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Scuola, Fabbrica, Quartiere: UNA LOTTA COMUNE
La fase che si apre nella scuola appare caratterizzata dall'intreccio di due linee della classiedominante: da un lato i tentativi di riorganizzazione del governo il cui scopo fondamentale è quello di rimettere ordine in un edificio traballante, prevenendo e contribuendo a smorzare ogni ripresa di un movimento politico di massa che parta dalla scuola e stabilisca profonde e vaste alleanze sociali.
Dall'altro lato si va delineando un fronte reazionario, che tende a fare leva su posizioni di privilegio minacciate (presidi, ecc.) e sul malcontento diffuso di vaste categorie (per esempio: insegnanti disoccupati), per produrre anche nella scuola un arretramento generale dello scontro ed una restaurazione dell'ordine sociale, innanzitutto come ordine scolastico.
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Il legame di queta dinamica dello scontro a livello di scuola con quello generale del paese è evidente.
Riformismo e reazione, che cerca una base di massa, si intrecciano ed operano come parti di un unico disegno che mira a riconquistare una egemonia che negli anni dal 1968 al 1970 pareva perduta.
Il problema non è dunque certa- mente quello di appoggiare il riformismo contro la reazione: tale linea di condizionamento sarebbe oltretutto illusoria, perchè le più timide riforme si scontrano oggi con un intreccio di problemi ai quali governo e classe dominante non sono in grado di dare una risposta.
La politica governativa riguardo alla scuola è stata orientata verso un contenimento della spesa: fondi non spesi per la scuola materna statale, per l'edilizia scolastica, mancati stanziamenti per la gratuità, per ridurre il numero degli alunni per classe (mancanza di aule, doppi turni, resistenze di ispettori ministeriali).
Ogni ipotesi di riforma complessiva della scuola, da ottenersi attraverso un condizionamento degli equilibri governativi, od una contrattazione di vertice, è sbagliata, perchè parte dalla errata convinzione che « questa scuola » nella fase attuale dello scontro di classe, possa essere « riformata »; riportata al di fuori delle contraddizioni sociali, laddove si rivela sempre di più come un edificio ingovernabile dalla stessa classe dominante, ed incapace di dare spazio alle esigenze del proletariato in movimento.
Il problema è dunque di inserirsi in queste contraddizioni della scuola con una forte e qualificata iniziativa politica, che corrisponda ai profondi bisogni delle masse, rimettendo in moto le forze sociali interessate (studenti e settori di insegnanti) ed unificandole Sotto l'egemonia della classe lavoratrice.
Le lotte operaie hanno affermato un processo di unificazione attraverso la contestazione della divisione capitalistica del lavoro e del criterio meritocratico. La scuola, come è stato molte volte affermato, è basata sul principio della compe tività, della selezione, dell'autoritarismo.
Di qui la necessità di una lotta per la scuola che affermi la continuità e validità delle lotte operaie; necessità di un intervento della classe lavoratrice e di tutte le altre forze interessate, nei vari momenti in cui opera la selezione di classe e la divisione del lavoro, per contestarla e svilupparne le contraddizioni. Questo siunifica creare un movimento per l'attuazione e generalizzazione della scuola materna, per una Scuola dell'obbligo gratuita ed a tempo pieno, per un controllo dei contenuti e di ogni aspetto della vita
Scolastica, per la realizzazione di una scuola aperta alle lotte sociali. Ma occorre anche collegare le rivendicazioni dei lavoratori della scuola agli interessi generali di clan: la lotta per il diritto allo studio va strettamente legata a quella per il diritto al lavoro e la battaglia contro le strutture autoritarie della scuola va legata alla richiesta di una maggiore libertà di intervento nella scuola (assemblea aperta).
Si tratta in particolare di contribuire alla ripresa unitaria di un movimento studentesco di massa, capace d'impostare dentro la scuola la sua battaglia, impedendo la restaurazione dell'ordine e la coagulazione delle componenti reazionarie. Si tratta d'inserire nel malcontento di alcune categorie
L'INDIFFERENZA

A chi si crede « fuori dalla mischia »; a chi sostiene che il pericolo fascista non Io riguardi; a tutti gli assenteisti, dedichiamo queste pagine di Antonio Gramsci, scritte nel carcere fascista ove fu fatto morire.
E' invero la molla più forte della storia. Ma a rovescio. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto di valore generale può generare non è tutto dovuto all'iniziativa dei pochi che fanno, quanto all'indifferenza, all'assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perchè alcuni vogliono che avvenga, quanto perchè la massa dei cittadini abdica alla sua volontà e lascia fare, e lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada può tagliare, e lascia salire al potere degli uomini che poi solo un ammutinamento può rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia è appunto l'apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fàtti maturano nell'ombra, perchè mani non sorvegliate da nessun controllo tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora. I destini di una epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati di piccoli gruppi attivi, e la massa dei cittadini ianora. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare, ma la tela tessuta nell'ombra arriva a comnimento, e allora sembra che la fatalità travolga tutto e tutti, che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, una eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto, e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo, chi indifferente. E quest'ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi al` ,nseguenze, vorrebbe che apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli è irresponsabile. E alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno, o pochi, si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere di uomo: se avessi cercato di far valere la mia voce, il mio parere; la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno, o pochi, si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro appoggio morale e materiale a quei gruppi politici ed economici, che, appunto per evitare quel male, combattevano, di procurare quel tal bene si rroponevano. Costoro invece preferiscono parlare di fallimenti di idee, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Continuano nella loro indifferenza, nel loro scetticismo. Domani ricominceranno nella loro vita di assenteismo da ogni responsabilità diretta o indiretta. E non è a dire che non vedano chiaro nelle cose, che non siano rapaci di prospettarci delle bellissime soluzioni dei problemi più attualmente urgenti, o di quelli che vogliono più ampia preparazione, e più tempo, ma che sono altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è conseguenza di una curiosità intellettuale, non di pungente senso d'azione, che non ammette agnosticismi ed indifferenze di nessun genere. E bisogna perciò educare questa sensibilità nuova, bisogna farla finita con i piagnistei inconcludenti degli eterni innocenti. Bisogna domandar conto a ognuno di come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. Bisogna che la catena sociale non pesi solo su pochi, ma che ogni cosa che succede non sembri dovuta al caso, alla fatalità, ma sia intelligente opera degli uomini. E perciò è necessario che spariscano gli indifferenti, gli scettici, quelli che usufruiscono del poco bene che l'attività di pochi procura, e non vogliono prendersi la responsabilità del molto male che la loro assenza dalla lotta lascia preparare a succedere.
(come gl'insegnanti) una chiara proposta politica di trasformazione complessiva della società, impedendone lo sbandamento corporativo. Infine lavorare nel tessuto sociale, a partire dalla fabbrica e dai quartieri, per costruire forme di lotta e di stabilire alleanza tra la classe operaia e le forze sociali che sperimentano nellaTuola l'oppressione e la mancanza di sbocchi.
La politica nord-americana, nel corso di molti anni, imponendo la circolazione di dollari privi della necessaria copertura aurea, ha esportato all'estero inflazione, si è impadronita di settori industriali, ha creato le condizioni per movimenti speculativi.

Questa politica monetaria è la espressione della strategia delle grandi imprese multinazionali statunitensi ed uno degliStrumenti dell'imperialismo americano. Quando le contraddizioni interne del sistema si manifestano in tutta la loro gravità, specialmente con l'aggravarsi fuor di misura del deficit della bilancia dei pagamenti, per le conseguenze della feroce e fallimentare guerra di aggressione al Vietnam, per l'inasprirsi dalla crisi civile americana, la Casa Bianca, compie una serie di scelte dirette a scaricare, sui paesi alleati commercialmente e politicamente, il prezzo dí una ristrutturazione dell'economia e della politica americana ed a salvaguardare così la funzione c,:ominante del dollaro.
Gli Stati Uniti, e con essi il resto del mondo capitalistico, si trovano quindi in una seria crisi politico-sociale: non si tratta tanto di perfezionare tecnicamente la strategia antinfgazinistica, ma di regolare all'interno i rapporti con ì lavoratori, con tutti gli strati già in agitazione e, all'esterno, di trovare un nuovo regolamento dei rapporti con i partners capitalistici. Ma oltre a questo effetto generale l'inflazione americana sta Producendo conseguenze specifiche sul terreno sociale. Innanzitutto la sua « cura » colpisce i livelli di occupazione e, come sempre, a esserne maggiormente colpiti sono i lavoratori.