S 29111oferbiroapmero del I LAVORATORI DELLA ZONA 10
Controla governo politica delRumor
Contro le manovre della destra
GIUGNO 73
Con l'accordo di Palazzo Giustiniani, Fanfani riesce ad imporre il cambio della guardia nella d.c. e nel governo. Ciò al fine di ridare alla democrazia cristiana una nuova credibilità di fronte ai partiti della sinistra per trascinare questi ultimi a far da copertura alla crisi già in atto.
LUGLIO 73
Nasce il governo Rumor, cosiddetto di centro-sinistra, il cui programma sembra sintetizzato da questo slogan: « Cambiare tutto per non cambiare niente ». Si parla di inversione di tendenza, di clima nuovo; i sindacati e i partiti della sinistra si ritengono soddisfatti e, pur assicurando che incalzeranno il governo, instaurano la tregua sociale.
AGOSTO 73
Per far fronte all'aumento del costo della vita, il governo Rumor vara un blocco dei prezzi dei generi di prima necessità. In realtà si tratta di un gesto demagogico e privo di efficacia: sono bloccati solo i prezzi di alcuni generi alimenta: i, ritenuti gli unici generi di prima necessità; sono bloccati i prezzi dei generi che non incidono sull'aumento della contingenza per cui il blocco si rivela soprattutto come blocco dei salari; il controllo dei prezzi viene operato al dettaglio e non all'origine per cui la speculazione continua a dilagare e ci vanno di mezzo anche i piccoli commercianti.
OTTOBRE 73
Scoppia la crisi energetica che mette drasticamente in rilievo la completa subordinazione della politica estera italiana agli interessi degli Stati Uniti d'America. La crisi si ripercuote sul prezzo dei prodotti petroliferi e conseguentemente su quelli dei prodotti industriali in genere. Anche i prodotti agricoli subiscono un forte aumento per la distruzione del nostro patrimonio agricolo e zootecnico, causata ancora una volta dal nostro completo asservimento ai grossi monopoli.
Di fronte al crescere del malcontento popolare che non trova un'adeguata direzione nelle forze della sinistra tradizionale, il governo Rumor cerca una via d'uscita nell'indebolimento e nella divisione del movimento operaio (inflazione, discorsi di Fanfani sul sindacato, referendum) per potersi aprire sempre più ampi spazi per una politica chiaramente repressiva che incoraggia le forze apertamente fasciste e reazionarie nelle loro trame golpiste.
Contro queste manovre si stanno sviluppando nel paese sempre nuovi momenti di lotta che indicano la volontà della classe operaia di non pagare il prezzo della crisi e di non cedere alle minacce della destra.
GENERALIZZIAMO QUESTE LOTTE!
Lo sciopero del 27 febbraio deve essere un momento importante per costruire un vasto e stabile schieramento popolare per un'autentica alternativa di governo.
Comitato unitario di quartiere
Ponte Nuovo - Gorla
MOBILITATI CONTRO IL CARO-VITA
Che cosa non è aumentato? Ma non Mercoledì 13 febbraio una delegazione di cittadini, rappresentanti di comitati di quartiere e del Consiglio di zona 10 Monza-Padova si è recata a Palazzo Marino per presentare la mozione votata dall'assemblea popolare sul carovita tenuta il giorno 8 alle scuole elementari di via Russo.
Dopo il « cappello » introduttivo sulla situazione generale politica ed economica e attraverso l'esame degli effetti negativi che la crisi energetica ha provocato fra le masse lavoratrici, il documento passa all'elencazione delle richieste avanzate dalla popolazione e fatte proprie dal Consiglio di zona. Esse sono: prezzi sociali per i generi alimentari di prima necessità (pane, pasta, olio, sale, pelati, zucchero ecc.). Per questo scopo si indica la costituzione immediata di un Comitato per il controllo dei prezzi, composto da membri della Commissione consiliare commercio e della Commissione annona della zona e da rappresentanti delle forze sindacali politiche locali; politica della casa, a cominciare dalla lotta alla speculazione edilizia tramite l'attuazione delle leggi 167 865 che prevedono, fra l'altro, il vincolo delle aree dove sorgono case fatiscenti (il cui risanamento deve essere a carico del proprietario) di aree da destinarsi all'edilizia popolare; blocco dei fitti e degli sfratti (inclusi quelli per morosità degli inquilini che rifiutano di pagare l'affitto per le condizioni precarie delle abitazioni);
trasporti gratuiti per i lavoratoristudenti e i pensionati a basso reddito (pensione inferiore alle 150 mila lire mensili). Potenziamento della rete dei trasporti pubblici con la realizzazione della linea 90-91 su corsia autonoma; municipalizzazione e metanizzazione del gas; trasformazione della SOVECO (Società vendite controllate) in Ente pubblico di raccordo tra la produzione dei generi alimentari e i dettaglianti, in modo da eliminare
l'intermediaziJile iei gro.:sis.i e assicurare ai consumatori prezzi equi; — distribuzione del kerosene: sistema che garantisca l'approvvigionamento a prezzi controllati (purtroppo si parla ormai del prossimo inverno).
Alla stesura definitiva della mozione, che è stata consegnata a rappresentanti della Giunta, si è arrivati dopo un appassionato dibattito all'assemblea che ha visto una larga partecipazione popolare, soprattutto di aderenti a comitati di quartiere.
QUESTO GOVERNO STA' A GALLA FACENDO IL MORTO
Una rappresentante del sindacato dei pensionati ha voluto ricordare le condizioni di vita disagevoli e spesso precarie degli anziani (pensioni medie che non superano le 40 mila lire al mese, 26 mila lire alle donne vedove e agli orfani). — La prefettura — ha continuato — aveva promesso che il kerosene sarebbe stato consegnato a domicilio a tutte le persone che, impossibilitate a muoversi, avessero fatto un certo numero telefonico, ma non si è avuto nessun risultato. Noi, come sindacato dei pensionati abbiamo più volte presentato la richiesta di un segretariato di zona che sostituisca l'ECA (Ente comunale assistenza) e raccolga tutte le domande dei cittadini. Questo governo sta a galla facendo il morto! — ha esclamato, strappando applausi fra il pubblico e ha finito il suo intervento ammonendo che va risolto l'annoso problema dell'assegnazione di case popolari agli anziani: Nella nostra zona 35 mila sono le persone anziane che stanno ancora aspettando.
DETASSAZIONE DEI
BASSI REDDITI E AUTORIDUZIONE DELLA
BOLLETTA DELLA LUCE
Pucci, dell'Unione Inquilini di via Padova, dopo una nota sulla situazione politica generale (il governo Rumor che si è contraddistinto per
i uro attacca di vita dei lavoratori), ha posto l'accento su alcune richieste in particolare, oltre a quelle contenute nel documento del Consiglio di zona, cioè la detassazione dei redditi bassi, delle pensioni e degli assegni familiari e la requisizione delle merci imboscate dai petrolieri e dalle grandi industrie. Quali proposte da articolare nel quartiere sono inoltre state indicate: la metanizzazione degli impianti di riscaldamento, in quanto ciò permetterebbe di risparmiare in modo considerevole sulle spese rispetto all'uso del gasolio e in più, si potrebbe profittare del contratto per il metano stipulato fra Italia e URSS; l'autoriduzione della bolletta della luce, pagando cioè come gli industriali, a tariffa ridotta, e l'indicazione dell'affitto al 10% del salario — richieste, queste ultime, portate avanti — è stato sottolineato — dai lavoratori che a Roma stanno lottando per avere una casa.
LA SITUAZIONE ABITATIVA DI CRESCENZAGO
UN ISTITUTO TECNICO
SUPERIORE PER LA
ZONA 10
Rappresentanti del Comitato di agitazione di Crescenzago si sono oc-
cupati, nei loro interventi, di tre argomenti principalmente: la distribuzione e i prezzi dei generi alimentari, la casa e la scuola. Hanno attaccato « la speculazione e gli sprechi esercitati dalla SOVECO », le cui merci « dovrebbero invece andare direttamente ai dettaglianti ». E' stata poi descritta la grave situazione abitativa del quartiere di Crescenzago dove « spadroneggia e specula il costruttore edile Galimberti », dove c'è una grave carenza di case popolari. Si è chiesto un intervento urgente per le case malsane e umide, come quelle in via S. Mamete e in via Berra, abitate per lo più da gente anziana. — Tre o quattro alloggi dello IACP in via Lulli, sfitti e non occupati — hanno proposto i compagni di Crescengazo — potrebbero essere assegnati alle ragazzemadri dimissionate dall'istituto di via Pusiano che con estrema urgenza ora hanno bisogno di una sistemazione. Inoltre, per quanto riguarda la scuola, sono stati indicati alcuni obiettivi precisi: completare di aule l'asilo-nido di via Russo (oggi molti bambini del quartiere ne sono esclusi) e che diventino operanti i lavori per la costruzione della scuola di vi CesaIr.no 'la u; r chiesta risale ormai a parecchi mesi fa. Si è infine lamentata l'assenza, nella zona 10, di un istituto tecnico superiore.
LA « 144 » PER GLI ASILI-NIDO
Valsecchi (PCI) si è detto d'accordo sull'introduzione politica del Consiglio di zona. Ha voluto ricordare giustamente che per il problema degli asili-nido esiste la legge 1044. Ribattendo all'indicazione, che viene da più parti, di pagare un affitto non superiore al 10% del salario, il Valsecchi si è detto convinto che una tale soluzione provocherebbe attriti fra inquilini con salari diversi pertanto non sarebbe praticabile nel concreto. Una rappresentante dell'Unione Donne Italiane ha chiesto che l'organizzazione dei commercianti spieghi alle casalinghe i motivi della attuale crisi e della crescita vertiginosa dei prezzi. Ha parlato a sostegno della SOVECO che il Comune dovrebbe agevolare imponendo prezzi politici per i generi di prima necessità. Un intervento estremamente succinto è stato quello del rappresentante della SOVECO, della DC. In poche parole ha detto che la SOVECO è una società giovane e quindi è comprensibile che abbia commesso anche degli errori. — Datele tempo sostenetela — così ha chiuso.
(continua in ultima pagina)
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A pag. 4-5 - Approvato il progetto per via Cesalpino. Avanti per l'esproprio e gli altri obiettivi di quartiere.
è possibile continuare a subire. E' necessario organizzarsi e lottare.
Referendum sul divorzio
Il vizio cattolico
Le posizioni degli altri partiti.
Crediamo di non esagerare se chiamiamo « referendum della paura » la prova elettorale alla quale il paese si sta preparando. Gli unici a non aver paura, infatti, sono i fascisti, i quali, isolati come sono, non hanno nulla da perdere; e hanno invece tutto da guadagnare ogniqualvolta si offrono loro le possibilità per intorbidare le acque, per esasperare la popolazione, per farsi paladini dei « buoni costumi » che lor fascisti sanno ben mantenere (nello stato e nella famiglia) a suon di manganellate e coi brindisi d'olio di ricino.
Gli altri partiti hanno tutti, chi più chi meno, da perdere da questo referendum che, come dicevamo a febbraio, è uno scontro politico il quale può mettere a repentaglio quel po' di lavoro democratico che si era costruito in questi anni.
Anche la democrazia cristiana che, irresponsabilmente, ha voluto tale prova, rifiutando sia la riforma del diritto di famiglia che una revisione della legge sul divorzio proposta soprattutto dai comunisti, non è tranquilla. Se si eccettua naturalmente, il suo capo Fanfani, il quale senz'altro spera che, aggiungendo della confusione alla già intricata situazione economica e politica del paese, e mlasse, facendo di ogni erba un fascio e gridando allo scandalo generale ed alla situazione insopportabile, lo asslamino « Amintore pensaci tu! »
Chi parla infatti, nella democrazia cristiana, contro l'abrogazione dell'attuale legge sul divorzio, alla teNwisio!ne, alla radio, st.yi giornali che monopolizza? Fanfani e solo lui.
Gli altri gruppi della d.c. cominciano invece a pensare seriamente se non valga la pena di dissociarsi da questa operazione pericolosa, e di cercare, il meno possibile, di essere coinvolti in una attiva battaglia elettorale per l'abrogazione della legge.
Esempi al riguardo non ne mancano, dalle A.c.l.i. ai giovani democristiani. dal silenzio di tutti gli esponenti delle correnti democratiche della d.c. al sindacato C.I.S.L., da alcuni
milanodied
ANNO VI - n. 3 - marzo 1974
Periodico mensile della Zona 10
Direttore responsabile:
Giovanni Manara
Direzione - Amministrazione
Via Caroli 8
20128 Milano Tel. 25.90.839
Stampato presso la Tipografia Grafo Press-via Val Bregaglia 4 Milano - tel. 40.45.496
Registraz. N. 192 - 11 Maggio
1970 presso il Trib. di Milano
Vescovi italiani al mondo cattolico del dissenso, ecc.
Certo però che il pericolo rimane, soprattutto se si considera che la segreteria e quindi la propaganda del partito della democrazia cristiana è in mano a Fanfani e noi sappiamo, d'altra parte, quali mezzi finanziari questo partito disponga e di come arrivi a propagandare, il meno pubblicamente possibile (per non esporsi a dibattiti che sono pericolosi perché metterebbero in crisi certe sue posizioni), ma capillarmente, attraverso lettere personali, per es., incontri privati o nelle parrocchie.
Daltro canto proprio le parrocchie (soprattutto quelle dei centri più piccoli e delle campagne) avranno, per iniziativa di qualche prete zelante, degli ottimi mezzi (colloqui privati, consigli da confessore, prediche a senso unico senza possibilità di dibattito) per arrivare a confondere le idee fra la fede nel matrimonio indissolubile voluto da Cristo ed i criteri laici a cui uno Stato si deve ispirare per salvaguardare anche la libertà di chi non crede; per creare confusione fra un divorzio falsamente presentato apposta come un gioco che un fa quando ne ha voglia e la serietà della legge Fortuna-Baslini.
Così a Milano abbiamo potuto casualmente ascoltare nella predicazione di alcune parrocchie del centro e della periferia accenni in questo senso, buttati lì quasi di sfuggita, ma, che si sa, sono sempre gli unici ad accapparrare una seria attenzionh della gente. E' sappiamo che questi accenni, tanto più confondono le idee alla gente, in quanto non vengono affatto approfonditi. « Eh, cari cristiani, adesso si vuole anche il divorzio. E dove andrà a finire la santità della famiglia voluta da Gesù Cristo? Dove andrà a finire questa società?
Quasi che, quando l'unione coniugale è completamente rovinata, dopo 5 o 7 anni di separazione effettiva, c'entri il discorso sulla santità della famiglia e che il buon cristiano si debba sentire in dovere di intervenire con il suo voto a salvare « santità » di famiglie che non esistono più nemmeno come tali. Purtroppo non bisogna sottovalutare quello che è un vizio di fondo del cattolicesimo, così come storicamente si è sviluppato durante i secoli, e cioè quello di imporre la propria concezione del mondo, come legge, come norma di comportamento 'per tutti, senza rispetto delle altrui opinioni. Nella logica delle crociate o delle conversioni di massa: la libertà sia pure soffocata, se questo è l'unico modo perché trionfi la grazia.
Per buona fortuna anche all'interno della Chiesa si sta facendo giustizia di queste teorie, le quali sono pericolose, non solo per il retto andamento di ogni convivenza civile (che non deve essere minata da razzismi religiosi), ma sono pericolose anche per la Chiesa perché non rispecchiano il Vangelo.
Al di là di ogni ottimismo quindi dobbiamo vedere come reagirà quella parte di mondo cattolico che più di tutti risente di una mentalità chiusa: per la quale è bene solo ciò che avviene in casa propria, male ciò che avviene fuori. L'esempio della S. Rota è pertinente. Certi cattolici dicono no al divorzio perché si chiama divorzio, anche se questo è solo un intervento (che non riguarda loro che sono credenti), volto a sanare la situazione di quelle coppie che abbiano già, per conto loro, troncato ogni rapporto da almeno 5 o 1 anni (volto cioè a scio-
gliere legalmente un matrimonio che non esiste di fatto più da molto tempo); ma poi dicono sì alla S. Rota (roba di casa propria) perché questa non chiama le sue sanzioni « divorzio », anche se poi, nella realtà dei fatti, così dovrebbe essere chiamato.
I partiti della sinistra tradizionale si sono dimostrati finora i più seri nell'iniziare la campagna per il NO all'abrogazione della legge FortunaBaslini.
Innanzi tutto perché tendono a porre il problema ai due livelli dello scontro: quello strettamente inerente al problema del referendum e quello politico generale. Ma anche qui senza dare nessun pretesto alla destra per guerre di religione e per spaccature nel movimento operaio, ma facendo semplicemente rimarcare che la strategia democristiana e fascista che sta dietro l'aver voluto il referendum è soprattutto quella di far dimenticare per un po' alle masse, i veri problemi del paese, per concentrare invece la loro attenzione su un problema fasullo che dovrebbe riguardare soltanto la coscienza del singolo.
Per questo i partiti della sinistra dibattono con la gente i temi che i governi e le amministrazion eludono da quasi trent'anni: il costo delle crisi ricorrenti di questo cistema, fatto pagare costantemente alla classe lavoratrice; la mancanza di servizi sociali (dalla casa, ai trasporti, alla scuola); la mancanza di un serio impegno perkli (strati più4 disagiati (pensionati, disoccupati, lavoranti a domicilio, soggetti dell'assistenza pubblica e privata ecc.). E' infatti questo che si vuol far dimenticare, in nome di un ordine nella famiglia e nella nazione.
Gli altri partiti laici (P.L.I. - P.S.D.I. - P.R.I.) temono però questo secondo livello di lotta, che sta alla radice dello scontro sull'abrogazione o no dell'attuale legge sul divorzio, e continueranno ad invocare che lo scontro avvenga in tempi brevi (per non permettere il diffondersi di una campagna che investa i problemi alla radice) e che si attenga strettamente al problema isolato dal suo contesto politico.
Purtroppo, anche se non imputabile a tali partiti, il male di questo referendum totalmente assurdo ed ambiguo è stato voluto dal partito che detiene, con i fascisti, la maggioranza parlamentare e, per ripararlo, è giusto che esso vada proposto alle masse e per quello che effettivamente è, nelle sue motivazioni politiche e nei suoi effetti disastrosi per il paese.
Come Comitato di quartiere, oltre ad esprimere nuovamente la nostra indicazione per il NO all'abrogazione di tale legge per consentire il massimo di libertà nelle persone ed il sanamento di situazioni familiari insopportabili, ci impegneremo nei quartieri e nella zona ad affrontare i problemi concreti della casa, dei servizi sociali e sanitari, della scuola, del carovita, dell'assistenza, dei pensionati ecc. Sono questi problemi concreti; sui quali chiamiamo la gente dei quartieri a mobilitarsi, che, a nostro avviso, assieme ad un nuovo diritto di famiglia finora respinto proprio dalla d.c., si garantisce la serietà e l'avvenire delle nostre famiglie. C.D.Q.P.N.
sul referendum
GIOVANI D.C.
Più saggia sarebbe apparsa la decisione di lasciare i d.c. liberi di votare secondo coscienza.
VITA TRENTINA (Curia Arcivescovile)
Dato per scontato che il cattolico ammette l'indissolubilità del matrimonio, resta vero che la sua credenza non può imporla a chi non crede ». Ed inoltre: « Forse è superfluo, ma vale la pena, per scrupolo di esattezza, precisare che una legge divorzista non obbliga nessuno a divorziare ma offre la possibilità di farlo a chi, trovandosi in determinate condizioni, voglia farlo ».
IL SEGNO (Settimanale cattolico
di Bolzano)
E' ipocrisia, ancora, far passare per un problema di interesse generale — la difesa, appunto della indissolubilità del vincolo civile del matrimonio — una questione che è del tutto marginale nella realtà della vita del Paese. Si è visto, infatti, che superato il primo boom che ha sanato situazioni ormai incancrenite dal tempo, non sono poi molte le famiglie italiane che ricorrono al divorzio ».
I cattolici fortunatamente — oltre che necessariamente — uniti non possono essere in una scelta che è di ordine politico e non di natura religiosa ».
DOCUMENTO DEGLI
UOMINI DI CULTURA
CATTOLICI (16-2-74)
Si tratta in realtà di una scelta sommaria e astratta: nulla dice sulle condizioni di vita che realmente contano per l'unione o la disunione delle famiglie, né si preoccupa di che cosa accada quando un matrimonio è fallito. I promotori del referendum si curano solo che nella legge italiana stia scritto che il matrimonio è indissolubile: vogliono un « modello » e solo su questo chiamano l'elettorato a decidere, come se un modello giuridico determinasse per sé solo la realtà ». , —
Per la vita familiare in senso stretto non ci aspettiamo granché di bene, né grandi mali, dall'esito del referendum. Ben più gravi sono invece le nostre preoccupazioni per il significato politico generale di questo referendum. Il successo della iniziativa abrogazionista potrebbe dare infatti spazio a operazioni politiche pericolose per le libertà civili e per lo sviluppo della democrazia italiana.
Riteniamo perciò necessario rivolgere un duplice appello:
« A tutti i democratici di fede cristiana, affinché rifiutino col lo-
ro voto la proposta abrogazionista, affermando così valori di convivenza civile e di libertà religiosa, essenziali in una società pluralistica e democratica. Sentiamo tutta la responsabilità di questa scelta, ma, nella nostra coscienza, riteniamo di doverla compiere e proporre per concorrere al bene comune.
Il principio morale e religioso dell'unità della famiglia e dell'indissolubilità del matrimonio può e deve essere custodito e rafforzato come valore, ma non può essere assunto in maniera intransigente dalla legge civile così da escludere che la legge stessa possa prevedere casi di scioglimento allorché il matrimonio, di fatto, è fallito.
Il rifiuto dell'abrogazione servirà a sbarrare la strada ad ogni utilizzazione del referendum in senso conservatore e autoritario e al tentativo dei fascisti di reinserirsi nella vita politica del Paese ».
LUIGI PEDRAZZI Presidente Casa Editrice Il
Mulino
Se un certo numero di cittadini propone un istituto giuridico come il divorzio, che non impone, ma solo consente lo scioglimento civile del matrimonio, io non posso pregiudizialmente e intransigentemente oppormi, di fatto sulla base della mia convinzione religiosa. Sarebbe sopraffare con la mia coscienza la coscienza degli altri, pretendere che le mie certezze valgano come punto di partenza obbligato, mentre sono un punto di arrivo libero e continuamente alimentata dalla Grazia.
Ecco perché senza essere divorzista, come lo potrei?, sono nonabrogazionista, per ragioni che attengono in primo luogo alle mie convinzioni religiose e in secondo luogo a quel tanto di cultura politica democratica che sento come un patrimonio morale irrinunciabile... Io sono oggi un non-abrogazionista e vorrei spostare le nostre preoccupazioni dal problema del referendum abrogativo al problema di una seria riforma del diritto di famiglia, che accetti l'istituto del divorzio come una realtà culturale — come è — caratteristica del nostro tempo ».
PIERRE CARNITI - CISL
Io sono cattolico, credo fermamente nell'indissolubilità del matrimonio come valore. Ma proprio perché è un valore non può essere una indissolubilità coatta. Il tutto si pone sul terreno delle libertà civili: per questo, secondo me, la linea di demarcazione non passa tra cattolici progressisti e conservatori, ma fra cattolici democratici e no. Il referendum assumerà, da parte dei suoi promotori, un obiettivo contenuto di destra. E perciò sarebbe stato molto meglio evitarlo ».
referendum milanodieci Alcune testimonianze dì
cattolici
pag. 2 - marzo 1974
Aumentano i prezzi, diminuisce la busta-paga. A questa rapina si risponde con la lotta organizzata, nel quartiere come nelle fabbriche.
Insalata : L. 800 al kg.
Carciofi : L. 100 cadauno
Pasta : L. 350 al kg.
Carne : L. 3500 al kg.
Pane: dal 13 febbraio la michetta costa L. 400 al kg.
Questa è la realtà di fronte alla quale tutti i giorni ci troviamo. 11 blocco dei prezzi, cavallo di battaglia del nostro governo, fa acqua da tutte lq parti.
Questo rialzo dei prezzi non si limita solo ai generi alimentari, ma investe tutti i beni di largo consumo: le case, il vestiario, la benzina, ecc.
Proprio mentre salari e stipendi perdono il loro potere d'acquisto entra in vigore l'unica vera riforma messa in atto dal governo: la riforma tributaria.
Tutti i lavoratori del quartiere hanno sentito la propria bustapaga farsi più leggera col mese di gennaio; la nuova tassazione non risparmia nulla: né straordinari, né assegni familiari, né pensioni, e neanche l'assegno integrativo INAM in caso di malattia.
E c'è anche chi, nel governo, pensa al blocco dei salari e degli stipendi: Ugo La Malfa, il « ghe pensi mi » delle finanze italiane.
Però ora il governo ci assicura che i prezzi dei generi di prima necessità, in linea di massima, rimarranno sul livello attuale, e che potremo dormire sogni tranquilli. Ma noi, che ogni giorno andiamo a far spesa, siamo un po' più preoccupati, perché: sugli scaffali dei negozi vediamo confezioni nuove per gli stessi prodotti a un prezzo maggiorato;
molti generi (olio, zucchero, sale, pelati, ecc.) scarseggiano o sono del tutto assenti; la qualità delle merci a prezzo bloccato scade continuamente; 4utte le merci non bloccate sono in vertiginoso aumento.
Perché tutto questo?
Questa situazione va a svantaggio non solo dei lavoratori, ma anche dei piccoli commercianti. I controlli governativi, intatti, vengono effettuati praticamente solo al dettaglio, cioè all'ultimo anello della catena distributiva. 11 piccolo commerciante, perciò, deve sopportare un aumento dei costi ail ingrosso ed anche dei costi di trasporto causa il crescente prezzo della benzina. (Adesso pare che l'aumentino lo stesso, anche se è scoppiato lo scandalo degli imboscamenti). Da questa situazione traggono vantaggio i monopoli, capaci di imporre — col ricatto e la minaccia della disoccupazione — scelte economiche loro vantaggiose e sostanziosi aumenti di prezzo; gli speculatori, che realizzano guadagni enormi imboscando la merce (acquistata a prezzo relativamente basso) per rivenderla dopo aver ottenuto gli aumenti desiderati (vedi olio a Cagliari e Torino, petrolio a Genova); i supermercati che si avviano a diventare i dominatori del commercio italiano: essi praticano prezzi a volte più bassi rispetto ai piccoli commercianti: e possono farlo perché sfruttano in maniera quasi bestiale il personale,
hanno l'appoggio degli industriali (che sono spesso gli stessi proprietari), agiscono su vasta scala e utilizzano i più moderni sistemi di vendita e di propaganda. Ma i supermercati, praticando in certi casi i prezzi più bassi, non vogliono altro che la morte del piccolo commercio, per poter poi dominare il mercato. A questo punto i commercianti minacciano la serrata. Intanto il governo dimostra di non avere la volontà di andare all'origine delle cause che hanno determinato questi aumenti di prezzo. Noi scontiamo gli errori di uno sviluppo economico tutto volto ad accrescere il profitto di pochi a danno della maggioranza sfruttata: in 25 anni di governi D.C. si sono costruiti milioni di automobili, ma poche case, si sono spesi miliardi (dello Stato) per le autostrade (sulle quali corrono le auto di Agnelli) mentre i pendolari passano ore ed ore su vecchi vagoni scassati. Ben poco si è fatto per sostenere l'agricoltura e l'allevamento; in omaggio agli accordi europei, si sono lanciate campa-
La soluzione che proponiamo
gne per la macellazione delle vacche, creando lo spopolamento delle campagne e richiamando masse di immigrati nelle città, con conseguente disoccupazione e sottoccupazione. Ogni anno tonnellate di frutta vengono distrutte, mentre il livello alimentare delle famiglie italiane peggiora sempre. E poi ci si lamenta delle troppe importazioni di generi alimentari (ancora i piagnistei di La Malfa sulla bilancia dei pagamenti!). Da questa situazione non se ne esce, se non costituendo un blocco di forze (operai, piccola borghesia, piccoli commercianti) capace di assumere la direzione del paese, di spezzare il potere dei monopoli e di imporre un modello di sviluppo che vada a vantaggio delle grandi masse lavoratrici. Questa alleanza va costruita giorno per giorno, ovunque, anche qui nel quartiere, sulla base di obiettivi anche parziali. Già ora è possibile imporre, strappare alcune importanti concessioni:
prezzi politici sui generi di prima necessità; controllo democratico e popolare sulle strutture pubbliche (per es. SO.VE.CO e A.I.M.A., l'azienda per gli interventi sul mercato agricolo); eliminazione delle speculazioni e degli accaparramenti, con un controllo rigoroso di depositi e scorte. Ma come possiamo noi cittadini del quartiere operare per ottenere questo? E' necessario utilizzare il Consiglio di Zona, obbligandolo a farsi portavoce delle nostre esigenze presso il Consiglio comunale affinché si creino efficaci organismi di distribuzione, capaci di attuare una capillare vendita diretta a prezzi controllati; bisogna costituire una rete distributiva che elimini tutti quegli intermediari — con funzioni puramente speculative — che sono una delle cause dei vertiginosi aumenti dei prezzi.
Questa mobilitazione può avveni-
re solo se il sindacato e le sue strutture di base (Consigli di fabbrica, Comitati unitari di zona), superando la logica che spesso li vede organismi burocratici, si pongano alla testa di un vasto
movimento, che uscendo dalla fabbrica, investa anche i quartieri per una lotta allo sfruttamento ed al caro vita. E' necessario ribadire che tutto questo movimento, per ottenere dei risultati
duraturi e tangibili, deve mettersi nella prospettiva di ribaltare l'attuale modello di sviluppo economico e i rapporti di potere oggi esistenti.
Coli. Franceschi Gorla
Costituire comitati-inquilini contro il caro-affitti ed il caro-spese.
Nell'articolo precedente si era evidenziata la situazione di sfruttamento che subiscono i lavoratori anche all'esterno della fabbrica, come le loro condizioni di vita nel quartiere, siano come quelle di lavoro nella fabbrica, diretta conseguenza delle leggi del profitto e degli interessi padronali. Si era altresì rilevato come fosse soprattutto necessario organizzarsi per poter validamente opporre al continuo aumento dei prezzi, dell'affitto, delle spese e alla manovra di espulsione dei lavoratori dalla città, la lotta dei lavoratori contro i disegni padronali. Occorre organizzarsi anche per cercare insieme quei mezzi che permettono di colpire il padrone nel suo punto debole, cioè nel profitto, e di costringerlo perciò a fare quanto viene richiesto di volta in volta dai lavoratori.
In questi anni in seguito alle lotte dei lavoratori e delle loro famiglie sono andati evidenziandosi molti strumenti che hanno portato alla vittoria e permesso ai lavoratori di vivere in case migliori, in condizioni più umane, di pagare meno di quanto chiedeva il padrone, insomma di far valere i propri diritti.
Esaminiamo ora quali sono i motivi più in specifico che hanno portato gli inquilini a fare lo sciopero dell'affitto o delle spese, vedendo quali sono i doveri del padrone per l'affitto e le spese che percepisce. Quando un lavoratore entra ad abitare in una casa firma il contratto che gli dà il diritto ad abitare quella casa in cambio dell'affitto che dà al padrone. Perciò attenzione a ciò che è scritto sul contratto: l'affitto deve essere separato dalle spese, l'inquilino deve averne sempre una copia e pagare ciò che vi è stabilito. Per una legge che esiste e che scadrà nel Giugno 74, oggi gli affitti delle case dei lavoratori (contratto stipulato prima del 1-12-69) sono quasi tutti bloccati, cioè il padrone non può aumentare la cifra stabilito nel contratto, ne può sfrattare.
Non sono tutti però in queste condizioni: molti lavoratori hanno stipulato il loro contratto dopo il Di-
cembre 69 ed allora per questi vale soltanto il blocco del canone (cioè della cifra stabilita nel contratto di locazione), ma il padrone può sfrattare per finita locazione. Anche se l'affitto, come si è visto, è quasi sempre bloccato e perciò nessun aumento è giustificato, il padrone gioca molto speào sull'ignoranza delle leggi da parte dei proletari per rubar loro soldi d'affitto in più.
Se l'affitto è quasi sempre bloccato non così è per le spese che vanno soggette a continue variazioni. Vediamo anche in questo caso le spese cosa sono e come si pagano. Ogni trimestre assieme all'affitto si pagano le spese; alla fine dell'anno c'è il conguaglio spese: i soldi che hai dato non bastano per coprire le spese, ne devi dare degli altri; ne hai dati di più, non sarà certo il padrone a ridarteli come invece dovrebbe fare.
In un caseggiato ci sono molti servizi che il padrone mette a disposizione degli inquilini che non sono compresi nel canone d'affitto. Questi servizi possono essere la portineria, l'acqua, l'ascensore, il riscaldamento, la luce delle scale, le immondizie e le spese di piccola manutenzione.
Queste sono le spese che si devono pagare, le altre le dovrebbe pagare il padrone: l'amministratore, la rottura di qualunque parte del palazzo, la rottura dovuta a vecchiaia o difetti di costruzione dello stabile, la rottura di parti comuni e le spese di grande manutenzione.
Anche qui il padrone fa leva molto spesso sulla non conoscenza delle leggi da parte dei proletari e sulle divisioni che esistono tra di loro.
Perciò è molto importante informarsi sulle varie voci del conguaglio spese: vedere se sono quelle che ci competono oppure se il padrone cerca di farci pagare anche quelle che competono a lui.
Per legge l'inquilino ha diritto a controllare le fatture delle spese e il modo come sono divise fra gli inquilini.
Perciò se il padrone aumenta le spese, non bisogna pagare se prima non le ha giustificate tramite le
pezze giustificative (fatture).
Come si è detto il padrone ha dei doveri verso l'inquilino che gli paga l'affitto e le spese: dargli una casa dove non piova dal soffitto, dargli dei servizi igienici che non facciano schifo per via degli scarichi che non funzionano e soprattutto nelle vecchie case a ringhiera far sì che esse non vadano a pezzi (muri scrostati, soffitti che cadono, l'umidità che spacca i muri).
Ma in quasi tutti i casi il padrone non se ne preoccupa perché ha interesse che le case vadano in rovina, perché con l'espandersi della città è l'introduzione di servizi (nel nostro quartiere passano le due linee metropolitane, molti supermercati, ecc.), il terreno sul quale è costruita la casa acquista valore ed è per lui più conveniente abbatterla e costruirvi sopra delle nuove case dove vi andranno ad abitare dei borghesi mentre i proletari saranno espulsi dalla città e se avranno fortuna andranno ad abitare in un palazzo dove l'affitto è il doppio di prima, dove la distanza dal posto di lavoro è ugualmente il doppio di prima, me se non l'avranno...
Per costringerlo a fare le riparazioni gli inquilini si organizzano per colpirlo nel profitto, cioè facendo gli scioperi dell'affitto e delle spese: a ciò il padrone può rispondere in molti modi, soprattutto con lo sfratto che è l'arma più potente che ha, ma l'esperienza ha dimostrato che l'unità e la lotta degli inquilini ha sconfitto questa arma e gli inquilini sono rimasti nelle proprie case riparate a spese del padrone.
Ricordiamoci che oggi esistono mezzi legali per poterci difendere dai ricatti padronali: ma innanzitutto che, come in fabbrica lo sciopero fatto da tutti i lavoratori è vincente, così anche nel quartiere ciò è possibile se come in fabbrica si è uniti. Qualsiasi divisione all'interno della classe operaia va a vantaggio del padrone.
Se avete bisogno di informazioni per quanto vi riguarda rivolgetevi ai comitati di quartiere.
milanodieci costo della vita marzo 1974 - pag. 3
C.d.Q. Leoncavallo Via Chavez 2
Scuola inT via Cesalpino: c'è finalmente il progetto.
Premeresu Regione e Comune per l'esproprio.
L'Assessore Bonatti reagisce alla nostra denuncia di dicembre, ma la sua reazione è fuori
La prova migliore di quanto affermato è data dal fatto che questo articolo è stato pubblicato nel dicembre quando come più sopra ho accennato si sapeva fino dal novembre precedente che tutti gli atti erano già stati rimessi dalla mia Ripartizione alla Giunta Regionale. Augurandomi di aver fornito i chiarimenti necessari, spero che per il prossimo futuro in problemi che interessano la zona non abbiano a trovare una loro soluzione attraverso articoli di questo tipo anche perché, come ho fatto per il passato, sono sempre pronto se necessario ad una collaborazione con tutti gli organismi responsabili. Distinti saluti. Avv. Gabriele Bonatti
cevuto nessuna notizia in merito a via Cesalpino); non ci risulta per niente che il Consiglio di zona sia stato informato sull'andamento delle procedure. Quanto meno nulla è stato SCRITTO a detto Consiglio di zona e ci sembra che, trattandosi di realtà serie per le quali la popolazione si batte da oltre tre anni, non si possa semplicemente dire A VOCE al primo che capita qualche notiziola. Anche perché (vedesi nostro articolo di febbraio a pag. 3; A proposito di un annoso problema la scuola di via Cesalpino) queste notiziole sono risultate quasi tutte tra loro contraddittorie e comunque atte a turbare la pubblica comprensione.
Non siamo solo noi a contestare Bonatti e l'Amministrazione.
Finalmente, anche se in un modo del tutto strano, ci è giunta la notizia dell'approvazione del progetto per la costruzione del complesso scolastico di via Cesalpino. E' avvenuto con delibera di Giunta, in data 22 dicembre u.s. Il prossimo nostro impegno è quello di ottenere, dalla Regione o meglio dal suo Assessorato Urbanistica, il decreto di occupazione d'urgenza dell'area in questione, perché in seguito gli uffici dell'assessore Bonatti indicano l'appalto ed inizino davvero i lavori.
Qui a fianco pubblichiamo una lettera dell'ass. Bonatti e la nostra risposta. A parte la doverosa e secca smentita che dobbiamo dare a questa lettera dell'assessore, ci auguriamo che il clima dei rapporti fra responsabili della politica comunale e cittadini abbia presto a cambiare.
Ci venga riconosciuto finalmente il ruolo di interlocutori, in quanto espressione reale delle esigenze della popolazione del quartiere. Che questo riconoscimento debba avvenire dentro la struttura del Decentramento Comunale ci va pure ugualmente purché ciò avvenga. Infatti, anche se possiamo comprendere che certe resistenze (soprattutto da parte di certi partiti conservatori) a riconoscere la validità e la spinta democratica che può venire dalla sempre più forte partecipazione dei cittadini dei quartieri alla vita politica della città, hanno fatto da freno a tale processo, è nostro compito contestare queste resistenza e contribuire al loro superamento.
Sotto questo profilo auspichiamo anche il superamento della eccessiva frammentazione dei comitati di quartiere e delle forze che operano nella zona. Questo renderà più credibile il nostro intervento per le masse dei nostri quartieri, sia nei confronti dell'Amministrazione Comunale, che nei confronti dei lavoratori e delle loro organizzazioni.
A nostro avviso esiste al momento attuale il terreno favorevole per tal genere di frutti.
Abbiamo ricevuto in data 4 febbraio la seguente lettera dell'assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Milano, avv. Gabriele Bonatti, in merito ad un nostro « neretto » del mese di dicembre che comunque noi confermiamo pienamente.
Più sotto daremo ampia documentazione di quanto avevamo allora scritto e speriamo che da ora in avanti gli organi interessati abbiano a trattare la gente del nostro quartiere con maggiore serietà.
Egr. Sig. GIOVANNI MANARA Direttore Responsabile MILANODIECI Via Caroli, 8 MILANO
Mi riferisco all'articolo « Due denuncie da fare » apparso sul Vostro periodico n. 12 dicembre 1973 ed in merito desidero chiarire quanto segue:
In attesa della predisposizione del relativo progetto scolastico e, soprattutto per accelerare la procedura d'esproprio per l'acquisizione coattiva delle aree interessate dalle opere, con deliberazione di Giunta Municipale, adottata in data 19-61973 ai sensi dell'art. 140 del T.U.
L.C.P., è stata approvata la costruzione della scuola in questione per una spesa di L. 1.159.084.750., ed è stata avviata la procedura d'esproprio in base ad una relazione esplicativa dell'opera da realizzare, come dispone l'art. 10, 1° comma, della legge 22-10-1971 n. 865.
Successivamente, eseguiti gli adempimenti di cui all'art. 10, 2° comma, della suddetta legge, in data 21 novembre 1973 sono stati inviati al Presidente della Giunta Regionale Lombarda tutti i documenti necessari per ottenere il rilascio del decreto di dichiarazione d'urgenza ed indifferibilità e di determinazione dell'indennità provvisoria d'esproprio, decreto che permetterà di procedere alla formale occupazione delle aree interessate dalla costruzione del complesso scolastico, previa compilazione, da parte di un perito incaricato dalla Regione, degli stati di consistenza dei terreni; La deliberazione di approvazione del progetto riguardante la costruzione del complesso scolastico in parola è stata adottata dalla Giunta Municipale in data 22-12-1973;
3) Per predisporre la suddetta delibera si è dovuto reperire anche una maggiore somma di lire 199.640.000 (L. 1.358.724.750 invece delle previste L. 1.159.084.750) per far fronte a maggiori oneri derivanti dall'aggiornamento delle stime e dall'esecuzione di opere originariamente non previste. Respingo pertanto tutte le illazioni provocatorie contenute nell'articolo in quanto sono infondate e senza senso.
E' inconcepibile infatti che si accusino il sottoscritto e gli uffici della Ripartizione di avere qualche interesse a rallentare l'esecuzione di un'opera di massima importanza e necessità per la zona; il programma di interventi nel settore dell'edilizia scolastica che sta per essere realizzato su scala cittadina sta a dimostrare invece quanto questo problema stia a cuore all'Amministrazione Comunale ed a me personalmente che tale programma ha portato avanti dedicandovi tutta la mia buona volontà possibile.
Al contrario dell'estensore dell'articolo in parola ho voluto tenere, in questa lettera, un linguaggio civile, educato e corretto, sicuro che la gran parte dei cittadini comprende lo sforzo che l'Amministrazione sta sostenendo per far fronte agli impegni assunti in questo settore, sforzo che implica oltretutto spese ingenti ed il superamento di ostacoli di varia natura.
Non è quindi con atteggiamenti come quello assunto dall'articolista che si risolvono i problemi tanto più che non è assolutamente vero che l'ing. Centonze abbia fatto dichiarazioni come quelle riportate nell'articolo, così come è addirittura assurda l'ultima parte dell'articolo stesso in cui si fa riferimento all'ing. Autieri, (peraltro non dipendente dal sottoscritto).
Mi preme invece far rilevare, che i rappresentanti della zona hanno seguito tutte le vicissitudini di questa pratica, controllato l'iter del progetto e sono stati anche messi al corrente da parte dei funzionari dell'ufficio espropri, della parte procedurale relativa all'esproprio stesso.
Gli interessati sapevano anche quindi esattamente la posizione di tutte le persone indicate nell'articolo, per cui sicuramente il suo estensore non lo ha redatto certo in buona fede, ma con l'evidente scopo di frastornare la popolazione interessata.
Ci sono delle cose che vanno dette subito e con molta chiarezza, perché la lettera dell'assessore Bonatti può confondere notevolmente le idee; a questo proposito la storia della scuola di via Cesalpino ci insegna che non sarebbe la prima volta. E dunque: Noi non abbiamo affatto detto nell'articolo di dicembre che « l'ing. Centonze abbia fatto dichiarazioni...» bensì che « dall'ufficio dell'ing. Centonze ci è stato detto che non devamo prendercela con l'ingegnere, ma con Bonatti perché se le cose stanno ferme è perché lui vuole che stiano ferme ».
E' molto diverso! L'assessore Bonatti è pregato di rileggere più attentamente l'articolo.
E' altrettanto chiaro che noi non possiamo dire (per ovvi motivi) il nome della persona, dell'ufficio di cui l'ing. Centonze è responsabile, che ci ha fatto quella dichiarazione. Questa dichiarazione è stata raccolta dalla nostra delegazione il 12 novembre u.s. ed è sacrosantamente autentica. Non discutiamo della sua autorevolezza, ma è per lo meno chiaro che, anche all'interno degli uffici comunali, si ha la sensazione che NON CADA FOGLIA CHE BONATTI NON VOGLIA.
Non siamo degli esperti per quanto riguarda le suddivisioni burocratiche all'interno del Comune e per questo chiedevamo nel nostro articolo di dicembre da chi dipendeva questo ing. Autieri.
Ora sappiamo che non dipende da da chi dipenda, perché l'assessore Bonatti, ma non sappiamo ancora Bonatti non ce lo dice.
Comunque confermiamo pienamente che questo ing. Autieri non ci ha né ricevuto né dato mai ascolto quando abbiamo tentato di sapere qualcosa di quelle « benedette » misurazioni che non arrivavano mai in Regione. Mai! Ci veniva sempre risposto da qualche impiegato del suo ufficio, che talvolta non ne sapeva nulla, che si sarebbe provveduto. Come? E anche il giorno della nostra delegazione, per noi, l'ing. Autieri non c'era.
L'assessore Bonatti dice che « i rappresentanti della zona (chi di grazia? noi o i consiglieri di zona? e se si tratta di questi ultimi, quali?) hanno seguito tutte le vicissitudini di questa pratica, controllato l'iter del progetto e sono stati anche messi al corrente da parte dei funzionari dell'ufficio espropri, della parte procedurale relativa all'esproprio stesso e quindi noi sapevamo ».
Questo è semplicemente capzioso. A parte il fatto che a tener, fino all'ossessione, i contatti con gli uffici comunali siamo stati noi del Ponte Nuovo (e non non abbiamo ri-
Il Consiglio di zona comunque non ci ha comunicato nulla di quanto DOVEVAMO SAPERE » e non siamo di coloro che si fanno vedere poco al Consiglio di zona!
4. Ciò risulta ancora più grave, se si pensa che noi del « Ponte Nuovo », coi rappresentanti del Collettivo Franceschi di Gorla, del C.d.a. Crescenzago, della Sezione Venturini del P.C.I., e della Sezione Greco-GorlaTurro del P.S.I. siamo andati in delegazione a Palazzo Marino il 19 dicembre u.s., per parlare con gli assessori per il Parco Martesana, il -ido in via Liscate, il ponte sulla Martesana, e, specificatamente, per la scuola in via Cesalpino. Non ci riuscì di parlare con l'assessore Bonatti, impegnato nella discussione di Consiglio, ma il Presidente della Commissione scuola Bartolucci ci assicurò che, o per telefono o per lettera, ci avrebbe fatto il punto della situazione. La consigliera Sangiorgio (PCI) ci disse che Bonatti avrebbe scritto al Consiglio di zona 10.
Dopo quattro giorni da questa nostra delegazione finalmente va in porto, con una deliberazione di Giunta, il sospirato progetto, ma nessuno di noi ne sa niente, né da Bartolucci, né da Bonatti, né dal C.d.Z.. Se come dice l'assessore, noi avessimo veramente lo scopo di frastornare la popolazione interessata », non potevamo (se ne fossimo stati messi davvero a conoscenza), fare di queste notizie un uso propagandistico? Mostrando per esempio come l'invio di tutti i documenti necessari per ottenere il rilascio del decreto di occupazione in data 21 novembre, fosse il risultato della vibrata protesta della nostra delegazione del 12 novembre; e come l'approvazione del progetto in data 22 dicembre fosse il risultato del nostro articolo di denuncia e della nostra delegazione del 19 dicembre?
5. Spendiamo due parole di risposta anche a proposito del linguaggio. L'assessore Bonatti dice che «al contrario dell'estensore dell'articolo in parola » ha « VOLUTO tenere... un linguaggio civile, educato e corretto... ». Bene. Crediamo che tutti i cittadini del quartiere, che hanno seguito da vicino le difficoltà per portare avanti le pratiche per la costruzione della scuola in via Cesalpino e che hanno avuto più volte a che fare con l'assessore Bonatti, se ne rallegrino moltissimo. Infatti l'impressione dominante in que-
pag. 4 - marzo 1974 ponte nuovo milanodieci
C.D.Q.P.N.
milanodieci ponte nuovo - attualità
La nostra delegazione alla Regione
sti cittadini era che questa volontà self-control dell'assessore mancasse un tantino.
Per quello che riguarda invece il NOSTRO tipo di linguaggio dobbiamo dire che non sappiamo né abbiamo saputo esprimere I FATTI REALMENTE ACCADUTI senza la necessaria durezza, propria di chi vede l'Amministrazione Comunale eludere sfacciatamente le giuste richieste dei cittadini. L'assessore Bonatti deve comprendere che noi non facciamo discorsi duri per professione; siamo perfettamente in grado di trattare « civilmente » quando non veniamo menati per il naso. Ma la storia della scuola nel nostro quartiere è stata la storia delle turlupinature della Amministrazione, PRIMA A PROPOSITO DELL'AREA SU CUI COSTRUIRE IL COMPLESSO (e tutti ricordano che a malincuore accettammo l'area di via Cesalpino, perché il suo esproprio ledeva gli interessi di un lavoratore!) l'accettammo con l'assicurazione che la scuola sarebbe stata pronta per l'anno scolastico 73-74 (dichiarazioni dell'ass. Borruso, confermate da due sue lettere del 7-3-72 e del 13-4-72 riportate in Milanodieci giugno 72 pag. 1). POI PER IL PROGETTO( doveva essere pronto per il marzo 73 — la scuola era già slittata per il 74-75 — ed è stato approvato il 22 dicembre); POI PER IL VEZZO DEI NOSTRI AMMINISTRATORI DI NON TENERE IN NESSUN CONTO IL MOVIMENTO NEI QUARTIERI (per cui a fatica ricevono i cittadini, li mandan via con una storiella ogni volta diversa per confondere loro le idee; non li tengono informati, non li considerano come validi interlocutori e quando questi protestano, allora si va in escandescenze. Per ben due volte, infatti, l'anno scorso l'assessore Bonatti ci ha futilmente accusato di fare polemiche strumentalizzate per fini diversi o di alimentare la strategia della tensione. Citiamo da una sua intervista al Giorno del 29 maggio 73 (riportata in Milanodieci giugno-luglio 73): «L'occupazione della scuola di via Brambilla rappresenta il frutto di una vera e propria strategia della tensione nel settore dell'edilizia scolastica, strategia che viene portata avanti con intendimenti diretti di far saltare il piano dell'edilizia scolastica che, a suo tempo, l'amministrazione comunale aveva approvato ». Ma a dire il vero, cari cittadini, che ha fatto saltare il piano non siamo stati noi ma le lungaggini del Comune e della Regione. Infatti A SUO TEMPO, cioè luglio 72, l'amministrazione comunale aveva DECRETATO, nel piano citato da Bonatti, LA SCUOLA IN CESALPINO PER L'ANNO SCOLASTICO 1974-75 (facendo già slittare le promesse di Borruso) ma allo stato attuale delle cose è impensabile che l'amministrazione tenga fede al suo tanto declamato piano. Allora estra « strategia della tensione » rivendicare quello che l'Amministrazione stessa aveva promesso? A che punto saremmo se non avessimo lottato? Chi allora frastorna la popolazione interessata? Noi o i « grandi papaveri » della nostra Amministrazione?
6. Da ultimo vogliamo anche noi farci un augurio per il futuro. Noi non stiamo portando avanti soltanto il problema della scuola in via Cesalpino, ma anche quello del RIFACIMENTO DEL PONTE SULLA MARTESANA, DELL'ASILO NIDO IN VIA LISCATE, DEL PARCO MARTESANA. Speriamo vivamente che in futuro il clima cambi, che i rapporti Amministrazione-cittadini abbiano un altro tono e s. basino su una fattiva reciproca collaborazione, attraverso ASSEMBLEE PUBBLICHE, lavori delle commissioni del Consiglio di zona, le cui indicazioni siano tenute in debito conto negli uffici comunali, attraverso incontri di studio fra tecnici comunali e commissioni di zona: è interesse di tutti i cittadini!
C.D.Q.P.N.
L'esito della nostra delegazione all'Assessorato Urbanistica della Regione Lombardia è stato a dir poco sconcertante. Ancora una volta abbiamo potuto constatare l'inefficienza di questi uffici pubblici che, sembra, lavorino soltanto quando c'è in ballo qualcosa che va a vantaggio dei ceti più alti.
Infatti, mentre il Comune, anche se già con notevole ritardo (come abbiamo già fatto rilevare) aveva inviato, tutti i documenti necessari al rilascio del decreto di urgenza e di indifferibilità per poi procedere all'occupazione dell'area, alla Regione in data 21 novembre u.s., questa ha lasciato tutto nel cassetto per 90 giorni, poi si è sognata di chiedere al Comune una delibera che non ci entrava e poi ci ha comunicato che le cose andranno ancora per le lunghe.
Perché: perché innanzi tutto manca il personale e poi perché ogni atto del Comune o della Regione non diventa subito esecutivo ma deve attendere sempre venti giorni perché venga approvato dal rispettivo organo superiore (Comitato di controllo o Commissario di governo). Ora se noi pensiamo che per arrivare a fare una scuola, un ponte, a costruire qualsiasi cosa di pubblica utilità, gli atti sono pressoché « infiniti » e se teniamo conto dell'immobilismo degli uffici comunali, noi comprendiamo come le cose diventano lunghe: prima ci vogliono mesi perché si riesca a smuovere certe pratiche, quando poi queste vanno in porto, c'è subito pronto il rallentamento in quanto devono andare al Comitato di controllo o al Commissario di governo. Intanto non è che negli uffici si proceda in un'altra direzione per guadagnare tempo.
No: si aspetta l'approvazione superiore, poi tutto torna a stagnarsi, perché non c'è personale e così via.
Non così invece per le opere che interessano i privati: lì tutto corre via liscio. Gli impiegati sono sufficienti, le licenze passano con notevole facilità, perché ciò che conta non è la necessità dei cittadini, ma la potenza del costruttore edile; qui non ci sono controlli superiori con relative perdite di tempo.
Infatti solo nel nostro quartiere, in tutti questi anni in cui noi aspettavamo la scuola dal Comune, lo stesso Comune, incoscientemente e senza nessuna sensibilità popolare, ha permesso al «benefattore» Galimberti di costruirsi: via Carta 2, via Meucci 63, via Cesalpino (davanti alla futura scuola), via del Ricordo 24, e, ultimamente, via del Ricordo 10 (in via di costruzione, nonostante tre NO del Consiglio di zona 10, e pare, con tutti gli appartamenti già venduti).
Certo, fino a quando le nostre amministrazioni non snelliranno certe procedure e non metteranno invece seri ostacoli al continuo estendersi della speculazione; fino a quando gli organici degli uffici pubblici non terranno conto della necessità di rovesciare l'ordine di precedenza fra costruzioni private e opere pubbliche; fino a quando mancherà la volontà politica di far « funzionare » gli uffici in direzione delle esigenze popolari ci troveremo sempre a denunciare queste cose. Tocca però a noi, al movimento operaio, ed in particolare ai consigli di zona sindacali, lottare per questi obiettivi. Comunque, l'ing. Gobbi della Regione ci ha assicurato che almeno il decreto di indifferibilità e urgenza delle opere è stato firmato dall'assessore Sonzogni e che è stato spedito al Commissario di Governo.
Tra venti giorni un altro gruppo di cittadini si recherà nuovamente dall'ass. Bonatti per sollecitare gli atti di consistenza dell'area.
Una precisazione che riguarda l'area di via Cesalpino
Da tempo si sta scioccamente cianciando su certe nostre presunte responsabilità riguardanti l'esproprio delle aree di via Cesalpino angolo via Montefior, esproprio che notoriamente va a danno del coltivatore diretto signor Vanetti.
E' chiaro infatti che se noi « spingiamo » per l'esproprio, è solo perché i cittadini del quartiere vogliono la scuola; ma diciamo chiaramente che non siamo stati noi a volere l'area di proprietà del signor Vanetti. Anzi! Per più di un anno ci siamo battuti perché venisse salvata la piccola proprietà in questione, e venisse invece utilizzata l'area Cerizza-Siemens-Dindelli, difesa invece con una certa ambiguità dall'Amministrazione comunale.
Su questo nostro impegno, tutti coloro che hanno seriamente partecipato alla lotta, possono dare testimonianze che non lasciano ombra di dubbio. E testimonianze simili ne può dare anche il nostro «Milanodieci» che ha anche ingaggiato dure lotte al riguardo.
E' quindi completamente falso, e proveniente da chi ha in odio l'azione popolare ed il progresso del nostro Comitato, la notizia secondo cui vogliamo a tutti i costi eliminare le proprietà private. C'è proprietà privata e proprietà privata e non è certamente contro quella del signor Vanetti che noi abbiamo inteso lottare. Ci sono molti altri usi della proprietà, anche nel nostro quartiere, ben più gravi e che noi non abbiamo mai mancato di denunciare a chiare lettere.
Queste bisognava e bisogna colpire.
E, a proposito, che ne è della licenza chiesta da Galimberti per costruire in via del Ricordo 10? Il Consiglio di zona ed i cittadini non si erano opposti per ben tre volte? Rivolgiamo la domanda all'Assessore Pillitteri (PSDI). Non ci sarà mai l'eventualità che, prima di costruire nuovi palazzi, il Comune pensi a realizzare i servizi? Quanto aspetteremo ancora per la scuola in via Cesalpino? E per il nuovo ponte sulla Martesana? Dove andranno a scuola i figli che andranno ad abitare nei nuovi palazzi del Galimberti?
Finora il Comune ha fatto orecchie da mercante. Dobbiamo gridare di più, più numerosi e più compatti.
Comitato di quartiere Ponte Nuovo
Il convegno sull'assistenza è possibile ?
La grave situazione delle ragazze-madri dell'istituto di via Pusiano rischia di essere dimenticata dal Consiglio di zona e dai partiti istituzionali
Le ragazze-madri dell'istituto di via Pusiano vivono ormai relegate, escono solo per andare al lavoro e tutte le sere, prima delle ventuno, devono rientrare.
Ma nessuno pare ci faccia più caso. E' dallo scorso dicembre che si parla (e si fa solo questo) di un ipotetico convegno sull'assistenza, che prenda le mosse dallo stato di cose che ha portato la « Casa della madre e del fanciullo » (CMF) ad essere, almeno per qualche mese, al centro dell'attenzione nella nostra città.
La proposta del convegno era stata lanciata, ad una riunione del consiglio di zona, da un giovane del PCI, evidentemente dietro suggerimento di qualcuno che conta più di lui, e quasi subito la Commissione assistenza della zona 10, presieduta dal comunista Basilico, s'era impegnata a lavorarci attorno e a « sensibilizzare » sul problema l'intero Consiglio di zona, affinché questo, entro tempi ragionevoli, si facesse promotore del convegno. Qualora tutto questo lavoro preparatorio non avesse portato, appunto entro breve termine, ad un risultato concreto, cioè al convegno — queste furono le parole del Basilico (cfr. gli ultimi numeri di Milanodieci) — il PCI avrebbe provveduto a tutto lui (e, diciamolo sottovoce, questo partito coglierebbe così una buona occasione per un suo rilancio nella zona).
Ma dunque il consigliere Basilico si è già rimangiato le belle parole spese all'ultima seduta pubblica di Commissione, che risale al 7 gennaio, di fronte ai rappresentanti dei comitati di quartiere?
Noi seguitiamo a impegnarci sul serio, ma se le cose dovessero mettersi male irrimediabilmente, per impotenza e responsabilità diretta di certe persone che continuano a dirsi dalla parte dei lavoratori e delle categorie di cittadini più disagiate, delle quali le ragazze-madri fanno parte, come minimo saremmo autorizzati ad assumere l'atteggiamento di coloro che dimenticano di aver mai riposto fiducia in certa gente che probabilmente si preoccupa solo di svolgere in tutta tranquillità una mansione burocratica e niente più.
Forse è tuttora in voga la massima sulla politica, arte del possibile, per cui anche adesso, sebbene molto tardi, non è ingiustificato pensare, e darsi da fare soprattutto per un mutamento positivo della situazione delle ragazze-madri che rischia la cristallizzazione definitiva.
Alcuni sono i punti fermi da considerare irrinunciabili, contenuti pare fra l'altro in un documento della Commissione assistenza della Provincia, mai discusso pubblicamente:
che la CMF non venga smantellata;
trasformazione della CMF perché sia attrezzata per ospitare temporaneamente anche ragazze-madri che non provengono da altri istituti assistenziali;
che all'interno della CMF venga aperto un asilo-nido al servizio del quartiere;
apertura, all'interno della CMF, di un consultorio specialistico al servizio del quartiere, capace di andare incontro e di soddisfare i problemi della donna e della madre.
Il medesimo documento sembra invece non far menzione alcuna dei sussidi da assegnare alle ragazzemadri dimissionate dall'istituto e in cerca di un alloggio per una sistemazione stabile.
La lotta comune degli operai e degli studenti
Questo è un momento in cui le condizioni di vita della classe operaia peggiorano di giorno in giorno: disoccupazione crescente, salari erosi dall'aumento del costo della casa, dei generi alimentari e di prima necessità.
In fabbrica ci si organizza per ottenere condizioni salariali e di lavoro migliori, ma è nel quartiere che il potere di acquisto deve essere difeso e difatti, in alcuni casi, i proletari, organizzati in comitati di quatriere e di caseggiato, sono riusciti ad ottenere alcune vittorie significative (restauro delle case fatiscenti, autoriduzione dell'affitto, ottenimento di forniture continue di kerosene) ed ora ci si organizza contro l'aumento dei prezzi e l'imboscamento di alcuni generi.
Dove i lavoratori hanno avuto la capacità di affrontare i propri problemi collettivamente sono riusciti (e questo lo dimostra anche la storia del movimento operaio) a difendere i propri diritti e ad assicurarsi migliori condizioni di vita.
Premesso ciò, sembra difficile capire come lo stesso operaio che lotta in fabbrica e nel quartiere, sia in genere assai critico verso le lotte che i suoi figli conducono nella scuola e più specificamente negli istituti professionali.
Ciò accade perché spesso anche i genitori più combattivi, sperano che la scuola possa dare ai figli un destino sociale diverso ed economicamente migliore.
La scuola diventa cioè uno strumento di promozione sociale, attraverso il quale il figlio del proletario può sfuggire alla sua classe sociale e diventare magari un borghese. Questo è illusorio poiché, come abbiamo già scritto in un articolo due mesi fa, l'istituto professionale non garantisce più un inserimento privilegiato nel mondo del lavoro, ma anzi molto spesso i neodiplomati devono addirittura affrontare lunghi periodi di apprendistato a basse condizioni salariali. Dimostrazione ulteriore di come per i proletari sia inutile sperare in un miglioramento ottenuto individualmente, ma come invece l'unica possibilità sia quella della risoluzione collettiva dei propri problemi tramite l'organizzazione e la lotta.
Come la classe operaia e i proletari del quartiere devono utilizzare l'istituto professionale?
Esso serve, se gli studenti, conquistatisi gli spazi all'interno della scuola (possibilità di riunirsi in assemblee generali e di settore, libertà di propaganda delle proprie idee) sanno realmente collegarsi con quelle fabbriche della zona che rappresentano i loro futuri sbocchi professionali.
E' importante che lo studente conosca il proprio futuro contratto di lavoro, i metodi di lotta adottati all'interno della fabbrica dai lavoratori per la difesa dei propri diritti ed inoltre acquisti, dall'abitudine a organizzarsi all'interno della scuola per tutelare i suoi interessi, la certezza che anche in fabbrica l'organizzazione e l'unità sono le uniche armi che hanno i lavoratori.
Solo così con la presenza dei lavoratori nella scuola e con la presenza degli studenti nella lotta sociale, si costruisce una unità fra operai e studenti che non sia la solita generica solidarietà, ma che sia basata sulla coscienza dei reali interessi comuni.
C.d.Q. Leoncavallo
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marzo 1974 - pag. 5
A. C.
Perchè i voti nella scuola dell'obbligo
Vorremmo cominciare questo articolo stralciando dall'ordinamento L. 31 dicembre 1962, n. 1859, alcuni tra i più significativi giudizi sulla scuola.
— La nuova scuola, come scuola per l'istruzione obbligatoria risponde al principio democratico di elevare il livello di educazione e di istruzione personale di ciascun cittadino e generale di tutto il popolo italiano, accrescendone di conseguenza la capacità di partecipazione e di contributo ai valori della cultura e della civiltà. Come ogni scuola è ampliamento e approfondimento della sollecitudine educativa delle famiglie, dalla cui collaborazione consapevole convinta attende un rapporto particolare per corrispondere dinamicamente all'attesa dell'intera società italiana e per consolidarsi, là dove sinora è mancata la consuetudine con un'istruzione obbligatoria dopo il corso quinquennale della scuola primaria (...).
Senza perdere il suo carattere essenzialmente formativo, la scuola media assolve in pari tempo ad una funzione orientativa (...).
Lo studio delle singole discipline richiederà la più vasta adozione possibile di processi induttivi, (vedi articolo « Perché un doposcuola popolare », Milanodieci dicembre 73), che muovano della esperienza vissuta dagli alunni, dal loro mondo morale ed affettivo, dalla osservazione dei fatti e dei fenomeni per passare progressivamente a sempre più organiche e consapevoli sistemazioni delle cognizioni acquisite (...).
Nella scuola media così concepita l'abitudine a vivere insieme, già promossa dalla scuola primaria, diventa, mediante l'educazione civica, consapevole avviamento alla convivenza democratica. Non trascurabile rilievo dovrà essere riconosciuto alle attività integrative previste dalla legge, sia pure in forma facoltativa, per creare nella classe e nell'intera scuola una serena atmosfera, la quale dia senso di sicurezza e incoraggi le iniziative personali e associative degli alunni, con speciale riguardo a libere forme di esperienza espressiva creativa e al rapporto operante con l'ambiente. (...) Ai docenti è affidata la grande opera educativa assegnata alla nuova scuola, la quale, mettendo per la prima volta tutti, nell'età dagli undici ai quattordici anni, in eguali posizioni di partenza di fronte alla vita, sarà lo strumento principale per la formazione delle nuove generazioni, per il loro attivo inserimento nella vita spirituale, sociale ed economica della comunità italiana.
COME E' LA TRISTE REALTA'
Vediamo ora come queste norme vengono applicate nella pratica. La prima cosa che salta agli occhi è l'uso di uno strumento discriminatorio e parziale come il voto, all'interno di una scuola così concepita.
Si può facilmente capire come lo scoraggiamento derivante dai voti bassi « meritati » nonostante l'iniziale impegno, (ogni bambino si accosta alla scuola desideroso di imparare) blocchi i bambini meno dotati di mezzi culturali ed impedisca loro di affrontare serenamente la scuola in modo da poterne ricavare tutti i vantaggi possibili. Invece, i bambini che già a casa hanno imparato ad essere i cosiddetti « bravi bambini », a parlare in italiano e non in dialetto, e a rispondere sempre per primi, saranno stimolati dai buoni voti a proseguire nella loro carriera di « ottimi ».
Inoltre il voto, trasformando la vita scolastica in una continua gara, rompe la comunità della classe in una serie di singoli individui contrapposti ed in competizione, rendendoli quindi incapaci di qualsiasi forma di collaborazione come, ad esempio, lo studiare insieme, o aiutare il compagno quando questo è in difficoltà in tal modo blocca quella spinta
alla vita comunitaria esistente in tutti noi, abituando i bambini a giudicare i compagni non come persone ma come « numeri ».
D'altro canto basta pensare per un attimo quanto il voto sia ingiusto arbitrario per capire come questo strumento sia più dannoso che altro. Per fare solo alcuni esempi possiamo ricordare come alcuni esperimenti scientifici abbiano dimostrato che lo stesso tema dato da votare a 100 professori di lettere diversi abbia ottenuto voti tra 4 e 8. D'altra parte tutto sanno che lo stesso ragazzo quando cambia professore ottiene voti diversi. Se si pensa un attimo a che importanza venga data nella scuola attuale a queste « cose » così imprecise e variabili che sono i voti si può capire quanto sia arbitrario far dipendere da questi tutto l'anno scolastico ed il giudizio che viene « affibiato » al bambino. Noi pensiamo che una « scuola dell'obbligo » più che selezionare e classificare i ragazzi, abbia il dovere di dare a tutti quelli che le sono affidati quegli strumenti culturali che la costituzione e le leggi prevedono come minimi. E poiché questi strumenti sono facilmente imparabili da tutti (tranne, ovviamente, alcuni casi clinici) non si venga a giustificare la selezione sulla base di presunte incapacità dei bambini. Tutti i bambini hanno il desiderio la capacità di imparare, e questo si può ben vedere pensando a come ogni bambino impari senza nessun aiuto a parlare nello spazio di uno due anni, come impari da solo ad andare in bicicletta e a fare moltissime altre cose. Se la scuola quindi non riesce a sfruttare questa capacità dei bambini e dei ragazzi, significa che la colpa di ciò va addebitata ad essa e non ai ragazzi.
E' importante perciò che la scuola smetta di giudicare i ragazzi ma cerchi invece di capirli e di riuscire a farsi capire da loro. E' chiaro che anche tutte le forme di giudizio psicologico, ecc., che vengono proposte come alternativa al voto, sono egualmente criticabili in quanto non rientrano nelle competenze della scuola dell'obbligo, ma sono più pericolose in quanto appaiono piu scientifiche.
Si può quindi dire che la scuola, specie quella dell'obbligo, deve pensare a insegnare a tutti tutto quello che devono sapere.
C.d.Q. Leoncavallo
Tempo pieno a S. Erlembardo
Alla scuola a tempo pieno di Sant'Erlembardo si è andata definendo una situazione piuttosto critica. La lunga lotta sostenuta da genitori e insegnanti per avere la mensa gratuita per tutti i bambini non è riuscita a smuovere le autorità comunali, per cui l'assemblea ha deciso di accettare il pagamento delle quote richieste dal comune, anche se in maniera che salva le apparenze.
A questo punto si impone di rivedere tutta l'impostazione e la conduzione della lotta per rilevare quali sono stati gli sbagli che hanno portato a questa sconfitta.
Per prima cosa bisogna dire che la lotta è stato condotta in maniera molto poco incisiva; le forme di lotta si sono limitate alla autogestione, che alla fine liberava il comune dal suo compito, e ad una specie di sciopero bianco » durato una settimana e abortito per mancanza di chiarezza delle direttive concrete.
Si è tentata anche una manifestazione in viale Monza, alla quale però la partecipazione dei genitori è stata molto ridotta, mentre sono mancate completamente le delegazioni di massa al comune, al patronato, ecc. o manifestazioni in centro, che sole avrebbero potuto smuovere le autorità.
Anche la partecipazione dei genitori alle assemblee, che già all'inizio non superava i 60-70, alla fine è arrivata al numero di 30-40 con un calo leggero ma continuo di presenze.
A nostro avviso tutto ciò è dipeso da varie cause, tra le quali le più importanti sono: 1) la lotta era con-
dotta su un tema che non tutti i genitori sentivano, ma che era stato imposto dall'autorità di alcuni insegnanti.
Con ciò non si afferma che l'obiettivo di una mensa gratuita nella scuola non sia valido, tutt'altro; noi infatti pensiamo che se l'obbligo scolastico deve essere gratuito lo deve essere fino in fondo, che è giusto il rifiutare che i bambini vengano classificati dal comune e quindi selezionati già in partenza in ricchi, meno ricchi e poveri, e che infine sia corretto sul piano politico che le autorità, che già ci « alleggeriscono» la busta paga con tasse dirette e indirette, almeno paghino per tutti quei « servizi » che, oltre alla mensa, sono essenziali al funzionamento decente della scuola.
Purtroppo però tutto il discorso politico all'interno della assemblea è mancato in maniera completa, e si è condotta la lotta solo sul tema della « non discriminazione »: ciò ha portato ad una mancanza di chiarezza sugli obiettivi da colpire e ad una gestione chiusa e corporativa della lotta; sono infatti mancati completamente i collegamenti con tutte le altre realtà del quartiere. Pensiamo perciò che questa lotta sia stata una fuga in avanti rispetto alla sensibilità e alla maturità politica dei genitori, e questo fatto ha portato al suo isolamento e alla sua sconfitta.
Ora l'assemblea dei genitori è chiamata a risolvere altri gravi problemi interni alla scuola; infatti si sta delineando una frattura all'interno del corpo insegnante, e sarebbe molto grave se succedesse che, come l'anno scorso, quelle stesse autorità che fanno di tutto per affossare il tempo pieno siano poi chiamate a decidere su come mandarlo avanti e su quali siano i « bravi » e quali i « cattivi » tra gli insegnanti.
E' ovvio infatti che chi vuole affossare la gratuità della scuola dell'obbligo non avrà poi molto affetto per la sua non selettività e non sarà l'istanza più idonea per stabilire se un tipo di didattica sia selettiva o meno.
E' perciò giunto momento in cui i genitori richiedano la gestione reale della scuola nelle mani dell'assemblea e che si aprano ad un intervento di forze esterne del quartiere che sole possono portare una certa chiarezza di impostazione sul lavoro da svolgere.
C.d.Q. Leoncavallo
Lo sfruttamento del lavoro femminile
Questo è il primo di una serie di articoli che si propone di analizzare le diverse contraddizioni che, ogni giorno, la donna deve affrontare.
Esso ha, solamente, lo scopo di presentare brevemente alcuni dei punti che saranno approfonditi nei prossimi numeri.
Per tradizione alle donne spettano i compiti di moglie, madre e casalinga: compiti molto faticosi che non sono mai stati considerati come un vero e proprio lavoro e, pertanto, non retribuiti.
A quest'onere domestico, molto spesso, le donne delle classi più disagiate devono aggiungere il lavoro fuori casa, per poter sostenere l'aumento del costo della vita (oggi più che mai pressante).
Gran parte del lavoro fuori casa è assorbito dalla fabbrica: le operaie si collocano, in genere, prevalentemente nelle categorie inferiori; i lavori loro affidati richiedono, solitamente, un minor sforzo fisico, presentano un grado inferiore di complessità, sono prevalentemente manuali e richiedono una maggiore rapidità e ripetitività.
Tutto ciò comporta bassi salari e, proprio perché costa meno, la manodopera femminile risulta complementare o sostitutiva di quella dell'uomo.
All'atto dell'assunzione i datori di lavoro impongono un'altra discriminante: l'età. Infatti, vengono richieste, soprattutto le ragazze dai 16 ai 22 anni (che, in genere, non sono sposate) e le donne dai 35 anni in poi (quando la possibilità di avere figli diminuisce).
La ragione di questo sta nel fatto che la donna, diventando madre, diventa un peso per l'azienda poiché, da quel momento, la sua produttività sarà inferiore, i suoi periodi di astensione più lunghi, mentre resteranno quasi intatti gli oneri finanziari del datore di lavoro, per il quale la preoccupazione più grande è quella del rendimento dell'azienda ai costi più bassi.
La scarsa offerta di lavoro, le discriminanti poste dal padrone e il non sapere a chi affidare i figli costringono molte donne a sciegliere lavori di pulizie (in uffici, presso famiglie, ecc...) che, in genere, impegnano meno ore.
Per gli stessi motivi, altre donne che hanno problemi più pressanti (figli piccoli che non trovano posto negli asili nido e nelle scuole materne; genitori anziani o familiari invalidi) ripiegano sul lavoro a domicilio.
LE GRAVI BEGHE DELL'ANAP-CISO
Il personale non è più disposto a subire
Da quasi due mesi l'attività didattica del centro ANAP di via Adriano n. 60 è bloccata e non vi sono segni che permettono di essere ottimisti circa una riapertura della scuola. All'origine del fatto vi è il « braccio di ferro » che il Consiglio di Amministrazione dell'Ente va facendo nei confronti del Ministero del Lavoro affinché questo nomini quale Presidente dell'ANAP una persona « gradita » agli attuali amministratori.
Questo in altre parole significa che l'amministrazione dell'ANAP non vuole alcuna interferenza nei suoi affari privati, ovvero vuole continuare ad essere libera di fuorviare danaro pubblico, proveniente in parte dal Ministero del Lavoro e in parte dal Fondo Sociale della Comunità Europea, indirizzandolo nelle capaci tasche di privati, i cui nomi sono saliti più volte alla ribalta della cronaca. Intanto chi ne fa le spese sono il personale del Centro e alcune centinaia di giovani che, con l'inizio dell'anno, avrebbero dovuto incominciare l'attività scolastica.
Le rappresentanze sindacali C.G.I.L. e C.I.S.L. SCUOLA del Centro di Milano, accogliendo la piattaforma elaborata a livello nazionale, rivendicano quali soluzioni immediate: Nomina di un Commissario, funzionario del Ministero del Lavoro, che garantisca un controllo diretto sulla gestione futura, vada fino in fondo alle accuse gravi mosse alla passata gestione, inizi una stretta collaborazione coi sindacati e gli enti locali, predisponga una ristrutturazione democratica attraverso il varo di un nuovo statuto.
Inizio immediato dell'attività; convocazione degli allievi; riapertura dei corsi.
Analoga a quella di Milano è la condizione dei Centri ANAP di Calambrone (Pisa), Piobbico (Pesaro), 1sili (Nuoro), S. Giusta (Cagliari), Prato Sardo (Nuoro). Il personale inegnante del Centro di Milano, qualora non si profilasse una rapida soluzione del problema ANAP, similmente a quanto già fatto dal personale di Calambrone (Pisa), verrà chiamato dai sindacati interni ad occupare il Centro, per esercitare una giusta pressione verso la Direzione dell'Ente.
Don Benatti, fondatore dell'ANAPCISC, trafficante di braccia, arricchitosi sulle spalle di migliaia di giovani meridionali, che sono venuti a frequentare i suoi corsi, non avrà vita facile in futuro, perché il personale non è più disposto a tollerare gli abusi amministrativi fin qui compiuti ed il clima di repressione antisindacale e di intimidazione nei suoi Centri.
Non vi sarà tregua nei centri ANAP.
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Quest'ultimo tipo di lavoro presenta molti aspetti negativi: essendo mal retribuito, costringe la donna a dedicargli moltissime ore; non essendo sottoposto a nessun controllo non garantisce una continuità, né la sicurezza di un salario adeguato; mancano, inoltre, l'assistenza medica e la pensione. Il problema principale delle donne che lavorano è quello di sapere a chi affidare i figli; esso lo si risolve solo in parte con l'istituzione di servizi sociali adeguati: asili nido, scuole materne, scuole a tempo pieno, servizi pubblici, ecc... Oggi la sistemazione del bambino non deve essere più un problema a carico della lavoratrice, ma deve diventare un problema sociale.
Comitato di Quartiere Leoncavallo
periodico mensile della zona 10
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pag. 6 - marzo 1974 problemi di attualità milanodieci
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Gli operai e le classi subalterne (piccoli impiegati, pensionati ecc.) non devono pagare la crisi dei padroni. Ovunque occorre sviluppare una vasta lotta per la difesa del potere d'acquisto dei salari e dei prodotti più bassi
Avremmo voluto dare a questo articolo sulla situazione sindacale un carattere diverso: avremmo voluto scriverlo insieme ai lavoratori del nostro quartiere partendo delle loro specifiche lotte, dalla loro partecipazione diretta alla forte risposta operaia che, qui da noi come in tutto il paese, si sta sviluppando contro l'attacco padronale dentro e fuori la fabbrica. Per nostra mancanza questo non è stato possibile. Riteniamo comunque utile fare alcune considerazioni che, non volendo certo essere conclusive, si propongono di aprire un dibattito con le forze politiche e sociali della zona (in primo luogo con i membri dei consigli di fabbrica e del comitato unitario intercategoriale di zona) in una prospettiva di lavoro politico comune.
RINNOVATA COMBATTIVITA' DOPO IL DISORIENTAMENTO DELLA TREGUA
Fin dall'inizio dell'anno si è registrata una torte ripresa del movimento di lotta all'interno delle fabbriche:
ai forti scioperi della FIAT e di altre fabbriche del settore metalmeccanico, le lotte dei chimici, ecc. dimostrano come la classe operaia, dopo un periodo di perplesso disorientamento nei mesi estivi, è in piedi non sconfitta e non è affatto disposta a pagare in silenzio i costi di una peraltro impossibile, restaurazione capitalistica.
Il riflesso di questa forte spinta di base si è visto già nelle riunioni dei consigli generali della Federazione Lavoratori Metalmeccanici del 1° febbraio da dove è uscita una significativa autocritica nei confronti della condotta sindacale e da dove sono uscite nuove prospettive da dare alle lotte.
Compito del sindacato — ha detto Trentin nel trarre le conclusioni — è raccogliere la spinta che viene dalla base e di darle uno sbocco che non sia difensivo. Dopo aver criticato il modo con cui le confederazioni hanno condotto il rapporto col Governo (un rapporto episodico e non di massa nei confronti di un governo in cui si sommano logica antioperaia ed inefficienza), Trentin ha ribadito la necessità di sviluppare un attacco al vecchio meccanismo di sviluppo, attacco che si fonda sui temi dell'occupazione, dell'organizzazione del lavoro, del salario.
LE CONTROPARTITE DEL GOVERNO
In questo clima la proposta dello sciopero generale — già avanzata dalla C.G.I.L. — ha acquistato una importanza ed un significato politico nuovo che invano le forze moderate, all'interno delle confederazioni sindacali, hanno cercato di negare: lo sciopero non doveva essere un generico mezzo di pressione su un governo ormai completamente screditato, ma doveva avere un preciso significato di lotta contro la
classe dirigente, contro la direzione oscura a cui punta la crisi economica, contro le manovre di destra ed i ricatti.
Tutte le vicende sindacali di febbraio (incontro governo-sindacato; riunione della federazione CGILCISL-UIL, scioperi di categorie e locali, sciopero generale) sono state caratterizzate dalla presenza all'interno del dibattito sindacale di questi due modi di intendere lo sciopero e la condotta sindacale in genere: da un lato appunto la posizione — scaturita alla base e recipta dai settori sindacali avanzati — che vede nello sciopero un primo momento di costruzione di una alternativa operaia alla crisi, dall'altro la posizione — presente specialmente a livello di Confederazioni — di chi vuol fare dello sciopero una specie di parentesi tra due periodi di « tregua » privilegiando ancora una volta ta il dialogo tra Confederazioni sindacali e Governo. Ma vediamo un po' più da vicino le vicende che hanno preceduto lo sciopero del 27. Il giorno 6 febbraio si è tenuto il tanto sbandierato « vertice » governativo, dal quale sarebbero dovute uscire le contropartite da offrire ai sindacati. Le decisioni che sono venute fuori possono essere così riassunte: colpo di spugna sulla truffa petrolifera di stato, anzi propensione ad aumentare il prezzo della benzina, senza neppure rivedere i calcoli fraudolenti dei costi, bocciatura dei prezzi politici rigidi per i generi di prima necessità ed adozione di un ridicolo fondo di 100 miliardi (che corrisponde alli% delle spese per l'alimentazione) in funzione calmieratrice; selezione dei consumi (per esempio la carne) con meccanismi che non disturbano i ceti abbienti; adozione dell'espediente carnevalesco della circolazione a targhe alternate; probabili aumenti delle tariffe ferrovarie ed elettriche; commesse di autobus (non ti sembra un po' poco De Martino?); « ipotesi » di investimenti.
Che ne è del « nuovo modello di sviluppo » tanto sbandierato per il quale è stato concesso un (ahimé) lungo periodo di tregua? Che ne è della difesa dei redditi bassi colpiti da inflazione, « riforma fiscale », ecc?
In realtà ci sembra che questo «vertice» sia stato una semplice conferma, a basso livello, della politica economica fin qui seguita.
Il governo ha dimostrato di non avere alcuna contropartita se non il ricatto politico già terroristicamente usato da Fanfani e alimentato dalla stampa del regime. Subito in sede di governo dai socialisti, questo ricatto è impensabile che passi con successo nel paese garantendo un'ulteriore tregua sindacale e sociale e frenando la ripresa delle lotte in atto.
L'incontro tra Governo e Federazione CGIL-CISL-UIL dell'8 febbraio non poteva, a questo punto, che essere privo di senso: si trattava semplicemente di prendere atto da parte sindacale che il governo non ha concesso un bel niente. Ed è quanto appare — sia pure con molta preoccupazione — dalla dichiarazione rilasciata dopo l'incontro dalla segreteria della Federazione là dove
« esprime la propria insoddisfazione per il contenuto delle proposte del Governo e per il fatto che non si può chiamare il sindacato alla responsabilità, in una situazione indubbiamente difficile, mettendolo contemporaneamente di fronte a posizioni che appaiono « definitive ». Ogni decisione riguardo alle modalità della risposta operaia veniva comunque rimandata alla riunione del Comitato direttivo convocato per la settimana seguente. Ed è qui che i contrasti sul modo di intende re tali risposte sono riemersi in mo-
7 FEBBRAIO:
LO SCIOPERO GENERALE E' GIA' COMINCIATO
Nel frattempo il movimento di lotta nel paese ha continuato a crescere con un preciso significato politico. Il giorno 7, in concomitanza con lo sciopero nazionale dei metalmeccanici, dei tessili, e dei chimici si è avuto uno sciopero generale nella nostra provincia culminato con la grande mànifestazione in piazza del Duomo (oltre 150.000 presenti).
Dopo molti mesi di incertezze questo forte e combattivo sciopero ha confermato una svolta già annunciata nelle assemblee di fabbrica e ormai matura nel movimento che pone le premesse per una controffensiva generale. Slogan espliciti come « OGGI SI E' ROTTA LA TREGUA SOCIALE, SCIOPERO, SCIOPERO GENERALE! » ponevano l'accento sulla rottura della tregua e sulla lotta all'inflazione; ma non mancavano anche nuovi slogano ispirati ai recenti avvenimenti: « I PETROLIERI RUBANO, IL GOVERNO NON LI ARRESTA, SARANNO GLI OPERAI A FAR LORO LA FESTA! ».
I lavoratori hanno visto questa azione come il primo atto dello sciopero generale nazionale, uno sciopero generale che non sia interlocutorio o indirizzato più contro i padroni e non tanto contro il governo, ma che abbia il suo centro politico in una classe operaia non più disposta a subire, inerte, l'attacco scatenato da padroni e Governo contro le sue conquiste, il suo salario, alle sue stesse strutture organizzative.
LA SINISTRA SINDACALE PER UNO SCIOPERO CONTRO IL GOVERNO
Nella riunione del direttivo della federazione CGIL-CISL-UIL (12-13 febbraio) questa richiesta politica della base ha trovato riflesso nella proposta di uno sciopero generale di 8 ore per il giorno 20, proposta presentata dai metalmeccanici e firmata da 31 membri del direttivo su 90 (tra i quali Trentin, Carniti, Benvenuto, Giovannini, Garavini). Nel suo intervento Trentin ha sottolineato come la data ravvicinata dello sciopero e la sua durata (8 ore) fossero essenziali « per dare a tutti la consapevolezza che hi apre una nuova fase di lotta ». Dopo aver affermato che il sindacato deve partire da una posizione di dissenso
globale sulla politca economica del governo, Trentin ha proseguito: «E' con la prosecuzione dell'attuale crisi politica che matura la crisi istituzionale. Ciò pone la necessità di uscire da ogni indeterminatezza respingendo il ricatto della crisi e la sfida che viene rivolta al sindacato». Questa proposta dei 31 membri è stata una evidente replica non solo alla provocatoria posizione della destra della CISL (Scalia e Sartori), ma anche alla stessa relazione introduttiva di Storti che, pur dichiarandosi favorevole alla proclamazione dello sciopero aveva proposto di rinviarlo a marzo per dar tempo al Governo di dare risposte diverse (?) da quelle del precedente incontro. Dopo un aspro scontro, la decisione è stata per uno sciopero generale il giorno 27, dimezzato però a
LA SOLUZIONE DEL DIRETTIVO DELLE CONFEDERAZIONI
Una prima considerazione è che mai come in questa riunione la battaglia è stata espressione di una spinta impetuosa che viene dal paese e domanda che lo sciopero generale sia, per davvero, l'inizio di una fase offensiva. Ciò, se non è riuscito ad imporre uno sciopero di 8 ore perä il 20 febbraio, ha ottenuto che i tempi proposti da Storti venissero anticipati alla fine del mese, lasciando meno spazio alle manovre di chi tenterà ancora di affossarlo usando i ricatti di Rumor o le minacce di La Malfa. Indubbiamente grave è stato il cedimento rispetto alla durata dello sciopero: uno sciopero di 8 ore avrebbe certamente avuto un significato molto importante. Ha pesato nella decisione d iridurre a 4 ore la manovra portata avanti dalla CISL e dalla UIL per cercare di annacquare il carattere di generale protesta contro la politica di rapina portata avanti dal governo.
Ci sembra comunque che quanto sta avvenendo nel paese (le grandi lotte di Milano, Torino, Napoli, Cagliari ecc.) indica come, a livello di massa, ci sono le condizioni per forzare queste limitazioni. La proposta partita dai delegati chimici riu-
nitit a Marghera di usare la giornata del 20 per un nuovo grande sciopero dell'industria si muove in questa direzione.
Riguardo ai contenuti, il documento scaturito dal direttivo si articola in 6 punti: programmi precisi di intervento nei settori dell'energia, dei trasporti, agricoltura, sanità, edilizia; soluzioni delle vertenze dei grandi gruppi aziendali; gestione politica dei prezzi dei generi di prima necessità; adeguamento delle quote esenti da tasse al diminuito potere di acquisto della moneta; approvazione della legge sulle pensioni e aggancio alla dinamica salariale; garanzia del salario e dell'occupazione ai lavoratori colpiti dalla « ristrutturazione ».
Una sola osservazione a questo proposito: non si parla — e ciò è perlomeno strano — della richiesta di prezzi politici (nel documento del 31 vi era una precisa richiesta di prezzi politici di pane, pasta, olio, latte, zucchero e di soppressione dell'IVA sui generi alimentari di largo consumo).
Concludendo, mentre scriviamo siamo alla vigilia dello sciopero generale — ci sembra che questa importante scadenza possa e debba segnare il momento di nizio della costruzione e di una opposizione di tipo nuovo, adeguata alle dimensioni della crisi e alle dimensioni dello scontro. Da questa grave crisi politica, economica, ed istituzionale si esce soltanto se da sinistra, dalla classe operaia e dai suoi alleati, si è capaci di modificare i meccanismi impazziti ora in atto, bloccando le soluzioni di destra attraverso una modifica dei rapporti di forza reali. Se ne esce se gli operai si battono di più e non di meno, all'interno come all'esterno della fabbrica, se esercitano cioè davvero e direttamente un tentativo di egemonia.
A questo punto evitare per paura, tentare di attenuare la portata politica dello sciopero sarebbe molto grave e pericoloso: significherebbe dare ancora spazio a quelle forze che hanno portato la democrazia sull'orlo del collasso.
Collettivo di quartiere
Roberto Franceschi
la cooperativa k kualiffinsì ha aperto la vendita al pubblico in V.LE MONZA 265 a 10 m. da MM Precotto (tel. 25.50.629)
Giochi Educativi per ogni età
Sussidi Didattici per la scuola
Libri per i bambini e i ragazzi
Libri per genitori ed educatori democratici
k kimillisttea vuole essere punto di riferimento per chi crede di poter aiutare il bambino in questo mondo difficile a diventare un uomo capace di esprimersi sentendosi vivo.
milanodieci lavoro marzo 1974 - pag. 7
Ville Turro
APERTURA Al QUARTIERE E GESTIONE PUBBLICA
Un contributo di una équipe medico-psicologica
Nella nostra zona, non esistono ospedali a gestione pubblica, ora parte dell'équipe medica psicologica di Ville Turro sembra disposta a lavorare non chiusa all'interno di questa clinica privata, ma in funzione anche del quartiere: infatti è stato aperto un ambulatorio che sarà, speriamo, convenzionato con le mutue. Siamo del parere, pur non considerando questa situazione ottimale, (bisogna battersi perché Ville Turro diventi in futuro gestita dall'amministrazione pubblica e, quindi ci sia finalmente un ospedale di zona) che una iniziativa del genere rivolta al quartiere, nel campo dell'igiene mentale, meriti di essere seguita. Infatti nel nostro quartiere dove manca del tutto qualsiasi servizio medico sanitario, è importante che esista anche solo una assistenza nel campo delicato e importantissimo dell'igiene mentale: i cosiddetti esaurimenti nervosi sono dappertutto molto frequenti, e spesso il medico curante imbottisce il paziente di varie pasticche senza però andare a fondo del problema, senza preoccuparsi di capire da che cosa è stato provocato questo stato particolare del malato. Vi sono poi le « nevrosi da lavoro » che assillano coloro che fanno lavori particolarmente alienanti e che provocano stati d'ansia, tic, nervosismo incontrollato; la persona, dicono i medici, « stressata », praticamente non ce la fa più, il lavoro è una « ossessione », la famiglia una preoccupazione e una noia, la vita diventa insopportabile. Esiste poi nel nostro quartiere il problema gravissimo dei bambini disadattati, basta girare un po' per le scuole della zona e vedere quanti bambini presentano dei disturbi di carattere, questo succede soprattutto nei quartieri popolari come il nostro dove spesso il bambino cresce abbandonato a se stesso, o affidato tutto il giorno alla scuola, perché i genitori lavorano entrambi, quindi abbiamo dei bambini particolarmente turbolenti, annoiati della realtà scolastica troppo lontana dalle esperienze che loro vivono tutti i giorni, bambini con carenze affettive appunto perché la famiglia non ha tempo di occuparsi di loro. Noi siamo convinti che questi problemi non si possono risolvere semplicemente con l'opera di una équipe (psichiatra + psicologo --E assistente sociale) sia pure condotta avanti con generosità personale e a prezzi (L. 5.000 a visita) più bassi di quelli che normalmente vengono praticati, poiché questi mali hanno profonde radici nella nostra società che ha completamente perduto il « volto umano ». Non ci piace neppure che questo lavoro venga fuori da una clinica privata che può trarre vantaggi diretti e indiretti da questa sua «apertura» all'ambiente del quartiere, ma sia ben chiaro che con questo discorso non intendiamo sollevare dubbi sulla buona fede di chi porta avanti questa esperienza. Non siamo neppure convinti che le mutue abbiano veramente intenzione di dare al malato mentale qualcosa di più di un manicomio-prigione per contenervelo, poiché una vera cura della personalità patologica è economicamente assai gravosa e non applicabile a livello di massa nell'attuale organizzazione sanitaria. La risoluzione del problema si può vedere in questi termini:
1. da un lato una grossa prevenzione della malattia mentale a livello non medico (ambiente urbano, scuole, fabbriche ecc.) e non si capisce come ciò potrebbe avvenire senza un radicale cambiamento della nostra società senza cioè l'eliminazione dello sfrut-
tamento e dell'ansia di prevaricare;
2. dall'altro lato una redistribuzione degli attuali mezzi dell'assistenza in modo che si possano qualificare i medici in un buon numero e ad un buon livello per poi fare cure gratuite anche se prolungate e con sedute molto frequenti, cosa che attualmente non si può fare. Tuttavia, tornando alla nostra situazione attuale, poiché molte persone del quartiere hanno personalmente dei problemi e sono sensibili a questi temi, pubblichiamo un articolo dei medici di Ville Turro che hanno preso questa iniziativa e segnaliamo che l'ambulatorio si trova in via Minturno. Pubblichiamo questo articolo anche perché è nostra intenzione continuare, collaborando anche con altri medici, . il discorso sulla salute e sull'assistenza sanitaria all'interno del nostro quartiere.
Roberto Franceschi
Si sente spesso parlare oggi di Psichiatria e di Antipsichiatria, e si leggono, anche su giornali e riviste non specializzati, di contrasti tra le diverse correnti psichiatriche.
L'impressione di chi legge è che oggi la Psichiatria in Italia non sappia che strada prendere e che cosa voglia. Il che è in parte vero, almeno sul piano operativo, ma proprio perché negli ultimi anni la Psichiatria è in evoluzione e ogni evoluzione porta contrasti e difficoltà.
E' perciò molto utile che si conosca il significato di questi contrasti, perché, come vedremo, la possibilità che la Psichiatria diventi sempre più a misura d'uomo dipende, oltre che dalle scelte dei tecnici, da Quelle della società, e quindi di tutti noi in quanto componenti della società.
La Psichiatria è quella branca della Medicina che si occupa delle malattie mentali, sia in senso preventivo che curativo. Proprio perché è nata dalla Medicina e praticata da Medici, si è cercato, al sorgere della Medicina scientifica e per tutto il secolo scorso, di considerarla alla stregua delle altre discipline mediche: si è cioè cercato di trovare delle spiegazioni ai vari disturbi mentali che risalissero a disturbi fisici, del corpo.
Ma accadde anche che, più la scienza occidentale procedeva nella ricerca biologica che non riusciva a cogliere la vera natura della malattia mentale, più il malato mentale diveniva incomprensibile e in quanto tale oggetto di paura. La società doveva difendersene, riuscendo anche in tal modo ad allontanare dal suo contesto delle persone che, dal punto di vista produttivo, erano nulle.
E' nata così nel 1904 in Italia la Legislazione Psichiatrica, che riguardava i malati « pericolosi a sè o agli altri, oggetti di pubblico scandalo, e lungodegenti », ma che rapidamente ha interessato di fatto « tutti » i malati mentali. Tale legislazione, che in Italia con lievissime modifiche è tuttora vigente, considera di fatto il malato un oggetto estraneo, incomprensibile, inutile, da allontanare e sottintende (come era in effetti nel 1904) che vi sono poche speranze di guarigione: su questa base è stata organizzata l'assistenza psichiatrica in Italia, nelle strutture attualmente ancora in vigore. Intorno al 1900 sono accaduti due fatti importanti.
La Psicanalisi da una parte, cominciando ad approfondire e a conoscere il meccanismo del funzionamento della psiche, come si sviluppa nell'uomo normale e perché si sviluppa male nell'uomo malato, ha messo in luce gli aspetti psicologici della malattia mentale, sottolineando che ogni uomo si matura e si forma nel contatto con gli altri,
ed è quindi impossibile considerarlo da solo, astratto dal contesto familiare, culturale e sociale dove è nato e cresciuto: ci si è accorti che la malattia mentale è soprattutto un disturbo della relazione tra il malato e gli altri. La Sociologia, d'altra parte, ha cominciato a studiare i fenomeni sociali e culturali della nostra società, ed ha portato statistiche a dimostrazione che la malattia mentale è diversa in società e culture diverse, potendosi così conoscere il modo come si estende e si diffonde la malattia mentale, che tende a seguire parametri sociali e non biologici.
Queste due grosse conquiste conoscitive permisero di porre il problema della Psichiatria su basi diverse. Prima di tutto sul piano curativo era possibile cominciare a ipotizzare la guarigione della malattia mentale, perché, se con i farmaci si potevano solo reprimere i sintomi (salvo i rari casi di malattia mentale di origine fisica) con la psicoterapia si poteva sperare di guarire la causa della malattia. Sul piano preventivo poi la migliore conoscenza dei rapporti tra fenomeni sociali e malattie mentali poteva dare indicazioni sul modo migliore per prevenirle, costituendosi così la branca della Psichiatria che si occupa di Igiene Mentale. Perciò all'estero, specie in Inghilterra, si è cominciato già negli anni trenta a realizzare nuovi modi di curare il malato mentale, per esempio attraverso Ospedali Diurni che non allontanassero troppo il malato dal suo contesto sociale ed aiutassero anche la famiglia e la società a capirlo di più e a contribuire alla sua guarigione, anziché respingerlo sempre più nell'angoscia della sua malattia. Negli ultimi 30 anni poi, dopo l'elettroshock ed il corna insulinico, sono stati scoperti gli psicofarmaci (sedativi, ansiolitici, antidepressivi) che, se da una parte hanno dato un validissimo contributo alla cura dei sintomi della malattia (allucinazioni, agitazione, ansia, depressione) dall'altra hanno dato l'illusione che guarigione dei sintomi volesse dire guarigione della malattia. Oggi, dopo 20 anni e più, questa illusione si sta attenuando, ma resta un contrasto di fondo tra chi considera il malato come un essere incomprensibile (residuo delle concezioni mediche dell'800), limitandosi perciò a togliere i sintomi più palesi e clamorosi della malattia attraverso i farmaci, chi la considera esclusivamente il prodotto di una società sbagliata, limitandosi a ipotizzare un cambiamento radicale della società e a lottare per realizzarlo, e chi infine cerca di vederlo come un uomo che soffre e si sforza di stabilire con gli altri dei rapporti comprensibili e gratificanti senza riuscirvi. In questa sofferenza possono giocare cause biologiche, psicologiche, sociali e culturali, che non possono mai venire trascurate né nel momento diagnostico, né in quello terapeutico, né tanto meno in quello preventivo.
Noi abbiamo scelto quest'ultima strada, non solo per quanto detto sopra, ma anche in base ai risultati di chi da anni persegue con successo questa strada. Dalla nostra scelta deriva però la necessità che la partecipazione al momento preventivo ed a quello curativo non sia limitata ai tecnici della psichiatria (medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, socioterapisti, ecc.) ma sia estesa a tutti coloro che, costituendo di fatto la società in cui il malato vive, sono in qualche modo corresponsabili, più o meno consciamente, della malattia. Potrà avvenire così che la famiglia, la scuola, il luogo del lavoro e dello svago non siano occasioni di malattia, ma di guarigione: sarà così possibile che il malato non resti confinato nell'Istituzione finché « guarirà », ma che l'ospedale sia un pas-
saggio, non sempre necessario, verso la guarigione, che può e deve avvenire solo e soprattutto mantenendo il contatto tra il malato e l'ambiente dove ha vissuto e dove tornerà a vivere. E' necessario perciò aiutare « gli altri », « i sani », a prendere coscienza che i problemi dell'Igiene Mentale non coinvolgono solo i tecnici ed i malati (come i problemi dell'Igiene Fisica non riguardano solo gli addetti alla Nettezza Urbana ed i malati) ma la consapevolezza e il senso di responsabilità di tutti.
L'Istituzione ed i tecnici che si occupano di malattia mentale devono perciò stimolare una partecipazione cosciente a tutti i livelli della società.
Questa strada se da una parte è la più ovvia, dall'altra è la meno comoda, perché impone a tutti, operatori psichiatrici e cittadini, una presa di coscienza ed una assunzione di responsabilità che sono entrambe scomode. Da ciò nascono le lotte ed i contrasti che bloccano e ritardano una evoluzione moderna della Psichiatria. Ed è anche evidente che le nuove iniziative che stiamo rendendo operative nell'ambito della Casa di Cura Ville Turro, non possono più prescindere, come era possibile in passato, dal consenso e dalla collaborazione di tutti gli abitanti della zona.
Giorgio Calderini
Franco Del Corno Marco Vittadini
(continua dalla prima pagina)
LA. COLPA NON E' DEI PICCOLI ESERCENTI
Tortoreto (PSI), assessore comunale al decentramento, si è detto subito d'accordo sulla realizzaziono di un istituto tecnico superiore nella zona, aggiungendo che però una tale richiesta va presentata all'Amministrazione provinciale. Ha riconosciuto che la situazione degli asilinido non è affatto confortante, nonostante esista in questo senso uno stanziamento della Regione. L'assessore socialista ha ridimensionato, per così dire, l'importanza che una parte delle forze di sinistra assegna al progetto di trasformazione e potenziamento della linea 90-91 (costo dei lavori intorno ai 35 miliardi e realizzazione non prima di tre o quattro anni), dando ad intendere che per un migliore funzionamento dei trasporti pubblici è necessario lottare anche ad altri livelli e con diverse forme di intervento. Tortoreto ha inoltre espresso parere negativo sulla progettata strada a scorrimento veloce (da Cascina Gobba alla Bicocca), la cosiddetta « tangenzialina » che spezzerebbe in due numerosi quartieri popolari. Ha messo in guardia contro i comitati di controllo sui prezzi, per mezzo dei quali si correrebbe il rischio di ricattare i piccoli esercenti, assunti così come capri espiatori di una situazione che ha ben altri e più grossi responsabili.
UNITA' TRA FORZE DI QUARTIERE E CONSIGLIO UNITARIO DI ZONA
— Spesso le forze che operano nel quartiere — ha proseguito l'assessore del PSI — dovranno ricercare l'appoggio del Consiglio unitario di zona. A proposito delle case popolari di via Lulli, è stato detto che le somme a disposizione non sono state sufficienti per iniziare i lavori di rammodernamento e al momento degli appalti con le imprese, queste non si sono presentate perché intanto i costi dei materiali erano saliti alle stelle. Solo l'impianto di riscaldamento ha potuto essere messo in opera per il semplice motivo che si era appaltato precedentemente.
Ha preso per ultimo la parola l'avvocato Lombardo, capo-ripartizione commercio del Comune: — Gli interventi contro gli imboscamenti
delle merci e contro l'aggiotaggio
zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA (il rialzo o il ribasso fraudolento dei prezzi) li possono fare gli organismi governativi, le autorità prefettizie. Sappiamo che i cittadini hanno vicino il comune e da esso pretendono controllo e vigilanza — ha detto -- ma fatto è che ai comuni vengono sotratti molti poteri di intervento. L'Ente comunale assistenza (ECA), sostenuto dalla Regione, avrebbe dovuto intervenire per il kerosene, è vero, ma nostro malgrado non si è visto nulla.
PRESSIONE POPOLARE SUL POTERE POLITICO NAZIONALE
Anche in questo caso — ha continuato l'avv. Lombardo — la pressione va esercitata sul potere politico nazionale. In conclusione, una considerazione sul problema della distribuzione dei generi alimentari: — La SOVECO dovrebbe essere diversa, più funzionale, con una maggiore possibilità di intervento. Sono grossi i limiti della rete distributiva italiana, che è soltanto pletorica e inefficiente. Occorre creare punti di vendita in mano alla distribuzione succursalistica e alle organizzazioni cooperativistiche.
Traendo le conclusioni del dibattito, il presidente del Consiglio di zona, Micella, ha aggiunto che per l'eventuale costruzione di un istituto tecnico superiore nella zona 10 venga preso in considerazione il lotto 47.
Al termine dell'assemblea è stata approvata all'unanimità una mozione di solidarietà con i lavoratori romani che in diverse borgate della città stanno portando avanti con coraggio e con senso di responsabilità la lotta per la casa.
La delegazione popolare che il 13 febbraio è andata in Comune per presentare le richieste di cui abbiamo parlato, è stata ricevuta dall'assessore all'annona Crespi. Egli ha affermato che ai «rivenditori disonesti» sono state date le multe e comminate le pene (mai a sufficienza, pensano forse i proletari). Della SOVECO ha detto che si tratta di un organismo che non può incidere, nella misura desiderabile, per mancanza di capitale. Per quanto riguarda invece i problemi della casa e della scuola non c'è stata ovviamente alcuna risposta, non essendo presenti gli assessori competenti. Il Crespi ha inoltre assicurato che il sindaco ha già provveduto a bloccare le tariffe dei servizi pubblici. Sappiamo bene invece che l'escalation dei prezzi continua imperterrita nella sua corsa. Così, dopo mezz'ora di colloquio, cittadini e rappresentanti del Consiglio di zona 10, « il più turbolento della città », secondo l'assessore Crespi, se ne sono tornati a casa. Sicuramente la lotta e la mobilitazione non finiscono qui con le delegazioni al Comune, si tratterà per il futuro di saper individuare quegli obiettivi che meritano di essere colpiti per procedere davvero in avanti sulla strada che porta alla soluzione dei grandi problemi che angustiano questa società.
Angelo Cara
pag. 8 - marzo 1974 sanità-prezzi milanodieci
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