MENSILE
ANNO 2 - N. 6
Giugno - Luglio 78
LIRE 300
Giugno1977 giugno 1978
Nell'aprire il primo numero di Porta Venezia un anno fa segnalavamo ai lettori gli impegni che intendevamo assolvere con questa impresa e sottolineavamo le sicure difficoltà che avremmo incontrato per far uscire regolarmente il giornale.
È passato un anno ed è il momento di fare un primo bilancio dell'esperienza provata. Vi è soddisfazione per la simpatia crescente e l'attenzione che si è raccolta attorno a Porta Venezia, permettendoci di andare avanti con le nostre forze. Nello stesso tempo si sente l'esigenza di correggere gli errori commessi, di colmare le lacune riscontrate per fare di Porta Venezia il giornale inserito profondamente nella vita della nostra zona. Crediamo di aver assolto con passione al compito d'informazione sui fatti e i problemi dei nostri quartieri, senza mai scordare il complesso corpo della nostra metropoli, evitando settarismi e forzature. Abbiamo cercato con le poche risorse a nostra disposizione di contribuire allo sviluppo della partecipazione democratica alla vita della zona, di favorire un recupero serio e ragionato della memoria storica, così ricca e appassionante, della vecchia Porta Venezia e di Milano. Con vigore ci siamo impegnati in alcune iniziative popolari per la soluzione di alcune grandi questioni della zona (il complesso scolastico di Piazzale Bacone, il Centro sociale e culturale per i giovani, il diritto ad una casa decente, a un equo affitto, la difesa del tessuto economico e produttivo).
Nonostante questo, verifichiamo ancora un insufficiente collegamento con i cittadini. Certo sono sempre più numerosi i lettori e gli abbonati ma non avviene quella partecipazione attiva alla vita del giornale così essenziale per avere quella ricca elaborazione e informazione indispensabile per un giornale che vuole essere radicato tra la gente. Riscontriamo anche una debole partecipazione delle forze politiche e sociali, delle istituzioni a questo nostro sforzo, forse per una inadeguata comprensione della utilità di un organo aperto e pluralista d'informazione quale strumento di partecipazione popolare alla vita e al governo della zona.
È su questo problema che Porta Venezia intende impegnarsi a fondo ricercando le forme più idonee per confrontarsi con le forze politiche e sociali, le istituzioni democratiche e i cittadini. Di una cosa siamo sicuri: lo sviluppo, l'arricchimento di partecipazione alla vita del giornale, è un contributo concreto alla battaglia per una informazione decentrata seria e tempestiva, per il rafforzamento del tessuto democratico, per la riappropriazione di un modo di vivere e lavorare che superi l'alienazione e l'egoismo impostoci dallo sviluppo caotico e ingiusto della città voluto dalle classe dominanti.
PORTA VENEZIA Rinnovo del Consiglio di Zona
A fine giugno avremo il rinnovo dei Consigli di Zona. Ordinaria amministrazione?
Tutt'altro, il rinnovo è collegato alla approvazione entro l'anno da parte del Consiglio Comunale, delle "delibere - quadro" che affidano importanti poteri decisionali, nuove funzioni nella amministrazione della città e dei suoi servizi agli organi del decentramento. Si darà il via alla attuazione pratica del "Nuovo regolamento sul decentramento e la partecipazione" approvato dal Con. Comunale secondo le norme della legge 278 votata dal Parlamento nell'aprile 1976.
Milano, dunque, non dovrà essere più amministrata come adesso. I Consigli di Zona non avranno solo compiti promozionali e consultivi ma, con le necessarie basi giuridiche e di legge, saranno un momento cardine di un nuovo modo di governare le grandi città. Avranno nello stesso tempo quelle solide radici nel tessuto vivo della vita produttiva, economica, sociale e culturale dei quartieri dove operano da vari anni. Siamo davanti ad un salto di qualità.
Non è possibile spiegare in dettaglio, con un breve articolo di giornale, quali saranno i nuovi poteri dei
Con. di Zona. Occorrerebbe commentare oltre 50 articoli del Regolamento.
A noi interessa richiamare la attenzione dei lettori su alcuni problemi di Porta Venezia, i più importntl, la cui soluzione si richiama alla applicazione del Regolamento e delle delibere q0dro di cui abbiamo parlato poco fa.
In primo luogo stiamo avviando all'esame finale ell sservazioni alla variante del ERG Entro l'anno sarà, protabilm nte, pprovato dalla Regione. Ciò si ifica sbloccare in misura rilevante' l'attività edilizia, (segue a pag. 2)
Referendum: la vittoria della ragione
La vittoria dei no nei due referendum dell'I 1 e 12 giugno rappresenta un risultato di notevole significato: con essa l'elettorato ha respinto l'attacco che con i referendum si voleva portare contro il nostro ordinamento democratico, e ha confermato che non esiste divaricazione tra paese reale e Parlemento, come invece volevano dimostrare i promotori dei referendum.
Questo è il dato che va tenuto maggiormente presente. Riteniamo tuttavia che una analisi approfondita debba essere compiuta su queste elezioni, che hanno visto prevalere i si all'abrogazione della legge sul finanziamento pubblico, nell'Italia meridionale e in alcuni grossi centri urbani del nord.
È questo il caso di Milano, dove i sì sono prevalsi, seppure di stretta misura (il 51,5%).
INAUGURATO IL COMPLESSO SCOLASTICO DI P.LE BACONE
Domenica 4 giugno alla presenza di centinaia di cittadini si è ufficialmente inaugurato il complesso scolastico di P.le Bacone. Si è svolta una simpatica manifestazione con la banda comunale e uno spettacolo degli scolari della elementare. L'assessore Sangiorgio ha portato il saluto dell'Amministrazione comunale che tanto ha fatto con il Consiglio di Zona e gli organi scolastici perchè le scuole fossero aperte prima dei tempi stabiliti. Il pieno funzionamento del complesso scolastico, che a settembre avrà in funzione anche una piscina, è dunque un risultato concreto della mobilitazione popolare, che si batte per dotare Porta Venezia di strutture scolastiche adeguate.
IN QUESTO NUMERO:
a pagina 2
Sunia a congresso
a pagina 3
Storia di Porta Venezia
a pagina 4
Cenni sul movimento operaio milanese
a pagina 6
Inchiesta sui partiti: il PCI nella zona
a pagina 7
Teatro del sole
a pagina 9
Problemi del lavoro:
Lepetit e Fidenza vetraria
a pagina 11
Le trattorie
a pagina 12
Bilancio '78
Il voto milanese sconta l'indicazione della destra DC (De Carolis) che ha fatto presa sull'elettorato moderato, chiamando gli elettori a un voto di "autonomia" dalle forze politiche, con l'evidente intento di contrapporre i cittadini ai partiti.
Anche a Porta Venezia sono prevalsi i si (circa il 53%) a favore della abrogazione della legge per il finanziamento ai partiti, mentre hanno vinto i no per la legge Reale (circa il 74%).
Vi è stato uno scollamento in particolare tra le indicazioni date dalla DC, forza di maggioranza relativa in zona e il suo tradizionale elettorato.
Ha invece tenuto complessivamente il PCI; infatti nei seggi dove i comunisti sono stati fortemente presenti nelle precedenti elezioni a prevalere sono stati i no in tutti e due i casi.
Comunque questa vittoria dei si per il primo referendum non deve farci fermare ai dati statistici ma sollecitarci a comprendere i motivi di questa protesta contro i partiti.
Ritorneremo in seguito su questo tema per avviare una riflessione più attenta.
PORTA VENEZIA.-3 6i4kireMtc V OLTURM O 33, o.
PERIODICO
Numero speciale:
DI INFORMAZIONE POLITICA E CULTURA
Distretto scolastico Eletto il vicepresidente
Il Distretto scolastico della nostra zona è tornato a riunirsi il 31.5.78 per eleggere il suo vice presidente e approvare il regolamento. La scelta del vice presidente è stata fatta nella persona di Giulio Cengia con accordo preciso di tutte le componenti di sinistra del distretto ed un attivo apporto della corposa componente di Comunità Educante. Questa convergenza democratica c'era già stata in occasione dell'elezione del presidente Tecchio. In entrambe le elezioni è emersa la volontà di dare al distretto una struttura capace e tempestiva nell'affrontare i vari problemi. Proprio sotto questo segno, l'apposita commissione costituita tra i consiglieri per la stesura di una bozza di regolamento, ha presentato il documento che in parte è già stato votato nei suoi primi sette articoli. È doveroso ricordare che la parte dei consiglieri che si riconoscono nelle posizioni dei sindacati autonomi della scuola, in tutte le riunioni fin qui tenute dal distretto, pur partendo da posizioni profondamente diverse da quelle che contraddistinguono i consiglieri dei partiti laici e della sinistra, non ha mancato di dare un costruttivo contributo a tutti i problemi affrontati. Ultima espressione di questa volontà colleggiale di affrontare e risolvere i problemi la si è avuta, riscuotendo ottimi risultati, in occasione dell'inaugurazione del complesso scolastico di piazza Bacone, di cui riferiamo in altra parte del giornale. P.G.
h t, Piazza Dateo 5:
Da tempo ormai sono in corso trattative con la proprietà del grande stabile di pz. Dateo 5, abitato da varie centinaia di famiglie. È uno stabile inserito nel piano di edilizia popolare secondo la nota legge 167, la Regione ha già approvato tale inserimento. La proprietà Beni Immobili Italia (come dire il gruppo BolchiniBonomi) ne è perfettamente al corrente.
I lavori di sistemazione dello stabile, che è in cattive condizioni igieniche ed edilizie, sono urgenti e possono sia riguardare un compelto risanamento, che alcuni interventi prioritari per eliminare le peggiori condizioni di abitabilità.
La proprietà, sollecitata dal Consiglio di Zona e dall'Assessorato all'Edilizia Popolare, ha fatto pervenire, qualche settimana fa, alcune proposte di intervento circa le opere da fare. Non ha inviato quello che era più necessario e cioè un piano finanziario rapportato al livello degli affitti e delle spese.
Ci sembra che sia davvero passato troppo tempo tra incontri in assessorato e in Consiglio di Zona e presentazione di semplici elenchi di opere da eseguire.
Gli inquilini hanno ragione di protestare.
Siamo arrivati al momento delle decisioni necessarie per dare il via concreto ai lavori.
Mentre continua la inchiesta socio - economica promossa dalla Commissione Casa del Consiglio della Zona per conoscere le condizioni degli inquilini così da poter valutare con serietà ogni proposta relativa agli affitti ed alle spese, occorre che la Beni Immobili Italia finisca di far perdere tempo.
In queste settimane in Parlamento, oltre alla prevedibile approvazione della legge sull'Equo Canone, si giungerà al dibattito sulla nuova legge per il piano Decennale per la edilizia Popolare. Regioni e Comuni avranno nuovi importanti mezzi per allargare i loro interventi diretti nel risanamento degli stabili degradati.
Ci auguriamo che ciò avvenga pechè sarà così facilitato l'avvio di molti lavori che nella nostra Zona sono fermi certo non per responsabilità dell'Amministrazione Comunale o del Consiglio di Zona, lavori che interessano in modo particolare i lotti della legge 167.
Un'altra vendita frazionata
Lo stabile di via Lazzaretto 8 è in lotta contro le vendite frazionate e per il diritto ad una casa decente.
Si tratta di uno stabile molto vecchio, una casa di ringhiera con i gabinetti in comune, la pulizia delle case, assicurata dalla fatica quotidiana delle donne, contrasta con l'indecenza dello stabile, con i plafoni che cadono, con le vecchie mura che marciscono, con gli scalini sbrecciati.
È così da sempre: vi è solo la fatica delle donne per contrastare le possibili malattie in ambienti così malsani, così poco igienici. E non basta. Ci sono le tendine alle finestre con il pizzo per nascondere le rotture, si mettono i fiori per rendere meno squallido l'ambiente.
In via Lazzaretto 8 abitano alcune donne anziane, qualche anziano artigiano, molti meridionali, qualche coppia giovane e moltissimi bambini. Le case e le strade a Milano sono state costruite ignorando che esistono anche i bambini: per loro tutt'al più si può fare un cortile interno cementato. Ogni tanto qualcuno si lamenta perchè i bambini sono chiassosi; ma in qualche posto bisognerà pure mandarli. Ci sono degli anziani; e il discorso va subito alla magra pensione, sull'isolamento, sugli aiuti che non ci sono. Tutti sono d'accordo che la casa è un diritto: tutti sono d'accordo e ben decisi a difendere la loro casa, ed anche il diritto ad averla risanata. Ho assistito a due riunioni di inquilini. La prima era in cortile, indetta dal SUNIA con la presenza del PCI. Sono intervenuti anche i nuovi proprietari. Si tratta di una società edilizia, che avrebbe comprato l'intero stabile per rivenderlo agii inquilini e - dicono loro - procurarsi così del lavoro, facendo il risanamento, a spese degli inquilini. Il prezzo richiesto è sproporzionato, non solo per le con-
dizioni pietose dello stabile; ma anche perchè si tratta di un edificio in 167; il che vuol dire che prima o poi il comune lo espropria al prezzo di circa 2000 /mq. Non si riesce a capire poi perchè gli inquilini dovrebbero provvedere a tutte le spese necessarie, per le manutenzioni mai fatte dal proprietario precedente.
parlare di problemi concreti, ed è anche fare politica.
E gli inquilini insistono.
Intervengono anche le donne, con il loro linguaggio meno tecnico, ma più comprensibile.
- Lo sa che se uno pianta un chiodo, qui cade una parete?
- Lo sa che per quanto insetticida si
Parla il sindacalista del SUNIA. Il problema di via lazzaretto, 8 — si scopre — è un po' tutto il problema di Porta Venezia. Si sa che in questo quartiere la popolazione è diminuita di almeno 25.000 persone. Sì parla dell'alta percentuale degli anziani, dell'attacco agli inquilini, con le vendite frazionate molto frequenti purtroppo, con gli affitti proibitivi, dell'impossibilità di trovare un alloggio. L'assemblea è compatta, anche se qualche preoccupazione affiora. Qualcuno ha paura che un eventuale compratore esterno, acquisti l'appartamento cacciandole poi via. Si sentono anche delle proposte. Per esempio andare in CdZ, alla Commissione Casa per far convocare la proprietà e capire che intenzioni ha. Tutti sono d'accordo nel bloccare le vendite frazionate. Ma come?
Fare una cooperativa? Non tutti sono d'accordo.
Chiedere che il palazzo venga acquistato dal Comune? Si può tentare.
Oppure fare una convenzione?
Incominciano le prime domande.
— Cosa succede a chi non può comprare?
Ma i nuovi proprietari sono disposti a fare prestiti, al tasso del 25%.
Gli inquilini ed il SUNIA la pensano diversamente. Prima di tutto si blocchino le vendite frazionate, intanto si cercherà una soluzione per rendere la casa decentemente abitabile.
La gente segue attentamente, nonostante la confusione dei bambini. - Pensiamo ai problemi concreti, non alla politica - dice il portavoce della proprietà.
metta, a rischio di avvelenarci, non si può averla vinta sugli scarafaggi?
- Mi hanno dato una casa che non aveva nemmeno la porta!
L'assemblea è finita, ma gli inquilini rimangono nel cortile, e vengono fuori altri problemi, che riguardano anche le donne in prima persona.
- Come si fa a vivere con uno stipendio solo?
- Come si può avere un lavoro, se non sappiamo dove mettere i bambini?
Cioè, indurre la proprietà a fare il risanamento, eppoi lasciarle riscuotere gli affitti concordati con il Comune - per 99 anni. Le donne sono attente, fanno delle domande, rimangono fino alla fine della riunione. Si fa il Comitato degli I nquilmini e s'insiste perchè entrino anche le donne.
Nei giorni seguenti, gli inquilini hanno preso contatto con la Commissione Casa del Consiglio di Zona, hanno fatto delle richieste. Tutto ciò è molto importante. Ma finite le riunioni di cui ho parlato, sentivo anche un'altra cosa molto importante. La partecipazione delle donne, la loro attenzione, le domande: in qualche caso l'insistenza presso il proprio compagno per partecipare, sono stati contributi anche all'emancipazione e alla liberazione della donna.
Ma difendersi dalle vendite frazionate, chiedere una casa decente è sun controllo dei canoni.
La seconda riunione viene fatta in una sala del caseggiato. La partecipazione è alta ed attenta. Ci sono anche diverse donne, alcune giovani, altre no, qualcuna con i bambini.
SUNIA a congresso
Come redazione di Porta Venezia abbiamo ritenuto opportuno partecipare a questo congresso che, per la sezione del SUNIA Venezia - Buenos Aires, è il primo in preparazione del 2° congresso provinciale.
Esso costituisce una scadenza particolarmente importante, data la tensione sociale creata dal problema casa.
Infatti si sono posti in questo congresso i problemi più urgenti ed immediati, come l'equo canone, il risanamento degli stabili degradati, il rilancio dell'edilizia pubblica e privata.
Crediamo di dover informare i lettori del dibattito che si è svolto, in quanto la numerosa partecipazione degli iscritti, unitamente alle forze politiche e sindacali intervenute, ha fatto sì che fosse vivace e costruttivo. Una richiesta che è emersa, nel succedersi degli interventi, riguarda la necessità che il testo di legge attualmente in discussione alle commissioni della Camera, su una nuova regolamentazione dei fitti, venga varato entro il 30 giugno 78.
Questa richiesta è stata motivata dal fatto che un'ulteriore proroga dei fitti porterebbe la Corte Costituzionale a emettere una sentenza di incostituzionalità già espressa in modo informale, che provocherebbe una liberalizzazione, senza più nes-
È stato rilevato, anche che questa legge è criticabile e che il sindacato si è impegnato e si impegnerà per riuscire a far accettare le proprie richieste, ma è stato ulteriormente ribadito che è la prima volta che si pone un controllo sul mercato delle locazioni con l'impegno di riuscire a calmierare un mercato ridotto ormai alla borsa nera.
Per quanto riguarda la 167 il Sunia si propone di organizzare manifestazioni nei confronti del CIMEP e della Regione, affinchè, superando ogni ostacolo di carattere politico, giungano a una definitiva stesura del piano di ristrutturazione regionale. Inoltre è stata rilevata la necessità di chiedere al Comune di Milano che chiarisca quale possibilità ha lo stesso ente di un intervento diretto.
Molto vivo è stato il dibattito su come risanare le case degradate particolarmente numerose nella nostra zona.
Il sindacato si è posto come obiettivo, peraltro largamente condiviso, una campagna di sensibilizzazione per dare degli sbocchi positivi a questo problema che ha ormai assunto aspetti drammatici.
È altresì emersa la necessità di un coinvolgimento delle proprietà, perchè esse, dopo tanti anni di speculazione, convenzionino con il Comune di Milano e quindi investano
parte dei loro capitali nel risanamento ad affitti controllati e vendite controllate. Nella relazione introduttiva si è dato largo spazio al rilancio dell'edilizia, valutando che il varo di una legge sulla regolamentazione dei fitti, unitamente alla legge 10 sul regime dei suoli e al piano decennale per l'edilizia (legge 1000), aprano la possibilità che il mercato edilizio si rimetta in moto dopo anni di paralisi. Infatti la legge 10 approvata nel febbraio 77, regolamenta come costruire o risanare il costruito, mentre la legge 1000 vara una politica dei finanziamenti che, accanto a quelli pubblici che nello spirito della legge dovrebbero passare dal 7 al 25 per cento del costruito annuo, permette l'intervento dei privati nel risanamento e nella costruzione di stabili, dando ampio spazio al movimento cooperativo. Riteniamo di aver recepito i punti più significativi discussi nel congresso, senza peraltro approfondirne i temi e i contenuti. Raccogliamo l'invito e valutiamo positivamente la disponibilità del SUNIA di andare ad iniziative concrete che vadano al di là della sola sensibilizzazione del cittadino, ma riescano a creare una coscienza di lotta, in quanto la crisi edilizia dovrà, per essere risolta, vedere tutti i lavoratori impegnati in un movimento unitario di massa.
Giovanna Frangillo
COMUNICATO DEL SUNIA
I lettori interessati ad avere spiegazioni e informazioni dal SUNIA sul problema della casa sono invitati a scrivere alla redazione, inviando la corrispondenza a PORTA VENEZIA Via S. Gregorio 48 - 20124 MILANO.
Il direttivo del S.U.N.I.A. ringrazia la redazione di Porta Venezia, per la partecipazione al nostro congresso e lo spazio dedicato a questo momento importante nella vita del sindacato. Ringrazia quindi tutti gli iscritti per l'attiva partecipazione al congresso, ritiene anche positivo l'intervento e il contributo delle forze politiche e sindacali intervenute. Coglie l'occasione per comunicare i nomi dei compagni ed amici eletti nel direttivo.
Celentani Anna
Gervasio Claudio
Giovaneili Ènos
Librizi Giuseppe
Mezzanotte Sebastiano
Monegati Maria Grazia
Trazzi Sergio
Vailetta Onorio
Il Direttivo della Sez. Venezia - Buenos Ayres
La proprietà è latitante n° 6 - Giugno Luglio '78 Pag. 2 PORTAZIA /N VENE
GREGORIO
La storia di Porta Venezia
Un tempo, le strade a Milano non avevano nome eccettuate poche, le quali lo prendevano o da chiese o da famiglie o da particolarità locali, come "olmetto, passerella, pasquirolo ecc." Pare che solo nel 1 776 si sia cominciato a titolarle.
Dieci anni dopo, in un Avviso Manoscritto (dell'archivio Storico Civico) in data novembre 1786 si legge:
"In Milano, sotto la data del 9 corr., Editto con cui vien proibito il cancellare, l'oscurare o il variare comunque i cartelli esposti in qualunque contrada per indicarne il nome ed il numero, che fra breve sarà posto alle porte di ciascuna casa indistintamente, assegnandosi nello stesso Editto le regole a tenersi da quelli che, volendo rifabbricare, fossero obbligati a far qualche variazione sia nei cartelli sia nei numeri suddetti".
Questa necessaria innovazione trovo naturalmente i suoi critici che ebbero molto a ridire. Il poeta milanese Corio, così commenta:
Mi no vuj rid andree
A quij numer che fan sui pori de cà
Che se una cà col numer la scappass
Per no vess obligada a pagà i tass
Ghe poden sarà i pass.
Credi però che la reson pu forta
la sia perchè nissun falla la porta.
Per mi qual che più importa
L'è de capi tanc numer, e a sto fin
Hin già vott dì che impari l'abachin.
Sempre sugli Avvisi leggo che nel 1784, ad Abbiategrasso venne fondata da Giuseppe 110 una Pia Casa per gli Incurabili. Questi minorati, appena le condizioni fisiche e psichiche lo consentivano, venivano impiegati alla fabbricazione a mano degli ... stuzzicadenti. Non occorre essere molto anziani per ricordarsi i vecchi stecchini lunghi e talvolta un poco nodosi, che terminavano a punta dalle due estremità. Questo lavoro semplice e umile e per di più affidato e degli incurabili, veniva dai milanesi raccomandato a chi non sà far nulla o ha poca voglia di lavorare con l'esclamazione:
"Và, và và a Biagrass a fà i stecchi.."
1898: "la rivolta dei poveri"
Il fenomeno dell'urbanizzazione
La presenza della stazione centrale, inaugurata nel 1864, diede il via al febbrile sviluppo del quartiere Venezia. La sorte di quella vasta zona, incorniciata dalla catena delle Preali, fu ben presto segnata attraverso la continua crecita di case costruite inizialmente per accogliere i ferrovieri, la loro Cooperativa suburbana ed il loro teatro in via San Gregorio poi, si aprirono presto ristoranti, caffè magazzini anche sotto le arcate del viadotto ferroviario. Sollecitamente alcuni albergatori svizzeri avevano occupato le aree attorno alla Centrale così a poco a poco scomparvero i prati e le cascine. Anche Luca Beltrami, noto architetto della seconda metà dell'ottocento, tentò di ostacolare questa urbanizzazione incondizionata proponendo che almeno si creasse attorno un quartiere giardino con l'intenzIone di risparmiare qualche area verde; gli si fece intendere che avesse fatto bene a stare zitto se gli premeva di portare a termine il restauro del Castello Sforzesco per il quale i lavori erano già.iniziati.
Dal lazzaretto intanto vennero spodestate le tante taverne ed allontanate le famiglie povere alloggiate in tuguri. Devono pure andarsene i gai frequentatori della famosa trattoria del Ponticello dove fu gettato il germe del primo club meneghino, sorto per celebrare glorie e tradizioni milanesi contro gli insulti e le violenze dei tempi nuovi. Erano gli "Scapigliati" che stavano seminando la rivoluzione nella pittura, nella letteratura, nella musica e nella scultura per ricondurre l'arte a spontaneità, sincerità ed autonomia sottraendola ad un romanticismo ormai divenuto fiacco ed impersonale. Dossi e Rovani, Gola e Boito. Praga e Tarchetti, Cremona e Ranzoni davano il via ad un nuovo modo di intendere l'arte e la vita che si chiamerà: "Scapigliatura". È proprio in quel periodo che Milano esprime il meglio di sè.
Tra gli avvenimenti principali nel settore economivo milanese è da ricordare la fondazione della Società Pirelli con gli stabilmenti tra Via Galilei e Ponte Seveso. In quegli anni fece la sua prima apparizione in Lombardia ii telaio meccanico: le filande erano quasi trecento, le officine meccaniche private assorbivano diecimila dipendenti.
Nel 1876 si inaugurava l'ippovia Milano - Monza; quindici chilometri
di binario, da Porta Venezia lungo il corso Loreto; era un omnibus con terrazzo belvedere, trainato da due cavalli e chiamato pomposamente "imperiale". Per l'inaugurazione erano stati messi in fila sul binario otto carrozzoni nuovi, dipinti di giallo e di rosso; gli invitati erano trecento ed a Monza li aspettava un cospicuo banchetto: grande vivacità alla partenza, allegria durante tutto il viaggio, e nonostante l'incidente di una carrozza uscita dai binari a metà strada, l'arrivo festoso della carovana a Monza in un'ora e un quarto. Nacque la nuova arteria concepita come un grande viale alberato fino alla Villa Reale di monza: si chiamerà Corso Buenos Aires e non avrà più nemmeno un albero. Qualcuno ancora oggi ricorda di aver sentito rievocare dal nonno quel periodo di sovvertimento edilizio nella zona, quando si poteva andare a spasso dai cancelli di Porta Venezia sino al rondò di Loreto procurandosi il piacere di bere una tazza di latte appena munto in qualche cascina, di sedere alla tavola rustica dell'osteria dei "Tre Merli" o del "Convento Vecchio" tra rogge e ruscelli confluenti nell'Acqua lunga o nella Gerenzana. Sfumava nel ricordo quel vecchio mondo preso d'assalto dall'edilizia moderna.
Ai giardini Pubblici il 5 maggio 18 81 si aprirono i cancelli per il primo grande spettacolo in Italia della nuova epoca: "L'Esposizione Nazionale" che celebrava per gli italiani la premessa di sviluppo dell'età industrializzata.
Osservando le mappe del 1884 si vedono già occupate e costruite in gran parte le zone a destra e a sinistra della stazione: ultimate la via Zarotto e la via M amuzio fino al terrapieno ferroviaro, quasi vuote invece sono ancora le aree fino alla via Lazzaretto. Al posto del lazzaretto vediamo, su quei disegni già tracciate le vie che diverranno Tadino, Lecco, Settala e le trasversali Palazzi, Castaldi e Casati. Mentre si stava ancora smantellando il lazzaretto, nacque il grande palazzo che domina l'angolo dell'attuale piazzale Oberdan, a sinistra di chi va verso Loreto. Si trattò di una audace iniziativa architettonica che rappresentò una delle prime vittorie del cemento armato in Italia. Il Palazzo, inaugurato nel 1887 apparve subito come un'opera di grande interesse. A piano terreno si apriva il
ristorante Puntigam che rinasce famoso fino alla seconda guerra mondia; la vastità e il lusso dei suoi ambienti incantava così come le piacevoli musiche che scelte orchestre elargivano ai pasanti ed ai clienti seduti ai tavolini sotto gli alberi del piccolo piazzale antistante secondo l'usanza parigina. Negli anni 1886/89 sopraggiunse una grave crisi edilizia poichè i capitali cominciarono a scarseggiare e la Cassa Sovvenzione, nella anticipazione del danaro richiedeva troppi interessi imponendo pesanti condizioni. Ci furono molti scioperi di muratori ma i pochi centesimi che riuscivano a strappare non risolvevano la disoccupazione. Intervenne opportunamente il Comune che ordinò la costruzione di alcune scuole elementari delle quali, peraltro, il quartiere aveva bisogno. Nacquero così le scuole maschili di via Casati e quelle femminili di via Tadino con aule luminose, grandi palestre, cortili e giardino; per diversi anni furono il vanto di Porta Venezia perchè gidicate fra le più belle e le più funzionali di Milano.
L'area settentrionale del Lazzarettoli, verso il Cimitero di S. Gregorio era stata dissodata nel '1893 ma risultava poco gradita alle imprese edilizie. Riaffioravano spesso ossa umane che venivano raccolte in un deposito provvisorio curato dai due Sacerdoti fratelli Videmari. I ragazzi della zona con grande disinvoltura le maneggiavano, ci giocavano prima di consegnarle, se pure avveniva la consegna perchè era nato per loro un vantaggioso piccolo commercio "de crapp de mort" che servivano agli studenti di medicina.
In quell'area Mons. Casanova gettò le fondamenta dell'istituto del-
Negli ultimi anni del regno teresiano a Milano si attuano vaste riforme ‹eligiose, provocate da ragioni economiche e demografiche, poiché i frati e le monache sottraevano forze attive alla economia del paese si aboliscono vari conventi, che vivacchiano di vita incerta, si sopprimono chiese e luoghi pii che pullulavano ovunque. In data aprile 1785 compare sugli Avvisi questa notizia: "Votato (vale per evacuato) sino dalla fine del mese di aprile 1 784 il monastero di S. Radegonda di Milano, si profanò, si secolarizzò, vi si aprirono bettolini e finalmente sul principio del corrente aprile vi è stato messo pubblico segnale di osteria. Il palo di detto segnale vedesi ficcato propriamente sotto l'utero di S. Radegonda che, con altre monache, sta dipinta sopra la porta. Le minchionerie che diceva il popolo, sono senza numero. L'immagine fu poi cancellata" Tutte irreferibili, le "minchionerie" circolarono come detti dialettali per gran tempo fra il popolino.
le Sordomute povere (via Settembrini), di un grandioso tempio, di un oratorio festivo, di una scuola per le figlie del popolo (via Settala). Rimaneva del tutto scoperta l'area in continuazione della via Lecco: lì c'era il "Cairo" (nome venuto in auge dopo il taglio dell'istmo di Suez nel 1869) un cascinone che in origine era stato parte della cappella dell'ex Foppone; si erano aggiunte, in un cortile recintato da siepe alcune altre baracche e stalle per contenere il bestiame comune: mucche, polli, maiali. Si erano aperte botteghe di fruste, selle, finimenti per cavalli e un'osteria, a presto arrivò il momento in cui fu intimato lo sfratto all'interno clan del Cairo e si cominciò ad abbattere il muro di via San Gregorio infatti stava per essere aperta la via Benedetto Marcello.
Nella zona era grande avvenimento la festa del patrono. San Carlo, il 4 novembre e, per l'occasione, attorno alla chiesetta del San Carlino le vie Lecco, Palazzi, Casati, Tondino e Settale si addobbavano in grandiosa veste; i treni, passando sul viadotto (attuale viale Tunisia) si mettevano a fischiare allegramente ed il macchinista salutava divertito.
Dominava la banda di Porta Venezia con mostrine cremisi e feluca fumata; ad una certa ora partiva il corteo di Renzo e Lucia, perché il quartiere si sentiva depositario della tradizione, partiva dal fondo di via Lecco fra gli applausi di tutti e raggiungeva per ristorarsi l'osteria del numero 14 con in testa la famosa banda che apriva il passo. Una volta però il corteo non ebbe luogo e fu nell'anno 1989 perchè l'oste della trattoria dei Promessi Sposi era stato messo in prigione dal generale Bava Beccaris insieme a tanti altri
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Via G.H. Morgagni angolo ria I'linio lel. 22.07.06
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onesti cittadini. Il 7 maggio 1898 la città è in sciopero generale; c'era stata l'uccisione da parte della polizia di uno studente e l'arresto di tre operai della Pirelli che stavano distribuendo manifestini socialisti. L'indignazione e il malcontento assolgono tutti e da un quartiere all'altro corrono parole d'ordine rivoluzionarie: a porta Volta si alzano le prime barricate. Da Roma, il Ministero dell'Interno da carta bianca al generale Bava Beccaris che, come prima mossa, proclama lo Stato d'assedio. Il primo grande scontro avviene in Corso Venezia dove la gente sta disselciando la strada e deragliando i tram. Bava Beccaris ha piantato la sua tenda proprio sul sagrato. I soldati aspettano il corteo con i fucili puntati. La prima scarica da il via al massacro. Vengono arrestati molti simpatizzanti della sinistra, tra costoro non si può dimenticare Turati e la sua compagna Anna Kuliscioff, Costa, Bissolati, Piazza ed anche il sacerdote don Davide Albertaris.
Centinaia di associazioni sindacali vengono sciolte, molte anche di ispirazione cattolica.
La "rivolta dei poveri", con questo nome passerà alla storia; è costata un centinaio di morti, 450 feriti e 800 arresti.
Un mese dopo re Umberto conferisce al generale Fiorenzo Bava Beccaris la croce di grande ufficiale del prestigioso Ordine militare di Savoia per il "grande servizio reso alle istituzioni e alla civiltà". Nell'ombra, un tessitore anarchico, Gaetano Bresci, si sta preparando a vendicare i morti di Milano: lo farà a Monza il 29 luglio 1900, a rivoltellate, uccidendo il "Re".
Luciano Pagani
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PORTA IA/` VENEZ Pag. 3
PORTA -,PJ VENEZIA'743 LEGGETE E DIFFONDETE n°
Giugno Luglio '78
Quali de la Guggia
storici sul movimento operaio milanese
Il primo consiglio comunale eletto dal "Casin di andeghee"
All'epoca dell'Ottavo congresso delle Società Mutue, nel 1860, Milano era una città di oltre 185.000 abitanti; un grosso centro industriale e commerciale con una articolazione produttiva complessa che andava dalla bottega artigiana alla grande fabbrica, grande, per quell'epoca di iniziale sviluppo industriale che coincideva con la conquistata Unità Nazionale.
Vi erano 150 aziende considerate "industriali" con 12.500 operai (di cui 3900 donne e 1.800 bambini); un notevole numero di imprese commerciali; 32 alberghi; 500 fra osterie, trattorie e locande; 800 fra caffè, spacci di alcolici e bettole; una massa considerevole di ortolani che coltivavano i piccoli appezzamenti fra i Navigli e i Bastioni.
Certo gli operai di allora, la classe operaia di allora, era solo nucleo primigenio della classe operaia milanese che conosciamo oggi, altamente specializzata, tra le prime d'Europa, evoluta politicamente, fortemente organizzata, cuore pulsante del rinnovamento democratico del Paese. Nel 1861 siamo ancora nella fase di transizione dalla produzione manifatturiera a quella industriale vera e propria, con tutto il ritardo che noi accusammo nei confronti dei grandi Paesi. Un elenco di 2.220 "cittadini che si ritengono appartenenti alla Società degli operai", compilato dalla questura milanese nel 1861, si specifica, accanto a ciascun nome, anche il mestiere. E così sotto la categoria meccanici abbia-
mo: fabbro, fonditore, tornitore, macchinista, montatore, ottonaio, ramaio, bronzista, lattoniere, calderaio ecc. Compaiono cioè qui praticamente tutti i mestieri esistenti a quell'epoca: nella divisione manifatturiera del lavoro, era la specializzazione a "definire" l'operaio. A ogni specializzazione corrispondeva una gerarchia articolata che vedeva il maestro dirigere l'operaio, l'aiutante, l'apprendista, ma tuttavia, in ultima analisi, la distinzione di fondo restava quella tra gli specializzati (i maestri) e gli altri, i non qualificati, la manovalanza.
In ogni caso era tale la carenza di operai "specializzati" nelle tecniche che ormai irrompevano' nella produzione industriale che, nel 1867, quando venne presentato il Tecnomasio, la direzione sentì il bisogno di sottolineare che lo stabilimento "si è provvisto di un abile operaio di Parigi" e alla Brunt, la prima fabbrica di Milano a produrre contatori per il gas, erano impiegati "solo operai inglesi e francesi" che furono completamente sostituiti solo dopo lo sciopero da essi organizzato nel 1875. Ancora nel 1880 la Prinetti "sarebbe stata costretta a chiudere se non traeva dalla Germania valenti lavoratori".
Vedremo più avanti come questa gerarchia tecnica si rifletteva nel sistema delle retribuzioni e complicava i rapporti di classe.
In questo ribollente fervore di una città che esce da un passato umiliante di straniero dominio e si
proietta nel futuro con fiducia, la condizione umana degli "operai" e di tutti gli strati più umili della popolazione, che si arrangiano nei più inverosimili commerci di strada, configurandosi sul piano di classe come un immenso formicaio di sottoproletari, sono incredibili. Per descriverle bisogna affidarsi alla letteratura. Ecco come Paolo Valera descrive una tra le seicento locande di Milano, la locanda Berrini: "... in cinquanta stanze che abbiamo visitate ad una ad una, non abbiamo veduto un qualunque indumento che fosse accettabile al Monte di Pietà; come, passando attraverso a più di centocinquanta pezzenti, non abbiamo udito un lamento che ci provasse che qualcuno soffriva di sentirsi sommerso nella cloaca. Il loro abbruttimento è così completo, ch'essi possono vivere per anni senza mai tuffarsi nell'acqua e senza mai sentire il bisogno di regalarsi una camicia candida. I letti sparnazzati di sozzurre e gremiti di insetti sono per loro le cose più naturali del mondo. Quando sono al largo il lusso della loro esistenza è limitata e del trani, a della grappa e a dei liquori, cui nessuno di noi beverebbe anche se minacciati collo scudiscio...".
Certo il Valera si riferisce a quella parte della popolazione ormai precipitata irrimediabilmente nel fondo più tetro della miseria, ma denuncia con lucida determinazione la profonda iniquità della ripartizione dei redditi in una città che viene definita
"una città di lussi e di commerci". A parte gli industriali manifatturieri e i grandi commercianti, i cui redditi non sono neppure sfiorati dalla curiosità fiscale, sono i grandi burocratici e gli alti funzionari a toccare le quattromila lire all'anno di stipendio. Un insegnante guadagna tra le 800 e le 1.200 lire all'anno; un operaio 35-40 soldi milanesi al giorno (2 - 3 lire italiane). Secondo gli uffici delle imposte, circa 18 mila persone hanno un reddito superiore alle 750 lire l'anno; 30 mila superiore alle 250 lire. Il resto vive, evidentemente, con meno (o riesce a frodare il fisco). Ma queste cifre non dicono ancora tutto se non si rapportano a quanto spendono gli operai, in una giornata, per mangiare: "Una zuppa alla mattina con tre quarti di pan misto: centesimi 22; a mezzogiorno una qualunque vivanda di dieci cent. e nove di pane: cent. 19; alla sera quindici di minestra, dieci di pietanza e nove di pane: cent. 34; totale cent. 75. Lo stretto necessario per dodici ore di lavoro.
Nel gennaio 1860, Milano'a sono poco più di diecimila persone che pagano 25 o più lire all'anno per contribuzioni dirette. Le 25 lire sono il minimo di contribuzione richiesta per essere iscritti alle liste elettorali, secondo la legge provinciale comunale del 23 ottobre 1859. Di fatto gli operai non hanno diritto al voto e con loro la stragrande maggioranza dei cittadini. La prima campagna elettorale della lunga storia amministrativa di
Il convento dei capuccini di mie Piave
Parlare di Milano e del suo centro è un problema di grande attualità. Non possiamo però cogliere la ragione del presente, se non ricerchiamo i fatti lontanissimi che hanno determinato l'attuale volto della città, perciò parleremo dell'architettura come fatto episodico, in quanto il problema è essenzialmente umano e sociale.
Si è assunta in questa descrizione una delle teorie del passato, che è quella "dell'isolamento dei monumenti siano essi chiese o edifici, come fatti evidenti della stratificazione storica di tutte le città antiche: il rilievo che si è fatto nei numeri precedenti di alcune chiese e delle strutture dell'ospedale del Lazzaretto, va inteso non solo come descrizione delle parti, ma come ricerca che va alla scoperta del Borgo Orientale e della storia che ha condotto alla formazione dell'insieme.
Degli antichi monasteri francescani milanesi, abbiamo notizie da il 1223, quando l'Arcivescovo Enrico Settala, favorisce l'arrivo da Monticelli presso Firenze dei primi frati, costruendo un convento accanto al monastero femminile di S. Apollinare, fuori le mura di P.ta Romana. I cappuccini ebbero la loro prima casa in Milano nel 1525 in prossimità del convento di "S. Giovanni la Vedra„ e poi più tardi nel 1539 presso S. Vittore all'Olmo.
La ragione concreta della presenza dei frati è di occuparsi dello studio e della descrizione dei testi sacri e attuare insieme all'ordine dei Gesuiti la riforma della chiesa milanese voluta da Carlo Borromeo durante la dominazione spagnola. Tra essi il cardinale attinge predicatori e missionari popolari di penitenza; durante le tragedie delle due pestilenze, i capuccini si prodigano nella cura dei malati e dei moribondi. Per riconoscenza all'ordine S. Carlo, dispone che dopo la sua morte sorga un nuovo grande convento dedicato all'Immacolata Concezione. Il successore Monsignor Gasparo Visconti nel 1589 attua le disposizioni: l'area prescelta tra la odierna via Capuccini e Corso Venezia è di proprietà del
Duomo: si deve trattare con i maestri della fabbrica; i quali cedono trentanove pertiche e dieci tavole di terreno detto le "Sabbionera", una casa da nobile e una da massaro, site in Porta Orientale. Il progetto viene disegnato da P. Cleto da Castelletto sopra Ticino, architetto al secolo, con i suggerimenti dell'architetto Pellegrini il quale aveva presieduto alle fabbriche di parecchi conventi in Milano. La chiesa è spaziosa, il tutto secondo le povertà di forme stabilite dalle Cappuccine Costituzioni, è una sola grande navata, si realizza anche una grande Croce da innalzarsi fuori il convento; l'interno della chiesa è adornato, con dipinti sacri di Camillo Procaccini e Pantilo Nuvolone. I vasti orti che la circondano saranno in seguito i giardini nascosti dei palazzi di corso Venezia che ancora oggi possiamo vedere.
Le vendite dei terreni delle confraternite religiose si verificano verso il 1750 e proseguono lentamente negli anni successivi; l'Austria nel 1713 si sostituisce alla Spagna nel predominio in Italia. Passata agli austriaci, Milano si avvia a grande prosperità; si attuano riforme economiche e amministrative eliminando corruzioni e privilegi secolari.
Le grandi vicende militari continuano in Francia, Napoleone attua il colpo di stato del 18 1799 e Milano diviene la capitale della Repubblica Cisalpina. Il dissesto nell'economia è grave, tutte le risorse economiche sono destinate al bilancio di guerra.
A Milano, Napoleone ordina il silenzio della stampa, l'arresto dei sospetti di opposizione, sottrae al patrimonio culturale della città opere d'arte di immenso valore. Il 25 aprile 1810 decide la soppressione di tutti gli ordini religiosi regolari, e anche la demolizione del convento dei capuccini di P.ta Orientale. Un gran numero di frati e suore si trovano senza asilo, il conflitto con la chiesa assume proporzioni irreparabili. Napoleone viene chiamato dai milanesi il folle, ma siamo ormai al tragico epilogo della sua vita, l'abdicazione e l'esilio. Gli Asburgo ritornano a oc-
cupare la città nel 1814, imponendo un nuovo sistema catastale e tributario che colpisce duramente i cittadini; unica nota positiva la riorganizzazione della scuola: dal 1815 viene esteso l'obbligo della scuola popolare elementare per tutti. Per contro la pressione fiscale è dura e spietata la repressione, si formano dei comitati clandestini, politicamente e socialmente preparati all'insurrezione armata, scoppia la rivolta in città.
A Monforte e a Porta Orientale ci sono scontri durissimi, infine le truppe di Radesky lasciano Milano dopo 5 giorni di ferro e di fuoco.
La gioia della Vittoria è breve - gli austriaci riprendono la città, aggravando le misure repressive; la leva militare Lombardia viene appesantita: 25.000 coscritti.
La città e le campagne sono impoverite, i raccolti sono miseri è la carestia. In queste condizioni scoppia a Milano il colera dall'I 1 giugno al 31 dicembre 1855; su 190.000 abitanti ci furono più di mille morti. Intorno a questo periodo (si presume il 1860) esisteva fuori le mura di P.ta Monforte sull'area attuale, una piccola chiesa dei Padri capuccini eretta senza nessuna pretesa d'arte che servirà per l'assistenza dei bisognosi, fino agli inizi del 1860. Dopo le guerre del Risorgimento nel 1861 nasce il Regno d'Italia, la politica sabauda del trentennio successivo deve fnettersi al passo con il processo di industrializzazione; è il tempo delle nuove grandi fabbriche, delle manifatture; la città assorbe migliaia di lavoratori poveri crea una nuova
condizione umana il proletariato. E una moltitudine di uomini, donne, giovani che e vivono in abitazioni malsane se non in baracche, con paghe che a volte consistono nel solo cibo per sopravvivere.
Questa nuova classe, vede la propria tragedia e si organizza politicamente, nasce il socialismo. A Milano a causa della disoccupazione e del rincaro del pane viene attuato un grande sciopero di massa organizzato. Le autorità danno ordine al Generale Bava Beccaris di reprimere le sommosse popolari. A Porta Orientale la mattina del 9 maggio 1898, mentre sono in atto degli scontri armati, una cinquantina di persone, tra i quali donne e bambini affamati e spauriti, aspettano vicino alla chiesetta dei cappuccini la distribuzione del pane, un caporale maggiore scambia la folla dei poveri per rivoltosi; il convento viene circondato partono colpi di fucile, alcune cannonate aprono una breccia nelle fragili mura. Vengono arrestati i presenti che corrono il rischio della fucilazione. I capuccini sono costretti ad andare alla vicina Prefettura tra due ali di soldati, poi per intervento di illustri cittadini viene loro risparmiata la prigione.
Nel decennio seguente si conquista una faticosa pace sociale, e si riprendono i piani di edificazione tracciati dal Beruto con il piano del 1884-89 dando lavoro a migliaia di operai edili.
Si tracciano grandi strade alberate fra le quali corso Indipendenza, corso Concordia e v.le Piave.
Milano si apre il 14 gennaio 1860, un sabato in cui appare sul "Pungolo" il primo slogan elettorale: "Elettor di Lombardia — Oggi l'urna è il nostro aitar — Non fermiamoci per via — Affrettiamoci a votar!".
La mattina del 15 gennaio, nei sei mandamenti in cui era divisa la città (S. Tommaso, S. Marco, S. Gottardo, S. Alessandro e S. Satiro) si aprono 15 sezioni elettorali. I consiglieri da eleggere erano sessanta, duecentoquaranta i candidati.
Ma l'esito era sicuro: pochi giorni prima — dopo essersi accapigliati ciascuno per suo conto intorno alle brasere dei caffè — i dieci circoli elettorali costituitisi per l'occasione avevano finalmente accettato l'invito della Società del giardino (il circolo dell'aristocrazia e della ricca borghesia, "el casin di andeghee" come lo aveva definito il Porta) e sui concilianti seggioloni di Palazzo Spinola, in via S. Paolo, avevano raggiunto un accordo, formando una lista unica da raccomandare a tutti i soci.
Non v'erano dubbi che quei nomi sarebbero usciti dalle urne. Era "la Milano che conta" a dettare legge. Nonostante gli incitamenti del "pungolo" a votare andarono poco più di quattromila elettori, il due per cento scarso di tutta la popolazione. Da questi "la Milano che conta" ebbe la consacrazione del suo potere democratico.
Ancora mezzo secolo di lotte separeranno la classe operaia dall'ingresso a Palazzo Marino.
La nuova chiesa dei frati capuccini dovrà sorgere a Porta Monforte in armonia con l'espansione del quartiere, che diverrà uno dei più popolati e signorili di Milano. La proposta di progetto prevede la completa demolizione della vecchia e modesta chiesa, conservando però alcune cappelle del lato addossato al convento.
Il progetto viene affidato nel 1905 a Giorgio Combi e Paolo Mezzanotte. La pianta che si sceglie è approssimativamente quella della basilica romanica a grande navata centrale, il Combi studia una soluzione strutturale assai ardita, coprendo la nave con una gigantesca volta, la maggiore che esista a Milano 29 metri circa, fa impiego della tecnologia del cemento armato, senza alternare il carattere stilistico scelto, in modo che l'edificio corrisponda alla semplicità e alla povertà della regola francescana.
Il fronte ha un'altezza superiore ai trentasei metri e una larghezza di trenta, caratterizza questa facciata un'unica grandiosa finestrata dalla quale sporge basso il pronao illuminato da finestrelle chiuse da cornici ispirate alle decorazioni simboliche dei primi tempi del Cristianesimo. Danno accesso all'interno della chiesa cinque porte di legno massiccio, sopra il pronao spicca, in mosaico fra gli angioli, il fondatore dell'ordine S. Francesco; attorno alla grandiosa finestra in altorilievo girano stilizzati i tralci della simbolica vite.
Una grande croce attraversa forse in memoria di quella dell'antico convento demolito nel'1850 sull'intera facciata corrono iscrizioni e , decorazioni sacre simboli delle lotte eterne dei principi del bene e del male. Nell'interno ai lati della nave vi sono gli altari minori, l'altare centrale posto in fondo è realizzato interamente in legno, non potendo i seguaci di S. Francesco, impiegare marmi neppure per decorare la mensa mistica. A destra dell'altare, attraverso una scala, si accede al chiostro del convento in via di restauro e al refettorio; ai piani superiori ci sono gli alloggi dei religiosi e i locali delle biblioteche, nel 1956 per decorazione di P. Grignani, sl aggiunge al complesso un edificio moderno la nuova mensa, che si affaccia sul corso Concordia dove quotidianamente in osservanza alle loro tradizioni secolari i francescani raccolgono le offerte e assistono i poveri della città distribuendo cibo e vestiti.
C. Oldrini
n° 6 - Giugno Luglio '78 Pag. 4 PORTA VENEZIA Cenni
Cronache del C.d.Z.
Riportiamo In questo numero il resoconto delle tre sedute del C.d.Z. tenute nel mese di maggio. Gli argomenti di maggior rilievo trattati sono stati: bacini di utenza scolastici, consigli tributari di zona, bilanci sociali d'area e area di Piazzale Loreto. Vediamo in dettaglio come si sono svolte le varie sedute. Quella del 2 - 5 si apre con due comunicazioni del Presidente Muzio. La prima riguarda l'invito che il Comune di Milano fa ai C.D.Z. di partecipare alla organizzazione dei giochi Ambrosiani; questa è già di fatto una cosa positiva in quanto il Comune si fa promotore di pratiche sportive e sensibilizza le istituzioni decentrate a simili iniziative coinvolgendole direttamente nel lavoro organizzativo assicurando così una maggiore partecipazione.
La seconda comunicazione riguarda una lettera dei genitori della scuola Kramer con la quale informano il C.d.Z. di aver preso atto della chiusura della scuola materna e del trasferimento (dal 3: giugno) alla scuola di Pie Bacone e con la quale chiedono che venga istituito dal Comune il servizio di trasferimento alunni con pulman dalla Kramer alla Bacone con l'ausilio di un vigile e con una autorimessa il più vicina possibile alla Kramer per ridurre al massimo i disservizi dovuti al traffico del mattino.
Dopo l'impegno preso dal CdZ su questi due punti il consigliere Brighi (PCI) riassume per il Cdz il grosso lavoro svolto dalla Commissione Casa e Territorio per quanto riguarda i bacini di utenza della zona Porta Venezia per le scuole materne. In sostanza dai dati della anagrafe comunale è stato fatto un elenco di tutti i bambini dai 3 anni in su residenti nella nostra zona e in base alle dislocazioni delle scuole è stato tracciato per ciascuna scuola il bacino di utenza in funzione del numero dei bambini, della loro abitazione e del numero di posti nella scuola. È emersa una situazione sostanzialmente positiva: considerando per ciascuna scuola una presenza media del 75% dei bambini del bacino, risulta che tutte le scuole materne hanno posti in sovrappiu rispetto ai bambini del bacino, tranne la scuola di Benedetto Marcello che ha una mancanza di 25 posti.
Il capogruppo del PCI Pedroni, interviene per informare il CDZ sulla questione dell'area di V. Venini: il Comune di Milano per motivi di carattere finanziario non può a breve termine intervenire per la sistemazione di detta area, ma si può lo stesso sistemare ad area verde con campio giochi per intervento dell'amministazione dell'ECA, fermo restando che in una parte di detta area andrà lo stesso costruito l'asilo nido.
Da parte dell'uffico tenico del Comune sono stati presentati al CdZ tre progetti di sistemazione dell'area: su proposta di Pedroni viene accettato dal CdZ il progetto più modesto come interventi ma che permette di realizzare i lavori in tempi più ravvicinati (si prevede entro questa estate).
Ultimo argomento all'ordine del giorno è la bozza stilata dal Comune sull'istituzione dei consigli tributari di zona ed all'esame dei CdZ. L'argomento era stato già discusso dal CdZ a fine febbraio ma era stato aggiornato per dar modo ai vari gruppi di approfondire la bozza e per chiarire alcuni aspetti tecnici con la Ripartizione tributi. Il consigliere Betti (PCI) coordinatore della comm. bilancio e programmazione informa il CdZ dell'avvenuto incontro della Comm. con l'Assessore Armanini sulla bozza del Comune. È stato così stabilito dalla Comm. un documento su cui si sprime un giudizio positivo sulla bozza all'esame e con cui si fanno proposte correttive e osservazioni «su alcuni articoli, dopo aver riesaminato articolo per articolo l'intera bozza fino a tarda notte. Il CdZ torna a riunirsi il 15 maggio e la seduta viene aperta rapidamente dal Presid. Muzio (DC) con due comunicazioni ai Consiglieri per dar modo all'assessore Samec di illustrare al nostro Cdz BSA (Bilanci Sociali di Area). La prima comunicazione riguarda la tradizionale festa di zona che queseanno si terrà il 4 giugno in Pie Bacone in occasione dell'inaugurazione ufficiale del già funzionante complesso scolastico di p.le Bacone (La manifestazione si è svolta all'interno della scuola con una grande partecipazione di genitori e cittadini della zona. v. articolo in 1, „pagina). La seconda comunicazione
riguarda l'utilizzo della scuola del Trotter che pur essendo in zona 10 ha sempre svolto un ruolo di scuola interzonale. Il Consiglio di zona 3, su richiesta dei genitori di zone circostanti la zona 10, si fa promotore presso il Comune di richiedere che come bacino di utenza la scuola comprenda anche altre zone per i bambini bisognosi (reumatici, etc).
La parola ora all'avvocato Samec. Cos'è un Bilancio Sociale di Area (BSA): è un documento su cui vengono riportati alcuni dati che riguardano da una parte le risorse disponibili di una certa zona (stabili di proprietà del Comune, operatori sociali agenti nella zona, denaro disponibile, e dall'altra i bisogni particolari della zona, (scuole, consultori familiari, anziani ecc.). Quali sono le funzioni fondamentali del BSA? essenzialmente 3: distribuzione di risorse finanziare da palazzo marino alle zone secondo criteri di riequilibrio zonale. avere a disposizione una serie di fatti e dati i più reali possibili con cui fare scelte oggettivamente utili e decidere le priorità di azione.
far sì che le singole unità di servizio delle zone (consultori - SIMEecc.) funzionino meglio avendo dati precisi su cui lavorare.
Al fine di costituire questa vera e propria "Carta di Identità della Zona 3" e fare da tramite fra Comune e zona si costituirà un gruppo di lavoro formato orientativamente da uno o più consiglieri di zona, due - tre operatori di servizi di zona e alcuni del Comune. In definitiva il BSA è e deve essere uno strumento fondamentale di decentramento e quindi il suo funzionamento dipende dalla volontà politica di farlo e di farlo funzionare.
Un ringraziamento all'avv. Samec per questa esauriente spiegazione sui BSA e la parola alla consigliera Cialfi (DC) che motiva il parere sostanzialmente positivo che la comm. scuola propone di dare alle due delibere quadro comunali riguardanti la refezione ed i trasporti scolastici.
Il CDZ è unanimamente d'accordo e decide di allegare al parere sulla delibera quadro alcune osservazioni fatte dalle varie scuole di zona sulle delibere proposte.
Conclude l'architetto Nava dando l'elenco delle licenze edilizie che si propone al CdZ di approvare (e che il CdZ approva; sono riportate in elenco in'questa pagina) e motivando la mancata licenza di Via Lecco, 5 in quanto nella documentazione presentata non risultano chiari i disegni delle modifiche che si vogliono approntare.
Prima di passare alla discussione degli argomenti all'ordine del giorno della seduta del 29-5 il presidente Muzio comunica i dati sull'iscrizione alle scuole materne della zona.
Essi, in aumento rispetto agli anni precedenti, confermano la tendenza dei genitori a mandare con più frequenza i propri figli alla scuola materna.
Viene poi data lettura di un documento del capogruppo del PCI Pedroni, al presidente del Consiglio di Zona, sul grave episodio avvenuto la settimana precedente in Corso Buenos Aires.
Qui è stato provocato un incendio da parte della criminalità organizzata operante in zona, che sembra aver preso di mira, con una serie di ricatti e taglieggiamenti, I numerosi commercianti e artigiani di Porta Venezia.
Nella lettera si propone un incontro con i rappresentanti dei commercianti, il Consiglio di Zona, i Commissari di zona, su questo preoccupante fenomeno.
Il primo punto all'ordine del giorno riguarda il lavoro compiuto dal gruppo di lavoro femminile che agisce nell'ambito del Consiglio di Zona e la richiesta da esso avanzata di essere riconosciuto ufficialmente come commissione autonoma del Consiglio di Zona.
Il Consiglio di Zona nel suo complesso, osserva che sarà compito del nuovo Consiglio di Zona esprimersi su questa richiesta, e sottolinea la necessità che, nel frattempo, questo gruppo continui a lavorare in stretto collegamento con il Consiglio di Zona.
Il consigliere Pedroni propone di chiedere come CdZ alla Amministrazione Provinciale che i locali di via Settembrini 32, di proprietà della Provincia resisi recentemente liberi, ora in eccedenza a quelli occupati nella stessa sede dal SIME, vengano adibiti a consultorio.
Su questa proposta il CdZ si trova
d'accordo.
Il secondo punto all'ordine del giorno riguarda l'approvazione di un rilevante numero di licenze edilizie.
Si passa quindi a parlare del terzo punto all'ordine del giorno: l'utilizzo dell'area di Piazzale Loreto, vincolata a uso pubblico in base al nuovo Piano Regolatore Generale.
Pedroni, prendendo spunto dal testo elaborato dal gruppo di lavoro su Pie Loreto e presentato in serata al consiglio di Zona, osserva che la possibilità di soluzione dipende dal coinvolgimento che su di essa si riesce a sviluppare nei confronti dei privati.
Rileva che già i Cuz delle zone interessate hanno avanzato proposte concrete di utilizzo.
Esse si sintetizzano in tre punti: a) un centro socio - culturale per i cittadini; b) una mensa interaziendale; c) una casa parcheggio. Muzio sottolinea la proposta del gruppo, di Insediare nell'area un centro per la ricerca scientifica di interesse regionale.
Il dibattito vede intervenire quasi tutti i consiglieri presenti. Brighi (PCI), fa notare come sia uno spreco riservare un'area di così alto valore a sole tre zone; da qui l'esigenza di un utilizzo dal più vasto respiro.
Il Consiglio di Zona concorda sulla necessità che le zone interessate abbiano al più presto un incontro con l'Amministrazione Comunale per fare il punto sulla situazione, anche riguardo al tipo di contatto con la proprietà.
Si accoglie la proposta avanzata dal gruppo di lavoro, di sottoporre all'attenzione dei Consigli di Zona 11 e 10, la bozza di documento presentata ai consiglieri.
LICENZE EDILIZIE
APPROVATE
V. Venini, 14 d V. Settembrini, 18
V. Settembrini, 22
V. Giustiniano, 1 V. Pisani, 28
V. Macchi, 5
V. V. Veneto, 14
V. Piccinni, 2 Corso Indipendenza 20
Corso Buenos Aires 23
Via G. Modena 37
Viale V. Veneto 22
Via Mauro Macchi 28
Via Goldoni 51 Viale V. Veneto 30
Via Maiocchi 29
Via F. Aporti 12
Viale R. Giovanna 39
Via Redi 17
Via Melzo II (salvo riserva ufficiale sanitario)
Via Cappellini 18/a
Via G. Modena 36
COMPOSIZIONE DEL CONSIGLIO DI ZONA
Nel 1980 è prevista l'elezione diretta, da parte dei cittadini, dei Consigli di Zona. Fino a tale data i Consiglieri di Zona verranno nominati dal Comune su indicazione dei vari partiti presenti in Zona e in numero proporziale ai voti riportati nelle elezioni amministrative.
Entro il 25 giugno dovrà essere nominato il nuovo Consiglio di zona 3, che rispetto al C.d.Z. uscente risulterà così composto:
- 8 Consiglieri DC (attuali 7: Muzio (Presidente), Viganò (capogruppo), Beretta, Cataldo, Cialfi, Arese, Maddaloni), che verranno Indicati a seguito di elezioni dirette che la Dc indirà tra i propri iscritti della zona.
- 6 Consiglieri PCI (attuali 5: Pedronl (capogruppo), Gramolelli, Brighi, Leone, Betti), su indicazione della struttura di partito di zona a seguito di assemblee pubbliche nelle varie sezioni di zona. Il Consigliere Leone, perchè trasferitosi in altra città, verrà sostituto, e si aggiungeranno I Consiglieri Di Roberto e Delle Monache.
- 3 Consiglieri PSI (attuali 2: Cazzato e Renzi)
2 Consiglieri PRI (attuali 1: mandelli)
- 2 Consiglieri PSDI (attuali .1: poco presente alle sedute)
2 Consiglieri PLI (attuale 1: Maggi)
- 2 Consiglieri MSI (attuali 1: per fortuna mai visto).
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I servizi del centro:
l'archivio
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n° 6 - Giugno Luglio '78 MIA Pag. 5
Inchiesta sui partiti nella zona
Il partito meglio organizzato della zona è senza dubbio il Pci: 4 sezioni, numerose cellule, II gruppo in Cdz, il Comitato di zona. Una efficienza organizzativa a cui si accompagna una linea politica attenta a raccordare le scelte nazionali e cittadine del partito con la realtà concreta dei nostri quartieri. Un partito che con rigore e tenacia oltre a
IlPartito Comunista
rinsaldare i rapporti con la sua tradizionale base elettorale ha ricercato un collegamento con gli strati intermedi, che hanno una considerevole presenza nella zona.
Questi i motivi che sommariamente spiegano il forte balzo in avanti che anche a Porta Venezia il Pci ha compiuto nel '75
(23,58) e nel '76 (23,67) aumentando di oltre 5 punti in percentuale rispetto al '72 i suffragi.
I risultati conseguiti hanno sollecitato in questi ultimi anni il partito a migliorare l'organizzazione e l'iniziativa verso le altre forze politiche e la società civile. Assieme alla costituzione del Comitato di zona quale organismo di direzione politica
per i problemi zonali, i comunisti si sono impegnati nel rafforzare i collegamenti con i cittadini attraverso cellule di caseggiato. Tutto questo ha permesso una maggiore incisività nel lavoro del CdZ, dove si è rinsaldata l'ampia maggioranza che va dalla Dc al Pci, e il confronto diretto con la gente. In questo
ultimo caso si registra ancora un insufficiente collegamento e confronto con i cittadini per discutere e risolvere dei problemi concreti della zona. Su questo tema ci pare che nell'organizzazione di questo partito si sia aperta una importante riflessione che potrebbe portare ad alcune novità nell'iniziativa dei comunisti a Porta Venezia.
Interviste: al coordinatore del partito della zona 3 ed al capogruppo in C.d.Z.
Rivolgiamo alcune domande a Carlo Montalbetti responsabile del Pci per Porta Venezia dall'aprile del 1977.
Quanti sono i comunisti a Porta Venezia e come sono organizzati?
Gli iscritti al Pci nella zona 3 sono circa 500 e sono distribuiti ìn modo pressochè equilibrato nelle 3 sezioni presenti: la Banfi, la Engels e la Russo. Il partito in zona oltre ad essere organizzato attraverso le sezioni con le loro cellule di fabbrica e di caseggiato è presente in Consiglio di zona con un gruppo di sei compagni. Il ruolo di direzione e di sintesi complessiva dell'iniziativa del partito in zona è svolto infine dal Comitato di zona all'interno del quale sono rappresentate le sezioni e i settori di lavoro più importanti. Ultimamente è entrata a far parte del nostro Comitato di zona anche la sezione di fabbrica dei ferrovieri Roveda.
Ci sembra che l'età media del vostro gruppo dirigente a Porta Venezia sia piuttosto bassa (intorno ai 30 anni). Se ciò è vero, dobbiamo arguire che vi è stato un profondo ricambio dei quadri del partito in zona?
In questi ultimi anni vi è stata una massiccia adesione al nostro partito di giovani ed è quindi naturale che forte sia la presenza di questi nei settori di lavoro della nostra organizzazione. Ma guardando con attenzione la composizione dell'attuale gruppo dirigente (direttivi delle sezioni, gruppo in CdZ, Comitato di zona) si rileva la presenza consistente di compagni che militano nel partito da parecchi anni. Ed è questo uno degli aspetti più importanti per mantenere ben vivo nelle nuove generazioni il patrimonio di lotta politica e ideale che fa del nostro partito un partito diverso dagli altri. Che rapporto hanno i comunisti con le forze sociali e politiche della zona?
Nel complesso i rapporti con ie altre forze politiche democratiche della zona sono positivi. Il clima di collaborazione realizzato da tempo in
Cdz ha permesso la formazione di una maggioranza che va dalla Dc a noi con la sola opposizione del Pli e del Msi. I collegamenti con gli altri partiti sono però ancora troppo ristretti ai gruppi dirigenti. Manca un reale coinvolgimento degli iscritti degli altri partiti sulle cose da fare. Ancora è insufficiente il nostro rapporto con le forze sociali (sindacati, ordini professionali, associazioni, comunità religiose) per discutere assieme le iniziative da prendere per risolvere i problemi più scottanti. Ritengo che sia indispensabile rafforzare la nostra attenzione verso queste forze evitando nello stesso tempo ogni forma di confusione e di integralismo.
Che giudizio da il Pci della nostra zona sull'Amministrazione comunale di sinistra, in particolare su come essa, in questi anni, ha affrontato i problemi della città e della zona?
Il giudizio è certamente positivo e non per formale adesione alla linea del mio partito ma perchè con la nuova giunta si sono realizzate alcune importanti novità per Milano e anche per la nostra zona. Intanto l'approvazione dei Piano regolatore, rinviato per decenni dalle passate amministrazioni a maggioranza Dc, che permette di dare uno sviluppo equilibrato e socialmente giusto alla città.
Gli interventi per risolvere rapidamente alcune grosse carenze sociali ereditate dalle passate amministrazione di centro sinistra. In modo particolare per Porta Venezia la realizzazione del complesso scolastico di Piazzale Bacone. Inoltre questa nuova giunta oltre a privilegiare gli investimenti produttivi sulla spesa corrente ha fatto concretamente dell'esperienza del decentramento e della partecipazione popolare un proprio modo di essere: il nuovo modo di governare. E per noi a Porta Venezia ha avuto quale tangibile risultato l'apertura di una funzionale e ampia sede del Cdz in modo da essere effettivo punto di riferimento per i cittadini. In quali direzioni ritieni debba es-
Come si amministra una sezione
Pubblichiamo questo articolo dell'amministratrice della sezione Russo. Il metodo e le finalità che questa persegue è Io stesso praticato nelle altre sezioni della zona e più In generale nel partito a livello nazionale.
La fine di ottobre rappresenta ogni anno per le Sezioni del P.C.I. una importante scadenza politica.
Con tale data ha termine la campagna di sottoscrizione per la stampa ed inizia la campagna tesseramento per il nuovo anno.
Su questi problemi la Sezione J. RUSSO ha impegnato una seria discussione per conquistare tutti i Compagni al concetto che i "bilanci" e la "politica finanziaria" sono strumenti fondamentali di organizzazione e di lotta politica.
Un dibattito che ha portato i Compagni tutti a comprendere l'importanza vitale e la irrinunciabillta del-
l'autofinanziamento, un discorso che si è rivelato fruttuoso e che ci dovrà impegnare, per il 1979, a raggiungere una media tessera di Lit.
15.000, - e per il 1980 di 17.000, con un impegno sempre maggiore per la rateizzazione, che l'esperienza ci insegna più facile per le tessere più elevate.
Nel corso del 1977, abbiamo realizzato con 171 iscritti, una media tessera di Lit. 12.348, - che quest'anno - contando attualmente su 183 iscritti - si è ulteriormente elevata.
E questo perchè abbiamo superato con l'apertura di un dialogo il più possibile ampio, le tante tessere da Lit. 5000, - che erano diventate nella quasi totalità dei casi - più che un fatto di necessità - una consuetudine. Se il tesseramento ha rappresentato per la nostra Sezione il 52,49% del totale delle entrate, gli altri in-
sere particolarmente sviluppata l'iniziativa del Pci in zona?
Nel preparare il rinnovo del Comitato di zona si è svolta nella nostra organizzazione un ampio e franco dibattito sugli obiettivi che i comunisti intendono realisticamente perseguire, nel quadro della politica cittadina, a Porta Venezia. Due sono le questioni giudicate prioritarie: la lotta alla criminalità e alla violenza che tanto preoccupa chi vive e lavora nella zona; l'intervento concreto per il risanamento delle case degradate salvaguardando l'inquinamento popolare. li nostro partito inoltre intende dedicare maggiore attenzione e iniziative ai problemi dei luoghi di lavoro (alla tenuta e allo sviluppo del tessuto economico e produttivo della zona), al settore dei servizi sociali di cui la nostra zona è una delle più carenti in città. E infine un'ultima domanda. Dopo la flessione registrata nelle amministrative del 14 maggio vi sono state critiche all'interno delle sezioni della zona sulla attuale linea perseguita dal partito? E ritieni che questa flessione sí sarebbe registrata anche a Milano se si fosse votato?
All'indomani dei risultati elettorali del 14 maggio vi è stato nella nostra organizzazione un dibattito appassionato sul significato e le cause della flessione registrata. Decisamente però non vi è stata alcuna contestazione della linea che persegue da tempo il partito, l'unica linea per far uscire ìl paese dalla crisi e per difendere rinnovando la democrazia. L'analisi critica e autocritica si è incentrata invece sul modo concreto con il quale abbiamo applicato questa linea dopo il 15 e il 20 giugno. Credo che se si fosse votato a Milano avremmo risentito, anche se in misura minore, della flessione e questa ipotesi è una ulteriore sollecitazione a migliorare il nostro modo di lavorare tra i cittadini, di confrontarsi con loro sulle cose che intendiamo realizzare per lo sviluppo economico e civile della zona e di Milano.
Rivolgiamo alcune domande ad Antonio Pedroni, capogruppo del PCI del Consiglio di Zona Uno dei fatti più positivi della nostra zona è rappresentato dalla gestione unitaria del Consiglio di Zona. Si tratta di una esperienza valida non solo sul piano locale, ma milanese, proprio in relazione alle notevoli difficoltà con la DC in Consiglio Comunale.
Ritieni che questa positiva collaborazione tra le principali forze politiche in Consiglio di Zona possa rimanere? Non solo penso che questa collaborazione possa continuare, ma lo auguro vivamente. Le diverse forze politiche che a Porta Venezia hanno dato vita alla gestione unitaria del Consiglio di Zona in questi anni, si sono espresse liberamente, hanno valorizzato le loro caratteristiche e, nello stesso tempo, hanno trovato momenti di intesa per la soluzione dei problemi più scottanti della nostra zona. Il suo valore non è limitato a Porta Venzia, ma come giustamente dici, all'intera città tenendo conto dell'atteggiamento della DC a Palazzo Marino. Faremo quanto dipende da noi per continuare su questa strada, anche dopo il rinnovo dei Consigli di Zona che ci sarà nel mese di luglio. Quali sono gli obiettivi del PCI in Consiglio di Zona? Ci proponiamo diversi obbiettivi. Il primo è quello di una più intensa azione del Consiglio di zona nella lotta contro la criminalità politica, il terrorismo e contro la delinquenza comune purtroppo presente su larga scala. In secondo luogo la applicazione della Variante Generale del PRG, che speriamo la Regione approvi entro l'anno, l'avvio di una ampia attività edilizia per risanare le case più degradate sia tramite la legge 167 sia coinvolgendo interessi e forze imprenditoriali private e cooperativistiche. Porremmo in prima Öfila i problemi della scuola sotto il profilo di una nuova e moderna didattica e non solo per quanto riguarda la edilizia; quelli dell'assistenza, della sa-
nità e della attuazione della legge 38
2. La nostra zona è ancora carente di vari servizi sociali, culturali e sportivi: i giovani devono essere aiutati ad avere un loro centro sociale, così come si deve lavorare per organizzare un consultorio attuando la recentissima legge sulla regolamentazione dell'aborto. Un altro obiettivo prioritario è quello della costruzione di un asilo nido sull'area di via Venini. recuperata a verde pubblico. Come giudichi il grado di partecipazione della gente alla soluzione dei problemi del quartiere e della città?
Il Consiglio della zona è già un centro di incontri e di vita democratica. Basta scorrere i calendari delle riunioni settimanali per rendersene conto. commissioni di lavoro, associazioni, comitati di cittadini si riuniscono con grande frequenza. Ma non basta offrire i locali per le riunioni. Occorre programmare tutta una serie di iniziative tese a favorire la partecipazione della gente per impegnarla alla soluzione dei maggiori problemi di Porta Venezia. Sottolineo la parola "programmare"! Si può dare un giudizio positivo per certi risultati raggiunti, ma crediamo possibile e necessario fare di più.
Le sezioni del PCI a Porta Venezia
Le sezioni del PCI nella nosra zona:
A. BANFI - Via Sirtori 33 - tel. 27.15.211
J. RUSSO - Via Paisiello
7 - tel. 20.41.974
ENGELS - Via San Gregorio 48 - tel. 66.74.91
ROVEDA
- Via San Gregorio 48 - tel. 68.74.91
troiti sono dovuti alla sottoscrizione per la campagna della stampa comunista ed all'utile del tradizionale Festival dell'Unità in P.zza Bacone (30,18%) ed ad attività varie fra cui un particolare accenno va riservato alla diffusione domenicale dell'Unità (17,33%).
La caratteristica delle entrate si fa sempre quindi più precisa. I contributi degli iscritti saranno - anche nei prossimi anni - ancora più determinanti.
È necessario porsi l'obiettivo di realizzare un contributo medio a compagno - per tessera e stampapari alli% del suo reddito.
Questo è un obiettivo perseguibile e una giusta differenziazione tra le diverse possibilità finanziarie dei Compagni.
Inoltre altra esigenza politica prioritaria è raccogliere un contributo finanziario per la stampa comunista dagli elettori, dai simpatizzanti.
È vero che a livello nazionale questa voce non è stata riproposta ma è nostra convinzione che sia possibile conseguire positivi risultati in base ad un rapporto di fiducia accresciuto e rinnovato.
Risultati positivi ci possono venire - Io dimostra la campagna per la stampa da poco iniziata - dalla sempre maggiore proiezione all'esterno della Sezione ed in particolare dalle riunioni di caseggiato, uno dei principali strumenti di intervento, di orientamento, di discussione che ci consente certamente di ampliare le nostre capacità di aggregazione.
Le voci di spesa, nei vari capitoli, sono state nel 1977 dovute per il 49,15% a Stampa e Propaganda, per il 40,97% a spese generali e per il 9.88% a attività ideologica, spese di organizzazione etc. E. indubbio che mentre - già per l'anno in corso - potenzieremo quest'ultima voce dobbiamo evitare gli sprechi sia nel-
la produzione eccessiva di materiale che in altri modi.
La realizzazione di un autofinanziamento così come ce lo prospettiamo tende a soddisfare oltre alle esigenze della lotta politica quelle relative - almeno in parte - alla acquisizione di una nuova Sede, problema particolarmente sentito dalla nostra Sezione che si trova ad operare prevalentemente in Zona 3 pur essendo ubicata in Zona 11. È evidente che siamo soddisfatti per i risultati sin qui raggiunti che hanno di fatto anticipato gli obiettivi posti dal piano pluriennale lanciato dalla Direzione nel 1976, ma dobbiamo produrre uno sforzo ancora più grande al fine di far fronte ai maggiori impegni, alle accresciute responsabilità che toccano ogni aspetto della vita sociale e che ci impongono compiti nuovi politici ma anche organizzativi.
Giovanna Grubellati
n° 6 - Giugno Luglio '78 Pag. 6 PORTA ') VENEZIA
aperte le iscrizioni
Dal 15 Giugno sono aperte le iscrizioni alle scuole serali del Comune per l'anno scolastico 1978-79; nella nostra zona i corsi annuali e biennali abbracciano quasi tutti gli ordini di scuola: dalla licenza media al diploma di ragioniere, maestro, in lingue straniere. Per la 'prima volta, abbiamo visto un buon numero di locandine pubblicitarie dei corsi, in luoghi pubblici, nei negozi, nelle scuole, iniziativa quanto mai opportuna. Infatti nell'anno scolastico 7778 il calo delle iscrizioni è stato notevolissimo; unica eccezione il corso di lingue che, anzi ha avuto difficoltà a formare le classi per l'alto numero di studenti. In contrapposizione a questa tenenza, generale per le scuole serali comunali, abbiamo il "tutto esaurito" nelle scuole private. Gli studenti "serali" sono per lo più lavoratori che si sacrificano per migliorare la loro cultura e la loro posizione economica, i motivi che li spingono verso gli istituti privati, pagando rette salate, sono quindi diversi da quelli dello studente diurno e richiedono un attento esame sia da parte dei responsabili della Commissione scuola del C.d.Z. che dell'Amministrazione Comunale. L'anno scorso la scuola di via B. Marcello (media e maestro di asilo) è stata utilizzata al 50% delle sue possibilità, gli alunni per aula sono stati 1012. Questa scuola nata nel 1968 ha avuto sede sino a due anni fa in via Tadino presso il convitto delle suore spagnole che la gestivano direttamente. Trasferitesi le suore in via Feltre, lo stabile veniva ceduto alla CiSL e la scuola rimaneva senza sede. Le suore proposero di continuare a gestire la scuola nella loro nuova sede ma, a questa proposta si opposero con molta forza parte degli studenti ed i rappresentanti del CdZ che condussero, molto democraticamente, nell'ambito del CdZ stesso, una lotta affinchè la scuola non venisse trasferita. Era importante mantenere nella nostra zona proprio il corso delle medie, il più popolare, base di qualsiasi ulteriore specializzazione; importante anche perchè la zona 3 servita dalla metropolitana è facilmente raggiungibile anche da quegli studenti che provengono da Comuni limitrofi. La scuola gestita dal Comune, ha ripreso a funzionare in via B. Marcello dove ha trovato la disponibilità di alcune aule del già esistente liceo Volta; per il prossimo anno scolastico funzionerà anche il nuovo corso di istituto tecnico commerciale. La scuola dunque è rimasta in zona, viene gestita dal Comune e soprattutto è viva, come dimostra l'istituzione di nuovi corsi; tutto questo ci sembra molto importante anche se qualcosa si potrebbe fare per utilizzarla a pieno. Il bisogno di istruirsi non è diminuito, ha solo preso diverse direzioni. È indubbio che le scuole serali del Comune vanno fatte conoscere meglio soprattutto sui luoghi di lavoro, anche piccoli, nei caseggiati particolarmente in quelli i cui abitanti appartengono a categorie economicamente disagiate.
PORTA VENEZIA`
F. Alberti, R. Cenati, E. Giannasi, C. Montalbetti, L. Pagani, C. Oldrini, F. Ponti, L. Vincitorio, M. Sparacino.
Schede di valutazione:
Non bastano er la riforma della scuola
Il 29 Maggio scorso si è tenuta un'assemblea presso la scuola media Oriani su "La scheda di valutazione" organizzata dal Coordinamento Genitori Democratici. Una direttrice didattica, un sociologo, due insegnanti del Movimento di Cooperazione Educativa sono stati gli oratori della serata. Il dibattito quanto mai interessante e di ottimo livello, partendo da esperienze personali si è sviluppato analizzando limiti e difetti della scheda "Malfatti" e illustrando proposte per migliorarla. Certamente il più grosso merito di questa scheda è stato quello di aver sollevato un grosso dibattito che continua tutt'ora anche alla fine dell'anno scolastico: Proprio domenica
4 Giugno I'MCE ha tenuto un Convegno a Torino sull'argomento. Il documento preparato dall'insegnante Rossi per quella occasione è stato alla base del suo intervento. Premesso che gli insegnanti dell'MCE (e non solo dell'MCE) già da molti anni usano strumenti alternativi al voto, ha detto che: "come è irripetibile la situazione di una classe, cosi è irripetibile la valutazione che si dà di quella classe e di quello che avviene dentro" "Poichè questa scheda è provvisoria bisogna che tutti si battano perchè si tenga conto di questa irripetibilità e nello stesso tempo si deve concedere dei parametri cosi rigorosi dal punto di vista scientifico ed analitico per cui la scheda possa contenere e questo e quello" per sua stessa ammissione non è facile raggiungere questo obiettivo. "Per una valutazione veramente seria" ha proseguito la Rossi "si deve stabilire un certo equilibrio tra il curriculum implicito ambientale, non strutturato (cioè il bambino non riceve solo dalla scuola anche dall'ambiente e in abbondanza,) e quello più esplicito della scuola che è anche il più strutturato". "Altra cosa importante è che I bambini devono capire quello che diciamo ma, spesso noi insegnanti non siamo preparati per saper esattamente quello che il bambino può capire a quella età o a quell'altra; a questo proposito nemmeno I programmi
ministeriali sono aggiornati, bisogna perciò avere il coraggio di metterli In discussione". Sebbene con sfumature diverse gli interventi hanno messo in evidenza che per valutare veramente, bisogna cambiare il modo di fare scuola; valutare non deve essere un modo diverso di dare il voto. "Se non si lascia muovere l'alunno in classe" ha detto l'insegnante Valsecchi" "lavorare con i compagni, parlare con i compagni, come posso valutare il suo comportamento?" "se gli faccio solo ripetere le nozioni che le ho fornito già belle impacchettate che cosa valuto? La capacità di memorizzare, di ripetere ma non le sue capacità di fare un ragionamento logico, di scoprire la realtà, di sapere". "Che senso ha" prosegue Valsecchi "parlare ancora di storia per conto suo, di geografia per conto suo. La scheda attuale, in-. fatti non tiene conto della interdisciplinarietà che non significa creare una coincidenza momentanea tra le varie materie ma, associarsi per creare nel bambino un concetto". La valutazione richiesta all'insegnante con la scheda "Malfatti" è vaga, va precisata. La legge dice che la valutazione, oggettiva e sistematica deve essere collegata alla programmazione. La valutazione per essere oggettiva, ha bisogno di rigorosi parametri che sleghino l'insegnante da quello che è il suo personale orientamento, la sua personale impressione. La scheda dovrebbe essere uno strumento di lavoro per l'insegnante non un foglio di carta da rispolverare quadrimestralmente. La direttrice signora Annoni, ha sottolineato che "lo spirito della nuova scheda di valutazione richiede di quantificare e qualificare l'errore e dire non soltanto riferito al singolo ma riferito al ruppo classe e questo perchè c'è un collegamento con la programmazione". La scheda insomma dovrebbe diventare una lettura complessiva del lavoro svolto dall'alunno, dall'insegnante ed anche dalla famiglia poichè questa scheda ha come oggetto e soggetto le stesse persone che vi sono iteressate.
In questi giorni con la fine dell'attività scolastica e con l'avvio delle prescrizioni alla scuola media, alla elementare e delle nuove iscrizioni alla scuola materna, si è iniziato il processo di verifica dei bacini di utenza fatti dal CdZ 3 per le scuole, sia materne che dell'obbligo, della nostra zona.
Prima di parlare delle situazioni, d'altronde ancora in fase di verifica, è importante chiarire che cosa sono e a che cosa servono i bacini di utenza. È bene chiarire che il bacino di utenza di una scuola è uno strumento che individua un metodo, una base, su cui lavorare. È un errore pretendere che essi così come sono stati impostati risolvano tutti i problemi della scuola in zona. Sono uno strumento su cui-lavorare, dicevamo, ed è ciò che realmente è successo e sta succedendo nonostante le critiche e i dissapori che si possono creare.
Infatti si sono formati gruppi di insegnanti e genitori in ogni scuola che in collaborazione con il CdZ, usano i bacini di utenza dando così un grosso contributo alla gestione democratica della scuola, programmando con le altre scuola anche il flusso futuro dei bambini sulla base di esigenze concrete di ogni scuola.
Grazie dell'uso di questo strumento i problemi vengono a galla prima e c'è ancora il tempo per ovviarvi prima che inizino le scuole. Questo è avvenuto in quasi tutte le scuole della nostra zona, dalla Stoppani elementare e Bacone media, dove si sono sviluppati ampi dibattiti per risolvere in modo democratico i problemi. È certo che non è ancora stato risolto tutto, di problemi ne esistono ancora; esistono ancora grosse resistenze legate ad atteggiamenti corporativi degli insegnanti e ad atteggiamenti campanilistici di genitori che vedono solo il problema della propria scuola e del proprio figlio.
Tali forze con il loro atteggiamento danneggiano concretamente tutta la comunità.
I bacini di utenza sono uno strumento per battere anche questi atteggiamenti.
E sicuramente impensabile che in una situazione di così grande crisi economica, di austerità, vi sia la pur minima possibilità di non usare le strutture scolastiche appieno; è impensabile che si sottoutilizzino le aule per non trasferire insegnanti, comportando in tal modo danni gravissimi per tutte le altre scuole e un grave danno economico per l'intera comunità.
I Bacini di utenza hanno messo in luce fino in fondo questi aspetti corporativi che esistono nella scuola, e, anche se le resistenze sono molte, la volontà del CdZ e l'atteggiamento democratico dei genitori, degli insegnanti che si stanno usando per risolvere i problemi è già una prima grande risposta. Ma ora veniamo ai problemi concreti. Il primo grande problema è quello della scuola materna. Quest'anno è stata chiusa la scuola materna di via Kramer perchè non è stato più riconfermato il contratto d'affitto da parte delle scuole private
'
di via Bellotti. Questo fatto ha ovviamente aperto un grosso buco di circa 100 posti nella zona.
La scelta è stata per motivi di continuità didattica, e quindi, per non disperdere i bambini della Kramer in tutta la Zona, rompendo i rapporti e le amicizie così importanti nei primi anni di vita sociale, di trasferire l'intera Kramer nella nuova materna di Bacone. Questo spostamento ha ridotto molto la possibilità della Bacone stessa producendo gravi squilibri. Sarà necessario cercare di utilizzare ancora di più la materna Bacone, anche se il fenomeno che si è creato tenderà probabilmente a ridursi perchè molti genitori che hanno chiesto il trasferimento del proprio figlio l'hanno chiesto in più scuole, per sicurezza di essere accettati, aumentando così notevolmente la domanda.
Ma anche qui il problema maggiore che emerge è la gestione e il controllo della scuola; non si possono sprecare dei posti. Spesso accade nelle scuole materne che dopo i primi tempi i frequentanti per diverse regioni diminuiscano; non è pensabile che i bambini in lista di attesa non usufruiscano di questo servizio perchè nessuno denuncia questa diminuzione.
Per l'elementare il problema attualmente è di ridistribuire il bacino di utenza dalla Bacone e Stoppani verificatosi troppo ampio. In questo caso ci si è rivolti alle zone vicine 10 e 11 e in particolare alle scuole di V.le Brianza e Via Porpora, mentre nella nostra zona è stato ritoccato il rapporto Stoppani Pisacane e in misura molto piccola il rapporto Stoppani /Casati.
Per la media si è verificata quest'anno la necessità di rivedere il rapporto Tadino/Bacone. La necessità è di non sovraccaricare la media Bacone che rischia il prossimo anno di arrivare con il suo bacino a 30 aule invece di 24. Il problema è di far ritornare gli studenti della Tadino che attualmente occupano parte delle aule della Bacone in Tadino e per fare questo è necessario che la scuola elementare Casati ceda una o due aule alla Media.
Anche questo deve avvenire attraverso il controllo democratico perchè non prevalgano atteggiamenti corporativi sia per quanto riguarda l'elementare che per la media.
Bisogna rendersi conto che la scuola non è degli insegnanti, di un preside, di un direttore, la scuola è dei ragazzi è un servizio dei cittadini che viene pagato dai cittadini. Deve essere quindi chiaro, soprattutto dove coesistono scuole di livelli diversi, che non è possibile dividersi rigidamente gli spazi rinchiudendosi come in un castello, non è pensabile fare aule di 18 bambini pur di mantenersi tutti gli spazi a disposiiione; bisogna invece mettersi nell'ottica di collaborare per risolvere i problemi. Ricordiamo che i nostri bambini delle elementari domani saranno alle medie. In questo senso le proposte fatte sono di individuare due aule tra le due scuole che possano essere usate dalle medie o dalle elementari a seconda delle esigenze che potranno sorgere di anno in anno.
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I bacini di utenza per le nostre scuole
Redazione
Hanno
Direttivo
Zona 3, R. Ponti,
Biancardi.
Rubrica INCA Parità uomodonna nel lavoro
La legge 9-12-77, n. 903 sulla "Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro, pubblicata sulla G.U. n. 343 del 17-12-77, nell'accogliere le istanze sociali volte ad eliminare situazioni di discriminazione basate sul sesso, ha apportato rilevanti innovazioni alla vigente legislazione previdenziale. per quanto riguarda i riflessi nel settore maternità, si precisa quanto segue. L'art. 6 riconosce alle lavoratrici che abbiano adottato bambini o che li abbiano ottenuti in affidamento preadottivo, ai sensi dell'art. 314-20 . del codice civile, il diritto di fruire: dell'astensione obbligatoria post partum di cui all'art. 4, lettera c, della legge n. 1204 del 1971 e del relativo trattamento economico durante i primi tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia adottiva o affidataria, semprechè lo stesso non abbia superato al momento dell'adozione o dell'affidamento i sei anni di età;
dell'astensione facoltativa di cui all'art. 7, comma 1°, della citata legge n. 1204 del 1971 e del relativo trattamento economico entro un anno dall'effettivo ingresso del bambino nella famiglia e semprechè il bambino non abbia superato i tre anni di età; di assentarsi dal lavoro durante le malattie del bambino di età inferiore a tre anni dietro presentazione del certificato medico.
Ciò premesso, ed allo scopo di evidenziare gli essenziali aspetti innovativi, si ritiene opportuno richiamare l'attenzione sul fatto che le norme sopra illustrate, nel fornire una migliore specifica tutela delle esigenze connesse alla particolare situazione determinata dal delicato rapporto madre adottiva - bambino, hanno ampliato notevolmente i benefici già riconosciuti alle interessate.
Tuttavia è da osservare che, per quanto riguarda i soggetti, poichè la legge fa riferimento solamente alle adozioni ed alle ipotesi di affidamento preadottivo di cui all'art. 31420 del codice civile, rimangono esclusi i casi di affidamento derivanti dall'art. 404 c.c.; 314-6 ecc..
Riguardo poi alle condizioni previste, legate all'età dell'adottato, per usufruire delle provvidenze in esame, è da porre in rilievo che per l'interdizione obbligatoria il presupposto dell'età" non superati i sei anni" deve sussistere solo ed esclusivamente al momento dell'adozione o dell'affidamento. Ne consegue che il beneficio di cui trattasi può essere goduto anche dopo il limite del compimento del sesto anno.
La condizione, invece, per l'esercizio dell'astensione facoltativa, è che il bambino non abbia superato i tre anni di età, nel senso che il godimento di tale beneficio cessa contestualmente al compimento del terzo anno di vita dell'adottato.
Parimenti cesserà detto godimento allo scadere dell'anno dall'effettivo ingresso del bambino nella famiglia adottiva o affidataria.
Considerato poi che tale ultima data, di "effettivo ingresso", può non coincidere con quella indicata nel provvedimento che dispone l'adozione o l'affidamento, per accertare la decorrenza dei termini collegati con tale data si farà riferimento alla data di consegna del bambino, risultante dal certificato di affidamento o da copia del verbale rilasciato dall'Autorità competente, da cui risulti l'avvenuta consegna.
Avuto riguardo infine alla dizione usata dalla legge "durante I primi tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia adottiva o affidataria", l'astensione obbligatoria post partum decorre dal giorno successivo a quello di effettivo Ingresso del bambino nella famiglia adottiva o affidataria.
L'art. 7 attribuisce al padre lavoratore, anche se adottivo o affidatario, il diritto di assentarsi facoltativamente dal lavoro e di fruire del relativo trattamento economic, secondo quanto previsto dalla legge sulla tutela delle lavoratrici madri, In alternativa alla madre lavoratrice, ovvero quando i figli siano affidati al solo padre.
I problemi del lavoro in zona
Lepetit, via Lepetit
Speculazioni dì una multinazionale
Il Gruppo Lepetit S.p.A. che ha sede in Milano, via Lepetit n. 8, è una delle principali industrie farmaceutiche nazionali, dotato di un istituto di ricerca tra i più affermati (Milano-Bovisa), di 5 unità produttive e di un Centro Tossicologico. La sua attività si esplica prevalentemente in campo farmaceutico; tra le specialità che hanno dato risonanza al marchio Lepetit anche in campo internazionale, ricordiamo la Rifarripicina, un antibiotico antitubercolare tra i più attivi esistenti.
Sino al 1972 il quadro che offriva la Lepetit era quello di un complesso che aveva ramificazioni in tutto il mondo attraverso una capillare organizzazione industriale e commerciale. I rapporti sindacali all'interno della Lepetiti Sede, erano stati condotti per anni dall'azienda all'insegna del paternalismo, bisogna anche dire che l'attività sindacale non si era molto caratterizzata, sino a quel momento, in termini di proposte, di elaborazioni. Nella primavera del 1973 viene presentata una piattaforma di Gruppo, la prima nella storia sindacale della Lepetit. Alla base delle richieste, incentrate su tre punti specifici: organizzazione del lavoro, investimenti e salario, si fonde una analisi, che individua già in quel periodo, nella linea di tendenza in atto in tutte le unità del Gruppo, una progressiva volontà di
disinvestimento dall'Italia, sia pure in tempi medio-lunghi. Nel 1974 e 75, la Dow Chemical, multinazionale statunitense che detiene più dello 80% del pacchetto azionario della Lepetit decide di esercitare la massima pressione allo scopo di portare a buon fine la sua opera di ridimensionamento della Lepetit. Una prima suddivisione del Gruppo in aree geografiche autonome sganciate dal centro direzionale, porta all'istituzione di una nuova società la "Dow Lepetit". Una successiva e definitiva integrazione della gestione manageriale farmaceutica in quella chimica propria della Dow, fa si che la direzione ed il coordinamento di una lunga serie di attività vengono trasferite in Svizzera, ad Horgen, sede della Dow Chemical Europe. Diretta conseguenza di queste operazioni, che hanno esautorato la sede di Milano, delle funzioni direzionali sino allora svolte, è stata una diminuzione di occupazione di 100 unità nell'intero gruppo, grazie anche all'opera di incentivazione attuate dall'azienda alle dimissioni volontarie, una decisa tendenza al disimpegno produttivo, come testimoniano la riduzione degli investimenti negli stabilimenti, la carenza di manutenzioni, l'obsolescenza volutamente rapida di impianti moderni.
Numerose, soprattutto nell'area milanese, sono state le iniziative atte
a contrastare questo disegno di ridimensionamento della Lepetit da parte della Dow Chemical.
Le manifestazioni davanti alla RAI ed alla Regione, l'occupazione simbolica della Sede, alla quale presenziarono le forze politiche e sociali della zona, il coinvolgimento degli Enti Locali e dei partiti, contribuirono a portare tra i lavoratori un alto grado di comprensione della situazione in atto. Queste forme di lotta non sono state però sufficienti ad impegnare il Governo, il quale nel novembre 1976 mostrò una totale acquiescienza alla politica padronale; non recuperando nessuno degli elementi di analisi e di proposte del movimento sindacale. Ciò determinò l'attenuarsi della spinta, delle .otte dei lavoratori ed ha portato nel tempo ad una crisi di rappresentatività del C d F ed a uno scollamento con essi. Indubbiamente a questo ha contribuito l'intensa politica antisindacale attuata dalla Dow, politica che mira ad un rapporto diretto, preferenziale con il lavoratore, scavalcando la rappresentanza sindacale aziendale, al fine di coinvolgere il lavoratore nelle direttive ideologiche aziendali.
Ora, onde ristabilire un corretto rapporto sindacale, il problema è quello di riprendere un discorso sui temi che tutti i lavoratori debbono quotidianamente affrontare: la sicu-
rezza del posto di lavoro, la finalizzazione del lavoro, la crescita della propria professionalità.
Sull'organizzazione del lavoro ci sembra che vada espresso il massimo sforzo, per arrivare in tempi brevi alla definizione di nostre proposte. Occorre, reparto per reparto, capire come ad una divisione di compiti sempre più qualificati, alla parziale utilizzazione di lavoratori in alcune direzioni e al sovraccarico in altre, corrisponde un disegno di ulteriore distruzione delle capacità direzionali della Lepetit. Su questi temi si è iniziata, da qualche mese, una serie di confronti tra le organizzazioni sindacali e la Dow Chemical, al fine di sondarne le intenzioni future, di rafforzare le funzioni del CdF, stravolgendo così le posizioni Dow, che lo vorrebbero come semplice organo consultivo.
Le posizioni di chiusura riscontrate sino ad oggi dalla azienda, che risultano più arretrate della stessa Aschimici, se verranno mantenute nel tempo, indurranno il CdF ed i lavoratori ad intraprendere nuove iniziative, tra le quali, rendere pubblico il contesto nel quale operano, utilizzando a questo scopo i maggiori canali possibili. Questa pubblicazione sul giornale della zona Venezia ne è un espressione.
li Consiglio di Fabbrica Lepetit Sede
Fidenza vetraria, via Felice Casati In pericolo i posti di lavoro
La Fidenza Vetraria è una azienda del Giuppo Montedison che opera nel comparto del vetro.
La produzione di questa azienda risulta assai diversificata; va infatti dalla produzione di articoli casalinghi a quelli per l'edilizia e illuminazione stradale.
Questa azienda occupa 1260 dipendenti di cui circa 90 lavorano nella sede direzionale di Via F. Casati. Alla fine dell'anno scorso i lavoratori della Fidenza Vetraria raggiungevano un accordo che impegnava l'azienda sulla garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali.
A distanza di 6 mesi nella sede milanese la realtà delineatasi presenta aspetti preoccupanti, mettendo in luce una politica direzionale tesa a ristrutturare gli uffici attraverso due momenti:
1° - Mediante l'inserimento di diri-
il patronato
genti e quadri Montedison, alimentando una politica di divisioni tesa a favorire il corporativismo attraverso privilegi economici che aumentano sempre più l'ingiustizia ed il malcostume clientelare.
2° - Favorendo e incentivando al massimo la politica degli "autolicenziamenti„.
Attraverso consistenti premi (che vanno dai 10 a 40 milioni) negli ultimi mesi l'organico è diminuito di 15 unità, creando problemi e difficoltà negli uffici rimasti senza personale professionalmente valido.
Fin dall'inizio il consiglio di sede ha operato per contrastare questa politica volta a ridimensionare gli organici e portare divisione fra i lavoratori attraverso il clientelismo ideologico.
Attraverso documenti ed un continuo confronto con i lavoratori si è sviluppata un'azione per difendere
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l'occupazione, la professionalità è per rimuovere i fattori che stanno portando gli uffici della Fidenza Vetraria ad un costante degrado. Un primo risultato si è avuto imponendo l'integrazione del personale mancante. Obiettivo raggiunto solo parzialmente con l'assunzione di 6 lavoratori.
Lo svolgersi di questa politica da parte della direzione desta preoccupazioni maggiori alla luce di quanto filtra dai propositi Montedison (allo scopo di concentrare le risosrse sia finanziarie che gestionali nei settori più consoni alla fisionomia che si potrebbe dare di alcune aziende e consociate atipiche (tra cui la Fidenza Vetraria) anche se tali attività possono essere transitoriamente generatrici di cassa - piano di sviluppo 77-79 DIPI) e dalle notizie che incominciano ad apparire su riviste
I. Battaglia
economiche in merito a tali aspetti. Si ripresentano cosi problemi che la gestione privatistica della Montedison continua a creare in merito a occupazione e scelte produttive. Per i lavoratori della Fidenza Vetraria si pone la necessità di realizzare una compenetrazione fra strumenti e metodi di controllo sui processi che avvengono in azienda, collegandosi con la realtà esterna del quartiere, della zona e dei suoi problemi.
La qualità e la profondità della crisi in generale richiedono oggi la ricerca di nuova solidarietà e l'individuazione di obiettivi di reale avanzamento, operando un maggiore legame con le forze disponibili al cambiamento fra i problemi dei luoghi di lavoro e quelli di quartiere.
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Attentato alla libreria "Remainders", in corso B. Aires, 42
Intervista con il presidente dei librai lombardi
Senza dubbio, uno dei problemi più preoccupanti per la nostra zona è costituito dalla delinquenza.
Il nostro quartiere è spesso teatro di sparatorie per regolamenti di conti, per questioni di droga, o di rapine molto frequenti ad appartamenti e a negozi.
Il fenomeno è grave non solo per la sua pericolosità, ma per le reazioni che suscita nella gente: individualismo, paura di uscire la sera di casa.
L'ultimo episodio criminoso in ordine di tempo è quello avvenuto contro una libreria Remainders di Corso Buenos Aires, alla quale è stato appiccato un incendio.
Abbiamo chiesto al Sig. Raimondo Filippini, presidente dei librai e cartolibrai lombardi, qual è secondo lui l'entità del fenomeno e se si può dire che esistano nella nostra zona, oltre alle manifestazioni già citate di delinquenza (rapine, sparatorie), anche forme particolari di ricatto o di taglieggiamento ai danni dei negozianti.
Per quanto riguarda Porta Venezia, esso non sembra particolarmente diffuso.
Anche l'ultimo gesto criminoso contro la libreria di Corso Buenos Aires può rientrare più facilmente nella tentata truffa, culminata nell'atto violento, ad opera di una "mezza delinquenza", a livelli non altamente specializzati.
È vero d'altra parte, che il danno da essa subito, si presta a un'altra interpretazione: quella dell'atto dimostrativo, del ricatto e della intimidazione nei confronti degli altri commercianti che si vorrebbero succubi alla volontà dei criminali.
Proseguendo nella conversazione, chiediamo qual'è la reazione dei commercianti di fronte a questi fatti. A parere del mio interlocutore, c'è il pericolo che emerga la tendenza tra i negozianti, ad affrontare in modo privatistico le questioni dell'ordine pubblico, armandosi o delegando a privati armati (polizie private), la tutela dei propri interessi.
nalità.
Ritornando al comportamento dei negozianti, viene messo in luce un aspetto particolarmente preoccupante: il diffondersi, tra di essi, di atteggiamenti qualunquistici che spingono a ritenere fatti esterni anche gravi, come fenomeni che non riguardano l'individuo singolo. Questo rifugio nel proprio microcosmo, nel privato, d'altra parte favorito dal dilagare della violenza, che suscita paura e quindi spinge il cittadino a non partecipare, è tuttavia il modo peggiore per affrontare la criminalità.
Occorre sensibilizzare i negozianti sui problemi dell'ordine pubblico — osserva il sig. Filippini — perché solo la partecipazione di ognuno alla vita collettiva, consente la soluzione dei problemi.
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Parte Ottava Parte Nona (mesi di giugno/luglio)
Il sig. Filippini ha detto che indubbiamente l'imposizione di tangenti ai commercianti si sta estendendo e sta investendo un po' tutti, a differenza di qualche anno fa, quando il fenomeno era ristretto ai locali notturni. Esso assume rilevanza nell'hinterland milanese e in alcune zone della città.
Il rischio è appunto quello che prevalga una logica da western e un farsi giustizia da se.
A proposito delle polizie private, ci viene fatto osservare che esse potrebbero essere utilizzate in modo diverso: invece di costituire dei corpi privati armati, si potrebbe fare come a Rimini, dove esse sono dotate unicamente di radio trasmittenti, con cui segnalano alle forze dell'ordine il verificarsi di episodi di crimi-
Da questo punto di vista, viene giudicata molto positivamente, da parte del presidente dei librai e cartolibrai lombardi, la proposta di un incontro tra Consiglio di Zona 3, rappresentanti dei commercianti e Commissariati di zona, su questo grave problema, purchè ciò non si esaurisca in un solo incontro, ma costituisca la premessa di un lavoro da svolgere con continuità.
Solo una iniziativa costante e non occasionale, su un tema importante come l'ordine pubblico, può infatti consentire di porre le basi per una effettiva crescita della coscienza civile di ognuno.
La marciamania
Con l'arrivo della bella stagione, si fa per dire, spuntano le "marce non competitive" ogni anno sempre più numerose. Anche il nostro quartiere non è sfuggito alla "marciamania"; la Certosissima, la Galvanova, la Pratasciada (ne citiamo solo alcune) si annunciano come marce ricche di premi, medaglie, targhe, offerte da ditte e negozi che approfittano dell'occasione per farsi un po' di pubblicità. La crisi economica, ridimensionando il fenomeno del week-end, del pranzo nella trattoria fuori porta, della gita domenicale, ha reso ancora più problematico come passare il tempo libero; le alternative in una città come Milano, povera di strutture sportive, di aree verdi e di luoghi di ritrovo non sono molte. Le marce e le passeggiate ecologiche sono un modo per passare la domenica che, specialmente tra i giovani trova un largo consenso. Lo dimostra l'alto numero di partecipanti, nonostante la pioggia insistente, alla 3' edizione della marcia Oriani, organizzata dal Consiglio di istituto della scuola omonima il 21 Maggio ed il successo della debuttante "quatter pass tra il verd del noster quartier" organizzata il 28 maggio dai Consigli di circolo e istituto delle scuole Casati e Tadino.
Queste iniziative delle scuole sono un'opportuna unione tra utile e dilettevole poichè le non indifferenti cifre che si raccolgono per le iscrizioni vengono utilizzate dai Consigli per acquistare materiale didattico ed organizzare altre attività ricreative. L.V.
La crisi della partecipazione
Constatando la crisi della partecipazione alla vita sociale sia nel nostro quartiere, sia nell'ambito cittadino e nazionale, ci è sembrato importante cercare di conoscerne le cause tentando di non cadere nè nella falsa retorica, nè in soluzioni affrettate e di individuare i canali sui quali indirizzare nuovi impulsi per un più vivo interesse pubblico.
Per ricercare i motivi di questa crisi ci sembra si possa almeno in parte risalire alla forte delusione per le aspettative create dal movimento nel '68 e in seguito non attuate.
Non volendo cadere in luoghi comuni vorremmo dare a questo aspetto della nostra analisi una conformazione più concreta, indicandone due lineamenti particolari. L'eccessiva speranza posta in queste aspettative e la diseducazione a tempi lunghi per la costruzione di nuovi progetti, cioè a tempi politici, i tempi necessari per una costruzione lenta e non illusoria di qualsiasi piano.
La sfiducia riscontrabile nell'opinione pubblica per le molte parole dette a cui però non sono seguiti dei fatti a causa anche dell'avvallo delle diverse azioni intraprese, dovute sia alla gestione non sempre accorta dei vari centri di potere sia allo scarso potere decisionale concesso ai vari organi di decentramento.
Troppe volte infatti si sono coinvolte molte persone in iniziative senza possibilità di sbocco e si è alienata la loro sincera partecipazione riconducendo ancora tutto alle sottili e diplomatiche soluzioni verticistiche.
E allora noi pensiamo che un modo per ravvivare nuovamente l'interesse della gente, e in particolare quella del nostro quartiere, debba essere quella di cercare momenti aggregativi che partano dalla realtà quotidiana e che contribuiscano realmente a gestire la vita pubblica.
Solo rendendosi conto che il proprio apporto è veramente incidente e può contribuire a dare un volto nuovo al quartiere le persone saranno incoraggiate a sentirsi responsabili non solo dei successi, ma anche dei fallimenti e al duro e paziente lavoro necessario comunque.
Quindi ci sembra che l'operazione da condurre possa essere diretta sia sul piano teorico, facendo conoscere maggiormente alla cittadinanza il consiglio di zona e i suoi poteri o pubblicizzando le riunioni e il lavoro intrapreso dal consiglio e dalle varie commissioni, ma anche con azioni pratiche che riescano ad andare incontro agli interessi comuni.
Per esempio è certamente importante creare centri di ritrovo per i giovani, che sentono più degli altri il
senso di disorientamento e di crisi della nostra società, dandogli la possibilità di organizzarsi il loro tempo libero, educandosi ad una maggiore socializzazione. (Certamente il centro sociale ora nascente potrà rispondere a questa domanda e bisognerà per questo dargli l'appoggio sufficiente).
Ma si potrebbe anche proporre la formazione di un nuovo mercato rionale, dato che nella zona Venezia scarseggiano, o interessarsi dei servizi mutualistici del quartiere e comunque occuparsi dei servizi pubblici della zona, come in certi casi si sta già facendo, o sviluppare il tentativo già iniziato di decentramento dell'organizzazione culturale.
Queste naturalmente sono solo alcune delle tante proposte possibili.
Quindi se pur dobbiamo fidare che chi già partecipa alla vita pubblica persista nel suo impegno e chi potrà accingersi ad esso in futuro, senta più forte il senso di responsabilità civile e politica, dobbiamo imparare a non deludere nè gli uni nè gli altri, proponendo iniziative che interpretino le reali esigenze della popolazione della zona e che aprano almeno uno spiraglio di realizzazione di esse.
Elisabetta Nigris Per i giovani Socialisti della zona 3
renyEmA. A- )GENTINA BEN IN
Pag. 10 PORTA () vENEzmu n° 6 - Giugno Luglio '78
n° 6 Giugno Luglio '78
I ristoranti di Porta Venezia
Le penne "alle vedute"
"Le Vedute", la trattoria toscana che si trova in viale Tunisia angolo via Tadino, è aperta dal 1968. I gestori, marito e moglie, sono ... "figli d'arte". Lui infatti, prima di aprire un proprio ristorante faceva altrove il cameriere. Lei, prima di sposarsi, aiutava il padre, anche lui proprietario di un ristorante.
Pratici, dunque, del mestiere, aprono questo locale. "C'è da lavorare moltissimo — dice la signora — praticamente si è sempre qui dentro. La mattina per preparare per il pranzo; poi un intervallo tra le 15 e le 18 e di nuovo qui per la cena".
Il ristorante, in effetti, è sempre affollato. All'ora del pranzo è pieno di impiegati che lavorano nelle vie adiacenti. Se si vuole pranzare è meglio prenotare. Ma anche la sera è meglio telefonare per evitare di trovare il "tutto esaurito".
Oltre ai due proprietari lavorano Alle Vedute due camerieri che, ci dice la signora, sono lì da sette-otto anni. Più difficile invece, trovare il cuoco "stabile". La difficoltà maggiore è l'orario.
Ora ci sono gli orari di lavoro precisi, fissati: alle 14 di giorno e alle 22
di sera la cucina chiude. Prima di una regolamentazione in questo senso i lavoratori della cucina erano praticamente a tempo pieno. Quando il tempo lo permette, oltre al localone interno, con alcune siepi messe sul marciapiede di viale Tunisia e alcune tende, viene sfruttata la possibilità di mangiare all'aperto. Mangiare, appunto. Abbiamo "saltato" l'antipasto per quanto invitante (peperonata, insalata russa, pescetti, eccetera) e abbiamo ordinato subito i primi. Di rigore le pennine alle Vedute che consistono in penne piccole (evidentemente) con fegatini, funghi e piselli. "Molto buone" — dice il compagno che se le gusta. Altro primo da assaggiare le pennini, alla dodora (sempre penne piccole con sugo di pomodoro, basilico, formaggio fuso e peperoncino i cui effetti vanno smorzati con il vino rosso della casa. Per chi piace il riso: molta approvazione ha avuto il riso nero con le seppie. Per i secondi: grande scelta per quanto riguarda il pesce; la zuppa di pesce era molto richiesta come anche gli scamponi alla griglia. Per parte nostra abbiamo ordi-
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nato zuppa di cozze e vongole che a parere della Daniela era ottima. Per quanto riguarda la carne, classica la grigliata mista. Buoni gli arrosti. Visto poi il tempo, ormai stabilitosi verso il bello, ci sono anche piatti di carne fredda. Gelato e frutta al termine. Per finire, visto che ci si trova in una trattoria toscana sono da assaggiare i cantucci (biscotti con mandorle e anice) e i brigidini (cialde sottili di farina, zucchero e anice). Il costo di un pasto medio (primo, secondo con contorno, gelato o frutta, vino, acqua e caffè) lire seimila.
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Tra i provvedimenti antiterroristici contenuti nel D.L. 59 varato all'Indomani del tragico rapimento dell'On. Moro, c'è n'è uno: l'art. 12 che riguarda molti cittadini e che ha sollevato polemiche soprattutto per l'effetto retroattivo della legge e per la durezza delle pene previste per I trasgressori. Le varie associazioni dei proprietari di immobili hanno già inoltrato all'Autorità competente richieste di modifiche. Detto articolo stabilisce l'obbligo di denunciare all'Autorità di P.S. la cessione a qualsiasi titolo (vendita, affitto, uso gratuito) di case, appartamenti, negozi, box, uffici ecc.. entro le 48 ore prevedendo per i trasgressori l'arresto da sei mesi ad un anno con l'ammenda da 1 a 5 milioni. L'obbligo si estende ai contratti stipulati success;vamente al 30-6-77 con solo pene Pecuniarie per i trasgressori. Del controllo delle denunce è stata inca-
ricato la DIGOS (ex ufficio politico della Questura). In questi due mesi le denunce pervenute ai Commissariati di P.S. nella nostra zona sono migliaia; bisogna tener conto però che in questo periodo si sono accumulate le denunce del contratti stipulati dal 30-6-77 al 21-3-78, (data dell'entrata in vigore della legge).
Molte sono anche le richieste di chiarimenti, informazioni che le Autorità di P.S. ricevono e non di rado sono costretti a respingere denunce sbagliate. Questo succede principalmente per due motivi: uno è che la denuncia va presentata all'autorità di P.S. ove è situato l'Immobile ceduto e non in quella ove abita II proprietario. L'altra è che la divisione comunale in zone non corrisponde alla divisione territoriale della Polizia. Nella zona 3 grossomodo I numeri dispari di C.so 8. Aires e le vie. retrostanti (per Intenderci la parte
verso la Stazione Centrale) dipendono dal Commissariato dl Via Schiapparelli mentre i numeri pari e vie retrostanti dipendono da quello di via Cadamosto. Con la legge sono apparsi tempestivamente anche i moduli prestampati, anzi si dice che l'hanno addirittura preceduta, alimentando cosi li già fiorente commercio degli stampati utili ed inutili che alcune Case editrici da anni hanno messo In piedi. Ottemperare all'obbligo previsto dall'art. 12 è comunque molto semplice; basta scrivere i dati anagrafici di chi cede, data della cessione, tipo dell'immobile e dati dl chi acquista, affitta o usufruisce a titolo gratuito con i riferimenti di un documento, in duplice copia se spediti con Raccomandata R.R. ed in triplice se si consegna direttamente.
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I guai dell'articolo 12
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PORT A A1J /1
VENEZI
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DALLA PRIMA Intervista al responsabile della commissione bilancio del Comune
Rinnovo del C. d. Z.
coordinare lo sviluppo delle attività commerciali, industriali e culturali, l'andamento dei trasporti e del traffico, pubblici e privati.
Per oltre due decenni le Giunte di Centro e di Centro Sinistra erano state incapaci politicamente di proporre alla città un Piano Regolatore. La Giunta di Sinistra vi è riuscita nel giro di due anni.
I problemi del territorio e della casa sono di grande interesse nella nostra zona dove numerose sono le case degradate, alta la presenza di inquilini anziani che vi abitano da molti anni, mentre è in corso il tentativo da parte di certa proprietà di liberarsi di questi stabili con le vendite frazionate degli appartamenti in qualsiasi condizione essi siano. A Porta Venezia, come in tutte le zone più centrali di Milano, è impossibile alle giovani coppie trovare un alloggio. Se ne devono andare fuori città o nella più lontana periferia. Il risanamento igienico ed edilizio di queste vecchie case per recuperarle a normali condizioni di abitabilità è uno dei problemi di maggiore importanza che il nuovo Consiglio della Zona dovrà affrontare.
Così come lo sono le questioni della scuola e non solo sotto il profilo della edilizia. Didattica, attività culturali e del tempo libero, il legame della scuola con il quartiere e con le famiglie ci devono interessare tutti: nel Consiglio di Zona, nel Distretto e nei diversi consigli di istituto, come forze politiche, culturali e sindacali.
Da poco tempo è entrata in vigore la legge 382 che regolamenta in modo del tutto nuovo le attività assistenziali e che affida ai Comuni compiti mai avuti nel passato poichè molti enti ed istituti, un tempo autonomi, sono stati sciolti e le loro funzioni passate agli enti locali. Basta pensare all'Ente Comunale di Assistenza. Anche a questo proposito si apre un nuovo campo di lavoro per il Decentramento che interessa un grande numero di cittadini, di pensionati e di persone anziane. Per ultimo, come tema di carattere più generale, vale la pena di sottolineare che in una zona come Porta Venezia hanno una particolare importanza i problemi del lavoro, del commercio, dell'artigianato, problemi che sinora il Consiglio di Zona non ha affatto affrontato in maniera soddisfacente come è avvenuto per quelli della igiene e della sanità in vista della riforma sanitaria.
È giusto concludere dicendo che almeno tre problemi concreti, che esigono una immediata soluzione sono sul tappeto. Il primo è quello del recupero a verde e per la costruzione di un asilo nido dell'area di via Venini. E qui siamo abbastanza a buon punto. li secondo è quello della costituzione di un centro sociale per i giovani i cui locali sono stati individuati nello stabile di via Settembrini 4 di proprietà dell'Amministrazione Provinciale; il terzo è la sistemazione organica a verde, con nuovi campi gioco per i bambini del viale GB Morgagni. Questa sistemazione è prevista nel Piano Pluriennale di Attuazione del PRG anni 19771980 approvato lo scorso anno dal Comune.
Potremmo indicare altri argomenti di lavoro e di lotta, primo fra tutti la costituzione di un consultorio, vivamente richiesto da molte donne e dalle loro associazioni.
per gli
È stato presentato recentemente dalla Giunta comunale il bilancio preventivo 1978, il terzo dell'attuale amministrazione nata nel luglio del '75.
"Porta Venezia" anzichè dare l'arido elenco di cifre di cui un bilancio si compone, e che, del resto, la stampa quotidiana ha minunziosamente sviscerato, ha voluto far conoscere ai lettori i criteri che hanno informato l'atto più importante della vita amministrativa di un comune.
A tale scopo abbiamo posto alcune domande a Roberto Camagni consigliere comunista responsabile della commissione bilancio del Comune.
Con la stesura del bilancio preventivo quale ruolo avete voluto dare alla città in rapporto al resto del paese?
Già in occasione del dibattito sul Bilancio Prev. 1976 ponemmo con forza il problema del rapporto tra crisi del paese, in particolar modo quella economica, ed Enti locali. Ci assumemmo infatti la responsabilità di promuovere una riflessione sul concetto che vedeva assegnare agli Enti locali un esclusivo compito di erogatore di servizi. Ci sembrava questa una visione limitata che non sviluppava un ruolo nuovo da identificarsi nell'azione dei comuni compartecipi e protagonisti di un processo economico più generale, attraverso un'azione di rinnovamento e di risanamento.
Questa crisi, la sua peculiarità, la sua natura e le sue origini richiedevano un ampio utilizzo di risorse anche private. Vasto interesse suscitò la nostra proposta tesa a far diventare il Comune punto di riferimento di iniziative economiche diverse ed articolate. Nella città si aprì un dibattito del quale ora possiamo cogliere i risultati positivi (basti ricordare a tal proposito i rapporti con il mondo economico sia del commercio che dell'edilizia, con i quali si stanno definendo importanti atti concreti). Facemmo inoltre, nostro il principio che occorreva amministrare
la nostra città guardando a tutto il Paese ed essere conseguenti con atti e provvedimenti. Questa posizione venne anche assunta come partecipazione del nostro Comune ad un impegno unitario con gli altri Comuni per ottenere una nuova legge sulla Finanza locale. Ed anche qui a differenza del passato, venne sviluppata un'azione unitaria, la quale fece in questo caso giustamente sentire il suo peso ed il suo prestigio contribuendo a redere operativi alcuni risultati di riforma.
— Quale risposta potete dare ora ai cittadini che il 15 giugno 75 confidarono in un nuovo modo di governare?
— Anche il giusto e preoccupante interrogativo "c'è stata la svolta nel modo nuovo di governare" ha trovato e trova tutt'ora una puntuale risposta nella politica e nei comportamenti della maggioranza. Si è difatti superato l'intervento sul solo singolo atto, la politica episodica e casuale del singolo intervento assumendo come metodo la programmazione e la pianificazione.
Tutto questo avveniva e purtroppo avviene tutt'ora in un preciso contesto economico dal quale nessuna forza politica onesta e seria può prescindere:
- un processo inflazionistico molto alto
- una sempre più marcata esiguità di risorse a disposizione degli Enti Locali - una incertezza dì prospettive legislative che non consente di elaborare piani organici di più ampio respiro.
Si aspettava, ed era stato a tal fine assunto preciso impegno, per il 1977 una riforma organica della Finanza Locale. Venne invece un provvedimento tampone che consente solo di preparare i Bilanci per il 1978. Abbiamo lavorato per modificare profondamente la prima stesura del Decreto Stammati bis ed in parte ci siamo riusciti. Alcuni aspetti positivi sono emersi anche se permangono contraddizioni ed incertezze.
Ciò che è necessario dire per concludere queste note è che non sarà sufficiente il rinnovo dei Consigli di Zona per risolvere davvero i problemi che abbiamo tratteggiato. Decentramento e nuovo modo di governare Milano significano impegno e mobilitazione concreta dei cittadini. dei giovani e delle donne in particolare. Significano più vita democratica di quanto sinora ve ne sia stata. IMPIEGATI
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Quali ritenete che siano i punti più qualificanti contenuti in questo bilancio preventivo?
Noi ci siamo posti una serie di interrogativi:
- quale rapporto deve esistere tra spesa corrente ed investimenti, come una inversione di tendenza a favore di questi ultimi inviata nel 75.
- quale quota di investimenti addizionali è necessario per case, trasporti, settore idricofognario.
- quali le risorse per finanziare i piani.
- quali i tempi di esecuzione.
- quale l'impatto con la città in riferimento agli investimenti indotti e conseguenti dalle nostre scelte.
Dare preliminarmente una risposta a queste nostre considerazioni significa comprendere sino in fondo, e senza accenti strumentali la valutazione politica della nostra scelta (non accettare supinamente la crisi il suo superamento con generici appelli al mercato, ma ricercare elementi di cambiamento, di mutamento dei rapporti. Un fatto comunque non può essere sottaciuto e riguarda oltre ai contenimento ed alla riqualificazione della spesa corrente, il notevole sforzo per gli investimen-
ti. La cifra prevista di 269,5 miliardi è considerevole (70% in più del 76). Essa infatti vuole superare la logica che assegna agli Enti locali in occasione del processo inflazionistico, una visione subalterna dello sviluppo tendente a sventare le reali capacità di Governo, e facendo assumere le grosse decisioni che condizionano la vita della città sempre in sedi esterne a quelle locali.
Riteniamo questo un impegno politico forse ambizioso ma per taluni aspetti realistico se si pensa ad esempio che nel 1977, in un periodo di stretta creditizia si riusciva a recuperare sul mercato del credito 160 miliardi.
Questa è la nostra risposta a coloro che sollevano la questione della decadenza dì Milano. Non vogliamo riprendere polemiche, o riaprire dispute nominalistiche, ma invitare le forze politiche a una riflessione attenta nel merito delle nostre proposte.
Noi siamo convinti di aver dato una risposta al rubi() che deve assumere Milano in questa crisi, al suo sviluppo alla sua crescita. Su questi temi riprendendo l'appello del Signor Sindaco auspichiamo un confronto sereno nel supremo interesse della città.
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