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Subito la scuola in via Cesalpino, a primavera il nuovo ponte sulla Martesana. Giù le mani dell'area di via Conegliano.
Questi gli obiettivi immediati dei quartieri. Ma ci si batte anche per una nuova assistenza (CIBO, ragazze madri, handicappati)
Il mese scorso è stato denso di attività per i comitati di quartiere operanti nella zona 10. Se dobbiamo limitarci a citare gli impegni di lotta dei gruppi rappresentati nella nostra redazione, accanto alle mobilitazioni di vecchia data, come quella per la scuola a Ponte Nuovo il rifacimento dal ponte sulla Martesana tra via Ponte Nuovo e via Arici; e quella delle ragazze-madri di via Pusiano, se ne sono aggiunte altre molto importanti come quella a sostegno della lotta dei giovani disoccupati del CISOANAP di via Adriano 60, degli insegnanti della scuola per « subnormali » Abetina, traslocati nello scantinato di via Padova 116, e quella per l'ottenimento del parco Martesana e dell'asilo-nido in via Liscate.
Di tutte queste lotte parliamo in questo numero del giornale. Ci preme qui introdurre due discorsi a proposito di queste lotte. «91e3
Il primo discorso riguarda il valore dei comitati di quartiere, della loro presenza a fianco degli sfruttati, per una soluzione giusta degli enormi problemi che emergono ad ogni piè sospinto in tutto il territorio. E' facile infatti constatare, grazie appunto alla presenza dei comitati, la gravità del problema abitazione per certe famiglie costrette dal basso salario a vivere in vecchie case lasciate in abbandono dal padrone che non interviene, se non per esigere il pagamento dell'affitto e delle spese, perché vuole che gli inquilini se ne vadano, dove non lo riguarda. Sono i casi della parte vecchia di via Tanaro, via Meli, via Cesarotti, via Perticari ad es. nel solo quartiere Ponte Nuovo; le continue lamentele che ci fanno pervenire cittadini di qualsiasi quartiere (quando per es. diffondiamo il giornale nelle famiglie) per la mancanza di verde, di spazi di gioco per i bambini, di nidi d'infanzia che consentano maggiore
tranquillità a chi causa il lavoro, non può accudire ai propri bambini durante la giornata. Ma a questo punto, i comitati che pur conoscono la vastità di questi problemi e hanno la perfetta consapevolezza della loro gravità, devono far sempre i conti con le possibilità concrete di portare avanti l'impegno per tutte queste lotte. Non è sufficiente infatti per i comitati aver individuato e denunciato l'esistenza di gravi problemi, perché tale realtà indica anche la presenza di qualcosa di potente e di qualche personaggio soprattutto che continua a sentirsi protetto e per questo può permettersi di creare tali situazioni gravi: esistono i padroni di casa che sono generalmente impuniti, esiste il Comune di Milano che è immobile e lascia compiere ogni genere di speculazione e non delibera le realtà più urgenti per la città (scuole, verde attrezzato, parcheggi, case popolari ecc.); esistono i padroni delle industrie che premono ed ottengono l'aumento dei prezzi dei loro prodotti, che inquinano ecc. E' quindi necessario lottare in modo organizzato e continuo contro queste forze e questi immobilismi della civica amministrazione perché solo tale tipo di lotta sarà in grado di sconfiggere padroni e Comune che hanno le mani in pasta e sono profondamente compromessi. Per questo occorre rafforzare i comitati di quartiere, partecipare alle loro assemblee, ma soprattutto entrare a far parte dei comitati, sostenerli perché possano essere all'altezza delle lotte che intraprendono.
Il secondo discorso riguarda un certo scetticismo presente nei cittadini per un partecipazione effettiva alle lotte. Con questo assenteismo cinquant'anni fa ci siamo ritrovati il fascismo in casa e l'abbiamo lasciato prosperare.
Il Cile ora potrebbe insegnare a non confidare troppo in certe maggioranze ed in certe istituzio-
ni democratiche, se non si è impegnati nella mobilitazione per salvaguardare i nostri diritti. Che sono anche quelli di avere una scuola, una casa, il verde e gli altri servizi sociali.
La democrazia non sta nel poter dire e pensare quello che si vuole: in questo indubbiamente si sono fatti degli enormi passi in avanti, ma non c'è da menare gran vanto. Le trame nere esplodono da tutte le parti, tutti i
giornali ne parlano, ma chi colpisce i responsabili? Così è delle intercettazioni telefoniche, del crollo dell'economia; tutti ne parlano, ma è sufficiente? No, anzi il sentir continuamente parlare di queste cose, senza mobilitarsi, senza darsi da fare, senza lottare è estremamente pericoloso: porta a poco a poco a farci l'abitudine e, cosa più grave, a retrocedere. Finché non pagheremo « salato » di persona.
IMPEDIRE LO SMANTELLAMENTO DELLA «CASA»
Si è ricostituito attorno ai comitati di quartiere Ponte Nuovo e Crescenzago e con l'apporto determinante di alcune esponenti del Gruppo di Lotta Femminista un Comitato di lotta delle ragazze-madri di via Pusiano 22, col preciso compito di rilanciare con uno schieramento più ampio possibile la lotta contro lo smantellamento della « Casa della Madre e del Fanciullo » sito appunto in via Pusiano. Il continuo dialogo fra i comitati e le madri ha permesso lo stabilirsi di un rapporto sereno e continuo che consente di affrontare tutti i problemi che una ragazza in quelle condizioni deve affrontare come donna e come madre e di approfondire le esperienze passate per trarne un insegnamento sulla società in cui viviamo e nella quale la ragazza dovrà ben presto reinserirsi.
Questo dialogo ha mostrato che è veramente possibile e niente affatto avventuristico il discorso sulla gestione da parte del quartiere di queste esperienze assistenziali; anzi che proprio, senza la barriera e gli schemi istituzionali (che fanno di ogni istituto assistenziale anche il più avanzato un luogo chiuso, un collegio, un luogo di controllo e di repressio-
Due denuncie da fare
Come è noto, per la scuola di via Cesalpino, prima di giungere all'inizio dei lavori dovrà andare in porto la delibera riguardante il progetto e l'ordinanza d'esproprio da parte della Regione.
ne, una realtà che non educa, qualcosa che impedisce la completa apertura e maturazione delle ospiti) è possibile fare qualcosa di veramente educativo.
Questo dialogo ha dato la possibilità al Comitato di lotta di uscire con un documento di 16 pagine in cui è raccolta la storia della « Casa », la cronaca della lotta, le riflessioni portate avanti con le madri sulla lotta, sui suoi obiettivi; le testimonianze di alcune madri sulla propria situazione e le proprie difficoltà. Il documento si conclude con il testo di una piattaforma di lotta che il Comitato propone alle forze della fabbrica, del quartiere, della scuola, nonché a tutte le forze politiche.
Riproduciamo qui sotto soltanto la piattaforma di lotta, mentre preghiamo tutti i nostri lettori di farci richiesta di tutto il documento, per essere meglio a conoscenza del senso che diamo a questa mobilitazione. Questo documento dovrà essere reso pubblico anche davanti alle fabbriche e alle scuole.
e A PAG. 2
Il racket delle braccia del CISO-ANAP pag. 4-5
La situazione assistenziale a Ville Turro e la selezione al Trotter pag. 5-6
Lotta per una organizzazione popolare del territorio
All'inizio di ottobre l'Assessore Bonatti ci aveva assicurato che solo la crisi della Giunta Municipale impediva l'approvazione del progetto. Questo non corrisponde a verità perché una nostra delegazione ha appurato che il progetto è sì pronto, ma il testo della delibera da approvare in Giunta con tutti i dati non è stata ancora fatta. Perché non si è utilizzato il tempo di crisi amministrativa per mandare avanti queste cose? Perché quando noi avevamo detto all'assessore Bonatti che la crisi non doveva servire da paravento alla mancanza di volontà politica di fare le cose, ha fatto finta di inquietarsi e ci ha assicurato che ora soltanto la paralisi della Giunta ad impedire che le cose andassero avanti? A queste precise accuse il signor Bonatti deve rispondere, perché non è la prima volta che imbroglia le carte e prende per le tasche la gente. E non solo la gente di Ponte Nuovo. Abbiamo avuto occasione di incontrare al suo Assessorato altre delegazioni con le stesse lamentele.
E' questa l'immagine dell'uomo politico che intende offrirci il signor Bonatti p.s.d.i.? Perché infatti dall'ufficio dell'ing. Centonze ci è stato detto che non dovevamo prendercela con l'ingegnere, ma con Bonatti perché se le cose stanno ferme è perché lui vuole che stiano ferme?
E i suoi amici di Giunta gli lasciano gestire in questo modo gli impegni assunti da tutta l'Amministrazione?
pag. 8
Per l'esproprio poi tutto è ancora fermo perché esiste un certo ing. Autieri che da due mesi non intende passare le misurazioni dell'area di via Cesalpino all'ufficio espropri. Perché? Non abbiamo ancora avuto il bene di saperlo. Non riceve e non parla con nessuno. Ma chi lo ha messo lì, chi lo comanda, ci chiediamo? Ancora l'Assessore Sonetti?
Un documento del comitato di lotta delle ragazze-madri
Lire 100 Anno 5° Ä PERIODICO MENSILE DELLA ZONA 10 0 N. 12 dicembre 1973 Ä
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L'AREA DI VIA CONEGLIANO
Una vicenda da non dimenticare una lotta da riprendere
Una vicenda da non dimenticare, una lotta da riprendere.
Abbiamo già riferito più volte che il quartiere che ci troviamo ad abitare è molto carente per quanto riguarda i servizi pubblici, e cioè che mancano scuole a tutti i livelli, centri sportivi e culturali ecc.
Abbiamo già anche parlato del fatto che esiste un'area abbastanza ampia compresa tra le vie Leoncavallo, Padova, Conegliano e Fanfulla da Lodi, che è attualmente libera in attesa di essere edificata. E' forse utile parlare più a fondo di questa area perché offre un esempio illuminante di quale sia il tipo di « sviluppo » che rischia di subire il nostro quartiere.
Fino ad alcuni anni fa in quell'area esistevano case a ringhiera come negli isolati accanto, poi la proprietà decise che queste non rendevano più in maniera sufficiente e decise di abbatterle. Dopo averle lasciate andare in rovina per vari anni, rubando i soldi delle spese, che non effettuava, agli inquilini, iniziò le procedure necessarie per lo sfratto. A questa manovra gli inquilini tentarono di rispondere unendosi fra di loro, ma purtroppo dopo un certo periodo di lotta isolata furono sconfitti ed obbligati ad andarsene. Anche se la lotta riuscì a strappare al padrone una certa somma di buona uscita.
Dopo lo sfratto le persone che abitavano quelle case, essendo o dei lavoratori o addirittura dei pensionati, non potendo permettersi le 4060 mila lire al mese che un alloggio in zona richiedeva, dovettero trasferirsi chi a Cinisello, chi a Quarto Oggiaro o in posti simili. Chiaramente, risultando allontanati da tutto quello che era il loro giro di amicizie e di conoscenze ne ebbero dei disagi gravi; quelli che, essendo ancora giovani, lavoravano, si trovavano ad essere decentrati e lontani rispetto al posto di lavoro, mentre quelli più anziani risultavano ancora più disagiati perché era loro praticamente impossibile ricostruire quel giro di amicizie che li sosteneva qua nel quartiere, ciò proprio perché erano anziani.
A questo punto l'area era stata liberata, le case abbattute e, in attesa di ottenere dal Comune la licenza edilizia per case di lusso, su una parte di quel terreno costruirono il distributore della ESSO, che tutt'ora la nasconde a chi passa da via Leoncavallo. Questo è stato costruito con lo scopo preciso di mascherare la reale ampiezza dell'area Ä
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Anno V - n. 12 - dicembre 1973
Periodico mensile della Zona 10
Direttore responsabile:
Giovanni Manara
Direzione - Amministrazione
Via Caroli 8
20128 Milano
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Stampato presso la Tipografia
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Registrazione N. 192 - 11 Maggio
1970 presso il tribunale di Milano
agli abitanti del quartiere, e di dare un utile per il periodo in cui l'area non è edificata e quindi non rende alla proprietà, ma è già previsto il suo abbattimento quando il piano dei padroni arrivi a conclusioni.
L'anno scorso inoltre si è registrato un fatto nuovo, alcuni comitati e collettivi della zona, resisi conto del problema, iniziarono una mobilitazione per ottenere che quell'area dalla quale erano stati brutalmente scacciati i proletari non fosse destinata a edilizia di lusso, ma piuttosto all'edificazione di scuole o case popolari o in ogni modo un servizio pubblico per quelli che erano rimasti. Infatti la costruzione di case di lusso avrebbe solo ottenuto l'effetto di accrescere l'affollamento nelle scuole e di rendere più cari gli affitti delle case vicine. Così furono raccolte firme di cittadini per ottenere tutto ciò.
Con queste si mobilitò il Consiglio di zona dieci della ripartizione decentramento del Comune e dopo una serie di pressioni si ottenne che questo si mettesse in contatto con la ripartizione edilizia del Comune stesso, per sottoporgli il problema. Si arrivò così all'incontro tra un rappresentante della proprietà, un rappresentante del Comune nella persona dell'assessore e due rappresentanti del Consiglio di zona. E qui appunto la sfacciata disonestà dei padroni venne fuori in maniera lampante. Infatti il loro rappresentante, in sostanza, disse che sapeva benissimo che era possibile, secondo la legge, destinare quell'area ad utilizzo sociale e che questo era necessario al quartiere, ma che, se il Comune avesse deciso l'espropriazione, la proprietà, intentando un processo che sapeva già prima di perdere, avrebbe fatto passare almeno sette anni in lungaggini burocratiche per impedirne l'uso.
A questa posizione l'assessore rispose che, visto questo e dato che le scuole ci volevano subito, bisognava rinunciare a quell'area e cercarne altre per costruire subito le scuole.
Ora bisogna notare due cose: la più importante è la posizione profondamente falsa dell'assessore, è chiaro che le scuole ci vogliono subito, ma questo vuoi dire che il Comune deve sbrigarsi subito ad espropriare quell'area perché nelle vicinanze non se ne trovano altre oppure vuole anche lui, per far spazio alle scuole, abbattere case dei proletari?
Vi è poi da dire che, se si cede ad un ricatto del genere, tutti i proprietari della zona lo ripeteranno e allora le scuole dove le facciamo? E infine se proprio non si riesce a sbrigarsi prima di qualche anno, la lotta va fatta lo stesso, forse che fra sei o sette anni non ci vorranno più scuole? Si vede cioè come l'assessore, fingendo di guardare gli interessi immediati degli abitanti, faceva in realtà l'interesse dei padroni.
Per quanto riguarda il padrone, fa poi piacere notare come la difesa della legalità e dell'ordine, tutta presa in altre faccende, non si accorga di queste « legali » violazioni dei diritti, pur esse legali, dei proletari.
Si è così finalmente arrivati a quest'anno: purtroppo la lotta non è ancora ripartita e ovviamente il Comune tace e spera di poter concludere in silenzio le sue porcherie con la proprietà; è però nostro compito non lasciar morire la cosa, bisogna al più presto ricominciare la lotta e la mobilitazione intorno a questo problema; questo articolo è un primo tentativo, ma chiaramente bisogna andare avanti fino ad imporre la nostra volontà alla proprietà e al Comune.
C.d.Q. Leoncavallo
via Pusiano 22
Il Consiglio di zona 12 permane nel suo silenzio e nel suo immobilismo ed intanto dalla Provincia continuano a piovere ordini chiaramente orientati allo smantellamento della « Casa » di via Pusiano. Smantellamento che noi avevamo chiaramente visto nelle manovre della Provincia fin da luglio e per averle denunciate ci siamo attirati le antipatie di coloro che volevano condurre in porto l'operazione in silenzio e senza troppa opposizione. Tra questi, purtroppo, lo diciamo con molto rammarico, anche il p.s.i. e il p.c.i. che hanno abbandonato il comitato di lotta di luglio, hanno firmato delle deboli petizioni insieme al consiglio di zona, e ci hanno liquidato con la solita scomunica di comodo di « estremisti » « avventurasti » e via dicendo. Con questo discorso non vogliamo far di ogni erba un fascio e mettere sotto accusa tutta la politica nazionale di un p.c.i. di un p.s.i., ma è evidente e lo dobbiamo dire per correttezza, soprattutto per i militanti sinceri di quei partiti, che si doveva agire in ben altro modo e non limitarsi ad una debole denuncia, attendendo, per proseguire nella lotta, che arrivi a tanto coraggio anche la d.c.. Manca decisamente infatti nella d.c. locale qualsiasi sintomo di risveglio sociale che invece possiamo per esempio constatare in alcune comunità cristiane di base, nella sinistra a.c.l.i., ed in qualche caso isolato a Milano e nel paese. Si è fatto di tutto, dai partiti al consiglio di zona, per rendere perdente quella lotta e far passare la tanto recriminata ristrutturazione di Agostoni. Comunque da parte nostra riteniamo che, anche in queste condizioni, la lotta vada portata avanti, cercando di coinvolgere direttamente il mondo del lavoro (sindacati, consigli di fabbrica, operai particolarmente coscienti della necessità di questa lotta). E' quanto è stato fatto con la costituzione del Comitato di lotta delle ragazze-madri di cui abbiamo parlato più sopra.
A nostro avviso infatti qui, su questo piccolo fronte, si può combattere la grossa battaglia sulla assistenza. Non è nostra intenzione salvare l'istituto « Casa della madre e del fanciullo » in sé e per sé, quasi avesse pregi grandiosi che non si possono assolutamente perdere. Niente affatto. Sappiamo bene che dietro la facciata di propaganda voluta dalla Maria Luisa Cassanmagnago (d.c.) per essere eletta senatrice e per coprire la solita assistenza-beneficenza paternalistica della Provincia non ci sta nulla di straordinariamente nuovo (vedi l'ampia documentazione sulla casa di via Pusiano e sulla posizione da prendere in merito, su MILANODIECI pag. 4/5 dell'agosto-settembre 1973 — La casa di via Pusiano; Una soluzione per il problema). Noi vogliamo invece salvare l'Istituto ma in un altro modo. Vogliamo l'Istituto come luogo in cui si può realizzare un'assistenza nuova che consenta l'inserimento naturale e graduale delle madri nella società.
Ciò è possibile attraverso il contatto continuo con il quartiere, attraverso dibattiti aperti sui temi più veri, più attuali della società, attraverso dibattiti sui problemi più sentiti dalle madri che siano stimolate ad esprimersi in prima persona, a dialogare e dibattere con tutti e non più a ricevere consigli privati dalla tanto decantata équipe psicologica a scambiare le proprie idee per-
sonali da sole con l'assistente sociale in un'atmosfera che in taluni casi può essere irreale e condizionatrice. Se noi riuscissimo (in parte abbiamo già sperimentato che è possibile farlo per l'esperienza che abbiamo avuto attraverso il Comitato di lotta) se noi riuscissimo a dar vita a questo tipo di rapporti fra madri e gente del quartiere, fra madri e lavoratori, fra madri ed educatori, fra madri e gente politicamente impegnata, in un contesto sempre aperto, nel più ampio confronto di idee su problemi reali della vita sociale, della famiglia, della sessualità, del rapporto col figlio, del mondo del lavoro, delle condizioni in particolare della madre lavoratrice ecc., riusciremmo a riinventare la vera assistenza e a fare di via Pusiano, dalla base, un autentico esperimento pilota, da estendere a tutti gli istituti non solo per ragazze-madri, ma di ogni genere. Questo è ciò che vogliamo realisticamente e con una concezione politica ben precisa dell'assistenza e per questo continuiamo questa battaglia che dovrebbe essere fatta propria da tutti i lavoratori e da tutti i democratici della zona.
Ma è appunto questo che la d.c. non vuole; le scapperebbe di mano questa enorme speculazione che è l'assistenza in Italia ed il mezzo più efficace per tenere le persone in una posizione sempre sottomessa, mai libera.
C.D.Q.P.N.
Par il rilancio della lotta delle ragazze madri
A causa della mobilitazione creatasi intorno alla situazione delle ragazze madri di via Pusiano 22, l'assessore Agostoni e la Amministrazione provinciale non sono riusciti a sfrattare le ragazze madri dall'Istituto, come avevano deciso di fare fin dal febbraio 1973. Non per questo hanno rinunciato al loro scopo che è ormai abbastanza evidente: — utilizzare la Casa di via Pusiano per altre destinazioni e mettere fine alla cosiddetta « sperimentazione di vita collettiva e di reinserimento sociale delle ragazze madri ». — allontanare le ragazze madri che sono ancora nell'Istituto.
La Provincia usa in questo momento una specie di repressione « strisciante », fatta di disciplina più rigida, ricatti, minacce. Nessuna delle forze politiche presenti nel Consiglio provinciale o nel Consiglio di Zona comunale si oppone validamente a questo stato di cose. Occorre rilanciare la lotta delle ragazze madri e ricreare intorno ad essa un movimento di massa con le forze del quartiere, delle fabbriche e delle scuole. La lotta delle ragazze madri è una lotta contro le mistificazioni dell'assistenza democristiana e borghese, contro le condizioni di oppressione che subiscono in primo luogo e specificamente le donne proletarie. La ripresa della lotta (anche a livello di propaganda, di stampa e di opinione pubblica) deve avere al centro questi obiettivi chiari ed immediati: Garanzia concreta che la Casa non venga chiusa o destinata ad altri usi.
Nessuna ospite deve essere allontanata e si deve dare la possibilità ad altre madri di abitare nella Casa, senza distinzioni fra maggiorenni e minorenni.
Nel quadro dei diritti per cui lottano tutti i lavoratori, le ragazze
madri rivendicano concretamente il riconoscimento del diritto alla casa (ad affitto al 10% del salario) alle ragazze madri che usciranno dalla Casa di via Pusiano, e l'assistenza completa e gratuita per i loro figli nell'asilo più vicino alla Casa. Riconoscimento del Comitato di lotta delle ragazze madri che deve essere informato e consultato per ogni decisione riguardante la Casa e le ragazze. H Comitato deve avere la possibilità di fare riunioni all'interno della Casa con tutte le forze politiche e sociali interessate al problema delle ragazze madri e delle loro particolari condizioni di vita (donne-lavoratrici-madri-obbligate a vivere in un Istituto). Stabilire immediatamente nuove norme per un miglioramento delle condizioni di vita all'interno della Casa e per una più ampia libertà di movimento ed autonomia delle ragazze madri.
La Provincia deve al più presto venire ad una trattativa col Comitato di lotta delle ragazze madri sulle richieste fatte sopra.
10-11-1973
Comitato di lotta delle ragazze-madri di via Pusiano ;CdA Crescenzago CdQ Ponte Nuovo Lotta femminista
Casa del Biscotto PRODOTTI 01 PASTICCERIA GAFFE - CONFETTI VASTO ASSORTIMENTO BOMBONIERE QUALITA-PREZZO.QUANTITA ASSORTIMENTO SPUMANTI PREGIAI' VIA IGLESI 4E. 48 Ä MILANO TEL 25 76 22,3 COLORIFICIO AVANZI Articoli Tecnici Belle Arti delle migliori marche Via Asiago, 101 - Tel. 2561 169 PARIGI ADRIANO DROGHERIA POSTERIA ALIMENTARI PROFUMERIA VIA PONTE NUOVO 26 TELEFONO 25 60 188 milanodieci quartieri dicembre 1973 - pag. 2
RAGAZZE-MADRI Perché vogliamo salvare
MENTRE DEVE PROSEGUIRE LA PRESSIONE PER LA SCUOLA IN CESALPINO
Prepariamo la mobilitazione per l'asilo nido in via Liscate e per il parco Martesana
te sulla Martesana, parliamo dell'asilo nido in via Liscate e del Parco Martesana.
La necessità di questi due ultimi servizi balza agli occhi in modo evidentissimo: basta vedere dove giocano i bambini del nostro quartiere, nelle strade o nei cortili delle case; basta fare una camminata in mezzo al cemento per accorgersi che il verde manca totalmente. Quanto all'asilo nido la sua necessità è ancora più pressante, in quanto moltissime madri lavorano e non sanno a chi affidare i loro bambini.
A questo punto occorre passare al lavoro di informazione, sensibilizzazione e di mobilitazione; qualcosa in questo senso era già stato
pria volontà.
Venerdì 9 novembre si è svolta pres- Cesalpino ed al rifacimento del pon-all'Amministrazione comunale la proso la scuoia di via Mattei un assemblea indetta dal Consiglio di Lona lu sulla sistemazione delle aree libere della zona Ciorla-Precotto-f urli'o. La Commissione urbanistica del Consiglio ai zona ita presentato alla popolazione un proprio piano riguardante appunto tale sistemazione; tale progetto prevede tutta una serie di servizi sociali di cui il nostro quartiere e assai carente: scuole materne, elementari e medie, asili nido, verde pubblico. Noi naturalmente siamo d'accordo con tale piano nella misura in cui esso va incontro alle esigenze fondamentali della popolazione; dobbiamo però precisare alcune questioni.
Non ci stancheremo mai di ripetere che i Consigli di zona hanno un potere esclusivamente consultivo e non possono decidere proprio nulla: d'altra parte è ormai chiaro a tutti che le masse popolari, per ottenere qualche miglioramento delle loro condizioni di vita, devono lottare duramente per imporre all'Amministrazione comunale — dominata dalle forze politiche che sono espressione della grande borghesia — l'attuazione dei servizi sociali più elementari. All'interno della nostra zona i Comitati di quartiere hanno individuato due nuovi obiettivi su cui mobilitare le masse popolari: oltre al complesso scolastico di via
fatto: furono raccolte circa 1.500 firme per la costruzione del nido ed ebbe luogo nel giugno scorso una manifestazione popolare nel quartiere su questi due problemi. Si è trattato però di iniziative sporadiche, che non hanno avuto seguito.
II Comitato di quartiere Ponte Nuovo e il Collettivo di quartiere di Gorla « Roberto Franceschi » si impegnano a portare avanti in prima persona questo lavoro di informazione e di mobilitazione. Non bastano le petizioni al Consiglio di zona, non sono sufficienti le delibere del Consiglio stesso, bisogna che nasca e si consolidi un vasto movimento popolare capace di imporre
Una delle prime cose da fare è quella di venire a conoscenza delle reali intenzioni degli uffici comunali: bisogna sapere se esiste qualche progetto per l'asilo nido, se qualcosa si sta muovendo a livello burocratico per il Parco Martesana, oppure se (come riteniamo più probabile) tutto è fermo al punto di partenza. I Comitati di quartiere si impegnano a condurre a termine nel più breve tempo possibile questo lavoro di inchiesta, per avere così un quadro preciso della situazione. Si tratterà poi di iniziare un vasto lavoro di propaganda per arrivare a forme di mobilitazione che coinvolgano la stragrande maggioranza dei cittadini. -Fin da ora rivolgiamo un appello a tutte le forze veramente democratiche e popolari perché si impegnino a portare avanti insieme ai Comitati di quartiere questo lavoro di mobilitazione e di lotta. Siamo ben consapevoli che ci aspetta un duro lavoro, che molti ostacoli verranno frapposti dall'Amministrazione comunale: proprio per questo dobbiamo creare la più vasta unità popolare per ottenere l'asilo nido e il Parco che sono un nostro diritto.
Comitato di quartiere Ponte Nuovo Collettivo di quartiere Gorla « R. Franceschi »
Il comune fa l'assistenza a parole, nei fatti mette tutti su una strada (o in cantina)
LA POSIZIONE DEI GENITORI E DEGLI INSEGNANTI DEGLI HANDICAPPATI « ABETINA »
Già da alcuni anni i dipendenti della S.p.A. Abetina che lavorano nelle strutture assistenziali del Comune, e precisamente nei Centri per bambini subnormali di via Adriano, via Ravenna, via Veratti, e dei collegi di Zambia, Vaciago, Recco e Rasa, conducono una lotta concreta contro la situazione di emarginazione e di esclusione in cui, per ragioni diverse, si trovano i minori ospiti delle strutture assistenziali coniunali.
Questa lotta, che ha avuto momenti molto significativi sia per la qualità degli obiettivi sia per la completa adesione e partecipazione dei genitori, si è articolata in modi diversi a seconda delle situazioni. Nei centri per subnormali si è lottato contro il Centro di Neuropsichiatria del Comune che, considerando i bambini soprattutto come malati, rinunciava ad ogni lavoro educativo e li teneva in uno scandaloso isolamento. In contrapposizione netta con questa linea si sono fatti grossi sforzi volti verso la socializzazione esterna dei bambini cercando in primo luogo 'di instaurare dei rapporti organici con la scuola elementare, arrivando ad inserire in modo definitivo e positivo alcuni bambini. Sempre nei centri si è lottato per ottenere una struttura di avviamento professionale che assicurasse una alternativa al centro comunale di via Debreme dcve i bambini, una volta dimessi dai centri, venivano costretti a lavori ripetitivi e alienanti.
Nei collegi la lotta più significati\a, che ancora è in corso, è quella che richiede la eliminazione di queste strutture che costringono molti bambini di Milano a lasciare quar-
tiere, città, amici, solo per il fatto di avere delle situazioni familiari disperate. Per essi si chiede che vengano aperti dei servizi di quartiere dove, restando nel loro ambiente, i ragazzi ricevano tutto l'aiuto di cui hanno bisogno e dove sia possibile instaurare degli stretti rapporti con tutte le forze di base locali.
Il Comune ha sempre contrastato la linea antiemarginante che veniva portata avanti in queste strutture e la società Abetina si è sempre più trincerata dietro la paralisi politica in cui si trova. Questa situazione è precipitata all'inizio di questo anno.
I FIRMATARI DI QUESTO COMUNICATO DENUNCIANO CHE:
il Comune tende a svuotare queste strutture non inviandovi più i bambini e smistando gli utenti in istituzioni private e relgiose a carattere custodialistico, il Comune ostacola anche il normale funzionamento dei centri. Infatti il centro di via Ravenna non è in grado di accogliere tutti i bambini che potrebbe solo perché gli vengono negati i locali necessari; in via Veratti non sono stati ultimati i lavori per la creazione di indispensabili spazi; in via Adriano il centro è stato dichiarato inagibile il giorno prima della apertura della scuola. Si sa per certo che non verrà più rimesso a posto il Comune e l'Abetina hanno bloccato ogni aumento dell'organico impedendo il proseguimento del lavoro educativo volto all'integrazione con la scuola elementare il Comune non rende noti i dati riguardanti il numero e i bisogni dei bambini in attesa di assistenza.
firmato:
Lavoratori convitto di Zambia Lavoratori del convitto di Vaciago Lavoratori e genitori del centro di addestramento di via Veratti Lavoratori e genitori del centro di via Ravenna Lavoratori e genitori del centro di di via Adriano (attualmente viale Padova)
Una ampia documentazione su tutto ciò è stata inviata alla controparte. Non avendo avuto nessuna risposta, giovedì 22 novembre i lavoratori dei collegi e dei centri sono entrati in sciopero, svolgendo una intensa propaganda nelle zone in cui sorgono i centri stessi.
Nel pomeriggio della stessa giornata si sono tenute assemblee aperte alle forze politiche e sindacali delle zone in via Ravenna 13 e in via Padova 118 (sotto la chiesa), mentre alle ore 21 presso la sede delle ACLI in via Della Signora, è stata convocata una assemblea di tutti gli operatori e i genitori dei centri e dei collegi con le forze di base e organizzate a livello cittadino interessate ai problemi che sono stati sollevati.
L'assemblea ha visto una grande partecipazione di genitori che, dato il minacciato smantellamento dei centri, hanno incominciato seriamente a preoccuparsi del destino di un'esperienza che, pur nei suoi limiti, ha rappresentato un terreno di collaborazione attiva per ogni famiglia. Al termine dell'assemblea si è fatto appello alla mobilitazione incessante e si è stabilito di fare una delegazione di genitori al Comune entro la fine di novembre dopodiché si partirà per una lotta più decisa.
Uno scorcio dell'attuale ponte sulla Martesana: la struttura è ammalerete e completamente erosa dalla ruggine, il transito pericoloso. A quando i rimedi?
I settimanali, soprattutto " femminili", si sono trastullati con la questione delle ragazze-madri suscitata dalla lotta all'istituto di via Pusiano. Perbacco, anche le riviste di moda ormai devono "informare" il loro pubblico di politica, società e scienze dell'uomo. I settimanali, non uno escluso, che hanno voluto occuparsi delle ragazze-madri, le hanno considerate delle privilegiate che stanno in un ghetto d'oro e che, va be', le loro "rinvendicazioni" saranno anche legittime, ma si vive pur sempre in una società che per molti versi e arretrata, dobbiamo educarci tutti quanti, tutti dobbiamo fare il nostro esame di coscienza ecc. ecc.
Qui di seguito pubblichiamo a mo' di esempio alcuni passi di ciò che i rotocalchi di grido hanno scritto sul problema delle ragazze-madri.
ANNABELLA. Titolo: Cento mamme senza marito raccontano la loro storia.
Sommario: Per la prima volta le ragazzemadri italiane parlano serenamente dei loro problemi...
— alla "Casa della madre e del fanciullo" la libertà è quasi assoluta. Ma la libertà va saputa amministrare. Così per la scervellatezza di poche sono stati presi provvedimenti per tutte... — Brava Paola Fallaci, hai trovato subito le responsabili di tutti i guai —. Questo articolo, corredato di fotografie che portano via molto spazio, si dilunga con illazioni gratuite come quella che segue (anche queste cose, si sa, concorrono a riempire le colonne di piombo): — Pur di raggiungere il matrimonio e quindi il rispetto della gente, sono disposte a tutto, minacce sentimentali, umilianti atti di sottomissione, preghiere —. Ancora: — Sono cacciate di casa come nei drammoni dell'800, soltanto quelle che vengono da famiglie disgregate e molto povere —. A parte il richiamo da melodramma appunto, si dà come al solito la colpa alla miseria e all'ignoranza. Ma sa, questa Fallaci, miseria e ignoranza chi le vuole?
NOVELLA 2000. Occhiello: Un caso di cui tutta Milano parla.
Titolo: E' scoppiato il terremoto nel paradiso delle ragazze-madri.
Già nel titolo viene accettata come indiscussa e indiscutibile l'eccezionalità dell'istituto milanese in un'Italia evidentemente diversa
e più sottosviluppata. — La direzione pretende, in cambio dell'ospitalità {...) nulla da quelle che non hanno voluto o potuto trovarsi un lavoro —. Vediamo che c'è un modo di espressione anche corretto linguisticamente, ma che in realtà sottende un'ottica reazionaria. Poi ci sono le opzioni voluto e potuto: questo perché ci si affida all'intervento soggettivo delle persone. — Giovatina (ricevuta la raccomandata di sfratto, n.d.r) non se la prende, ma anzi parte con due altre mamme per una vacanza —. Falsità, in effetti le cose sono andate in modo diverso: Giovanna ricevette l'ingiunzione di sfratto quando già si trovava al mare. In aggiunta poi patetismo romanzesco, da fumetti; ecco un'equazione strana: — Un'ottima madre, una ragazza seria, senza grilli per la testa, ma che si piega abbastanza bene al regolamento interno —. Ma eccoci al colmo: — Ci sono voluti davvero quattro anni per accorgersi che il regolamento {dell'istituto) peccava per indulgenza? — Quello che ci vuole, per NOVELLA 2000, è dunque maggiore severità; impara assessore Agostoni, sei stato troppo democratico! Una definizione "letteraria": — La ragazza madre è piccola, mora, con un'apparente grinta che si rivela poi un sistema di autodifesa —. Vale la pena di notare anche questo passo: — Tua madre si è fatta viva questa settimana? Sì, per dirmi che dovrei vergognarmi di essere finita sui giornali —. La provocazione dell'intervista è lampante. E' sempre in auge la " forma mentale" che aggrega il colpo giornalistico all'eff etto di sensazione. Intanto questi giornalisti che quasi per vocazione si prostituiscono, continuano ad essere foraggiati dai misteri Robinson dell'editoria. Infine c'è pure l'istigazione e l'incitamento alla smobilitazione: — Non ti sembra, una volta risolto il problema del lavoro, che ti converrebbe andartene per conto tuo {_P Forse qui hanno bisogno di posto, ci sono tante altre ragazze nelle tue condizioni —, e finisce in bellezza: — Se te ne andassi non saresti più libera, più felice?
ABC. Occhiello: Cosa c'è dietro le crisi ricorrenti della "Casa della madri e del fanciullo".
Titolo: In fondo sono tutte puttanelle. continua a pag. 5
pag. 3 - dicembre 1973 quartieri/assistenza
milanodieci
Il parere della stampa "di evasione" sul problema delle ragazze-madri
Il vergognoso mercato delle braccia di don Benatti
Giovani disoccupati vengono reclutati nel sud dall'ANAP-CISO col miraggio dell'apprendimento di un mestiere e di una sicura occupazione. La maggior parte finisce in Germania mal pagata e mal alloggiata. Gli amministratori dell'organizzazione ci speculano e fanno miliardi.
In via Adriano 60, sulla strada per Sesto, c'è una serie di stabili (nove) collegati fra loro, di vari piani, adibiti a scuole, officine, dormitori, cucine per l'addestramento professionale di giovani disoccupati reclutati soprattutto nel meridione.
E' il C.I.S.O.-A.N.A.P. (Centro Italiano Specializzazione Operai e Associazione Nazionale Addestramento Professionale) che molti cittadini dei nostri quartieri conoscono quasi come una fondazione benemerita che dà lavoro ed insegna la religione a tanti giovani venuti dal Sud; che altri cittadini conoscono invece per la situazione repressiva che c'è al suo interno e che periodicamente i giovani più coraggiosi, ospiti del C.I.S.O., hanno portato a conoscenza della popolazione con volantini, manifesti, ecc. coraggiosi di turno hanno quest'anno un programma più ambizioso: non soltanto denunciare la situazione repressiva interna, ma pubblicizzare al massimo la grossa truffa e speculazione su cui vive il C.I.S.0.-
A.N.A.P., coinvolgendo il maggior numero di forze politiche, di fabbrica, di scuola e di quartiere sia a livello di zona che a livello nazionale, per sanare alla radice tale situazione.
Per quanto riguarda la zona ili proposito è abbastanza realizzabile, soprattutto per la presenza di una fitta rete di comitati di quartiere che coprono tutta la zona, per la presenza del nostro giornale che arriva, oggi come oggi, in quasi tutta la zona e che, in condizioni come questa, facilmente potrebbe arrivare ovunque attraverso diffusioni straordinarie. Tuttavia se la lotta verrà correttamente impostata, il caso potrà avere risonanza e mobilitazione nazionale (vedi articolo su GiorniVie Nuove n. 45 del 14 novembre 1973).
Dal canto nostro cercheremo di sintetizzare in questo numero il discorso sul C.I.S.0.-A.N.A.P. in questi punti: chi viene al C.I.S.O. e come; vita all'interno del C.I.S.O.; i padroni del C.I.S.0.-A.N.A.P.; prospettive ed obiettivi di una lotta che risolva il caso.
CHI VIENE AL C.I.S.O. -
A.N.A.P E COME
Nei mesi estivi in tutti i comuni, soprattutto delle provincie meridionali, ed in tutte le caserme militari si affiggono dei grandi manifesti: « Se ti preoccupi del tuo futuro, vieni all'Anap ». Si fa tutta una campagna di propaganda per esaltare il C.I.S.0.-A.N.A.P., la sua funzione educativa, il valore del diploma, il posto di lavoro assicurato. Dopo di che, comune per comune, vengono reclutati tutti quei giovani che intendono fare l'esperienza C.I.S.O. e vengono sottoposti ad un esame. II curioso di questo esame sta in questo: che si finge di voler fare una scelta dei candidati in base a cose elementari (si danno da risolvere una divisione ed una sottrazione per es.) mentre la vera scelta avviene effettivamente in base alle idee che uno ha (dopo il compitino scritto, il « candidato » viene sottoposto a domande come queste: « Cosa ne pensi della società? » « Cosa ne pensi della chiesa? » « Che idee politiche hai? » ecc. E risulta sempre che dopo questo esame-trabocchetto vengono regolarmente scartati coloro che contestano questa società, coloro che hanno idee politiche di sinistra oppure coloro che si rivelano particolarmente svegli ed aperti. Questo tipo di selezione continua anche dopo, quando il candidato ha già raggiunto uno dei centri ed è diventato « al-
lievo » o perché ci si accorge che qualche elemento «indesiderato» dalla direzione è riuscito ugualmente a filtrare attraverso le maglie della prima selezione oppure perché il tipo reclutato « quieto » si accorge a poco a poco dello sfruttamento a cui è sottoposto ed incomincia a reagire.
VITA ALL'INTERNO DEL
C.I.S.O. - A.N.A.P.
I centri entro i quali vengono addestrati questi giovani meridionali in cerca di una qualificazione e di un lavoro sono sei: S. Giusto, S. Vito entrambi in provincia di Cagliari, Pratosardo in provincia di Nuoro, Piobbico in provincia di Pesaro, Calambrone (Pisa) e Milano nella nostra zona in via Adriano 60. Gli allievi sono circa 2.500. L'allievo passa in questi centri quasi tutta la settimana: 4 ore di lavoro in officina o in cantiere al mattino; 4 ore di teoria sui banchi di scuola nel pomeriggio. Chi non ha licenza media o elementare non viene aiutato a conseguirla perché al C.I.S.O. questo non interessa: al C.I.S.O. interessa soltanto l'allievonumero che gli consente di ricevere i contributi dallo Stato, dalla Comunità Europea, dagli Enti assistenziali e dalle aziende presso le quali riesce a collocare l'allievo « diplomato » al suo interno. Con grande fatica un bravo compagno è riuscito qui a Milano quest'anno ad impiantare con successo una scuola riconosciuta per far ottenere, ad alcuni allievi del corso, la licenza media.
I permessi festivi (dal sabato pomeriggio alla sera della domenica) sono concessi solo a coloro che possono dimostrare di essere ospiti presso familiari o parenti che se ne assumano la responsabilità e che abbiano naturalmente dimostrato di avere una condotta conforme alle direttive del C.I.S.O.
Nelle loro ore di lavoro i giovani del C.I.S.O. producono qualcosa e qui si ha un'altra speculazione di questa « benemerita » organizzazione. Prendiamo per esempio l'attività all'interno del C.I.S.O. di un allievo muratore. Con i soldi dello Stato che mette a disposizione dell'ANAP-ClSO mattoni, ferro, calce, cemento e tutto quanto occorre il CISO ha costruito, grazie alla manodopera degli allievi, i centri di Calambrone, di Milano, di S. Giusto e di S. Vito, di Pratosardo e di Piobbico; ville varie a Tirrenia (Grosseto) per funzionari, amici, amministratori del CISO, idem a Cernusco sul Naviglio, un complesso immobiliare di 14 appartamenti più negozi a Sesto S. Giovanni. Nel settore tipografico gli allievi stampano collane di testi destinati agli ospiti di tutti i centri e i testi vengono « rimborsati » al ClSO, secondo il numero degli allievi, da un'organizzazione che fa capo ad alcuni uffici del Ministero del Lavoro. Attraverso poi i corsi per tornitori, fresatori, saldatori ecc. l'Ente mette in piedi cicli di produzione in collaborazione con numerose aziende del settore. E' inutile dire che tali aziende pagano questo lavoro degli allievi direttamente al CISO. Spesse volte, poi, soprattutto a Piobbico, i giovani ospiti sono usati per la manutenzione del Centro senza nessuna remunerazione, così il Centro risparmia le spese per il personale.
Per la loro presenza al CISO-ANAP, per le loro prestazioni, che già di per se stesse fruttano molto all'amministrazione, gli allievi ricevono la paga giornaliera di L. 1.000. Altre 1.000 lire le possono ricevere solo a fine anno per ciascun giorno in
cui saranno stati presenti al CISO, ma se avranno ottenuto la promozione (circa L. 200.000).
Vitto ed alloggio sono naturalmente gratuiti, ma si mangia la roba più scadente, non c'è varietà di piatti, ci si limita a rimpinzare i convittori con i bis dello stesso piatto fino alla nausea. Le condizioni igieniche lasciano a desiderare.
Ci sono poi le multe (anche molto pesanti: L. 1.000 se il letto non è ben tatto per es.) che vengono appioppate, indiscriminatamente e senza giustificazione scritta sulla busta paga, dagli amministratori con chiari tini intimidatori nei confronti di chi non si mostra allineato di fronte alla disciplina imposta e soprattutto per poter intascare altri soldi.
Oltre alle multe in danaro ci sono le punizioni: ramazzare, pulire i vetri, aiutare in cucina ecc. Per capire meglio il tipo di disciplina basti pensare che è proibito introdurre nell'istituto giornali o libri di sinistra, mentre non solo sono permessi, ma anche tavoriti (in alcuni centri soprattutto) pubblicazioni che parlano male delle classe operaia, delle sue organizzazioni ecc.
L'art. 22 del regolamento dice: (4... La fondazione LISO promuove inoltre iniziative ed attività di carattere religioso (l'allievo è tenuto ad assistere a quelle attività che la Fondazione ritiene essenziali in ordine al conseguimento delle sue finalità), formativo, culturale, ricreativo e sportivo ». Sotto questa formulazione si nasconde l'obbligo della messa festiva.
L'art. 22 continua: « Nell'ambito di queste attività, la Direzione permette e favorisce spontanee associazioni di gruppi di allievi, riconoscendo in essi un utile strumento di formazione. » Ma subito aggiunge: « Tali gruppi sono tenuti a sottoporre alla Direzione CISO i programmi delle loro attività ». Chiaro il trabocchetto: esprimetevi pure alla luce del sole come volete, così vi si potrà individuare e reprimere meglio. Molti allievi sono stati rimandati a casa per « tali attività » o per aver protestato contro la gestione della Direzione. E potremmo continuare. Basti, per concludere sul tipo di repressione portata avanti all'interno del CISOANAP un fatto. Agli inizi del '67 durante le agitazioni degli allievi che protestavano per il trattamento spesso disumano a loro riservato ed in particolare per la pessima qualità del vitto, il responsabile della mensa, un fratello del presidente don Benatti, minacciò con la pistola il promotore della protesta. Don Benatti poi licenziò in blocco gli assistenti del convitto accusati di aver solidarizzato con gli allievi.
I PADRONI DEL C.I.S.O.A.N.A.P.
Nel 1949, a pochi mesi dell'emanazione della legge n. 264 del 29 aprile, che decideva di sovvenzionare con denaro pubblico le scuole professionali, don Vincenzo Benatti apriva a Carpi (Modena) il suo primo ente, a carattere locale. Dopo un anno lo stesso don Benatti costituiva, assieme ad alcuni familiari, la società C.I.S.O. a carattere nazionale con sede a Milano. Amministratore unico era il fratello, Novello Benatti. I corsi professionali erano e sono tuttora finanziati dal Ministero del Lavoro.
Nel 1959 il C.I.S.O. cessa « ufficialmente » l'attività, ma intanto gli immobili e le attrezzature rimangono di sua proprietà. Una cessazione di comodo, perché nello stesso anno don Benatti costituisce una nuova società, I'A.N.A.P., con se-
de allo stesso indirizzo del C.I.S.O. ne diventa presidente.
L'A.N.A.P. subentra in tutto e per tutto al C.I.S.O. e riceve le sovvenzioni dallo Stato. Nel '63 don Benatti ricostituisce la Fondazione C.I.S.O. » come ente morale e religioso teso a « dare una formazione religiosa ed apostolica, secondo le direttive della S. Sede, a gruppi di operai, i quali, nel mondo del lavoro, possano essere di esempio ed aiuto ai loro compagni per la difesa dei principi cristiani e per la tutela religiosa e morale della classe lavoratrice ». Ma è un'etichetta di comodo. Sotto c'è ancora la speculazione di don Benatti. Infatti tutte le proprietà dell'ex C.I.S.O. fallito passano all'Ente morale e religioso », mediante donazione. Inoltre alla « Fondazione
C.I.S.O. » vengono direttamente versati tutti i guadagni ricavati dai lavori che sono stati compiuti per conto di alcune aziende; i rimborsi del Fondo sociale europeo (oltre tre miliardi tra il '61 ed il '70); le rette pagate dall'ENAOLI per ogni orfano che frequenta il corso (lire 1.000 al giorno) ed in più le quote pagate dagli industriali, che si rivolgono all'ANAP, per ogni allievo assunto.
La duplice carica di presidente dell'A.N.A.P. e della Fondazione C.I.S.O. consente a don Benatti di amministrare come gli pare il tutto, senza nessun controllo.
Nel giugno del '72 don Benatti e familiari costituiscono l'ANAP-GERMANIA e viene firmato un accordo in base al quale tutti gli allievi del centro di Calambrone e di Piobbico saranno avviati alla Siemens. Il centro di Milano non entra direttamente nel contratto con le aziende tedesche, ma una grossa campagna viene portata avanti dall'Amministrazione per convincere i convittori ad andare, pure loro, a lavorare in Germania.
Tutto questo perché don Benatti riceve per ogni allievo, piazzato in Germania, una quota altissima: 1.400 marchi e cioé L. 350.000.
C'è di più. Per quanto riguarda il prossimo futuro l'ANAP ha presentato al Fondo Sociale Europeo un secondo progetto di intervento per la qualifica professionale a regime convittuale di 5.200 lavoratori disoccupati o sottoccupati da realizzare nel triennio 1974-1976. Il progetto prevede una spesa complessiva di 18 miliardi a carico, per il 50% del Ministero del Lavoro Italiano, e per l'altro 50% a carico del Fondo Sociale Europeo. Di questi 18 miliardi, 6 dovrebbero andare alla « Fondazione CISO » solo per spese convittuali e affitto locali.
PROSPETTIVE ED
OBIETTIVI DI LOTTA
Come si vede da tutto questo quadro, siamo di fronte ad uno scandaloso mercato delle braccia su scala nazionale, portato avanti da un privato che riceve soldi dallo Stato Italiano, da Enti di assistenza, dal MEC, senza controllo alcuno. Tutto questo è possibile in Italia, dove i privati possono fare il bello ed il brutto tempo, soprattutto nel campo dell'assistenza (vedi Pagliuca per es.) e sono coperti dalla mafia presente nei ministeri e nei vari uffici pubblici e dalla politica d.c. e dei suoi leccapiedi.
L'abbiamo detto più volte. Ma molte volte abbiamo anche ripetuto che è necessario lottare per arrivare a cambiare e democratizzare uffici, assessorati, ministeri. Ora che il caso ANAP-CISO è ritornato prepotentemente alla ribalta, avremo modo di dare un altro colpo in questa direzione.
Per questo la mobilitazione popolare, che deve avere l'appoggio delle organizzazioni dei lavoratori, deve raggiungere come primo obiettivo che lo Stato tolga dalle mani di don Benatti e dei suoi familiari l'amministrazione di questo Ente ed il Governo sia spinto anche da questo fatto di gravi dimensioni che coinvolge più di 2000 giovani del Centro-Sud a dare il via ad una nuova politica meridionalistica, con scuole di base e di autentica specializzazione al lavoro e con la piena occupazione nello stesso Sud. E' questo un campo in cui la sinistra parlamentare afferma di impegnarsi molto. E' il caso che, al di là dei programmi e delle indicazioni generali, queste forze parlamentari, dimostrino di voler concretamente impegnarsi in ciò, iniziando ad eliminare quelle contraddizioni che emergono a livello di zona (come il nostro) o di altri centri.
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C
Due momenti della vita all'interno del C.I.S.O. di via Adriano
Esiste tuttavia un altro obiettivo che, al momento attuale, non può essere assolutamente trascurato: che cioè i giovani ospiti dei vari centri CISO non siano costretti, per impinguare ad oltranza le tasche di don Benatti e familiari, ad andarsene a lavorare in Germania e trovino un'occupezione in Italia.
E' un obiettivo per il quale chiediamo a tutti di impegnarsi, ma soprattutto alle organizzazioni dei lavoratori: occorre una mobilitazione che sia la più vasta e la più incisiva possibile e così impedire che continui questa azione di sfruttamento di questi giovani, che continui questo sperpero improduttivo di danaro pubblico e questa evasione dalle soluzioni concrete al problema meridionale.
Per tali obiettivi, è chiaro che il Consiglio di zona del decentramento comunale non può essere né il
nostro interlocutore né il nostro mediatore.
Le cose si devono giocare subito molto più in alto e con uno schieramento di forze che sia il più rappresentativo ed autorevole possibile.
In altre parole solo Governo da una parte e sindacati dall'altra possono scontrarsi per risolvere la situazione.
Questo non esclude anzi richiede la nostra mobilitazione. Una mobilitazione di massa dei nostri quartieri, delle fabbriche della zona, delle scuole superiori, la quale sarà tanto più necessaria, quanto più sarà in grado di manifestare con forza all'opinione pubblica, al Governo, ai partiti responsabili di questa politica, che un largo schieramento di forze sociali e politiche esige che si cambi decisamente strada.
C.d.Q. Ponte Nuovo
All'ultimo momento ci è giunta la notizia di una grave provocazione poliziesca contro gli studenti del Liceo « Volta » in lotta per il diritto di assemblea. Ad essi esprimiamo tutta la nostra solidarietà.
ASSISTENZA
Che cosa sta succedendo a Ville Turro?
La zona 10 è oggi estremamente popolata e la mancanza di servizi sociali si fa quindi maggiormente sentire. In questi ultimi anni l'accresciuta popolazione scolastica ha posto in primo piano il problema delle aule, delle scuole, degli asili; ma non dobbiamo per questo dimenticare che nei quartieri di Turro, Gorla, Precotto e Crescenzago fanno difetto anche i parchi-giochi, i complessi sportivi, le case per i lavoratori e soprattutto gli ospedali. Non esiste in tutta la zona 10 un solo ospedale al servizio delle masse popolari. Migliaia di lavoratori, di studenti, di bambini non hanno la possibilità pratica di prevenire le malattie mediante controlli periodici, di essere immediatamente assistiti nel caso di infortuni o accidenti, di vaccinarsi facilmente per allontanare il pericolo di epidemie che fino a poco tempo fa erano nell'aria, se non perdendo una giornata, o due
in camere singole o doppie (la maggior parte) e qualche camera da quattro letti. I ricoverati in questo reparto sono esclusivamente di sesso maschile e ciò che più conta sono solventi cioè pagano dalle 13 alle 27 mila lire al giorno cure comprese. E' chiaro che un operaio non puo permettersi un soggiorno in questa clinica per signori, anche se ne ha bisogno. Quanti sono gli operai che hanno il sistema nervoso a pezzi a causa dell'alienante ritmo delle catene di montaggio? La clinica è però anche convenzionata con le mutue e infatti troviamo in questo reparto 30 posti letto destinati ai mutuati, posti per i quali gli organi assistenziali pagano le cifre suindicate. E' evidente che 30 posti letto sono insufficienti ed infatti si verifica spesso il caso che i posti mutua del Reparto uomini siano tutti occupati e gli altri rami siano semivuoti. Accanto a questa costruzione ne abbiamo una identica denominata reparto donne, esclusivamente femminile dove esistono le stesse tariffe, gli stessi posti letto sia per i solventi che per i mutuati, di cui
Ricoverati: prima i « solventi » che pagano bene e subito, poi i lavoratori mutuati si è detto prima.
Da notare che in questi due reparti vengono ricoverati anche i malati più agitati e quelli cronici, cosa che non avviene negli altri edifici all'interno di Ville Turro. Vi sono infatti altri due reparti denominati rispettivamente Padiglione A e Padiglione B, ciascuno con 30 posti letto circa; relativamente pochi se si pensa al numero complessivo che è di circa 300 posti letto. In questi ultimi due reparti però vengono accettati solo i solventi, chiamiamoli così, « di lusso », perché le tariffe sono notevolmente aumentate. Abbiamo poi un vasto parco con alberi, fontane, campi da tennis e da bocce, dove i ricoverati sono soliti trascorrere molte ore al giorno. Come già abbiamo messo in rilievo, Ville Turro è una clinica privata, più precisamente una società per azioni: essendo questo fatto di per sè una contraddizione si doveva provvedere per assumere dipendenti fidati e sicuri. Occorreva cioè che questi presentassero precise caratteristiche politiche, che non avessero niente da ridire sul fatto che esiste una assistenza per i ricchi e i padroni e una ben diversa per i poveri e per tutti gli sfruttati. Si verifica così che l'amministrazione è in mano a un gruppo di suore che controlla le assunzioni, nonché i fermenti e il malcontento del personale.
Il ruolo delle suore
tre ore di lavoro e quindi di salario per andare a fare la fila al Niguarda » o al Bassini. Esiste a dir la verità una clinica nella zona 10, ma essa non è affatto al servizio delle masse popolari in quanto si tratta di una clinica privata e più precisamente di una società per azioni. Questo ospedale inoltre accoglie solo pazienti con malattie mentali, o esaurimenti, oppure anche gente semplicemente stanca del ritmo che la società impone, purché detti pazienti paghino. Per essendo unicamente una clinica psichiatrica, Ville Turro è pur sempre l'unico ospedale della zona, per cui vale la pena di conoscerlo bene.
Situato tra viale Monza e via Padova, all'altezza del Comune che si trova appunto in quest'ultima via, ha al suo interno quattro padiglioni e più precisamente: il Reparto Uomini con una disponibilità di cento, centoventi posti letto divisi
al giorno per uno stipendio iniziale di 52.000 lire al mese non avevano la possibilità di ribellarsi, causa la mancanza di sindacalisti, di una commissione interna, causa la repressione che si abbatteva spietata su chiunque osasse metter in dubbio il « generoso trattamento economico » (e questo meno di dieci anni fa). Quanti e quanti operai (leggi inservienti), padri di famiglia sono stati gettati, dopo un bisticcio con una suora, sulla strada dall'umanità cristiana di questi rappresentanti degli interessi padronali. Poi sotto la spinta delle lotte che gli operai e gli studenti stavano conducendo nel Paese, sotto la spinta di forze politiche zonali e sotto la spinta dall'interno di due sindacalisti che erano riusciti a farsi assumere, molte cose sono cambiate: molte suore sono state mandate via, si è fatto un contratto di lavoro, gli stipendi sono aumentati e sono diminuite le ore di lavoro. Ma non tutte le suore se ne sono andate: al reparto Uomini e al Reparto Donne sono rimaste ai loro posti quasi per porre un freno alla combattività operaia. Inoltre Ville Turro è rimasta una clinica privata ad esclusivo servizio di pazienti ricchi, dove la salute non è considerata come qualcosa che bisogna conservare migliorando le condizioni ambientali e di lavoro, ma unicamente come oggetto e mez.ào di lucro.
La posizione ambigua della Regione
ampliamenti verrebbe ad essere pagata venti miliardi.
Ci troviamo quindi di fronte a una speculazione colossale perpetrata e permessa dalle autorità competenti. Di fronte a una simile situazione occorre agire al più presto con una opera capillare di informazione e di chiarificazione su quanto sta succedendo a Ville Turro e portare a conoscenza della classe lavoratrice ciò che si sta perpetrando a suo danno.
Questo articolo appunto vuol essere un primo passo in questo senso.
E' chiaro però che tutte le forze politiche democratiache che storicamente sono alla testa della classe operaia (sindacati, P.C.I. e P.S.I.) devono agire immediatamente e insieme alle altre forze del quartiere (consigli di zona, comitati di quartiere, ecc.) per tentare di bloccare questa vergognosa speculazione. Invitiamo quindi tutti i compagni e i democratici sinceri ad agire con tutte le loro forze in questo senso, per preparare una grande mobilitazione dove la classe lavoratrice possa mostrare il suo disappunto e la sua ferma volontà di non lasciare passare un'azione che mostra ancora una volta come dietro alle buone intenzioni » dei padroni non ci sia che l'interesse più sfacciato la volontà di tenere in piedi una società ormai marcia.
Collettivo di Gorla R.
Franceschi
continua da pag. 3
Anche nei reparti gli incarichi di maggiore autorità e responsabilità sono affidati alle suore. Ne deriva che i pensieri e le azioni dei dipendenti sono condizionati dalla paura di essere licenziati: essi sono costretti a chiudere gli occhi di fronte ai torti che vengono loro fatti come pure a quelli che vengono fatti agli ammalati. E non si creda che le suore non vengono pagate, anzi! Una caposala del reparto uomini riesce a portare a casa mezzo milione al mese! Evviva la carità cristiana! Ci sono poi differenze nel trattare gli ammalati: con la scusa che non sono in possesso di tutte le loro facoltà mentali vien dato cibo notevolmente scadente a coloro i cui parenti lasciano solo 10.000 lire di mancia alla suora di turno, mentre invece porzioni ottime ed abbondanti spettano a colui i cui parenti lasciano ogni settimana un biglietto da cinquantamila nelle mani delle suore. Questi non sono che pochi episodi, ma estremamente significativi, per capire come si svolge la vita all'interno di codesta clinica.
Inoltre le condizioni di lavoro degli infermieri e degli inservienti sono state fino al 1970 addirittura disumane. Costretti a lavorare 14 ore
In quest'ottica vanno viste le proposte e le intenzioni di ampliamento che aleggiano intorno a Ville Turro. Saranno infatti aperti nella zona quattro ambulatori, pagati con i soldi della Regione (cioè nostri), che faranno perno intorno a Ville Turro; entro brevissimo tempo infatti questi quattro ambulatori saranno messi al servizio dei lavoratori per la prevenzione delle malattie, infortuni, esami, ecc.: questo è almeno il discorso ufficiale. In realtà la S.P.A. Ville Turro, venuta a conoscenza di queste innovazioni, si è data da fare per modernizzare i suoi sistemi di cura e si è offerta presso la Regione di aprire al suo interno un pronto soccorso per ospitare i casi più urgenti ed essere così il perno di questi quattro ambulatori. La Regione è rimasta entusiasta di questa proposta e ha stanziato subito 200 milioni per codesti ampliamenti che vedranno la costruzione di nuovi padiglioni, pronti ad ospitare i nuovi ammalati, in grado di pagare. Sì, che paghino, perché Ville Turro rimane chiaramente una clinica privata. In questo modo i quattro ambulatori avranno soltanto una funzione selettiva tra coloro che si presenteranno e saranno scelti quelli che avranno bisogno e potranno permettersi un periodo di cura all'interno di Ville Turro.
L'apertura di un Pronto Soccorso non è che fumo negli occhi perché in realtà vi sarà una maggiore affluenza di pazienti e gli ampliamenti serviranno al loro scopo che è quello di aumentare enormemente gli introiti degli azionisti. La Regione con i soldi dello Stato, cioè i nostri, fa aprire degli ambulatori che selezionano ammalati da portare a Ville Turro, la quale proprio ora si è ingrandita sempre con i soldi dello Stato, ma è rimasta una clinica privata, cosicché il denaro dei lavoratori è servito unicamente a far aumentare il guadagno di un pugno di azionisti.
Fermare subito
questa speculazione sull'assistenza
Inoltre questo ampliamento rappresenta un altro vantaggio per i padroni perché, oltre al guadagno immediato, c'è la possibilità di un guadagno nel tempo: nel caso di una molto ipotetica nazionalizzazione di tutte le cliniche private, Ville Turro che ora verrebbe pagata, supponiamo, dieci miliardi, dopo gli
Sommario (in corpo tipografico quasi invisibile): Ecco cosa pensano veramente delle assistite i responsabili di un organismo che dovrebbe preoccuparsi di reinserire le ragazze-madri nella vita associata.
L'" occhiello" interrogativo accenna a crisi ricorrenti. Sappiamo bene invece quanto sia strutturale la crisi che investe tutte le nostre istituzioni assistenziali. Sul titolo non dovrebbero esserci commenti quando ci si a/Ma in fretta e prioritariamente all'opinione degli amministratori provinciali e soprattutto dell'assessore Agostoni. — Un po' d'amore in pii) ha fatto finire un esperimento — è emblematico. — La provincia e convinta che le ragazze amoreggino un po' troppo, che cerchino un po' troppo libertà al di fuori del piacere del lavoro —.
All'attacco (si fa per dire), presente in un altro punto dell'articolo, al partito della Democrazia cristiana che intavola il dialogo — di chiaro marchio papista — si associa il tono generale del tipico giornalismo da intrattenimento, pruriginoso e sciatto, di cui esempio fulgido in Italia è il famigerato settimanale CRONACA VERA.
AMICA. Titolo: Sfratto alla ragazza-madre. Un cappello introduttivo traccia un quadro sommario della situazione. L'intervistante fa parlare, oltre alle dirette interessate che sono le ragazze, il capintesta della " banda" assessore Agostoni e la direttrice dell'istituto, Calarlo. Spropositi madornali pare non se ne vedano; rimane peraltro preoccupante il fatto che anche in questo caso non si va oltre il mero servizio giornalistico, secondo i dettami suggeriti dalla proprietà. La stampa di " evasione" riscuote un notevole successo in Italia, questo dato non ce lo nascondiamo. Essa si regge largamente sui settimanali femminili. Ciò non avviene per colpa della categoria dei lettori, che la voce dei mass-media vuole disinteressata, ignorante, mai capace di leggere un libro o un giornale politico al di fuori delle cronache calcistiche o della posta del cuore. Tutto questo, è noto, avviene grazie a precise responsabilità di politica editoriale (e di politica tout-court) che hanno la loro origine nel meccanismo di sviluppo imposto dal capitale. E' di qui che nasce il fenomeno del consumismo. Così anche il campo dell'informazione di massa, nella società capitalistica, deve soggiacere alle leggi dettate dal consumismo. E' in questo modo che la grossa stampa padronale spande impunemente alluvioni di notizie inutili, distorte, scandalistiche e, diciamo pure, di cattivo gusto. Tutto questo è precisa responsabilità della classe al potere che ha tutto l'interesse a mantenere semianalfabeta la gente per poi servirsene a piacimento. I primi a rimetterci sono i proletari. Anche nel campo dell'infot mazione bisogna far crescere una, molte vie alternative, lavorando perché i progetti rivoluzionari di controinformazione e di controcultura abbiano una diffusione di massa.
Angelo Cara
pag. 5 - dicembre 1973 assistenza milanodieci
Perchè esista la scuola non basta l'edificio, occorrono contenuti e metodi nuovi.
questa società
La situazione al "Trotter„ Casa del sole
La scuola all'aperto del Trotter, meglio conosciuta come « Casa del Sole », è una scuola speciale per bambini gracili e sorge in uno stupendo parco situato nei pressi della confluenza tra via Padova e via Giacosa.
Il complesso scolastico è costituito dall'asilo, dalle elementari, e dalle medie ed è frequentato da circa 1.000 bambini delle zone 10-11-2-3 del decentramento comunale. La scuola dal punto di vista edilizio e potenzialmente anche dal punto di vista didattico (per i notevoli strumenti di cui dispone) è avanzata rispetto alla situazione in cui versano le altre scuole. Tutto ciò ha fatto sì che i genitori con un livello culturale superiore alla media (socialmente classificabili come appartenenti alla piccola e media borghesia) fossero particolarmente sensibili ai vantaggi suddetti e quindi cercassero in tutti i modi di iscrivervi i propri figli.
Le statistiche mediche ci dicono che i bambini iscritti sono gracili; ma questa notizia è un po' la scoperta dell'America, poiché è difficile tregare a Milano dei bambini che non siano gracili. Questo serve come introduzione a un breve discorso sulle scuole speciali, un discorso che va fatto in maniera diversa a seconda che si parli di scuole speciali mediche (psicopatici, distrofici, eccetera) e non mediche (ad esempio il Trotter).
Riguardo alle prime riteniamo che non dovrebbero esistere poiché la loro esistenza significa di fatto discriminazione e impossibilità di inserimento. Con questo non vogliamo dire che i bambini handicappati devono essere buttati in una scuola normale così come è, ma che questi bambini devono essere messi in scuole normali con adeguata possibilità di assistenza e ciò è possibile come dimostra la scuola a tempo pieno in via S. Erlembardo 1 (vedi Milanodieci n. 10). Per estendere l'esperimento di via S. Erlembardo sarebbe necessario che le decisioni fossero prese a favore del popolo, ma ciò per ora non succede: basti vedere come è stata ridotta la scuola dagli asili alle università dal continuo e direi scientifico malgoverno democristiano che in pratica significa non fare scelte a favore delle masse (se non costretti dalla mobilitazione delle stesse).
Per le scuole come il Trotter noi pensiamo che esse debbano servire da modello, sia dal punto di vista edilizio sia dal punto di vista dei mezzi a disposizione, perché tutte le scuole divengano come il Trotter, che dovrebbe diventare, da scuola speciale, scuola di zona.
Riteniamo sbagliato chiedere che il Trotter, per far fronte alla mancanza di aule, si ampli e diventi una scuola di zona: si riprodurrebbero tutti i mali già presenti nelle scuole normali. Se le scuole occorrono, vengano costruite dove esistono aree libere e si cerchi di renderle simi-
li al Trotter. Orbene proprio al Trotter, nelle scuole elementari è scoppiata una lotta degli insegnanti delle attività parascolastiche appoggiata dai maestri e dai genitori.
Nelle elementari infatti oltre ai 39 insegnanti ci sono gli addetti alle attività parascolastiche, cioè coloro che si devono preoccupare di accompagnare al mattino i bambini a scuola, della refezione e della ricreazione, che in una scuola a tempo pieno è un momento importante della didattica.
Ebbene al Trotter di questi insegnanti ne furono assunti 19 a 25 ore settimanali (tutto ciò grazie alla politica antipopolare che sempre più sta prendendo piede a Milano e che vede come suo massimo esponente Bellini, uno delle tre B famigerate: Bellini, Borruso e Bonatti).
Questi insegnanti erano chiaramente insufficienti e scesero in lotta con l'appoggio degli insegnanti dei genitori per l'aumento dell'organico a 39 parascolastici a 25 ore settimanali.
Ci furono assemblee, riunioni con l'occupazione simbolica e ben presto la lotta si ricollegò con quella dell'altra scuola speciale; la Cesari situata a Niguarda, che viveva gli stessi problemi, a questo punto si impone una parentesi amara sul ruolo che la confederazione della scuola e in particolare quella della CISL (SINASCEL) hanno avuto. Amara perché essa è stata sempre alla coda delle lotte, con un'azione di pompieraggio ed anche di parziale boicottaggio, sfociato nell'assemblea congiunta tra Cesari e Trotter: qui i sindacati con il discorso « sì, avete ragione ma per ora non possiamo fare di più » hanno avallato la manovra del signor Paolucci direttore del Servizio Sociale Scolastico (ex Patronato) di concedere 39 insegnanti, ma a 18 ore. Vorremmo dire che la situazione sindacale della scuola in generale non è delle più avanzate; infatti esistono ancora molti sindacati autonomi e le stesse confederazioni sono piuttosto arretrate, tant'è che forse è l'unica categoria in cui l'unità sindacale è ancora una chimera.
Tutto ciò ha fatto sì che il signor Paolucci si sentisse abbastanza sicuro da poter fare la sua sporca manovra, ha assunto 39 insegnanti a 18 ore, ma quelli che erano al Trotter ed avevano lottato in prima persona (i 19 parascolastici) sono stati trasferiti in massa alle scuole ;peciali mediche Negri e Pini.
Contro questa manovra reazionaria gli insegnanti parascolastici intendono battersi utiizzando anche strumenti legali, poiché un trasferimento di massa pare che sia illegale.
Questo non avviene forse perché la Max Mayer intenderebbe mettere le mani sul parco del Trotter per costruirci un complesso residenziale?
Collettivo di quartiere Gorla u R. Franceschi »
Corsi di aggiornamento per gli insegnanti alla "Favelliana"
Il Comitato di quartiere di Precotto ha svolto in questi anni una, attività decisamente circoscritta alla scuola. I motivi sono due: la generale mancanza di aule e il sovraffollamento di quelle esistenti hanno richiesto di concentrare su questo problema tutti gli sforzi, la povertà numerica di compagni disposti ad un impegno stabile nella lotta sul territorio ha impedito di allargare l'azione ad altri settori, altrettanto carenti come per esempio la casa. Va considerata inoltre, per completare un quadro critico dell'esperienza del Comitato di quartiere di Precotto la estrema dispersione ideologica dei suoi membri che se è utile occasione di confronto politico e culturale è elemento di confusione nel momento operativo. Dalle lotte di questi anni, condotte comunque secondo un profilo coerente anche se pieno di mediazioni e di condizionamenti sono possibili delle valutazioni che qui esponiamo più perché divengano occasione di un confronto critico che per darne un'interpretazione conclusiva. La prima è che tutte le lotte concluse con un risultato positivo sono una vittoria sul piano politico.
Si può lottare per ottenere delle aule ai fini di realizzare il luogo dove sia possibile svolgere un'attività educativa. Si possono ottenere più aule di quante non ne siano state richieste e alla fine restare con scuole in cui non si è creato lo spazio per un discorso politico (ed educativo) alternativo. Non si vuole con questo evidenziare una crisi di credibilità del nostro Comitato di quartiere anzi in ogni situazione abbiamo trovato più attenzione di quanto la semplice forza numerica poteva far supporre. Si tratta invece di notare come la lotta per la scuola può essere considerata vincente solo se sono affrontati e risolti tutti gli elementi di un'effettiva gestione popolare: quello logistico, ma anche insieme quello strutturale e quello culturale. In sintesi se si offrono le condizioni per una vera azione politica. Dobbiamo dire subito che fino a che si tratta di affrontare l'argomento di una mobilitazione per ottenere la realizzazione di nuove aule la risposta e la partecipazione è alta.
Si giunge rapidamente alla coscienza del cattivo sistema amministrativo da cui sono gestiti i servizi e della inesistente volontà di Amministratori comunali e di tutta la loro sottoburocrazia a cambiare il metodo di gestione (ne è un esempio il recente rimpasto di giunta che non ha fatto altro che cambiare sedia ai sederi di prima).
Più difficile è la risalita ad una maggiore coscienza del metodo con cui l'attuale scuola dell'obbligo, Una volta razionalmente strutturata, condurrebbe l'insegnamento. In questo senso l'esperienza di Precotto è
lunga e costellata di risultati negativi. Abbiamo cominciato con un dibattito sul tema « Voto, Promozione e Bocciatura», abbiamo in seguito affrontato il problema dei libri di testo attraverso una mostra viaggiante e un dibattito cui hanno partecipato C.G.
I.L. Scuola e Sindacato scuola della C.I.S.L.. Si è anche toccato il tema dell'educazione sessuale del bambino in un incontro con Laura Conti, specialista in materia. Soprattutto abbiamo stimolato e sollecitato scambi di opinioni con gli insegnanti in pubblici dibattiti alla presenza dei genitori e di tutto il quartiere sul metodo dell'insegnamento. Tutte queste azioni hanno dimostrato che gli ostacoli da rimuovere per far maturare la coscienza sul problema più vero della scuola che è quello del modo di insegnare sono altrove. Si tratta della paura da parte dei genitori di essere strumentalizzati e della inerzia del corpo insegnante. Questi due ostacoli sono giunti — per il tipo di maturazione delle lotte che si fanno sul territorio — a un punto nodale. A non affrontarli in modo chiaro o si spengono le lotte o non si lotta più per un aumento di coscienza. Cerchiamo allora un'analisi assolutamente interlocutoria e provvisoria più per mettere il tema sul tappeto della discussione che per trarne un risultato generalizzabile. Il primo elemento è che la partecipazione di molti si siede quando noi tentiamo di spostare l'argomento dallo spicciolo problema settoriale, per esempio delle aule, a quello generale della scuola. Sorge chiaramente la paura di non essere in grado di capire che taglio sta prendendo la lotta e di essere usati come massa di manovra acritica e senza volontà. E' una paura giustificata da non aver chiari a monte quali sono i principi alternativi su su cui può muoversi una scuola realmente al servizio delle masse popolari. Il secondo elemento: il corpo insegnante della scuola dell'obbligo è purtroppo il freno strutturale più diretto al possibile rinnovamento. Non è una colpa che noi facciamo al singolo insegnante perché il fenomeno è conseguenza diretta di una scuola magistrale culturalmente degradante e di una università che sforna professori a cui — pazzesco! — non pone neppure il problema dell'insegnamento. Non diciamo del ruolo sociale di tale compito, ma semplicemente del modo di svolgerlo. Dequalificazione professionale, scarsa conoscenza del proprio ruolo, portano gli insegnanti a non riconoscersi — in genere — come classe al puro servizio del sistema e a rifiutare la critica di chi crede in una possibile alternativa. Frustrazione questa a tal punto insopportabile da provocare la giostra di trasferimenti e di richieste di trasferimenti a tutti ben nota. Conseguenze: classi che cambiano 3 insegnan-
ti all'anno, scuole che non costituiscono un'esperienza di metodo, addetti ai lavori che non tollerano di essere messi alla prova dalla società e giovani che non riescono a costituirsi un modello sereno dell'adulto che bene o male dovranno diventare.
In contrapposizione a questi fatti noi tentiamo la strada di mettere in pubblico quelle che chiamiamo le « possibili alternative ». Parliamo di eliminazione del libro di testo: facciamo vedere con cosa si può sostituire o cosa si può fare invece di usare il libro di testo, o cosa più semplicemente si può fare della scuola.
Parliamo di rapporto tra scuola e quartiere, vediamo cosa hanno detto e fatto chi si è già trovato ad affrontare la strada di una possibile alternativa. Parliamo di apprendimento attraverso il gioco (discorso che secondo noi non si limita alla scuola materna, ma che si sviluppa su tutto l'arco della scuola dell'obbligo) o di attività complementari alla lettura e alla scrittura: vediamo quali giochi sono in grado di rispondere a questo atteggiamento e quali strumenti possono essere messi a disposizione del bambino perché sviluppi quell'attività complementare.
Abbiamo fondato una cooperativa (il nome è come si sa « LA FAVELLIANA ») e l'abbiamo riempita di materiale selezionato con questo criterio. E' stata la prima fase: chiunque venga dentro con l'intenzione di procurarsi un libro o un gioco ha l'occasione di discutere le motivazioni della sua scelta ed eventualmente di modificare o allargare sia la motivazione che la scelta. Attualmente tentano di formare un dialogo tra specialisti: il Martedì pomeriggio è stabilmente presente una professoressa di Matematica e Scienze delle medie e Venerdì pomeriggio è a disposizione una specialista di psicomotricità per le indicazioni dei bambini spastici. In questa seconda fase parte il programma di una serie di quattro corsi di aggiornamento che si svilupperà nell'arco di questo anno scolastico. I corsi sono limitati ai maestri e professori della zona (sia che abitino, sia che insegnino nella zona): i temi sono specifici e il metodo vuole essere per quanto possibile quello di uno scambio tra punto di vista teorico (rappresentato dagli esperti che dirigono i corsi) e esperienza pratica nelle nostre scuole.
Per concludere proponiamo alla nostra zona una nuova struttura di servizio da affìancare a quelle già presenti e di tipo analogo al Teatro Officina e a questo giornale. Non siamo l'alternativa al Centro di quartiere di cui se mai sentiamo il massimo bisogno sia per poter ospitare le assemblee che per ampliare la sfera dei problemi. Verificheremo le capacità di creare, attraverso questa alternativa, una nuova coscienza sul problema educativo questa volta a monte degli spiccioli fatti di doppi turni o di sovraffollamento scolastico o di altri problemi settoriali. Vedremo su questa strada di risolvere le paure dei genitori di essere strumentalizzati.
C.d.Q. Precotto
milanodieci scuola dicembre 1973 - pag. 6
I comitati di quartiere per una scuola democratica che interessi i figli dei lavoratori e dia loro gli strumenti per cambiare
QUARTIERE LEONCAVALLO
Perchè un doposcuola popolare
Normalmente si pensa alla scuola solo come strumento con cui lo Stato dà ai nostri figli la possibilità di imparare quello che sarà, poi, loro indispensabile per inserirsi nella vita.
E' molto difficile che la gente pensi alla scuola come allo strumento, usato dallo Stato, per scartare i figli dei proletari e per convincerli della loro incapacità a ricoprire incarichi direttivi e di responsabilità. Eppure questa è la verità: per dimostrarlo cerchiamo di esaminare da vicino il funzionamento della scuola.
Si può facilmente notare come l'insegnamento sia esclusivamente deduttivo (cioè basato su una serie di affermazioni che solo successivamente si verificano nella pratica e non basato su esperienze pratiche dalle quali dedurre leggi generali). Pensiamo, ed esempio, alle osservazioni scientifiche che vengono fatte su libri, invece che partendo dalla natura circostante. E' chiaro che questo modo d'insegnare completamente slegato dalla vita di ogni giorno non favorisce certo quei ragazzi che, invece, sono abituati a cavarsela da soli, partendo dalla realtà e non basandosi su affermazioni aprioristiche, e cioè i figli dei lavoratori.
Altro esempio notevolissimo è l'imposizione dell'italiano corretto e privo di espressioni dialettali che mette ovviamente a disagio i bambini che in casa parlano dialetto. Avviene, così, che invece di imparare l'italiano, questi bambini vengono fin dall'inizio impediti ad esprimersi, messi alla berlina di fronte agli altri, per i loro voti bassi, ed infine bocciati.
Un'altra caratteristica della nostra scuola, che gioca in maniera notevole a svantaggio dei figli dei lavoratori, è quella di far pesare gran parte della preparazione sui compiti a casa. Infatti, gli insegnanti a scuola non si preoccupano affatto che tutti i bambini capiscano le loro spiegazioni, assegnano le lezioni i compiti a casa e solo chi potrà disporre o di un aiuto in famiglia di lezioni private, pagate a caro prezzo, potrà essere sicuro di non venir selezionato.
Non bisogna, poi, dimenticare che la scuola, essendo completamente, o quasi, priva di mezzi didattici, fa pesare sulle famiglie il loro costo.
Per essere più chiari diremo che è ormai accertato che una biblioteca di classe, dotata di qualche enciclopedia e di un numero adatto di libri, potrebbe sostituire proficuamente l'uso del libro di testo da parte dei bambini, abituandoli, inoltre, a confrontare le notizie di un libro con quelle di un altro e permettendo loro, così, di esercitare una funzione critica su quello che imparano. E' abbastanza chiaro, da tutto quello che è stato detto, che la scuola che dovrebbe essere un « servizio sociale », è, invece, uno strumento per dividere i figli di quelli che hanno soldi, dai figli della massa della gente qualunque e destinare i primi a posti di dirigente e gli altri invece a posti di lavoratori. Ora, come in tutte le realcà, l'unica maniera per cambiare questo stato di cose è quella di formare dei gruppi di genitori interessati al problema che si organizzino in difesa dei diritti dei loro figli. Il Doposcuola Popolare di Quartiere vuole essere proprio il nucleo di una serie di queste organizzazioni, infatti il lavoro che si propone è su due piani: da una parte si vuole fornire ad un
gruppo di ragazzi proletari quei mezzi di culturalizzazione, che a casa non possono trovare, per permettere loro di evitare la selezione e per controbilanciare, in parte, gli effetti dannosi della « inefficienza » della scuola; dall'altra si vuole formare un gruppo di genitori e, più generalmente, di persone interessate al problema, per riuscire a premere sulle scuole della zona e modificare quello che è possibile a livello locale, e per coordinarsi con altri gruppi simili in lotta sui temi più generali.
Perciò rivolgiamo l'invito a tutti quelli che sono in qualche modo interessati al problema di rivolgersi al:
DOPOSCUOLA POPOLARE VIA CHAVEZ 2
Situazione scolastica a Goda
SCUOLA A TEMPO PIENO DI VIA S. ERLEMBARDO
Dopo un periodo di relativa calma è scoppiata una grossa grana. Per tutto l'anno scorso la refezione era risultata gratuita, grazie soprattutto alle pressanti richieste rivolte alle autorità comunali.
All'inizio di quest'anno tutto era stato rimesso in discussione; però, dopo vari contatti, si era riusciti a far rientrare la manovra, anche perché la Regione ed il Patronato Scolastico avevano assicurato un loro contributo.
Ora si vede che il Comune ha ritenuto i fondi elargiti troppo esigui chissà che altro, il fatto è che un ispettore ha fatto presente a maestri e genitori che non è più possibile, per lo stesso Comune, assu7 mersi l'onere della refezione gratuita, informandoli quindi che essa, nel giro di breve tempo, dovrà ritornare a pagamento.
E' di questi giorni una notizia che avrà fatto « piacere » a molti scolari: sembra che il governo pensi di allungare di 10-15 giorni le vacanze di Natale nelle scuole per risparmiare il gasolio del riscaldamento. Vorremmo dire alcune cose in merito.
In Italia i giorni di scuola sono 210 in un anno, cioè poco più della metà. Questo fatto ha molta importanza nel determinare la inefficienza delle scuole: è chiaro infatti che in così poco tempo è molto difficile imparare qualcosa che non siano le solite due notizie appiccicate in testa per preparare l'interrogazione o l'esame.
Per dare un'altra idea di quanto esiguo sia il tempo a disposizione della scuola per « educare » i ragazzi si può notare che, dato l'orario attuale, i nostri ragazzi fanno le stesse ore che farebbero andando a scuola per 211 e 45' al giorno per tutto l'anno.
In questa situazione il voler ridurre ancora il già scarsissimo orario scolastico è criminale.
Non è possibile pretendere che un ragazzo lasciato libero a se stesso per quasi tutti il suo tempo, possa alla fine dell'anno aver imparato per miracolo il programma.
La scuola deve fare il suo dovere e non scaricare sulle famiglie il compito di istruire, oltre che educare, i figli. Non sempre i genitori hanno la possibilità di mettersi a fare i maestri e i professori per i propri figli, una volta tornati dal lavoro.
Per cui, visto che lo Stato si fa pagare caro e salato per mezzo delle tasse, deve fornire, come minimo, i servizi essenziali, come scuole ed ospedali, almeno nel modo previsto.
Al momento di andare in macchina non sappiamo ancora le decisioni definitive del Governo, ma invitiamo tutti a stare attenti e a rendersi conto che la chiusura delle scuole sarebbe solo un furto fatto a carico dei ragazzi meno bravi negli studi. Questi hanno, infatti, bisogno di andare a scuola, perché non possono permettersi di « correre » con il professore che « deve » a tutti i costi finire il programma.
Considerando la gravità della situazione, l'assemblea, riunitasi la sera stessa, decideva di recarsi a Palazzo Marino, tramite una delegazione, per verificare appieno la decisione presa dall'assessore all'Economato ANGIOLINI.
(.Qui si ribadiva che a causa delle ristrettezze economiche in cui versano le casse comunali, non era possibile continuare l'elargizione dei tondi necessari.
Lunedì 19-11-73 i genitori e cittadini presenti all'assemblea hanno ribadito che, essendo la sperimentazione a Tempo Pieno parte della scuola dell'obbligo, non è giusto Ihagiii la refezione, considerando anche il danno psicologico della discriminazione che si attua quando un bimbo paga 300 lire, un altro 150, un altro niente. Poi, essendo le lezioni continuate dalle 8,30 alle 16,30, il momento del pasto si deve considerare un momento scolastico di notevole importanza didattica, come maestri e psicologi spesso ribadiscono. Il problema non e il prezzo in sè, quindi, (davvero molto basso) ma è la constatazione di avere DIRITTO, per i motivi sopra elencati, alla refezione gratuita.
Il Comune, come è stato detto durante il colloquio con la delegazione, dice « NO » perché non vuole creare un precedente e dover poi sottostare alla generalizzazione di tali richieste da parte di tutte le altre scuole a tempo pieno. Ma i genitori, con estrema chiarezza hanno fatto capire che se il Governo ha voluto attuare questo tipo di sperimentazione, si deve impegnare a portarla avanti, proprio per evitare che l'improvvisazione e l'inadeguatezza di tutte le strutture cadano proprio sulle spalle dei bimbi. Quindi, l'assemblea ha deciso di far astenere dalla refezione per 3 giorni i bambini (arrangiandosi con latte panini) e di ritrovarsi Giovedì 22 per vedere come continuare la lotta; nel frattempo avvertire i quotidiani di quello che sta succedendo portare anche a conoscenza dei fatti il Quartiere tramite dei manifesti.
Di grande importanza è stata anche la constatazione di come il Patronato Scolastico (che assiste il 3035% dei bambini) sia un ente assistenziale superato, fuori dal tempo, lontano dalle vere esigenze dei genitori e degli stessi insegnanti. E' stato ribadito che un'azione del genere può essere un momento importante di sollecitazione (considerato che l'anno prossimo ci sarà u-
na revisione a livello comunale) perché l'assistenza diventi un vero FATTO SOCIALE e non una semplice elemosina. Considerando la confusione che c'è tra Patronato, Comune, Provincia e Regione non c'è da stupirsi che poi i soldi manchino. Tutto questo, allacciato alla richiesta che il Tempo Pieno sia esteso a tutte le scuole del quartiere, dimostra che i genitori hanno ben compreso l'importanza della sperimentazione, come hanno ben compreso che solo con unità e compattezza saranno in grado di combattere chi vuole che questo tipo di scuola venga affossato.
SCUOLA ELEMENTARE DI VIA DEMOSTENE
Un qualsiasi tipo di partecipazione alla vita della Scuola è negato nel modo più assoluto. Alcuni genitori stanno cercando, con un lavoro di propaganda e di mobilitazione, di sensibilizzare anche gli altri per riuscire in ciò che essi ritengono, giustamente, un loro diritto. Con questo scopo Sabato 17 novembre (prossimo per chi scrive ma passato per chi legge) ci sarà una distribuzione di volantini ed una raccolta di firme, che verrà inoltrata al Provveditore.
L'apatia della grande maggioranza degli insegnanti e dei genitori non ha permesso finora il raggiungimento di risultati positivi.
In molti genitori è radicata l'idea che quello che i loro figli fanno a scuola non sia affare loro e che la Istituzione (con la I maiuscola) farà il suo dovere, restituendoglieli educati ed istruiti. L'enorme ingranaggio che ci coinvolge tutti nel nostro vivere quotidiano, ci presenta ogni giorno problemi nuovi ed enormi da risolvere ed in modo talmente frastornante ed ossessivo che molti di noi perdono la capacità di guardarsi intorno e di capire i meccanismi di questo benedetto ingranaggio. Questo chiudersi in se stessi automaticamente si traduce in un « lascia-. re fare ». Si « lascia fare » ai maestri, si « lascia fare » ai principali, si « lascia fare » ai governanti. Evidentemente c'è chi in una situazione del genere ci guadagna in un modo o nell'altro e quindi tende a perfezionare il meccanismo dell'ingranaggio. Molti pensano che tutto ciò sia inevitabile ma ad essi rispondono tutti coloro che hanno detto e dicono NO a questa situazione: sono quelli che non vogliono « lasciare fare » ma che vogliono PARTECIPARE alle decisioni che li riguardano. Costoro pensano che mandare a scuola un figlio non sia semplicemente accompagnarlo davanti all'ingresso e sentire dalla maestra se è bravo o meno in Bella Calligrafia, ma sia soprattutto un momento di « crescita » per il bambino. « Crescita » vuol dire maturazione, vuol dire aprire gli occhi sulla realtà e chissà che prima o poi non voglia dire anche accorgersi dell'ingranaggio. La Scuola di via Demostene a tutto ciò risponde « CHIUSO ».
Sta ai genitori progressisti, agli insegnanti democratici, ai cittadini del quartiere, con un lavoro capillare di sensibilizzazione, di propaganda, di mobilitazione fare in modo che la scuola risponda « APERTO ».
Nella Suola a Tempo Pieno di via S. Erlembardo la presenza di maestri combattivi e coscienti, aperti a questo tipo di discorso, ha favorito moltissimo il lavoro di « avvicinamento » dei genitori all'ambiente scolastico.
Nella scuola di via Demostene questo non è successo e non succede; gli ostacoli che molti maestri con la loro apatia e con il loro disinteresse frappongono a tutto ciò fa sì che il lavoro diventi lungo e difficile. Ma se esso verrà portato avanti con impegno e se si riuscirà soprattutto a coinvolgere la grande massa dei genitori, allora i risultati si vedranno senz'altro.
SCUOLA MEDIA DI VIA DEMOSTENE: DISORDINE E REPRESSIONE
Nella scuola media di via Demostene la situazione non può certo essere considerata buona: infatti, malgrado le garanzie date prima dell'inizio dell'anno scolastico, sono passati parecchi giorni prima che alcune aule si trasferissero nella « sede staccata » presso il nuovo asilo parrocchiale. Così gli alunni di via Uemostene hanno perso un mese di scuola in turni assurdi, riuscendo a stento — e non tutti i giorni — a fare due ore di lezione.
Ora le aule ci sono, ma la situazione non è molto migliorata: queste nuove aule sembra siano sprovviste di palestra e di laboratori per applicazioni tecniche, l'affitto è piuttosto alto, e inoltre certe classi non hanno ancora cominciato a fare veramente lezione per mancanza di professori: visto e considerato che ormai siamo a novembre inoltrato la situazione ci appare abbastanza tragica. Spesso gli insegnanti mancanti non vengono neppure sostituiti con supplenti e alcune classi sono costrette a fare quattro ore settimanali di religione, nonché ad avere la professoressa di francese al posto di quella di lettere. Gli orari delle lezioni poi non sono ancora definitivi, anzi pare che in questo campo ci sia una confusione tremenda, che genera spesso spiacevoli incidenti: come quello di comunicare agli alunni che i! tal giorno si uscirà alle 11,30 e poi lo stesso giorno controavvisare che si avranno quattro ore di lezioni. L'incidente è spiegato ufficialmente col fatto che la classe intera si è sbagliata sull'orario, nel tentativo forse di mascherare l'errore della direzione (nato dalla confusione esistente nella scuola) col far passare per scemi i ragazzi, che oltretutto si mostravano preoccupati perché i genitori li aspettavano a casa. Siccome le proteste si facevano vivaci, la vicepreside, non trovando validi argomenti, sbottava che lei « dei genitori se ne fregava ». Non avremmo riportato questo episodio, di per sè poco importante, se non fosse sintomatico di una situazione all'interno della scuola che riteniamo molto grave; pare che la nuova preside abbia deciso di risolvere tutti i problemi didattici e disciplinari con i cosiddetti « metodi forti »: espulsione dalle classi nelle ore di lezione dei più turbolenti, note alla famiglia, ecc. E' inutile soffermarci su questi metodi antieducativi che riteniamo sciocchi e inutili, comunque ci sembra assurdo che un'educatrice non prenda in considerazione le condizioni ambientali in cui si trovano gli alunni della scuola: a Gorla non mancano solo le aule scolastiche, mancano il verde, gli impianti sportivi, i campi gioco; i genitori dei ragazzi spesso lavorano entrambi, le case sono piccole e non c'è niente di cui meravigliarsi se i ragazzini, lasciati a se stessi per la strada tutto il giorno, sono particolarmente turbolenti. Sarebbe anzi compito principale della scuola aiutare questi ragazzi, ma in via Demostene non solo si lede il loro diritto allo studio, ma si fa di tutto per emarginarli, con la complicità di presidi reazionari, di insegnanti servili, e di genitori, che purtroppo vedono le cose andare male ma nulla fanno per migliorarle.
Collettivo di Quartiere R. Franceschi »
pag. 7 - dicembre 1973 scuola milanodieci
In merito ad una nuova truffa del governo
C. d. Q. Leoncavallo
dei quartieri popolari in primo piano
Appena uno mette il naso fuori casa la mattina per avviarsi al lavoro o per accompagnare i figli a scuola, ha subito la sensazione di vive-i re in un'atmosfera da incubo (soprattutto in queste giornate invernali), in una città che è malata e fa ammalare. li traffico caotico e superlento di via Padova, viale Monza e via Ponte Nuovo, la cortina di smog formata dai gas di scarico, l'ammassarsi di case senza sfoghi di verde che rasserenino l'ambiente e lo rendano più respirabile sono s, realtà ben constatabili, il cui senso drammatico non sfugge più al nessuno, dopo quanto si è potuto conoscere con i recenti studi sull'inquinamento, pubblicizzati attraverso libri specializzati, mezzi audiovisivi, stampa ecc.
La causa di tutto questo è, lo sappiamo, il tipo di sviluppo industriale dei paesi capitalistici ed anche il modo completamente caotico con cui si formano e crescono le nostre città. Una crescita che è stata completamente lasciata in mano alla libera iniziativa, per cui chi voleva costruire una casa in un determinato posto, otteneva la licenza e la costruiva, chi ci voleva mettere una fabbrica, un capannone, un distributore di benzina, chiedeva al Comune ed otteneva. Quando addirittura è capitato che il tale costruiva su un terreno vincolato dal Piano Regolatore ad usi sociali e quindi senza licenza di costruire, col solo avvertimento da parte del Comune che quel terreno doveva essere adibito a parco per es. e quindi, quando il Comune avesse messo in atto il suo progetto, la costruzione privata avrebbe dovuto essere smantellata, ma il costruttore nonostante l'avvertimento costruiva ugualmente sapendo che una volta che la casa fosse in piedi il Comune non gli avrebbe ingiunto di demolire, per timore degli inquilini o dei condomini. Come si vede quindi la causa di tutto il disordine urbanistico che constatiamo e di cui vediamo le disastrose conseguenze è certamente la politica del nostro Comune. Ed è quasi trent'anni che le cose non cambiano.
IL PIANO REGOLATORE
Stando alla legge, ogni Comune deve avere un suo piano di organizzazione del proprio territorio. E un comune si distingue da un altro per il modo più o meno ragionevole con cui organizza il proprio territorio. E un comune amministra tanto meglio il suo territorio quando sa dare, per ogni agglomerato di abitazioni (quartieri) i suoi servizi (scuole, nidi, parchi, giardini, biblioteche, trasporti, negozi, mercati ecc.), quando riesce a collegare i vari quartieri tra loro e i quartieri residenziali con i luoghi di lavoro (fabbriche, uffici) attraverso grandi arterie stradali che ne facilitano la comunicazione, e via discorrendo. Ora non è che manchino ingegneri ed architetti in gamba o politici ed amministratori che non vedano tali possibilità, il fatto è che, in queste cose, più di tutto giocano gli interessi dei privati che possiedono i terreni, gli interessi di chi specula su terreni e case, di chi vuole quindi non organizzare il territorio, ma usarlo secondo quanto gli può fruttare.
Di qui la corruzione o il ricatto politico esercitato da questa gente che bada solo ai propri interessi (anche se poi fa beneficenza), su chi amministra la città, su chi ha la responsabilità dell'organizzazione territoriale, su chi sovrintende agli uffici dei vari assessorati regionali, provinciali e comunali. E allora i piani regolatori sono magari belli sulla carta, ma poi lasciati sulla carta, mentre le varie speculazioni sul territorio portate avanti dai padroni dei terreni, dalle immobiliari continuano ad onta di ogni legge. Così per es. su un terreno destinato dal Piano Regolatore Generale a verde con biblioteca sorge una serie di caseggiati e poi, per giustificare questo latrocinio, si fa una bella variante al Piano Regolatore e così si è legalmente a posto. A meno che la gente non si svegli e lotti per ostacolare un tal tipo di condotta. Fino a questo momento noi vediamo la nostra classe politica che ci governa e ci amministra complice gli uffici corrotti, i grossi boss che posseggono Milano o altre città, fare ancora il bello e il brutto tempo.
E così ci troviamo di fronte ad una città in cui diventa sempre più difficile, soprattutto per i nostri bambini, respirare; in cui le malattie tumorali, bronchiali, mentali (esaurimenti nervosi) aumentano con un ritmo vertiginoso.
PROSPETTIVE NUOVE
Tuttavia, pure di fronte a questa situazione grave e scandalosa, noi crediamo di poter fare qualcosa per mutare questo tipo di politica e per dare un assetto nuovo più umano ai nostri quartieri. Possiamo cioè, noi cittadini, essere in primo piano ad organizzare il territorio secondo le nostre esigenze. Se infatti al momento attuale noi paghiamo ancora lo scotto di una quasi trentennale politica di sfruttamento del territorio a vantaggio dei possessori dei terreni; degli speculatori che comprano e vendono aree o case di lusso prima concesse in affitto; dei padroni di supermarket, da un po' d'anni si è pure innestato un lento processo che tende a stroncare tale sfruttamento e a porre le premesse di uno sviluppo in senso contrario. Si tratta per esempio di una serie di leggi urbanistiche che sono state rese possibili dalla mobilitazione e partecipazione dei lavoratori (lotte per le riforme, manifestazioni degli edili, occupazioni di case, sciopero degli affitti) e certamente dalla presenza dei socialisti al governo e dalle proposte dell'opposizione comunista; si tratta di una sempre più vasta aggregazione al movimento dei lavoratori che si apre ora all'impegno sociale fuori dalla fabbrica, nei quartieri (Milanodieci, n. 11, pag. 8, «Dal controllo della fabbrica...»), di uno strato sempre più cosciente nel mondo della scuola superiore (dalla facoltà di architettura al movimento degli studenti medi), si tratta di cittadini che si sono aperti ai problemi di massa della zona, partecipando ai comitati di quartiere, imparando a dibattere e lottare all'interno dei comitati di coordinamento fra i vari quartieri.
Non abbiamo mai negato che tutto
ciò abbia ancora degli aspetti fortemente negativi e non abbiamo mai mancato di rimarcare con fermezza ciò che noi giudichiamo pesantemente negativo per lo sviluppo di questo pur lento processo, tuttavia anche se, a nostro avviso, tali conquiste potevano coraggiosamente essere spinte molto più avanti (per es. la legge 865), riteniamo che tutt'ora abbiamo in mano strumenti validi per combattere decisamente lo scempio del territorio e lo sfruttamento dei lavoratori che ci abitano, mentre il movimento di lotta può contare su una presenza sempre più vasta e sempre più cosciente.
In questo contesto si inserisce, crediamo, il lavoro della Commissione Urbanistica Pianificazione territoriale della zona 10, costituita, oltre che dai rappresentanti dei vari partiti politici (con prevalenza di p.c.i., p.s.i. e sinistra d.c.), dai comitati di quartiere. Che cosa ha inteso fare la commissione? Di fronte alla situazione caotica della città, la commissione del consiglio di zona 10 ha voluto, con l'apporto di tutti i cittadini, chiamati alla discussione attraverso tre assemblee in tre punti della zona (via Termopili, via Brambiila, via Mattei) prendere una posizione popolare nei confronti della Amministrazione Comunale che si appresta, a breve termine, a redigere un nuovo piano regolatore generale per la città. Perché appunto questo nuovo piano regolatore non difenda ancora una volta e non accresca lo sfruttamento e la speculazione, la commissione urbanistica del consiglio di zona, dopo aver compiuto un'analisi dettagliata della situazione della zona, vuole preparare un piano parziale della zona, con indicazioni di aree da salvaguardare per uso pubblico (scuole, case popolari, parchi, biblioteche, nidi d'infanzia ecc.).
La Commissione del consiglio di zona ha assicurato, nel suo documento e nel corso delle tre assemblee popolari summenzionate, che « prioritari saranno considerati i problemi relativi alla casa economico-popolare, alla scuola ed alle attrezzature sociali, ai centri di produzione ed al verde, onde evitare che una indiscriminata serie di interventi riduca al caos l'aspetto urbano e la vita della zona, e ne renda impossibile la risoluzione dei vari gravi problemi ».
Sono previsti per es. due lotti di case popolari: uno tra via Adriano - via Brambilla e Sesto S. Giovanni, l'altro all'interno del « famoso » parco Martesana (tra via Astico - via Falconi e via Valtorta). Nel parco Martesana dovrà esserci anche un nido d'infanzia, una scuola materna ed una scuola elementare.
Altro impegno della Commissione e del Consiglio di zona sarà quello di sostituire gradualmente le case vecchie e malsane in zona, con case popolari, impedendo però l'esodo dei ceti vecchi e popolari verso l'hinterland milanese (Rozzano, Corsici, Cologno M. ecc.). Questo potrà avvenire costruendo alcune case-albergo che ospitino provvisoriamente, ora gli inquilini di un caseggiato ammalorato e malsano, ora quelli di un altro quando gli inquilini del primo siano potuti entrare nella casa nuova costruita al posto della prima.
A questo punto qualcuno potrà ripetere il vecchio ritornello che si tratta di belle parole. Potrebbero restare tali se solo pochi porteranno avanti le cose, se da parte di tutti non si entra nella consapevolezza che solo la lotta organizzata nei quartieri può condurre a dei risultati positivi. Ma a nostro avviso ci sono delle buone speranze. Il movimento operaio si sta rivolgendo con la sua forza e la sua organizzazione anche fuori dalla fabbrica e sarà vivamente interessato ai problemi del quartiere, dell'organizzazione del territorio, della lotta contro la speculazione e lo sfruttamento. Il consiglio di zona non fa cadere la sua proposta, arricchita dalle osservazioni dei cittadini, nel vuoto, perché nella zona lavorano, oltre i partiti, molti comitati di quartiere attivi e collegati tra di loro. Se poi, a po-' co a poco i consigli di zona arriveranno ad ottenere più poteri e a dare alla Giunta dei pareri vincolanti (e si è molto vicini a farlo, ora che il partito della crisi — la d.c. — è stato sconfitto) si ha un altro elemento per ben sperare e per rimboccarsi le maniche. Si tratta quindi per i cittadini di entrare in una strada già ben tracciata ed avviata verso il suo traguardo. Questo sarà possibile per tutti i lavoratori, partecipando alla vita dei comitati di quartiere che hanno spinto il consiglio di zona a questo lavoro e a queste posizioni; partecipare ai lavori e alle lotte dei comitati, rendendo più vicino nel tempo, con il proprio impegno, il momento dei risultati. Diamo qui accanto l'elenco dei comitati con cui la nostra redazione ha rapporto perché gli abitanti del quartiere che si sentono d'impegnarsi possano partecipare alle loro riunioni.
C.D.Q.P.N.
Comitato di quartiere
Ponte Nuovo
Sede: via Caroli 8 tel. 25 90 839
Riunione di comitato: martedì ore 21
Comitato di agitazione
Crescenzago
Sede: via Adriano 6 tel. 29 06 38
Riunione di comitato: sabato ore 15,30
Collettivo di quartiere
Franceschi
Sede: via Asiago
Casella postale via Oristano 17 tel. 25 91 332
Riunione di comitato: sabato ore 15
Comitato di quartiere
Leoncavallo
Sede: via Chavez 2 tel. 28 98 998
Riunione di comitato: sabato ore 15
Comitato di quartiere
Precotto
Sede: viale Monza 265 int. Riunione di comitato: tel. 25 71 128/25 50 629
Unione Inquilini
Zona Padova
Sede: via Clitumno 19 bis Riunione: venerdì ore 21,30
Giochi Educativi
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Libri
libri
per
scuola
milanodieci urbanistica dicembre 1973 - pag. 8
per dare un volto più umano alla città cittadini
Iniziativa del consiglio di zona 10 in vista del nuovo piano regolatore. Come i cittadini possono inserisi in questa iniziativa.