GLI OPERAI SI IMPEGNANO NEI QUARTIERI
Venerdì 25 gennaio si è riunito, presso la sede della Lega Metalmeccanici di Gorla, in via Boiardo 22, la prima riunione del Direttivo del Consiglio Unitario (operaio) della Zona 10.
Il CUZ, di recentissima formazione (cfr Milanodieci - novembre 73pag. 8 ed in questo numero a pagine 7-8), non aveva, fino a quella data, formato nessuna struttura interna per il proprio funzionamento (Segreteria e Commissioni di lavoro) e di conseguenza questo primo elementare compito ha occupato quasi interamente la giornata. Ciononostante, a riprova dell'urgenza delle scadenze che stanno di fronte a questi organismi, si è dovuto affrontare immediatamente due situazioni di lotta della zona di cui ci siamo impegnati come comitati di quartiere e di cui abbiamo dato ampi resoconti come giornale: la questione dei lavoratori dell'Abetina (Milanodieci, dicembre 73, pag. 3) e dell'Istituto Anap-Ciso (Milanodieci, dicembre 73 e gennaio 74).
E' ovvio che, non essendo il C.U.Z. già dotato almeno della Commissione Problemi Sociali, non si è trattato di una riunione di lavoro su questi problemi, ma solo di un primo approccio, essenzialmente informativo sugli stessi.
Questo non vuol dire che ci saranno, o che accetteremo, tempi lunghi, nell'interessamento del Consiglio per i problemi sociali, ma che ci rendiamo conto che, per fare un'organizzazione (e non solo per parlare), occorre un lavoro che richiede tempo e impegno oltre che volontà politica; tutte qualità che noi pensiamo di porre all'interno di questo processo, assieme ai rappresentanti della classe operaia in questa zona.
S. T. Ç
ca lTA milanodiea
periodico mensile della zona 10
sede: via Caroli 8 20128 Milano
Tel. 25.90.839
IL TEATRO OFFICINA PER IL QUARTIERE: GLI INCONTRI
DOMENICALI CON I RAGAZZI
Da tempo il Teatro Officina voleva intraprendere, nel quadro delle iniziative volte ad un effettivo radicamento nella Zona 10 dove opera già da quasi un anno, una attività da effettuarsi nei pomeriggi domenicali indirizzato in modo specifico ai ragazzi e ai bambini della zona stessa.
L'esigenza di un'attività di questo tipo era stata verificata e confermata in occasione di numerosi colloqui avuti con genitori e con insegnanti di scuole ubicate nella zona, i quali avevano sottolineato la quasi completa assenza, a livello cittadino in generale e in particolare nei quartieri che gravitano intorno alla sala di viale Monza 140 (sede del Teatro) di spazi e strutture atte ad accogliere i più giovani abitanti della zona.
bensì favorire un successivo momento di riflessione critica, durante il quale i ragazzi, abbandonato il ruolo di spettatori passivi, assumessero insieme quello ben più qualificante di protagonisti. Tenendo presenti questi obbiettivi, nello scorso mese di dicembre si è preso contatto con un gruppo di insegnanti democratici che da qualche tempo conducono esperienze di animazione nella scuola dell'obbligo e che si sono dimostrati interessati e disponibili a una collaborazione con il Collettivo che gestisce il Teatro Officina. Si è perciò cominciato ad intravvedere in termini concreti la possibilità di dare attuazione all'iniziativa, superando anche le perplessità di ordine economico proponendosi una ristrutturazione della programmazione se-
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Ad una sollecita attuazione dell'iniziativa si opponevano tuttavia numerose difficoltà sia di tipo economico che di carattere organizzativo.
Per quanto riguarda l'aspetto economico, va tenuto presente che il Teatro Officina, che non ha potuto sinora godere di alcun tipo di sovvenzione, si regge soltanto sugli incassi delle serate di programmazione, incassi che molto spesso non sono neppure sufficienti a coprire le spese dirette dello spettacolo. La questione organizzativa presentava poi problemi ancor più gravi, anche perchè nella progettazione di questi pomeriggi veniva scartata la ipotesi di limitarsi alla semplice proiezione di una pellicola per ragazzi, per consentire invece agli interventi la possibilità di prolungare la loro permanenza all'interno del locale oltre il termine della proiezione. Il pomeriggio infatti si sarebbe articolato in due momenti successivi, ugualmente necessari: la visione del filmato o la partecipazione alla rappresentazione teatrale avrebbe dovuto assumere il significato di occasione e di stimolo per la fase seguente. Si voleva cioè evitare che la presenza dei ragazzi durante la prima parte del pomeriggio si risolvesse in una partecipazione isolata, vissuta a livello individuale e in chiave personale,
rale, in base alla quale verranno ridotti o eliminati quegli spettacoli che solitamente chiudono con un bilancio passivo (e che sono poi quelli nei confronti dei quali gli abitanti della Zona 10 dimostrano minor interesse). Il prezzo dei biglietti per i pomeriggi domenicali si è così potuto contenere nella misura di 200 lire per persona ( adulti o bambini), prevedendo anche la distribuzione di speciali tessere-omaggio.
II ciclo di pomeriggi domenicali ha avuto inizio il 6 gennaio scorso, proseguendo nelle seguenti domeniche del mese con la presentazione di cartoni animati e di uno spettacolo teatrale (« La Città degli Animali «, a cura del Gruppo Teatro del sole). La partecipazione di pubblico — costituito per la quasi totalità da ragazzini dai 5 ai 13 anni — è stata tale da superare largamente ogni previsione, e fin dalla prima domenica la sala del teatro si presentava gremita.
A conclusione di ogni spettacolo, l'azione degli insegnanti-animatori si è sviluppata, a seconda dei casi, lungo due linee principali: a volte infatti si è operato in modo da formare dei gruppi sulla base della libera scelta dei ragazzi di vivere momenti differenziati (es.: momento di creazione « drammatica » cioè
di espressione mimica spontanea, di scoperta delle possibilità di moviinerito e di uso dei proprio Corp., per manifestare e significare un concetto; momento di creazione « musicale » ovvero di invenzione estemporanea di brevi canti in cui musica e parole scaturiscono insieme; momento di creazione « pittorica » durante il quale i bambini possono disporre del materiale necessario, dai fogli da disegno ai pastelli colorati, alla colla, ecc., fornito gratuitamente dal Teatro Officina), momenti tuttavia sempre aderenti a spunti e centri di interesse sollevati dallo spettacolo precedente.
Altre volte, invece, si è preferito coinvolgere la massa dei giovani spettatori, presi nel loro insieme, in una discussione comune, generale, intesa a far emergere il contenuto-messaggio del film (o della rappresentazione): in questo caso
il dialogo, lo scambio delle impressioni, il dibattito tra i ragazzi e gli z.dulti-animatri sono stati il necessario punto di partenza per una comune azione voce - gesto - movimento che tendesse a rendere visibili e a tutti comprensibili i concetti affiorati.
Anche se il programma del mese di febbraio non è ancora stato definito in tutti i dettagli, è nelle intenzioni dell'équipe di animatori mantenersi su una linea di ricerca, approfondimento e adesione alle esigenze e ai problemi in particolare sollevati da un gruppo di ragazzi della zona, vivamente interessati a continuare questo genere di esperienze e disponibili a servirsi dallo spazio loro offerto per sviluppare un discorso più propriamente legato alla quotidiana realtà in cui vivono.
COLLETTIVO TEATRO OFFICINA
PERIODICOMENSILE DELLA ZONA zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA Lire Anno 6° m 100 a noA 10 • N. 2 - febbraio 1974 i
Nelle foto due momenti di attività con i ragazzi al Teatro Officina
QUESTO NUMERO:
e referendum
di intervento del Comitato di quartiere
Nuovo
sanitari di zona e polemica sulle suore
IN
Divorzio
a pag.2 Proposta
Ponte
a pag. 4-5 Comitati
(Ville Turro) a pag.6-7
Allora fra qualche mese andremo nuovamente a votare. Si tratterà di esprimere attraverso un referendum il proprio parere positivo (SI) all'abrogazione dell'attuale legge Fortuna-Baslini sul divorzio, oppure formulare parere negativo in merito (NO all'abrogazione della legge Fortuna-Baslini).
Diciamo subito che noi non siamo nè per il referendum nè per l'abrogazione della legge sul divorzio. Non siamo per il referendum perchè condividiamo in pieno tutte le preoccupazioni espresse da uomini di partito, di chiesa, di cultura, rappresentanti di lavoratori anche cristiani (le ACLI per esempio), da magistrati, sulle conseguenze politiche di un tale atto. Infatti è la frangia conservatrice (quella che lega la destra della democrazia cristiana al partito fascista) che vuole il referendum per l'abrogazione della legge sul divorzio non perchè gliene importi qualcosa della famiglia (vedi caso di deputati missini d.c. che già cavalcano la tigre del referendum contro il divorzio e sono o regolarmente divorziati o « sciolti » dalla Sacra Rota) ma perchè vuole portare a destra l'asse politico generale con un'edizione peggiorata del centro-destra che magari imbarchi i fascisti e diventi il presupposto di una repubblica presidenziale tanto vagheggiata dalla maggioranza silenziosa e da Fanfani. Non per niente il referendum contro il divorzio, nonostante gli appelli che gli venivano da ogni parte, anche dall'interno del suo stesso paPlitG, lo ha voluto proprio il grande sognatore del ruolo presidenziale alla De Gaulle, il nostro Amintore Fanfani.
Se quindi si tiene presente che la democrazia cristiana anche se attualmente divisa al suo interno sui pareri di opportunità di questo referendum, andrà poi compatta allo scontro per vincerlo a tutti i costi; che la Chiesa, con ogni probabilità, farebbe sentire il suo peso dai pulpiti; che i fascisti farebbero diventare questo referendum una battaglia senza quartiere non tanto al divorzio, ma al centro-sinistra e all'unità dei lavoratori; ci sono ragioni più che sufficienti per temerlo.
Per questo noi non possiamo fare a meno di biasimare la direzione politica della democrazia cristiana che, irresponsabilmente (ma con una intenzione ben precisa) ha lasciato cadere ogni proposta che tendesse alla modificazione della legge Fortuna-Baslini in sede parlamentare. Segno evidente che per questo partito val più la pena di spaccare il movimento operaio su questioni che dovrebbero riguardare solo la coscienza individuale di ciascuno, che non uscire dalla crisi in modo politico; segno evidente che la d.c. preferisce erigere steccati di tipo cleraicale-moralistico (ordine dappertutto, anche nella famiglia) che lasciano tutto lo spazio alle manovre reazionarie e fasciste dell'ordine ad ogni costo e quindi della repressione generalizzata. Ma ora che il referendum si farà per tale irresponsabilità della d.c. è inutile sperare che la lotta, per i motivi suesposti, non possa essere impegnatissima, e con implicazioni nettamente politiche. Chi non vedesse tali implicazioni che rischiano di spaccare in due il paese e provocare un'enorme confusione fra fede e politica, sarebbe ingenuo e cadrebbe nel trabocchetto voluto della d.c.
Chi si illudesse che il referendum sia uno scontro che non implichi una lotta a fondo su tutti gli aspetti politici che rischiano di essere chiamati in causa nella battaglia del
vorzio, dovranno imparare che il costo di certe crociate come quelle del referendum è molto alto; dovranno comprendere che, per riformare e migliorare la famiglia, biso-
gnerà darsi da fare per rendere migliore la società e questo risultato lo si raggiunge non certo con i referendum ma con la lotta sociale e l'impegno politico attivo.
L'8 febbraio assemblea popolare sul carovita
referendum e che quindi si illudesse che i partiti della sinistra tradizionale non chiamino ad una vastissima mobilitazione tutti i propri aderenti, non potrà poi accusarli perchè, come abbiamo detto ampiamente, la lotta è nettamente politica.
Il cattolico che, in base a quanto crede, vede nel divorzio un grande male per la società deve stare attento che, con il suo voto contrario alla legge sul divorzio, non dia poi (e così è realmente) un appoggio politico alla destra ed in particolar modo al fascismo che ne approfitterà per rialzare la cresta.
La Chiesa d'altro canto perderebbe molto credito da parte di coloro che, pur credenti e praticanti, sanno benissimo che il matrimonio indissolubile voluto da Cristo è un sacramento ed il sacramento è un dono da accogliere, giorno per giorno, con gratitudine; è un impegno che viene vissuto da entrambi i coniugi che credono nel vangelo come buona notizia, mai un'imposizione per nessuno, tanto meno qualcosa su cui si possa votare, coinvolgendo nelle proprie convinzioni religiose anche chi religioso non è.
In secondo luogo dicevamo sopra che noi siamo per il NO all'abrogazione dell'attuale legge sul divorzio. E ciò per motivi che elenchiamo schematicamente.
PRIMO: riteniamo che la Chiesa debba preoccuparsi di educare i suoi fedeli alla fede dalla quale soltanto discendono gli obblighi; e non all'imposizione di certe leggi :cui si debba ubbidire anche senza la fede (come avviene per la stragrande maggioranza delle masse cattoliche). In questo modo la Chiesa si porrebbe sullo stesso piano delle società civili con leggi che non discendano da nessuna fede!
E per di più vorrebbe imporre, tramite i cattolici, la sua legislazione ad un'altra società civile: ciò è contro la sovranità dello stato.
SECONDO: nel suo ambito la Chiesa offre continuamente la possibilità, a chi ha contratto matrimonio religioso, di sciogliere quel vincolo in base a suoi criteri che non sta a noi giudicare. Non si vede però perchè una società civile come la Italia non possa anch'essa sciogliere il vincolo matrimoniale, secondo criteri che le sono propri. Teniamo presente che la società civile, anche se a maggioranza cattolica, deve essere essenzialmente laica, perchè deve rispettare anche le convinzioni di chi non ha accolto le tesi del cattolicesimo: altrimenti si avalla il più bieco razzismo. Per tutti questi motivi il referendum su una materia in cui è soltanto la coscienza del singolo a dover decidere e per la quale quindi — poichè entra tale coscienza — ci deve essere la libertà di scelta, doveva essere assolutamente impedito dagli stessi cattolici. La libertà individuale e sociale e la stessa fede non usciranno vittoriose se non si sconfiggeranno questi tentativi autoritaristici!
TERZO: il divorzio non è certamente la soluzione dei mali della famiglia e siamo d'accordo: è solo la soluzione di alcuni casi-limite per consentire una famiglia migliore; comunque bisogna fare ben altro per stabilire la famiglia su solide basi. Ma non è nemmeno, come si cianciava, quell'elemento di disgregazione generale della famiglia, che l'avrebbe resa, secondo l'espressione di Gedda (dei comitati civici) « l'anticamera del lupanare ».
QUARTO: i cattolici per i quali non è ammissibile che si viva in una società corrotta in cui esiste il di-
I corsi professionali dell'A.N.A.P.C.I.S.O. di via Adriano 60 non sono ancora iniziati. Di solito dopo l'Epifania i giovani provenienti soprattutto dal Meridione giungevano nel centro di Milano e seppure con molta fatica, per la mancanza di insegnanti, per l'incompletezza del numero degli allievi che il Centro può ricevere, i corsi iniziavano.
Abbiamo già denunciato la grave situazione presente all'interno di questi centri nei numeri di Milanodieci del dicembre 73 e del gennaio 74 ed anzi con i rappresentanti sindacali della zona e tutte le forze presenti nel nostro quartiere (quelle politiche e i comitati) abbiamo condotto una lotta contro la Direzione, per l'acquisizione di alcuni diritti, come la promozione per tutti quegli allievi che la Direzione aveva lasciato proseguire fino all'ultimazione del corso, tenendo presente delle pesanti difficoltà con cui era stato condotto avanti; come il pagamento del presalario a tutti, per il quale si era ricorsi all'occupazione della sede centrale di Piazza della Repubblica fino alla vigilia di Natale. Forse per tutte queste cose, ma ,soprattutto "periSà.---gfríaTe;lievi dello scorso anno con le forze politiche, spontanee e sindacali della zona, avevano innescato un processo di democratizzazione all'interno del Centro di Milano, con l'intento dichiarato di estendere il movimento a tutti i centri presenti in Italia, don Benatti ha pensato bene di eliminare ciò che considera il più grave pericolo per la sua istituzione: la democrazia, la possibilità di parlare, di organizzarsi, di darsi statuti, di collegarsi coi lavoratori. Intanto però sta portando ad ultimazione il suo progetto di fondazione di due centri all'estero, in Germania ed in Spagna dove spe-
ra di non essere disturbato nella sua opera « educativa ». Parzialmente potremmo essere anche soddisfatti di aver costretto don Benatti a questa presa di posizione (finora ha solo annunciato che i giovani arriveranno a marzo), perchè siamo convinti che enti come questi devono sparire dalla circolazione. Ma esistono tre problemi da risolvere. Innanzi tutto quello dei professori dei corsi che rischiano di essere messi su una strada, per la tipica ripicca padronale: e qui deve entrare al più presto la Regione che già ha finanziamenti da parte dello Stato per gestire gli Istituti professionali. A breve si doveva andare ad un incontro con gli insegnanti ed i loro rappresentanti sindacali per avviare a soluzione il problema. In secondo luogo bisogna investire le Confederazioni sindacali a livello nazionale e gli enti regionali nel cui territorio esistono i centri ANAP-CISO per procedere ad una democratizzazione ed istituzionalizzazione degli stessi. Infine si tratta di verificare le autentiche intenzioni di don Benatti per poi prendere una decisione in merito alla destinazione d'uso dell'area e degli stabili del centro di Milano sito in via Adriano 60. Anche qui la Regione o la Provincia o il Comune (che sovrintendono rispettivamente alle scuole professionali, alla scuola media superiore ed alla scuola dell'obbligo) dovranno prendere in attento esame la questione, perchè sarebbe veramente un assurdo che questo centro, qualora don Benatti lo lasciasse completamente inutilizzato, non possa essere utilizzato dai cittadini. Tanto son loro che (coi vari contributi del Ministero del Lavoro, degli enti assistenziali ecc.) lo hanno pagato.
C.D.O.P.N.
Il 23 gennaio, nella sede di via Paà dova, si è riunita la Commissione annona del Consiglio di Zona 10. I punti che erano all'ordine del giorno riguardavano: le commissioni decentrate di controllo dei prezzi, la « funzione calmieratrice » della SOVECO e il documento, votato il 21 gennaio, sul problema del cherosene. Il presidente della Commissione annona ha dichiarato che il CdZ si associa alle richieste presentate dai Comitati di quartiere circa il reperimento e la distribuzione del cherosene e indice una assemblea popolare sul carovita per il giorno 8 febbraio.
Sul problema della distribuzione dellle merci e dei generi di prima necessità è stato chiesto da più parti che la distribuzione sia effettuata direttamente dal Comune e non da organismi, come oggi avviene, senza alcun controllo democratico.
Particolarmente incisivo è stato l'intervento del compagno Castagna dell'FLM che ha voluto fare il punto della situazione allarmante in cui versa l'intero quartiere per quanto concerne i problemi della casa, dei trasporti, dell'assistenza e del carovita. Il rappresentante della federazione dei metalmeccanici ha detto che bisogna contrastare senza più tentennamenti le forze politiche e le categorie di speculatori che sono direttamente responsabili di questo stato di cose; ma per ottenere risultati concreti, ha aggiunto, è necessario che la lotta ingaggiata dai Comitati di quartiere e dal consiglio di zona sia portata avanti con l'apporto decisivo delle forze sindacali. à
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11 Comitato di quartiere di Gorla ha organizzato per i giorni 12 e 13 gennaio, sull'area di via Liscate, dove sarà presumibilmente edificato l'asilo nido richiesto dalla popolazione del quartiere, un incontro fra i cittadini ed alcuni consiglieri comunali, per discutere sulle prospettive della realizzazione sia del Parco Martesana che dell'asilo nido. Sembra, a questo proposito, che la Regione abbia accolto l'istanza dei cittadini di Gorla ed abbia stanziato la somma per la costruzione del nido. Manca tuttavia ancora, perchè possa iniziare la costruzione, sia l'esproprio di una parte dell'area non comunale, che il progetto. Era allestita anche una mostra sul quartiere che illustrava l'attività del Comitato di quartiere in questi anni e venivano raccolte le firme per una petizione tendente ad accelerare i tempi per l'esproprio delle aree che riguardano il parco Martesana e la costruzione del nido.
Il Comitato di Gorla aveva invitato anche noi di Ponte Nuovo, insieme ad altri comitati e ad altre forze politiche del rione, a partecipare fattivamente alla buona riuscita della manifestazione: purtroppo, sia a noi che ai compagni del Collettivo Franceschi, l'invito giungeva solo 1'11 gennaio (la vigilia della manifestazione) e ci era impossibile predisporre un intervento che non fosse semplicemente quello della formale adesione all'iniziativa. Speriamo che, nel prossimo avvenire, siccome la lotta per il nido ed il parco sarà ancora lunga, tutti i comitati di quartiere e le altre forze politiche e sociali che operano nel rione, possano costituire un coordinamento organico e coagulare con maggiore facillità attorno alla lotta le masse dei lavoratori, che vedono sempre con simpatia tutti quegli sforzi che vengono portati avanti in modo unitario. C.D.O.P.N.
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2 - febbraio 1974 politica milanodieci
A R T E G I N N A T c I A N o o
pag.
IL REFERENDUM SUL DIVORZIO UNA
I FASCISTI NON ASPETTAVANO ALTRO PER RIEMERGERE A.N.A.P. - C.I.S.O. Don Benatti minaccia la chiusura
Milano? MANIFESTAZIONE DI VIA LISCATE RIPRENDE LA MOBILITAZIONE PER IL NIDO E IL PARCO MARTESANA
BATTAGLIAPOLITICA
del Centro di
A proposito di un annoso problema: la scuola di via Cesalpino
A quanto c'è dato di sapere a tutt'oggi la situazione riguardante la scuola di via Cesalpino non è sostanzialmente mutata rispetto a ciò che pubblicavamo a dicembre: uffici comunali, Giunta ed Assessorato ai Lavori pubblici sono in surplace e così il progetto ultimato non è stato ancora approvato, le pratiche di esproprio giacciono tuttora presso gli uffici dell'Assessore Bonatti.
Se ci si chiede il motivo di questo immobilismo la nostra risposta è semplice: il motivo è politico e risiede nell'abituale lentezza della nostra Amministrazione a muoversi quando si tratta di andare incontro alle esigenze popolari. Lentezza che ha la sua ragione nel fatto che la Amministrazione spende sempre a malincuore e quindi ritarda il più possibile l'attuazione delle opere di pubblica utilità, col pericolo che i lavoratori (che sono i maggiori e sicuri contribuenti della pubblica spesa) si vedano a poco a poco soffiare via ogni possibilità di avere un territorio organizzato secondo le loro più elementari esigenze.
I Comitati di quartiere sono ben coscienti di questa realtà e chiamano alla lotta i cittadini, perchè solo attraverso la lotta organizzata e continua si riesce a costringere l'Amministrazione Comunale ad attuare almeno alcune scelte che rispecchiano i bisogni più elementari dei lavoratori.
A proposito poi della scuola di via Cesalpino, c'è il pericolo che, dopo averci snobbato a proposito del terreno Cerizza-Siemens-Dindelli, si lasci cadere completamente la cosa alle soglie dell'esproprio per attendere altre soluzioni: altre scuole a Precotto, altre scuole all'interno del Parco Martesana.
C'è chi ora non sta proprio male e se ne sta ben tranquillo. Quando comincerà a preoccuparsi sarà troppo tardi. Speriamo che allora non accampi diritti « strani », perchè i diritti per i cittadini esistono già bell'e fatti solo sulla carta, ma soltanto la lotta riesce a renderli concreti ed attuali.
(Ecco perchè la lotta di classe non è un'invenzione di alcuni esagitati, ma sta scritta nella realtà delle cose. Siccome esiste una classe dominante che sfrutta l'altra, dentro la fabbrica, col tipo di insegnamento e di selezione nella scuola, nell'organizzazione del territorio, costringendo i lavoratori a vivere, più o meno dorati, ma sempre stretti nei ghetti, è chiaro che solo l'organizzazione dei lavoratori dentro e fuori la fabbrica può costituire i presupposti di una società alternativa, può incrinare il fronte borghese e padronale ed ottenere quanto i lavoratori sentono come propria esigenza e proprio diritto).
Appare quindi fuori di luogo rinunciare alla lotta perchè non s'è ottenuto niente. A parte il fatto che ciò non è vero, perchè soltanto la mobilitazione serrata e combattiva degli anni passati ci ha condotto a risultati di grande portata (che potremmo valutare facendo soltanto il paragone con altri quartieri): come la variante di piano regolatore per la area di via Cesalpino, la delibera di occupazione d'urgenza dell'area, il progetto ecc., ognuno ha potuto ve-
dare invece altri interessi che non sono quelli della classe lavoratrice. Da parte nostra non lasceremo intentata nessuna possibilità di risve-
gliare la volontà di lotta dei cittadini del nostro quartiere e costituire quanto prima una mobilitazione di massa, ampia e di durata, in rap-
porto di collaborazione con le altre forze vive del quartiere. COMITATO DI QUARTIERE PONTE NUOVO
FUORI DALLA FABBRICA È NECESSARIO CHE I LAVORATORI SI ORGANIZZINO ANCHE NEL QUARTIERE
dere quali resistenze si è dovuto superare nei confronti dei privati gelosi del proprio potere, nei confronti del Comune che ha sempre cercato (come cerca ora) di eludere i nodi della questione, buttando fuori una serie di notizie in contraddizione l'una con l'altra, per confondere le carte e la testa alla gente.
Ognuno deve pensare che questo quadro politico non cambierà molto facilmente o, se cambierà, ciò sarà dovuto soltanto alla nostra capacità di resistere nella lotta un minuto in più dei nostri Amministratori.
Qualcuno ventila anche l'accusa che il nostro metodo di lotta sia stato negativo. Sfidiamo chiunque abbia esperienza di lotte in fabbrica, a scuola, nei quartieri, a non trovare errori di impostazione che vengono via via corretti strada facendo, da tutti coloro però cui sta veramente a cuore la soluzione dei problemi e che non si illudono certo che i nostri amministratori siano persone ben disposte ad accogliere le nostre richieste.
Dovrebbe essere abbastanza chiaro che i nostri amministratori si dimostrano tutti sensibili, a parole, ai problemi dei lavoratori, ma in pratica si dichiarano impossibilitati a dar loro persino le briciole fino a che non abbiano sfamato i loro clienti abituali cioè i benestanti che li votano. Dovrebbe quindi essere abbastanza chiaro che non basta fare una, due, dieci assemblee; organizzare manifestazioni nel quartiere, delegazioni di massa a Palazzo Marino per due anni, occorre sapersi organizzare e sapersi mobilitare fino al giorno successivo alla vittoria strappata alla controparte.
Anche il quartiere « Garibaldi », che viene costantemente additato come uno degli esempi migliori di lotta nei quartieri, non ci dimostra proprio che non bisogna mai sognare sui buoni propositi di chi ci amministra? Proprio in questi giorni è apparsa sui quotidiani la notizia che la delibera del 25 luglio 1972, riguardante la ristrutturazione del quartiere « Garibaldi » con edilizia economica e popolare, è ancora lettera morta, perchè la Giunta non ha ancora deliberato sulle osservazioni, le opposizioni a tale progetto e continua a litigare perchè c'è chi, all'interno e all'esterno della Giunta, nonostante la delibera di un anno e mezzo fa, non vuole assolutamente accettare che un quartiere centrale sia abitato da ceti popolari; e da tempo attende che i lavori della metropolitana che hanno messo sossopra il corso Garibaldi servano da pretesto per l'abbattimento delle vecchie case onde far posto ai lussuosi palazzi per la gente-bene. Il Comitato di Quartiere Garibaldi è stato forse sconfitto? No certamente.
E allora di fronte a queste posizioni « normali » dell'Amministrazione comunale che fare? Disperarsi? Rassegnarsi? Disperazione e rassegnazione non pagano. Si tratta invece di organizzarsi, magari meglio, e di continuare ad esercitare tutte quelle pressioni nelle debite sedi, che impediscano all'Amministrazione di prendere altre strade e dimenticare gli impegni assunti, non illudendosi mai sui buoni propositi della Giunta e stando sempre in guardia, perchè dall'altra parte si farà di tutto per salvaguar-
Più volte si è scritto in queste pagine sulla gravità della situazione delle abitazioni dei lavoratori che vivono nella nostra zona.
Si è notato come non solo da molti anni non vengano più costruite case popolari nel nostro quartiere, ma addirittura quelle ancora esistenti vengono deliberatamente lasciate andare in rovina e poí abbattute per fini speculativi.
La maggior parte dei lavoratori è così costretta a vivere in caseggiati vecchi e fatiscenti, privi dei più elementari servizi igienici (spesso il gabinetto è sulle scale, in comune con altre famiglie), dove da parecchi anni non vengono effettuate le necessarie opere di manutenzione, in appartamenti in cui l'umidità è di casa, pagando dei fitti davvero sproporzionati.
Tale affitto, poi, viene in pratica pagato due volte: prima come trattenuta sulla busta paga per il finanziamento della costruzione delle case popolari (Gescal), poi come vero e proprio affitto pagato al padrone di casa.
A ciò si aggiunga il continuo attacco al salario portato avanti dall'aumento del costo della vita, la carenza, nei quartieri popolari, di asili, scuole, centri sociali, insomma di tutti quei servizi fondamentali per la vita di chi vi abita.
A questo punto, completato il quadro, appare chiaro come lo sfruttamento subito in fabbrica dal proletario continui e si completi nel quartiere. Le condizioni di vita, come quelle di lavoro, sono dettate dalla legge del profitto, dagli interessi privati del padrone. Ma, nello stesso modo in cui il lavoratore in fabbrica individua e ricerca degli strumenti di difesa e di lotta contro i ritmi, il cottimo, la nocività e, più in generale, contro lo sfruttamento, anche nel quartiere è andato scoprendo sempre nuovi ed incisivi mezzi per difendere il proprio salario e il proprio diritto a condizioni umane di vita.
Questo è il primo di una serie di articoli che si propongono di analizzare appunto questi strumenti, di chiarirne il più possibile il funzionamento, di divulgarli, per mettere gli inquilini in grado di difendersi sempre meglio dagli aumenti ingiustificati dell'affitto e delle spese, di imporre ai padroni di casa il rispetto dei contratti e l'attuazione delle opere di manutenzione.
Tutto ciò naturalmente inserito nell'ottica che la lotta per la casa oggi deve essere il primo momento di una più generale organizzazione dei lavoratori anche all'esterno della fabbrica.
Per difendere i propri interessi nel quartiere, così come in fabbrica, è necessario innanzitutto organizzarsi, peprchè solo con l'unità e con la compattezza è possibile ottenere la forza necessaria per vincere.
Chi lotta isolato si espone a grave pericolo, in quanto può essere facilmente colpito dal padrone di casa, inoltre rischia di rendere inefficaci strumenti come lo sciopero dell'affitto e delle spese che sono validi, in quanto colpiscono il padrone nel punto debole, vale a dire nel profitto, ma solo quando sono in molti gli inquilini che lo attuano, Perchè, poi, non organizzarsi quando i problemi sono in pratica gli stessi per tutti gli inquilini?
L'aumento del fitto, delle spese, le vendite frazionate, la mancata ma-
nutenzione non colpiscono mai il singolo individuo, ma tutto il caseggiato.
Non dimentichiamo, infine, che il padrone punta sempre sulla divisione degli inquilini nel quartiere, come sulla divisione degli operai nella fabbrica, perchè solo in questo modo riesce a controllarli, tentando di convincerli separatamente, per poter imporre solo i suoi interessi.
E' quindi giusto, oltre che necessario, che gli inquilini si consultino fra loro, si riuniscano per affrontare i loro problemi e scelgano insieme lo strumento di lotta che ritengono più valido.
Il modo più efficace per mettere in pratica l'auto-organizzazione degli inquilini, è la formazione del Comitato di Caseggiato, cioè di un organismo di tipo assembleare, che riunisca tutti gli abitanti di uno stesso stabile.
Per avere un valore reale, tale organismo deve riunirsi periodicamente per affrontare i vari problemi del caseggiato, ed in esso ogni inquilino deve essere il rappresentante di se stesso.
Nel Comitato di Caseggiato deve essere cioè rigettato ogni rapporto di delega perchè solo la partecipazione diretta di tutti i suoi membri può portare alla chiarezza e alla consapevolezza necessarie alla
impostazione di una lotta vincente. Il rifiuto della delega deve essere anche il principio fondamentale su cui costruire i rapporti tra Comitati di Caseggiato e Comitato di Quartiere.
Se quest'ultimo, infatti, può assumere un ruolo importante, sia nel momento della costituzione del Comitato di Caseggiato, in quanto ha già acquisito una certa esperienza, sia in seguito, quale strumento di collegamento delle varie situazioni di lotta e momento di propaganda, non deve in ogni caso sostituirsi ai Comitati di Caseggiato, né a lui deve essere delegata la direzione della lotta. (continua)
C.d.Q. Leoncavallo
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milanodieci quartieri febbraio 1974 - pag. 3
Questa la realtà: servizi arcaici, speculazione edilizia e abitazioni malsane
COMITATO DI QUARTIERE PONTE NUOVO
Una proposta per una organizzazione «popolare» del territorio
Prevista l'attuazione del lotto 47 con case popolari, scuole, servizi.
Previsti: piscina e campi sportivi. Strada di scorrimento; complesso scolastico di via Cesalpino.
Per far meglio comprendere al let tore che tipo di proposta fa il no stro Comitato di quartiere, perchè e con quali prospettive, abbiamo pubblicato qui a fianco la piantina della parte di territorio sulla quale ci impegniamo ad intervenire, sen za per altro escludere che altre forze politiche, altmi comitati inter vengano sullo stesso, anzi auspi cando una maggiore unità fra le forze che operano per gli obiettivi sociali.
Abbiamo segnato con un retino o bliquo le abitazioni distinguendole fra loro, con la massima precisio ne possibile: con una « V » le villette mono o plurifamiliari; con una « C » le case dai due ai quattro piani; con una « P » i palazzi con cinque e più piani. Le fabbriche ed i luoghi di lavoro in genere con un retino quadrangolare ed una'« F »; con lo stesso retino ed una « O » le officine; con una « D » su fondo bianco i depositi, le carrozzerie, le rivendite di rottami e materiali vari; in bianco con un numero progressivo le varie aree libere. Altri segni convenzionali, presenti nella cartina: Se = scuola elementare — Sm = scuola materna — S Sp = scuola speciale (Ist. ciechi) — H = ospedale — Ch = chiesa — Cm = cimitero — Cs = campo sportivo.
Dalla tavola ci appaiono evidenti due u L'ASSOLUTA ose: MANCANZA DI SERVIZI NELLA ZONA SUDDETTA. Intendiamo per servizi le scuole di ogni genere; gli ospedali (eccettuiamo Ville Turro per il suo carattere privato e specialistico); i centri sanitari; il verde attrezzato per il gioco dei bambini e per la quiete degli anziani, parchi per dare un po' più di ossigeno ai nostri rioni densi di smog; una rete efficiente di trasporti pubblici, che sarà possibile solo quando esistono le condizioni di una viabilità scorrevole (non è certo il caso di via Ponte Nuovo, di via Asiago, Cesalpino); luoghi pubblici di riunione, biblioteche ecc.
2) IL TESSUTO URBANISTICO E' ESTREMAMENTE FRAMMENTATO (i gruppi di caseggiati sono spessissimo interrotti dalla presenza di aree libere di dimensioni molto varie che interrompono la continuità urbana) E DISOMOGENEO (anche all'interno di alcuni isolati è molto facile che siano presenti insieme tipi di costruzione fra loro diversissimi quanto a forma e finalità: vecchie cascine, case basse a schiera, palazzine mono e plurifamiliari, villette con o senza orto e giardino, grossi edifici speculativi a blocco o a torre, capannoni isolati o aggregati, grossi medi e piccoli complessi industriali con o senza magazzini e uffici, baracche e spiazzi per deposito di rottami e materiali vari, autofficine, carrozzerie, elettrauto ed altri laboratori semiartigianali localizzati assai spesso nei cortili, nei corpi interni, nei seminterrati o al piano terreno di edifici residenziali; infine alcuni palazzi per uffici) - cfr via Ponte Nuovo angolo via Prandina-Carta per es. oppure via Ponte Nuovo, AsiagoMagistretti; via Tanaro-Golfo Aranci, via Nuoro ecc.
Estremamente variabili da punto a punto sono di conseguenza le dimensioni, l'altezza e la volumetria degli edifici e quindi la densità edilizia. Non meno irregolare è la rete stradale, che si presenta priva di un piano unitario, con numerose strozzature, strade a fondo cieco, non (o male) asfaltate o prive di allineamento negli edifici. Tutto ciò provoca la congestione del traffico in vari punti del rione. Ciò deriva evidentemente dallo sviluppo edilizio spontaneo e non pia-
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milanodieci ponte nuovo - assistenza
nificato della zona, che ha inserito i vari lotti di caseggiati sulle vecchie strade dei vecchi comuni senza attuare ampliamenti dei tracciati nuovi collegamenti.
3) TUTTI QUESTI ELEMENTI — a cui va aggiunta la degradazione di molti edifici (via Treviglio, via Tanaro, via Meli, via Cesarotti, via Perticarí) e lo stesso abbandono delle aree libere, incolte per la maggior parte e ridotte a depositi di rottami, o a pattumiera, rotta qua là da qualche orticello — CONTRIBUISCONO A CREARE UN PAESAGGIO URBANO CONFUSO, BRUTTO E SPESSO VERAMENTE SQUALLIDO (cfr le aree comprese fra via P. Mariani e via Cesalpino con via Treviglio; l'area su cui sorgerà — speriamo — il parco Martesana).
Tutto questo ha una causa ben precisa. Il rione che noi prendiamo in considerazione faceva parte una volta (fino al 1923) dei piccoli comuni di Precotto, Gorla, Crescenzago, Turro, la cui economia era basata sull'agricoltura (i terreni erano molto fertili ed ottimamente irrigati dai naviglio della Martesana) o su stabilimenti per la lavorazione della seta.
Queste zone si sono progressivamente arricchite di una serie di piccoli e medi stabilimenti industriali e laboratori artigianali, mentre i terreni agricoli sono stati man mano erosi dai capannoni e dalla costruzione di lotti residenziali. Tutto senza un intervento ordinatore e lungimirante dell'Amministrazione del Comune di Milano. Anche il piano regolatore del 1953 lasciava mano libera agli speculatori (possessori di terreni e non) che devastarono la zona, occupando quasi tutte le aree libere ed andando ad intaccare anche quelle poche aree che il Piano regolatore aveva destinati a servizi. Il piano regolatore non previde nemmeno che lo stesso processo speculativo avrebbe portato alla costituzione di nuovi quartieri (Ponte Nuovo per es.) ed avrebbe quadruplicato gli altri già esistenti (Gorla, Precotto, Crescenzago) e non pose vincoli sufficienti alle aree per scuole di ogni genere, per verde attrezzato ecc. Riteniamo perciò che il nostro rione sia tipico nel presentarci una situazione che si è venuta creando solo per l'intervento dei grossi speculatori e con il compiacente assenso del Comune. A nostro avviso il nostro rione dovrà essere pure tipico per il risveglio dei lavoratori che ora vogliono un rione che risponda alle loro esigenze umane, sociali, culturali.
Da quanto è stato detto il nostro intervento nel quartiere deve prevedere:
1) UN INTERVENTO A BREVE E MEDIO TERMINE. Si tratta di interventi urgenti che riguardano i servizi sociali mancanti nel quartiere. In particolare: il complesso scolastico in via Cesalpino, comprendente la scuola materna, elementare e media; l'asilo nido in via Li-
scate; il rifacimento e l'allargamento del ponte sulla Martesana; l'allestimento del parco Martesana; la destinazione dell'area compresa fra via Meucci e via Padova a nord di via Prandina a parco con una scuola media e campo giochi per bambini. Dire questo significa risvegliare la sensibilità dei cittadini per una seria mobilitazione al riguardo.
NEL MEDESIMO TEMPO proporre il vincolo su tutte quelle aree libere di proprietà comunale o dei privati per le quali attualmente non è prevista alcuna opera precisa per consentire un futuro intervento per altri servizi necessari al quartiere (biblioteche, campi gioco per bambini, centri sanitari, case popolari); come pure proporre il vincolo per tutte quelle aree (comunali o private) su cui ora ci sono piccole e medie fabbriche, officine, oppure depositi, carrozzerie, rivendite di materiale vario ecc. talvolta del tutto abusivi e quindi facilmente liberabili. Questo perchè è in atto un continuo spostamento delle piccole e medie fabbriche, delle officine ecc., fuori dal nostro Comune, verso i comuni dell'hinterland milanese e ciò, oltre a costituire un forte disagio per i lavoratori del quartiere, può procurare al padrone un doppio beneficio, quello di andare a stabilirsi in una fabbrica migliore e quello di poter vendere a caro prezzo il terreno (molto ricercato e valorizzato soprattutto nella nostra zona per la vicinanza alle linee metropolitane ed alle tangenziali, per la comodità di spostamento verso il centro della città e verso l'hinterland) su cui c'era la vecchia fabbrica.
N.B. I vincoli in questione sono già stati proposti dal C.d.Q. Ponte Nuovo al Consiglio di zona 10 (cfr. Milano dieci del dicembre 73 - pag.
8). A LUNGO TERMINE si può procedere ad una ristrutturazione del quartiere che potrebbe essere delimitato dalla via Padova, dalla via Adriano (allargata fino a diventare una strada di largo scorrimento), la parte dello stradone (famosa tangenzialina che attraversa tutta la parte nord della città, dalla zona 20 alla nostra) che congiunga via Adriano a viale Monza; che veda:
a) a nord dell'ex tangenzialina IL SETTORE DI EDILIZIA INTENSIVA, sia popolare (lotto 2 e lotto 47) sia privata, quello delle GRANDI FABBRICHE, ed un vasto PARCO subito dopo la via Adriano verso i confini con Cologno Monzese; b) tra l'ex tangenzialina e la via Padova un settore di edilizia semiintensiva con piccole fabbriche, officine, ecc. (spezzato qua e là da tratti di verde, il traffico dovrebbe essere meno intenso per il congiungimento veloce fra il quartiere ed il viale Monza da una parte, e Crescenzago dall'altra, l'allargamento della sede stradale di via Ponte Nuovo dovrebbe risolvere tutto il problema viabilistico del rione); c) un altro parco, quello della MARTESANA dovrebbe chiudere il rione tra Gorla e Turro a sud.
COMITATO DI QUARTIERE PONTE NUOVO
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Giochi Educativi
FORSE UNA SCHIARITA NELLA VICENDA DELLE RAGAZZE-MADRI
UN CONVEGNO RISOLUTORE
Decisivo comunque l'apporto dei Comitati di Quartiere
Il 7 gennaio si è riunita la Commissione assistenza del Consiglio di zona 12, presieduta dal consigliere del PCI Basilico. Fra i punti all'ordine del giorno, oltre alla discussione del piano comunale sugli asili-nido (che nega alla zona 12 un asilo-nido in quanto tale zona non è giudicata « fra le più bisognose ») e sui comitati sanitari di zona (loro regolamento e nomina dei consiglieri), vi era l'esame della proposta, avanzata dal PCI, di un convegno sull'assistenza in generale e sulla Casa della madre e del fanciullo (CMF) in particolare. L'introduzione di Basilico in sintesi è stata la seguente: l'assistenza continua ad essere intesa in modo caritatevole, proprio per questo oggi abbiamo bisogno di una visione nuova, autopromozionale e autogestita ». Ha detto inoltre che tutti sono concordi nel rilevare gli sviluppi negativi della lotta degli ultimi mesi e che questa vicenda è stata vissuta da giovani « sensibili ». Siamo quindi arrivati a ipotizzare — ha continuato — per quanto riguarda i cittadini della zona 12, un « salto di qualità, qualcosa di aperto » alle altre zone di Milano, qualcosa » che provocasse maggiore interesse: un convegno sull'assistenza. Permangono tuttavia delle incertezze — ha voluto precisare — da parte della Commissione provinciale assistenza sulla CMF. D'altro canto ci sono stati sviluppi importanti, prese di posizione, assemblee ». Nonostante tutto — ha proseguito —Ü non avevamo verificato in sede di commissione se dovesse valere questo salto Verifichiamo ora, dunque, la proposta del convegno.
Ü Ü
Alla seduta della Commissione assistenza sono intervenuti numerosi rappresentanti dei Comitati di quartiere e di agitazione della zona (Ponte Nuovo, Cimiano, Crescenzago, Lambrate), di Lotta Femminista, di alcune sezioni del PCI e dell'UDI (Unione Donne Italiane).
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Ha domandato per primo la parola un compagno del CdA Crescenzago ripresentando la mozione votata all'assemblea aperta del 5 dicembre.
Fra i punti qualificanti, quella mozione contiene: la richiesta di alloggio al 10 % del salario, l'agibilità politica nell'istituto (che significa fare assemblee interne periodiche), il riconoscimento del Comitato di lotta delle ragazze-madri (composto dalle ragazze dell'istituto e da rappresentanti dei comitati di quartiere).
sa domandato se la Commissione assistenza è in grado di fare propria, autonomamente, la mozione del 5-XII o se invece è necessario che su essa si pronunci l'intero Consiglio di zona. — Prima di arrivare al convegno ci dobbiamo misurare sulla mozione. Non solo è indispensabile una prima assemblea interna — ha precisato — ma subito l'agibilità politica. Bisogna pertanto fissare un'occasione alla settimana per riunirsi all'interno della Casa. A proposito del convegno — ha continuato — è stato detto che non dovrà essere « di studi ». Proprio per questo è importante usufruire di tutti i canali di contrattazione con le forze politiche e sindacali e con il Consiglio di zona, non limitarsi a cercare contatti solo con quelle persone che più o meno sono già d'accordo con noi. Al convegno dovranno partecipare la Provincia, il Comune, la direzione della Casa, rappresentanti dell'IPPAI (= brefotrofio; dal momento che anch'essi sono interessati agli sviluppi della lotta), lo IACP, i sindacati del personale assistente e, naturalmente, i comitati di quartiere e le forze politiche. In modo particolare l'assessore Agostoni e lo IACP — è stato sottolineato — dovranno assumersi di fronte a tutti la loro responsabilità. Alle posizioni che avranno espresso pubblicamente noi faremo le nostre obiezioni.
NON SIAMO IN UNA COMUNE DI PECHINO DOVE SI SODDISFANO LE ESIGENZE DEL POPOLO» (Boscolo, Consigliere PCI)
Il consigliere del PCI, Boscolo, ha esordito in maniera clamorosa: — Diciamo no a una « casa di cultura » [!] con libero accesso a tutti. Dobbiamo arrivare a delle « conquiste credibili » che incidano sulla gestione della Casa. No all'affitto al 10 % del salario — ha tuonato altrimenti dovremmo chiedere lo stesso anche per tutti gli operai [già, non si chiede niente per nessuno, così si fanno felici tutti]. Ha detto poi che — il convegno sarà una svolta per i problemi dell'assistenza e non dovrà essere monopolizzato dalla CMF.
Ci vuole una e nuova » politica dell'assistenza e si deve instaurare un legame con i comitati sanitari di zona. Ed ecco la sua conclusione:
riuscito... « esemplare » (il problema della ragazza-madre non è a sé, INVESTE LA FANCIULLA PRIMA CHE LA RAGAZZA-MADRE. Le argomentazioni corporative non aiutano affatto. ALLE SOGLIE DEL 2000 CI VUOLE... [maledettamente non ce l'ho fatta ad annotare la fine della frase, ero distratto, ma vi assicuro che non si è perso niente]. Ed ecco ciò che in sintesi ha detto Boscolo nella replica: — E' VELLEITARIO AVER INCENTRATO IL DISCORSO SULLE RAGAZZE-MADRI. NO ALL'ASSISTENZA « INTELLETTUALE » CHE VERREBBE FUORI DA CERTE PREMESSE. PERCHE' NON AIUTARE LE VEDOVE DEI LAVORATORI MORTI?! NON ESISTE UNA RAGAZZA-MADRE BENSI' UNA DONNA CHE HA PROCREATO [e noi abbiamo finito di stupirci]. E' intervenuta poi una rappresentante dell'UDI (Unione Donne Italiane). Avrà parlato per due minuti mezzo, limitandosi alla semplice elencazione di quelli che dovrebbero essere i punti da trattare al convegno, e ha chiuso in fretta dicendo che avrebbe voluto fare un discorso molto più lungo ma, disgraziatamente — NON CONOSCO QUESTA SITUAZIONE — ha puntualizzato.
Un riepilogo del dibattito è stato fatto dal signor Burattini (DC) della Commissione assistenza (questa riunione è servita molto di più di quelle passate. Sì al convegno, no all'assemblea interna perchè a nessun cittadino è permesso di entrare nell'istituto. Il problema che abbiamo di fronte presenta due aspetti: quella generale dell'assistenza e quello locale che interessa la nostra zona. La mozione del Comitato di lotta è messa agli atti quindi non votata.
«SI ALL'ASSEMBLEA INTERNA E ALL'AGIBILITA' POLITICA NELL'ISTITUTO »
(Basilico, Presidente Commissione Assistenza)
QUI NON SIAMO IN UNA COMUNE DI PECHINO, DOVE SI POSSONO SODDISFARE LE ESIGENZE DEL POPOLO. VIVIAMO IN UN'ALTRA REALTA' [!].
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Un compagno del CdQ Cimiano ha risposto al Boscolo:
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Sussidi Didattici per la scuola
Libri per i bambini e i ragazzi
Libri per genitori ed educatori democratici vuole essere punto di riferimento per chi crede di poter aiutare il bambino in questo mondo difficile a diventare un uomo capace di esprimersi sentendosi vivo.
Il compagno di Crescenzago ha ricordato che il 20 dicembre, in Consiglio di zona, fu presentata dal Comitato di lotta la richiesta di una assemblea all'interno della Casa, aperta a tutte le forze politiche del quartiere, richiesta che, come è noto, cadde nel disinteresse più assoluto. Ha poi battuto perchè si venga finalmente a conoscere il documento votato dalla Commissione assistenza della Provincia, non ancora passato, a quanto pare, in Consiglio provinciale. Al che il presidente Basilico ha voluto prontamente ribattere di non avere ricevuto nessun documento dalla Provincia, e la cosa è morta lì. Il presidente della commissione ha infine letto la mozione del 5-XII.
Allora che senso ha l'agibilità politica che chiedono gli operai e gli inquilini? I loro problemi, in fondo, sono analoghi a quelli delle ragazze-madri in lotta. Non dimentichiamo che le ragazze non possono partecipare alle nostre riunioni. E' necessario quindi che questa lotta sia condotta con la partecipazione di forze esterne. Ha poi parlato un giovane del PCI, ricalcando l'intervento di Boscolo (sì al convegno, limitato però alla zona 12 e... limitato all'aspetto globale dell'assistenza. No alla mozione presentata dal Comitato di lotta perché contiene « richieste velleitarie che priverebbero di credibilità la lotta stessa »).
La compagna di Lotta Femminista che è intervenuta ha per prima co-
E' stata poi lo volta di un altro di quelli del PCI che facevano da aureola al Boscolo. Anche questo intervento, tutto da buon chierico, è
Il presidente della Commissione, Basilico, che ha tratto le conclusioni del dibattito, è caduto, sia pure con prudenza, in contraddizione con i suoi e compagni » di partito, con il consigliere Boscolo in particolare. — Dobbiamo essere i portabandiera della non-reclusione, cosa che i miei compagni non hanno colto a sufficienza. BISOGNA PASSARE DALLA ASSEMBLEA INTERNA E QUINDI DICIAMO Sl all'AGIBILITA' POLITICA NELL'ISTITUTO. C'è la possibilità di andare a confluenze comuni — ha detto rivolto ai rappresentanti dei comitati di quartiere. — I tempi di realizzazione del convegno sull'assistenza dovranno essere i più rapidi possibili e di questo si discuterà in Consiglio di zona. Adesso pare, stando alle e confidenze « dell'ultima ora, che si dovrebbe arrivare, a breve/ medio termine (un paio di mesi al massimo), addirittura a due convegni: uno imperniato sull'istituto di via Pusiano e un altro maturato dalla lotta contro la ristrutturazione che hanno portato avanti i lavoratori della società Abetina. Speriamo che con i prudenti tentativi del consigliere Basilico, presidente della Commissione, di smuovere dall'inerzia e dalla paura le forze istituzionali, si vada presto ad intaccare il vecchio e deleterio modo di gestire l'assistenza per le madri nubili e per tutti gli altri e emarginati ».
ANGELO CARA
febbraio 1974 - pag. 5
L'ASSESSORE AGOSTONI E LO I.A.C.P. DOVRANNO RISPONDERE PUBBLICAMENTE
Avremo, con i Comitati Sanitari di Zona, una vera medicina preventiva?
Nel novembre dello scorso anno il Consiglio Comunale ha approvato il regolamento dei Comitati Sanitari di Zona, già istituiti sulla carta nell'aprile in base alla Legge Regionale n. 37 (cfr. « Milano dieci » n. 5 e 6-7 del 73). Tale legge stabiliva che la Lombardia venisse divisa in zone sanitarie, in ognuna delle quali fossero costituiti dei Comitati Sanitari di Zona con il compito di decidere e di coordinare gli interventi in materia di medicina preventiva. Tali Comitati furono costituiti con finanziamenti regionali e sono attualmente in funzione in diverse Zone Sanitarie.
Per la zona di Milano città ciò non fu possibile, prima a causa della mancanza di volontà politica e poi della crisi del Consiglio Comunale. Adesso finalmente, con quasi un anno di ritardo, i Comitati Sanitari di Zona si faranno. Il Consiglio di Zona sarà chiamato a indicare i 20 membri del Comitato (i quali saranno poi ufficialmente eletti dal Consiglio Comunale) che avranno il compito di risolvere i grossi problemi di medicina preventiva.
Diciamo subito che il campo d'azione è molto vasto, soprattutto perché in Italia la medicina preventiva è completamente trascurata a favore della medicina curativa, che riempie di guadagni favolosi i primari ospedalieri e le case farmaceutiche.
Occorrerà infatti agire nel campo delle malattie che colpiscono le gestanti poi i neonati, gli scolari dall'età infantile a quella dell'adolescenza, rimuovere le condizioni nocive nelle fabbriche, nelle case malsane, e attuare la prevenzione dei tumori, della tubercolosi, delle malattie psicosomatiche (ulcera, gastrite, infarti, ecc.), e delle malattie mentali. Il lavoro in questi campi è reso ancora più arduo se si considera che la Legge Regionale non costituisce 'nessuna struttura sanitaria nuova, ma utilizza quelle già esistenti (Mutue, Centro Provinciale Antitubercolare, ONMI, Ospedali, Condotte mediche comunali ecc.). La novità consiste solo nel fatto che esisterà un organismo residente nella nostra zona a cui ci potremo rivolgere, per i problemi della collettività e che finalmente le parole « medicina preventiva » compaiono nelle leggi riguardanti la salute pubblica. Certamente è molto poco ed i lavoratori non si accontenteranno, vista la gravità dei problemi, e si dovrà pretendere una vera riforma sanitaria a carattere nazionale che elimini i privilegi della classe medica e delle case farmaceutiche, che distrugga le mutue inefficienti costituisca strutture sanitarie capaci non solo di curare le malattie, ma di prevenirle. perciò da rifiutare qualsiasi forma di entusiasmo che dia ai Comitati Sanitari di Zona più importanza di quanta effettivamente ne abbiano; invece pensiamo che l'esperienza di queste organizzazioni possa essere l'inizio di un processo di sensibilizzazione dei lavoratori sui problemi della salute nell'ambiente.
Quali sono i problemi che la nostra zona presenta ai Comitati Sanitari?
In zona 10 abitano circa 120.000 persone che possono usufruire di due Poliambulatori INAM (Via Don Orione, Viale Monza 138), tre consultori ONMI (Via Russo 20, Via S. Mamete 12, Via Soffredini 23), 4 condotte mediche comunali (Via De Marchi 55, Via Padova 118, Via Rovetta 6, Via Tanaro 24) e 21 farmacie. Esistono inoltre in zona un ambulatorio INAIL, uno per l'assistenza ai grandi invalidi e le Ville Turro, clinica psichiatrica privata. Non esistono centri di pronto soccorso nè di terapia riabilitativa.
"Ville Turro" Don Ghinelli e le suore
I settori di intervento dei Comitati Sanitari di Zona sono essenzialmente: la patologia perinatale (le malattie cioè che sorgono in gravidanza, nei neonati, nei lattanti e nei bambini), la patologia dell'età scolare (le malattie dei ragazzi dai 3 ai 15 anni), la patologia del lavoro (le malattie legate all'organizzazione e all'ambiente del lavoro, al tipo di lavorazione), la patologia tumorale, cardiovascolare (ipertensione, infarti ecc.), metabolica (diabete, arteriosclerosi), respiratoria (bronchiti, tbc ecc.), psicosomatica (nevrosi), la patologia comportamentale (malattie mentali).
Accenniamo ai problemi di ogni set-
tore:
Patologia perinatale - La prevenzione delle malattie in gravidanza necessita di centri di consultazione prematrimoniali tutt'ora inesistenti in zona, di controlli periodici dello stato clinico e psicologico della paziente che gli ambulatori INAM non possono certamente garantire a pieno. Indispensabile inoltre è l'educazione sanitaria della coppia e la preparazione al par to: di tutto ciò non ci risulta che esistano in zona attrezzature pubbliche, pubblici invece sono i 3 consultori ONMI che dovrebbero coprire l'assistenza di circa 4700 bambini di O - 2 anni; se si considera che i consultori sono posti ai confini della zona e che perciò sono utilizzati anche da bambini di altre zone, si deduce che sono del tutto insufficienti, come insufficienti sono gli asili nido.
Patologia dell'età scolare - La situazione non è certamente delle più incoraggianti. Per i quasi 6000 bambini di 3 - 5 anni esistono 7 scuole materne comunali che ne potrebbero assorbire solo e non più di 2100, bambini cioè che dovrebbero usufruire della medicina scolastica, anch'essa inefficiente. Più di 15.000 sono i bambini di età dell'obbligo scolastico (615 anni) per i quali non solo c'è carenza di scuole e di aule, ma spesso queste non sono igieniche, sono prive di palestre per ginnastica correttiva, sono carenti anche di infermiere sanitarie vigilatrici. Basti pensare che c'è un medico scolastico ogni 2000 alunni, più un'assistente sanitaria vigilatrice ogni 1000 e che il medico scolastico compie 18 ore settimanali. t troppo poco per fare della medicina preventiva. Sui servizi che la medicina scolastica offre torneremo in un prossimo articolo.
Patologia del lavoro - In zona lavorano circa 20.000 persone assorbite in 364 aziende più o meno grosse. Nelle fabbriche dove il movimento sindacale è organizzato, esiste già da qualche anno il rifiuto da parte dei lavoratori di monetizzare la propria salute. Ma si è ancora ben lontani dal realizzare delle condizioni di lavoro meno alienanti e più salutari, perchè ciò coinvolge l'idea-base su cui è organizzato il lavoro; il più alto profitto al minor costo. Il problema è ancora più acuto nelle piccole e medie aziende dove ancora non si rispettano le norme infortunistiche, i controlli medici minimi e indispensabili stabiliti dalla legge. I Comitati Sanitari di Zona avrebbero molto da lavorare.
Malattie degenerative - Sono le malattie del nostro secolo che si sono sviluppate nella nostra società caoticamente industrializzata; sono le malattie dello stress, del superlavoro, del logorio, dell'inquinamento, delle preoccupazioni economiche. dell'emarginazione, della mancanza di verde, dell'arrivismo, della schiavitù dell'automobile. Per tutto questo esiste un centro di diagnosi precoce (non di prevenzione!) per i tumori dell'utero in
via Padova 118 che compie 1500 visite all'anno: in zona esistono quasi 23.000 donne che dovrebbero sottoporsi periodicamente a queste visite. È come andare ad un safari armati di spilli.
Malattie mentali - Anche in questo campo il discorso non cambia. Il malato di mente nasce dalla società che poi fabbrica i manicomi per rinchiudervelo. La prevenzione consiste nel non produrre più disadattati, consiste nel costruire un ambiente in cui ognuno venga valorizzato per quello che è. In Italia esistono 190.000 classi differenziali, 400.000 bambini ricoverati in istituti per minori (quasi tutti istituti di beneficenza) e 200.000 malati ricoverati in istituti psichiatrici. In zona esiste Ville Turro, che è una società per azioni e che perciò ha bisogno per sopravvivere del profitto che ricava dalle rette dei suoi pazienticlienti. I signori di Ville Turro ci devono perciò spiegare come è possibile che una clinica privata faccia della medicina preventiva; che cioè compia degli sforzi per cambiare una società che produce la malattie, società che permettendo l'esistenza della medicina privata accanto a quella pubblica, in definitiva le permette di guadagnare. Ci auguriamo che i Comitati Sanitari di Zona non utilizzino tale strumento che non è al servizio dei lavoratori, ma del profitto dei propri azionisti. Da quanto ho detto risulta molto chiaro che i mezzi a disposizione dei Comitati Sanitari di Zona sono irrilevanti, ed è perciò ingenuo pensare che i suoi 20 membri (rappresentanti dei partiti in propprioni che riproducono le maggioranze di governo) responsabili dell'attuale struttura sanitaria, siano in grado di costruire una società più giusta.
ANTONIO GERVASIO
A proposito del nostro articolo su Milanodieci dicembre « Che cosa sta succedendo a Ville Turro? » ricevo la seguente Raccomandata
R.R. da Don Domenico Ghinelli Cappellano di Ville Turro nonchè Parroco di S. Maria Assunta.
Egregio Signor GIOVANNI MANARA
Direttore responsabile di Milanodieci via Caroli 8 - 20128 Milano
Mi è stato dato in visione « Milanodieci » del dicembre u.s. per l'articolo « che cosa sta succedendo a Ville Turro ».
Non sta a me giudicare quanto di vero o di falso l'articolo dice circa Ville Turro ». Non posso tuttavia non intervenire, in qualità di cappellano, circa quanto si dice delle Suore che ivi prestano la loro assistenza.
Con la massima franchezza mi limito ad esprimere: /o stupore per la superficialità con la quale un Collettivo di quartiere tratta argomenti che richiedono seri controlli, anche per evitare il pericolo della diffamazione; la pena inoltre per vedere colpite con inesattezza, storture, menzogne, calunnie persone che — per la mia presenza in luogo di oltre 30 anni — reputo meritevoli della più alta stima e della più profonda riconoscenza. Un modo così banale ed astioso di procedere squalifica articolista e direttore.
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Mi permetta alcune considerazioni:
1) Le suore sono a Ville Turro dal 1910. Non hanno mai avuto in mano l'amministrazione; invece oltre all'assistenza agli ospiti erano presenti anche nell'Ufficio accettazione e tenevano l'economato. Devo dar atto che con l'introduzione del sindacato gli stipendi sono aumentati e le ore di lavoro diminuite.
comportassero la diretta assistenza agli ospiti e scegliere, per l'assistenza, ciò che più rispondeva alla loro vocazione.
Fu così che la Superiora al momento decisivo, mi disse: « dobbiamo porci al servizio di chi più ha bisogno ». Per questo hanno preferito rinunciare a Villa Serena e a Villa Letizia, dove c'è un certo trattamento alberghiero, per il Reparto Uomini e Donne dove l'impegno è più massiccio e dove occorre maggior assistenza.
2) Circa poi la faccenda delle molte suore mandate via » sono in possesso di precisi documenti — pronto a mostrarglieli di fronte a dei testimoni — che dimostrano come nessuna suora è stata mandata via e come invece l'amministrazione ed il sottoscritto, dopo la decisione da parte dell'Istituto delle Suore di lasciare Ville Turro per mancanze di vocazioni, hanno brigato mesi e mesi per trattener almeno alcune onde assicurare, fra l'altro, agli ospiti che la richiedono, un'adeguata assistenza religiosa. Questi documenti li pubblicherò sul prossimo numero del mio bollettino parrocchiale. Nell'articolo si dice che « nei reparti gli incarichi di maggior autorità e responsabilità sono affidati alle suore ».
Ed è vero. Ma dedurre poi da questo fatto che « i pensieri e le azioni dei dipendenti sono condizionati dalla paura di essere licenziati » e che questi sono « costretti a chiudere gli occhi di fronte ai torti che vengono loro fatti come pure quelli che vengono fatti agli ammalati » senza una documentazione è veramente disonesto.
Come la mettiamo con l'intervento del presidente della commissione interna il quale, in una riunione di consiglieri, al termine della seduta, con parole ferme invitò i presenti a far tutto il possibile di trattenere le suore, necessarie perchè gli infermieri non erano in grado di supplirle?
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Ma il contratto di lavoro fu sempre espresso fra infermieri e amministrazione. Alle suore il compito di assumerli e distribuirli nelle diverse mansioni. E' naturale che per l'assunzione del personale le suore seguissero certi criteri; criteri però ispirati più alla moralità per il compito delicato che infermieri ed infermiere dovevano svolgere. La combutta con gli interessi padronali, la repressione spietata, i molti (si dice « quanti e quanti!!! ») operai, padri di famiglia gettati sulla strada dopo un bisticcio con la suora, la loro attuale presenza nel Reparto Uomini e Donne « quasi per porre un freno alla combattività operaia » sono tutte invenzioni o interpretazioni di una mentalità che è costretta a vedere sempre nella linea di sfruttati e sfruttatori, dove gli sfruttatori sono sempre immancabilmente quelli che non la pensano come loro, anche se sono autentici figli di popolo.
minnocnea
Direttore responsabile: Giovanni Manara
Stampato presso: Prestampa Ambrosiana
VALLAMBROSIA DI ROZZANO
Registrazione n. 192 - 11 maggio 1970 presso il Tribunale di Milano
C'è ancora la storia del diverso trattamento nei riguardi degli ammalati; trattati male se i parenti lasciano solo 10.000 lire di mancia alla suora, trattati assai bene invece se i parenti lasciano invece 50.000 lire alla settimana. Che le suore ricevano delle offerte (come gli infermieri le mance), ne sono convinto, anche perchè è pur con queste che provvedono alla conduzione della cappellina, agli arredi e vasi sacri, alle varie suppellettili liturgiche, rispondono alle richieste dei vari poveri che vengono a bussare e alle altre opere di carità a cui vogliono partecipare come al terzo mondo, alle missioni ecc.
Ma che giungano ad una così scandalosa pretesa e discriminazione è mostruoso!!!
Ad ogni modo le chiedo di documentare con i fatti e quindi offrire un elenco preciso dei quanti e quanti operai, padri di famiglia sono stati gettati sulla strada dopo un bisticcio con le suore.
Sta di fatto che le suore attualmente provvedono solo all'assistenza ai degenti con una scelta precisa: il reparto Uomini e il reparto Donne. E perchè?
Quando la Provinciale si lasciò persuadere di lasciare almeno qualche suora, le rimaste preferirono abbandonare tutte le cariche che non
E allora: fuori i nomi! Mi impegno io a far mandar via quelle suore che così operano. Ma se i nomi non vengono fuori, se i fatti denunciati non sono documentati, non rimane altro che la bassa vigliaccheria di chi attraverso la calunnia cerca di insozzare della sua fangosa bava coloro che da lui non sono visti bene.
E' la storia della scrofa che, incapace di alzare il suo muso verso l'alto, contemplando l'azzurro del cielo solo attraverso il pantano nel quale si immerge beata, esclama: come è brutto il cielo »! Non sono qui a dire che le suore sono tutte sempre dovunque un modello perfettissimo di carità, pazienza, dedizione.
DI E. BOSCAINI CARTELLONISTICA RECLAMIZZAZIONE AUTOMEZZI * DECORAZIONI IN ORO SERIGRAFIA INSEGNE Via Astico 20 20128 MILANO telefono 25.90.609 pag. 6 - febbraio 1974 sanità-assistenza milanodieci
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Sono pur loro fragili esseri umani che cercano tuttavia di vivere la loro consacrazione a Dio e agli uomini giorno e notte, in un ambiente di continua tensione. Non per nulla ogni sera sentono il bisogno di chiedere perdono a Dio delle proprie mancanze.
Ma quando da una comunità come quella di queste suore esce una Agostina Pietrantoni bisogna dire che il terreno da cui questa beata è sortita non poteva essere che un terreno buono. Questa suora morì pugnalata da Romanelli, un assistito tubercolotico, uno sciagurato che s'era beccato quattro condanne: arrogante, violento, attaccabrighe, volgare (e ancor più quando in corsia appariva la suora), dimesso per indisciplina dall'ospedale per pura decisione del direttore a causa delle sue grossolane bravate nei riguardi delle lavandaie dell'ospedale, si vendicò pugnalando e uccidendo suor Agostina, una autentica figlia di popolo. Perfino la Roma anticlericale — così dicono le cronache — rimase stupita e commossa dinanzi alla martire.
Fra gli ospiti di Ville Turro non mancano diabetici, ulcerosi, nefritici, a cui si devono somministrare solo certe bevande; nè mancano coloro a cui il medico impone un super nutrimento; non mancano infine, lunatici e anche quelli che ve-sono le suore come il fumo negli occhi (non ci sarà stato alle volte anche qualcuno del colletivo di Gorla?). Di qui le possibili differenze, le varie interpretazioni.
Quanto è difficile giudicare al riguardo!
Non è vero che se invece di strumentalizzare certe situazioni e interpretarle nella luce dell'odio — come quel povero disgraziato di Romanelli nonostante che la sua mamma cieca venisse amabilmente accolta e aiutata da suor Agostina — andasse di persona a controllare, ad informarsi in un dialogo aperto, franco per un vero amore dei degenti, magari interrogando medici ecc., forse si conoscerebbero meglio le situazioni e si eviterebbero certe scarnificanti, cattive e calunniose interpretazioni? Ricordo un sacerdote polacco che nonostante le mie premure e quelle ancor più delicate della suora ci odiava cordialmente tutti e due. Ma era ammalato e pretendeva di essere condotto a Roma in Vaticano... Non posso infine non denunciare con sdegno e somma sofferenza l'affermazione che una suora caposala si becca mezzo milione al mese e si commenta il fatto con « evviva la carità cristiana! ».
Venga con me a Ville Turro e poi s'accorgerà quanti mesi occorrono perchè una suora caposala raggiunga quella somma. Venga e poi insieme faremo il confronto non dico di quanto prende una infermiera vice capo sala, ma di quanto prende mensilmente una infermiera generica appena assunta e una suora capo sala magari con 30 e più anni di servizio.
Sarebbe bello poi se sul suo periodico venissero pubblicati questi mensili. Mi domando: qual'è il motivo di così spudorate menzogne?
Lascio alla sua onestà di uomo e di direttore di pubblicare, sul suo mensile, questo mio scritto.
Intanto: sul prossimo numero del mio bollettino parrocchiale pubblicherò l'articolo del suo mensile per quanto riguarda le Suore, la mia lettera a lei e i documenti che dimostrano come nessuna suora è stata mandata via e che le rimaste lo sono perchè pregate con insistenza; domenica 20 c.m. alle ore 11 inviterò la comunità parrocchiale ad un gesto di solidarietà verso le Suore di Ville Turro dopo aver letto quanto ill suo periodico afferma di esse.
Sarei contento di poterla avere presente;
sono pronto — e la ringrazierei vivamente — per un confronto pubblico con il collettivo di Gorla e dove vuole; la invito infine a venir con me un giorno a Ville Turro per vedere di presenza che cosa fanno e come vivono le Suore. Non le sarà difficile scorgere in quei volti lo sguardo sereno di gente che non conosce odio, violenza, oppressione, ma che ha fatto della propria vita, pur fra debolezze umane, un servizio ai fratelli. Mi sembra assai umano e commovente il gesto di queste Suore che, invitate ad una denuncia — non è difficile scorgere nello scritto gli estremi per una denuncia — pur addolorate di tanta deformazione, hanno preferito mettere in pratica il « benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite » di S. Paolo e pregare per i loro denigratori. Con la calunnia si può aizzare facilmente la gente semplice contro persone che pur meritano tutto il nostro rispetto, la nostra stima, la nostra ammirazione; ma non si potrà mai costruire una vera democrazia e una società più giusta, più umana, più fraterna.
Milano, 10-1-1974
Sac. Domenico Ghinelli Capellano in a Ville Turro »
Il tono e la evidente rabbia con cui è scritta la lettera ci stupisce un po' perchè il nostro articolo tratta di un problema politico che ci sta a cuore e cioè di come non si debba dare potenziamento con denaro pubblico ad una società privata che gestisce una clinica con criteri selettivi e classisti. In questa prospettiva il discorso sulle suore era ed è marginale; non così per Don Ghinelli e questo potrà anche essere logico ma non giusto.
E allora a malincuore parliamo delle suore. Dove esse sono ancora presenti nell'assistenza sanitaria, con la loro onnipresenza e la loro a vocazione » hanno di fatto il significato di un filtro e di un freno delle spinte che vengono dai lavoratori soprattutto nel senso delle rivendicazioni: esse si pongono infatti sia come a esempio di dedizione » sia come gruppo che hd un grosso potere sui subalterni, in parte ufficialmente riconosciuto (assunzioni, distribuzione delle mansioni), in parte, ed è questa la cosa che fa più paura, come possibilità di dire una buona o una cattiva parola alle persone che contano. Questa azione di fatto repressiva determina dei vantaggi economici concreti per le amministrazioni e per gli azionisti; in una parola le suore sono schierate dalla parte dei padroni, ma non possono poi pretendere di essere benvolute dai lavoratori, almeno dai più consapevoli.
Questo è, sia ben chiaro, un discorso politico: non si parla della salvezza eterna o della santità di ogni singola pecorella, ma del posto che hanno le suore, come gruppo, nella lotta di classe. E anche se Suor Agostina Pietrantoni si è presa una coltellata non si capisce quale particolare merito ne derivi nei confronti dei lavoratori: in fondo ha avuto la beatificazione per un incidente del lavoro, perchè vittima di un omicidio bianco come tanti altri.
Tornando al problema generale, questa capacità delle suore di essere utili al profitto le rende assai bene accette alle amministrazioni e alle S.p.A. che le pagano benino (anche se il mezzo milione al mese che è passato nel nostro articolo è senz'altro esagerato e qui lo ritrattiamo) e danno loro in più altri servizi in natura come il mangiare, il dormire, il convento, la cappella, ecc.
E' vero però che rispetto a quanto rendono sono sottopagate e portano avanti dei turni di servizio spesso pesanti, ma questo dà loro solo in qualche caso la coscienza di essere sfruttate; nella maggior parte dei casi, con un meccanismo tipico della loro educazione, questa situazione le rende desiderose che venga riconosciuto il loro merito
e ossequiato, per un meccanismo di rivalsa, il loro potere; per cui è normale accettare « offerte alla cappella » ben diverse anche come consistenza dalle mance, fare favoritismi tra i degenti, fare pressioni sui lavoratori che non si dimostrano abbastanza sottomessi (per il loro bene magari).
Per il resto, sorvolando sui vari insulti della lettera, è solo una questione di intendersi sui termini:
1 - Le suore non hanno in mano l'amministrazione ma erano in accettazione ed in economato e si accupano tutt'ora dell'assunzione degli infermieri e della loro distribuzione a più » per criteri di moralità: ci va bene, tanto per i lavoratori sottoposti è uguale.
2 - Per gli operai licenziati è ovvio che se le suore controllano le assunzioni e la distribuzione delle mansioni e possono parlare all'amministrazione della moralità degli operai avevano validi mezzi non solo per licenziarli, ma anche per spingerli a dare le dimissioni.
3 - Non suore mandate via, ma nel momento di una riduzione del loro numero, scelta di quelle da inviare ad altro incarico con criterio che è apparso a tutti quello di allontanare le più repressive: e ci va pure bene, non cambia nulla. Non mi sorprende purtroppo che Don Ghinelli non abbia speso una parola sulla sostanza dell'articolo che parla di come NON si deve usare il denaro pubblico per gli interessi dei lavoratori; e qui purtroppo si entra in un problema molto grosso e spinoso, forse troppo per le nostre forze, di come cioè la Chiesa gestisce il proprio potere nella lotta tra il ricco e il povero. Nella nostra Redazione c'è un prete che ha dovuto lasciare il suo ministero ed è stato buttato su una strada senza possibilità di un'occupazione stabile per le sue convinzioni ecclesiali e politiche. Nello studio di un amico avvocato ho visto una lista di 16 imputazioni sulla testa di un prete del Meridione che ha osato schierarsi dalla parte dei lavoratori in uno sciopero; naturalmente per difendersi ha solo la solidarietà degli sfruttati e non la protezione dall'alto. E lo stesso Don Ghinelli adesso per un attacco marginale all'operato delle suore ha sentito il bisogno di scrivere al nostro giornale una lunga lettera senza misurare le parole, ma prima, lui che è stato per 30 anni Capellano a Ville Turro dove lavorano oltre alle suore anche gli infermieri, li avrà visti lavorare per 14 ore al giorno a 52.000 lire al mese, e cosa ha fatto per difenderli? ha sfidato l'Amministrazione ad un confronto?
E' sulla base di questi esempi che rifletto su che cosa vuol dire essere a figli del popolo » ed è su queste cose che accetto ben volentieri il confronto che Don Ghinelli chiede.
GIOVANNI MANARA milanodied
FABBRICA
COME RISPONDE IL MOVIMENTO OPERAIO ALL'ATTACCO PADRONALE
In un cllima di pesantissimo attacco alle condizioni di vita e di lavoro per le masse dei lavoratori e i ceti popolari, riprendono gli scioperi alla FIAT il 15-16 gennaio. E' passato quasi un anno dalla conclusione dell'accordo riguardante il Contratto Nazionale della categoria dei Metalmeccanici, momento culminante del periodo dei rinnovi contrattuali per almeno cinque milioni di lavoratori, e abbiamo visto come la borghesia abbia iniziato un attacco che le permettesse di recuperare il terreno perso (e forse di più). Il fatto è che tutti i problemi che i padroni devono affrontare sul mercato mondiale (crisi energetica, crisi monetaria, ecc.) impongono loro di scaricare sulla classe operaia e sui ceti popolari costi sempre maggiori, conseguenza inevitabile del caratteristico sviluppo e della debolezza economica del capitalismo italiano. Che strumenti hanno usato i padroni per recuperare le conquiste dei lavoratori?
Il primo e più evidente è l'aumento dei prezzi. Il prezzo dei generi di prima necessità: pane, frutta, verdura, carne, benzina, gas, telefono, vestiti, insomma tutto ciò che è indispensabile a ogni famiglia proletaria, è aumentato in modo incredibile, anche del doppio o del triplo.
Il secondo è la ristrutturazione con cui si sta tentando di fiaccare la classe operaia attraverso il recupero delle conquiste ottenute in fabbrica. La disoccupazione, il lavoro a domicilio, la disgregazione attuata con lo spezzettamento delle aziende o il trasferimento, la perdita di potere in fabbrica e del controllo sull'organizzazione del lavoro da parte dei lavoratori, il crescere della repressione, l'aumento della produttività con il peggioramento dei ritmi e la crescita degli straordinari; questi sono i risultati della ristrutturazione ai danni dei lavoratori e la fonte di ricatti continui per abbassare la loro forza contrattuale.
lo del governo Andreotti, che aveva visto sorgere un vasto fronte di lotta antigovernativo, hanno impostato una tregua che, mascherata dietro « l'interesse nazionale » e « la ricerca di un nuovo modello di sviluppo » ha portato in parecchie occasioni al collaborazionismo. Ciò si manifesta nel modo verticistico e « interlocutorio » con cui è stata sviluppata la vertenza sulle pensioni, assegni familiari e indennità di disoccupazione; senza un'ora di mobilitazione, senza coinvolgere i lavoratori, senza discussione, con la chiara volontà di non arrivare a uno scontro, si è giunti a un accordo svuotato dei suoi contenuti qualificanti e ciononostante non si riesce nemmeno a renderlo effettivo; la questione dell'utilizzo degli impianti ha aperto una grossa breccia nel controllo dell'orario di lavoro e nell'eliminazione dei turni; in questa situazione le confederazioni vogliono controllare le grosse vertenze aziendali per ricondurle nell'ambito del « confronto con il governo ».
Queste posizioni di cedimento alle quali le confederazioni si riducono in mille occasioni si trovano però in contraddizione con le esigenze concrete e sempre più pressanti della classe operaia. Questa contraddizione ha trovato nel sindacato un momento di concretizzazione e infatti vediamo che quei settori più avanzati (rappresentati dalle categorie industriali più consistenti come i Metalmeccanici, i Chimici, i Tessili, gli Edili, ecc.), nonostante un inevitabile indebolimento, dopo le ferie hanno ripreso un certo slancio.
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Il taglio dei fondi per la realizzazione di quelle strutture minime per non ridurre la scuola, l'edilizia abitativa e quella sanitaria a un livello disastroso fa parte della volontà « riformatrice » dei padroni e del governo. La scelta del governo è stata quella di inserire in tutte le scuole i doppi o addirittura i tripli turni, affollando le aule fino a 35 alunni; non sono state costruite case popolari e l'unico fatto (minimo) è il rinvio della fine del blocco degli affitti per alcuni mesi; non si è fatto nessun intervento per sanare le gravissime carenze della struttura sanitaria la cui efficienza è stata verificata in occasione dell'epidemia di colera; la crisi dei trasporti, i provvedimenti speciali, il tentativo di rafforzare le strutture repressive (vedi tentativo di Taviani di istituire nuovi Corpi speciali, la gigantesca rete telefonica della questura di Roma, ecc.) sono ulteriori dimostrazioni di quanto la linea dell'attuale governo non faccia altro che proseguire in modo « perfezionato » l'opera iniziata da Andreotti. Questo pesante attacco ha rallentato e in alcune situazioni bloccato il processo di conquiste che la classe operaia ha iniziato quattro anni fa; ma la causa delle difficoltà che gli operai organizzati, il movimento sindacale, stanno vivendo, è dovuta anche alla direzione delle organizzazioni operaie: i partiti di sinistra e le Confederazioni sindacali.
I riformisti hanno recuperato il controllo su tutto il movimento sindacale e, una volta superato l'ostaco-
Sull'onda della lotta per i contratti integrativi che ha dato nelle aziende più avanzate sindacalmente dei risultati non disprezzabili in fatto di investimenti al Sud, di mobilità aziendale, di ferie, di salari, ma che vede ancora da realizzare il momento più acuto dello scontro (infatti restano aperte le grosse vertenze: FIAT - ALFA - SIEMENSBORLETTI - ZANUSSI - MONTEDISON contro la ristrutturazione — contratto nazionale gommai, ecc.) è uscita il 18 gennaio '74 la dichiarazione dell'Esecutivo della FLM di Milano: si invitano le Confederazioni a passare a una fase di lotta più concreta contro le manovre del Governo e si elencano i seguenti obiettivi: detassazione delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti detassazione delle pensioni inferiori a 150.000 lire, assegni familiari, indennità prezzi politici per: pane, pasta, riso, zucchero, olio, carne, blocco dei prezzi pubblici (trasporti, ecc.) riesame dei provvedimenti restrittivi sulla circolazione delle auto trasporti: investimenti, sistemazioni, denaro per pubblicizzazione reti in concessione proroga del blocco degli affitti e equo canone riforma sanitaria: unità sanitarie locali, riorganizzazione enti mutualistici, attraverso una struttura controllata dai lavoratori Cosa significa questo comunicato?
E' la evidente dimostrazione di come il movimento sindacale non sia omogeneo sulle posizioni arretrate delle Confederazioni, ma ci siano vasti settori, soprattutto nell'industria, che sono rimasti più legati alle esigenze dei lavoratori e sentono l'acuirsi della necessità di mobilitazione.
febbraio 1974 - pag. 7
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pag. 8 - febbraio 1974
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Le speranze che questo settore di sinistra » del sindacato sia in grado di porsi alla testa del movimento nel suo complesso e di dare il via a una fase di crescita della mobilitazione sono da subordinare alla sua capacità di sganciarsi dall'attuale egemonia delle Confederazioni. Ma la condizione di questa autonomia e capacità di mettersi alla testa di tutto il movimento sindacale è l'elaborazione di una concezione politica generale alternativa che oggi non esiste; infatti i dirigenti della sinistra sindacale sono quasi tutti compagni della sinistra PCI, PSI, ACLI ecc. In questa situazione tutto si risolve nel recepire le esigenze della base dei lavoratori senza portarle avanti con coerenza: si accetta la tesi del nuovo modello di sviluppo » nell'economia capitalistica, ottenuto però con la lotta e il rafforzamento della classe operaia e di tutti i suoi strumenti di democrazia, consigli di fabbrica e di zona. La sinistra rivoluzionaria riesce a giocare solo un ruolo estremamente secondario nel movimento sindacale e quindi nella classe operaia, per la sua assoluta mancanza di articolazione di linea per quanto riguarda un corretto lavoro all'interno dei sindacati e l'impostazione del lavoro politico all'interno di una classe operaia egemonizzata dai riformisti. Che prospettive ci sono quindi per la classe operaia di uscire dall'arretramento e dal disorientamento attuale?
Non molte. Con questo non si vuol dire che la classe operaia sta subendo una sconfitta storica e definitiva, ma che non ha attualmente una direzione politica e sindacale in grado di difendere con coerenza le conquiste più avanzate. La classe operaia italiana è ancora in piedi, e le lotte di questo periodo lo stanno a dimostrare, tuttavia il peso dell'attacco dei padroni si fa sempre più grave. L'unica via per avviare un processo di sviluppo di una linea di classe almeno nel sindacato è che tutte le forze progressiste non legate direttamente ai riformisti, si uniscano anche sul piano organizzativo per portare avanti giusti obiettivi di classe.
Questa indicazione tende di solito a rimanere vuota visto che il settarismo e lo spirito di gruppo viene sistematicamente anteposto all'interesse delle masse da parte della sinistra rivoluzionaria e invece per quanto riguarda gli altri vi è poca volontà di aprire una battaglia nei confronti di tutti quei dirigenti che si sono dimenticati delle esigenze della classe operaia e di tutti i lavoratori.
La ripresa degli obiettivi di fondo che sono usciti dal movimento operaio in questi ultimi anni, come la contestazione dell'organizzazione capitalistica del lavoro, l'egualitarismo, la nocività, i carichi di lavoro, l'orario di lavoro, ecc., va realizzata con forza cercando di creare una salda unione tra tutti questi obiettivi e i problemi che i lavoratori devono affrontare fuori dalla fabbrica: casa, trasporti, sanità, scuola, controllo dei prezzi, ecc.
Per aprire questo processo di rilancio del movimento di lotta è indispensabile scatenare la battaglia perchè i consigli di fabbrica recuperino fino in fondo il contenuto di democrazia operaia che ne aveva caratterizzato la nascita e sottrarli così alla burocratizzazione cui i riformisti tendono a lasciarli andare. In base al legame che si è cercato di mostrare tra rivendicazioni in fabbrica e fuori dalla fabbrica, perchè sia possibile rilanciare la lotta e rafforzare tutto il movimento dei lavoratori, il movimento sindacale in primo luogo, è importante sostenere non solo i consigli di fabbrica, ma anche i nascenti consigli di zona intercategoriali. Infatti se si cerca di affrontare le contraddizioni che la classe operaia vive al di fuori della fabbrica, se si articola un programma di riforme, è indispen-
sabile realizzare quelle strutture che permettano la partecipazione diretta dei lavoratori e di tutti gli strati sociali oppressi dal capitalismo e quindi interessati alla formulazione di obiettivi e alla conduzione delle lotte. I consigli di zona intercategoriali sono stati realizzati in alcune zone; a Milano si sono svolte le assemblee costituitive di 27 consigli di zona, 10 in città e 17 in provincia.
Inizialmente, nel 1969-70, si parlava di CdZ intesi come strumenti adeguati a sviluppare l'enorme contenuto politico dei consigli di fabbrica anche all'esterno della fabbrica; l'esigenza fondamentale era quella di creare una struttura che superasse la logica aziendale e di categoria, derivante da una necessaria articolazione dell'organizzazione sindacale, e facesse prendere coscienza dell'importanza di legare saldamente le diverse categorie tra di loro e l'insieme dei lavoratori con la popolazione di ciascun quartiere: studenti, pensionati, inquilini, pendolari, ecc. Alla base della realizzazione di queste strutture vi sono esigenze importantissime come quella di muoversi verso l'unità dei lavoratori dal basso, a partire dalla base. Il superamento delle divisioni tra le categorie non si può ottenere dalla buona volontà dei vertici confederali ma con un impegno costante perchè alla base non manchi mai la discussione, la partecipazione e la mobilitazione operaia e popolare su obiettivi di classe che corrispondano agli interessi di tutti i lavoratori e gli abitanti del quartiere. Questo impegno deve riguardare in primo luogo le categorie dei lavoratori, soprattutto le più avanzate dei lavoratori dell'industria.
Gli alleati principali della classe operaia possono trovare nel CdZ il momento di reale unità, dove la classe operaia può già esprimere anche a livello sindacale il momento di egemonia e di guida di tutti gli strati sociali oppressi. Questa alleanza trova quindi nel CdZ una prima importantissima fase di organizzazione.
Dai primi elementi per un giudizio su come si sono realizzati i primi CdZ esce una visione non molto positiva: dopo anni di discussione i CdZ nascono sì dal basso, ma condizionati dalla logica del Patto Federativo. I tesserati della CGILCISL - UIL eleggono dal basso i rispettivi consigli di Zona intercategoriali e in una fase successiva i tre consigli di zona formano un unico CdZ unitario con un Direttivo Unitario; bisogna notare che il 40 per cento dei componenti il Direttivo Unitario sono nominati dagli organi confederali. Inoltre il CdZ non vede ancora partecipare all'interno delle sue strutture i rappresentanti di quelle forze sociali, come gli studenti e gli inquilini, che pur essendo in primo piano nell'attuale scontro di classe e pur essendo organizzati nelle scuole e nei quartieri con propri organismi rappresentativi non hanno nessun collegamento stabile con la struttura delle confederazioni sindacali.
I limiti sono quindi pesanti e possono bloccare il processo di crescita della mobilitazione sugli obiettivi di riforme sociali di cui i CdZ dovrebbero essere un momento propulsore. E' estremamente importante a questo punto che tutti quei compagni coscienti della situazione interna al movimento sindacale inizino una lotta per evitare che i CdZ vengano svuotati del loro valore politico e ridotti a semplici organismi affiancati ai Decentramenti amministrativi in una logica di collaborazione e con il compito di smussare gli aspetti più acuti delle contraddizioni sociali. In questo modo si ridurrebbero a vuoti organismi privi di alcuna funzione politica gli attuali consigli di zona, che pur con tanti limiti e difficoltà sono rappresentativi di una situazione sindacale ancora ricca di positive contraddizioni.
SERGIO TAVAZZI
IL C.d.Q. LEONCAVALLO
SUI PROBLEMI DELLA SCUOLA DELL'OBBLIGO
lavoro-scuola milanodieci
LIBRI DI TESTO 'FALSI E BUGIARDI'
Ognuno zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA di noi ha chiaramente associato nella sua memoria il concetto di scuola e di libro di testo.
Il libro di testo ha sempre rappresentato e continua a rappresentare l'unica fonte di notizie e nozioni utilizzate all'interno della scuola.
Inoltre è sempre stato uguale e obbligatorio per tutti gli studenti appartenenti ad una determinata classe.
Per finire possiamo dire che le spese relative al suo acquisto sono sempre state a carico della famiglia dello studente.
Si sostiene che la sua funzione debba essere quella di rendere accessibili al ragazzo le varie discipline proponendogliele in forme adatte al suo livello di comprensione. Riguardo sempre all'unicità e all'uso del libro di testo se facciamo un passo indietro possiamo vedere che il legislatore tanto preoccupato delle capacità di comprensione dello studente era, guarda caso, Giovanni Gentile, camerata » fedelissimo del duce e filosofo ufficiale del fascismo.
La ragione di tutta questa preoccupazione la si può capire forse analizzando un po' più da vicino che cosa sia il libro di testo. •
Se proviamo a pensare come sia difficile stabilire in maniera sicura chi ha ragione e chi ha torto in un qualsiasi litigio ci si può facilmente rendere conto di come sia assolutamente privo di ogni traccia di buon senso il pretendere di dare una visione « oggettiva » della realtà.
Eppure questa presunta oggettività è una delle basi sulle quali si regge l'idea stessa di libro di testo.
Vorremmo portare a questo proposito alcuni esempi tratti da libri di testo adottati tuttora nella scuola media ed elementare. (Gli esempi sono stati tratti da una inchiesta di Marisa Bonazzi e Umberto Eco pubblicata su L'Espresso » il 10 ottobre 1971).
La gente ricca ha tanto da mangiare può vivere in ozio, e questo provoca spesso delle malattie che la gente povera, per grazie di Dio, non conosce. Ci sono dei mali che si annidano soltanto nei piatti, nei bicchieri, nelle poltrone di seta e nei morbidi letti ».
Commento: per questi signori quindi la povertà è una vera grazia!
Lavorano e cantano, perchè il lavoro è gioia, salute. Anche gli animali lavorano: i buoi aggiogati all'aratro. gli uccellini intorno ai loro nidi, le api a raccogliere il dolce nettare. Chi non lavora trova il tempo di pensare a cose brutte e di compierle ».
Commento: uomini e buoi qui sono la stessa cosa.
Siete in sette: cinque fratelli e la mamma e il papà, dormite insieme come gli uccelli, così felici che Dio lo sa. E sognate, sognate lavoro e pane fresco di crosta d'oro. Un pane bello, caldo, rotondo, e così grande, più grande del mondo ».
Commento: forse quelli costretti a vivere e dormire in sette o anche più in pochi metri quadrati non vedono la situazione così poetica.
Diventiamo amici, mi parla del suo nipotino.
— Farà anche lui il fabbro? — Chiedo Scuote la testa: — Macchè! Vuol fare l'ingegnere. Eppure è un mestiere così bello e così utile quello del fabbro! —»
Commento: qui addirittura si ha la spudoratezza di affermare che il figlio dell'operaio non ha il diritto di studiare e che questo diritto è riservato solo ai borghesi.
razione —e somministrazione di più di 4000 anni di carcere agli antifascisti) ed inizia una serie di riforme. I lavori pubblici, iniziati su vasta scala, assorbono molta mano d'opera dei disoccupati (pagati con l'inasprimento delle tasse mentre la mano d'opera eccedente veniva spedita a lavorare in Germania o utilizzata per « l'allungamento » dello stivale fino in Africa Orientale); si ricostruiscono strade, acquedotti, si attuano piani urbanistici, si fondano nuove città.
Tutto quanto dà prestigio e fa parlare dell'Italia, viene sostenuto ed appoggiato; noi conoscemmo allora primati mondiali in campo automobilistico ed aviatorio.
Il miglior atto politico del fascismo, un atto di importanza storica, sono i Patti Lateranensi, cioè la Conciliazione tra la Chiesa e lo Stato Italiano, i cui rapporti non erano stati più regolati dopo la presa di Roma del 1870 (dando la possibilità di grosse interferenze nella vita dei cittadini).
Poi Mussolini volle riprendere le conquiste coloniali; il 3 ottobre 1935 le nostre truppe iniziano le ostilità contro l'Etiopia. La guerra di Etiopia è rapida. (Solo 7 mesi contro un esercito scalzo, armato di sole lance) e l'Etiopia, insieme alle colonie che già avevamo — la Libia, l'Eritrea e la Somalia — forma l'Impero dell'Africa Orientale Italiana ».
Commento: questa, a rigore di legge, si chiama apologia di fascismo e per la Costituzione Italiana tutto ciò è reato.
Non è un caso che proprio un legislatore fascista abbia imposto l'uso di un simile strumento.
Infatti è proprio dell'ideologia fascista il tracciare una demarcazione netta fra « buoni » e « cattivi » in modo da poter relegare tutti gli oppositori nel mucchio dei « cattivi ».
D'altra parte l'uso di un libro di testo uguale per tutti impedisce agli studenti l'esercizio di qualsiasi forma di critica.
P solo dal paragone di due notizie diverse che la capacità critica può trovare origine. Che questo concetto fosse ben chiaro nella mente di chi ha fatto quelle leggi è confermato dal fatto che anche sotto il regime era vietata la diffusione di notizie « false, tendenziose o comunque atte a turbare l'ordine pubblico ».
Questa formulazione di legge esprime chiaramente, il timore per la circolazione di notizie anche vere diverse da quelle della propaganda ufficiale.
Per una conferma secondaria ma non trascurabile di quanto abbiamo detto, chiunque può andare a prendere un libro di storia e cercare la parte riguardante il fascismo, l'ultima guerra mondiale e la resistenza in Italia e in Europa.
Molto facilmente non la troverà o, trovandola, noterà che è compilata in maniera talmente sintetica o addirittura falsa da rendere incomprensibili a chiunque la reale portata dell'evento e le sue motivazioni.
Perchè si chiede allora ad ogni famiglia di spendere annualmente molte decine di migliaia di lire per degli strumenti che sono nei migliori dei casi inutili?
Si potrebbe provare a chiederne la ragione agli editori.
Infatti uno dei pochi rami sicuramente attivi dell'editoria italiana è proprio quello dei libri di testo in quanto gli editori hanno assicurate vendite annue per molti miliardi.
le case editrici ripropongono da un anno all'altro lo stesso libro, variando solo la copertina e ovviamente il prezzo che viene così maggiorato.
È inamissibile che uno stato repubblicano e antifascista, quale si proclama lo Stato Italiano, continui ad adottare uno strumento così impregnato di idea logia fascista e che ha come unico pregio » il fatto di essere un buon veicolo dell'autoritarismo.
Già da alcuni anni per altro degli insegnanti hanno rifiutato l'adozione del libro di testo.
Costoro, basandosi sulla loro esperienza e su quanto affermato da insigni pedagogisti, hanno sostituito al libro di testo altri strumenti quali ad esempio la biblioteca di classe formata da numerosi libri riguardanti argomenti diversi e se possibile una enciclopedia. Questi strumenti permettono all'insegnante e agli studenti di trasformare il vecchio processo mnemonico di apprendimento in quello molto più informativo ed interessante della « ricerca », effettuata tramite ili confronto l'analisi critica di diverse fonti di informazione.
E' altresì ovvio che le spese per la costituzione e l'aggiornamento della biblioteca stessa devono essere sostenute unicamente dalla scuola perchè non si può chiedere ai ragazzi di pagare dei libri che a loro non rimarranno.
C.d.Q. LEONCAVALLO
DRAGONE (P.S.I.) SULLA CRISI A PALAllO MARINO
Milano, 27-12-1973
Egregio Direttore, ho letto sul numero 11 del periodico Milanodieci » il resoconto sulla crisi del Comune di Milano e ne condivido largamente l'impostazione. Mi consenta di intervenire sulla parte che si riferisce ad un mio intervento sul « Corriere della Sera ». Non credo di aver sottovalutato l'importanza delle lotte operaie nell'attuale situazione milanese e, soprattutto, il loro contributo ad una evoluzione positiva della crisi che ha investito tutta la città.
L'intervento sul Corriere della Sera era incentrato sulla risposta alle posizioni di De Carolis e, in modo particolare, a quella che ritengo essere una impostazione falsa e distorcente e cioè la questione delle « due Milano ». Io credo che sia un obiettivo importante quello di dissociare le parti progressiste dello schiarimento borghese per coinvolgerle in una più generale prospettiva democratica e perchè possano contribuire ad una battaglia sociale che coinvolge anche i loro interessi.
È un tema che dovremo riprendere anche in futuro per non isolare lo schieramento di classe e per non ridurci a delle battaglie esclusivamente minotarie.
In questo senso andavano intese le mie espressioni.
D'altra parte l'impegno concreto si svolge in una direzione che credo, nelle cose essenziali, sia sulle stesse posizioni. L'indagine sulla M.M. s.p.a. alla quale avete fatto riferimento nei numeri precedenti lo dimostra. Con i migliori saluti.
La dittatura fascista, comunque, riesce ad imporre l'ordine zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA (con: 10 giugno 1924 assassinio Matteotti; gennaio 1927 promulgazione delle leggi eccezionali, abolizione della stampa di opposizione e arresto dei deputati della opposizione —in conseguenza di ciò Antonio Gramsci morirà in carcere il 27 aprile 1937 dopo 11 anni di carce-
Inoltre viene regolarmente imbastito un « mercato » molto ambiguo tra case editrici e professori con promesse a questi ultimi di premi anche abbastanza ingenti nel caso adottino il libro di testo proposto.
Questo in parte giustifica l'alto costo dei libri stessi, anche in quanto spesso
UMBERTO DRAGONE Capogruppo del P.S.I. al Consiglio Comunale