facciano sosta al capolinea di Gorla) mentre durante la giornata il servizio potrebbe continuare con un solo autobus con gli orari e i ritmi attuali.
C'è poi il problema delle ore serali e della domenica in cui i cittadini del quartiere che devono servirsi della metropolitana per portarsi verso il centro non sono molto ben serviti dalle linee «44» e «53» che arrivano spesso dopo oltre 20 minuti l'uno dall'altro. Crediamo quindi di interpretare il desiderio dei cittadini chiedendo all'A.T.M. ed all'Assessorato trasporti del Comune l'estensione del servizio della linea « 46 » fino alle ore 24 e per tutta la giornata della domenica.
Ci è pervenuta anche la richiesta, che noi facciamo dalle pagine del giornale, di un miglioramento del servizio trasporti domenicali per il cimitero di Lambrate.
Questo potrebbe aversi, a nostro avviso, se, oltre al mantenimento del servizio speciale per il cimitero di Lambrate che fa capolinea in via Astico, si ottenesse il prolungamento della linea automobilistica
« 55 » dal capolinea di via Feltre al cimitero di Lambrate. In questo modo gli abitanti del nostro quartiere potrebbero raggiungere più facilmente « Lambrate » anche prendendo la linea « 55 » in piazzale Udine (raggiungibile o con la « 53 » oppure con la metro 2).
to il parere favorevole di tutte le famiglie dei due stabili, preventivandone a voce una spesa minima che ha trovato tutti d'accordo. Per due anni però, agli inquilini non è stata presentata nessuna spesa da mettere in relazione all'installazione dell'antenna. Nel frattempo, visto l'abbandono in cui il padrone manteneva gli stabili, gli inquilini chiedevano l'intervento del Comune che, con un'ordinanza del dicembre scorso, obbligava l'amministrazione ad eseguire i lavori di restauro e di manutenzione urgenti, vale a dire il rifacimento del portone, l'imbiancatura dell'androne e delle scale. Di questi lavori, per ora, non si vista la minima traccia, se si esclude la rimozione del portone d'ingresso, che non è stato però rimpiazzato con uno nuovo permettendo a chiunque di entrare! Come se non bastasse, al quarto piano di Ponte Nuovo 5, le famiglie che usufruivano di un ampio balcone si sono viste abbattere i muri divisori creando del disagio ed accrescendo l'insicurezza degli appartamenti. Ora, a due anni di distanza, riappare la storia dell'antenna, ed ogni tamiglia deve pagare ben 37.000 lire, cioè 17.000 in più del preventivo. Questo non può essere accettato dagli inquilini che accusano il padrone di essersi approfittato della loro buona fede, concordando a parole un prezzo che, a fatti compiuti, è risultato quasi il doppio. Ma il padrone si sbaglia se crede di avere chiuso la partita a suo favore perché prima di riscuotere tutta la somma deve rispondere a queste domande degli inquilini: primo perché il costo così alto dell'impianto (eseguito nel 1972) non è stato confermato da altre ditte specializzate interpellate dagli inquilini nel 1974? secondo perché nella spesa dell'imopere murarie che rimangono patrimonio dell'abitazione, e perciò del padrone a cui spetta l'onere di pagarle? terzo perché solo dopo due anni il padrone si è deciso a presentare la spesa agli inquilini?
Le 80 famiglie che abitano i due stabili intanto si mobilitano perché il padrone rispetti i tempi entro i quali il Comune li obbliga a compiere i lavori di restauro e perché non possono tollerare che, anche nella questione dell'antenna televisiva, subiscano delle ingiustizie pagando più di quanto a loro spetta.
C.U.Q. Ponte Nuovo Franceschi Gorla
pag. 2 - aprile 1974 quartieri milanodieci
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12 MAGGIO: REFERENDUM
Come e perchè votare «NO»
(Scheda di votazione per il referendum previsto dagli articoli 75 e 132 della Costituzione)
REFERENDUM POPOLARE
per l'abrogazione della legge n. 898
Approvate l'abrogazione della legge l dicembre 1970 n. 898, sulla disciplina dei casi di sciogli mento di matrimonio?
VOTARE « NO » PER VINCERE UNA BATTAGLIA DI LIBERTA1
Dite sì come il giorno delle nozze »: ecco lo strillo degli antidivorzisti. E' una trovata pubblicitaria che sa di « carosello », brillante (si fa per dire) e squallida come la pubblicità del dado per brodo o della cera per pavimenti. E d'altronde che altro possono fare democristiani (e fascisti) per vincere una battaglia come questa del referendum, se non mescolare terroristici richiami all'ordine con un po' di zucchero sentimentale, il tutto sorretto da un robusto » apparato organizzativo e finanziario?
Il 12 maggio prossimo, 38 milioni di italiani saranno chiamati a pronunciarsi sull'abrogazione, oppure, sulla conservazione della legge che regola i casi di divorzio, approvata dal Parlamento nel 1970.
Per votare NO all'abrogazione (parola di origine latina che significa abolire) del divorzio, si dovrà tracciare una croce sulla parola NO cosi, come nel facsimile di scheda, riportato in questa pagina.
Perché noi di MILANO 10 chiediamo ai cittadini, alle donne in primo luogo, ai lavoratori, ai giovani di votare NO?
Lo chiediamo, perché consideriamo la legge sul divorzio una conquista civile dei cittadini, così come lo è stata la conquista della Repubblica nel 1946, l'approvazione della Costituzione, e lo Statuto dei lavoratori.
Perché innanzi tutto questa legge permette ad una minoranza di cittadini che , ha vissuto una penosa esperienza matrimoniale di rifarsi un nuovo nucleo familiare, per vivere normalmente, come tutti! Permette di sciogliere il vincolo civile del matrimonio, dopo cinque o sei anni di separazione legale e non ogni qualvolta ad uno ne viene il capriccio, come gli attori americani. Diciamo: la legge permette, non obbliga. Significa cioè che il mantenimento di questa legge non obbliga le famiglie che vivono in armonia, a sciogliersi, come lasciano credere, per spaventare la gente meno informata, quelli che vorrebbero l'annullamento di questa legge.
Perché questa legge permette di tutelare anche giuridicamente i figli nati dal matrimonio, poi, in seguito fallito, attraverso le decisioni del Tribunale e a sistemare anche i figli nati dalla seconda eventuale unione.
Perché non è vero che l'approvazione di questa legge abbia distrutto la famiglia. Anzi, il numero delle richieste di divorzio, è diminuito ogni anno, in tutta Italia. Questo è un dato statistico illustrato dal Procuratore Generale della Cassazione Mario Stella Ricter. E questa verità è stata riconosciuta anche dall'on. Piccoli, presidente dei deputati democristiani.
Siamo infine contro l'abolizione del divorzio, perché agli uomini che hanno scatenato questa campagna per il referendum, non importa nulla del divorzio( tanto più che diversi di loro, anche perché sono molto ricchi, hanno fatto ricorso al Tri-
bunale della Sacra Rota, per sistemare le questioni familiari che li riguardano. La figlia dell'on. Pella, ad esempio, dopo sei anni di matrimonio, ed avere messo al mondo una figlia, ha ottenuto l'annullamento perché, secondo quei giudici, il matrimonio non era stato consumato, a causa dell'impotenza del marito) ma lo hanno fatto per creare un clima di guerra religiosa nel paese, per rompere l'unità dei lavoratori e minare la forza del movimento operaio e popolare. Al sig. Gabrio Lombardi, promotore del referendum non interessa nulla se il sig. Brambilla, separato dalla moglie da otto o dieci anni, che vive con un'altra donna, da cui ha avuto affetto e figli, non potrà, sistemare la sua situazione familiare legalizzare il nuovo nucleo che ha costruito. Basterà dire che è il fratello dell'ing. Lombardi, presidente della Confederazione degli industriali, per capire quali sono gli interessi reali che lo spingono in questa battaglia. Oppure il prof. Gedda, presidente dei Comitati Civici (quei comitati che durante la campagna elettorale del 1948, affiggevano manifesti con lo slogan: « Nella cabina elettorale, Dio ti vede, ma Stalin no! »). Oppure Almirinte, segretario nazionale del M.S.I., ex membro del governo della famigerata repubblichetta di Salò; che nel 1944 firmava gli editti che incitavano alla fucilazione dei partigiani!
Questi sono gli uomini che più degli altri hanno tramato per questo Referendum, come se in Italia, in questo momento, non ci fossero tanti problemi e anche molto preoccupanti specialmente per la gente che vive stentatamente del proprio lavoro. Il vertiginoso aumento del costo della vita, ad esempio. Oppure l'inquinamento antidemocratico dei corpi separati dello stato. La corruzione, intrisa di petrolio e di altro della classe politica che dirige la nazione e anche la nostra città (vedere contributi della Montedison al sig. Colombo dirigente della D.C. all'avv. Nencioni dirigente del M.S.I.). Chissà perché i potenti accomunano sempre questi due partiti nelle loro sostanziose elargizioni di, miliardi?!
Queste sono alcune delle ragioni per cui noi di MILANO 10 chiediamo ai cittadini di votare contro questa gente, per avere un paese più moderno e più civile.
Ecco perché chiediamo di votare: NO ALL'ABROGAZIONE DELLA LEGGE.
Comunque anche alla democrazia cristiana la battaglia del referendum impone di parlare della famiglia, della vita quotidiana, dei rapporti fra gli esseri umani, dei figli. Ne deve parlare proprio nel pieno di una crisi economica, sociale e politica che pesa sui cittadini in maniera sempre più evidente e insopportabile, nel momento di massimo sfacelo e di massima corruzione di tutte le istituzioni dello Stato: dallo scandalo del petrolio, alle infinite piste nere ». Con che faccia quindi la DC, per di più a braccetto con Almirante, può lanciarsi e proporre soluzioni che allevino in qualche modo la fatica, la solitudine, le lacerazioni fra gli individui anche alll'interno
della famiglia, quando proprio lei è la causa di questo sfacelo nel paese?
Ma la d.c. sa presentarsi con questa faccia di bronzo: non sarebbe la prima volta! Oggi imposta la campagna sul referendum lanciando proclami contro la delinquenza, cercando di far intuire agli italiani che siamo sull'orlo del precipizio, indicando la scuola (soprattutto quella milanese) come il luogo della violenza e dell'illegalità. In questo modo la d.c. mostra che la battaglia contro il divorzio rientra nello sforzo che ogni cittadino deve fare contro il disordine, anzi che è una delle ultime occasioni per fermare il caos e dare stabilità alla nazione. Non altrimenti fecero nel '53 con la legge-truffa: essi sono la causa di tutti i nostri mali (coi loro 25 anni di malgoverno, di immobilismo, di corruzione) eppure hanno sempre la faccia tosta di presentarsi come i nostri salvatori. Ieri chiedevano la maggioranza assoluta al parlamento, attraverso una truffa elettorale, per poter agire indisturbati e praticamente senza opposizione, ma sotto il pretesto di governi stabili; oggi, hanno il coraggio di presentarsi a braccetto con Almirante, quali garanti dell'ordine, per
l'abrogazione di una legge che tutela la libertà del cittadino, che mette in crisi l'ipocrisia della famiglia così come attualmente si presenta. Quale tipo di ordine la d.c. poi garantisca è facile intuirlo da coloro con cui va a braccetto!
Come battere questo disegno? Il movimento presente nelle fabbriche e nelle scuole (ed anche in misura minore nei quartieri) ci dà delle precise indicazioni.
Dal '69 ad oggi il movimento è cresciuto su obiettivi e forme organizzative che minano tutto l'assetto istituzionale del potere, si è qualificato attraverso le lotte per l'egualitarismo, per la valorizzazione dell'assemblearismo e dei consigli di fabbrica, contro l'isolamento delle lotte e contro ogni tipo di gerarchia, contro la repressione delle istituzioni, contro ogni delega al potere di organizzare il lavoro, lo studio, la vita di tutti.
Questo è l'esempio che bisogna seguire. Per battere la democrazia cristiana, alleata dei fascisti, sul referendum, non basta dire NO all'abrogazione della legge sul divorzio. Bisogna già fin oh ora organizzarsi e battersi contro i suoi disegni reazionari, portando avanti le lotte in ogni settore contro il modo di produrre, di consumare, di pensare, di vivere imposto da questa società. In questo senso ha valore il nostro continuo richiamo a mobilitarsi contro il tipo di organizzazione del territorio, contro il m'odo di gestione della scuola, nei nostri quartieri. Perché se davvero rinunceremo a questo tipo di lotta e subiremo il meccanismo di questa società che annulla l'uomo, lo riduce a macchina e a numero, allora non si salva neppure la famiglia, perché questa sarebbe niente ,altro che la tana dove l'uomo represso e svuotato cercherebbe di rifugiarsi e di scaricare le proprie tensioni ed insoddisfazioni su altri oppressi, la donna in particolare. E non sarà mica questa la famiglia che si vuol a tutti i costi difendere? Crediamo invece che soltanto in una società rinnovata dalla nostra lotta la famiglia possa assumere i suoi connotati più reali, di luogo di comunione, di collaborazione, di reciproca stima.
DITE SI' AD UNA FAMIGLIA NUOVA IN UNA SOCIETA' NUOVA.
DITE « NO » ALLE MANOVRE REAZIONARIE DI FANFANI E DI ALMIRANTE!
SI milanodieci referendum aprile 1974 - pag. 3
auto divorzio si deve fare! Abbonatevi OD all'abrogazione a milanodieci
CHIESTO
Con lettera in data 11 marzo abbiamo chiesto all'Assessore Bonatti un incontro con una nostra delegazione di genitori e cittadini del quartiere per verificare se la procedura relativa alla costruzione delle scuole in via Cesalpino prosegua con la dovuta celerità e per chiarire a fondo la questione del nuovo ponte sulla Martesana, messo ora in discussione (e te pareva che non ci fosse qualche inghippo) dall'Ufficio Tecnico Erariale. Come si sa, per ciò che riguarda le scuole materna, elementare e media da costruirsi in via Cesalpino, la Regione ha varato, dopo tre mesi di perdita di tempo, il decreto di indifferibilità ed urgenza delle opere ed ha nominato il tecnico che deve fare gli atti di consistenza sull'area in questione nella persona dell'ing. Duca.
Al momento attuale quindi la « palla » è ancora rilanciata all'Assessore Bonatti che dovrebbe quanto prima mettere in condizione l'Assessorato Lavori Pubblici della Regione di emettere l'altro decreto, quello più importante e decisivo: quello di OCCUPAZIONE D'URGENZA
Dopo questo decreto l'Assessore Bonatti dovrebbe indire la gara d'appalto e poi finalmente dovrebbero iniziare i lavori.
Ma noi non ci facciamo illusioni.
Dopo tanta lotta, abbiamo sperimentato tutti gli imbrogli dei nostri amministratori (ne diamo un resoconto) e non ci meraviglieremmo più di niente.
CHIAMIAMO PERO' TUTTI I CIT-
TADINI ALLA MOBILITAZIONE SE
NON VOGLIONO VEDER PROLUNGARE A DISMISURA LE LORO GIUSTE ATTESE! Tanto più che poco tempo fa l'Assessore Bellini (d.c.), quello dell'Educazione e dello Sport, in sede di Commissione Scuola del Consiglio Comunale ha fatto intendere che non ha nessuna intenzione di mettere presto in cantiere la nostra scuola.
Ebbene, noi non vogliamo ricordare all'Assessore Bellini quello che ci disse in due assemblee di quartiere a proposito dei tempi della nostra scuola, perché tutti sanno che gli assessori della nostra Giunta sono « ballisti » per professione (sono lì per la loro ambizione, non per risolvere i problemi reali della popolazione).
Vogliamo dirgli coi fatti che ce la metteremo tutta per contrastare i suoi piani anti-popolari e che la nostra vittoria, come quella di tanti rioni popolari, porrà in crisi la politica di presa in giro portata avanti da lui, dai Borruso, dai Bonatti, Pillitteri, Cannarella ecc. Per questo motivo abbiamo innanzi tutto chiesto all'Assessore ai Lavori Pubblici, Bonatti, un incontro al più presto possibile: DOBBIAMO
SEGUIRE NEI MINIMI PARTICOLARI QUESTE PRATICHE CHE CI PORTERANNO ALL'APPALTO!
D'altro canto abbiamo nuovamente investito il Consiglio di Zona 10 perché appoggi e sostenga le nostre iniziative o comunque se ne faccia carico.
Sarebbe ora che il nostro Consiglio di zona uscisse dalle pastoie burocratiche e dall'immobilismo e si ponesse a fianco dei lavoratori in lotta nei quartieri. Al Consiglio di Zona abbiamo poi chiesto l'indizione di un'ASSEMBLEA POPOLARE che consenta di chiarire al massimo numero possibile di cittadini quale sia la situazione aule per le scuole materne, elementari e medie a Ponte Nuovo, Crescenzago e Gor-
macchinazioni
la, quali prospettive ci saranno per i prossimi anni nelle stesse scuole, che cosa intraprendere insieme per far procedere velocemente le tappe per la costruzione della scuola di « via Cesalpino » che costituisce il mezzo più concreto per portare a soluzione molti dei problemi insoluti a livello di edilizia scolastica, materna, elementare e media, nei nostri quartieri.
ULTIMA ORA
L'assessore Bonatti ci ha fissato l'incontro per venerdì 5 aprile, ore 10,30
Per quello che riguarda il ponte sulla Martesana, rifacimento che la popolazione sente con molta urgenza, ci è purtroppo giunta la notizia secondo la quale l'Ufficio Tecnico Erariale ha bocciato il progetto del Comune ed ha proposto come soluzione la duplice passerella pedonale all'esterno dell'attuale ponte.
Ottobre '70
La cosa ci stupisce alquanto perché proprio l'anno scorso ad aprile, nella delibera del Consiglio Comunale che prevedeva ii rifacimento si diceva che proprio « L'UFFICIO TECNICO ERARIALE » faceva rilevare: « che è ammalorata la struttura in cemento armato della soletta del ponte e che molti ferri del ponte medesimo risultano scoperti e completamente erosi dalla ruggine ». In più I'A.T.M. esprimeva le sue brave preoccupazioni perché capite che se il ponte è quasi marcio, diventa estremamente pericoloso il passaggio, soprattutto per il transito delle linee 44 e 53.
Tuttavia le famiglie che, nella nostra indagine conoscitiva, hanno posto pari pari, l'esigenza del rifacimento del ponte accanto alla costruzione della nuova scuola, sono invitate a tenersi sempre in contatto con il nostro comitato.
Comitato di Quartiere
Ponte Nuovo - Franceschi Gorla
Mentre Galimberti e i grossi speculatori s'appropriano delle aree libere esistenti in zona per la costruzione di case di lusso che non andranno mai ai lavoratori, di tutti i lotti di case popolari PREVISTI per la fascia nord della zona 10 ( lotto 2, 46, 47, 48) nemmeno uno è in fase avanzata.
Lo abbiamo saputo al IV piano del palazzo del Comune di via Pirelli (edilizia popolare) e questo ci fa comprendere che tipo di Giunta Comunale ci ritroviamo.
In compenso l'Assessore all'edilizia popolare Velluto ci ha regalato, ma sempre sulla carta, due piccoli « fazzoletti » di terreno, uno in via Rucellai, proprio a ridosso della ferrovia, dove ora c'è un campo giochi ed uno in fondo a via S. Mamete, per case popolari e verde.
Oltre al fatto che si tratta di aree talmente piccole che le case non saranno poi molte e non si capisce
La nostra lotta per la scuola
dove possa stare il verde, sono, ancora una volta, due piccoli lotti che si aggiungono alla serie di « PREVISIONI » di case popolari. E la realtà quando arriva finalmente?
Il Comitato di quartiere Ponte Nuovo ed il Collettivo Roberto Franceschi di Gorla, ora unificati in COMITATO UNITARIO CON SEDE IN VIA CAROLI 8, propongono a tutti gli abitanti della zona, che hanno bisogno di una casa più adeguata al loro salario, di costituire un Comitato di lotta per sbloccare l'immobilismo di questa nostra Amministrazione, immobilismo che, a livello di abitazioni popolari, è ancora più grave.
A questo proposito ricordiamo che il COMITATO UNITARIO è presente ogni martedì alle ore 21 nella sede di via Caroli per portare avanti tutti questi obiettivi dei cittadini.
e gli imbrogli dell'amministrazione
Il problema di un complesso scolastico, come esigenza primaria del quartiere, viene discusso per la prima volta in un'assemblea popolare. L'assemblea popolare di via Caroli delibera di trovare appropriate forme per contattare il Comune, all'attenzione del quale presentare la situazione del Quartiere sullo specifico problema dell'edilizia scolastica.
Marzo '71
Assemblea popolare in via Caroli con l'assessore Bellini. La assemblea pone all'attenzione dell'assessore l'urgenza del problema scuole per il quartiere.
Giugno '71
Manifestazione popolare a Palazzo Marino per poter sapere dall'assessore Bellini una risposta a quanto ci aveva promesso più di tre mesi prima.
Settembre '71
L'assemblea popolare convocata in via Caroli 12 dal Cd(,) decide tre giorni di lotta (volantinaggio e assemblee volanti davanti alle scuole) che culminano con la manifestazione per le vie del quartiere fino al campo Dindelli.
Novembre '71
L'assessore Bellini si impegna pubblicamente a documentarsi sulla possibilità di costruire la scuola sull'area Dindelli-Siemens.
L'assessore Bellini ci propone o l'area di via Treviso (parco Martesana) o l'area di via Cesalpino. Il nostro Comitato di quartiere non accetta questa proposta, considerando soprattutto che il terreno « Chini » di proprietà privata, avrebbe comportato una lunga e difficile espropriazione e si presentava molto periferico rispetto al quartiere.
Silenzio assoluto per oltre tre mesi: l'assessore è introvabile.
Assemblea col vice-sindaco Borruso in via Bottego. Borruso promette l'esproprio, con procedura d'urgenza, dell'area Siemens che, aggiunta all'area comunale Cerizza, avrebbe dovuto essere disponibile per il complesso scolastico, la cui costruzione sarebbe iniziata entro aprile 1972. Come soluzione d'emergenza per l'anno 72-73 propone l'installazione provvisoria di una scuola mobile sul campo « Dindelli ».
Dopo una settimana la doccia fredda: il segretario del CdZ fa sapere al nostro Comitato che le aree promesse (SiemensCerizza-Dindelli) sono interessate alla tangenziale.
ponte nuovo milanodieci pag. 4 - aprile 1974
Genitori e cittadini del quartiere chiedono da anni costruzione di scuole: è stata una storia di Ora l'impegno è di lottare uniti contro ogni ritardo o nuove
CASE POPOLARI Due amare consolazioni
UN INCONTRO CON L'ASSESSORE BONATTI PER LA SCUOLA ED IL PONTE SULLA MARTESANA
Il Comitato mobilita il quartiere e soprattutto i genitori. La assemblea popolare del 18 dicembre in via Brambilla delega il Consiglio di zona a contattare al più presto gli assessori interessati all'edilizia scolastica (Borruso DC, Bellini DC, Bianco DC, Bonatti PSDI, Cannarella DC) perché vengano a dare garanzie, in un'altra assemblea da convocare al più presto, sull'effettiva volontà di costruire la scuola nel quartiere e sulla scelta dell'area.
L'assessore si dichiara disposto ad accettare anche l'area « Chini », qualora gli assessori garantiscano l'inizio della costruzione entro il settembre 1972.
L'assemblea tenuta presso la scuola di via Brambilla il 3 marzo, convocata dal CdQ Ponte Nuovo e dal CdA Crescenzago approva una settimana di lotta con blocco delle lezioni e manifestazione a Palazzo Marino e nel quartiere.
All'assemblea del 17 gennaio si presenta solo l'assessore all'educazione Bellini. L'assemblea, sul piano operativo, si , rivela inutile e si aggiorna perciò al 25 gennaio. Ma il 25 gennaio Borruso boicotta l'assemblea di via Caroli e chiama una delegazione in via Bottego, la imbroglia ben bene promettendo il complesso scolastico sull'area « Chini » per il '73-'74, mentre per l'area « Dindelli » ci sarebbe stato un interessamento, almeno al fine di vincolarla.
Ancora oggi, a distanza di oltre due anni, possiamo valutare le « balle » di Borruso. Ma non soltanto le sue, anche quelle di tutta l'Amministrazione.
C'è aria di potere ed aumenta il distacco dei cittadini
La trattativa massima. A prima vista si potrebbe parlare di una prima vittoria; trae in inganno il fatto che, per la prima volta, in Giunta venga dibattuto il problema del nostro quartiere: ciò sembrerebbe indicare una certa volontà dell'Amministrazione comunale. Ma ben presto ci si accorge che lo scopo ultimo di questa « trattativa » è quello di fermare ogni niziativa di lotta nel quartiere, perché non si vuol prendere una decisione seria in merito e perché le elezioni antipicate sono vicine ed è grande, per la DC e i partiti minori ad essa subordinati, la preoccupazione di mantenere e migliorare la proprie posizioni elettorali.
Venerdì 15 marzo siamo di nuovo scesi al Consiglio di Zona su invito del Coordinatore della Commissione Scuola per proporre una nostra mozione su via Cesalpino e chiedere al Consiglio di Zona l'indizione di un'assemblea popolare sull'edilizia scolastica nei quartieri Ponte Nuovo-Gorla-Crescenzago. La nostra mozione è stata letta all'inizio della seduta assieme ad altre del Collettivo politico studentesco del Carducci, del PCI sui gravi fatti di piazzale Loreto (4 compagni che attaccavano manifesti aggrediti a colpi di pistola dai fascisti).
Ottobre
Si cerca di responsabilizzare il Consiglio di zona 10 sul problema della scuola. Ma tutto quello che ne emerge è una manifestazione a Palazzo Marino con la presentazione di un nostro documento alla Giunta.
Il 23 giugno si indice una nuova assemblea, che sarà l'ultima dell'anno 1972-73, e in essa si decide di - mandare una commissione, formata da genitori, da Borruso, per sollecitarlo a venire nel quartiere perché dica una buona volta, davanti ai cittadini, cosa l'Amministrazione comunale intenda fare per il problema della scuola.
Blocco dellee lezioni in via Caroli e in via Brambilla.
L'unica risposta al nostro documento è il pestaggio da parte dei carabinieri.
Borruso riceve la commissione e afferma che è disposto a venire nel quartiere, però (strano!' non ha l'agendina dei suoi impegni e la invita a fissare con lui l'appuntamento per telefono. Ma Borruso sarà introvabile.
Variante di piano che destina l'area di via Cesalpino ad edilizia scolastica. Borruso promette l'appalto per fine febbraio '73 e l'inizio dei lavori per marzo '73 e poi se ne lava le mani. Ora la patata bollente passa a Bonatti.
Delibera quadro per l'edilizia scolastica: la scuola di via Cesalpino è prevista ultimata per il '74-'75 sia dall'assessore Bellini che dall'assessore Bonatti.
Luglio '73
Occupazione della scuola di via Brambilla con assemblea permanente di genitori e cittadini.
Bonatti reagisce scompostamente accusandoci, attraverso un'intervista al Giorno del 29 maggio che dice: « La occupazione della scuola di via Brambilla rappresenta il frutto di una vera e propria strategia della tensione nel settore dell'edilizia scolastica, strategia che viene portata avanti con intendimenti diretti a far saltare il piano dell'edilizia scolastica che, a suo tempo, l'amministrazione comunale aveva approvato ».
Delibera di Giunta, in data 19 giugno, per l'« occupazione ed espropriazione di aree interessate dalle opere ».
Dicembre '73/
Marzo '74
Il Comitato di quartiere tempesta l'Assessorato Lavori Pubblici, l'Avvocatura, la Regione di visite, telefonate, lettere.
La redazione del nostro mensile denuncia i fatti con un « neretto » di prima pagina del numero di dicembre. Solo così veniamo a sapere che subito dopo era stato approvato il progetto ed era stata investita la Regione di portare avanti la procedura di occupazione d'urgenza dell'area.
La risposta è che c'è sempre un altro intoppo non previsto per giungere ad occupare d'urgenza l'area. Intanto il progetto, che doveva essere pronto fin da marzo non è ancora stato approvato.
La Regione va molto a rilento. A febbraio si accorge di non avere negli atti la ratifica del Consiglio comunale alla delibera di Giunta del mese di giugno e la chiede con tre mesi di ritardo a Comune (Bonatti) il quale (sbadataggine o meno) ha trascurato di inviarla. Ma che razza di amministratori!
L'ordine del giorno prevedeva la costituzione delle commissioni del Consiglio di Zona, la nomina dei loro coordinatori, l'approvazione di licenze edilizie (ancora due a Ponte Nuovo: via Treviglio e via Prandina). Ora è chiaro che noi non siamo né contro la costituzione delle commissioni, né contro la nomina dei coordinatori e nemmeno contro la discussione delle licenze edilizie. Quello che non possiamo digerire è che tutto questo avvenga senza la partecipazione della popolazione, che tutto si riduca ad un gioco di potere fra i vari partiti, sulla testa dei cittadini. Infatti questi ultimi, presenti numerosissimi alla riunione del Consiglio hanno dovuto sorbirsi 3 ore (dalle 22 alla 1 — la riunione è iniziata col ritardo di un'ora perché la DC doveva decidere la sua posizione) di giochetti partitici senza poter intervenire e manifestare il proprio parere sul modo di conduzione delle commissioni, sulla necessità di un lavoro serio e serrato di queste commissioni e del Consiglio stesso per avviare a soluzione i problemi vivi e reali dei cittadini e dei lavoratori. Tale situazione ci fa paura e già l'abbiamo denunciata in gennaio (Milano 10 gennaio — IL DECENTRAMENTO AD UNA SVOLTA DECISIVA pag. 4-5). Man mano che ci avviciniamo all'inizio della seconda fase dei consigli di zona (eleggibilità diretta da parte dei cittadini, potere di decidere direttamente sui problemi di zona) sembra che i partiti diano un'altro colpo verso l'allontanamento dai cittadini e dai loro sacrosanti obiettivi. Non stiamo a raccontare quanto è successo perché l'unico strumento adatto a far capire lo squallore di tale riunione sarebbe la macchina da presa. Comunque le commissioni ed i loro coordinatori sono i seguenti:
URBANISTICA - PIANO REGOLATORE
FORESTI ( D.C. )
ANNONA
SCUOLA
GASPARI ( D.C.)
PEDRUZZI ( P.S.I. )
IGIENE ED ECOLOGIA
LAVORO
CURCI ( P.L.I. )
CIRILLO ( P.C.I. )
TRASPORTI E TEMPO LIBERO
FIGINI ( D.C.)
ASSISTENZA E SICUREZZA SO-
CIALE
CICCHETTI ( P.S.D.I. )
Per la nostra mozione tutto veniva rimandato a mercoledì 27 Marzo (a distanza di 10 giorni); altri comitati di quartiere che erano scesi nella speranza che il loro probleva venisse affrontato se ne sono andati con un pugno di mosche; anche il P.C.I. che aveva presentato quella mozione contro gli atti criminosi dei fascisti, si vedeva anteporre il regolamento delle riunioni. Già, il regolamento!! Cosa si aspetta a cambiarlo per rendere il Consiglio di Zona, non solo eleggibile dai cittadini e con poteri sulla zona, ma dalla parte dei lavoratori, delle loro esigenze sempre procrastinate e trascurate, della loro voce che non si vuol mai ascoltare, delle loro lotte che non si vogliono mai avallare per paura di complicazioni?
Dicembre '71/
Gennaio '72
Marzo '72
Giugno '72
Luglio '72
'72
Maggio '73
Il quale non la gradisce.
milanodieci ponte nuovo aprile 1974 - pag. 5 CONSIGLIO DI ZONA
Cinque organismi di massa propongono una piattaforma comune di lotta
Confronto delle posizioni politiche del lavoro svolto dai cinque organismi ». Così si intitola un documento prodotto dal coordinamento che attualmente riunisce appunto cinque organismi di massa che operano nel sociale. La proposta contenuta nel documento è diretta a tutti gli organismi di massa impegnati nel territorio, che svolgono la loro azione sui problemi che vanno dalla casa, alla scuola, ai trasporti, alla sanità, tende a far aderire nuove forze all'iniziativa. Le zone di intervento di questi organismi sono collocate nella cintura periferica di Milano, come per il Collettivo di quartiere Romana-Vigentina e per il Comitato lotto 26, o fanno parte di altri comuni, come per l'Unione Inquilini di Rozzano, l'Unione Inquilini Tessera (Cesano Boscone) e il Collettivo casa di Cinisello. Questo dimostra di nuovo che esiste un tessuto sociale pressocché omogeneo che collega le zone esterne di Milano con i comuni limitrofi del cosiddetto hinterland ». Il confine tracciato fra il capoluogo e i comuni minori, se una volta poteva avere un senso, oggi ha puramente carattere amministrativo, scarsamente giustificato peraltro se si pensa all'irrazionalità e all'inefficienza con cui i lavoratori sono trattati dall'amministrazione pubblica. Come ben sappiamo, la popolazione che vive (anzi dorme, poiché spesso il luogo di lavoro è a chilometri e a ore di viaggio dalla residenza) in questa larga fascia di territorio che centro storico non è e campagna verde e salubre neppure, risulta abbastanza uniforme per quanto riguarda gli interessi generali e le necessità immediate. Si tratta, nella stragrande maggioranza, di classe operaia e di piccolo ceto medio espulsi da una città che il processo di terziarizzazione tende a trasformare in centro funzionale e asettico al servizio dei ceti più abbienti, i quali naturalmente continuerebbero a possedere appartamenti fastosi entro la cerchia dei navigli, manterrebbero banca, teatro, parrucchiere proprio di fronte al salotto eccetera eccetera. Nella premessa del documento dei « cinque organismi di massa » si afferma che è il disordinato sviluppo del capitalismo in Italia, con gli squilibri tra industria e agricoltura, tra Nord e Sud, che ha portato allo sradicamento di intere masse meridionali dalle loro terre di origine per scaraventarle negli agglomerati urbani del centro-nord, diventati ormai mostruose megalopoli, « cittàregione » come Roma, Milano e Torino, dove per il proletariato è sempre più arduo riuscire a vivere e dove spesso il proletariato è costretto a subire una ulteriore espulsione che lo relega ai margini dei grossi centri, nelle cinture dormitorio prive delle più elementari infrastrutture. Negli ultimi anni questo processo ha portato a maturazione un fenomeno sconosciuto fino a metà degli anni '60: numerose realtà di quartiere sono diventate terreno incandescente di lotta portando alla ribalta organismi spontanei di base che le lotte del '68 e quelle più recenti hanno alimentato trasformandoli in una miriade di nuclei di ccntropotere nel territorio. Ma c'è anche da dire che, fino ad oggi, i vari organismi di massa hanno il più delle volte agito isolatamente, in contrapposizione o addirittura in antagonismo tra loro. Nasce quindi la necessità, per quegli organismi che agiscono in un contesto topografico con determinate caratteristiche socio-economiche, di darsi momenti di coordinamento che servano a catalizzare le forze e che producano all'esterno, nei confronti delle controparti istituzionali (comune, provincia, regione e stato, se necessario) proposte e interventi politici qualitativamente di più ampio respiro e più credibili. Naturalmente gli obiettivi ambiziosi che un coor-
dinamento tra comitati di quartiere si ripropone di raggiungere, sarebbero poca cosa se, in parallelo al lavoro specifico di intervento nel sociale, non va avanti il collegamento, indispensabile e vitale, con gli organismi che sono espressione diretta del movimento operaio, il sindacato e i consigli unitari di zona, anche per far sì che questi non vedano nei consigli di zona del decentramento amministrativo i loro unici interlocutori.
UN INDISPENSABILE CONTRIBUTO ALLA NUOVA OPPOSIZIONE
Per entrare in merito alla situazione del comprensorio milanese è necessario che un coordinamento di questo tipo sia capace di elaborare un programma di intervento e di dare ad esso sbocchi operativi che siano di gran lunga superiori in qualità alle proposte che, a livello 'cittadino, altri comitati popolari, con forte ipoteca riformistico-moderata, hanno presentato, proposte che generalmente hanno conseguito solo « vittorie » sulla carta. Ci rendiamo conto che la posta in gioco è grossa, e tutte quelle forze che si muovono da un presupposto extraistituzionale e antiriformista devono farsene carico fino in fondo. L'obiettivo ultimo è di creare, a livello territoriale, un coagulo di forze alternative operaie, di quartiere, studente:che capace di rappresentare per larghe masse il polo di riferimento politico per una nuova opposizione che aggredisca il modo di vivere imposto dall'organizzazione capitalistica della società. Nel documento dei cinque comitati promotori è contenuta una piattaforma di lotta sulla quale il Comi-
DIRITTO DI FAMIGLIA
Comunicato della sezione sindacale CGIL-CISL
tato unitario di quartiere Ponte Nuovo - Franceschi Gorla è invitato a confrontarsi; essa si articola nei seguenti punti:
a) Inversione della tendenza alla espulsione dei lavoratori dalla città, attraverso:
il controllo sull'uso delle aree ancora libere o rese libere;
il risanamento delle abitazioni vecchie;
l'affitto contrattato in rapporto al salario;
la requisizione degli alloggi sfitti;
il mantenimento delle fabbriche dove sono, salvo quelle (poche) nocive, perché questa è la garanzia: per gli operai di mantenere il posto di lavoro; per gli inquilini del quartiere in cui si trova la fabbrica di non avere aumenti dei prezzi per effetto della rendita, nonché un solido alleato nel momento delle lotte; inoltre fa sì che venga riaffermata nel concreto la necessità di spostare gli investimenti al sud; b) costruzione di servizi e attrezzature non più a supporto della speculazione, ma: servizi subito nei quartieri della estrema periferia; servizi subordinati al risanamento e a nuove case popolari nei quartieri popolari semicentrali. Il documento dei cinque comitati conclude che — davanti alle vaste manovre che sta preparando il grande capitale in accordo con l'amministrazione comunale — diventa sempre più urgente — procedere al coordinamento delle lotte nei quartieri e all'approfondimento del dibattito sulla casa e il territorio per giungere alla definizione di obiettivi intermedi anche in questo settore.
Fa comodo a parlarne, ma
Fin dalla fine della guerra la legge riguardante il diritto di famiglia, voluta dalla D.C. era quasi solo volta a stabilire come la donna dovesse essere inferiore all'uomo in tutti gli aspetti della vita familiare. Per esempio l'infedeltà della moglie era considerata per legge più grave di quella del marito, e, come conseguenza, la legge stabiliva che l'uccisione per motivi di onore era una colpa molto poco importante, punita con la stessa pena prevista per il furto di autoradio, il che significa che la vita della moglie infedele vale appunto quanto un'autoradio.
Oltre a ciò, la linea politico-economica generale era diretta a scaricare sulle casalinghe il peso di tutti quei servizi che lo stato si rifiutava di istituire, come asili nido, asili, scuole a tempo pieno dove mettere i bambini, mentre in fabbrica il peso diventava di mese in mese più disumano.
.Tutto ciò si rifletteva in una situazione sempre più pesante in particolare per quelle donne che dovevano andare a lavorare per aiutare il marito a tirare il 27 del mese, oppure per quelle donne che avendo molti figli, e quindi un carico di lavoro già notevole, non solo non potevano avere un aiuto, ma dovevano andare a lavorare « a ore » per aiutare altre donne più ricche di loro.
Da ciò nacque una pressione popolare che portò a modificare alcune delle ingiustizie legali più evidenti: ad esempio l'infedeltà dei due coniugi fu equiparata e alla fine con la legge Fortuna-Baslini si arrivò all'introduzione del divorzio. A questo punto la D.C. che, come abbiamo visto, non si era mai occupata di quanto la sua legislazione rendesse impossibile una vita serena alla
Già nel giugno scorso avevamo preso in considerazione la situazione di via Narni che definemmo antidemocratica e chiusa (Milanodieci, giugno-luglio 73 pag. 2). Ora ci giunge per la pubblicazione questo comunicato della Sezione sindacale
C.G.I.L. e C.I.S.L. di detta scuola.
Nei prossimi mesi daremo una descrizione dettagliata di tutte le iniziative che saranno state portate avanti da sindacati e comitati di quartiere, al riguardo. La Sezione sindacale C.G.I.L. C.I.S.L.
Scuola di via Narni 18 alla luce degli ultimi avvenimenti interni rileva LA MANCANZA DI UNA REALE DEMOCRAZIA NELLA SCUOLA Incontri con i genitori: mentre il Collegio dei Professori aveva fissato tre incontri con le famiglie, la Presidenza arbitrariamente li ha ridotti a due. La soppressione di un incontro è la dimostrazione della volontà di mantenere i contatti con le famiglie una pura formalità. Scrutini del primo quadrimestre e selezione: di fronte ai problemi emersi dall'aver formato le classi con nuovi criteri democratici tendenti ad eliminare le classi-ghetto e le classi d'élite, si sta verificando la tendenza ad usare metodi e contenuti vecchi ed antidemocratici. Si può prevedere già da questo primo periodo dell'anno che l'emarginazione e la selezione finali saranno ancora più marcate degli anni precedenti in questa scuola che, a livello cittadino, segna un record in questo campo: (su 100 ragazzi che iniziano il corso delle medie, solo 75 riescono a terminarlo entro i tre anni regolamentari; ben 25 vi arrivano in ritardo di qualche anno o non vi arrivano afiatto).
e) un doposcuola atto a suscitare e a sviluppare i reali interessi dei ragazzi e a colmarne le eventuali carenze culturali.
D'altronde sono proprio coloro che non riconoscono validità a questi indirizzi didattici che poi, all'atto pratico, e con provvedimenti ingiusti (sospensioni e bocciature usate come sistema abituale) si creano una condizione di privilegio arrivando ad avere nelle ultime due classi un numero ridotto di alunni (da 13 a 20 nelle seconde e nelle terze).
3. Corsi di recupero: ad inizio di anno il doposcuola era stato negato con le seguenti motivazioni: l'impossibilità di un proficuo collegamento fra insegnanti del mattino e del pomeriggio la difficoltà di realizzare un efficace insegnamento nelle ore del doposcuola per la confluenza di studenti provenienti da diverse classi e sezioni (si presupponeva cioè di poter più utilmente lavorare con ragazzi provenienti tutti da una stessa sezione).
I corsi di recupero così come sono stati attualmente realizzati, presentano in molti casi gli stessi difetti, e per di più assolvono una funzione molto più limitata: funzionano solo nella seconda parte dell'anno, ignorano totalmente la necessità delle famiglie di una più costante assistenza ai ragazzi durante le ore pomeridiane mirano a colmare le carenze nozionistiche senza finalità alcuna di suscitare, con libere attività, l'interesse di quei ragazzi che, per le 'vantaggiate situazioni familiari, non hanno alcuna motivazione allo studio.
VISTO QUANTO SOPRA LA SEZIONE SINDACALE:
famiglia italiana ed in particolare alle donne, si svegliò di colpo e tentò tutte le vie possibili per salvare l'indissolubilità del matrimonio, e, detto in termini più crudi, il monopolio del Vaticano sulla questione dello scioglimento del matrimonio.
Infatti è di quest'epoca la presentazione di un progetto di riforma del diritto di famiglia sotto il quale vi erano le firme della D.C., nonché del P.C.I., P.L.I., P.R.I., mentre il P.S.I. ne presentava un'altra.
Questi progetti presentano discreti passi avanti rispetto alla legislazione attuale. Infatti la « patria potestà » che fino ad ora era attribuita all'uomo e lo stato di « capofamiglia » vengono ora esplicitamente attribuiti in parti uguali ad entrambi i coniugi.
Anche per la divisione dei beni della famiglia la situazione migliora. Rimangono però alcuni appunti da fare:
dal '68 ad oggi questi progetti sono rimasti solo progetti e questo può far pensare che la D.C. visto che non è riuscita a scongiurare il divorzio per quella via, abbia abbandonato ogni idea di riforma.
Anche se la legislatura divenisse più equa con questi progetti, rimarrebbero pur sempre anacronismi quello del « delitto d'onore » e molti altri che mostrano come la donna sia per legge italiana un cittadino di serie B e forse ancora meno.
Infine si può aggiungere come proprio la pignoleria della legge per quanto riguarda gli aspetti economici del matrimonio dimostri come certa gente (i legislatori D.C. per intenderci) concepisca la famiglia solamente come luogo di sfruttamento economico di un coniuge sull'altro.
Se cioè all'inizio dell'anno il Collegio dei professori e la Presidenza si sono pronunciati a favore di una scuola democratica che facesse crescere insieme, umanamente e culturalmente, ragazzi provenienti da diverse classi sociali, non hanno però continuato nell'intento di creare anche le strutture adeguate perché ciò si potesse realizzare. L'aver creato classi eterogenee è il primo gradino dell'uguaglianza fra tutti gli studenti. Questa però rimane solo una forma demagogica se ad essa non si fa seguire tutto quanto occorre per rendere il principio dell'uguaglianza sostanziale e realmente operante.
Gli elementi ritenuti indispensabili per avviare una reale trasformazione in senso democratico della scuola sono: il rinnovamento dei programmi e dei contenuti una diversa valutazione sia del rendimento che del comportamento classi con non più di 25 alunni la formazione di classi miste
Invita tutto il personale della scuola a prendere coscienza di questi gravi problemi Chiede alla Presidenza di affittare ancora per i prossimi anni le Sezioni staccate di via Pusiano e di via Don Calabria per poter, con le nuove aule in costruzione in via Narni, formare classi miste con un numero non superiore a 25 alunni Invita le seguenti forze della zona, alle quali invia la presente mozione, a darle la massima diffusione, affinché tutti gli interessati si mobilitino sugli obiettivi indicati trasformando così la scuola da luogo separato ad istituzione democratica aperta al controllo socialeâ Comitato Scuola Quartiere di via Narni - C.d.F. RizzoliQuartiere Cimiano - C.d.A. Crescenzago - Redazione Milanodieci - Movimento Studentesco Zona Lambrate - Consiglio Sindacale Zona Lambrate - Consigli delle Zone 10 e 12 - Sezioni Sindacali Confederali delle Scuole della Zona.
Sezione Sindacale
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pag. 6 - aprile 1974 attualità milanodieci MEDIE DI VIA NARNI
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La scuola non diventerà più democratica per i decreti di Malfatti
Entro la fine di questo mese, molto probabilmente saranno emanati dal Governo, una serie di decreti legge che riguardano la scuola. Questi decreti che avrebbero dovuto essere apportatori di grossi rinnovamenti nella scuola, sono in un certo senso il risultato della lotta degli studenti e dei genitori di tutto Italia, e di una precisa azione intrapresa dai sindacati confederali degli insegnanti. Essa si è conclusa lo scorso maggio con la firma di un contratto di lavoro per gli insegnanti, che prevedeva appunto i decreti già citati. Bisogna però rilevare come il Governo abbia una volta di più risposto in modo completamente fasullo alla domanda di tutto il Paese. Si rende quindi necessaria una mobilitazione forte e generalizzata, perché la scadenza del 30 aprile venga rispettata, ma soprattutto perché i decreti possano garantire un'effettiva democrazia all'interno della scuola e la sua gestione sociale.
DECRETO SULL'ORGANIZZAZIONE
DELL'ISTITUTO
Si riconosce ormai la bozza del decreto riguardante l'organizzazione dei « circoli » nell'elementari e degli « istituti » nelle medie. Qui la partecipazione democratica si concretizzerebbe nella nascita di un Consiglio che verrebbe ad essere formato dalle rappresentanze elette: del personale insgenante; del personale non insegnante; dei genitori; dal direttore o dal preside. Il Consiglio sarà presieduto da uno dei genitori scelto dal Consiglio stesso e si riunirà in un ordine del giorno deciso dalla presidenza. Nelle scuole superiori parteciperanno al Consiglio anche rappresentanti degli studenti di età non inferiore ai 16 anni.
Il Consiglio eleggerà una Giunta esecutiva (che curerà la esecuzione delle delibere prese dal Consiglio), presieduta dal direttore didattico o dal preside e composta da non più di 5 membri életti dal Consiglio stesso.
Il Consiglio avrà potere deliberante: sull'organizzazione della vita scolastica; sulle dotazioni di materiale didattico; sulle attività parascolastiche, interscuola, ecc. sull'utilizzazione dei fondi.
Il Consiglio potrà esprimere il proprio parere non vincolante sull'andamento generale, didattico e amministrativo del circolo o dell'istituto (dati tratti da SCUOLA ZONA 11).
Risulta chiaro ad un'attenta lettura che il preside o il direttore didattico, stabilendo l'ordine del giorno dei lavori, possono influire in maniera determinante, indirizzandoli in una direzione o in un'altra o non convocando addirittura il Consiglio. Inoltre anche se ci trovassimo di fronte ad un preside democratico, i poteri del Consiglio sono limitati a settori della vita scola-
stica cronicamente in crisi, proprio per la mancanza di quei fondi da utilizzare che il Ministero distribuisce con una taccagneria che è ormai proverbiale. Per quello che riguarda invece l'indamento generale didattico e amministrativo, è dotato solo di parere consultivo e non ha neppure i mezzi per venire a conoscenza dei problemi reali.
DECRETO SUI DISTRETTI SCOLASTICI
Un'« ulteriore novità » dovrebbe essere rappresentata dalla formazione dei « decreti scolastici », che sono una struttura intermedia tra la singola scuola e il provveditorato.
Le varie province italiane sarebbero divise in zone, comprendenti 100 mila abitanti e scuole di ogni ordine e tipo (escluse le università), queste zone sarebbero i « distretti ».
In ogni distretto esisterebbe un consiglio scolastico di distretto, formato dai rappresentanti delle forze politiche e sindacali, della burocrazia statale, degli insegnanti, dei genitori ecc. Tale consiglio avrebbe compiti di proposte per quanto riguarda la organizzazione dei servizi, la struttura della scuola e tutte le attività collaterali (doposcuola, essistenza e orientamento scolastico, ecc.), ma sempre secondo le direttive del Ministro della pubblica istruzione. Inoltre avrà compiti consultivi per quanto riguarda l'!pserienento nei programmi scolastici di ricerche utili alla migliore conoscenza deiia realtà del quartiere e della zona. Come si puo ben vedere gli stessi ditetti riscontrabili nel « consiglio d'istituto », si ritrovano aggravati nei « consigli di distretto » in quanto questi sono privi di ogni potere decisionale e non hanno una lira da amministrare direttamente.
CONCLUSIONE
E' chiaro che una riforma di questo tipo serve solo alla burocrazia statale, per poter controllare meglio le spinte che si stanno facendo ormai pressanti nel Paese, per una democratizzazione della scuola, dandogli una risposta fasulla. Noi chiediamo che a tutti i livelli l'organo decisionale sia solo l'assemblea aperta dei genitori, insegnanti e forze del quartiere e che i delegati, ove sia proprio necessaria la loro esistenza, siano revocabili in qualsiasi momento da parte della base, per un reale controllo del loro operato. Più generalmente, l'obiettivo di fondo, nel quadro degli interessi generali dei lavoratori, deve essere la conquista di una scuola pienamente gratuita, basata sulla democrazia; l'unificazione degli studi superiori e la gestione sociale: questi obiettivi attuano il diritto allo studio non solo come un diritto per i figli dei lavoratori, ma come diritto di tutti i lavoratori per una crescita permanente continua dei livelli di qualificazione professionale e soprattutto culturale delle masse lavoratrici.
La lotta nelle scuole superiori ha ancora una volta trovato momenti di scontro molto aspri nella nostra zona. Sulla scia dell'occupazione del VII
I.T.I.S. attuata in febbraio e che ha avuto l'appoggio delle organizzazioni sindacali e dei consigli di fabbrica della zona, gli studenti del Molinari hanno deciso l'occupazione dell'istituto, come momento di rilancio degli obiettivi che sin dall'inizio dell'anno il movimento degli studenti ha proposto e portato avanti e cioè:
Scrutini aperti alla partecipazione dei genitori e degli studenti, come momento di controllo delle valutazioni e dei voti; Gruppi di studio omogenei, ovvero formati da studenti e professori che discutono sulla didattica e decidono quindi i metodi d'insegnamento ed eventuali tagli di parti inutili del programma scolastico; formalizzazione del voto di educazione fisica e di religione.
Durante il periodo di occupazione fra il 4-3 e il 9-3 si sono svolti all'interno dell'istituto dei gruppi di studio sulla scienza, ed altri problemi generali e specifici del Molinari, con la partecipazione di tutti quei professori che erano interessati alla discussione.
A conclusione della settimana di lotta sempre al Molinari si è tenuta un'assemblea popolare il 10-3 con l'intervento delle forze politiche e sindacali della zona, nella quale gli studenti hanno ribadito la propria volontà di lotta per acquistare una maggiore democrazia nella scuola e a fianco della classe operaia contro la politica antipopolare del governo Rumor.
Nella stessa assemblea è stata evidenziata l'oppurtunistica presenza di « Comunione e Liberazione », da parte di un rappresentante delle Acli, posizione condivisa da gran parte degli studenti e dei lavoratori presenti. L'abbandono dell'assemblea da parte di questa pseudo organizzazione opportunista (vedi articolo a fianco), non ha potuto che giovare alla qualità del dibattito.
Lo stesso giorno è accaduto l'increscioso episodio di cui tutti i giornali hanno dato ampie notizie, cioè l'aggressione da parte di un grup-
SCHEDA
po di persone nei confronti dello studente Mario Lualdi del quale la FGCI (Federazione Giovanile Comunista Italiana) rivendica l'appartenenza.
Riguardo a questo fatto si sono svolte due assemblee concomitanti giovedì 14-3, la prima indetta dal movimento studentesco del Molinari che ha condannato l'azione, come anti democratica e al di fuori della logica del movimento stesso; la seconda indetta dalla FGCI che ha accusato il movimento studentesco del Molinari di aver compiuto l'aggressione allo studente, tentando di strumentalizzare l'episodio per proporre ancora una volta la propria politica ,di intransigenza verso tutte quelle forze che si battono nelle scuole per una democrazia assembleare, contro i parlamentini (formati da rappresentanti dei genitori, studenti e professori) che delegano le decisioni ai pochi « addetti ai lavori ».
Noi condanniamo questa azione che nulla ha a che vedere col movimento di lotta che si è sviluppato nelle scuole, altresì condanniamo ogni tipo di strumentalizzazione che di questo episodio è stata fatta col chiaro fine di distruggere l'unità degli studenti. E' sorto un coordinamento di zona tra i collettivi autonomi degli studenti medi che pubblica anche a partire dal mese di marzo un bollettino. I compagni che ne fanno parte non vogliono costituire l'ennesimo gruppetto, ma una struttura di base che si inserisca nel discorso dell'organizzazione proletaria sul territorio complessivamente (fabbrica, quartiere, scuola) al di fuori di ogni posizione ideologica, ma sul lavoro pratico. Gravi provocazioni fasciste sono scattate negli ultimi mesi nel nostro quartiere e nelle zone vicine: numerosi studenti del Liceo Volta situato in via Benedetto Marcello sono stati aggrediti ed alcuni sono stati feriti a coltellate da squadracce, che stazionano costantemente nella zona tra piazzale Loreto e piazza Bacone. L'ultimo gravissimo fatto è stato il ferimento a colpi di pistola di un militante del P.C.I. avvenuto in viale Brianza mentre stava affiggendo manifesti contro l'abrogazione del divorzio.
Comunione e liberazione
Avremmo preferito non parlarne, ma non possiamo tacere perché i recenti fatti del Molinari (l'istituto tecnico industriale di via Crescenzago) ci impongono una presentazione di questo gruppo.
La loro sigla equivale al loro programma: solo la comunione, la comunità, lo stare insieme è liberazione, è salvezza. Perciò non ha nessun valore fare politica.
Chi fa la politica crede in se stesso; chi vive la comunità, ama, e crede in Dio che è Amore. E' Lui che agisce, è Lui che fa la storia, non certo noi uomini.
Di qui il senso di pessimismo che ogni appartenente a Comunione e Liberazione (C.L.) ha di se stesso e dell'umanità in genere. Di qui il loro rinchiudersi in meditazioni di gruppo, la sfiducia nell'azione, il loro richiamarsi alla preghiera per chiamare in campo l'unico attore, l'unica persona che agisce: Dio.
l'imbroglio per cui questi nuovi adepti vengono organizzati attorno a discorsi che nulla hanno di politico, se non un vago sinistrismo parolaio, adepti che sono poi trasformati come massa da manovra per un preciso intervento nelle facoltà (parlare di « massa da manovra » è più che esatto, visto che questi proseliti non hanno alcuna possibilità di maturazione, non hanno !alcuna responsabilità, ma vengono usati come vere e proprie « macchine da volantinaggio » dai pochi « responsabili »).
Disposti a perdonarsi tutte le debolezze che si riscontrano e che compiacentemente si confessano in gruppo (raggi), diventano ferocissimi con quelli che non la pensano come loro anche se credenti. Loro sono la Chiesa, loro fanno esperienza di chiesa, gli altri non possono capire nulla perché non fanno la loro stessa esperienza.
Per questo sono pericolosissimi ovunque si insedino: non diciamo nelle parrocchie, ma soprattutto nelle scuole e nelle fabbriche. Poiché loro intendimento è quello di portare in questi luoghi Gesù Cristo (o meglio le loro idee) si danno un'infarinatura sul movimento all'interno delle fabbriche e delle scuole e sulle prime li scambiereste per democratici. Ma quando hanno raggiunto un discreto seguito diventano intransigenti: non bisogna far politica, c'è un modo alternativo di vivere la fabbrica e la scuola che è appunto l'entrare nel loro giro e nei loro discorsi astratti e seminano il qualunquismo e la rassegnazione.
Non per nulla si sono pronunciati contro il divorzio: con la loro mentalità che vuol vedere a tutti i costi nel Vangelo il modello della storia che deve verificarsi a tutti i costi e rifiutando di analizzare invece la storia così come si è invece concretamente verificata dicono no al divorzio perché il divorzio è contro l'amore, e l'amore è l'assoluto che bisogna vivere.
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Ma questa è solo una faccia di CL, la faccia « privata ». Da qui nasce subito la prima contraddizione: questo « volto nascosto » di CL, nel momento in cui diventa pubblico, nel momento in cui diventa propaganda e proselitismo, si fa proposta politica. Un programma politico che, con i presupposti di cui si è detto, non può essere che marcatamente interclassista, privo di qualunque analisi economica e sociologica seria, aperto a qualunque
strumentalizzazione. Non è perciò un caso che (a parte saltuarie — ma frequenti — infiltrazioni degli elementi del Fronte della Gioventù) CL diventa massa di manovra nell'università da parte della più gretta, integralista e restauratrice linea democristiana: ne fanno testo, in modo esemplare, il comportamento tenuto l'anno scorso in Statale sul « Comitatone », e, molto recentemente, l'allineamento totale alle posizioni fanfaniane per quanto riguarda il referendum e le elezioni universitarie (i famosi « parlamentini »).
Proprio questa ultima circostanza ci permette di smascherare una ulteriore contraddizione interna all'operato di questo gruppo: CL si è presentata in più parti alle elezioni universitarie con proprie liste, sperando di poter coagulare intorno a sè tutte le spinte qualunquiste o sfiduciate del corpo studentesco. Cercando un'adesione a questo suo « stile di vita » confessionale e misticheggiante, per strumentalizzare poi tale adesione ad una ben precisa azione politica.
Molto ci sarebbe da dire sul metodo veramente subdolo con cui « conquistano » i giovani, soprattutto dei primi anni delle scuole superiori (gite domenicali, discorsi « avanzati » e « aperti » sul piano religioso, possibilità di stringere subito conoscenze, ecc.). Ma quello che più interessa è
Giova a questo proposito ricordare la posizione intelligente e lungimirante del Card. Pellegrino e dell'Azione Cattolica, che hanno sottolineato come, al di là di divergenti valutazioni di ordine morale, il referendum sia immediatamente uno scontro politico da cui dipenderanno in buona parte nel prossimo futuro le sorti del paese; e che, per questo, non varrà a nulla il più ottuso rifiuto di comprendere questa tematica, perché, che lo si voglia o no, il proprio SI o il proprio NO diventeranno subito una scelta politica.
Da tutto quanto abbiamo detto appare chiaro come CL si configuri in pieno come una setta. Tutti d'amore e d'accordo all'interno su cose astratte, guerra contro tutti gli altri che non condividono, che non capiscono la comunità, l'amore.
Questa continua e netta separazione tra « sacro e profano », tra « Vangelo e politica » — che si conclude con il drastico rifiuto del profano e della politica —, finisce perciò per essere il ridurre tutto il profano al sacro, il ridurre la politica a un Vangelo mal masticato e male interpretato da parte dei « teorici » di CL (don Giussani in testa). Questo, già da oltre mezzo secolo, si definisce ed è integralismo: è cioè il pretendere di imporre i propri personali criteri di vita a tutto il resto della società. E, come questo stesso mezzo secolo di storia ci ha mostrato, questa posizione si trasforma in tutt'altro che la difesa dei valori sacri e del Vangelo (come Spagna e Portogallo insegnano): diventa «supporto ideologico» alle più subdole e pericolose manovre della destra, delle forze reazionarie; il metodo più pratico per garantirne un irrazionale sostegno.
RODI Traslochi
milanodieci scuola aprile 1974 - pag. 7 AL VII ITIS E AL MOLINARI
LOTTA PER LA DEMOCRAZIA NELLA SCUOLA
pag. 8 - aprile 1974
LAVORO A DOMICILIO
C'è una buona legge ma c'è da lottare perchè venga applicata
Collane, pantofole, fiori artificiali, biro, articoli di maglieria... ecco una serie di oggetti di uso comune, venduti a caro prezzo, ma confezionati per poche lire dalle lavoratrici a domicilio.
Il lavoro a domicilio ha sempre rappresentato, pr il datore di lavoro, il massimo profitto al minor costo: infatti le spese necessarie per il funzionamento dei macchinari e, il più delle volte, i macchinari stessi sono a carico delle lavoranti; il datore di lavoro non ha alcun obbligo di provvedere agli assegni familiari, all'assistenza sanitaria, ai servizi sociali (asili nido, scuole materne...), all'indennità di anzianità, alle ferie...
Al contrario, per la lavorante, il lavoro a domicilio significa ritmi di lavoro molto intensi per raggiungere un salario adeguato, in quanto il lavoro eseguito viene retribuito in base alla quantità di merce prodotta e a prezzo minimo, e significa prolungamento della giornata lavorativa, dal momento che al lavoro a domicilio, si aggiunge per la donna lavorante il lavoro domestico, la cura dei figli e degli anziani ecc.
A questo proposito c'è da notare che il lavoro a domicilio viene svolto prevalentemente da donne che hanno i figli piccoli da curare, i quali non trovano posto negli asili nido e nelle scuole materne insufficienti o comunque da donne che hanno genitori anziani o invalidi cui accudire; donne che per motivi familiari non possono, quindi, abbandonare il loro domicilio per andare a lavorare fuori casa. In questo modo il datore di lavoro, non contribuendo in alcun modo a dare alle proprie lavoratrici i servizi sociali necessari, sfrutta questa occasione per guadagnarci su, utilizzando le migliaia di casalinghe che sono costrette a darsi da fare per portare un misero miglioramento al salario del marito.
Alcuni esempi significativi al riguardo: i maglioni fatti a mano venduti nei negozi del centro a lire 15.000 e più, vengono pagati alle lavoranti L. 600; per rifinire un paio di scarpe occorre un'ora e mezzo di lavoro con un guadagno di L. 300. In questo ultimo caso, come in molti altri, oltre allo sfruttamento si aggiunge l'uso di materiali altamente tossici (esempio mastice a base di benzolo) dannosi, oltre che alla lavorante, anche ai familiari che le vivono attorno.
Ora il 5-12-73 è stata varata una legge che « dovrebbe » tutelare questo tipo di lavoro che interessa più di un milione e mezzo di lavoratori in gran parte donne.
La nuova legge apre nuove prospettive sul piano salariale, in quanto è previsto che le lavoranti a domicilio vengano retribuite in base a tariffe di cottimo pieno risultanti dai contratti collettivi della categoria, e sul piano del godimento dei diritti previdenziali (assistenza malattia, farmaceutica, ospedaliera, assistenza infortunistica, sussidio di disoccupazione, pensione ed assegni familiari), nonché le indennità per il lavoro festivo, le ferie, la gratifica natalizia, l'indennità di anzianità.
La legge tende anche a combattere i fenomeni di clandestinità e le pratiche di sottosalario, operante specialmente nel sud e obbliga il padrone ad iscriversi negli appositi albi e a dare un riconoscimento giuridico alla figura della lavorante a domicilio, che deve essere provvista di regolare libretto di lavoro e di controllo, con la descrizione del lavoro da eseguire (quantità e qualità) l'indicazione della misura della retribuzione ecc.
La nuova legge stabilisce, inoltre, tra i suoi punti più qualificanti, il divieto, per almeno un anno, di commissionare lavoro a domicilio alle aziende che hanno attuato sospensioni, licenziamenti o sono ricorse alla cassa integrazione; cosa più che logica da quanto abbiamo osservato a proposito degli enormi van-
taggi che il lavoro a domicilio procura 'al datore di lavoro, il quale potrebbe incrementarlo al punto da minacciare la stabilità del posto di lavoro per molti operai.
Per vigilare sulla applicazione della legge vengono istituite Commissioni di Controllo che vanno da quelle comunali a quelle provinciali e regionali, fino alla Commissione Centrale istituita dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale che coordina le attività delle altre commissioni a livello nazionale.
Ma, l'esperienza insegna che: « fatta la legge, trovato l'inganno!!! ».
C'è quindi da chiedersi fino a che punto tutte queste commissioni riescano effettivamente a controllare la applicazione delle norme di legge.
Infatti: il numero così elevato e la struttura verticistica di queste commissioni non fanno che riprodurre il burocratismo già esistente nel paese. strettamente collegato alla mancata efficienza di queste strutture burocratiche si ha il fenomeno della corruzione, per cui al padrone è facile scavalcare le norme di legce. spesso la lavorante è messa di fronte al ricatto del padrone che può offrirle lavoro in cambio della rinuncia dei propri diritti. il fatto che le lavoratrici non si riuniscano in un unico luogo, ma siano dislocate nei propri domicili rende più difficile un reale controllo.
Questa condizione di isolamento costituisce un ostacolo alla unità delle lotte sindacali.
A questo proposito, riferendoci a quest'ultimo punto, riportiamo l'esempio di lotta delle lavoranti a domicilio siciliane che hanno organizzato una lega per vigilare che la lane venga applicata e vengano garantiti i diritti all'assistenza, alla pensione, ad un salario adeguato, inoltre sono riuscite ad obbligare alcuni datori di lavoro ad iscriversi agli appositi albi, hanno respinto ricatti e ricercato l'unificazione tra le lavoratrici.
E' auspicabile che le lavoranti a domicilio della nostra zona possano fare altrettanto organizzandosi e lottando insieme.
I Comitati di Quartiere della Redazione di Milanodieci vogliono essere per queste donne un aiuto in questo senso.
ANAP-CISO
Respinte le intimidazioni della direzione
Prosegue la lotta cl-A clipcndcnti dell'ANAP-CISO di via Adriano 60 per la difesa del posti di lavoro minacciato dalla decisione del Consiglio di Amministrazione di rinviare « sine die » l'inizio dei corsi 1974.
Il movimento di lotta si è concretizzato venerdì 15 in una assemblea aperta che ha visto la partecipazione dei segretari provinciali della C.G.I.L.-Scuola e SILAP-CISL, del segretario nazionale del SILAPCISL, di un rappresentante del personale del Centro ANAP-CISO di Celambrone (Pisa) occupato da 60 giorni. All'assemblea hanno portato la loro adesione il Consiglio di fabbrica della Magneti-Marelli, il Consiglio di zona 10 ed una rappresentanza dei lavoratori dell'Abetina.
La discussione dell'assemblea si è articolata in due momento distinti:
1) analisi della situazione attuale dell'ANAP-CISO; 2) contratto di lavoro, scaduto il 31 dicembre 73 e non ancora rinnovato.
Riguardo al primo punto i dipendenti hanno ribadito con fermezza che non intendevano sottostare ai ricatti di Mons. Benatti, il quale avrebbe tra i suoi disegni quello di « epurare » l'ala più avanzata del personale insegnante « reo » di non limitarsi al puro e semplice insegnamento del mestiere, ma di svolgere altresì opera di sensibilizzazione politica e sindacale nei confronti dei giovani che, lasciato il Centro, andranno a lavorare nelle fabbriche italiane, ma soprattutto eu-
ropee (Francia, Olanda, Germania, Svizzera, Belgio). E' emerso anche — e questo costituisce un fatto gravissimo perché dimostra la collusione fra Mons. Benatti ed il mondo del capitale straniero, conclusione che testimonia ancora una volta di un vero e proprio commercio, tanto scandaloso quanto lucroso, di manodopera giovanile qualificata tra l'ANAP e l'industria tedesca (Siemens, Man, BMW, Bosch, Volkswagen) — che i grandi industriali tedeschi finanziatori fin dal suo nascere dell'ANAP ITALIA ma ancor più dell'ANAP-TEDESCA hanno chiesto esplicitamente allo stesso Mons. Benatti un completo rinnovamento del personale insegnante in quei Centri laddove « si fa troppa politica ».
L'assemblea del personale ha, però, manifestato la volontà di continuare la lotta e di rivolgersi in maniera ancora più incisiva ai rappresentanti politici locali e nazionali ed alle autorità competenti per la pubblicizzazione dell'Ente, onde sottrarre ai privati (leggi Mons. Benatti) il potere su una attività che è e deve sempre più divenire un servizio pubblico e non un mezzo attraverso cui arricchirsi illecitamente con il danaro dello Stato.
L'opinione pubblica deve essere informata, che la direzione dell'Ente sta da alcuni mesi simulando una crisi nell'intento di poter ristrutturare (leggi: licenziare il personale scomodo, ovvero troppo politicizzato e sindacalizzato) a suo piacimento i sette centri ANAP-CISO distribuiti sul territorio nazionale. Mcns. Benatti vuol dare ai padroni italiani e stranieri dei giovani operai ossequienti dell'ordine costituito e rispettosi della pace sociale, dei giovani operai che credono ancora che capitale e lavoro possono, anzi devono, convivere pacificamente per il bene comune e che ogni conflitto va superato. E questo, si badi bene, non perché egli ne sia intimamente convinto, ma perché gli consente di incrementare il suo già cospicuo patrimonio immobiliare: appartamenti, interi condcmini a Milano, sette cinematografi a Carpi (Mons. Benatti è originario di Carpi ), tre ville a Tirrenia, una tipografia, una fabbrica di ceramica l'« Euroceramica »; il tutto in conto CISO (Centro Italiano Specializzazione Operai) di cui è Presidente a vita, dopo una prima sfacciata intestazione di molti di questi beni ai parenti (numerosissimi).
Un patrimonio privato di miliardi, tutto sulla pelle degli allievi dei suoi corsi, sui soldi dei lavoratori. L'assemblea dei lavoratori dell'ANAPCISO, dopo aver analizzato l'attuale situazione è passata ad esaminare gli sviluppi delle trattative del contratto nazionale di categoria, scaduto il 31 dicembre, interessante il personale insegnante e non insegnante dei Centri di formazione professionale.
A questo riguardo i lavoratori hanno deliberato di aderire allo stato di agitazione con l'astensione dal lavoro, in tutta la Regione Lombardia, il giorno 22 marzo, in concomitanza con la manifestazione nazionale che si terrà a Roma, davanti alla sede del Ministero del Lavoro.
In ogni caso l'« affare ANAP » potrà trovare una sua totale soluzione solo attraverso la gestione sociale dell'Ente (vedi Milanodieci dicembre 73 e gennaio 74) che interrompa una volta per tutte il vergognoso mercato di braccia che Mons. Benatti da vent'anni ormai sta conducendo con il tacito avallo delle forze politiche più retrive del nostro Paese. Mentre il giornale era già impaginato ci sono giunte tre notizie che vi diamo in breve: E' stato eletto il nuovo presidente dell'ANAP ( di quella sezione che cura l'addestramento professionale dei giovani ma non ha in mano la parte economica) nella persona del Sen. Alessandro Menchielli ex-Psiup, ora membro del Comitato Centrale del Psi, vicinissimo al ministro del Lavoro Bertoldi; Mons. Vincenzo Benatti è stato rinviato a giudizio per frode a danno dello Stato, per truffa ed interesse privato in atti d'ufficio. I corsi nel centro di Milano avranno inizio con la prossima Pasqua.
25 APRILE
Tra 1'8 settembre del 1943 e il 25 aprile del 1945 in Italia avvennero profondi sconvolgimenti. Grandi masse di popolo, operai, contadini, intellettuali, diventarono in quei mesi protagonisti diretti della storia. Alla crisi del regime fascista, allo stato e al suo potere che si sbriciolava ovunque, si sostituirono forme dirette di autogoverno, elementari ma valide. Si formava elementari ma valide. Si formava un esercito di popolo che, sino all'insurrezione generale del 25 aprile 1945 ruppe le dighe dell'apparato repressivo nazi-fascista. Non ci si venga a dire che la resistenza fu multicolore, se ciò significa che era portatrice degli sbocchi che ha avuto successivamente la storia del nostro paese. Qualunque partigiano, rosso, azzurro o verde che fosse il fazzoletto, avrebbe sparato a vista contro chi gli avesse proposto, come esito della sua battaglia, una società come l'attuale. casolari che ospitarono partigiani sono in gran parte abbandonati e i contadini che vi erano vissuti per generazioni sono stati sospinti nei ghetti di qualche città: Torino, Francoforte o Zurigo non importa. Gli operai sono stati con- i dannati ad uno sfruttamento maggiore; a contare poco, lavorare molte, mangiare rabbia. Abbiamo uno stato unitario che si stringe in seno il suo codice fascista, una classe dirigente corrotta e senza scrupoli che ci fa pagar caro il prezzo della sua crisi, e infine forze politiche tradizionalmente di sinistra sufficientemente integrate per poter coesistere tranquillamente con questo stato di cose. Non si può celebrare il 25 aprile senza riflettere e in primo luogo valutare se le cose potevano andare in modo diverso. Certo, H guerra non fu vinta dai soli partigiani. Il 25 aprile fu un'insurrezione popolare, ma tre giorni dopo a Milano arrivarono gli alleati. E vi era stata la conferenza di Yalta, l'accordo tra le grandi potenze, la divisione del mondo in sfere d'influenza e tutto quanto di controrivoluzionario ciò ha potuto rappresentare. Una insubordinazione armata ai grandi « padrini » della storia avrebbe forse potuto esserci (e \ fu in Cina), avrebbe avuto probabilità di vitto ia solo dilagando su dimensioni geografiche molto più vaste dell'Italia, di dimensioni europee. I partigiani greci tentarono di rifiutare la dominazione anglo-americana, ma furono lasciati soli e per questo battuti. La loro sconfitta è stata usata poi per propagandare la rassegnazione. Eppure vi furono anche debolezze ed errori soggettivi. Era prevalsa una lotta che limitava i suoi obiettivi alla cacciata dei fascisti e dei tedeschi; era, quella, una concezione di vertice estranea alla realtà del sommovimento popolare che sconvolse l'Italia in quegli anni, ma prevalente sul piano politico. Si affermò una concezione della alleanza antifascista come momento in cui dovevano essere messe a tacere tutte le altre contraddizioni della società. Celebrare il 25 aprile, quest'anno, significa innanzitut-
to vincere il referendum, battere la Dc e i fascisti. Il referendum è il tentativo grossolano dell'avversario di classe, capeggiato ora dal « piccolo Cesare » Fanfani, di cementare un blocco reazionario e moderato, isolare la lotta operaia e le sue prospettive di socializzazione, riaprire così su basi di forza il dialogo con lo schieramento frantumato del padronato e il ricatto verso il Pci il Psi.
FABBRICHE
La GEA (litografia) mobilitata per la salute in fabbrica
Cause ben precise hanno sempre condizionato la salute degli operai all'interno delle fabbriche, dovute a diversi motivi politici, economici e di classe.
Negli anni trascorsi gli obiettivi da noi posti sono sempre e soltanto stati obiettivi salariali. Quando ci si è accorti che la lotta condotta su questi binari non ci faceva affrontare e quindi risolvere gli innumerevoli disagi che la noncuranza e la non-partecipazione del datore di lavoro ci arrecavano si è iniziata tra di noi una maturazione ed una coscienza diversa.
Si è capito, innanzitutto, che lo straordinario, strumento di pressione e di ricatto, era nocivo per svariatissimi motivi. Disturbi, innanzi tutto fisici, perché il lavorare dodici ore al giorno, logora sempre più il fisico; ma anche disturbi psichici come nervosismo, estrema irritabilità.
Si è capito che tanti prodotti da noi usati andavano verificati e controllati, si è capito che l'azienda può cambiare, può diventare più umana soltanto se saremo disposti a lottare per ottenere quello che chiediamo.
Quando si è capito che la fabbrica non è soltanto il luogo ove si trascorrono un numero di ore, ma può essere il trampolino di lancio per una reale trasformazione della nostra società, quando si è capito che il colloquio e la discussione ttra di noi può avere un reale sbocco in contatto naturalmente con forze esterne, a questo punto il Consiglio di fabbrica, espressione e volontà di tutti gli operai, ha iniziato ad avere dei collegamenti con il Consiglio unitario di zona ed, unitamente con esso ha promosso la prima indagine volta a verifica-e cause e disturbi nella nostra fab'Aica.
Consci della giustezza della nostra causa e consci della forza maturata attraverso la sensibilizzazione generale, dovuta anche ai rappresentanti sindacali unitamente a tutti coloro che ci hanno aiutato, gli operai cercheranno di rendere la fabbrica un po' più umana e cercheranno altri collegamenti nella zona perché si promuovano altre indagini tutte volte a migliorare le condizioni di lavoro.
le cooperativa kiimiilte"dii ha aperto la vendite al pubblico in V.LE MONZA 265 a 10 m. da MM Precotto (tel. 25.50.629)
Giochi Educativi per ogni età
Sussidi Didattici per la scuola
Libri per i bambini e i ragazzi
Libri per genitori ed educatori democratici
Isuellisris vuole essere punto di riferimento per chi crede di poter aiutare il bambino in questo mondo difficile a diventare un uomo capace di esprimersi sentendosi vivo.
Gli operai della G.E.A. lavoro milanodieci