MENSILE DI CULTURA POLITICA E ATTUALITA'
Come migliorare la scuola materna
l'anno scorso e sta programmando un più complesso discorso di aggiornamento con un piano biennale che dovrebbe mettersi in moto entro il 1976.
Per quanto riguarda problemi più precisi, come il trasporto e la refezione, sin dall'anno scorso l'Amministrazione Comunale ha anticipato l'inizio del servizio di refezione nelle scuole materne cercando di renderlo praticamente coincidente con l'apertura delle scuole stesse e quest'anno ha per la prima volta impostato un piano organico di trasporti usufruendo dell'ATM.
mente confermato la validità delle scelte operative dell'Amministrazione Comunale.
Per quanto riguarda la costruzione di scuole, nel corrente anno sono stati realizzati o sono in fase di completamento alcuni interventi abbastanza rilevanti che, tuttavia, sono stati più che altro una "razionalizzazione" dello sviluppo edilizio precedente, scarsamente coordinato sul piano territoriale.
tamente dichiarato in pubblico, è abbastanza carente: ricordo anzi che nella seduta del Consiglio Comunale che approvò il testo attualmente in vigore, io, come indipendente, insieme al collega Prof. Carlo Cuomo, fui firmata. rio di almeno una trentina di emendamenti per la più parte respinti.
D.: Quali interventi sono stati finora attuati nelle scuole materne dalla nuova Giunta comunale per quanto concerne il miglioramento delle strutture (fabbisogno di scuole, orario del personale insegnante, trasporto e refezione)?
R.: La nuova Amministrazione sin dall'apertura dell'anno scolastico 1975/76 ha attuato il passaggio di tutte le educatrici di scuola materna ad un unico orario di 30 ore settimanali. Successivamente, nei primi mesi del 1976, l'Amministrazione Comunale ha introdotto nell'impegnativa oraria delle educatrici di scuola materna anche 20 ore al mese per la gestione sociale
e l'aggiornamento professionale: infatti, contemporaneamente, l'Amministrazione provvedeva alla realizzazione degli organi di gestione sociale per le scuole materne.
Queste "novità" nell'orario del personale educativo non vanno viste solamente sotto il profilo contrattuale perché costituiscono una condizione indispensabile, anche se da sola non sufficiente, per un salto qualitativo e di metodologia didattica nelle scuole dell'infanzia della nostra città.
Sempre a tale scopo l'Amministrazione Comunale ha realizzato, in forma puramente sperimentale, un primo tentativo di aggiornamento professionale
Sono perfettamente a conoscenza delle "polemiche" che in questi due settori (gestiti in termini funzionali dalla Ripartizione Economato) sono sorte nella città sia per quanto riguarda il costo del servizio di refezione, sia per quanto riguarda il taglio di alcune linee tradizionali di trasporto alunni.
Credo però che, passata la fase calda e la strumentalizzazione politica che si è inserita nelle polemiche ricordate (non è un caso, a mio parere, che in particolare la polemica sulla refezione scolastica abbia visto all'avanguardia i gruppi di Comunione e Liberazione che nel convegno ideologico di Rimini avevano rispolverato il concetto di pluralismo scolastico al solo scopo di attaccare le strutture pubbliche), i dati reali abbiano sostanzial-
A cosa serve un giornale di zona
problemi - difficoltà - prospettive
A cosa serve un giornale di zona? E' una domanda che il Comitato di Redazione di "Milano domani" si è posto e si pone spesso.
L'essere infatti giornale di zona pone di per sè problemi e difficoltà peculiari, ma anche stimoli e prospettive nuove. -Milano si sta ormai, sia pure lentamente, abituando a "vivere" la dimensione della zona. "Milano domani" è nato, quindi, da una reale, anche se molto spesso latente, necessità di avere uno strumento di informazione e un veicolo di partecipazione all'interno della zona. Noi oggi sappiamo che questo obbiettivo non è stato completamente raggiunto: siamo nella fase in cui lo strumento esiste ma non abbiamo ancora imparato, nè noi della redazione, nè le forze politiche, nè i cittadini, ad usarlo correttamente. Non nascondiamo che ci aspettavamo una maggior collaborazione da parte soprattutto delle forze politiche. In questo senso i partiti hanno, a parere nostro, il bisogno, e perchè no, l'obbligo, di rinnovarsi
meglio di rinnovare il loro tradizionale modo di far politica. Con questo discorso non vogliamo certamente fare di ogni erba un fascio, perchè sarebbe scorretto se non riconoscessimo che il PCI e militanti del PSI e cattolici ci hanno dato in più occasioni il loro contributo (e deve essere chiaro che non stiamo parlando di contributo economico, perché il giornale è ormai da parecchi mesi autosufficiente) Intendiamo invece parlare di contributi di idee, articoli, segnalazioni di fatti e di cose che avrebbero meritato spazio nel giornale e che le forze politiche, chi più chi meno, non sempre hanno sentito il bisogno di farci pervenire. Siamo convinti, invece, che sarebbe utile e anche doveroso, da parte dei partiti far conoscere ai cittadini le loro idee anche soltanto le loro impressioni su tutto ciò che in qualche modo riguarda la zona. Forse se il dibattito attorno al Piano Regolatore o ai nuovi poteri dei Consigli di Zona, tanto per fare un esempio, fosse arrivato direttamente sulle pagine di "Milano
domani", ne sarebbe derivato un vantaggio per tutti: per i cittadini che sarebbero stati così informati direttamente dai loro rappresentanti più vicini, per i partiti che avrebbero avuto l'occasione di parlare ai loro elettori in modo diverso e più immediato, per il giornale che avrebbe potuto svolgere meglio la sua funzione.
Per quanto riguarda il giornale visto come veicolo di partecipazione dal basso, si può dire che le cose stanno migliorando. Dopo i primi mesi avevamo paura di aver fatto un buco nell'acqua; a partire da quest'estate, invece, qualcosa si sta muovendo. Abbiamo ancora molto da fare per stringere rapporti più stretti con la gente dei nostri quartieri, però, già da ora, possiamo dire che i momenti di collaborazione esterna stanno aumentando di mese in mese: pensiamo comunque di dover fare uno sforzo per spiegare meglio che il giornale è aperto a tutti e che tutti possono dare il loro contributo.
Dovremo inoltre riuscire a tesegue a pag. 2
Il problema però degli interventi dell'Amministrazione Comunale va inquadrato nel più generale problema degli interventi degli Enti Locali per opere pubbliche in un momento in cui - senza un definitivo chiarimento dei rapporti con lo Stato e la Regione - tutti gli Enti Locali, anche i meglio amministrati, si trovano praticamente paralizzati per una ormai intollerabile carenza di disponibilità finanziaria.
D.: Per quanto riguarda l'attuazione degli organi collegiali delle scuole materne, gradiremmo conoscere la sua opinione sulle caratteristiche diverse, e a nostro parere migliorative, rispetto agli analoghi organismi della scuola dell'obbligo, ad esempio per quanto riguarda la pubblicità delle sedute, il collegamento con i Consigli di zona, ecc.
R.: Il regolamento che ha attuato gli organi collegiali nelle scuole materne, come ho ripetu-
Nonostante questa riconosciuta carenza, abbiamo ritenuto di attuare lo strumento regolamentare perchè, comunque, introduceva un principio certamente valido, cioè quello della gestione sociale all'interno delle nostre scuole comunali e quindi favoriva l'istituzionalizzazione della partecipazione dei genitori al processo educativo. Il regolamento, inoltre, introduceva anche un principio di collegamento con la realtà territoriale (attraverso i rappresentanti dei Consigli di Zona che dovrebbero essere un primo elemento di sintesi tra il momento del microcosmo della scuola e il più aggregato momento del territorio).
Nel corso dell'anno, inoltre, abbiamo deliberato la pubblicità delle riunioni dei Consigli di Scuola come ulteriore elemento di apertura della scuola alla società.
D.: Sotto l'aspetto pedagogico-didattico che valutazione dà della dotazione media di attrezsegue a pag. 2
Crisi al Consiglio di Zona
Dimissioni del Presidente (di Democrazia Proletaria) che non accetta la condanna dei gravi fatti di violenza successi a Milano il 7 dicembre.
Nel corso della riunione del Consiglio di zona del 9 dicembre è successo ciò che ormai ci si attendeva da alcune settimane: Fuso Nerini, Presidente del Consiglio di zona, ha dato le dimissioni.
Le motivazioni, oltre che nel dissenso del suo partito con le scelte della Giunta di Milano (ma cosa c'entra questo col nostro Consiglio di zona?), vanno ricercate soprattutto nella sua non accettazione dei documenti di condanna dei gravi fatti di violenza, verificatisi a Milano nei giorni scorsi, presentati uno dal PCI, PSI, PSDI, PRI e l'altro dalla DC. Tutti i partiti hanno accettato le dimissioni, prendendo atto della radicale differenza di opinioni esistente fra l'ex Presidente e tutto il Consiglio di zona.
Per quanto ci riguarda non possiamo che fare nostre le parole che concludono il documento unitario prima citato: "Il Consiglio di zona respinge e condanna ogni tentativo di strumentalizzare e stravolgere le rivendiéazioni e la protesta contro l'emarginazione nella quale sono costretti i giovani, con atti di inconsulta e immotiva_violenza giustificati solo da una logica
La redazione di MILANO DOMANI si stringe ai cari amici Carla e Mino Grassi nel momento di sconfinato dolore per la perdita dell'adorato figlio
MAURO
strappato al loro affetto e alla vita a soli nove anni.
Milano, 24 novembre 1976
Esce il 15 del mese (luglio e agosto esclusi) ANNO II - zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA n. 8\..avventurista e irresponsabile".
dalla prima
COME MIGLIORARE
LA SCUOLA MATERNA
zature didattiche a disposizione delle scuole e sulla preparazione delle insegnanti?
R. : Esprimere un giudiziosulla "preparazione delle insegnanti" sarebbe presuntuoso. E' certo, almeno per la mia esperienza, che nella scuola materna milanese sono in corso una serie di interessanti fenomeni educativi: anche se scarsamente noti all'esterno, per un limite di diffusione e divulgazione che dobbiamo cercare di superare.
E' certo che buona parte del personale educativo è estremamente disponibile ad esperienze impegnate ed avanzate; è però altrettanto vero che nel complesso della struttura esiste anche un modo di considerare la scuola materna che definirei estremamente tradizionale e di ordinaria amministrazione.
D'altra parte il discorso sulla preparazione professionale è molto rilevante: perchè dovrebbe partire da un esame delle scuole da cui esce il personale educativo, scuole che sono indiscutibilmente superate e dovrebbe, forse, puntare ad un ribaltamento complessivo della tradizionale ottica in cui è visto l'insegnamento nel nostro paese per cui si richiede ad esempio il livello universitario per gli insegnanti delle scuole superiori, mentre si ritiene per il personale educativo delle scuole materne possa bastarc una qualunque scuola... di buona volontà, normalmente religiosa! Sono ora in alcuni dei progetti legislativi di riforma della scuola materna appare un coerente legame tra il livello di preparazione professionale di partenza del personale educativo (livello che, ad esempio, nel progetto del Partito Comunista viene definito "di grado universitario") e la funzione che alla scuola materna si attribuisce e che è senza dubbio, almeno a mio parere, la più importante e delicata delle strutture educative poichè interviene in un momento in cui si sta formando la personalità del bambino.
L'Amministrazione Comunale, come ho già accennato, intende proporre un ampio programma di aggiornamento professionale ed è certa di trovare la più ampia e consapevole adesione della maggioranza del personale educativo.
Per quanto riguarda la dotazione media delle attrezzature didattiche nelle scuole materne milanesi, poichè da alcuni anni tradizionalmente l'Amministrazione Comunale non fornisce direttamente un'attrezzatura base ma unicamente mezzi finanziari (certamente troppo pochi) per la gestione delle scuole, mi pare non sia possibile una valutazione generalizzata sul territorio cittadino.
Personalmente ritengo - ma è questa una mia opinione puramente individuale - che una serie di dotazioni base, soprattutto di uso collettivo, debba essere fornito direttamente dal Centro e sto predisponendo un piano su tale linea.
D.: In relazione alla legge 444 del 1968 sugli impegni dello Stato per l'attuazione delle scuole dell'infanzia, come interviene la Amministrazione Comunale dove lo Stato è carente e quali problemi comportano queste inadempienze?
R.: La domanda sull'impegno dello Stato per l'attuazione della scuola dell'infanzia posta nella realtà milanese suona tristemente ironica: se le Amministrazioni Comunali che si sono succedute a Milano avessero atteso le attuazioni della Legge 444 del 1968, attualmente a Milano non vi sarebbe, in pratica, scuola materna. Le conseguenze della sostanziale non applicazione delle Legge statale hanno costretto l'Amministrazione Comunale milanese all'assunzione di oneri che sono di estrema rilevanza.
Nel bilancio 1975/76 la gestione delle scuole materne, indipendentemente dagli investimenti per gli edifici scolastici, si aggira su una somma di circa lire 25 miliardi: cosa ciò rappresenti in un momento quale è quello che stiamo attraversando, è facilmente comprensibile.
D. : Può brevemente illustrarci la situazione delle scuole di Ponte Lambro ed in particolare l'impegno dell'Assessorato all'Educazione in merito ai tempi di costruzione della scuola materna?
R.: Ponte Lambro paga la dissennatezza di un modo di sviluppo urbanistico della nostra città: con lo sviluppo di interventi di edilizia popolare, pubblici o cooperativistici, a cui non è seguito lo sviluppo delle strutture dei servizi sociali.
D'altra parte la nuova Amministrazione di fronte al dramma della carenza delle abitazioni nella nostra città non può certamente non occupare gli alloggi liberi in attesa di riuscire ad adeguare i servizi sociali ed educativi.
Siamo quindi intervenuti con soluzioni di pura emergenza (trasferimento della scuola materna nel plesso di scuola media, riattivazione della scuola di Monluè, ecc.) nel tentativo di rendere comunque meno drammatica la situazione.
Siamo impegnati al massimo per quanto riguarda appunto l'adeguamento dei servizi sociali con l'esecuzione entro il corrente anno dell'appalto per la nuova scuola materna di Ponte Lambro e la ricerca di una soluzione, la più celere possibile, per quanto attiene alla scuola elementare.
A COSA SERVE UN GIORNALE DI ZONA nere aperta la sede del giornale almeno alcune sere la settimana. Forse non è inutile sottolineare che i componenti del Comitato di Redazione sono tutti lavoratori, operai e impiegati, nessuno dei quali aveva precedenti esperienze giornalistiche, e questo per dire che scrivere sul nostro giornale non implica la necessità di essere degli esperti: basta avere delle cose da dire e credere che sia importante farle conoscere agli altri.
Altro problema importante sul quale indiscutibilmente siamo in ritardo, è quello dei nostri rapporti con gli organismi di nuova democrazia: le organizzazioni sindacali di zona, i consigli di fabbrica, i consigli di istituto e di circolo, in parole povere il mondo del lavoro e quello della scuola. Spesso quando abbiamo cercato di affrontare la questione delle fabbriche e della scuola ci siamo trovati in difficoltà: probabilmente in alcune occasioni abbiamo dato l'impressione di calare dall'alto o quanto meno di essere degli estranei. Per quanto riguarda il mondo della scuola, noi crediamo sia utile che i Consigli scolastici e le Associazioni dei genitori si sforzino di comprendere che uno dei
Il giornale di zona come strumento per cambiare
di Giorgio VitrottiPer definire in modo non del tutto astratto quale può essere la funzione di un giornale di zona occorre innanzitutto tentare di identificare una fisionomia del giornale e di cogliere le caratteristiche fondamentali della zona.
Il giornale, a mio avviso, dovrebbe essere interessante. Si dirà che questo è lapalissiano, ma proviamo ad analizzare che cosa vuol dire « interessante ». È ciò che risponde ad un interesse? È invece ciò che stimola un interesse? Dalla risposta che diamo consegue direttamente la fisionomia del giornale e la sua possibile funzione.
Se infatti il giornale vuole rispondere ad un quadro di interessi esistenti non c'è che da individuare quali sono gli interessi predominanti fra i potenziali lettori e fornire loro un foglio su misura.
E' quanto fanno i ritocalchi e molte altre pubblicazioni. Ma a che pro nel nostro caso?
Se invece il giornale vuole destare, stimolare, promuovere interessi inesistenti, sopiti, non identificati, non maturi, allora partirà considerando i propri lettori persone « intelligenti ». Anche questa è un'affermazione banale, ma è proprio considerando l'intelligenza del lettore come sua capacità di capire un discorso, che può prendere le mosse il discorso stesso.
E questo discorso deve avere dei contenuti. Questo ci porta a spostare la nostra attenzione dal giornale, così identificato come « interessante » e diretto a lettori « intelligenti », alla zona in cui il giornale vive.
Mi sia consentito di prendere il problema da lontano. La società in cui viviamo oggi è il prodotto, evidentemente instabile, perchè in continuo evolversi, di elementi in parte contraddittori che provengono dalla sua storia: elementi derivanti da realtà di tipo patriarcale, di tipo agricolo, di tipo artigianale, di tipo industriale, e così via. Tutti questi elementi si compongono e ristrutturano in modelli di vita, in modelli di comportamento nei quali certi elementi previlgono su altri per il valore che assumono nell'offrirsi come risposta ai bisogni e alle motivazioni degli individui: il successo, il benessere economico, il prestigio individuale si impongono con particolare evidenza come dominanti nella società consumistica. La stessa società però denuncia con tragica crudezza le proprie contraddizioni attraverso la propria crisi, attraverso i comportamenti abnormi deilenomeni delinquenzali e. soprattutto attraverso l'emarginazione, l'emarginazione elevata a sistema, metodica e spietata, del povero, del
motivi della crisi che stanno attraversando è costituito proprio dall'isolamento in cui si trovano. Desideriamo riaffermare che il Comitato di Redazione intende mantenere la sua autonomia e la sua indipendenza, ma abbiamo anche scritto che il nostro è un giornale aperto al contributo di tutti; ebbene, se è vero che non possiamo diventare il portavoce del mondo della scuola, perchè sarebbe sbagliato, è altrettanto vero che proprio il mondo della scuola, meglio di chiunque altro, potrebbe "usare" il nostro giornale.
Queste. che abbiamo esposte sono alcune possibili risposte alla domanda: "a cosa serve il giornale". Sono risposte, ma soprattutto offerte, offerte di un uso migliore del giornale stesso. Restano ancora da sottolineare altri aspetti positivi, o comunque stimolanti, del nostro lavoro.
In primo luogo, non abbiamo concorrenza, e se ciò testimonia purtroppo di uno scarso sviluppo della vita politica, associativa e culturale della zona, è anche vero che ci garantisce maggior tranquillità dal punto di vista editoriale.
Al di là di questo, comunque, il momento più vivo e più utile
vecchio, dell'inefficiente, del malato, del diverso. La zona è un'area territoriale di questa società, con tutti i suoi problemi e le sue contraddizioni, ma l'essere topograficamente definita le offre delle possibilità particolari: la sua realtà è concreta, le sue contraddizioni sono tangibili e all'interno di questa realtà e di queste contraddizioni si può, se si vuole, operare un « cambiamento ».
le da farlo entrare nel dialogo, non più destinatario di un discorso ma interlocutore, non più spettatore ma attore, non più parte di una realtà ma partecipe.
A questo punto non può esser tutto fatto da parte del giornale, anche il lettore, anche il cittadino del quartiere, della zona, deve fare qualcosa. Deve rompere qualche abitudine, deve mo-
I problemi della scuola, dei giovani, degli anziani, della casa, della salute possono essere colti e analizzati nella realtà concreta della zona e in questa realtà si può operare il « cambiamento» che è innanzitutto nella coscienza dei problemi, della loro realtà quotidiana, del loro riguardare tutti, dell'esserci dentro, toccati, colpiti direttamente o indirettamente, volenti o nolenti. Questo imparare a riconoscere i problemi che si vivono nella loro interezza sociale, questo scoprire una dimensione più ampia del proprio microuniverso, questo coinvolgimento necessario e inevitabile è la base della « partecipazione »: del sentirsi parte e del prender parte alla vita del quartiere o della zona ed entrare quindi in modo cosciente in quel processo di interazione che avviene fra la propria realtà individuale e la realtà sociale.
A questo punto è evidente la risposta al quesito da cui siamo partiti.
Qual'è la funzione di un giornale di zona? È essenzialmente stimolare, promuovere, favorire questa «partecipazione » proponendo quei temi che costituiscono la realtà del quartiere e facendo in modo che ognuno scopra in essi un minimo di coinvolgimento, ta-
della nostra attività è quello che riguarda tutto quel lavoro di connessione o addirittura di cucitura che un giornale di zona può svolgere. Le zone di Milano, come suddivisione territoriale, sono nate in qualche ufficio comunale, grazie ad una riga tracciata sulla piantina della città: non esistevano nella storia, nella coscienza, nella cultura dei milanesi. Probabilmente non c'era altro modo di farle nascere, ma adesso che ci sono, se vogliamo che "vivano" dobbiamo, tutti, considerarle unità complessive, ma facenti parte del tutt'uno che
dificare qualche comportamento, deve abbandonare qualche sistema di riferimento quando questo non gli consente la flessibilità critica necessaria per mettere in discussione certi assunti considerati scontati, assoluti e immodificabili. Deve, sostanzialmente, diventare « adulto » nel senso di non accettare la realtà strutturale (organizzazione statale, istituzioni, ecc.) come già « fatta » e soprattutto come fatta da altri, fatalisticamente immodificabile, né accontentarsi di cedere ed altri il compito di rappresentarlo perchè se ne intendono.
« Partecipare » significa essere coscienti della propria identità, della propria possibilità di modificare le cose, di renderle agibili, fruibili, e non altre, aliene, estranee.
Ora lasciamo ad altri di esaminare se Milano Domani Zona 13 è un giornale «interessante» per lettori «intelligenti 4 (ma intelligenti, mi raccomando, non istruiti) e di chiedersi se adempie alla funzione di suscitare «partecipazione » tale da ottenere « cambiamento ».
Nel concludere però auguriamoci veramente, seriamente, che l'abitante del quartiere non rinunci ad essere «adulto ».
è Milano: tutto ciò però senza "campanilismi" e rivalità assurde. E' anche per questo che fin d'ora ci poniamo il problema di ampliare l'ambito territoriale di presenza e di diffusione di "Milano domani", per proporlo come strumento di aggregazione di forze politiche e sociali in uno spazio contiguo e omogeneo. Sono questi alcuni dei motivi che riteniamo giustifichino la presenza e il perché di un giornale come il nostro. Su tutto ciò apriamo un dibattito del quale, fin da questo numero, pubblichiamo un primo intervento.
Un problema che coinvolge tutti Dire la verità
Si fa un gran parlare della droga, ma come spesso accade, ciò avviene sull'onda di spinte emozionali, quindi molto raramente ci si sente direttamente investiti dalla realtà del problema.
Oggi i! fenomeno delle tossicomanie è molto più diffuso di quanto comunemente si creda; vedremo di ripercorrere a grandi balzi le tappe che durante gli anni ci hanno portato a questa situazione.
Anticamente l'unica droga diffusa e sfruttata era l'oppio. In Cina tale sostanza era usata per fini religiosi, la sua produzione però era scarsa e quindi la diffusione abbastanza contenuta.
Quando gli Inglesi occuparono l'India, vista l'enorme quantità di piantagioni che ivi trovarono, si resero conto di poter esportare la droga in Cina a prezzi bassissimi. Questa decisione provocò dure reazioni da parte del governo cinese, il quale vide in poco tempo decuplicare il numero di persone dedite alla droga, e come decisione
immediata bloccò le importazioni. La politica imperialista condotta dall'Inghilterra non fece attendere molto la sua risposta: fu la guerra. Guerra che si concluse due anni dopo con il trattato di Nanchino che garantiva agli Inglesi il diritto al commercio dell'oppio. _ In occidente per tutto 1'800 l'oppio era il prodotto più usato e pubblicizzato; l'Inghilterra stava vivendo la rivoluzione industriale e per calmare le lotte che la nascente classe operaia stava sperimentando non si trovò niente di meglio che diffondere l'uso di prodotti ad alto contenuto di sostanze stupefacenti e ridurre così a zero la protesta generata del malcontento.
E questo uno dei primi esempi di uso, da parte del capitalismo, di questi strumenti, uso che tutt'ora viene gestito ad arte con Io stesso movente.
Engels cita come esempio il caso di uno sciroppo pubblicizzato come panacea per tutti i mali (analgesico. tran-
quillante, calmante dei dolori mestruali, per i bambini contro la tosse, per calmare i morsi della fame) il cui nome era Godfrey's Cordial e i componenti base erano: oppio e laudano. Negli stessi anni, 1803, Adams Seturner, un farmacista tedesco, scopri un alcaloide ottenuto dalla sintesi dell'oppio, molto più potente rispetto al prodotto base, e destinato a sconvolgere la scienza farmaceutica: la morfina. La sua diffusione fu rapida, ma divenne addirittura travolgente quando intorno al 1840 fu scoperta la siringa; il successo dell'accoppiata siringa-morfina fu immediato. 54 furono le malattie che secondo la pubblicità il nuovo farmaco poteva guarire: dal diabete all'anemia, dal tetano alla ninfomania. Contemporaneamente si diffuse tra i ceti più poveri un'altro flagello che arrivò dove non arrivavano gli altri stupefacenti e sortì effetti quasi simili: l'alcoolismo. Vediamo di analizzare chi sono i consumatori e quali classi sociali rappresentano. In Inghilterra abbiamo già visto che il problema interessa soprattutto il proletariato nascente; in America invece la diffusione interessava fasce più ampie di popolazione e coinvolgeva anche le donne, le quali, per nascondere alle famiglie (in genere borghesi) il loro bisogno di denaro, si prostituivano. Si allarga in tutti gli Stati Uniti il fenomeno della delinquenza organizzata, e l'opinione pubblica sapientemente incanalata crede di individuare negli immigrati cinesi i principali responsabili di tale situazione, hanno inizio dure rappresaglie nei loro confronti. Vengono approvate leggi che vietano l'uso dell'oppio, quindi i consumatori per non correre il rischio di finire in prigione passano sempre in maggiore quantità alla morfina divenendo in breve tempo tossicomani. A sbloccare, si fa per dire, la situazione ci pensa la Bayer che nel 1898 lancia sul mercato un farmaco che avrebbe tutti i pregi della morfina e però non provocherebbe dipendenza, inoltre sarebbe utile per tutti coloro i quali volessero liberarsi dalla schiavitù della morfina, in quanto questo ritrovato permetterebbe la disintossicazione senza che l'organismo abbia a soffrire sindromi da astinenza. Sulla base di tutti questi meriti il prodotto viene lanciato con una campagna imponente, e viene battezzato con un nome accattivante: Superfortina. Tale nome altro non è che la traduzione del nome tedesco che la ditta gli diede (Heroisch) e che è facilmente individuabile per quella panacea che in effetti è: EROINA. Di ciò parleremo in un prossimo articolo.
Perchè l'eroina uccide
Quando si parla di droga non bisogna mai dimenticare che il problema è si nzedico-farmacologico ma anche, e forse soprattutto, psicologico e sociale. Questo vuol dire che le informazioni scientifiche al riguardo devono essere interpretate e verificate nella realtà di tutti i giorni.
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Per una spiacevole trasposizione tipografica del testo, una parte della lettera di DINO BATTAGLIA dal titolo "UN CORAGGIOSO ESPERIMENTO DI SCUOLA INTEGRATA IN VIA DECORATI" pubblicata sul numero di novembre del nostro giornale è risultata incomprensibile. Ci scusiamo dell'errore con l'autore della lettera e con i lettori.
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La denominazione di droga è quanto mai imprecisa: potremmo definire le droghe come quella classe di sostanze che, attrpverso la loro azione sul sistema neri,oso centrale, provocano sensazioni piacevoli a chi le ha assunte. È evidente che anche diverse sostanze di uso comune rientrano in questa definizione: per esempio, l'alcool, la caffeina, la nicotina. Non c'è dubbio che da un punto di vista farmacologico queste sostanze siano « droghe » . Esse invece non lo sono da un punto di vista sociale perché, entrate ormai a far parte delle nostre abitudini e anche della nostra cultura, hanno perduto quel carattere di « pericoloso » e di « proibito » che è automaticamente associato all'idea di droga. Questa situazione, che esiste oggi qui in Italia, non è però valida per sempre o per altri Paesi. Basti pensare alla situazione dell'America degli anni '20, quando l'alcool, considerato appunto una droga, era proibito (il proibizionismo). Durante quel periodo lo spaccio clandestino di alcool rappresentò un colossale affare per la delinquenza americana. Ricordando quella ed altre esperienze c'è oggi chi propone che sia permesso vendere liberamente (liberalizzazione) le così dette droghe leggere, soprattutto quelle del gruppo della cannabis, o canapa indiana ( marijuana, hashish, che nella sottocultura dei drogati sono chiamate erba, pot, spinello, ecc.). La richiesta è basata sul fatto che queste sostanze, anche se assunte per lungo tempo, producono effetti dannosi molto scarsi e non danno una' vera assuefazione. Bisogna però domandarsi se, ed in quale misura, l'uso della marijuana dipenda realmente dal suo modesto effetto euforizzante e socializzante, dalla sua capacità di provocare talvolta piacevoli sogni ad occhi aperti, o non piuttosto dalla sensazione, o dal desiderio, connaturato con la mentalità degli adolescenti, di fare qualcosa di diverso e di proibito. Se questa seconda ragione fosse preminente la liberalizzazione non provocherebbe effetti duraturi: ad un momentaneo aumento dell'uso di marijuana seguirebbe probabilmente il suo abbandono da parte di chi è attirato da esperienze più « eccitanti » Purtroppo proprio questo fenomeno sta avvenendo oggi, sia pure per altre ragioni, sotto i nostri occhi, senza peraltro provocare reazioni adeguate. Fino a qualche anno fa i drogati, che erano anche in numero molto minore dell'attuale, prendevano in gran parte marijuana; altri prendevano droghe già assai pericolose, come l'LSD e le anfetamine, ma solo pochi erano abituati ai terribili derivati dell'oppio, soprattutto all'eroina. Oggi sembra che le altre droghe siano quasi scomparse dal mercato e che gli spacciatori stiano lanciando, con una specie di macabra « campagna promozionale clandestina, proprio l'uso di massa dell'eroina. Quest'ultima non è diversa dagli altri oppiacei, come la morfina, per il suo meccanismo di azione, ma è soltanto capace di giungere molto più rapidamente al cervello dopo la sua somministrazione. L'iniezione endovenosa di eroina (il bucarsi dei drogati) è quindi seguita immediatamente da una sensazione intensissima di serenità, euforia, scomparsa del dolore; il drogato tende ad isolarsi e a vivere da solo qUeste sue sensazioni. Si tratta di sensazioni obbiettivamente piacevoli, ma di carissimo prezzo. Si possono pagare subito se la dose è stata troppo alta, perché gli oppiacei avvelenano il centro nervoso del respiro, e la conseguente incapacità di respirare porta rapidamente a morte. Si pagano nel tempo, perchè gli oppiacei sono spaventosamente attivi nel provocare due fenomeni: la tolleranza e la dipendenza fi-
sica. La tolleranza comporta la necessità di aumentare progressivamente la dose per ottenere l'effettomentre nell'individuo normale una dose di 10 mg di morfina è già completamente attiva, 30 mg cominciano ad essere tossici e 120 mg sono spesso fatali, si conoscono drogati capaci di prendere fino a 5 g (= 15000 mg) di morfina al giorno. D'alito canto avere dipendenza fisica per un eroinomane significa avere bisogno sistematicamente, ogni 6-8 ore, della sua dose (come abbiamo visto crescente) di droga. Se questa non gli viene data, a partire da 8-12 ore dopo l'ultima somministrazione si sviluppa un quadro drammatico di sofferenza (la cosi detta « sindrome di astinenza » ) che dura anche 7-8 giorni e che può addirittura concludersi con la morte. Quindi il drogato che cerca la sua dose di eroina con tutti i mezzi non sta cercando soltanto il suo « piacere » ma sta soprattutto cercando di sfuggire, sia pure momentaneamente, al terribile destino che egli conosce bene. È importante che si sappia che gli oppiacei non sono di per sé capaci di spingere il drogato ad azioni criminali; è invece il bisogno di procurarsi la droga che è la causa diretta di queste azioni. Negli ultimi anni si è cominciato a capire quali sono le cause biologiche della dipendenza fisica e della tolleranza. In breve si può dire che gli oppiacei interferiscono con un meccanismo specifico di controllo del dolore che esiste nel sistema nervoso. Questo meccanismo normalmente lavora a basso livello, perchè il dolore è un formidabile sistema di protezione (pensate a quante volte ci taglieremmo o bruceremmo se non sentissimo dolore delle ferite e delle bruciature). Nel drogato da oppiacei le cellule nervose si abituano a funzionare con un livello di controllo più alto; quando la concentrazione della droga diminuisce nel cervello queste cellule diventano ipersensibili agli stimoli, che l'individuo drogato avverte come dolore. E quindi evidente che la disintossicazione (che purtroppo è spesso lunga e dolorosa, ma è possibile) richiede non la sospensione degli oppiacei ma piuttosto la sostituzione dell'eroina con una sostanza analoga più maneggevole e la progressiva diminuzione della dose. Queste misure dovrebbero essere attuate in un ambiente il più possibile favorevole (dal punto di vista psicologico) e controllato. Da tutto questo credo risulti chiaro che la diffusione degli oppiacei, ed in particolare dell'eroina, rappresenta un vero crimine sociale. Nona caso in questa attività risultano coinvolti, come denunciato ripetutamente dai giornali, anche alcuni tra i personaggi più squallidi della criminalità politica di estrema destra. Questa opera nefasta non si blocca solo con misure di polizia (che peraltro sembrano scandalosamente inadeguate) ma anche, e soprattutto, con una capillare informazione di massa e con una coraggiosa politica sociale. Bisogna combattere le cause sociali che portano alla tossicomania; bisogna che tutti, soprattutto i giovani, sappiano che bastano anche poche dosi di eroina (talvolta prese per incoscienza, per giuoco o per evadere per breve tempo da una vita vuota e noiosa) per costruirsi con le proprie mani una terribile schiavitù, una vita di sofferenze, di stenti, di morte.
Prof. Jacopo MeldolesiPER DIVERTIRSI ED IMPARARE
Per le feste Natalizie, due mostre di giochi didattici nei nostri Circoli: i genitori potranno cosi avvicinare nuovi metodi educativi, in modo che il regalo sia oltre che svago anche "proposta". giochi di Belgrano, Munari, Mari (ed. Danese). Le mostre si terranno sabato 18 (ore 14,30 - 21) e domenica 19 (ore 10 - 19,30) presso il Circolo Culturale "C. Marchesi", via Bonfadini 84 e il Circolo Culturale "Cinque Giornate", via Mecenate 25.
Films di infima qualità per la periferia
A conti fatti sarebbe la sala cinematografica più vicina. Ma l'« Adua » nascosto in via Monte Oliveto a Ponte Lambro non riesce certo ad attrarre gli abitanti della zona 13 accontentandosi di catturare con le sue sole 500 lire di biglietto di entrata un certo tipo di pubblico e una miriade di ragazzini.
È un po' il triste destino di tutte le sale di periferia che non possono entrare in concorrenza per questioni finanziarie con gli stessi cinematografi di seconda visione del centro raggiungibili con poca spesa con i mezzi pubblici. Così per poter mantenere i prezzi immutati si tende a noleggiare le pellicole meno costose, che quasi sempre sono di mediocre fattura e abbondantemente « stagionate ».
Le «altre visioni» proiettate in tutti questi anni rappresentano in questo modo una curiosa rassegna del film mediocre, purtroppo così frequente nella produzione cinematografica italiana.
Altre ipotesi di sussistenza per sale cinematografiche di periferia per il momento non sembrano esistere se non la proiezione di pellicole di evasione e dalla risata grassa.
Venerdì 29 ottobre
Dalla Cina con furore (1973) v.m. 14 anni
Invincibile lottatore cinese maciulla avversari nipponici e salva l'onore.
Martedì 2 novembre
Il magnifico emigrante (1975)
Divide il suo amore tra cagnetta trovatella e bella bionda ma quest'ultima lo tradirà.
Mercoledì 3 novembre
Un sorriso, uno schiaffo, un bacio in bocca.
Il cinema italiano negli anni '50.
Sabato 6 novembre
Il Vangelo secondo Matteo e Simone (1976)
Imitazione africana secondo Spencer e Hill
Lunedì 8 novembre
In questo circolo vizioso di films scadenti a basso prezzo per resistere in qualche modo alla concorrenza delle sale cittadine (che naturalmente ha il suo contrappunto nella voglia di ognuno di vedere un buon film recente e quindi portarsi in centro) i cinema di periferia sono moribondi e completamente sottomessi ai tempi e ai prezzi di noleggio delle case di distribuzione.
Vi è poi la concorrenza sempre maggiore della televisione che sembra intenzionata ad immettere nella propria programmazione in modo definitivo e costante una nutrita serie di films riuniti in rassegne dedicate al tale attore, al tale regista e così via. Se l'i-
Cinema: cerchiamo di conoscere gli autori dei film
Proseguiamo il nostro piccolo viaggio nel mondo della celluloide. L'altra volta, abbiamo parlato delle sale cinematografiche, converrà stavolta entrare proprio nel vivo e parlare dei film.
nema, priva di qualunque risvolto letterario o peggio pignolesco).
Io indicherei la enciclopedia pratica Sansoni « Il Cinema ».
(buone in particolare le annotazioni di Laura, un po' elusive quelle di Pintus).
Continuiamo in questo numero le avventure di Teresina, una esclusiva per "Milano domani". Teresina un personaggio creato da Miceli e Cluet per i nostri lettori.
Il Natale può essere visto in molti modi: Teresina lo ha vissuto cosi.
niziativa di siknili rassegne è certamente un fatto positivo e di crescita di una conoscenza più approfondita e critica, non si possono non rilevare i limiti e i pericoli di una simile scelta ché inevitabilmente induce la gente a privilegiare il piccolo schermo e la propria poltrona nei confronti della proiezione pubblica in una sala gremita e magari anche disturbata dal brusio.
Né sembrano per il momento proponibili soluzioni tipo cinema d'Essai che in periferia non troverebbero molto spazio e che comunque comporterebbero un ambizioso programma di ripresa che proprietari e gestori delle sale non sembrano in questo momento in grado di affrontare.
Per ritornare all'« Adua» ogni ipotesi di rinnovamento di scelte di programmazioni sembrano veramente molto lontane e solo un breve sguardo alla programmazione del mese di novembre è già da sola significativa. Insieme alla data di uscita del film ecco il commento del critico del «Corriere d'informazione »:
Se è vero dunque che il problema della qualità, e tantomeno del prezzo
Il sole sulla pelle (1971)
In attesa del fidanzato trova sostituto sul luogo di villeggiatura poi si tratta di scegliere.
Giovedì 11 novembre
Ogami, il pericolo giallo (1974) v.m. 14 anni
Fosca storia medioevale giapponese: le spade dei samurai sostituiscono « mani e piedi ».
Sabato 13 novembre
Mark il poliziotto spara per primo (1975)
Poliziotto da fotoromanzo, poche idee molti proiettili. Eppure piace.
Lunedì 15 novembre
Terrore sull'isola dell'amore (1975)
Ultimo paradiso è invaso dai mostri. Dopo scontata suspance, lieto fine.
del biglietto, non si risolvono con iniziative sbagliate come quelle dell'autoriduzione messa in atto nelle ultime settimane, è altrettanto incontestabile che esiste l'urgenza di un intervento che salvaguardi le proiezioni cinematografiche dalla sempre crescente concorrenza che rischia di far diventare deserte le sale e limitare la riuscita di ogni iniziativa di dibattito pubblico. E all'interno di questo discorso i cinema di periferia devono trovare il modo di avere un loro spazio di sopravvivenza e di stimolo nella vita culturale del quartiere.
Paolo Zucca
Prima di tutto un consiglio generale: evitate i film troppo strombazzanti, quelli che fanno troppe locandine sui quotidiani. Magari sono prodotti «perfetti» curati e levigati in ogni dettaglio ma, di solito proprio perchè superproduzioni sono poveri di idee.
Tenete presente che una superproduzione (genere « Lo squalo ») deve accontentare molti pubblici differenti. Per questo in genere deve far leva sui sentimenti più primordiali o generalizzati delle «masse», diciamo così, cinematografiche.
Ci sono delle eccezioni naturalmente.
« Novecento » per esempio, è una superproduzione girata con grandi mezzi finanziari ma è tutt'altro che povera di idee.
Peccato la divisione in due tronconi e peccato i prezzi salatissimi del biglietto...
Il film di Bertolucci l'ho citato per fare un'altra considerazione: se un regista vi piace cercate di scovarne, vedremo come, le altre opere precedenti.
Per esempio Bertolucci ha al suo attivo varie opere interessanti precedenti « Novecento ». Una delle prime tra le più interessanti è, a mio avviso, « Prima della rivoluzione» (1964) che sviluppava con intelligenza il tema dell'intellettuale borghese orientato a sinistra ma troppo debole per impegnarsi a fondo.
Più elusiva la sua primissima opera (« La commare secca ») derivata da una sceneggiatura di Pasolini.
Splendido invece « Il conformista» che anticipava con sapienza molti degli stessi temi contenuti in «Novecento ».
Un discorso su « Ultimo tango » sarebbe troppo lungo; basti dire che questo eccellente film non è visibile in Italia per un'infame operazione censoria.
Di difficile reperimento è anche « Strategia del ragno », prodotto per la verità per la RAI e circolato solo occasionalmente nei normali circuiti cinematografici.
Resta ancora « Partner » che rappresenta un caso a parte nella tematica di Bertolucci.
Come vedete abbiamo fatto in due parole un po' di storia cinematografica di questo regista.
Potete provarci anche voi naturalmente. L'obiettivo è quello di imparare a considerare ogni film non come una occasione isolata e casuale, o peggio due ore di evasione, ma piuttosto come un momento di riflessione e di comunicazione di un certo autore.
Qualche strumento , per questa, chiamiamola così, ricerca? (Una ricerca intendiamoci da fare tutta al ci-
Di questa enciclopedia è da sfogliare con particolare attenzione soprattutto il volume I (cineasti) con i profili, appunto, dei vari registi. Naturalmente il discorso va considerato in termini dinamici e non statici. Cioè l'enciclopedia è un inizio che va aggiornato e verificato in altri modi (per esempio le recensioni su quotidiani o leggendo seguendo i nuovi volumi sul cinema che si succedono in libreria o meglio anco-
Lo stesso ordine cronologico con cui sono trasmesse queste pellicole dà un'immagine completa e approfondita dell'opera di questi autori. Una sola piccola riserva: non crediate che il film visto in tv sia lo stesso di quello che potreste vedere al cinema ( e non parlo di tagli ovviamente). In fondo, senza scomodare McLuhan, il mezzo resta molto importante e non dobbiamo dimenticare che un film nasce per essere proiettato su un telone e non
ra scorrendo le pubblicazioni specializzate dei vari cineclub che stanno nascendo finalmente anche a Milano).
A questo punto qualcuno potrebbe chiedermi: ma seguire questi film, che fanno apparizioni saltuarie magari in cinema o cineclub lontani da casa mia non è facile. E poi si sa chi lavora non ha tempo, se non la sera, e magari ci sono i bambini ecc.
Ebbene secondo me non è necessario <‹ correre » ogni sera al cinema per potersi considerare un buon appassionato di quest'arte.
Anche qui direi che vale la regola che tende a favorire la qualità sulla quantità. Spesso anzi chi va programmaticamente al cinema tutte le sere non sa selezionare le opere artisticamente valide da quelle così così.
Infine una considerazione: finalmente la RAI trasmette dei buoni film. Recentemente la tv ha trasmesso (sul secondo canale: c'era da dubitarne?) due interessantissime serie di film su registi di primissimo piano: Losey e Bresson. Un consiglio: non perdete le presentazioni che precedono di qualche minuto la messa in onda delle pellicole
trasmesso da un televisore.
C'è da dire che la tv riduce questi inconvenienti dimostrando su altri piani una notevole diligenza (vedi il doppiaggio ex novo per alcuni film che spesso hanno avuto per la loro apparizione sugli schermi italiani un doppiaggio affrettato e scadente).
Vi chiederete il perchè. Ma è semplice: il pubblico italiano è sempre stato considerato sottosviluppato e incolto e nessuno degli esercenti ha mai creduto alle possibilità economiche di un film artistico.
Oggi qualcosa si è rotto, anche su questo fronte con la nascita e lo sviluppo di enti di distribuzione a carattere pubblico.
Il loro raggio d'azione è però ancora assai limitato. Speriamo insomma che non si tratti della classica rondine che non fa, anche in questo settore, primavera.
Il discorso sul noleggio lo riprenderemo un'altra volta, comunque. È un nodo importante che porta direttamente ai discorsi in ultima analisi economici e mercantilistici del cinema.
E l'economia, si sa; è la base di tutto. Anche per il cinema.
Un solo cinema nella nostra zona...SPRUZZATE SUL VOSTRO PANE I PROFUMI PIÙ RAFFINATI...
Fede e politica dopo il convegno della CEI
Convegno CEI. Ha suscitato commenti ed interesse su tutta la stampa. ha aperto speranze nei cattolici, che militano in partiti diversi dalla D.C. (« militate dove volete, ma restate cristiani »), è stato definito da qualcuno una svolta storica per la Chiesa. Come lo hanno vissuto i cattolici della nostra zona?
Lo chiediamo a don Pietro Carnelli, parroco di S. Nicolao della Flue: « È stato un convegno molto importante, che ha impresso alla comunità ecclesiale molta apertura, ma anche molta « dirittura », contro tutti gli sbandamenti. Con i fedeli dovremo approfondirlo. Non è però il caso che io ne parli. Vada dal Decano ... Lei capisce li rischio di dire qualcosa di inesatto ... di non concordato ».
Strana prudenza quella di don Carnelli, che teme di esprimere un giudizio personale su un fatto così importante per la Chiesa senza averlo concordato con il suo superiore. Non ha invece dubbi sull'opportunità di esprimere pubblicamente pesanti giudizi per il fatto che un bambino del quartiere è stato seppellito con rito civile e molti, anche credenti, hanno voluto essere vicini alla famiglia durante la cerimonia funebre.
Diverso don Giancarlo Cereda. che troviamo nella Chiesa di via Zama, mentre si prepara con un gruppo di
giovani a portare nella scuola la « crociata» contro l'aborto: « È stato un evento troppo complesso, per poter già esprimere delle conclusioni, ma è stato sicuramente un grande moto per inserire il Vangelo nella problematica di oggi ... il convegno ha aiutato sacerdoti e credenti a vincere ogni atteggiamento di difesa, nella convinzione che i nostri valori servono alla società.
« Perchè, chiediamo, Padre Sorge ha detto che «L'integralismo è il vero tarlo del Vangelo? ». « Perchè l'integrismo è il modo di pensare proprio di una persona che crede di sapere tutto e pretende di assimilare gli altri ai propri schemi di vita. senza riconoscere i loro specifici valori È monologo e non dialogo. È chiusura e perciò rinuncia a promuovere i valori negli altri ». « È stato anche affrontato il rapporto tra fede e politica? » In attesa di sapere l'opinione di uno dei tanti esponenti democristiani con i quali ho preso contatto, mi rivolgo ad Angelo Santambrogio, insegnante presso la Scuola popolare della zona 13. che vive con altre famiglie in una cascina al Parco Forlanini, una comunità di giovani e anziani, cementata dalla comune fede religiosa: « Il convegno si è svolto tenendo quasi sempre presente il rapporto tra fede e politica. È stato detto che la Chiesa non può fare direttamen-
Via libera al pluralismo dei cattolici
Apertosi quasi in sordina il 30 ottobre alla presenza di 1500 delegati limitatamente rappresentativi per le troppe esclusioni, specie delle comunità di base e degli intellettuali da anni attivamente impegnati nel campo sociale, e le riserve manifestate da molti vescovi, il convegno su « Evangelizzazione e promozione umana » si è concluso cinque giorni dopo segnando, secondo più di un giornale, una «svolta storica Y
Due i risultati più significativi dell'avvenimento: uno è costituito dalla nascita di un organismo di consultazione e di collaborazione permanente tra clero e laici su problemi sia ecclesiastici che civili, l'altro dal nuovo rapporto, per certi versi dirompente, tra fede e impegno politico. In altri termini, la Chiesa, pur in un comprensibile gradualismo, appare intenzionata a camminare con i tempi lasciando dietro di sé le tentazioni del clericalismo e sanzionando al tempo stesso quello che ormai rappresenta il frutto di una scelta autonoma di molti cristiani, vale a dire la liceità di militare non solo nei partiti o movimenti con denominazione cristiana ma anche negli altri partiti democratici, compresi quelli di ispirazione marxista. Altro dato saliente del convegno è il definitivo rifiuto della Chiesa di una legittimazione dell'integrismo, non solo quando dichiaratamente di destra ma anche nel caso di Comunione e Liberazione, che è stato definito dal gesuita Bartolomeo Sorge, direttore di Civiltà Cattolica, come « il vero tarlo del Vangelo ».
Durante il convegno non sono neppure mancate critiche verso la politica della Chiesa nei periodi storici in cui si è mostrata incapace di cogliere i segni dei tempi. Particolarmente severo verso certe esperienze della Chiesa l'intervento del Prof. Bolgiani che peraltro fu uno degli intellettuali cattolici del « si » in occasione del referendum sull'abrogazione del divorzio. In sostanza, il convegno è sembrato muoversi via via con insospettata decisione lungo la linea del Concilio Vaticano II ed è oggi opinione generale che i riflessi sul piano politico saranno tutt'altro che trascurabili. non solo nella Democrazia Cristiana ma anche all'interno dei partiti di sinistra e specialmente del PCI se è vero, come personalmente crediamo, quanto ha scritto di recente l'on. Mario Gozzini. e cioè che « si tratta di prendere atto che dentro il PCI ci sono ormai tanti credenti niente affatto consunti e soffocati nella loro fede, anzi, oggi più di prima, lieti di liberamente professarla senza complessi, né conflitti con i compagni non credenti.
L'esperienza di questi membri della Chiesa, che ha trovato qualche eco al convegno al più per interposta persona, va anzi messa a frutto per la « crescita » dell'intera comunità » Con « Evangelizzazione e promozione umana'. in definitiva si è aperta una nuova strada, di cui certamente non conosciamo ora tutti i contorni, ma che potrà dare tuttavia un sicuro contributo allo sviluppo democratico della nostra società.
Enrico Brega
te politica, richiamandosi direttamente alle sue origini ... l'annuncio di Gesù non è direttamente politico. Duro colpo per Comunione e Liberazione, che ha mal reagito al convegno su questo punto. Forse, un po' in contraddizione con ciò, si è riespressa la più ampia riserva sul marxismo ». Con questo, si sono anche condannati i partiti di sinistra?«Qui vengono fatte alcune confusioni. Non si tiene presente, ci pare, che marxismo indica un ampio movimento insieme filosofico e storico, politico ed economico, ideologico e partitico, con diverse posizioni (e non sono soltanto sfumature). In Italia poi si tende a confondere marxismo con comunismo ... e per comunismo di solito si intende il PCI. Ora non è così e quindi restano dei punti da chiarire ». Il convegno si è anche espresso sulla società capitalista? - « Anche tale società, precisa Santambrogio, è punto ricorrente di critica, denamica, accusa, da parte di relazioni ufficiali o di interventi dei partecipanti al convegno.Dall'insieme delle posizioni pare che dal convegno rispuntino fuori, da un punto di vista politico e non religioso, i NO di partenza della DC - anni '40: No al capitalismo - NO al Comunismo
A parte le condanne, il convegno ha anche suggerito come debba muoversi il cattolico in politica? - « Un SI non
La Chiesa di V.le Ungheria
viene precisato. Ma si riaffaccia l'ipotesi di una terza via praticabile dai cristiani (in base, però, ad una analisi politica, si dice, non ad una fede) A parte i rischi di un affiorante integriamo, questa terza via storicamente è quella battura dalla D.C. con i risultati che vediamo »
Dicono tutti che i processi della sto-
ria sono lunghi e complessi. Però, a questo punto, mi viene il sospetto che il nuovo stenti ad avviarsi nella Chiesa ufficiale: c'è sempre il rischio degli steccati, delle discriminazioni politiche. Restano le bellissime parole di don Giancarlo contro l'integrismo, ma finiscono per avere il dubbio di averle sognate.
Ornella De Filippi
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(la posta dei lettori raona 13)
Da dove viene la violenza?
Perchè il vostro mensile non tratta un argomento tanto attuale come quello della violenza? Oggi la violenza fa parte della nostra vita, coinvolge sempre i più giovani e non risparmia certo la nostra zona. Perciò è giusto e necessario parlarne. Ma mi augurerei che non si facesse un discorso sulla violenza in generale, perchè sarebbe scontato allora sentire qualcuno che analizza con logico rigore i mali della nostra società e li risolve con le solite formule rituali tanto care anche agli uomini di sinistra. Dateci un mondo diversamente costruito e non avremo più problemi. Ma la società in cui viviamo è questa e non abbiamo immediate speranze di rivolgimento. Desidererei allora che il discorso si facesse più concreto e si parlasse delle piccole o grandi sopraffazioni che siamo costretti a subire ogni giorno. Mi riferisco ad esempio alle rispostacce dei ragazzi, alle prepotenze di chi ci vive accanto, ai rumori, alle immondizie che ingombrano le strade (tanto basta sostenere a parole la medicina preventiva così la coscienza è a posto anche se in giro ormai ci devono essere germi grossi come scarafaggi), alle gomitate in tram, ai compagni di lavoro che stanno a casa (tanto lavori tu anche per loro) ecc., ecc.. ...
Ma di queste violenze non si ama parlare perchè coinvolgono responsabilità individuali e allora non si può tirare fuori il discorsetto sulle colpe della società, così comodo, così rassicurante.
Se si prendono in considerazione certi argomenti, potrebbe accaderci di pensare di aver commesso anche qualche errore: quello di aver considerato per esempio, l'umanità, secondo una concezione cara agli Illuministi, come un insieme astratto di individui sostanzialmente buoni. fuorviati da strutture politiche ed economiche negative. Ma gli uomini non nascono generosi, lo diventano con un certo tipo di educazione che limita l'egoismo naturale e che porta l'individuo a rendersi conto che esistono altri attorno a lui con le sue stesse esigenze, con lo stesso bisogno di attenzione che egli desidera per sé.
Dobbiamo allora riconoscere che non abbiamo fatto molti passi in questa direzione, abbiamo evitato qualsiasi tipo di intervento perchè temevamo di essere considerati autoritari e repressivi (c'è sempre qualcuno, del resto, disposto a una così facile e logora accusa).
E allora lasciamo che i nostri figli af-
fermino sempre ed esclusivamente i propri diritti, non rimproveriamo i ragazzi a scuola se trascurano le esigenze degli altri (la parola disciplina non si deve più usare, per carità) e chissà che le nostre città non riescano ad assomigliare sempre di più a quelle metropoli degli Stati Uniti dove i vecchi terrorizzati non osano più uscire di casa. Però, per quanto riguarda l'educazione dei bambini americani, persino il dottor Spock ha riconosciuto gli errori di una educazione troppo permissiva, ma noi, paghi delle nostre frasi fatte, andiamo avanti imperterriti su questa strada.
Il nostro, per i prepotenti di qualsiasi genere, sta proprio diventando un paese sempre più comodo.
Clara SaibeneRiceviamo questa lettera e volentieri la pubblichiamo, soprattutto perchè pensiamo possa rappresentare lo stimolo all'apertura di un dibattito su un tema « la violenza » che tanto oggi preoccupa l'opinione pubblica. Per quanto ci riguarda vogliamo solo precisare che non ci siamo mai sognati di assolvere preventivamente ognuno delle proprie responsabilità individuali, così come non pensiamo esista la bacchetta magica che all'istante ci permetta di « costruire un mondo diverso » .
Certo è che, riguardo all'originaria natura dell'uomo, Rousseau, ben prima di Marx, ebbe a scrivere che a corrompere tale natura - originariamente buona - è stata la proprietà privata e la lotta che si è scatenata fra gli uomini per conquistare il più possibile.
D'altra parte non siamo certo noi ad avere paura delle parole « autorità » e « disciplina » , a patto di non confondere con « autoritarismo » e « repressione ». Una società infatti ha diritto di avere « autorità » solo se è giusta, solo se la sua classe dirigente gode del necessario prestigio, del rispetto e della stima dei cittadini. Noi crediamo francamente che questo sia il caso dell'Italia.
È per questo che, insieme al richiamo alle responsabilità individuali, pensiamo si debba porre l'accento su quelle collettive che a noi sembra, sono ben più importanti. Ma su queste considerazioni siamo certi che l'amica Clara Saibene sia d'accordo con noi. Vorremmo ora conoscere il parere dei lettori.
(a.za)
Pronto soccorso volontario in piazza Artigianato
Caro direttore, la scorsa primavera si è insediato nel nostro quartiere un servizio di pronto intervento della Volontaria Pubblica Croce che ha utilizzato come propria sede alcuni ex negozi di piazza Artigianato.
L'associazione, nata circa quattro anni fa, su iniziativa di un piccolo gruppo di volontari (alcuni appartenenti ad altre croci) si è ingrandita di anno in anno fino a raggiungere oltre le ottanta unità.
Lo scopo che fin dalla nascita essa si è posto, è quello di dare ai cittadini un servizio efficente e disponibile in qualsiasi momento della giornata. proponendosi di effettuare alcune opere di beneficenza (assistenza medica gratuita, pacchi dono) peri cittadini più bisognosi.
La Volontaria Pubblica Croce, che dispone di alcune sezioni dislocate in quattro diverse zone della città (via Cassiodoro, via Meda, via Padova e a Cesano Boscone) proponendosi il fine di aprire una nuova sede, ha compiuto un'accurata ricerca tra le principali zone di Milano, individuando nella zona 13, quella che maggiormente soffre
Alla presenza di Terzi, segretario del PCI milanese
La crisi del Paese e la situazione della nostra zona
C'era Riccardo Terzi, Segretario della Federazione Provinciale del PCI, domenica 14 novembre alla cooperativa di Ponte Lambro ed è stata una occasione di dibattito sulla grave crisi economica italiana, sull'attività della nuova Giunta di Milano, sui problemi della zona.
I manifesti di invito all'assemblea pubblica erano stati affissi già da una settimana e tutte le sedie alle 10 di mattina erano occupate da abitanti del quartiere e da rappresentanti di altre forze politiche.
Solo pochi giorni prima il Sindaco di Milano Tognoli aveva denunciato la preoccupazione della Giunta di non riuscire a pagare per intero gli stipendi dei dipendenti delle aziende municipalizzate per il disinteresse degli organi centrali di governo verso il grave stato di crisi finanziaria degli Enti locali. La necessità immediata era poi rientrata grazie ad un prestito bancario, ma la notizia aveva suscitato im-
pressione e preoccupazione in città. In tutti gli interventi è stata denunciata con franchezza la pesante situazione economica del paese e, con concretezza, l'urgente necessità di intervenire nella lotta all'inflazione con misure d'emergenza giustamente distribuite fra la popolazione e finalizzate ad una ripresa economica che veda protagonisti i giovani, le donne, nel Meridione e nell'agricoltura. Una politica di ripresa certamente pesante ma necessaria per ridare uno slancio diverso al Paese minato da scelte sbagliate di trent'anni. Ancora una volta in questa situazione di crisi, alcune scelte che sono nei programmi della Giunta comunale potrebbero subire ritardi e riduzioni che deluderebbero le giuste aspettative della popolazione. Per questo, è stato ricordato, occorre tenere sotto controllo la situazione finanziaria cercando di ridurre il deficit in alcuni settori con adeguamenti finanziari che tengano sempre presenti la dife-
sa di una fascia di consumo popolare Terzi ha parlato del ruolo dei comunisti in questa difficile fase politica. seguita alle elezioni del 20 giugno, che minaccia di deteriorarsi rapidamente ed entrare in una spirale di involuzione della vita democratica del Paese Sulla necessità di una efficace lotta alle continue evasioni fiscali e di capitale che dissanguano il Paese e sull'urgenza di una politica dei sacrifici che non si fondi ancora una volta esclusivamente sui lavoratori a reddito fisso. È intervenuto anche il consigliere comunale di Democrazia Proletaria che ha ribadito le posizioni del proprio gruppo già portate avanti anche in Consiglio comunale. Altri interventi di cittadini hanno ricordato la pesante situazione di Ponte Lambro e di altri quartieri di Milano, definendo alcune proposte pratiche che non comporterebbero eccessivi oneri per l'Amministrazione comunale.
Gli abbonamenti si raccolgono in Redazione presso il Circolo Culturale "Concetto Marchesi" Via Bonfadini, 84 Martedì, Giovedì, Venerdì dalle ore 21 alle ore 23 Domenica dalle 10 alle 12,30 oppure telefonando al 737726.
la mancanza di strutture sanitarie e di pronto intervento. La nostra previsione si è dimostrata esatta. Dopo nemmeno un anno di attività, sono stati eseguiti oltre 200 servizi.
La nostra presenza in zona ha inoltre rappresentato per molti giovani.
studenti e lavoratori, l'occasione di poter dare un personale contributo di solidarietà umana e di impegno civile attraverso l'adesione volontaria al nostro corpo.
Una delle prime iniziative prese dalla nostra associazione, è stata quella di lanciare una campagna di tesseramento, che garantisce a chi vi aderisce, con una spesa annua di L. 5.000, una serie di servizi gratuiti che noi giudichiamo di grande utilità (trasporto in autolettiga, assistenza medica nei giorni festivi). E questa una delle iniziative che permettono alla nostra associazione di autofinanziarsi e di darsi quindi un'organizzazione autonoma.
Ciò ci dà la possibilità di perseguire con decisione gli scopi che ci siamo preposti e di garantire la nostra lealtà e la nostra estraneità da qualsiasi iniziativa speculativa o di lucro.
Enrico Tartarotti
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