Anno I l - N. 9
Dicembre 1978
UNA COMMISSIONE AL MESE: LA COMMISSIONE CULTURA
Come funziona il Consiglio di Zona
In sintonia con le recenti scelte politiche sul decentramento ed in conformità con lo spirito che le ha promosse, le commissioni di lavoro in cui si articola il Consiglio di Zona, dovrebbero rappresentare il luogo privilegiato del coinvolgimento e della diretta partecipazione dei cittadini alle decisioni e alle iniziative riguardanti il quartiere o, più ambiziosamente, l'intero tessuto urbano. Corrispondenti nella nomenclatura e nelle competenze specifiche a quelle del Consiglio Municipale, esse, dal punto di vista giuridico - istituzionale, si delineano con caratteristiche consultive ed istruttorie: vero e proprio cordone ombelicale proteso tra il privato cittadino, le nuove strutture zonali e periferiche e la pubblica amministrazione; al loro interno si discutono e si vagliano proposte e delibere da sottoporre al necessario giudizio o all'approvazione del Consiglio di Zona; aperte a tutti e coordinate da un responsabile scelto tra i propri membri, esse si riuniscono con scadenze pressochè periodiche e dibattono ordini del giorno a volta a volta stabiliti secondo criteri di priorità o di più immediata attualità ed urgenza.
Tra di esse particolare rilievo assume la commissione per la cultura, non perchè detenga speciali poteri e prerogative o segua diversi meccanismi di funzionamento, ma perchè ai fini di un positivo, equilibrato rapporto tra necessità del territorio e nuova politica del decentramento, vitale importanza rivestono le tematiche su cui è chiamata a discutere e a pronunciarsi.
L'attuale disgregazione sociale, il drammatico scollamento tra istituzioni pubbliche e società civile, la contraddizione funesta tra prorompenti e sacrosante esigenze di democrazia allargata e spinte corporative, la crisi di identità e di credibilità delle nostre istituzioni repubblicane e dei loro valori e principi ispiratori, trovano origine, tra le altre cause, anche negli errori e nelle carenze di una politica culturale non pianificata, irresponsabile, approssimativa o colpevolmente subalterna alle esigenze del profitto e alla logica della sperequazione.
La vera democrazia si costruisce educando alla partecipazione attiva e responsabile, suscitando la formazione di una robusta consapevolezza sociale e non certo propinando, come finora si è fatto, modelli di comportamento individualistici o messaggi pseudoculturali che stimolano l'apatia, l'indifferenza, o il qualunquismo.
Su queste scelte di fondo, prima ancora di affrontare nel concreto problemi specifici, deve quindi esprimersi anche la commissione per la cultura della Zona 17, che, rinnovata quest'anno nel coordinatore e nei membri, è attesa da compiti e da problemi di non facile so-
luzione: ribaltare in un lasso ragionevole di tempo la logica tradizionale del quartiere - dormitorio, reperire luoghi adatti ad ospitare spettacoli e iniziative di ampio respiro (mostre, conferenze, dibattiti), contattare operatori culturali disposti a collaborare attivamente, promuovere, insomma, un complessivo piano d'intervento capace di suscitare l'interesse e la partecipazione dei cittadini e di creare le prerogative in zona per un nuovo e più democratico modo di fare e di proporre cultura.
Molta carne al fuoco: La spinosa e delicata questione del Teatro Uomo e del suo ruolo nel quartiere. _ _ La disamina e l'eventuale ratifica delle delibere - quadro concernenti il nuovo regolamento comunale per la gestione dei centri sociali.
Il censimento completo, in vista di una loro piena utilizzazione, delle organizzazioni, dei gruppi di animazione culturale e degli operatori presenti nella zona.
La ristrutturazione ed il rilancio della Biblioteca Comunale di Via Odazio come luogo di produzione culturale, oltre che di prestito - libri e di lettura.
L'analisi delle possibilità e delle modalità di intervento nelle strutture "private" (sale teatrali delle parrocchie, teatrino degli "inabili" in Piazza Giovanni delle Bande Nere ecc.) La creazione di un Cineforum (possibilmente nei locali del cinema Araldo, da tempo chiuso per restauri e di fatto inutilizzato)
La riconversione a spazio pubblico della Cascina Corba, tutt'ora "appaltata" dal Comune ad un ristorante di lusso. Le occasioni per interventi e iniziative, come si vede, non dovrebbero mancare: più che sperare, sollecitiamo risultati concreti.
Daniele Calvi
CRISI OSPEDALIERA
San Carlo: è guarito?
Come sosteniamo nell'articolo a fianco, le richieste degli ospedalieri - proprio perchè partono da una situazione oggettiva di disagio economico e normativo (retribuzione di 1.532.000 /annue per un operaio qualificato del 2° livello) - sono legittime.
Le richieste sindacali si facevano carico di questo disagio e con la piattaforma contrattuale si è cerca-
MAGAZZINI FRIGORIFERI
to di sanare in parte sperequanzioni economiche e si è tentato una omogeneizzazione delle categorie del pubblico impiego.
In sintesi le richieste erano:
- contenuti economici perequati
- valorizzazione della professionalità
- nuova struttura del salario (segue a pag. 2)
SEMPRE PILE SCOTTANTI
Nel numero Ili ottobre - "La zona 17 sulla stampa" - avevamo sollecitato i lettori a segnalarci articoli apparsi sulla stampa e riguardanti la nostra Zona, magari commentandoli. E' dunque con vero piacere che ospitiamo questa lettera su un tema di così "scottante" (è proprio il caso di dirlo, anche se riguarda...il gelo) attualità. Questa lettera, molto polemica, solleverà un dibattito? Ce lo auguriamo, nell 'interesse dei nostri lettori.
Sull'ultimo numero di Ghiaccio Sport, rivista della Federazione Italiana Sport su Ghiaccio, ho letto articoli che mi hanno immediatamente riportato ad una burrascosa seduta del Consiglio di Zona 17. In questa seduta, a proposito del possibile insediamento nella nostra Zona dei nuovi Magazzini Frigoriferi con annesso Palazzo del Ghiaccio, i rappresentanti democristiani e socialisti si sono ritrovati paladini ad oltranza del verde e feroci nemici sia dell'industria del freddo (secondo loro puramente speculativa: non importa se poi manca la possibilità di immagazzinare le carni congelate importate dalla CEE, che l'Amministrazione Comunale dovrebbe poi distribuire) sia dello sport su ghiaccio (che deve continuare a rimanere sport dei ricchi). Nell'articolo titolato l'Assessore vuole 6 palazzi del ghiaccio l'Assessore del PSI Paride Accetti - oltre appunto a dichiarare "a Milano occorrono almeno sei piste di ghiaccio" (almeno forse perchè si esclude la pista olimpionica? Infatti quando i socialisti hanno proposto le Olimpiadi a Milano, col tacito assenso dei democristiani, pensavano anche a quelle invernali!), ebbene Accetti dichiara all'intervistatore: "Guardi giù... Se fosse per me farei pattinare la gente anche lì.".. e indica il Sagrato del Duomo. Poi il nostro Accetti si lamenta della scarsità dei mezzi del Comune, quindi divaga, si distrae, parla dei problemi relativi all'insediamento di un nuovo Palazzo del Ghiaccio a Milano (quello in Zona 17). Il vortice rischia di travolgerci, scrive l'articolista: ma forse la "distrazione" è causata dall'Assessore più dalla "corrente" che dal "vortice".
In un altro articolo si può leggere: La Legge n. 62, nota come Legge Stammati, promulgata nel 1977 con l'obiettivo di contenere l'inde-
bitamento degli Enti Locali, ha di fatto paralizzato il settore dell'impiantistica sportiva e non consente agli Enti pubblici locali di impegnarsi come la domanda di sport vorrebbe, anzi... e da qui l'articolista prende spunto per invitare l'Ente Locale a trovare sostegno per certe realizzazioni nell'opinione pubblica, certo, ma anche nel CONI e nei privati. Nella stessa pagina di questo articolo il capo redattore della rivista, Franco Ascani, sostiene analoghi concetti: ma Franco Ascani fino all'estate scorsa non era il Coordinatore del PSI per la nostra Zona?
OH BELLA, OH BELLA, OH BELLA: ma allora come mai i socialisti da una parte vogliono piste su ghiaccio a iosa e (giustamente) non con i soldi del Comune; e poi, dall'altra, in Consiglio di Zona 17, fanno fuochi e fulmini al solo sentir parlare di ghiaccio?
Un problema di sdoppiamento della personalità? Mah!!!
Caro Diciassette, a questo punto dobbiamo chiederci: non sarà per caso un problema di "correnti"... o meglio di "vortici" interni al Partito Socialista?
Quanto poi al fatto che il pattinaggio sia uno sport popolare o borghese, non sarebbe forse ora che un impianto per gli sport su ghiaccio, sotto il rigoroso controllo dell'Amministrazione Comunale (proposta, questa, che se non erro venne avanzata dai consiglieri di zona del PCI), si rivolgesse anche a quei ceti a basso reddito che, per ora scarsi fruitori del Palazzo di Via Piranesi, non mi sono parsi minimamente rappresentati da quei democristiani vocianti contro un nuovo Palazzo del Ghiaccio in Zona. Forse perchè costoro non hanno difficoltà a raggiungere Via Piranesi in taxi... o no?
Le posizioni espresse dalla stampa di informazione erano tutte puntate a drammatizzare il quadro dello sfascio degli ospedali ed a chiedere alle forze politiche e sindacali perchè non si siano accorte di quello che si veniva determinando negli ospedali.
Ma noi ci chiediamo: perchè tanti organi di stampa e tanti "attenti osservatori" si accorgono solo ora di questa grave condizione che da oltre 10 anni è una costante della denuncia del P.C.I.?
Poco più di 10 anni fa si concludeva una battaglia parlamentare nella quale il P.C.I. era rimasto solo a combattere contro una legge (segue a pag. 2)
Spedizione in abbonamento postale gr. III - (70%) PARTITO COMUNISTA ITALIANO Comm. Stampa e Propaganda Via Volturno n. 33 0124 - MILANO IINEERTO SPEC-AT Scuola media superiore testo della legge di riforma Nelle pagine centrali Ä
IMPIEGO VERTENZA
PUBBLICO
APERTA
CULTURA
DEMOCRAZIA
Ancora sul P.R.G. PAGA CENTRO Teatro Uomo PAG 9 SPAZIOR'" APERTO Fusiope Farmrtalia Er UL11
81
PAG.3
mensile dipolitica
cultura attualità della zona17 Esce il primo di ogni=
U.T.
IL DICIASSETTE/POLITICA&ATTUALITI\ 2
DALLA PRIMA: San Carlo: è guarito?
- piano di riqualificazione e aggiornamento professionale omogeneo sul piano nazionale.
Ciò che non possiamo approvare sono i metodi antidemocratici usati da alcuni.
Il S. Carlo è stato l'ospedale che più drammaticamente ha subito le prevaricazioni e le violenze degli autonomi.
Questo ospedale, che ha una capacità di ricovero di 950 letti è scesa a 400 unità per, l'impossibilità per il paziente di essere assistito.
Lo sciopero, a tempo indeterminato, è stato attuato con la chiusura totale delle cucine, con la sospensione delle pulizie generali, con la riduzione dell'assistenza ad una sola diplomata per 35 pazienti, il blocco totale dei servizi e la riduzione delle sale operatorie da 5 a 1 sola per casi di emergenza, la gravità di forme di lotta così radicali ha prodotto questi risultati:
- molti lavoratori, impossibilitati a ricorrere a prestazioni mediche nei pubblici ospedali, sono stati costretti a rivolgersi a cliniche ed enti privati, sulle cui tariffe è preferibile non discutere (ci risulta che il Centro Diagnostico non poteva soddisfare le richieste, tanti erano gli utenti che si rivolgevano per esami clinici).
- La prolungata degenza degli ammalati in attesa di intervento chirurgico, (essendo paralizzata
DALLA PRIMA: Pubblico Impiego: vertenza aperta
1978
ogni attività di diagnosi) ha notevolmente aumentato il relativo costo di degenza (che viene pagato dalla collettività).
3 - Gli ammalati ospedalizzati al S. Carlo erano solo quelli gravi, quindi bisognosi di assidua assistenza.
Avendo consentito - con picchettaggi duri - I sola assistente per 35 ammalati - si è resa necessaria la presenza di parenti per questo compito. Questa massa di gente circolante a tutte le ore per le corsie non garantiva l'osservanza delle più elementari norme igieniche ed esponeva al rischio di malattie di tipo epidemico e diffusivo.
Dopo alcuni giorni ha prevalso nei lavoratori il senso di responsabilità e gli autonomi, che già si erano autoisolati non accettando nessun confronto e dialogo con altre categorie di lavoratori, sono stati ancor più emarginati e la vita ospedaliera si è pressocchè normalizzata. Ribadiamo il netto dissenso verso tutte quelle forme di lotta che: - recano danni intollerabili all'utenza.
- portano l'isolamento della categoria nei confronti dei lavoratori e dei cittadini - prestano il fianco a interventi di tipo autoritario (precettazione).
Rosetta Gimbatti
CENTRO CULTURALE ORIONE
Milano - viale Caterina da Forlì 19 (ang. via Fezzan)
CINEFORUM 1978-79
PROGRAMMA
1 - 1 Dicembre Quinto potere
2 - 15 Dicengarg J.41),3.11at?.,di Stroszpk
1979
3 - 12 Gennaio
4 - 26 Gennaio
5 - 9 Febbraio
6 - 23 Febbraio
7 - 9 Marzo
8 - 23 Marzo
9 - 6 Aprile
10 - 20 Aprile
I I - 4 Maggio
LUMET
W. HERZOG
ospedaliera che prendeva il nome dell'allora ministro della Sanità Mariotti.
La posizione assunta dal P.C.I. consisteva nell'apprezzamento di una scelta che sottraeva gli ospedali alla loro antica condizione di opere pie e nel contemporaneo rifiuto di una loro trasformazione in senso aziendale - imprenditoriale che conduceva alle estreme conseguenze il loro isolamento autonomistico e favoriva il massimo sfruttamento in termini clientelari.
Era invece indispensabile trasformare gli ospedali in servizi sociali e coinvolgere gli organi locali del potere pubblico nella loro gestione.
Abbiamo così assistito ad una proliferazione selvaggia di ospedali sotto spinte clientelari che poco avevano a che fare con la salute.
Le regioni diseredate sono rimaste tali, mentre le regioni ricche seguitano in anni di piena crisi a costruire ospedali con soldi pubblici e gestione privata (es.: Basilicata 20 letti per 1.500 abitanti Lombardia 193 letti per 1.000 abitanti).
Il P.C.I. si era battuto per la fine della feudalizzazione del potere, cioè di quella visione e pratica di regime per la quale il governo dell'economia non era visto in rapporto ai suoi fini sociali, ma in rap-
porto agli equilibri e alle spartizioni tra potentati.
L'unico criterio adottato dai responsabili della politica sanitaria nel nostro Paese è stato quello clientelare che nel tempo ha prodotto il dissesto delle strutture sanitarie esistenti e la mancata realizzazione di quelle indispensabili. I fondi pubblici destinati a tale risanamento sono stati invece destinati molto spesso al miglioramento economico della classe medica, aumentando la sperequazione del rapporto di lavoro e rafforzando il corporativismo di questa categoria già privilegiata dall'incremento di introiti dell'attività professionale libera.
Sinteticamente il problema è che in questi anni invece di privilegiare la prevenzione e la salute dei cittadini si è preferito, da parte di coloro che gestivano il problema della sanità, alimentare i profitti delle case farmaceutiche e della classe medica.
La vertenza del pubblico impiego, esplosa in modo così violento (scioperi selvaggi degli ospedali, dei ferrovieri, dei post - telegrafonici degli insegnanti), è particolarmente emblematica in quanto denuncia il livello di approssimazione e di contradditorietà con cui vengono trattati i problemi del pubbli-
co impiego. Un settore che, proprio per far capo ad un unico datore di lavoro, dovrebbe segnalarsi per comportamenti contrattuali più omogenei.
L'assurdo è che qualche ministro spesso rivaleggia con gli stessi sindacati nel concedere pingui aumenti, spiazzando così il sindacalismo confederale, desideroso di porre rimedio al caos retributivo imperante nel settore pubblico, nei confronti del sindacalismo autonomo.
Va anche rilevato che le condizioni di vita dei lavoratori del P.I. sono realmente precarie ed è stata questa categoria che in questi ultimi anni ha pagato di più i costi della crisi con una limitazione e lo scaglionamento dei miglioramenti economici, con un meccanismo della scala mobile che non li difendeva nello stesso modo dei lavoratori dell'industria privata (adeguamento al costo della vita annuale, dall'ultimo contratto semestrale).
Riconoscere la situazione di reale disagio che ha provocato violente proteste da parte dei lavoratori ospedalieri non vuol dire avallare gli scioperi selvaggi degli autonomi dalle cui posizioni siamo abissalmente distanti, sia nella prassi che nel contenuto delle rivendicazioni.
Rosetta Gimbatti
Continua su questo numero la pubblicazione dell'intervista a Padre Andrea, responsabile della "Gestione Oratori" presso la Parrocchia di S. Giovanni Battista alla Creta.
Precedentemente il sacerdote aveva illustrato i poteri e le strutture del Consiglio Pastorale, nonchè le iniziative assistenziali della parrocchia, o collegate alla sua attività.
Parrocchie: quale attività?
Io ho paura
D. DAMIANI
Tutti gli uomini del Presidente
La Marchesa Von...
Il Re dei giardini di Marvin
Cadaveri eccellenti
Caro Michele
Il caso Katharina Blum
A. J. PAKULA
E. ROHMER
B. RAFELSON
F. ROSI
M. M O NICELLI
V. SCHLOENDORFF
Una giornata particolare
Tre donne
E. SCOLA
R. ALTMAN
In caso di disguidi, potrebbero esserci variazioni improvvise di programma.
La quota d'iscrizione è di L. 7.000. - Le proiezioni sono riservate a chi ha compiuto il 18° anno di età. Nel caso di smarrimento della tessera, l'interessato dovrà rinnovare l'iscrizione versando una quota in proporzione di films rimanenti, maggiorata delle spese di Segreteria. - Inizio delle proiezioni, ore 21.
Le iscrizioni continueranno nei giorni delle prime proiezioni dei film alla cassa del cinema.
Le prenotazioni si ricevono presso gli uffici parrochiali: nei giorni di martedi, venerdi e sabato, dalle ore 16 alle 19; nei giorni festivi, dalle ore 10 alle 12.
il Diciassette
mensile di politica cultura attualità della zona 17
Redazione e amministrazione: 20147 Milano, Via Inganni 4 - Tel. 417026
Editrice II Diciassette s.d.f. via Inganni, 4 - Milano
Autorizzazione del Tribunale di Milano
n. 51 del 30.1.1978
Direttore responsabile Marisa Deimichei
Daniele Calvi, Alessandro Finetto, Giorgio Fiorese, Gianfranco Gattini, Rosetta Gimbatti, Roberta Meroni, Ortano Valli
Gianmarco Cravero
Pubblicità:
Gianfranco Gattini
Stampa:Coop.IlGuado
Robecchetto con Induno
(Mi) -Tel. 0331/881475
Hanno inoltre collabora-
Comitato di redazione Fotografia: to:
Franco Bonaretti, Antonio Elia, Amilcare Perditi
D - Dalla sua esposizione, .comunque, si ricava l'impressione che le vostre iniziative acquistino un carattere squisitamente caritativo ed assistenziale, rivolgendosi non tanto alla dimensione politica e sociale della zona propriamente intesa, ma piuttosto restringendosi a quella individuale o famigliare; è così?
R - Ho chiarito già i caratteri ed i limiti dei nostri interventi: del resto io sono personalmente convinto che ogni discorso politico o sociale debba sempre considerare la sfera individuale. La famiglia rappresenta per noi un punto di riferimento insostituibile per la divulgazione e la penetrazione del messaggio evangelico. Per sua natura essa si presta più di qualsiasi altra associazione pubblica o privata all'accoglimento di un corretto modo di vivere e di intendere la vita: nella minuta esistenza quotidiana tutti i suoi membri trovano più che altrove la possibilità di realizzare concretamente, nelle azioni, nelle opere, nei rapporti umani le parole del Vangelo. Per questo noi prestiamo molta attenzione Ü e stabiliamo numerosi contatti con i gruppi famigliari: essi svolgono un ruolo determinante nell'educazione e nella formazione psicologica degli individui abituandoli alla prassi comunitaria. Inoltre io ritengo che la validità di ogni iniziativa politica debba misurarsi sul terreno della pratica reale dove ricopre tuttora enorme importanza il fattore assistenziale, al di là di ogni discorso teorico.
D - Ma non ritiene, padre Andrea, che per ciò che concerne i gravi problemi e malesseri della nostra zona occorra ben altro, cioè - una iniziativa politica generale di cui si faccia carico per esempio il Consiglio di Zona? A proposito, quali sono i vostri rapporti con le forze politiche e con questo organismo?
R - Credo indubbiamente che il C.d.Z. sia l'organo maggiormente indicato per risolvere i problemi del quartiere; tuttavia noi, come membri della Parrocchia, non abbiamo ancora stabilito i modi e i metodi di intervento in questa struttura, non essendo ancora ri-
solta l'alternativa tra la partecipazione ufficiale e quella a titolo personale. Per quel che sò inoltre non esistono tra noi e alcun partito politico rapporti preferenziali. Del resto non intendiamo porci in alcun modo sul piano della concorrenza con la pubblica amministrazione. Semplicemente operiamo in ambiti differenti.
D - Qual'è l'estrazione sociale dei giovani che frequentano il suo Oratorio, e come si rapporta quest'ultimo rispetto alla profonda crisi economica ed esistenziale che travaglia il mondo giovanile (disoccupazione, emarginazione, droga ecc.)?
R - L'oratorio è uno spazio di educazione cristiana e di integrazione sociale, in continuo equilibrio tra dimensione ludica e accrescimento interiore: il giovane che rifiuta il nostro discorso come una imposizione ideologica, o non si impegna nelle nostre attività, automaticamente si esclude, si emargina da solo. Non mi sembra corretto accogliere chi non si riconosce minimamente nella nostra fede: del resto esistono nelle società civile altre strutture e altri canali d'integrazione (polisportive, associazioni politiche ecc.). I nostri iscritti prevalentemente provengono da famiglie benestanti sono insomma "bravi ragazzi" nel senso comune del termine; ciò che a molti di loro difetta è l'abitudine alla critica, al-
l'indagine, all'impegno e alla partecipazione sociale! per esempio ci riesce difficile reperire un'adeguato numero di rappresentanti da inserire eventualmente nella Consulta Giovanile di cui tanto si parla. Questo qualunquismo di fondo impedisce una complessiva comprensione delle gravi questioni contemporanee: sul problema droga per esempio, dibattffi e meistre fotografiche da noi organizzate non hanno sortito l'auspicata sensibilizzazione.
D - Si ha l'impressione che la scarsa pubblicità da voi stessi fornita alle vostre attività, rappresenti un sintomo di chiusura aristocratica nei confronti delle altre componenti politiche, culturali e ideologiche della zona; è corretta la nostra interpretazione?
R - Assolutamente no, desideriamo anzi un confronto aperto e leale anche se per il pudore che contraddistingue ogni buon cristiano non battiamo grancassa sul nostro lavoro preoccupati più delle opere che delle parole. Approfitto di questo spazio concessomi per ricordare ai lettori del "17" che a partire dal mese prossimo nel salone dell'oratorio, inizierà la proiezione di una serie di films con pubblico dibattito dedicati al tema della famiglia: siete tutti invitati a partecipare.
Daniele Calvi e Gianfranco Gattini
VIA ZURIGO. 14 - 20147 MILANO - TEL. 4156833 - MM - INGANNI
IL DICIASSETTE/CULTURA 3
INTERVISTA AL NUOVO RESPONSABILE DELLA COMMISSIONE CULTURA DEL C.d.Z. 17: ALDO SANDI
possibile una cultura democratica?
Continuando la serie di interviste ai consiglieri della zona 17, il nostro giornale, nell'intento di far conoscere ai suoi lettori e a tutti gli abitanti del quartiere le personalità preposte alle cariche amministrative del decentramento, le loro funzioni, i problemi e le prospettive della loro attività, gli eventuali legami con le necessità e le urgenze del territorio, ha intervistato il democristiano Aldo Sandi, coordinatore responsabile della Commissione Cultura.
Innanzitutto, signor Sandi, che cosa l'ha spinta ad occuparsi della politica culturale nella zona? In che misura i suoi interessi personali, la sua attività, le sue vicende professionali hanno condizionato questa scelta?
"Diciamo pure che il fatto di avere esplicato per lungo tempo attività culturali in seno a svariate associazioni cattoliche ha indubbia-
mente facilitato l'assunzione del mio attuale incarico. Inoltre, la trentennale esperienza accumulata nella professione libraria, mi ha consentito una discreta conoscenza dei problemi, delle esigenze, degli ambienti cittadini legati ai settori della scuola e della cultura". Come è avvenuta la sua elezione a coordinatore responsabile della commissione?
"Nel partito dal quale io provengo, la Democrazia Cristiana, in previsione del rinnovo dei consigli di zona, si tennero vere e proprie "elezioni primarie" in cui i voti di ben identificabili ceti sociali che intendevano essere rappresentati, fornendo anche una precisa indicazione politica, confluirono sul mio nominativo. Successivamente, in seguito a decisioni interne del gruppo democristiano, fui proposto al consiglio di zona per quelle che erano le mie particolari com-
Di tutti i colori
Tramite l'aggancio avuto con operatori impegnati nel settore della grafica per bambini, abbiamo ritenuto interessante organizzare una iniziativa che facesse conoscere i risultati da essi raggiunti nello sforzo di migliorare il prodotto artistico ed educativo rivolto ai giovanissimi.
In questo senso, è significativo il fatto che questi autori, raccolti in una piccola mostra, collaborino o abbiano collaborato allo sviluppo del "Corriere dei Piccoli"; rivista che oltre all'indubbia importanza storica è, a nostro giudizio, da alcuni anni una delle migliori esperienze editoriali per bambini oggi sul mercato. Sia per la elevata qualità artistica, sia per l'attenzione rivolta ai problemi infantili. Non per questo però la mostra intende legare la sua immagine al giornale. Anzi proprio per la volontà nostra di lasciare libero il giudizio a bambini e adulti sul valore dei singoli autori, la mostra sarà concepita come semplice esposizione inframezzata da brevissimi
inserti, scritti di carattere narrativo (filastrocche, poesiole, barzellette) con l'intenzione di dare un sottile filo logico all'insieme.
"DI TUTTI I COLORI" sarà il titolo, tendente a sottolineare la ricchezza e la fantasia grafica oltre alla diversità delle formule adottate (dal fumetto all'illustrazione, al racconto illustrato).
Gli autori che hanno assicurato la loro presenza sono: Altan, Nidasio, Maggioni, Sicilia, Riccobon, Michelini.
La durata della mostra andrà dal 5 dicembre al 31 gennaio, sfruttando così l'affluenza del periodo natalizio. In questo modo pensiamo di dare un sufficiente lancio all'iniziativa, per poter in seguito accettare qualsiasi richiesta ci venga dalle strutture sociali (scuole, biblioteche, ecc...) e farne eventualmente una iniziativa itinerante, che assicuri un reale interesse e una reale incidenza.
LIBRERIA DI ALICE
Via degli Zuccaro, 2 MILANO
petenze; così, dopo l'avvenuta divisione di compiti e di poteri tra Commissione Cultura e Commissione Sport e Tempo Libero, precedentemente unite tra loro, mi trovai a ricoprire le mie attuali funzioni".
Quali criteri intende seguire nel suo lavoro?
"Le dirò che il termine "coordinatore" mi sta benissimo: del resto non potrei certo risolvere con un colpo di bacchetta magica i gravi problemi della zona. Desidero semplicemente porre a disposizione di tutti i membri della commissione, che considero miei collaboratori, la mia modesta esperienza e la volontà di rispondere almeno in parte alle urgenti necessità del quartiere".
Come si articolano i contatti tra la commissione e il consiglio di zona? Che peso assumono in questa sede i rapporti di forza fra i partiti politici rappresentati?
"Il coordinatore ha il compito di esporre al Consiglio le decisioni e le eventuali iniziative proposte dalla commissione, facendole possibilmente approvare. Egli rappresenta quindi il tramite tra esigenze di base e decentramento amministrativo. Per quanto riguarda l'attività dei partiti, ha finora prevalso, sulla disputa ideologica, la preoccupazione viva per i problemi del quartiere, la ricerca di una piena collaborazione non solo teorica ma anche operativa.
Del resto le necessità più urgenti appaiono ben visibili e la stratificazione socio - economica piuttosto omogenea della nostra zona dovrebbe facilitare l'intesa in nome del pubblico interesse".
Qual'è a grandi linee il programma della commissione cultura per il irossimo anno, quali obiettivi concreti, quali scadenze, quali risultati intende perseguire?
"Di comune accordo con tutti i membri, dopo un periodo di riflessione sulle caratteristiche e sui criteri di una corretta pianificazione culturale in zona, abbiamo stilato una scaletta, un programma di massima da cui trarre a volta a volta obiettivi concreti su cui intervenire con sollecitudine. Son già stati contattati operatori e associazioni culturali con lo scopo di assicurare alle strutture amministrative una fitta e qualificata rete di collaborazione: il vostro giornale ed il responsabile della Biblioteca Comunale di via Odazio, signor Pessina, rappresentano già un primo seppur parziale esempio in questa direzione. Auspicherei a questo proposito che il "Diciassette" si faccia portavoce di tutte le componenti culturali del quartiere, offrendo così al Consiglio di zona un'ampia panoramica delle richieste da sottoporre alla Giunta Comunale".
Quale rapporto intendete instaurare con l'Assessorato alla cultura?
"Non vogliamo certo porci in una posizione subalterna nei confronti della amministrazione municipale: in questi giorni la nostra commissione, per esempio, attraverso una delibera del Consiglio di zona, intende sollecitare il Comune affinché vari un regolamento definitivo che permetta la piena utilizzazione dei Centri Sociali, qualificandoli come veri e propri luoghi di produzione culturale' .
Che cosa vuol dire oggi produrre cultura in zona, non si corre il rischio di una chiusura quartieristica rispetto alle grandi problematiche nazionali o, più modestamente, cittadine?
"Rispondere a questa domanda non è certo facile, implicherebbe una ridefinizione globale del termine "cultura", del suo significato, delle sue interpretazioni. Vorrei, piuttosto, rendere concreto il discorso presentando due proposte tuttora al vaglio del Consiglio di zona: la prima riguarda una "mostra itinerante" allestita dagli allievi dell'Accademia di Brera nella palazzina di via Legioni Romane e nelle palestre scolastiche, che offra un'occasione di collegamento tra espressione artistica, scuola, e richieste della zona.
La seconda riguarda invece l'organizzazione di incontri e dibattiti pubblici su temi di grande attualità e la creazione di un Cineforum che permetta la riscoperta di valori culturali nel messaggio cinematografi-
co, fuori dalla logica consumistica".
A tale proposito, la commissione cultura ha già elaborato iniziative concrete per l'utilizzazione del cinema Araldo, della Cascina Corba per un contatto più diretto con la discutibile attività svolta dal Teatro Uomo?
"Ancora no. Sono questioni che rientrano comunque nella scaletta di lavoro di cui parlavo all'inizio. Qualche contatto, attraverso , la Consulta Giovanile, esiste con il gestore dell'Araldo: un luogo che, destinato ad area pubblica, potrebbe risolvere molti problemi nell'utilizzazione sociale del tempo libero, soprattutto per categorie emarginate come i giovani e gli anziani. Del resto per operare concretamente è necessario attendere la prossima pubblicazione del Bilancio Sociale di zona da cui potremo conoscere l'entità dei mezzi a nostra disposizione".
Per terminare, ha qualche critica qualche suggerimento da fornire al nostro giornale?
"Il Diciassette più che subire dovrebbe rivolgere critiche soprattutto verso i componenti del vecchio Cdz. che gli hanno sempre negato quella collaborazione, sotto forma di lettere o di articoli, che avrebbe permesso una più approfondita visione dei problemi della zona nella prospettiva di una loro effettiva risoluzione".
Conosciamo da vicino i nostri consiglieri
Aldo Sandi, 51 anni, sposato, padre di 2 figli, proviene da una lunga esperienza politica nelle file di associazioni cattoliche e della Democrazia Cristiana; antifascista per "vocazione morale" e per scelta militante (" attorno ai diciott'anni imbracciai il moschetto e mi ritrovai per le strade della città a combattere i nazifascisti ...."), è da tre anni responsabile della Libreria "Vita e Pensiero" presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, collaborando a numerose e svariate iniziative culturali di portata cittadina. Intellettuale vivamente interessato alle problematiche del territorio recentemente eletto coordinatore della commissione cultura nel Consiglio della zona 17, intende dichiaratamente assolvere questo compito con criteri collegiali, invitando alla collaborazione attiva tutte le forze politiche sindacali ed economiche, le organizzazioni e gli operatori culturali del quartiere "per superare la logica astratta delle parole e rispondere coi fatti alle esigenze concrete, nel rispetto del pluralismo.
Tutte le specialità di torte
Tutto su ordinazione per: COMUNIONI, BATTESIMI, CRESIME CERIMONIE VARIE, etc... VASTO ASSORTIMENTO DI PRODOTTI PER DIABETICI
ALIMENTI NATURALI E MACROBIOTICI VIA SAINT BON, 38 - MILANO
TEL. 4152271
Daniele Calvi
UNA LETTERA DELLA LIBRERIA DI ALICE ALLA COMMISSIONE CULTURA DEL C.d.Z.
panificio pooticcarie DI ANELATI ORIANA ottico optometrista Lecazzoní centro per l'applicazione di lenti a contatto VIA RUBENS 15 Ñ MILANOÑTEL. 40.34.883
PIANO REGOLATORE E
Come annunciato nel numero di ottobre, continuiamo la pubblicazione di materiali che illuitrano il nuovo Piano Regolatore Generale della nostra Città.
Per ragioni di spazio siamo costretti a rimandare al prossimo numero la pubblicazione dell'intervento dell'architetto Eugenio Gianella, funzionario tecnico della Ripartizione Edilizia Popolare del Comune di Milano.
Questo mese pubblichiamo invece il contributo dell'architetto Giovanni Fragapane, che è stato Coordinatore della Commissione Urbanistica del Consiglio di Zona 17 fino al luglio di quest'anno, cioè nella fase finale dell'approntamento del nuovo PRG. Per questa ragione riteniamo ancor più utile questo contributo: perchè riflette sull'attività pratica svolta giorno per giorno al livello di base dell'Amministrazione cittadina; una riflessione, quindi, che punta ad individuare un modo democratico di amministrare il territorio basandosi sull'esperienza diretta.
Il processo di partecipazione che Fragapane richiama ha messo in crisi definitivamente le stesse false sicurezze del consueto modo di fare urbanistica.
Pensare alla città come sommatoria di quantità standard, valide per tutti e dappertutto (cioè il tanto verde + tanti servizi + tanta casa = astratto cittadino contento) fortunatamente non è più possibile: l'urbanistica può solo nascere da una gestione che dà voce ai cittadini concreti, che li fa intervenire nelle scelte che li riguardano, che li fa maturare continuamente.
In questo senso il Piano è aperto, come conclude Fragapane.
Noi, per concludere, ci facciamo aiutare da Brecht: citando quanto scriveva —a ragione —a proposito delle città: Noi passammo in fretta. E, lentamente, passano anche loro.
La lunga discussione sulla Variante Generale al Piano Regolatore vigente è finita a luglio: ora siamo nell'attesa dell'approvazione da parte della Regione e della entrata in funzione di questo strumento fondamentale per la vita della Città.
Qual'è il senso della Variante e dell'ampio dibattito cittadino che ha accompagnato la sua elaborazione? In cosa differisce dal vecchio Piano?
Dal Piano Regolatore Generale del 1953 alla attuale Variante Generale è trascorso un quarto di secolo durante il quale si sono verifi-
cate modificazioni profonde non solo nella vita della Città, ma anche nel quadro istituzionale e nel quadro legislativo in generale e in quello riguardante la materia urbanistica in particolare.
Al tempo della nascita del vecchio PRG la legislazione urbanistica era ristretta quasi esclusivamente alla Legge n. 1150 del 1942 che prevedeva un disegno generale di piano di durata illimitata, che veniva attuato mediante piani panicolareggiati di durata decennale, caratterizzati da un bilancio di previsione economica per quanto riguardava le attrezzature pubbliche.
Fabbriche in Via Kuliscioff.
Lo strumento era un disegno definito di città che interessava non tutta la superficie del Comune, ma unicamente la parte costruibile. Il Piano tendeva a mostrarsi come dettato da una visione strettamente tecnica, come se le implicazioni politiche di indirizzo e di scelte fossero evitabili e non automatiche.
L'unico organismo sopracomunale era la Provincia, non esistevano Consorzi di Comuni (tuttavia previsti dalla Legge) o altro collegamento intercomunale che permettesse di dimensionare i problemi su una scala maggiore.
Sono note a tutti le modificazioni del quadro istituzionale incentrate sulla creazione delle Regioni e in particolare il passaggio dei poteri, in materia urbanistica, dal Governo Nazionale al Governo regionale.
Il territorio regionale è stato suddiviso in Comprensori che raggruppano i comuni delle diverse subregioni e i singoli piani regolatori generali devono avere un inquadramento comprensoriale.
Il quadro legislativo si è evoluto ed arricchito con leggi sull'edilizia economica - popolare (n. 167 del 1963, n. 865 del 1971), con la cosiddetta Legge ponte (n. 765 del 1967) che ha portato integrazioni e modifiche sostanziali alla Legge n. 1150 del 1942, con la Legge urbanistica regionale (n. 51 del 1975), con la Legge statale sul regime dei suoli (n. 10 del 1977) e con una serie di decreti e regolamenti per rendere attuabili le sopraddette leggi.
La legislazione che si è andata formando tende a realizzare questi scopi fondamentali:
l'attività edilizia privata deve sostenere direttamente i costi delle attrezzature pubbliche indotte dai nuovi insediamenti e permettere una risposta graduale al fabbisogno arretrato;
i piani urbanistici devono indicare le aree per l'edilizia economica e popolare, secondo certi rapporti rispetto all'edilizia privata, ed i programmi di attuazione (che prima non esistevano) devono assicurare la contemporanea costruzione di edilizia privata, edilizia popolare ed attrezzature pubbliche; il controllo pubblico sull'utilizzazione del suolo deve esercitarsi su tutto il territorio comunale comprese le aree agricole e le aree comunque inedificabili.
Un altro aspetto importante è il dimensionamento del Piano, limitato all'arco di un decennio, per il quale le previsioni demografiche devono essere collegate allo sviluppo verificatosi nel precedente decennio, nelle sue due componenti di saldo naturale (nati e morti) e saldo sociale immigrati ed emigrati).
Se diverso è il quadro istituzionale e legislativo nel quale è nato il nuovo strumento urbanistico, diverso è anche il clima generale.
Allora si usciva dai disastri della guerra ed il futuro appariva sicuramente migliore del passato; al momento dell'inizio dello studio della Variante Generale si era invece nel
tunnel della recessione con prospettive assai incerte.
Allora i problemi erano di ricostruzione e di espansione; per al Variante apparivano invece urgenti i problemi di riorganizzazione.
Le indicazioni del vecchio Piano e i metodi di gestione che esso consentiva, oltre a profondi guasti, avevano provocato anche l'incepparsi della "macchina urbanistica" nel suo complesso.
La regressione dello sviluppo demografico, con 10.000 abitanti in meno all'anno a partire dal 1974, è una realtà di cui si è dovuto prendere atto.
Le origini di questo fenomeno non sono misteriose: negli edifici per uffici e nelle case abitate da una popolazione anziana non nascono bambini.
Il processo di espulsione di abitanti dei ceti popolari e il processo di terziarizzazione trovano un riscontro evidente in questo fatto.
Si è arrivati perciò a questa Variante mossi dalla spinta ideale di invertire la rotta nella gestione anche urbanistica della città:
- basta con la speculazione;
- basta con la terziarizzazione;
- basta con l'espulsione delle attività produttive;
- difendiamo l'abitazione popolare all'interno della Città;
- riconfermiamo i posti di lavoro nell'industria;
- dotiamo la Città di attrezzature per una vita civile;
- riorganizziamo i servizi.
Una delle linee di tendenza del vecchio Piano era l'allontanamento dell'industria dalla Città, con contemporanea trasformazione della Città stessa in un centro di attività terziarie (uffici commerciali ed amministrativi) e residenza. Valga per tutti un esempio vicino alla Zona 17: l'area industriale della De Angeli Frua trasformata in residenza.
Uno degli obiettivi immediati era l'espulsione delle attività produttive dalle aree residenziali.
Tutto questo si inquadrava nella cultura di allora tendente all'uso specializzato del suolo che non ammetteva compresenze di utilizzazioni diverse.
Il risultato era necessariamente negativo sotto molteplici aspetti.
Espellendo attività industriali, automaticamente si mettevano a disposizione della speculazione edilizia vaste aree, si eliminavano posti di lavoro produttivi all'interno della città, si creavano condizioni di pendolarismo e di congestione di traffico.
Portando i quartieri popolari in periferia si condannavano al degrado ed alla demolizione le abitazioni popolari all'interno della Città.
Incentivando l'installazione di attività terziarie, ed espellendo le industrie, si creavano livelli di popolazione diversi tra Hinterland e Città (salari da una parte, stipendi dall'altra).
Eliminando le attività produttive (artigiane ed industrie) dalle aree residenziali, si alterava il tessuto sociale esistente e si trasformavano in quartieri dormitorio quartieri ricchi di vita articolata.
La Variante Generale del Piano è stata elaborata in un periodo di tempo relativamente breve.
Questo, se da una parte dimostra lo sforzo fatto dalla giunta di sinistra per portare a soluzione questo fondamentale problema, dimostra anche che il problema stesso era da tempo maturo e che le soluzioni erano già individuate, ma che mancava alle amministrazioni precedenti la forza politica per prendere le decisioni necessarie.
Il vecchio Piano, con la scarsa aderenza alla realtà propria di un disegno astrattamente preordinato (che ignora situazioni e si illude di modificare realtà vitali per la Città seguendo pretese razionalizzazioni), conteneva di fatto tutte le scappatoie per essere contraddetto ed eluso, favorendo situazioni di continua illegalità il cui controllo per altro non era collettivo, ma riservato agli organi comunali.
Anche nella fase della elaborazione del Piano non esistevano le strutture che permettessero un controllo popolare del piano stesso.
L'unico momento di partecipazione diretta dei cittadini era previsto dopo l'approvazione del Piano da parte del Consiglio Comunale e la sua pubblicazione, allorché i cittadini potevano fare osservazioni.
La crescita democratica della Città, che si è concretata nella creazione dei Consigli di Zona, ha permesso di fatto di poter creare le condizioni per una larga divulgazione dello strumento urbanistico fin dalla fase di elaborazione e un largo dibattito sui contenuti del Piano, sui temi e soluzioni da esso proposte.
La Variante è stata divulgata e discussa tramite gli organismi del decentramento nella sua stesura iniziale, prima d'essere portata alla discussione ed alla approvazione in Consiglio Comunale.
Dopo la pubblicazione sono state riproposte agli organi decentrati delle zone tutte le osservazioni dei cittadini ed enti perchè esprimessero il loro parere.
Le controdeduzioni dell'Ufficio del Piano sono state divulgate ancora alle zone perchè queste esprimessero nuovamente il loro parere, poi la Variante, con le osservazioni e le ultime decisioni, è stata inviata alla Regione per l'approvazione.
Il dibattito delle singole Zone è stato ampio e la discussione dei punti più controversi è avvenuta in assemblee popolari a volte affollate oltre che agitate.
Ma il ruolo della partecipazione popolare per il Piano urbanistico non si esaurisce ovviamente con la fase di elaborazione, perchè il Piano conta fondamentalmente nel decentramento per la sua realizzazione, giacché tutta la gestione avverrà programmaticamente in stretta collaborazione tra organi centrali e organi decentrati zona.
In questo senso il Piano stesso è un Piano aperto (oltre che perfettibile è costantemente controllabile), perchè all'interno di certe indicazioni sono necessarie decisioni che dovranno essere prese a livello decentrato.
Giovanni Fragapane
articoli da re Luigi Allara Pza Tirana 2 te1.4155810 AGENZIA R.R. di renzo ruggeri Pratiche auto, rinnovo patenti e passaporti. Assicurazioni di tutti i rami e assistenza gratuita per recupero danni. corsico via s. adele 21, t4479880 milano via pavoni 1, t. 6882938 IL DICIASSETTE/ \ zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA IVERE A 11/IILANO 4
C.F.
Scuola media superiore: apriamo un dibattito
Il Diciassette intende offrire ai propri lettori la conoscenza completa del testo di legge per poter zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA poi aprire un grande dibattito nella zona, che coinvolgerà il mondo della scuola e del lavoro.
Questo inserto infatti, che pubblica anche le interviste a tre soggetti fondamentali della scuola: studenti, insegnanti e sindacato, vuol essere solo l'avvio di una serie di iniziative (tavole rotonde, seminari, dibattiti) che il giornale promuoverà nei prossimi mesi sul tema della riforma.
La scelta di dare ampio spazio a questo argomento deriva dalla consapevolezza che questa riforma dovrà investire in profondità la società civile per trasformarla, inserendo in essa un più proficuo rapporto fra scuola e lavoro.
Ci siamo incontrati con alcuni giovani della F.G.C.I. per parlare della riforma. È chiaro che, essendo proprio gli studenti i più diretti interessati, il giornale si propone di aprire con loro — come con tutte le altre forze politiche e sociali — un ampio dibattito sulla nuova legge.
L'impegno di lotta degli studenti
Qual'è stata la reazione alla legge nel mondo della scuola?
"Pur non essendo ancora stata approvata al Senato, questa legge ha già scatenato nel paese, e-soprattutto nella scuola, un gran numero di polemiche. In moltissime assemblee, svoltesi in questi giorni in tutte le scuole, non sono emersi dal dibattito (dove si è potuto chiamare tale) quegli aspetti della legge che — se valorizzati — aprirebbero grandi possibilità concrete. Si potrebbe dare una svolta alle attuali esperienze di lotta della stragrande maggioranza degli studenti, lotta caratterizzata sempre più da un arroccamento su posizioni corporative, che tendono di fatto a difendere il ruolo assistenziale e allo stesso tempo emarginante da ogni realtà sociale della nostra scuola.
C'è poi una sorta di anticomunismo viscerale, che spesso confina in un'ostilità aspra e violenta contro ogni concreta proposta di rinnovamento".
In cosa consiste, secondo voi, questo rinnovamento?
"In questa riforma, si possono trovare le risposte ad alcuni grandi problemi posti dalle lotte di questi ultimi 10 anni. La legge attua un taglio netto nei confronti della concezione gentiliana della scuola, ponendo l'Italia all'avanguardia rispetto ad altri paesi e superando la vecchia divisione classista fra scuola di serie A e scuola di serie B.
La prima, incaricata di fornire una preparazione umanistico scientifica alla futura classe dirigente, avviandola all'università, e la seconda, suddivisa in centinaia di indirizzi, incaricata di fornire — nella migliore delle ipotesi — manodopera specializzata.
Ora, l'aspetto più importante della legge è proprio questo: la ricomposizione, in una struttura unitaria, delle esigenze di formazione e professionalità del cittadino, rafforzando i rapporti fra scienza e lavoro, fra scuola e lavoro".
Non vi sembra che la legge, se non viene correttamente applicata, possa introdurre solo un cambiamento formale?
"Certo, la legge contiene anche dei limiti e pericoli, uno dei quali consiste proprio nel rischio di una mera riorganizzazione strutturale, che si limiterebbe alla riunificazione di 120 tipi di scuola in quattro
indirizzi, razionalizzando forse la spesa pubblica, ma precludendosi nella sostanza l'obiettivo di modificare il ruolo della scuola nella so-
Nei confronti della riforma, esiste un fronte ostile, fatto di spinte diverse e spesso di segno contrario, ma che possono dar vita ad un pericoloso intreccio fra aspirazioni "rivoluzionarie" e disegni conservatori.
Fra questi, ci sono coloro che vogliono difendere i privilegi assicurati dal vecchio tipo di scuola e mantenere lo status quo; una parte dei docenti, ad esempio, vede con sospetto o fastidio la necessità di una propria riqualificazione professionale, necessità posta in evidenza dalla riforma.
Ci sono poi le scuole private, che prosperano grazie allo sfascio della scuola pubblica e che si opporranno agli aspetti più innovatori della riforma.
Le opposizioni vengono anche da certi settori studenteschi, da certi studenti che — frequentando gli istituti professionali — temono di perdere un rapporto privilegiato con il mondo del lavoro. E c'è purtroppo da registrare anche un'opposizione dell'ultima ora, alimentata da certi compagni socialisti che dopo aver contribuito attivamente alla stesura della legge in sede di Commissione Parlamentare, ora la strumentalizzano in chiave di polemica anticomunista".
Cosa proponete dunque?
"Èchiaro che questa legge, come tutte le leggi, non basterà a cambiare le cose: occorre mobilitare attorno ad essa tutte le forze del paese. Per questo intendiamo impegnarci a fondo, cercando di coinvolgere tutte quelle forze che hanno a cuore il problema di una reale trasformazione della scuola, costruendo un fronte unito per la giusta applicazione della riforma.
Ci appelliamo dunque agli intellettuali, agli insegnanti, ai lavoratori, alle forze politiche e sindacali, per intraprendere uniti una battaglia ideale che anticipi i contenuti di una nuova società, più giusta e democratica.
Invitiamo inoltre i cittadini e in particolare gli studenti ad intervenire direttamente nel dibattito anche attraverso il giornale di zona".
Per aprire un dibattito sulla riforma anche fra gli insegnanti, abbiamo intervistato il Prof. Ostilio Bego, insegnante del IX liceo e membro del Distretto n. 40.
E gli insegnanti: sono preparati?
Professor Bego, iniziamo con una valutazione complessiva della nuova legge per la riforma della scuola media superiore.
"Questa legge è oggétto di attà.c2 chi in questi giorni da opposte sponde, e da chi vuole mantenere in piedi la vecchia scuola gentiliana fondata sulla divisione e discriminazione degli indirizzi, ormai non più funzionale allo sviluppo produttivo del paese, e da parte di chi la considera un disegno moderato e controriformistico.
Invece ci sono, mi sembra, elementi per un giudizio positivo e anche aspetti negativi che però possono essere modificati nel progetto legislativo e dal movimento stesso".
Quali sono gli aspetti positivi?
"È certamente positivo il fatto di avere unificato la scuola media superiore, superando così la divisione culturale operata dalle disposizioni autoritarie del Ministro Gentile (in quel caso non si può parlare di riforma). Una scuola unitaria, omnicomprensiva, pre - professionale è una conquista. Però bisogna aggiungere subito che può risultare una unificazione apparente e superficiale che nasconde una sommatoria degli attuali ordini - canali separati e gerarchizzati, adatti alla selezione culturale e ad una rigida divisione sociale del lavoro. In pa-
role semplici, si potrebbero abolire le attuali targhe (liceo classico, scientifico, istituto per ragionieri, ecc.) sostituendole con la targa "istituto medio superiore", ma in realtà lasciare tutto come prima".
È anche un fatto di preparazione professionale degli insegnanti, non crede?
"C'è il pericolo che dicevo se le attuali componenti della cultura scolastica non avranno nuove funzioni e nuovi assetti, se la formazione culturale non avrà in ogni istituto un forte carattere formativo e se non ci sarà un rapporto funzionale fra l'area di formazione e l'area di indirizzo, se non ci sarà la riqualificazione dei lavoratori della scuola.
Dipenderà dalle possibilità di controllo sulla delega al Governo per quanto riguarda i programmi, l'organizzazione del lavoro, ecc.
Un altro elemento di progresso è certamente l'allargamento della scuola dell'obbligo, che nella legge è fissato in un anno (fino al 15° anno), ma che deve essere portato ad un biennio.
Attualmente, più del 40% dei ragazzi non prosegue oltre la 3' media. Però un solo anno obbligatorio in più non mette in discussione la scuola di base, aggiunge solo un 4° anno di scuola media con un nome diverso. Si andrebbe alla dequalificazione della scuola superio-
re senza un vero progetto formativo. Che non può risolversi se non unitariamente in un arco di tempo di due anni".
Per quanto riguarda il rapporto fra scuola e lavoro — sottolineato dalla riforma — quali potranno essere le prospettive?
"Punto di notevole importanza positiva è infatti l'accentuazione del rapporto scuola - lavoro che inserirà l'esperienza lavorativa in un piano progettato di crescita culturale e sociale e non in una appendice della vita scolastica come aggiunzione astratta e riduttiva. Questo certamente è il pericolo e dipenderà dalle istanze democratiche della scuola, dal consiglio di classe, dal consiglio di istituto fino al distretto elaborare programmi e stabilire rapporti con le strutture produttive della zona in modo che il collegamento studio ,- .lavoro sia reale.
Per la zona 17 sarà importante stabilire la sede di un istituto superiore di zona, coordinare con le zone vicine la presenza di tutti gli indirizzi, fare un censimento nelle scuole, negli istituti professionali e nelle aziende di tutte le risorse, al fine di attuare una preparazione professionale che permetta di realizzare un inserimento dei giovani nel mondo del lavoro quanto mai efficiente e produttivo".
IL DICIASSETTE/ zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA SR7CA:1 SCUOLN 5
IL DICIASSETTE 8
UN PROGRAMMA PER LA ZONA
Proposta di intervento nella Zona 17 (Lorenteggio - Inganni) del decentramento amministrativo di Milano: socializzazione e conversione di un'area di emarginazione.
Per quanto riguarda le principali istituzioni di ricovero, basti citare: la Pia Casa degli Incurabili, localizzata in epoca austriaca in un Monastero di Abbiategrasso e tuttora in funzione; la successiva edificazione delle sedi: dell'Istituto Sacra Famiglia a Cesano Boscone (fondato nel 1896), per 3000 handicappati e malati mentali; del Pio Albergo Tri.vulzio - la "Baggina" - (1909), per 1.600 anziani; dell'Istituto Inabili al Lavoro in Piazza Giovanni dalle Bande nere (1929), per 1.300 inabili, per la gran parte anziani; del Piccolo Cottolengo di Don Orione in Viale Caterina da Forlì (1933), per 1600 minorati fisici e psichici di ogni età.
Per quanto riguarda le istituzioni di reclusione, basti ricordare la presenza in Zona del Carcere minorile Beccaria, decentrato nel 1968 da Piazza Filangeri; dell'Istituto Marchiondi Spagliardi per la protezione del fanciullo, destinato ai ragazzi caratteriali, decentrato a Baggio nel 1954 da Porta Lodovica. Occorre ricordare, inoltre, che nel 1961 venne avanzata la proposta di decentrare il Carcere di San Vittore a Muggiano.
Pur avendo caratteristiche tutt'affatto differenti, ma essendo ugualmente "universi" separati dal contesto, è anche opportuno ricordare che nella Zona sono localizzati, dal 1930, gli impianti militari più estesi di Milano, che comprendono: Caserma Perrucchetti, Ospedale Militare, Magazzini militari, Piazza d'Armi.
Infine, non si può dimenticare il primato della Zona compresa tra Baggio e Lorenteggio per quanto riguarda mercato e consumo di droga.
Attualmente tutte queste istituzioni sono accomunate da una crisi "interna" più o meno profonda, a cui si accompagna il superamento della concezione assistenziale che le ha generate (bisogna ricordare che tutti questi istituti sotto stati fondati o consolidati o rinnovati nella gestione tra fine Ottocento e inizio Novecento, in concomitanza col massiccio afflusso di forza - lavoro nella città e col generale sradicamento dalla campagna).
;Ma vi sono anche elementi "eterni" che accelerano questa crisi, quali, ad esempio, le mobilitazioni sulle pensioni piuttosto che la presa di coscienza sempre più estesa di come la socializzazione sia indispensabile per risolvere i problemi degli handicap o delle malattie mentali o della vecchiaia.
Questa crisi apre varchi ad un'azione che riesca a ribaltare - dialetticamente - il ruolo di questi enti: da recinti di esclusione a teste di ponte di un processo di riappropriazione collettiva.
D'altra parte, anche sull'onda di esperienze che si sono andate svolgendo nel nostro Paese dai primi Anni sessanta (va almeno ricordato il rinnovamento delta pratica psichiatrica operato da Franco Basaglia, che prese avvio a Gorizia nel 1961), si è pervenuti all'approntamento di strumenti legislativi molto importanti per le possibilità di intervento offerte.
Basti citare:
- la Legge 3 aprile 1974, n. 16, della Regione Lombardia, Interventi per l'assistenza alle persone anziane, importante perchè nega l'alternativa obbligata: o gerontocomio o famiglia; prospettando un'ampia articolazione di forme di intervento: assistenza domiciliare, servizio alloggi, centri diurni di assistenza, case albergo, ecc.;
- la Legge 22 luglio 1975, n. 382, importante perchè trasferisce agli enti locali, rendendo quindi possibile la centralizzazione in un organo pubblico, la gestione di miriadi
di enti assistenziali e benefici;
- la Legge 13 maggio 1978, n. 180, Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, laddove finalmente ratifica il superamento dello strumento manicomiale;
- la Legge 5 dicembre 1972, n. 37, della Regione Lombardia, Istituzione e regolamentazione dei Comitati sanitari di zona, finanziamento delle iniziative di medicina preventiva, sociale e di educazione sanitaria, e la stessa Riforma sanitaria attualmente in discussione, laddove contemplano unicità di gestione decentrata e partecipata di tutte le risorse sanitarie di un territorio.
A queste leggi accostiamo, pur sapendo che ovviamente presenta problemi di ordine differente, la Legge 26 luglio 1975, n. 354, Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, laddove - in particolare nell'art. 15 - si ribadisce che il trattamento del condannato si avvale principalmente di strumenti atti alla sua riabilitazione, al suo reinserimento nella società, e quindi viene messo in rilievo l'indispensabile legame con il territorio, con l'Ente locale.
Va inoltre sottolineato che l'applicazione di queste leggi comporterebbe - oltre ad un riassetto della tipologia interna dei singoli istituti e del loro rapporto col territorioun'indispensabile riqualificazione del personale, infermieristico in particolare (ovviamente, è questa la categoria di lavoratori attualmente più numerosa in Zona). Ma allora ci si può porre un interrogativo: la Facoltà di medicina non potrebbe giocare un ruolo decisivo in questo processo di riacculturazione?
Ma la mancata attuazione di queste leggi, ovvero il ritardo a predisporre gli strumenti concretinel territorio - affinché queste leggi possano essere applicate (si pensi, ad esempio, ai presidi di igiene mentale o ai centri diurni per anziani), è molto rischiosa. Basti pensare allo spazio offerto, in questo modo, a campagne ambigue dei mezzi di informazione di massa, al limite della provocazione, che di fatto disorientano l'opinione pubblica, la fanno regredire a sorpassati, ma "certi e comodi", schemi mentali. Come esempi si possono citare: l'articolo pubblicato su Il giorno del 13 settembre 1977, Andrà in pensione la vecchia Baggina, oppure la campagna di questi ultimi mesi, svolta soprattutto sulle pagine del Corriere della sera, sull'avventurismo della Legge 180, sui malati di mente affiancati, nelle corsie, ai "malati normali", ecc. Di fatto questi articoli fanno emergere una presunta soppressione pura e semplice dell'ente assistenziale piuttosto che l'indispensabile superamento di forme assistenziali ormai obsolete.
Sinteticamente, la direzione indicata sia dalle esperienze svolte (in altre parti d'Italia - Gorizia, Trieste, Arezzo, Parma, ecc. - ma anche a Milano e nell'Hinterland - basti citare l'esperienza degli operatori sanitari decentrati in Zona 7, Dergano - Bovisa, o l'esperienza di inserimento sociale di handicappati a Sesto San Giovanni e a Magenta), sia dagli strumenti legislativi sopra citati, indica la possibilità di concentrare in un continuo di servizi collettivi tutti quei momenti insediativi che - consentendo il superamento delle inattuali forme di assistenza - pongano le basi per il dissolvimento dei regimi di separazione e chiusura di quelle istituzioni. Un continuo che costituisca un tramite anche fisico per connettere - innanzitutto - le situazioni discriminate: ad esempio, basta vedere le possibilità offerte dalla recente Variante Generale al Piano Regolatore per un percorso parzialmente edificato (sul quale a tratti si affaccerebbero i vari spazi per i diversi servizi) che vada da Piazza Gambara - per Via Fornari, Viale Caterina
Il centro studi zona 17 per conoscere e rinnovare la nostra zona
Il Centro Studi Zona 17 è una iniziativa promossa da un gruppo di intellettuali, comunisti ed indipendenti, che ha come scopo principale quello di contribuire, per la sua parte, alla costruzione di una "cultura del rinnovamento"tanto necessaria per !Unità e la partecipazione di tutte le forze (partiti, sindacati, istituzioni, lavoratori e masse popolari) interessate ad un profondo rinnovamento della nostra società.
Questo Centro Studi, oggi allo stadio iniziale, ma che intende crescere allargando numero e qualità dei propri aderenti,prende voce e posizione su un punto essenziale per un reale cambiamento: la programmazione e l'uso democratico delle risorse esistenti, il loro diverso utilizzo, la loro riqualificazione per un progetto di trasformazione del modo di essere della nostra Zona e del ruolo che ogni cittadino ha in essa.
Non ci illudiamo che la nostra Zona possa diventare un'isola felice in un paese disastrato. La programmazione democratica dell'economia, la riforma, hanno bisogno della lotta unitaria delle forze democratiche per battere la resistenza che le forze conservatrici (molto potenti ed agguerrite) oppongono. La salvezza ed il rinnovamento del nostro paese dipendono da questo. Tuttavia la forza e l'unità delle masse popolari non nascono a caso, nè sono date una volta per tutte; sono il punto di confronto e di organizzazione, di conoscenza della realtà e di consapevolezza degli obbiettivi da raggiungere.
11 Centro Studi vuole contribuire, in modo tutraltro che esclusivo, a questo risultato. Nella nostra zona esistono grandi problemi (casa, servizi, produzione, occupazione, ecc.) che hanno poi riscontro nella realtà cittadina,regionale e nazionale. Vi è la necessità su questi problemi di intervenire per sanare situazioni create dal malgoverno di questi ultimi 30 anni e per avviare un processo di rinnovamento che renda la società e le istituzio-
ni più rispondenti ai bisogni reali dei cittadini. La conoscenza documentata ed approfondita della realtà esistente sulle singole questioni (ad esempio la proposta qui accanto per quanto riguarda i problemi dell'assistenza), può permettere di avere un quadro preciso delle risorse (uomini, strutture, quadro legislativo) esistenti e su questa base costruire un progetto complessivo di trasformazione che incida profondamente sulle storture attuali e che superi l'intervento a pioggia o caso per caso, coinvolgendo in questa nuova dimensione progettuale le forze politiche e sociali e i cittadini interessati, che devono diventare protagonisti e "amministratori" di questa società. I cittadini devono essere protagonisti anche perchè parlando delle risorse necessarie per un progetto di cambiamento essenziale è considerare primarie le energie intellettuali, il patrimonio di conoscenza e di esperienza che ogni cittadino ha e che la società dovrebbe avere complessivamente. Quanti ingegneri, professori, architetti, medici, dirigenti, psicologi, economisti, operatori sociali e sanitari, ecc, abitano o lavorano nella nostra Zona? Questo patrimonio di conoscenze, di competenze, di capacità, non può essere lasciato a ciascuno, deve essere invece raccolto e messo a punto per il bene complessivo della società.
Sono queste le cose che il Centro Studi Zona 17 intende fare, ben consapevole dei propri limiti e delle difficoltà che incontrerà, ma con una forte carica di ambizione e di volontà.
E' bene infine riaffermare che gli interlocutori privilegiati del Centro Studi saranno i partiti, i sindacati, il Consiglio di Zona 17, attraverso i quali si forma democraticamente e si esprime in atti concreti la volontà dei cittadini, e che sono quindi il veicolo fondamentale per la costruzione di una società più giusta e democratica.
Cecchetti
Veduta aerea del Complesso del Piccolo Cottolengo di Don Orione, iniziato a costruire negli Anni quaranta (nel tondo il fondatore). Sulla sinistra, in alto, si intravedono gli edifici dell'Istituto Inabili; in centro, in secondo piano, Via Caterina da Forlì; in centro, sullo sfondo, il Villaggio Moncalvo; sulla destra, in alto, per pochissimo non si intravedono gli edifici del Pio Albergo Trivulzio.
da Forlì - a Piazza Giovanni dalle Bande nere, unendo Baggina, Cottolengo e Inabili, ma anche strutturando organicamente sia gli spazi verdi attualmente sottoutilizzati se non abbandonati (di Via Fornari, di Via C. da Forlì, dell'intorno della nuova Scuola media, degli interni stessi della Baggina e degli Inabili, ecc.), sia i manufatti pubblici esistenti (la scuola media citata, il cinema, la scuola materna, la chiesa, l'ex Centro Vigorelli attualmente vuoto, ecc.).
Da questa - che è soltanto una esemplificazione - si può arguire come questa nuova nervatura collettiva, pur partendo dalle richieste avanzate dall'interno di ogni situazione assistenziale, necessariamente si riferisca, poi, all'insieme delle presenze funzionali della Zona.
Si tratta, in sintesi, di raccogliere le spinte alla socializzazione che provengono da ogni realtà istituzionale; prima di tutto perchè, riunificando queste spinte, venga impedita l'episodicità degli interventi; poi perchè queste spinte vengano collocate in una complessiva strategia insediativa.
6. Alcuni punti di un programma operativo: - analisi delle politiche di intervento - in atto o programmate - delle varie istituzioni: ad esempio, l'assi-
stenza domiciliare del Pio Albergo Trivulzio; la demolizione dell'Istituto Inabili con la ricostruzione di un nuovo centro, più permeabile al territorio circostante; la costruzione di un nuovo carcere minorile di fronte all'attuale Beccaria, proposta dal Governo ma contestata dalla Regione; - analisi delle politiche di intervento - in atto o programmate - nella Zona (soprattutto per quanto riguarda scuola e servizi collettivi) e nella Città e nell'Hinterland (soprattutto per quanto riguarda le istituzioni assistenziali);
- analisi delre nuove tipologie proposte - alternative al regime di segregazione - e loro necessità insediatine. Ad esempio, per i malati mentali: centri di igiene mentale, residenze per i dimessi dagli ospedali psichiatrici; per gli anziani: centri diurni di assistenza, assistenza domiciliare, servizio alloggi, case albergo; per i tossicodipendenti: centri antidroga; in alternativa al carcere per i minori: centri di ospitalità temporanea; ecc.
- analisi dei bisogni della popolazione insediata, in particolare riferiti a fasce di età: rapporto tra vecchi quartieri IACP (Istituto Autonomo Case Popolari) e abitanti anziani; handicappati; malati mentali (si pensi al basso numero di ricove-
rati negli OO.PP. milanesi dovuto al trasferimento in altre province); ecc. Quantificazione, anche in riferimento all'alto grado di accesibilità della Zona (MMI, Ferrovia Milano-Mortara di cui è programmata la metropolitanizzazione);
- proposte tipologiche riguardanti le possibili configurazioni spaziali sia dei nuovi interventi sia degli edifici man mano svuotati. Soprattutto in questa fase risulteranno molto utili confronti con realizzazioni e progetti riferiti ad altre situazioni.
7. Alcuni strumenti operativi e di verifica:
- lavoro di un gruppo di progettazione formato da studenti e docenti della Facoltà di architettura;
- lavoro del Centro studi Zona 17, promosso da abitanti della Zona, col programmato Seminario di studio sui problemi della Zona, da svolgersi tra il dicembre 1978 e il gennaio 1979;
- articoli e dibattiti sul mensile di Zona il Diciassette;
- corsi programmati: delle 150 ore, in collaborazione con il CUZ (Con siglio Unitario sindacale di Zona)
5-17 e dedicato ai problemi del territorio; di studio della Zona con allievi e insegnanti del IX Liceo Scientifico di Via dei Giacinti.
Giorgio Fiorese
Maurizio
AtillbaN
Vocìper la città
Due sere alla settimana, da oltre tre anni, nella vecchia sala dell'Università Popolare in via S. Alessandro 4, ospiti dell'antica istituzione culturale milanese, circa quaranta persone si raccolgono per cantare assieme.
L'impiegato, l'insegnante, la segretaria, l'ingegnere, disposti a semicerchio diventano tenore, soprano, contralto e basso.
Sono gli amici del Coro Città di Milano, voci maschili e femminili per una nuova ricerca nel vasto campo della polifonia classica e moderna. Un complesso nuovo che ha però radici profonde: nato dalla fusione del coro misto Pusterla e del coro maschile Città di Milano avvenuta alla fine del '75, attesta provenienze ed esperienze diverse ma importanti, nella tradizione del canto colto e popolare.
Ambedue i cori da molti anni avevano sviluppato una comune sensibilità nei confronti dei contenuti artistici e sociali legati al canto corale, attività molto spesso relegata a forme evasive e dopolavoristiche.
Un gruppo di amici, s'è detto. Li guida Angelo Mazza, maestro di riconosciuta capacità ed esperienza come sensibile interprete ed armonizzatore di musiche corali e profonde conoscitore del patrimonio musicale corale italiano. Docente al Conservatorio di Milano, ha diretto concerti per l'Angelicum e in importanti manifestazioni artistiche musicali; con lui alcuni degli attuali coristi hanno ottenuto un prestigioso successo vincendo il primo premio al XIII Concorso Internazionale Polifonico di Arezzo.
Professionista il maestro, dilettanti i coristi: dal comune la-
voro nasce qualcosa che ha dell'uno l'esigente ricerca, degli altri l'entusiasmo, il piacere di cantare, la disponibilità, per un valore anche umano, oltre che musicale, del cantare insieme.
Non si è voluto dare al "Città di Milano" un indirizzo musicale specializzato potendosi ritenere valida ed accettabile qualsiasi scelta di repertorio purchè basata su di una indiscussa autenticità musicale ed artistica dei testi.
Nel vasto e poco conosciuto campo della musica e del canto corale, che va dalle Laudi Filippine del XII secolo ai mettetti sacri di Pierluigi da Palestrina, dalle villette italiane del XVI secolo alle canzoni di Orazio Vecchi, fino alle composizioni di Strawinski o di contemporanei come il Dionisi, si ricrea e si restituisce, oltre che un momento della musica, la viva espressione della parola cantata.
Con queste premesse il coro Città di Milano ha svolto la propria attività tenendo concerti in vari teatri cittadini, nelle biblioteche, nelle scuole, presso associazioni ed enti vari, anche in occasione di manifestazioni quale l'Estate d'Arte organizzata dal comune di Milano.
Particolarmente suggestivo si è rivelato il concerto a chiusura dell'ultima stagione, tenuto lo scorso giugno nella cinquecentesca Sala degli Affreschi dell'Umanitaria.
Il Coro, in conclusione, è una realtà della zona I, presente e disponibile per partecipare a quelle iniziative cittadine e di quartiere, che si propongano di promuovere e diffondere le esperienze culturali, in particolare quelle musicali.
LA CRISI DELLE STRUTTURE CULTURALI IN ZONA 17
Teatro Uomo: apriamo le porte al quartiere
Dopo 4 anni il Teatro Uomo rischia di chiudere per le scelte faraoniche della gestione e per i debiti
Non si può dire che la nostra zona, e quelle vicine, brillino per strutture ed interventi culturali.
Più volte, sulle pagine del nostro giornale, abbiamo denunciato queste carenze ma, ancora oggi, siamo costretti a registrare che la situazione non è migliorata ma, al contrario, si prospetta ancora più grave.
L'Araldo, la più grande sala cinematografica della zona, è chiuso per restauri da diversi mesi e, nè operai, nè imbianchini nè altri si vedono lavorare intorno a questa struttura; il cinema Cittanova continua a programmare i soliti films privi di qualsiasi contenuto culturale.
Il Teatro Uomo, che ci sembrava l'unica struttura funzionante e che portasse avanti un discorso culturale valido, si trova oggi in una profonda crisi che vede forti contrasti tra la cooperativa che lo gestisce ed i lavoratori.
Il Teatro Uomo, nato nel 1968 si stabilì in zona Ticinese in una sala di 150 posti dove iniziò a programmare spettacoli sperimentali in una Milano teatrale legata ai classici e chiusa ad ogni innovazione.
Nel 1974, dopo scontri e scissioni all'interno della cooperativa, il T.U. venne trasferito nella nuova sede di Via Gulli 9 dove iniziò la sua attività, spinta da alcuni ambienti politici legati alla vecchia Giunta, con programmazioni faraoniche che, se da un lato otten-
nero un successo di pubblico (dal 1974 ad oggi la partecipazione è aumentata del 110%), rivelarono un modo vecchio e superato di fare cultura.
Questa vetusta operazione culturale è proprio il nodo della questione che divide i lavoratori del Teatro Uomo dalla gestione.
Ciò che i lavoratori hanno cercato e cercano è il contatto ed il confronto del teatro coi cittadini delle zone su cui esso opera.
Il Teatro Uomo vede affluire verso i propri spettacoli molti spettatori provenienti anche da molto distante, ma assiste al disinteresse di un largo strato di abitanti del comprensorio a cui si rivolge, proprio per uno slegamento della struttura, concepita per far cadere la cultura dall'alto, dai problemi che il cittadino vive e si trova ad affrontare ogni giorno.
Non si vuole dire con ciò che in un teatro decentrato, quale il T.U., non debbano esibirsi compagnie di importanza internazionale. Ben vengano, ed anzi le si stimolino a contatti più diretti con gli abitanti periferici. Ma, oltre a ciò, è consigliabile che il Teatro Uomo discuta con i lavoratori, gli studenti e con le strutture politico - sociali esistenti in zona per studiare insieme a loro interventi che siano di vivo interesse e che formino le basi per una cultura che viene dal basso.
Un teatro nuovo insomma, un teatro aperto al contributo ed alle
esperienze di tutti.
Un teatro anche, che non debba affittare la sala per due mesi (affittata al Teatro alla Scala per le prove della "Histoire du soldat' per la regia di Dario Fo), bloccando qualsiasi attività, per permettergli di pagare i debiti (i dipendenti tra l'altro sono senza stipendio da cinque mesi).
In questi giorni è stato presentato il nuovo programma ma, ancora una volta la cooperativa che gesti sce il teatro (ormai una cooperativa fantasma ridotta ai minimi termini) ha compiuto la vecchia scelta: un paio di nomi che attirano gente, due o tre date, ed ecco qua il nuovo programma.
È ora di cambiare rotta; se il Teatro Uomo non va alla montagna, allora sia la montagna che va al T.U.
Vogliamo chiedere alla Commissione cultura dei' Consizio di Zona se è al corrente di quello che sta succedendo af T.U. e, se è all'oscuro, che si muova.
Se le Commissioni Cultura dei C.d.Z. 17, 18 e 19 si muovessero fin da oggi, i primi risultati sarebbero già visibili in primavera e, certaMente, chi ci guadagnerebbe non sarebbe solo la biglietteria del T.U. ma, soprattutto, la collettività. I lavoratori del Teatro Uomo sono pronti, adesso tocca a noi.
Franco Bonaretti
Mercato Comunale Via Lorenteggio,177 Salumi e alimenti conservati
convenienza Angelo
Franco Merlo Vasto assortimento di salumi pregiati e genuini. Tutte le grandi marche di cibi in scatola e surgelati. E per il pranzo di Natale straordinario assortimento a prezzi-risparmio IL DICIASSETTE/CULTURAME /7"PO LI3F, o I TRE ANNI DI VITA
di grande qualità a prezzi dì grande
Torti
DEL CORO CITTA DI MILANO
Chiedo a questa redazione una considerazione di massima circa la seguente esperienza di un sollecito cittadino fatta nella Zona 17.
"Nel maggio scorso in occasione delle grandi pioggie la strada in cui abito in alcuni punti si allaga fino ad oltrepassare il dorso della stessa a superare l'altezza dei marciapiedi.
Il solerte cittadino incontra un ispettore dei netturbini al quale segnala il fenomeno; l'ispettore risponde che non può accogliere la segnalazione in quanto: "io non ero presente e non ho visto di persona il fatto". Dietro insistenza aggiunge che il segnalante deve rivolgersi all'Ufficio della AMNU di Via Primaticcio.
Il cittadino segnalante si reca nei suddetti uffici e segnala la cosa all'impiegato dell'AMNU il quale risponde: "l'allagamento per effetto di scarso funzionamento dei tombini non è di nostra competenza, si rivolga all'ufficio di fronte". 11 cittadino attraversa il cortile entra in un ufficio, conferisce con un impiegato addetto alla manutenzione fognature il quale obbietta: "Se in quella strada ci sono alberi, probabilmente sono le radici che scalzano le condutture degli scarichi e in questo caso si tratta di onerosissimo lavoro di ripristino". Il cittadino ribattendo insiste affìnchè loro comunque intervengano con le
CI SCRIVONO GLI EX LAVORATORI DELLA DE ANGELI FRUA
Caro signor Fiorese, come ex lavoratori della De Angeli Frua la ringraziamo per l'ampio servizio pubblicato su"il Diciassette" del giugno 1978. Troviamo esatto quanto specificato riguardg !a storia della De Angeli Fru a .
Alfredo Umbrello, Ennio Biron, Piera Damioli, Rosa Magistrelli, Rinaldo Santambrogio, Dialma Cottini, Virgilia Portalupi, Francesco Waelterle, Rosa Confalonieri.
macchine di spurgo e lavaggio dei tombini e condotte perchè potrebbe trattarsi semplicemente del deposito di foglie e carta; in ogni modo viene indirizzato all'ufficio "Manutenzione Strade" che trovasi alle spalle del C.d.Z. Il cittadino zelante percorsi altri 300 metri si reca al deposito "Manutenzione Strade" conferisce con l'impiegato addetto il quale gentilissimo gli fa notare due operai in uscita dal magazzino con un motocarro e dice: "Quelli sono gli unici operai di ditte appaltate che operano nella nostra Zona 17, tempo fa erano 8".
Nel pomeriggio il cittadino accompagna il figlio in piscina per farlo partecipare al corso di nuoto.
Dopo la presentazione e l'inizio del corso, osserva l'ambiente, il personale, ed inoltre la felicità dei bambini in occasione di quel momento di incontro così naturale e malgrado tutto se ne torna a casa rammaricato, perchè ha saputo che per la sola manutenzione e conduzione della piscina sono necessari n. 12 persone per ogni turno contro i due addetti alla manutenzione delle strade della nostra zona".
Ognuno ne tragga le conclusioni che meglio crede.
Eddo Contortigli via Fra Galgario 2 M ami()
TANTI SOLDI E ... POCHE IDEE?
Sono il genitore di un alunno della scuola elementare di Via Ugo Pisa, ho saputo che lo scorso anno scolastico, il Provveditorato agli studi ha assegnato alla scuola di mio figlio un fondo di 10 milioni per la realizzazione di iniziative in coincidenza dell'anno internazionale del bambino proclamato dall'UNICEF.
A quanto mi è dato di sapere a tutt'oggi, non solo non è stata organizzata alcuna iniziativa ma sembra che, a causa di contrasti tra direzione ed insegnanti sul modo di impiego, si dovrà restituire la somma intatta al Provveditorato.
Spesso si decidono delle iniziative interessanti che rimangono sulla carta per mancanza di fondi, mi sembra per lo meno ridicolo che, ora che ci sono i soldi, manchino le idee.
Lettera firmata.
Gentile lettore, riceviamo la Sua lettera al momento di andare in macchina; ci ripromettiamo, nel prossimo numero di gennaio, di sentire gli interessati per poter chiarire la questione.
NEM NIIEW 311111K '11"
inserzione a pagamento UN CONSIGLIO PER ACQUISTARE BENE, RISPARMIANDO
A seguito delle difficoltà economiche che stiamo attraversando, i consumatori sentono sempre più la necessità di selezionare i negozi di fiducia in ogni settore merceologico. Questo discorso è ancor più valido se si tratta dell'abbigliamento.
Negli scorsi anni abbiamo assistito ad un fiorire di boutique e negozi "centro moda", gestiti per lo più da gente non molto competente e con mancanza di cognizioni specifiche almeno per quanto riguarda alcuni 44 1.1 passi" un negoziante di abbigliamento deve fare prima di presentare la merce al cliente.
Senza approfondire le teorie specifiche, possiamo dire che, oltre al buon gusto e alla capacità di seguire la moda, è necessaria una precisa capacità negli acquisti che si traduca in offerte veramente interessanti anche
dal punto di vista della convenienza.
Ci pare quindi interessante e degno di attenzione il caso di "38 Vespri", il grande negozio di abbigliamento in Via Vespri Siciliani, n. 38.
La scelta è sempre molto vasta e spazia dai jeans di tutte le più note marche alla moda giovane ai capi d'abbigliamento più classici per uomo e signora. Ma la cosa che stupisce di più in questo negozio sono i prezzi, straordinariamente bassi in ogni stagione.
Ma in questi giorni, i clienti di "38 Vespri" avranno una piacevolissima sorpresa: tutto l'assortimento moda 1978-79 è in liquidazione a prezzi ancor più convenienti! Crediamo di fare un servizio utile ai nostri lettori, consigliando loro una visita al negozio di Via Vespri Siciliani n. 38.
ARCH. G. DEGLI ESPOSTI, DOTT. M. VALENTINI RILIEVI CALCOLI DETERMINAZIONI
APPARTAMENTI, NEGOZI, CASEGGIATI I Telefonare per appuntamento dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18 al 474468li...., P.za S. Bolivar n. 11 - 20146 Milano Autobus 50, 60, 90, 91 Tram 8, 21 laIlli. Mak NIIIM "MIK ME\31111. Per amare Milano PER MANCANZA DI SPAZIO LA SETTIMA PARTE DI `PER AMARE MILANO' VERRA' PUBBLICATA SUL NUMERO DI GENNAIO. LA GAS/A ELLAIIVAIUSIIICA Via Rembrandt, 9 - Milano - Tel. 4075643 * DISCHI Ä NASTRI Ä BATTERIE Ä CHITARRE STRUMENTI VARI I FLAUTI Ä METODI * TUTTA LA MUSICA CLASSICA E LEGGERA PER DISCOTECA ***********************
DI TOMBINI
EQUO CANONE
IL DICIASSETTE/RUBRICISPAZIOAPERTO STORIA
10
St
Consulenza Locazioni I
A Natale, mentre tutti i prezzi
N li aumentano, c' è chi abbassa
Non aspettate l'incidente Pericoli di ogni giorno AVETE G1K SULL'IMPIANTO DI CASA VOSTRA UN APPARECCHIO DIFFERENZIALE CHE SALVI LA VOSTRA VITA DALLE FOLGORAZIONI? Telefonate al 4157600/9014930 un nostro incaricato passerà per una dimostrazione VITTORIO ZUBBANI IMPIANTI ELETTRICI CIVILI, INDUSTRIALI. ANTIDEFLAGRANTI. IDRICI. UFF AMM. MILANO VIA S. BARZILAI 19 TEL. 4157600 UFF TECN. E STAB. CUSAGO (MI) VIA TORRICELLI TEL. 9014930
Con l'acquisto del pacchetto azionario della Carlo Erba sorse la necessità da parte della Montedison dr avviare un processo di razionalizzazione del gruppo farmaceutico attraverso una fusione tra la Farmitalia, già esistente nel Gruppo, e la nuova Società acquistata.
Tale operazione poteva portare semplicemente ad un recupero di efficienza finanziaria, comunque subordinata alla spartizione del mercato nazionale ed internazionale guidata dai grossi Gruppi esterni e quindi un totale asservimento alle esigenze delle multinazionali e non alle reali esigenze del nostro Paese.
Come Movimento Sindacale non ci siamo opposti a priori a taÅ le fusione perchè abbiamo intravisto nell'operazione la possibilità di creare una azienda di più grandi dimensioni quindi competitiva sul mercato ed indirizzata in una logica di salvaguardia complessiva degli attuali livelli occupazionali ed in futuro con un possibile aumento della base produttiva.
Brevemente cercheremo di spiegare le valutazioni positive fatte dai Consigli di Fabbrica della Farmitalia e C. Erba.
La presenza di Aziende controllate dal capitale multinazionale rappresenta una caratteristica tipica del settore farmaceutico nella quasi totalità dei Paesi; l'Italia non costituisce una eccezione e vede anch'essa le aziende straniere operare massicciamente nel Paese.
Ne deriva che in un mercato "maturo" come quello dei paesi industrializzati dell'occidente viene man mano a restringersi lo spazio lasciato dalle multinazionali, anche per ruoli subalterni, alle aziende piccole e medie operanti nel settore.
E' necessario disporre di grandi risorse economiche ed umane da destinare alla ricerca, ma evidentemente il rapporto tra ricerca e produzione deve essere man-
L'attenzione, non solo dei lavoratori interessati, ma dell'insieme delle forze sociali, politiche e più in generale, dell'intera opinione pubblica, è puntata sulla prossima stagione di rinnovi contrattuali. Non può essere che così, in quanto riguarderà - nel 1979oltre 10 milioni di lavoratori dell'industria, dei servizi e del pubblico impiego.
Le impostazioni già date, nelle riunioni nazionali, dagli edili, chimici, metalmeccanici, poligrafici pongono come asse centrale, l'occupazione e lo sviluppo del Mezzogiorno.
Si tratta di scelte che incideranno fortemente nel prossimo triennio, sulla situazione economica e produttiva del nostro Paese. Quindi non scadenze o fatti "fisiologici" ma, momento, della strategia più complessiva del movimento sindacale, definita all'inizio dell'anno, nell'assemblea dei delegati dell'EUR.
E ciò, mentre perdura - ormai da 5 anni - una crisi economica di carattere strutturale che ha visto negli ultimi due anni, alcuni miglioramenti quali la riduzione del tasso di inflazione, l'attivo della bilancia dei pagamenti, la ricostruzione di riserve monetarie e conseguente relativa stabilità della lira. Mentre si alternano brevi periodi di ripresa, seguiti dal calo di produzione, profondi sono i processi di ristrutturazione nelle aziende e di riconversione industriale - dalla crisi si uscirà profondamente mutati - e vengono al pettine nodi decisivi per il Paese.
I problemi per la soluzione dei quali i lavoratori, il movimento sindacale ed operaio si battono da anni, il completamento della riforma pensionistica, la riforma sanitaria, la riforma della scuola, della formazione professionale e del collocamento, i patti agrari ed altri ancora come il piano triennale e i piani di settore.
In queste settimane, in questi mesi, su questi problemi fondamentali che riguardano l'intera collettività, si giocano (poichè grandi e vasti sono gli interessi e
FUSIONE FARMITALIA - CARLO ERBA:
Un accordo positivo
Verificheremo tra 6 mesi le buone intenzioni del padronato.
tenuto in termini economicamente sostenibili.
Un'ampia gamma di prodotti terapeuticamente validi è condizione indispensabile per garantire una tenuta della propria presenza sul mercato. A differenza della maggior parte dei paesi industrializzati che controllano a loro volta il mercato altrui, l'Italia è marginalmente presente sulia scena internazionale.
Si aggiunga a ciò il fatto che le multinazionali siano in pratica detentrici della stragrande maggioranza del mercato farmaceutico nazionale (circa il 65% contro il 2,96 della Farmitalia e il 2,21 della Carlo Erba). Si rende necessario quindi sviluppare - con una differente politica dell'attuale - la presenza del capitale italiano nei paesi in via di sviluppo o sottosviluppati.
Sia la Farmitalia che la C. Erba si possono considerare "benevolmente" medie aziende a livello mondiale destinate ad essere, mantenendo l'attuale situazione, frantumate dalle capacità di ricerca e di produzione delle multinazionali. La fusione Farmitalia-C. Erba, per le sommarie considerazioni che abbiamo esposto, gettano se non altro, le basi per una industria nazionale che raggiunga dimensioni indispensabili per reggere la concorrenza internazionale.
Questa fusione, fra l'altro, lascia intatte le possibilità, attraverso la creazione di un gruppo farmaceutico di una certa dimen-
sione, di operare per giungere ad una industria farmaceutica di stato che - sia chiaro - dovrà avere ben altre dimensioni per non essere poi sottoposta a pressioni straniere.
Gli accordi fra le Organizzazioni Sindacali e la Direzione mettono in risalto il ruolo che dovrà avere la "Ricerca", la cui capacità di ricercare nuovi farmaci terapeuticamente validi, sarà la sola garanzia per una effettiva collocazione indipendente nel mercato farmaceutico nazionale e mondiale della nuova Azienda.
Sinteticamente gli obiettivi concreti che la nuova Azienda si pone e che il Sindacato ha giudicato positivamente nella fusione sono:
una struttura organizzativa caratterizzata da una forte ricerca, da una espansione internazionale anche per effetto di un sempre maggior impegno nel rilancio produttivo (con nuovi investimenti), nella qualificazione delle produzioni, nella ricerca di momenti di diversificazione.
una qualità del farmaco rigorosamente selezionato in fatto di efficacia terapeutica e di sicurezza di impiego.
soddisfacimento delle esigenze sanitarie nazionali
potenziamento della efficienza aziendale. Per quanto riguarda il processo
di omogeneizzazione fra personale e Farmitalia e personale C. Erba, è stato stabilito: recupero del turn-over al 50% istituzione della 14^ mensilità per i dipendenti C. Erba costituzione di un premio di produzione in cifra fissa, diversificato per fascie di categorie.
Le ultime due operazioni vengono effettuate attingendo varie voci presenti nella busta paga C. Erba (incentivi, indennità mensa, ecc.) e con l'assorbimento dei su-
perminimi "ad personam" elargiti con "commovente generosità" alle categorie impiegatizie più alte. Il risultato di questo accordo è di notevole importanza in quanto il Sindacato, è riuscito a recuperare grosse masse salariali che amministrava e controllava unicamente l'azienda al di fuori di ogni contrattazione sindacale.
La nota politica più saliente inserita nell'accordo riguarda però la possibilità di controllare il rispetto degli impegni assunti attraverso una verifica semestrale tra il Consiglio di Fabbrica, la FULC provinciale e l'Azienda. Il senso ed il contenuto di queste verifiche non hanno solamente carattere informativo, ma aprono la possibilità di inserire "momenti di contrattazione" che vanno a superare ciò che prevedeva il CCNL che sta per scadere, ed anticipano la logica sindacale che forma la parte più qualificante del nuovo contratto.
Rosetta Gimbatti
ABBONATEVI A IL DICIASSETTE
Per conoscere da vicino la realtà della vostra zona sostegno degli abbonati è fondamentale per permettere a "Il Diciassette" di continuare a vivere.
Ogni mese, "Il Diciassette" arriverà nelle vostre case, per portarvi notizie, commenti, dibattiti su tutto ciò che avviene nella vostra zona.
L'abbonamento annuale costa solo L. 3.000. Per gli abbonatisostenitori da L. 5.000 a L. 10.000 ci sarà un bellissimo omaggio Inviate la quota-abbonamento tramite c/c postale n. 12521209 intestato a:
"IL DICIASSETTE" DI NEGRINI ERMINIA & C. c/o CENTRO SOCIALE VIA A. INGANNI, 4 20147 MILANO
aziendale, decisivo in materia di orari (sapendo che non vi è nessun automatismo fra orari e occupazione). Bisogna convincersi che, se la manovra sugli orari portasse un aumento dell'occupazione' al Nord, ciò costituirebbe una sconfitta della strategia del movimento sindacale e operaio.
i privilegi che si colpiranno) gli sbocchi finali del grande patrimonio di lotte degli ultimi 30 anni. Purtroppo serie difficoltà si presentano nel far assolvere alla classe operaia, al sindacato unitariamente, il proprio ruolo decisivo nel battere e sconfiggere le resistenze moderate e di classe, si pensi alla posizione della Confindustria, di Donat Cattin, Fanfani, ecc. Situazione questa che ha determinato e determina malessere nel sindacato ed il logoramento dei rapporti con i lavoratori, come è stato esaminato al recente Consiglio generale della CGIL.
La consultazione in corso nelle fabbriche, ed uffici, in particolare sulle piattaforme degli edili, chimici, metalmeccanici, deve vedere i delegati, i consigli di fabbrica come i veri protagonisti in modo da consentire il superamento delle difficoltà e recuperare il ruolo di effettiva struttura di base del sindacato e, attraverso le assemblee di gruppo omogenei, rendere effettiva e diretta la partecipazione dei lavoratori. Avendo quale obiettivo fondamentale l'occupazione ed il Mezzogiorno, le piattaforme rivendicative si intrecciano con la battaglia più generale per le riforme e si basano su tre filoni in primo luogo con il consolidamento e l'estensione del sistema di informazioni industriali, si intende dare un contributo, rendere partecipi tutti i lavoratori alla costruzione dal basso, partendo dalla fabbrica, di una programmazione economica democratica. E' necessario anche risalire dalla fabbrica al settore, al territorio, alla Regione, intervenendo direttamente sugli inve-
stimenti, sui processi di trasformazione e riconversione, sull'occupazione, sul decentramento produttivo ed il lavoro precario, controllando democraticamente il collocamento e la formazione professionale. Obiettivi certamente ambiziosi e difficoltosi da conquistare, ma da porsi, se si vuole veramente essere protagonisti della trasformazione del Paese, cioè di un sindacato di classe che vuole essere un solo soggetto di contrattazione, ma anche di trasformazione.
Il secondo gruppo di richieste riguarda:
- innanzitutto il completamento e perfezionamento dell'inquadramento professionale unico che porti al superamento definitivo della divisione tra operai ed impiegati operato da una legge del 1924 sull'impiego privato; - un aumento salariale medio nel triennio di 30.000 lire mensili (considerate anche le future 150.000 lire mensili di aumento della contingenza) che deve servire per assicurare un aumento iniziale uguale per tutti di 15.000 lire che poi saranno riparametrate mediante il conglobamento nello stipendio base, unitamente alla contingenza antecedente al 31 gennaio 1977; nonchè una rivalutazione del lavoro manuale (portando ad esempio il beneficio economico del 3i livello - ove si trovano oltre il 50% degli operai metalmeccanici - a 43.342 lire
mensili). - l'avvio della riforma della struttura del salario, partendo dagli scatti biennali, con l'istituzione di 5 scatti in cifra fissa, pari al 5% dello stipendio, sganciati dalla contingenza e definendo le norme di transizione a salvaguardia dei benefici maturati, dando anche una corretta soluzione ai problemi professionali dei tecnici e degli impiegati, in particolare attraverso il parametro. Infine il terzo aspetto, strettamente intrecciato con i piani di settore, gli investimenti e la prima parte dei contratti è il problema degli orari di lavoro e dei suoi regimi, finalizzato dall'occupazione al Sud e ad alleviare la fatica nelle lavorazioni a caldo e gravose. E' questo un problema posto con la stessa nascita del sindacato per ridurre lo sfruttamento dei lavoratori (la lotta internazionale per le 8 ore collegata al 1° maggio) e successivamente per migliorare la stessa qualità della vita (la conquista delle 40 ore). Oggi il problema è diverso. Collegato strettamente ai futuri mutamenti tecnologici, parte dalla necessità di migliorare i livalli dí produttività, utilizzando gli impianti a livello dell'intera società. In questo contesto per i paesi industrialmente sviluppati, nel medio periodo si pone l'obiettivo a livello internazionale, della riduzione degli orari.
Su questa base, assumendo la strategia complessiva degli orari, si pone l'obiettivo della conquista articolata di riduzioni di orario solo per determinati settori e comparti unitamente a nuove turnazioni al Sud (6x6) oltre al diritto di contrattazione a livello
In questo contesto, la richiesta del tempo parziale (part-time) unicamente ed esclusivamente per formazione-lavoro, deve consentire l'occupazione in fabbrica di migliaia di giovani. Momento di questo disegno complessivo è quello che riguarda l'insieme dei dipendenti pubblici, che - oggi - hanno le peggiori retribuzioni, specie le fascie più basse. Settore questo, ove esiste una giungla retributiva ed una struttura del salario tanto intricata da renderla ingovernabile; frutto questo della politica clientelare praticata dai governi degli ultimi trent'anni.
Questa situazione - che ha portato a "momenti di sfascio" come nel caso degli ospedali - ha visto il continuo slittamento dei contratti, che ogni ministro si è "gestito quasi privatamente".
Da qui il grande obiettivo strategico della Federazione CGILCISL-UIL con l'intesa raggiunta recentemente con il Governo, di anticipare il rinnovo dei contratti per i dipendenti pubblici, da collocare nell'ambito di una leggequadro per l'impiego pubblico, da conquistare in questi mesi, in modo da porre fine al clientelismo, dare certezza ai contratti, realizzare una politica perequativa. Contemporaneamente viene saldata la conclusione dei vecchi contratti con i nuovi e la conquista - comune per gli altri lavoratori - della trimestralità per la contingenza.
In conclusione un impegno vasto e complesso che coinvolge l'intero mondo del lavoro e importanti aspetti economici e produttivi del Paese, per questo tutti debbono essere partecipi e protagonisti.
Antonio Pizzinato
IL DICIASSETTE/ECONOMIN&LAVORO 12
UN ARTICOLO DI ANTONIO PIZZINATO DELLA F.L.O.M. RINNOVI CONTRATTUALI: INTERESSANO SOLO I LAVORATORI O L'INTERA SOCIETY?