miliare° 19
Mensile di informazione politica e cultura
Anno IV - N. 6 - giugno 1982 L. 400
Petizione popolare per una nuova politica
La casa deve essere un diritto per tutti
È in corso una grande raccolta di firme su proposte concrete per rompere l'immobilismo del Parlamento e del Governo
Continua nella nosta zona, e si protrarrà fino al prossimo 15 luglio, la raccolta di firme sotto una petizione popolare per una nuova politica della casa lanciata, a livello nazionale, dal PCI per rompere il muro di inerzia ed i ritardi governativi su questa importantissima questione.
Quella della casa è difatti una questione che, specie nelle grandi città come Milano, va diventando sempre più esplosiva e coinvolge, sia pure a diverso titolo, strati sociali diversi.
t ormai evidente che la politica della casa sin qui seguita e lo stesso equo canone non hanno risolto questa questione, anzi, l'hanno aggravata. Oggi vogliono con forza un netto cambiamento della politica in questo settore (essenziale in una società che voglia definirsi civile) le migliaia di famiglie di inquilini già colpite da sfratto esecutivo; cui si aggiungeranno le altre migliaia che saranno colpite da disdetta allo scadere dei contratti in questo mese di giugno e nel prossimo mese di settembre.
Ed avanti così non ce la fanno più ad andare neppure gli inquilini (e sono tanti) per i quali la legge di "equo canone" è soltanto una chimera, obbligati come sono (sotto la minaccia del non rinnovo del contratto) a sottostare alle più inaudite ed impensabili richieste-capestro della proprietà immobiliare, tutta tesa a lucrare altissime rendite non dovute, incoraggiata in questa sua azione dalla organizzazione della proprietà edilizia milanese, unica in Italia ad indicare tuttora, in contrasto con numerose sentenze già pronunciate in proposito, aggiornamenti ISTAT doppi rispetto a quelli stabiliti dalla legge. Senza parlare poi delle forti somme a fondo perso (si parla di milioni e milioni di lire) che sarebbero costretti a versare ai proprietari di casa quei pochi che hanno la "fortuna" (ma sarà poi veramente una fortuna?) di trovare un alloggio da prendere in affitto, magari come "ufficio". Questo per quanto si riferisce all'edilizia privata. Per quanto riguarda l'edilizia pubblica una riforma profonda, fondamentale degli Istituti Case popolari è richiesta dagli inquilini e dalle loro organizzazioni sindacali. I rapporti tra inquilini e IACP (Istituto Autonomo Case Popolari) di Milano (che amministra un enorme patrimonio di oltre centomila alloggi) si sono guastati nel corso degli anni a causa del permanere di una conduzione di fatto accentrata, che ha messo in crisi la stessa credibilità gestionale ormai disancorata da una realtà in continua evoluzione (mutamento dei nuclei familiari, dei redditi, dei costi dei servizi, ecc.), che solo un effettivo e concreto decentramento potrebbe governare.
Pesante è poi la situazione dei giovani che vogliono mettere su famiglia e che non trovano dove sistemarsi per mancanza non solo di alloggi in affitto, ma anche di nuovi alloggi in vendita a prezzi accessibili. Così le alternative sono o rinunciare a mettere su famiglia, o adattarsi a convivere con i genitori del-
l'uno o dell'altro, o assogettarsi a lasciare la città dove sono cresciuti, dove hanno le loro amicizie, il loro lavoro, i loro ricordi per trasferirsi altrove, fuori città, alla ricerca di alloggi di poco meno costosi. Così uno dei diritti fondamentali in una società libera, quello che dovrebbe garantire ad ogni cittadino di vivere dove preferisce, va a farsi friggere. E intanto le città si svuotano di giovani (di quelli meno abbienti, naturalmente perchè per i ricchi di questi problemi non ce ne sono) ed invecchiano rapidamente. Basta guardare la nostra zona ed in particolare i suoi grandi quartieri popolari di San Siro e del Gallaratese dove gli asili nido, le scuole materne e le elementari, che fino a non molti anni or sono erano insufficienti, ora sono eccedenti rispetto alle attuali necessità, mentre continua a crescere la domanda di spazi e di servizi per gli anziani.
E chi alla fine, non potendo fare altre scelte (ma dov'è la libertà?) è costretto, a costo di enormi sacrifici, ad acquistare la casa per sè e per la sua fami-
via Gavirate ed in via Scarampo La"immobiliare" Italtel vende
glia a "prezzo di mercato" (ma è possibile parlare di mercato libero quando è condizionato da un'offerta mantenuta costantemente al di sotto della richiesta per far salire i prezzi?) si trova a dover continuamente porre mano al portafogli per pagare imposte, tasse, interessi passivi, balzelli costosissimi ai notai. Migliaia di miliardi di lire passano di mano dal piccolo e medio risparmiatore alle immobiliari ed ai notai senza che sia stato costuito un solo appartamento da vendere o, tanto meno, da affittare.
Così l'industria delle costruzioni edilizie, che con un milione e settecentomila addetti (senza contare il cosidetto indotto) è uno dei settori economici più rilevanti del paese, rimane ferma, o quasi, mentre sono sempre più quelli che sono alla ricerca di una casa.
In Parlamento sono state presentate, dai gruppi parlamentari comunisti, precise proposte per garantire la costruzione di nuove case, perchè segue in ultima
In questi ultimi anni si sta assistendo ad un rapido e crescente processo di trasformazione delle imprese, fenomeno, peraltro, che investe ogni settore dell'economia Italiana.
Molte di queste ristrutturazioni sono rese necessarie perchè la crescente domanda di sistemi sempre più sofisticati, richiede lo sviluppo di nuove tecnologie che entrano così a far parte dello stesso ciclo produttivo condizionandolo in larga misura.
In un contesto di queste caratteristiche e dimensioni si inserisce anche un'Azienda a Partecipazione statale come l'Italtel (ex Sit Siemens)
In queste righe non si vuole discutere sui modi e sui mezzi che la Direzione di questa Azienda sta tentando di adoperare, gia le organizzazioni sindacali sono impegnate su questo fronte, ma informare l'opinione pubblica su una particolare operazione in corso all'Italtel.
L'Azienda, invitata a rompere il silenzio che aveva sempre mantenuto e spinta a dare corpo a voci di corridoio, rendeva noto nei primi mesi dell'anno la
Verrà rispolverato un vecchio progetto?
Un'isola verde per S. Siro
Si tratterebbe di creare un'isola pedonale collegando tra loro i giardini di viale Mar Jonio, piazza Selinunte e viale Aretusa
ferma intenzione di vendere il proprio patrimonio immobiliare. È bene ricordare che la Sit Siemens aveva fatto costruire, tra gli anni 50 e 60, un certo numero di stabili da adibire ad uso abitazione per i propri dipendenti. Questi appartamenti si trovano in via Gavirate ed in via Scarampo (nella nostra zona) ed in via Neri e Milano, nonchè a Vighignolo, nel comune di Settimo Milanese, oltre a quelli di Roma e di Curti, presso Santa Maria Capua Vetere. Tutti i problemi relativi all'amministrazione degli immobili erano, e sono, affidati alla Società Immobiliare 1.uicana, di proprietà azionaria della stessa Italtel. L'assegnazione degli appartamenti, invece, è stata sempre gestita dalla direzione del personale, che provvedeva a vagliare le domande di locazione ed assegnare gli appartamenti con criteri tutti interni alla gestione aziendale.
A molti dipendenti, divenuti anche locatori, era sembrato, in una qual misura, un riconoscimento particolare per l'attività professionale svolta nell'azienda. Ora l'Italtel, credendo di poter risanare anche così il proprio bilancio passivo, propone ai locatori. molti dei quali ormai pensionati. l'acquisto dell'appartamento al prezzo di mercato, cioè prezzi speculativi!
Gli inquilini, preoccupati della situazione, hanno organizzato una serie di incontri ed iniziative in accordo con le rappresentanze Sindacali degli inquilini SUNIA e SICET. al fine di spingere l'azienda a recedere dal proprio proposito.
Dalle assemblee sino ad ora svolte si ricava la sensazione che nessuno dei locatari sarebbe disposto ad accettare tale proposta; si auspica. nell'interesse reciproco, che l'Italtel modifichi i propri intendimenti. studiando soluzioni che garantiscano comunque la permanenza negli appartamenti degli attuali inquilini, anche per non aumentare il già altissimo numero degli sfrattati.
Nel rispondere ad una interpellanza di alcuni rappresentanti degli abitanti di San Siro relativa alla questione delle manutenzioni nel quartiere, presentata all'inizio della seduta del Consiglio di Zona del 3 maggio scorso, il presidente del Consiglio stesso, arch. Danilo Pasquini, ha detto che quanto prima dovrebbe essere ripreso in esame il progetto di creazione di un'isola pedonale sulla direttrice viale Mar Jonio - piazza Selinunte - viale Aretusa.
Si tratta di un vecchio progetto formulato e presentato al Consiglio di Zona 19 dieci o dodici anni or sono dall'allora esistente Comitato di Quartiere San Siro-Harar. Secondo tale progetto i viali Mar Jonio ed Aretusa dovrebbero essere chiusi al traffico veicolare, escluso quello locale, ed in piazza Selinunte dovrebbe essere interrotsegue in ultima
pwio
Ci auguriamo che le trasformazioni in atto all'Italtel non abbiano il solo scopo di trarre il massimo profitto che è notoriamente in contrapposizione agli interessi sociali relativi ai singoli e all'intera comunità.
Forse lo sanno ma...
Abbiamo avuto modo ultimamente di leggere dei manifesti con la proposta radicale per robiezione fiscale alle spese militari".
Chi è contrario agli armamenti dovrebbe, secondo i radicali, autoridursi le tasse di una percentuale pari a quella che lo Stato destina, nel suo bilancio, alle spese militari.
Su un piano puramente teorico la proposta non fa una grinza: chi non vuole le armi non dia i suoi soldi per costruirne o per comperarne. Sul piano pratico, però, le cose stanno in modo sostanzialmente diverso. In effetti l'obiezione fiscale, con conseguente autoriduzione, potrebbero praticarla quei percettori di reddito (industriali, commercianti, professionisti, ecc.) che pagano le imposte dirette in base a quanto loro stessi
dichiarano, di guadagnare e tra i quali già molti sono (per fini certatnente molto meno nobili) gli evasori fiscali.
E poi non è detto che lo Stato di fronte ad un minor gettito fiscale riduca le spese nidirari e non spese di maggior interesse sociale. Nè è detto che rinunci ad una parte delle entrate preventivate. Per raggiungere la cifra prevista potrebbe magari, secondo consuetudine, ricorrere ad una maggior tassazione dei redditi dei lavoratori dipendenti, che, anche se lo volessero, non possono attuare alcune "obiezione fiscale" (nè contro gli armamenti, nè per al tro) visto che a loro le tasse le fanno pagare tutte e subito, trattandogliele direttamente dalla busta paga. Ma forse questo i radicali non lo sanno. O forse lo sanno ma non gliene importa niente.
Non ci son solo inquilini morosi San Siro va in rovina: e l' IA C P che fa? Un regalo agli speculatori 204 milioni per il diritto allo studio 0,`",it= Quartieri cronaca Ogni giorno un bosco nei rifiuti ti La povertà c'è ancora La religione a scuola
In
... ...e a caro prezzo
(Nella foto: auto parcheggiate nei giardini di viale Mar Jonio)
Caro Milano 19, sono una tua lettrice che abita a San Siro e ho deciso di scriverti per sottoporci una questione alla quale spero che qualcuno vorrà rispondermi. Per far durare di più la mia pensione faccio la mia spesa, come tanti altri nel quartiere anche con redditi maggiori del mio, al mercatino coperto che c'è all'incrocio tra via Ricciarelli e via Carlo Dolci, dove, indubbiamente, qualcosa si risparmia. In particolare acquisto burro e formaggi da uno dei tre rivenditori di tali generi che ci sono all'interno del mercatino, che però non ha il latte della Centrale. Così per acquistare il latte della Centrale devo assoggettarmi alla fatica; non lieve per me, di fare un'altra coda davanti all'unico rivenditore che lo ha, il quale a volte sembre non vedermi e serve altri venuti dopo me (forse perchè io da lui non compro anche burro e formaggi) e spesso, specie nel pomeriggio, resta privo di latte normale, per cui sono costretta a comperare quello a lunga conservazione, più caro e sul quale forse lui ci guadagna qualcosa di più.
Ho chiesto perchè gli altri due rivenditori di burro e formaggi, che peraltro vendono anche latte di altre
marche, non vendano il latte della Centrale e mi è stato risposto che in base ad un regolamento interno del mercatino soltanto uno può averlo. Ora le domande che io pongo sono queste. Quale è questo regolamento interno e che valore ha? La Centrale del Latte è tenuta a rispettarlo? Come mai il latte normale si esaurisce così presto? È forse perchè la Centrale ne fornisce poco o non sarà perchè l'unico rivenditore del mercatino non ne acquista in quantità sufficiente per vendere quello a lunga conservazione? Spero di avere presto una risposta a queste mie domande e ti ringrazio per lo spazio che mi hai concesso.
Tua
Desidero rispondere a Mauro Cavicchini Segretario Regionale del SUNIA la cui lettera sull'aumento dei canoni dell'IACP è stata pubblicata su "Milano 19" di aprile.
Egregio Signor Pagetti, in margine alla manifestazione per la pace (poesia, pittura, grafica, fotografia) indetta dal Circolo Sirio di Doris Consonni, dalla Coop. La Vittoria di Trenno e dal direttivo della Zona 19, e tenutasi il 30 aprile scorso, penso che il periodico da Lei diretto dedicherà spazio al riguardo.
Per quanto mi concerne, preciso doverosamente che ho inviato un mio testo a seguito di invito verbale della gent. Sign. Doris Consonni, la quale mi aveva detto che si trattava non di un concorso, ma di scegliere testi ed opere sulla pace, da presentare al pubblico — in effetti essendo da tempo in giurie di premi prestigiosi e ben avviati da due anni non partecipo a concorsi; invece il 30 aprile è risultato trattarsi di un concorso a graduatoria, ma poco male. Piuttosto la mia lirica (A Mosè dal Monte Nebo, qui allegata) prescelta per la lettura e consegnata nel testo integrale di due pagine, è stata... trattata per errore non pacificamente: alla giuria, ed al lettore, è stata data soltanto la prima pagina, con evidente carenza di giudizio da parte dei lettori e degli ascoltatori. Pro bono pacis -- è il caso di dirlo — ho fatto presente il fatto agli amici ed ai
Anna Pagani
Cara lettrice, purtroppo, non siamo, per il momento almeno, in grado di dare una risposta alle tue domande. Ci auguriamo che altri lo possano e lo vogliano fare. Intanto ci ripromettiamo di fare anche noi, con i pochi mezzi di cui disponiamo, qualche ricerca in merito per cercare di accettare come stanno realmente le cose. nuovi conoscenti della serata, ma invio il testo a Lei confidando nella pubblicazione "a rettifica e miglior conscenza". Ringrazio e saluto cordialmente (non servono altre satire?)
Pio Ferrati
Egr. Gr. Uff. Dott. Rag. Pio Ferrari già Revisore dei Conti (Ministero Sanità), il direttore di Milano 19 mi prega di rispondere alla sua cortese lettera del 7/5 in quanto sono il responsabile del Gruppo Sirio organizzatore del Concorso "Pace come Slogan", pubblicizzato dal mensile di Zona sui numeri di febbraio/marzo/aprile 82 con la pubblicazione integrale del bando. Sono spiacente di rilevare che lei non ha compreso trattarsi di un concorso con regolamento ben dettagliato, nel quale per la poesia veniva richiesto un componimento originale in tema e con versi non superiori al numero trenta. Ho comunque inteso selezionare anche la lirica da lei inviata, nonostante non rispettasse le norme previste, perchè il Gruppo Sirio è onorato dalla sua partecipazione. Mi scuso per il malinteso.
Gianfranco Ronchi
Il Consiglio di Amministrazione dell'Istituto ha deliberato nel Febbraio '82 l'adeguamento dei canoni per gli alloggi di proprietà. Occorre ricordare che detti canoni sono rimasti invariati dal 1977 mentre tutti i prezzi e tariffe hanno subito notevoli aumenti: l'attuale importo non copre nemmeno i costi di amministrazione e manutenzione. Va altresì sottolineato che l'Istituto ha contestualmente individuato provvedimenti a salvaguardia delle famiglie pensionate e a basso reddito, prevedendo un sostanziale bonifico degli eventuali arretrati derivanti dall'adeguamento retroattivo dei canoni.
Peraltro l'applicazione dei nuovi importi è subordinato al completamento dell'anagrafe dei redditi degli Inquilini è quindi non potrà comunque diventare operativa prima della fine del 1982.
Nel frattempo, come è noto, la Regione dovrebbe emanare un provvedimento di determinazione dei canoni valido per tutta la Lombardia.
Il Consiglio di Amministrazione dell'IACP ha comunque già deciso che qualora il provvedimento regionale intervenga prima dell'applicazione della propria delibera, la stessa venga rivista per conformarla alle indicazioni regionali. Quindi come si vede la situazione non giustifica i toni drastici poichè allo stato attuale si sta concretamente lavorando soltanto per realizzare l'anagrafe dell'utenza che, come si sa, è indispensabile sia per l'applicazione delle detrazione ai redditi bassi che dell'equo canone ai redditi alti.
Comunque è indispensabile sottolineare che l'adeguamento dei canoni è un provvedimento assolutamente necessario a restituire all'Istituto la fluidità finanziaria per far fronte ai costi reali che la gestione e la manutenzione dei patrimonio comportano. In particolare le manutenzioni sono certamente insufficienti proprio perchè l'Istituto non dispone dei fondi necessari a intervenire.
lo sono certo che gli Inquilini e le Organizzazioni Sindacali comprendono l'importanza di collaborare al risanamento dell'Ente, non solo come obiettivo di interesse generale ma specificatamente per migliorare le condizioni abitative nelle case popolari e ripristinare un rapporto corretto fra utenza e Istituto.
Cordialmente
avv. Paride Accetti Presidente dello IACPM
Odissea di una mutuata in cerca di ricovero ospedaliero. È il 19/3/82 ore 8,30: munita di regolare richiesta di ricovero per disturbi gravi circolatori e pressori, recente episodio di ématurria su elemento che ha subito ben sei interventi demolitivi dal '78 al '80, dopo aver fissato appuntamento telefonico otto giorni prima presso la clinica S. Giuseppe che mi aveva assicurato il ricovero per quel giorno, mi reco presso il medico addetto il quale, dopo avermi visitata, avrebbe dovuto smistarmi in reparto. Mi visita, vede le numerose cicatrici, ne chiede spiegazioni, gli mostro le cartelle cliniche che ho con me. Probabilmente si spaventa per la complessità del caso, mi rifiuta il ricovero adducendo quale giustificazione che la clinica è troppo piccola e non abbastanza attrezzata per una paziente come me. Strano, il mio medico mi ha indirizzata li proprio perchè la clinica è specializzata in disturbi vascolari e pressorici e vi è stato istituito un centro apposito; centro di cui io, in quel mo-
ll invisibile
Abbiamo apprezzato molto lo slancio del Suo Articolo, e ci troviamo d'acordo con lei con quanto afferma nella prima parte. D'altra parte ci sembra corretto rilevare come, presa nella foga del discorso, questo sia scivolato in una sorta di polemica in certa misura poco conveniente, e non del tutto corrispondente alla realtà. Ci teniamo infatti a far presente che un'iniziativa come quella della piantumazione ha richiesto nell'arco di tempo di un anno, notevoli sforzi organizzativi e supporti tecnici che fanno parte del lavoro 'invisibile' sostenuto anche e soprattutto dai componenti del Comitato Inquilini, i quali hanno favorito e appoggiato sostanzialmente la realizzazione dell'opera. Non crediamo comunque che la polemica o che dir si voglia ia franca e appassionata constatazione della signora debba essere indirizzata tanto in quella direzione, quanto a sollecitare una partecipazione decisamente più attiva della comunità intera rispetto ai problemi e le iniziative che riguardano il suo interesse, al di sopra delle discriminazioni di parte e delle divergenze di opinione, ma soprattutto contro la cattiva volontà o l'indifferenza di chi non prende mai posizione o si assume soltanto la bega di stare a guardare come cresce l'erba del proprio giardino.
La Comunità Capi Gruppo Scout Milano XXV° S. Leonardo
mento, avevo particolare bisogno. Il letto disponibile non c'è più. Insisto inutilmente, devo girare i tacchi e rivolgermi altrove. Ore 11,30 Clinica Pio X: mi rivolgo all'ufficio informazioni. Risposta: non siamo convenzionati con la SAUB per cui ogni esame, iniezione, aria che respira come ricoverata è a suo carico. Sono disponibili stanze singole a L. 90.000 giornaliere per le quali la SAUB rimborsata, dopo innumerevoli pratiche, 40.000 lire circa.
C'è poi la stanza a due letti, ma momentaneamente non disponibile. Devo versare al momento dell'ingresso, a titolo di cauzione, la somma di Lire 1.000.000- ma la cosa non finisce qui. Per essere ammessa in reparto devo essere visitata da un medico che opera nella clinica. La tabella relativa al pagamento delle prestazioni indica lire 20.000/30.000/ 40.000 per visita a seconda del medico; ci sono poi i più quotati che si riservano il diritto di chiedere la parcella a loro piacere dopo aver effettuato la visita. Occorre però aver fissato l'appuntamento in precedenza; infatti a q uell'ora non c'è nessuno che possa visitarmi, perciò devo tornare il giorno successivo. E se nascono complicazioni e muoio nel corso della notte? Che importa, una mutuata di meno, una povera accattona che si rivolge alla assistenza pubblica a chiedere la carità che ha profumatamente pagato alla collettività che a fine anno ha preteso un versamento di Lire 1.300.000 - quale quota 1981/82.
Ore 16: stanca e nauseata mi rivolgo al pronto soccorso dell'Ospedale S. Carlo. Qui ho subito tutti gli interventi, mi ricovereranno di certo, sbaglio. Il medico di guardia del reparto medicina mi tiene mezza nuda su un lettiga a crepare di freddo, poi un medico mi misura la pressione 110/220, nota le cicatrici, si rivolge al collega che sembra essere il capo, questi legge le cartelle cliniche e dice che deve interpellare la chirurgia, sa Dio i motivi, i miei disturbi ora sono solo di natura medica, in chirurgia hanno tolto ormai quello che dovevano e non, per riparare agli errori fatti. Comunque poichè quelli del reparto chirurgia quel giorno non sono di turno al pronto soccorso, mi dice che non ha letti, che può curarmi il mio medico curante, venendomi a misurare la pressione più volte al giorno e tenendomi sotto controllo per gli altri disturbi, scrive a questi una lettera in tal senso e mi rispedisce a casa.
Ultima tappa ore 19: vado dal medico curante e riferisco. Questi si secca. Forse ha ragione, deve assistere migliaia di ammalati e non ce la fa. lo sono una di quelle che gli procura abbastanza
lavoro, anche se ne farei benissimo a meno se il Padre Eterno non mandasse a me tutte le malattie di questo mondo. Comunque mi accorgo dopo 20 anni che lo avevo erroneamente giudicato il classico medico di famiglia di una volta, che veniva a vedere come stavo anche senza essere stato chiamato; lo faceva non per missione ma perchè pagato a visita, venendo lui guadagnava più soldini. Ora che la riforma gli ha stabilito una cifra X per assistito annuale lui è cambiato, ti spedisce in clinica alle prime difficoltà, ti manda dagli specialisti e quando devi tornare a lui per farti trascrivere le richieste di esami o le ricette ti dice abbastanza sgarbatamente che lui a scrivere si stanca la mano e che malati come me danno troppo lavoro; lui ora sceglie quelli che hanno fatto con il Padre Eterno il patto di non ammalarsi mai facendolo guadagnare senza lavorare, non tenendo presente che dei quattro membri della mia famiglia tre hanno ricorso a lui 10 volte in 20 anni.
So che il medico non ha tutti i torti; è tutto il sistema ad essere sbagliato. Hanno fatto di questa riforma sanitaria una bolgia che scontenta medici e assistiti e crea il caos nella collettività. Penso che se in Italia noin riformassimo più nulla, vista l'esperienza di quelle fatte, sanità e scuola funzionerebbero meglio.
Ci meravigliamo di quello che succede a Roma? Di un primario che è stato condananto e che come i potenti, se pure sconterà la pena lo farà in una stanza di una moderna clinica e non in una lurida cella come capita al piccolo furfantello che per fame ha magari rubato due mele. Credete che se io fossi stata disposta a mollare qualche bustarella e avessi trovato la persona giusta, il giorno 19 sarei tornata a casa senza ricovero?
Ora voglio solo aggiungere: "LA VITA UMANA È SACRA", smettano enti pubblici, ospedali, cliniche private, medici primari e mutualistici famigliari di giocare per loro tornaconto come fa il gatto con il topo, dicendo di aver ricoverati 40 pazienti in reparto per non accettarne altri, mentre si scopre poi che solo 37 letti sono occupati (tre sono riservati ai raccomandati).
Siamo un esercito stanco e malato, stufo di soprusi e maltrattamenti, siamo molti e potremmo anche ribellarci e scaraventare tutto in aria.
In Italia sarebbe necessario aumentare il personale addetto alla pulizia urbana, è troppa la pulizia che c'è da fare ovunque ed il personale è poco. Forse se dessimo tutti una mano a farlo l'aria diventerebbe più pulita e salubre ed avremmo meno bisogno di assistenza medica.
Grazie per aver accettato il mio sfogo che è quello di una lettrice assidua del nostro giornale di zona e sensibile ai problemi della zona stessa.
Lettera firmata
milano 19 - pagina 2 000 o Ä giugno 1982 Perchè poco latte al mercatino? Canoni L'Odissea di una mutuata PRIMIZIA via GALLARATE 403 - tel. 3533673 (100 mt. incrocio con via Appennini) ABBIGLIAMENTO DONNA e BAMBINO - merceriavasto assortimento di biancheria intima ARRIVA L'ESTATE Primizia vi aspetta con la nuova collezione mare ( % NEGRI CARNI COMMERCIO CARNI — SERVIZIO RISTORANTI via Chiarelli 10 (MERCATO COMUNALE lir 3087614 p.za Prealpi ( MERCATO COMUNALE )2 390633 321655 via Gran Sasso 5 lo. 221667 SPECIALITA SALUMI NOSTRANI E POLLERIA
Non aveva capito che era un concorso
1623 alloggi popolari in vendita a Milano
Un grosso regalo agli speculatori?
La delibera IA C P di alienare parte del suo patrimono potrebbe lasciare pericolosi spazi di manovra alla speculazione senza risolvere il problema della casa
Ma è sempre vero che la gente vuol comprare l'alloggio per il quale paga l'affitto? La verifica concreta della realtà dice che si tratta di una frase fatta, propagandata da chi ha interesse a farlo, che non corrisponde alle aspirazioni di larga parte degli inquilini, anche delle case popolari.
Lo IACPM (Istituto Autonomo Case Popolari di Milano) con una delibera votata a maggioranza (contrari soltanto il consigliere di amministrazione comunista ed i rappresentanti dei sindacati dei lavoratori e degli inquilini) ha deciso di mettere in vendita 29 fabbricati, costruiti tra il 1927 ed il 1972, per un totale di 1.623 alloggi. Si è detto che questa vendita (o svendita?) dovrebbe consentire l'incameramento di alcuni miliardi di lire e la cancellazione della morosità, almeno per questa quota di patrimonio.
Quelli che hanno votato contro tale delibera (il consigliere del PCI ed i sindacalisti) hanno obiettato di non avere niente in contrario, in linea di principio, alla alienazione di alloggi, sulla base, però di scelte oculate, fatte valutando tutte le implicazioni, anche sociali, fermo restando, comunque, il diritto per tutti - sia per chi compra, sia per chi non vuole o non può comprare - di continuare ad abitare dove stanno e fermo anche il principio che i fondi incamerati devono essere investiti per costuire nuovi alloggi.
Tali obiezioni non sono state accolte dalla maggioranza, che ha voluto ad ogni costo approvare la delibera, forse convinta di un'adesione plebiscitaria degli inquilini all'acquisto degli alloggi.
Le cose invece non pare stiano così. Al di là delle mozioni approvate in alcune assemblee popolari, anche singoli inquilini delle case popolari della nostra zona hanno espresso pareri fortemènte critici sulla delibera dello IACPM. Tali critiche sono rivolte non tanto alla decisione di vendere in sè, quanto a quella parte della delibera che prevede l'alienazione forzata degli stabili se almeno il 60 per cento degli inquilini compra e la possibilità di vendere a gente esterna alla casa, con il risultato quindi, che l'inquilino che vi abita possa essere sfrattato "per necessità del proprietario".
Questi contenuti della delibera sono ritenuti dagli inquilini non soltanto inaccettabili, ma addirittura aberranti. Tanto più che una percentuale non piccola (ed in continuo aumento nella nostra zona dove si stà assistendo ad un rapido invecchiamento della popolazione) degli inquilini sono pensionati che non hanno la possibilità di acquistare direttamente l'alloggio in cui abitano e che soltanto in rari casi hanno la possibilità di essere aiutati dai figli a farlo. Questi inquilini corrono quindi il grosso rischio di restare senza casa e di vedersi buttare in mezzo ad una strada, visto che un qualsiasi esterno (magari senza neppure i requisiti per aver diritto ad un alloggio popolare) può acquistare il loro appartamento e sfrattarli. Si arriverebbe così, all'assurdo che lo IACP, con la sua iniziativa, otterrebbe soltanto il bel risultato di allungae la lista dei senza casa ai quali procurare un alloggio. Ma dove, se già oggi gli appartamenti nuovi non bastano a soddisfare le 36 mila domande presentate a suo tempo e gli appartamenti vecchi ci risulta sono molto al di sotto delle necessità per sistemare sfrattati e casi di emergenza? E poi, si chiedono ancora gli
inquilini, lo IACP non ha messo in conto l'incentivo alla speculazione immobiliare? Già si sa di immobiliari che si interessano di compra-vendita di alloggi, le quali si sono fatte avanti per "aiutare" gli inquilini a comprare in cambio di un rapido passaggio di proprietà. r un primo segnale che deve destare allarme e che pone in
rilievo la necessità di apportare subito alla delibera una modifica tesa a garantire il diritto alla casa anche a quegli inquilini che non vogliono, o che non possono, comprare ed a rendere impossibile qualsiasi manovra speculativa. Tale modifica dovrebbe prevedere il diritto a rimanere in affitto per tutti gli inquilini che non comprano, indipendentemente dalla percentuale di quelli che acquistano, ed escludere ogni possibilità di vendita degli alloggi ad esterni anche da privato a privato. In tal senso lo IACP dovrebbe introdurre il principio di prelazione a suo favore nel caso in cui l'inquilino che ha comprato intenda rivendere. In altre parole: se chi ha comprato vuol vendere deve poterlo fare soltanto all'Istituto, che potrebbe così impedire l'innescarsi della spirale delle vendite individuali speculative di un patrimonio costruito con i soldi di tutti e attuare una politica calmieratrice sul mercato immobiliare.
Nelle case popolari
Non ci sono solo inquilini morosi
Ma l'avv. Accetti non sembra accorgersene
E preciso dovere sociale di Milano 19 interessarsi ai problemi della Zona e di conseguenza alla situazione delle varie famiglie ivi esistenti. Si è discusso e non risolto lo spinoso problema dell'Equo Canone, così ora la famosa legge Nicolazzi che permetterà di speculare maggiormente sulle case, ma non risolverà il problema delle case Popolari in affitto. Ciò che non si è preso in considerazione sono i vari problemi urgenti che si presentano ogni giorno con la loro drammatica realtà. Esiste il problema grave di chi non potendo comprare la casa e non disponendo della somma imposta dalle varie immobiliari non ha la possibilità di trovare una sistemazione popolare, igenica e confortevole in affitto.
Fra le tante persone intervistate, prendo come esempio la famiglia Ferrarese, che abita in via Albertelli 5 e che non ha la possibilità di comprarsi la casa.
Questa famiglia composta da padre, madre e figlio di 20 anni, e che coabita con la figlia sposata, fortunatamente senza figli, già da 2 anni, vive in una abitazione antigienica composta da una camera da letto, dove dorme il figlio ventenne insieme ai genitori, I sala da pranzo dove dormono marito e moglie, I cucinico e I bagno.
Pagano regolarmente l'affitto ed hanno fatto domanda fino dal 1975 all'I.A.C.P. per cambio di alloggio quando ancora vivevano in quattro persone. Hanno un documento nel quale si riconosce che l'alloggio è antigienico ed una lettera dell'ex Presidente dell'I.A.C.P. Abbondanza dove si dice che è stato dato esito favorevole al cambio di alloggi più adatto; e una dichiarazione medica dove si riconosce un alloggio a terreno per cause improprie.
Purtroppo sono anni che aspettano per questo cambio. Il cambio c'è stato nel frattempo ma quello ai vertici del-
l'I.A.C.P., dal Dr. Costantino al Dr. Abbondanza all'Avv. Accetti, ma tutto tace. Per quanto si sono rivolti a Milano 19 perchè la loro voce arrivi agli addetti ai lavori.
Ho voluto così scrivere questo articolo polemico prendendo lo spunto di questo caso, perchè se ben ricordo alcuni anni fa, quando il Presidente era il Dr. Costantino si parlava di studiare la possibilità di trasferire gli anziani ai piani terra e di cambiare le abitazioni a secondo delle necessità delle famiglie se numerose o meno.
Si parlò anche al tempo del Presidente Abbondanza di dotare le case popolari di ascensori affinchè gli anziani ed handicappati potessero agevolmente muoversi dai piani alti.
Purtroppo molte belle parole e poi silenzio.
Si parla ora di alta morosità da recuperare e scarsa manutenzione invitando gli inquilini a saldare i debiti verso l'istituto per rendere possibile e decisiva la realizzazione degli interventi necessari. Ma la famiglia Ferrarese che paga regolarmente e chiede un alloggio più grande in cambio dell'attuale insufficiente ed antigienico, ha tutto il diritto di ottenere ciò che gli è stato promesso e confermato da anni. Come può la giovane coppia coabitante avere dei bambini o intimità in una tale situazione psicologica?
Non è forse loro diritto avere la loro casa, la loro famiglia e non vivere come in una Comune?
Ciò che mi fa "sorridere" è quando si parla del "fenomeno delle SCUOLE VUOTE" nella nostra Zona ed il decremento della popolazione. Da questo caso si può ottenere il perchè di questo fenomeno e non è il solco. All'avv. Accetti la risposta a questa onesta famiglia non morosa che ha diritto ad una vita decente e civile anche se in affitto popolare!!!
Ennio Tacchi
Progetto: una casa per i nostri giovani
Il problema non è solo quello dei box
Nostra intervista al presidente della cooperativa La Torrazza a proprietà indivisa
La Cooperativa "La Torrazza" ha chiesto di poter utilizzare provvisoriamente la sede del Circolo G. Trevisani in Via Appennini 10 I i B, in attesa che le venga assegnato dal Consiglio di Zona 19 un proprio spazio nei portici che si stanno chiudendo al Q.re S. Leonardo.
Attualmente quindi, l'indirizzo della cooperativa "La Torrazza", coincide con quello della redazione del nostro giornale. Incuriositi da questa nuova presenza, chiediamo al Presidente della Cooperativa, Geom. Giuliano Biraghi, e ad uno dei soci fondatori, Alberto Barbieri, che conosciamo da vecchia data, quali finalità si propone questa nuova Cooperativa?
Risponde Biraghi: se la Cooperativa "La Torrazza" è nuova (ha solo un anno di vita) gli sopì che essa si propone sono invece il risultato di un patrimonio di impegno sociale e di costante attenzione alla crescita del nostro Quartiere che i soci fondatori hanno avuto in molti anni di attività.
La Cooperativa si propone due principali obiettivi: il primo, a brevissimo termine, che prevede la realizzazione di box per dotare il Quartiere di un servizio da anni atteso dalla gente; il secondo, realizzare l'ambizioso progetto che abbiamo definito "una casa per i nostri giovani".
Per il progetto box molto è già stato fatto. I tecnici della "Torrazza" hanno da tempo chiesto, in forma ufficiale, al Demanio del Comune e dello IACPM, tutti i terreni con destinazione box sotterranei previsti nel comprensorio nordovest del Piano Particolareggiato del Gallaratese (da P.za Bonola a Molino Dorino Bissi n.d.r.), senza per questo voler entrare in conflitto con altre Cooperative esistenti sulle stesse aree se danno alla gente le stesse opportunità e garanzie.
Molti degli attuali soci sono gli stesi che in prima fila hanno lavorato nelle organizzazioni e nelle commissioni del Consiglio di Zona 19 per rimuovere gli ostacoli burocratici frapposti dai tortuosi iter urbanistici, e solo ora con la Cooperativa "La Torrazza", sicuri di non creare inutili attese, chiediamo alla gente la loro adesione. Tutti possono aderire?
Risponde Barbieri: l'adesione alla Cooperativa è ovviamente aperta a tutti i cittadini che ne fanno richiesta e tutti avranno diritto all'assegnazione di un box, compatibilmente con i criteri fissati dal documento che ha espresso il Consiglio di Zona 19. Ma la cooperativa "La Torrazza" non vuole limitare la sua attività al solo problema dei box.
Come diceva prima Biraghi, i soci della nostra Cooperativa da anni stanno lavorando attorno ad un progetto ambizioso che abbiamo chiamato "una casa per i nostri giovani". Questo progetto nasce da una analisi realistica dello sviluppo urbanistico e sociale del Q.re Gallaratese. Tutti noi, abitanti del Q.re Gallaratese, siamo stati sradicati dalla realtà sociale e culturale dei nostri luoghi di provenienza e messi a confronto con esperienze culturali e sociali diverse dalle nostre, a volte sono nati conflitti, incomprensioni, spesso isolamento, frustrazioni, disgregazione. Ma si stanno anche formando nuove amicizie, nuovi rapporti umani, una nuova cultura cementata dalle lotte comuni per dare una risposta positiva alle necessità di tutti noi.
I più giovani, i nostri figli, all'interno delle scuole e nei camp; gioco hanno intessuto interessi, affetti, esperienze comuni. Un nuovo tessuto culturale e sociale che dovrà fare i conti con un grosso pericolo: il tempo. Infatti attualmente il Q.re Gallaratese è abitato in grandissima prevalenza da famiglie di mezza età; c'è il rischio che tra qualche decina di anni il quartiere invecchi uniformemente, senza che sia stata pianificata la possibilità di dare una casa in zona ai nostri figli e che an-
che per loro si riproponga una nuova emigrazione in altri quartieri dormitorio alla ricerca di un loro alloggio, imponendo così una continutà a quella cultura che così faticosamente stiamo cercando di creare.
L'impegno della nostra Cooperativa è quello di individuare delle aree, il più vicino possibile al nostro Quartiere, per costruire case per i nostri giovani.
La Cooperativa "La Torrazza" è a proprietà indivisa. Perch è Proprio perchè lo scopo prioritario è quello di contribuire a creare una nuova qualità della vita ed è rivolto principalmente ai giovani ed ai loro genitori che dovranno contribuire, con i risparmi di una vita, a dare un aiuto ai loro figli, che abbiamo pensato alla proprietà indivisa che è l'unica forma di associazione a consentire, in caso di necessità, di poter avere a disposizione il proprio patrimonio senza alienare l'uso della proprietà.
La proposta è molto convincente. Dove e quando è possibile dare la propria adesione?
La nostra sede, come tu sai, è per il momento qui in Via Appennini 101 B - Q.re S. Leonardo (Circolo Trevisani). Per le adesioni: tutti i lunedì dalle ore 21 alle 22,30 e tutti i sabati dalle 15 alle 17, questo è l'orario sino alla fine di giugno.
Nuove norme sugli espropri
Ma Nicolazzi con chi sta?
Le iniziative edilizie ed urbanistiche in corso richiano la paralisi. I programmi di costruzione futuri potrebbero non avviarsi o venir drasticamente ridimensionati. Ciò avverrebbe se l'indennità di esproprio delle aree venisse agganciata al valore di mercato, così come ha prospettato il 13 maggio scorso il ministro dei Lavori Pubblici Nicolazzi nel proporre una nuova normativa sugli espropri in sostituzione di quella dichiarata illegittima nel gennaio 1980 dalla Corte Costituzionale. Il provvedimento proposto appare fortemente complesso e pasticciato. Si basa sull'autocertificazione di valore da parte dei proprietari delle aree, su tale valore verrebbe applicata un'imposta annuale a favore dei Comuni, che quando esproprieranno il suolo dovranno però
pagare al proprietario il valore da lui fissato. Se tale proposta passasse è evidente che i proprietari che devono essere espropriati avranno tutto l'interesse a dichiarare un valore molto alto. visto che dovrebbero pagare l'imposta per poco tempo, al massimo tre anni, per poi riscuotere il valore da loro stessi attribuito all'area.
E si tratterebbe di cifre non da poco. Se si tiene conto che ogni mille lire di aumento al metro quadrato costerebbe allo Stato da 500 a mille miliardi di lire in più è facile calcolare che se gli indennizzi di espropri fossero riferiti ai valori di mercato decine e decine di miliardi verrebbero sottratte agli impegni produttivi e sociali e sarebbero incamerati dalla rendita fondiaria. Un bel regalo alla speculazione!
giugno 1982 pagina 3 - milano 19
1982 ANNO INTERNAZIONALE DELL'ANZIANO
L'A.R.C.I. in accordo con le cooperative degli albergatori della Riviera Adriatica dell'Emilia Romagna propone il seguente soggiorno
PERIODO dal 15/5 al 19.6 e dal 21.8 al 30.9.1982
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quelle della Riviera da Cattolica ai Lidi di Comacchio
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I problemi della terza età
Si fa presto a dire "anziani"
Di fronte ad una società che fa invecchiare anzitempo cerchiamo di diventare anziani costruendone una migliore
Anziani, nel settore del lavoro, per la società attuale si diviene appena superati i 35 anni: non è una mia affermazione, ma basta consultare gli annunci economici sui quotidiani, stilati su per giù così: "Ragioniere/a militare assolto esperienza pluriennale redazione bilanci massimo 22ne cercasi"; per i funzionari ed i dirigenti, invece, si va in progressione, beati loro, sino a 40-45 anni.
Il problema assume veramente la sua drammaticità nella crisi economica attuale per migliaia di persone costrette a lasciare il loro posto di lavoro dopo la cassa integrazione, quando c'è, o dopo un licenziamento nelle piccole aziende o dopo la chiusura dell'impresa per fallimento, ed in quest'ultimo caso il privilegio per i dipendenti ai fini dell'ottenimento della liquidazione, è attualmente di quarto grado, dopo quelli delle imposte, dei contributi previdenziali e delle ipoteche immobiliari.
Soltanto il sindacato unitario e qualche importante partito della sinistra si stanno battendo per cercare di risolvere questo problema emergente nel paese mediante richieste adeguate per la realizzazione di una mobilità del lavoro, per la conservazione dei livelli stipendiali, per il buon funzionamento degli uffici di collocamento e per la sicurezza dell'ottenimento della liquidazione.
Attualmente chi non trova un altro lavoro dipendente adeguato alle sue capacità deve scegliere fra il lavoro autonomo (ma è difficile cambiare mentalità ad una certa età) e quello magari dequalificato e dequalificante del lavoro nero, come se non ce ne fosse già abbastanza. Possono considerarsi relativamente fortunati coloro che, in virtù di una legge recente, hanno diritto al prepensionamento nelle aziende in cassa integrazione e che, in genere, vengono irrimediabilmente scartati dal mondo del lavoro quando ancora la loro vitalità ed esperienza possono validamente esprimersi.
Per gli altri sorge inoltre sempre il problema della continuazione delle contribuzioni all'I. N. P.S. per avere diritto alla pensione di vecchiaia, al compimento del 60" anno per gli uomini e del 55" per le donne, o di quella di invalidità se sopravviene prima di detta età. Si tratta di importi che sono diventati ultimamente rilevanti e che quasi tutti coloro che si trovano in questa difficile situazione non possono sopportare o, se lo fanno, costano immensi sacrifici; la contropartita, in caso di cassazione dei versamenti contributivi, è la riduzione dra-
stica dei livelli pensionistici. Se si pensa che vi è già una perdita per chi contribuisce volontariamente rispetto a chi prosegue nel lavoro, potete figurarvi a quali minimi si arriva. La situazione diventa anora più drammatica per chi nel frattempo resta invalido e non ha versato i contributi volontari almeno una volta negli ultimi cinque anni (che il governo vuole ridurre a tre), restando così altrimenti persi nell'immediato i precedenti versamenti che restano valevoli solo al fine del raggiungimento dell'età di pensionamento per anzianità. Naturalmente se, in queste condizioni, ci arrivano. Quasi identica è la situazione di chi, al compimento dell'età, ha un numero di contribuzioni inferiore ai 35 anni, magari dovuto a gravi negligenze od appropriazioni (penalmente non perseguibili) dei precedenti datori di lavoro.
Un po' più fortunati sono coloro che, ad una certa età, trovano un regolare posto di lavoro, in genere con uno stipendio notevolmente inferiore, proprio negli ultimi anni prima del pensionamento, che viene calcolato mediamente sugli ultimi tre anni di stipendio. In più si aggiunge il fattore dell'inflazione e questo determina praticamente un calcolo della percentuale del 70 sino all'80% sul penultimo anno di lavoro. Da appoggiare al riguardo sono le richieste dei sindacati unitari di portare la pensione al 100%dell'ultimo stipendio, come contropartita per la soluzione del problema delle liquidazioni, una parte delle quali dovrebbe confluire ad un I.N.P.S. risanato. Se verrà approvata la legge stralcio finanziaria, che pur tante contestazioni ha sollevato per altri motivi, si potrà almeno optare per la prosecuzione del lavoro sino al 65° anno con l'ottenimento di 40 anni di contribuzione come massimo.
ne, solleva il problema di diritto internazionale della continuità dei diritti dei cittadini fra stato e stato e che finirà, come al solito, davanti alla Corte Costituzionale (speriamo non anche alla Corte Internazionale dell'Aia).
Parimenti è stata bocciata dal governo la contribuzione facoltativa per gli anni di studio universitari prima del conseguimento della laurea che, per la verità, considerate le attuali condizioni dei contratti collettivi di lavoro dei laureati di primo impiego rispetto ai diplomati od a questi ultimi mansionisticamente equiparati, penalizza ulteriormente chi si specializza e che già perde almeno quattro anni di costi e di sacrifici; se si vuole premiare la professionalità, sempre che la Scuola sia seria, occorre cominciare dall'inizio.
Tramite mio figlio, apprendista cuoco, infortunatosi al tendine flessore del pollice destro, ho saputo che per l'I.N.A.I.L. i redditi, recentemente rivalutati, da considerare ai fini della concessione della rendita variano da un minimo imponibile di circa 4 milioni ad un massimo di poco superiore agli 8 milioni e pertanto percepisce una rendita di quasi ventimila lire mensili (Invalidità 11%; rendita effettiva 5,50% sul reddito minimo). lo, impiegato, che se mi capitasse una cosa simile dovrei cambiare mestiere, almeno nell'ambito dell'azienda, in quanto non potrei più scrivere, a cinquant'anni suonati ho saputo che ho la sicurezza matematica di non infortunarmi sul lavoro e di non avere malattie professionali in quanto non godo dell'assicurazione I.N.A.I.L.; figuriamoci il dramma di un operaio che, per avere il diritto di poter cambiare mansioni di lavoro, deve avere un'invalidità di almeno il 34%, vale a dire l'equivalente dell'uso di almeno due o tre dita.
Anziani al mare
Anche quest'anno la Ripartizione Assistenza-Sicurezza Sociale del Comune di Milano ha riproposto agli anziani la possibilità di fruire di soggiorni climatici di /5 giorni ciascuno sulle riviere ligure ed adriatica, sul lago di Garda e persino in Calabria con viaggio in aereo (compreso nella quota) grazie ad un concorso spese della Regione Calabria, che desiderava far conoscere le proprie meravigliose coste anche a coloro che non ne avevano mai avuto l'opportunità. I posti spettanti alla Zona 19 sono stati complessivamente 396 più 23 per la Calabria. I turni sono iniziati a febbraio e termineranno entro le prime settimane di giugno. Da quest'anno il lavoro di raccolta delle domande e di complicazione della lista degli aventi diritto è stato decentrato
È stata invece bocciata dal governo la concessione degli anni di contribuzione della cosiddetta "mutualità scolastica" durante il periodo della frequenza nelle scuole elementari durante il periodo fascista, questione questa che, pur sembrando ridicola nell'enunciazioalla zona, dove una commissione mista, composta da membri del Comitato di Gestione del Centro sociale anziani di piazzale Segesta e da consiglieri di zona, ha vagliato le circa 700 richieste pervenute e, sulla base di criteri relativi al reddito personale (per favorire i meno abbienti)ha successivamente espresso una lista per 419 anziani, divisi, secondo i loro desideri di località e di periodo, in gruppi, che sono stati riuniti prima della partenza per una reciproca conoscenza preliminare.
Terminato questo lavoro la commissione si è impegnata a riunirsi nuovamente in questo mese di giugno per sentire dagli anziani che hanno fruito dei soggiorni climatici le loro impressioni e le eventuali proposte per apportare ulteriori miglioramenti a questa iniziativa.
Ognuno di noi pensa in cuor suo di arrivare all'età del nostro Presidente della Repubblica e nelle sue condizioni e di conservarne il cuore e la lucidità mentale, ma purtroppo (e l'imprevidenza umana non ha limiti sia personali che collettivi) il problema degli invalidi, oltre che quello degli anziani, attanaglia il nostro paese. Del problema degli inabili (gli "invecchiati anzitempo" per tutta una lunga serie di motivi) nessuno vuole più parlarne dopo quanto è accaduto nel clima assistenzialistico del Centro-Sud in tutti questi anni, ma una buona volta occorrerà affrontare questo problema affinchè gli invalidi che sono effettivamente invalidi percepiscano pensioni adeguate, civili oppure dall'I.N.P.S. o dall'I.N.A.I.L., specialmente se non hanno la reale possibilità di poter effettuare un altro lavoro, e che ciò avvenga con un legame meno diretto di quello attuale legato agli anni di contribuzione od ai redditi, in quanto socialmente non vi è dipendenza fra "quando" e "come" avviene il fatto invalidante ed il "quantum" da corrispondere.
Per quanto riguarda le mie esperienze personali posso citare solo pochi casi. Mia suocera vedova percepiva la pensione di reversibilità quando le morì il figlio celibe a 41 anni e per questo motivo le venne negata del tutto la reversibilità anche parziale della pensione d'invalidità che questi aveva ottenuto, pertanto tutti i suoi contributi lavorativi sono andati perduti, e mia suocera percepiva allora una pensione di poco superiore alla minima.
Rammento un ultimo caso, che mi ha sconvolto, quando una donna, che aveva già compiuto i 55 anni, voleva fare le pratiche per la sua pensione e rilevai che non aveva effettuato le contribuzioni per almeno 15 anni all'I.N.P.S., ma era stata abbindolata con una forma di pensionamento per le "casalinghe" da un produttore di una delle primarie compagnie di assicurazioni d'Italia, con tanto di libretto e marchette, con una tariffa iniqua regolarmente autorizzata dall'Istituto Nazionale delle Assicurazione, Istituto che è di Stato, e che nulla aveva a che vedere con la contribuzione volontaria dell'I.N.P.S.; la sgridai perchè non aveva consultato il fratello, Segretario comunale del suo paese d'origine nel Sud: ancor oggi me ne pento perchè avrei dovuto rivolgere la mia ira a qualcun altro.
Su tutta questa problematica vorrei, a questo punto passare la mano a coloro che la affrontano con dedizione quotidianamente alla base anche nella nostra zona, ai Padronati "seri" della Confederazione Sindacale Unitaria I.N.C.A. (C.G.I.L.) - I. N. A.S. (C.I.S.L.) - I.T. A. L. (U.I.L.) e delle A.C.L.I., affinchè la stessa venga sviluppata e soprattutto affinché, grazie all'informazione, tutti i cittadini possano far valere i loro diritti ed ottenere quanto loro spetta: perchè purtroppo ancor oggi chi è nel bisogno o nella necessità non sa a chi rivolgersi e, spesso, non ha nemmeno la coscienza di averlo, questo diritto. Ai Padronati inoltre chiedo di rettificare quanto è necessario, o quanto nel frattempo è sopravvenuto, se c'è qualcosa che non quadra in questo articolo.
Teresa Boara Roberto Tedeschi (1, continua)
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Milano-Torino: un'unica metropoli? Intervista a Diego Novelli sindaco di Torino
Si chiamerà "Mi-To" la città del futuro
Negli ultimi giorni di questo mese circa un migliaio di persone, tra imprenditori, assessori e politici si riunirà a Stresa per la discussione di un progetto denominato "Mito", chiediamo a Diego Novelli, sindaco di Torino che ne pensa dell'iniziativa e come essi si realizzerà.
Il progetto denominato Mito consiste in una maggior unione fra le due maggiori città del Nord e cioè Milano e Torino allo scopo di creare un centro in grado di essere all'avanguardia in ogni campo, in fin dei conti la città del futuro. Questo ruolo non potrà competere a nessun delle due città se non unite da questo progetto in quanto troppo piccole numericamente e per strutture per poter condurre delle iniziative trainanti a livello europeo e mondiale.
Come si realizzerà?
La realizzazione di questo progetto ambizioso articolato in 14 punti sarà curata dal maggior
numero di persone possibile, scelte fra imprenditori, politici, operatori culturali ed economisti in modo da commettere meno errori possibile nella fase di attuazione che partirà da questo ottobre. Può illustrarci i 14 punti in cui si articola il progetto? Senz'altro. Prima di tutto le due città dovranno essere il più collegate possibile anche dal punto di vista pratico, dunque la scelta di creare una superstrada a più corsie (magari sul tracciato dell'attuale autostrada) senza pedaggio che colleghi le due città. Sempre nella stessa ottica si muove il progetto di realizzazione di una linea ferroviaria con caratteristiche peculiari nella velocità (MilanoTorino o viceversa in 20/25 minuti) e nel non avere fermate se non una all'aeroporto della Malpensa che per la sua collocazionefra le due città diverrà lo scalo aereo del Mito, insieme
ovviamente a Casello e a Linate. È ovvio infatti che un centro di questo genere debba avere un aeroporto all'atezza dei tempi. Si studierà per realizzare al più presto la posa in opera di un cavo in fibra ottica per le telecomunicazioni che risolva una volta per tutte la questione dei rapporti telex e telefonicifra i due centri. Su questa linea inoltre vigerà la normale tariffa urbana per sottolineare maggiormente il nostro impegno. Bisogna inoltre considerare che a Milano e Torino hanno sede le maggiori industrie del Sud Europa di apparecchiature informatiche e che quindi questo progetto potrebbe svilupparsi ulteriormente con radiotelefoni da posti mobili, collegamenti videotelefonici, corsi didattici via cavo (Televideo). Il Mito dovrà dipendere il meno possibile dall'amministrazione centrale e quindi sarà opportuno creare delle sorti di centri di
Proposte da un Convegno del PRI
management per gestire quest'iniziativa (a questo proposito vi è già una proposta da parte della Confindustria).
Fin qui la tecnica, ma la componente culturale?
Nel numero scorso abbiamo pubblicato una intervista alla coordinatrice della Commissione Cultura, Sport e Tempo Libero del Consiglio di Zona. Questa volta pubblichiamo il punto di vista del P.R.I. attraverso una sintesi dell'intervento fatto al Consiglio sul Decentramento, promosso dallo Stesso P.R.I., da Renato Palmieri coordinatore della Commissione Cultura dell'Unione Milanese del Partito Repubblicano Italiano.
Obiettivo della politica culturale per una città come Milano deve essere la formazione spontanea (più che la diffusione) di valori omogeneizzanti la compagine sociale: in una direzione, peraltro, liberamente creativa. Questo non vuol dire - e non deve significare - nè massificazione culturale nè addormentamento delle coscienze. Al contrario, se la città tutta si ritrova per propria scelta intorno a valori condivisi, almeno quanto alle procedure della vita collettiva, la città stessa riesce ad assolvere una delle sue massime funzioni.
Non per deviare il discorso, ma solo per sottolineare la stretta connessione fra urbanistica e politica culturale - questione, questa, che mi sembra fondamentale e che tornerà tra poco per altro versi - vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che, ad esempio, una acquisizione più diffusa ed omogenea di valori estetici faciliterebbe, la formazione progressiva di un aggregato urbano più vivibile e sicuramente meno conflittuale.
L'identificazione con la stessa struttura materiale di una città (con tutto quello che ciò significa come memoria, autostima privata e collettiva, obbiettivi di vita) è fondamentale - ancorchè non certo sufficiente ingrediente del "sentirsi cittadini" è, quindi dell'accettazione delle regole di vita - anche quelle politiche - dell'intero aggregato sociale. Da questo punto di vista ed in questa prospettiva va considerato anche il problema delle funzioni del centro cittadino. Problema che a Milano è stato oggetto di una breve moda ed è caduto in un certo oblio quando si è intuito che dietro ad esso stavano non facili pro-
blemi attinenti all'intera struttura della Milano metropolitana. Problema, però, al quale è invece opportuno continuare a dedicare una più pacata attenzione, anche alla luce di ciò che il centro significa come luogo geometrico tradizionale delle massime attività culturali cittadine. ficamente molto piccolo. Raggiugerlo e addensarvisi è praticamente impossibile se destinataria dei suoi servizi dovesse essere - come sarebbe auspicabile - l'intera area metropolitana. Ora, se è sicuramente indispensabile che il centro di Milano conservi tutta la sua funzione simbolica di specchio tradizionale e storico della vita cittadina, è altrettanto vero che alcune attività "centrali" per loro natura (e fra queste mi riferisco ad alcune di quelle culturali) debbono trovare ospitalità altrove: pena al contrario, l'impossibilità di assolvere alla loro funzione. Mi riferisco, soprattutto, a quelle attività che questa funzone trovano ed espletano nell'essere dirette ad un grande numero di persone: certe mostre, certi concerti, certi spettacoli hanno senso solo in ambienti di grandi dimensioni, raggiungibili da tutti i settori della metropoli e con adeguata possibilità di sosta attorno ad essi. È qui, naturalmente, che si innesta la differenza concettuale fra "cultura d'èlite" e "cultura di massa": senza entrare in un gioco di definizioni che ci porterebbe lontano, possiamo però dire senz'altro che una corretta politica culturale diretta alla promozione di una intera area metropolitana non può permettersi di trascurare nessuna di queste due dimensioni, nessuno di questi due stadi dell'espressione e dell'acquisizione del sapere. Ma se questa è e deve essere la scelta del nostro partito, ne deriva la necessità di decisioni coerenti anche nel proporre la creazione e la adeguata dislocazione territoriale delle strutture fisiche in cui le attività e le manifestazioni culturali debbono svolgersi. Di qui, dunque, la necessità ulteriore di ripensare il centro cittadino non soltanto come area geografica delimitata da ragioni storiche e dalla presenza
di determinate istituzioni (fra le quali quelle culturali di maggior interesse): occorre, al contrario, pensare il centro storico come sede delle attività culturali di significato tradizionale e di indirizzo prevalentemente (ma non soltanto) elitario; e d'altra parte immaginare la creazione di luoghi deputati ad attività culturali a destinazione massima - concettualmente facenti parte anch'esse del "centro" della metropoli - in zona cittadine diverse dall'area geografica del centro storico. Ma - e questo è di vitale importanza - non deve trattarsi, solo per questo, di luoghi destinati ad una vita culturale minore e confinata nell'area geografica e sociale del quartiere: bensì di luoghi in cui l'oggetto del programma di comunicazione culturale resta del massimo livello (ancorchè, ad esempio, cogli eventuali limiti che sono stati a suo tempo riscontrati nei concerti tenuti al Palazzo dello Sport), mentre il pubblico che è destinato a fruirne deve essere tratto - e, vorrei dire, attirato - da tutto il tessuto cittadino.
Milano ha bisogno di darsi un policentrismo culturale oltre che amministrativo. A differenza di quest'ultimo, però, il policentrismo culturale deve fondarsi su istituzioni localizzate, sì, in zone non centrali o addirittura periferiche del territorio urbano, ma preparate a rendere il loro servizio e il loro messaggio all'intera cittadinanza, "centri" insieme col centro storico, "pezzi di centro" diversamente dislocati rispetto a quest'ultimo, per le ovvie ragioni emergenti dalla realtà metropolitana tutt'affatto nuova e non compara bile coi fenomeni e le dimensioni del passato.
Quale il compito istituzionale delle amministrazioni zonali in questa ottica di decentramento della vita culturale della città? Certo, si tratta di inaugurare un atteggiamento di politica culturale abbastanza nuovo.
Mi pare anzitutto necessario abbandonare l'idea che alle Zone spetti organizzare lo spicciolame culturale dei quartieri. lo sono convinto, e lo accetto, che alle Zone tocchi occuparsi delle attività locali cui non può arrivare l'amministrazione centrale della città per inidoneità di strutture le quali, appunto per-
Arriva a ruota e non potrebbe che essere così in quanto si svilupperà una cultura coadiuvata al massimo dai nuovi mezzi che la scienza ci fornisce. Si arricchiranno tutte le strutture terziarie perchè il Mito si svilupperà particolarmente in questo senso. Forte sviluppo avranno gli scambi culturali, a partire dalla tournee della Scala a Torino e del Regio a Milano, dalle iniziative di Milano estate che si ripeteranno a Torino e viceversa e, perchè no, anche a Genova che appare molto interessata ad allargare ad essa questo progetto. Si creerà poi un corso per laureati esclusivamente per stranieri onde favorire gli scambi culturali con l'estero (a questo scopo anche Lione, Zurigo e chè centrali, mancano della opportuna capillarità. Non c'è dubbio che le Zone debbano cogliere le necessità specifiche del loro territorio, le vocazioni della gente che vi abita, inventare le iniziative che questa gente siano destinate ad arricchire culturalmente. Mi va benissimo che nelle Zone dove abbondano le persone anziane, o gli immigrati stranieri, o quelli nostri di prima o seconda generazione, si pensi a reintegrare socialmente i primi, a insegnare la lingua italiana ai secondi, a fornire a tutti un'identità che si collochi liberamente fra passato, presente e futuro.
Ma sono anche convinto che alle amministrazioni zonali spetti altresì di estrarre dalle vocazioni e dalle tante specificità dei propri territori amministrati qualcosa che valga per l'intera città, per l'intera metropoli. Proporre all'intera città è qualcosa che togli alle circoscrizionalità zonali e ai quartieri, il rischio di ridiventare paese, villaggio stantio, asfittico. Non si dimentichi che quanti avvicinano la grande città non lo fanno solo per la pagnotta ma anche con la segreta speranza di un mondo più aperto, più ampio, carico di possibilità e tendenzialità non circoscritto e infinito: è per questo motivo che sarà sempre difficile coagulare la collaborazione degli abitanti dei quartieri intorno a piccole iniziative votate all'imitazione di quelle di respiro urbano ma in realtà ristrette da un'ottica troppo confinata. Quello che occorre è che le Zona si accollino il compito di individuare e proporre iniziative atte a coinvolgere tutta la città approfittando di quanto esse posseggono, vuoi come apparato materiale ed edilizio vuoi come tessuto sociale e umano. Uno festa popolare come quella dei Navigli o i concerti del Palazzo dello Sport - che ho già ricordatosono esempi abbastanza chiari ed anche imponenti. È questa la via primaria perchè il non centro diventi centro a sua volta, e perchè - tra l'altro - le periferie abbandonino l'abitudine di chiedersi perennemente che cosa i! "centro" politico fa per esse per passare più proficuamente a chiedersi che cosa esse, tutte insieme, possono fare per l'intera metropoli.
Francoforte manderanno dei rappresentanti a Stresa( e sempre allo stesso scopo si potenzieranno le Fiere settoriali andando a creare anche centri tipo la Bauhauis per una migliore vita da dei cittadini di questo centro. Pressato da impegni Novelli ci deve lasciare, rimaniamo allibuti e contenti di essere i futuri cittadini di un centro che diverrà trainante culturalmente per tutto il mondo. Ciononostante rimangono dei dubbi. Prima di tutto riteniamo che il progetto Mito diverrà ben presto un sogno per l'impossibilità di realizzarlo in una nazione
dalle lunghe trafile come l'Italia. In secondo luogo il Mito rischia di divenire un progetto che soffohi tutte le iniziative che non giungano da esso, bruciando le forze che giungono dalle altre parti d'Italia. In ultimo avviso siamo dubbiosi che la vita del Mito sia così bella come Novelli ce la descrive e non piuttosto si risolva in un accentuare i già tanti problemi della metropoli. Non ci resta per saperne di più che attendere il Convegno di Stresa su cui riferiremo nei prossimi numeri. a cura di Franco Gnutti
EI canton del barbee
La statualità
Ciao! Allora avremo una nuova statualità?
Ona noeuva cosse?
Statualità.
Perchè? Quej che gh'emm hinn minga assee?
Quelle che abbiamo di cosa?
De statov.
Ma cosa c'entrano le statue?
Soo no. Te set ti che t'ee parlaa de statov. lo?!... Ma io ho parlato di statualità, non di statue.
E l'è minga l'istessa robba?
No.
— Allora se l'è?
Penso un modo nuovo di concepire lo Stato. Fasend nagott?
Come sarebbe a dire non facendo niente?
— Te mai vist ona statoa fà on quaicoss?
E dalli! Ti ripeto per l'ultima volta che qui le statue non c'entrano per niente!
Propri nient?
No! Di nuova statualità ha parlato De Mita...
De metaa de cosse?
Ho detto De Mita, non di metà.
— Se l'è minga zuppa l'è pan bagnaa!
Cosa vuoi dire?
— Che mitaa l'è magara on poo men fin che metaa, ma el voeur dì l'istessa robba.
Ma io ho detto De Mita, il nuovo segretario della Democrazia Cristiana.
E mi se l'è che hoo dit?
Come cosa hai detto? Hia deto di metà!
Di mm on poo: el tò De Mita quanti voti l'è ch'el gh'ha avuu?
Il cinquantacinque per cento.
Te vedet?! Pocch pussee della metaa.
Ma in Consiglio Nazionale ha una maggioranza più vasta. Ghe auguri che la ghe resta.
E perchè non dovrebbe restargli?
— Mah! Se sa mai... Cont tucc quei corrent che on dì van dacordi e el dì dopo tacchen
— Va bene, va bene,. Ma cominciamo a guardare a come stanno le cose oggi. Domani si vedrà.
Dacordi. Allora se l'è ch'el voeur fà stò De Mita?
Te l'ho detto. Ha parlato di nuova statualità.
— Si, va ben. Ma in pocch paroll se l'è ch'el voeur?
Beh!... Così sui due piedi non saprei dirti. Setess giò, allora!
Ma non è questione di essere in piedi o seduti. È che si tratta di una cosa complessa. Non si può spiegarla in poche parole...
— Hoo capii! T'el set no nanca ti! Comunque penso che l'obiettivo sia di far andare le cose meglio.
— Si, va ben, ma in che manera?
Mah... Non sò. Forse De Mita ci starà pensando con i suoi amici. Basta domà che cont la scusa che hinn a dree a pensagh sora a quella robba lì... Come la se ciama?
Nuova statualità?
Propri quella! Basta domà, disevi, che cont la scusa che hinn adree a pensagh sora seguiten minga a restà lì fermi come di statov, senza cambià nient! Ciao, te saludi! el barbee
giugno 1982 pagina 5 - milano 19
Per una nuova gestione della cultura
"Qualcosa che valga per l'intera città"
Intervista ad un protestante della Zona 19
Il previsto viaggio di papa Wojtyla in Gran Bretagna ha riproposto con grande evidenza un problema del quale si parla molto da decenni: quello dell'unità (o riunificazione) dei cristiani delle varie chiese oggi esistenti. Molti discorsi sull'argomento si sono intrecciati sulla stampa italiana in questi ultimi tempi, la maggior parte dei quali tuttavia ci sembra abbia accresciuto la confusione, anziché diradarla: notizie "fantascientifiche" hanno così trovato un pronto ridimensionamento. Su problemi di questo genere abbiamo ritenuto utile intervistare un evangelico del quartiere, che quantomeno sappia riportarci di prima mano un punto di vista protestante in proposito: si tratta di Giorgio Cavazzutti, molto attivo nell'ambito delle iniziative sociali della Zona 19.
Domanda - Cosa pensi di quello che ha scritto la stampa italiana in questi tempi sul tenia dell'unità fra i cristiani?
Risposta - Effettivamente ho avuto, in generale, una impressione di grande confusione; di ignoranza anche, rispetto ad alcuni dati essenziali. Se è difficile giustificare tale fatto, lo si può quantomeno spiegare, considerando che solo da pochissimi anni l'Italia è uscita da secoli di monolitismo religioso. Oggi, a somiglianza dei paesi più avanzati (nei quali è ormai lunga tradizione la coesistenza e il dinamico confronto di idee e convinzioni) nel nostro Paese si sta diffondendo un vivace pluralismo anche in questo campo; il retroterra culturale tradizionale però non è stato ancora sufficientemente smosso.
Ecco perchè anche in ambienti cosiddetti "colti", o addirittura a livello di "mass-media", capita di riscontrare paurose carenze culturali, soprattutto perché basate su unilateralità di informazione.
Un grave caso di provincialismo, insomma.
D - Che valutazione dai del nutrimento ecumenico?
R - Credo anzittutto che, per l'obiettività storica, sia necessaria una precisazione. Mentre il cattolicesimo ha praticamente scoperto l'ecumenismo a partire dal Concilio Vaticano IL il movimento ecumenico internazionale ha preso corpo da oltre un secolo proprio partendo dal mondo protestante. Questo movimento ha dato luogo, già da alcuni decenni, al Consiglio Ecumenico delle Chiese (C.E.C.), con sede a Ginevra; un organo collegiale cui prendono parte, oltre alla maggioranza delle Chiese evangeliche, anche le Chiese ortodosse. La Chiesa cattolica è stata più volte invitata a parteciparvi. ma finora ha sempre rifiutato rivela, senza neanche cercare di nasconderla, una precisa volontà egemonica del cattolicesimo nei confronti del protestantesimo;
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e rappresenta perciò uno degli ostacoli maggiori all'incontro. Finché questa volontà egemonica non sarà abbattuta, la coscienza unitaria non potrà progredire.
Un grave ostacolo all'unità
D - Qual è dunque, a tuo avviso, l'ostacolo maggiore che si frappone al raggiungimento dell'unità fra i cristiani'
R - Per dirla senza tanti giri di parole, sono convinto che il pontefice romano, che incarna questa volontà di egemonia, è il maggiore ostacolo all'unità cristiana. La grande abilità dell'attuale Papa - come qualcuno ha acutamente osservato è di saper dialogare con tutti senza avvicinarsi varamente a nessuno. È in perenne movimento, ma nelle sue posizioni è inamovibile. Sotto questo profilo egli incarna perfettamente l'ideale ecumenico cattolico, che è una sintesi di universalità e di immobilismo.
D - Tuttavia concreti approcci cattolici nei confronti del protestantesimo, attraverso le trattative con gli anglicani, vi sono pur stati.
R - Mi sembra opportuno chiarire che una cosa sono i protestanti (o evangelici), un'altra sono gli anglicani). Gli anglicani sono nati nel cinquecento, in seguito a determinate vicende storiche, non tanto come chiesa riformata, quanto piuttosto come chiesa nazionale che, pur non riconoscendo più l'autorità del papa, ha mantenuto sempre alcune caratteristiche tipicamente cattoliche, come il ritualismo e soprattutto la struttura gerarchica, basata sull'epistolato. Anche se ha in seguito assorbito non poche influenze teologiche protestanti, essa non ha mai perso questa sua caratteristica "formale" e "ufficiale", soprattutto ai vertici.
Un'altra cosa importante che pochi in Italia sanno è questa: da tre secoli a questa parte si può dire che nella Chiesa anglicana siano rimasti solo i moderati e i conservatori. Tutti i "dissidenti" (presbiterani, congregazionalisti, battisti, metodisti) se ne sono andati, sviluppando chiese autonome, che oggi raggruppano ben i tre quarti dei protestanti di lingua inglese.
In più, anche all'interno della Chiesa anglicana esistono differenze e divergenze, anche sostanziali, tra i vertici episcopali e la "base".
D - Quando dici ridimensiona certamente il peso degli "incontri al vertice" e offre un quadro della situazione inaspettato, almeno per l'Italia. Nondimeno il fatto che, come hanno riportato i giornali, una commissione mista anglicana-cattolica abbia lavorato in segreto per quattordici anni testimonia la pru-
denza e la serietà con la quale si è cercato di affrontare il problema da entrambe le parti.
Non ti sembra?
R - Vedi, proprio il fatto di queste trattative "segrete" dà una conferma di quanto ho detto prima, cioè di come tutto questo sia intrinsecamente lontano dallo spirito e dal comportamento protestante. Per delle chiese evangeliche non è neppure concepibile l'idea di trattative "segrete", di vertice.
Proprio perché noi non abbiamo vertici o autorità che decidano dall'alto cosa si deve dire o fare. Le cariche negli organismi centrali delle nostre chiesse sono elettive e limitate nel tempo, qualunque decisione può essere presa, dopo approfondita discussione, solo ed esclusivamente dall'assemblea.
Per questo da noi non vi possono essere "segreti", ogni cosa si manifesta alla luce del sole, anche eventuali contrasti e differenze di opinione.
Rispetto delle diversità
D - Tutto questo va benissimo. Ma nonpensi che in un mondo conte quello d'oggi, sempre più secolarizzato e scristianizzato, sia un preciso dovere lavorare il più possibile per l'unità dei cristiani?
R - Certamente lo penso. Tuttavia unità, anziché una sola struttura burocratica per tutti, vuol dire alcune altre cose assai sostanziali.
Vuol dire riconoscersi l'un l'altro come fratelli, ma per davvero e fuori da ogni retorica, vuol dire aiutarsi e amarsi.
Vuol dire perciò soprattutto rispettarsi nelle proprie diversità; ma anche criticarsi. Si tratta di riconoscere che ognuno, come dice il vangelo, ha i propri "doni" ed è importante proprio per tale ragione. Del resto gli apostoli avevano agnuno un carattere e un comportamento ben differenziati, eppure stavano insieme. La chiesa delle origini, quella della quale parla il Nuovo Testamento e nella quale non si era ancora storicamente formato un potere centrale (che verrà molto dopo), presentava una situazione certamente ecumenica, ma era costituita dal coesistere di comunità locali con differenze anche profonde tra loro (potremmo addirittura parlare di diversi tipi di cristianesimo).
In ogni caso, qualora si potesse giungere in un lontano domani (ma ne dubito molto) ad una chiesa cristiana anche formalmente unita, non si sarebbe ancora risolto il problema principale: che è quello di dare una testimonianza credibile al mondo, proppnendogli Lina ipotesi di,fede. Peng() quin-
Errata corrige Democratico non democristiano
Per un ref uso tipografico l'articolo "La scuola pubblica dev'essere laica" pubblicato sul nostro numero di aprile è apparso con un occhiello che diceva "Per uno stato democristiano e pluralista".
Riteniamo che dalla lettura dell'articolo stesso i nostri lettori abbiano compreso che si trattava di un errore e che al posto di "democristiano" avrebbe dovuto esserci scritto "democratico".
Reputiamo comunque opportuno precisare che l'occhiello in questione avrebbe dovuto essere letto "per uno stato democratico e pluralista".
di che scopo dell'ecumenismo sia non tanto quello di rendere più unitaria la predicazione e la testimonianza, quanto piuttosto di renderle più autentiche, ciorConformi all'evangelo: e per questo più significative per il mondo.
D - Mi sembra molto chiaro. Potresti ora dirci un'idea di iniziative ecumeniche tra cattolici e protestanti, in atto nel nostro Paese?
R - Certamente, e si tratta anche di cose assai importanti. Anzitutto, cattolici e protestanti insieme hanno tradotto in lingua corrente e attuale il Nuovo Testamento; nelle chiese cattoliche ed evangeliche si può trovare ora la stessa edizione (che ormai sta avviandosi verso il secondo milione di copie) dal titolo: "Parola del Signore". Fra non molto uscirà anche l'Antico Testamento, con caratteristiche analoghe. Ciò vuoi dire che presto leggeremo tutti la stessa Bibbia: e questo è fondamentale. Inoltre cattolici ed evangelici incominciano a usare anche gli stessi testi per l'esegesí (interpretazione) della Bibbia stessa. Per questo bisogna dare atto all'apertura e alla lungimiranza dei maggiori editori cattolici italiani (Paideia, Quariniana, ecc.) che non hanno esitato a tradurre le più significative opere protestanti sull'argomento. Sono cose molto importanti, queste; sono segni di un'unità che si va costituendo su cose specifiche, limitate ma concrete. Stiamo imparando tutti che lo Spirito può rivolgersi a una chiesa tramite un'altra.
In principio la Parola
D - Ciò che hai detto mi richiama alla mente qualcosa che ho letto non so più dove, ma che mi ha fatto una certa impressione. Insostanza, si diceva che la tendenza attuale delle chiese cristiane sarebbe questa: i protestanti tendono a cattolicizzarsi, i cattolici a protestanrizzarsi. Che ne pensi?
R - Apparentemente è una battuta, nella sostanza è una realtà. In che senso? Superate definitivamente le antiche incomprensioni e contrapposizioni frontali, i protestanti tendono a rivalutare gli aspetti positivi reperibili nella comune chiesa, quale esisteva prima della Riforma; non solo, ma anche ad apprezzare i valori spirituali prodotti dalla Chiesa cattolica dopo la Riforma.
I cattolici, per parte loro, tendono sempre più ad apprezzare il rigore dei protestanti e soprattutto il loro fondamentale contributo per lo studio e la diffusione della Bibbia. Ancora più importante, essi stanno operando una profonda e sostanziale rivalutazione della Bibbia, cioè dell'evangelo o come si dice - della Parola. Al tempo stesso restituiscono importanza alla coscienza individuale e alla responsabilità personale. Da una parte e dell'altra si va facendo strada quella che è un grande teologo protestante ucciso dai nazisti, Dietrich FBonhoeffer, chiamava "fede adulta".
D - Per concludere, cosa pensi debbano fare, nel concreto, cattolici e protestanti?
R - Incontrarsi, incontrarsi sempre in ogni occasione. Di più: creare le occasioni per l'incontro. E incontrarsi non per progettare fumose strutture verticistiche, che non servono a nulla; ma per leggere, studiare e meditare insieme l'evangelo. Da questi incontri, che inevitabilmente sono anche confronti, non può che scaturire un profondo atekthimento reciproco.
Non c'è gioia più grande per un cristiano che si professa cattolico (il termine significa universale, aperto a tutti) incontrare un fratello che viva la stessa fede.
Chi fra i cattolici ha letto l'articolo di Aurelio Penna, pubblicato nel n. 4 di Milano 19 dell'aprile u.s. dal titolo: "Evangelici: una realtà poco e male conosciuta", non può non gioire sapendo che nel quartiere la presenza cristiana non è solo "una presenza attiva". ma può essere soprattutto una testimonianza di comunione fra fratelli che scaturisce dalla stessa fede in Gesù Cristo. Essere cristiani infatti, significa credere che l'Uomo Gesù di Nazareth, vissuto circa 2000 anni fa, che ha patito, è morto ed è risorto, è Dio che si fa incontro all'uomo per riconciliare l'uomo con Dio. Si è quindi cristiani quando si crede in Gesù Cristo che ha saputo pregare e morire perché tutti gli uomini fossero una cosa sola, come lui era col Padre, affinché il mondo credesse in Colui che l'ha mandato (Gv. 17,21).
C'è quindi una sola "originalità" per coloro che si professano cristiani siano essi cattolici o protestanti, valdesi o anglicani; evangelici o metodisti, armeni o ortodossi e c'è solo testimonianza, quella che nasce dalla Parola di Dio, dal comando di Cristo: "Amatevi l'un l'altro, come io ho amato voi. Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se vi amarete gli uni gli altri" (Gv. 13,34-35).
Sembra strano quindi che un fratello valdese o evangelico, cioè un cristiano scriva: "Oggi esistono buoni rapporti in chiave ecumenica, anche se occorre dire che l'ecumenismo è visto da molti cattolici non come incontro tra diverse chiese cristiane su un piano di parità, ma piuttosto come il perpetuarsi delle aspirazioni egemoniche della Chiesa romana sulle altre", per sostenere poi che la Bibbia, cioè la Parola di Dio è per gli evangelici "l'unica autorità normativa in materia di fede perchè è testimonianza di uomini che sono stati incontrati da Dio".
Dov'è la testimonianza? Dov'è quella "chiesa come comunità di fratelli" che il fratello evangelico vuole presentare?
Essere cristiani, non significa solo ritenere "come unica autorità normativa in materia di fede" la Parola di Dio, ma bensì vivere della Parola, lasciandosi trasformare dallo Spirito, operando quella quotidiana conversione che ci fa simili a Cristo, il vero Sacerdote e Salvatore, unico Signore vivente. Non c'è quindi "un modo diverso di essere cristiani, che continua ad essere in gran parte alternativa alle posiiioni mag-
gioritarie", come scrive il fratello evangelico. E non esiste un "cristianesimo in termini di rappresentanza". Permettersi di pensare un cristianesimo in simili termini, è come affermare di aver perso la propria identità, chè è la consapevolezza d'essere stati chiamati mediante la fede del nostro Battesimo, ad essere Chiesa.
Gesù ha chiamato i discepoli a formare una continuità. L'ha voluta innanzitutto attenta, in ascolto docile della sua Parola, perchè è la Parola che tocca il cuore e rende mondi nella vita. Così egli ha insegnato a vivere la sua carità anche se è sofferta, incominciando come lui ha fatto, con il prendere su di se i pesi gli uni degli altri, accettando gli altri come sono, con tutto quel che gli appartiere. Lo stesso comando: "Rimanete in me, rimanete nel mio amore" Gv. 15, 4-9), prescrive una solidarietà che è legge in tutti gli ambienti e le comunità di cui siamo parte.
Essere Chiesa, signifca quindi essere segno dela presenza salvifica di Dio, cioè dell'azione di Cristo fra gli uomini. Ma perchè ciò avvenga, occorre anche fare proprio l'ammonimento di Paolo che ci invita ad essere di Cristo, a metterci d'accordo, ad evitare contrasti e divisioni, ad essere uniti, ad avere gli stessi pensieri e le stesse convinzioni, a non gridare al mondo: "io sono di Paolo, invece di Apollo, e io di Pietro, perchè Cristo non può essere diviso e perchè solo Cristo è stato crocifisso per noi e per tutti noi, ed è solo nel suo nome che siamo stati battezzati (I Cor. 1,10). Se vogliamo essere testimoni, dobbiamo annunciare la salvezza passando dalla "pazzia della croce che è potenza di Dio" (I Cor. 1,18) e che è obbedienza alla Parola fatta carne e quindi alla Verità, come Cristo è stato obbediente al Padre. Solo vivendo una simile obbedienza che è sinonimo di amore e di libertà, mostreremo la nostra unica e identica diversità, che è quella di essere nel mondo, ma non del mondo (Gv. 17.19), collaboratori del Cristo nella venuta del Suo Regno. Ornella Grassi Bottanelli
AVVISO Al LETTORI
Per la cronaca di quartiere comunicate i vostri messaggi al n.: 35.39.458 risponderà la segreteria telefonica della redazione di Milano 19.
Una cattolica risponde ad Aurelio Penna 2, • • Evangett e cattolici nella zona Ma una sola testimonianza e un'unica fede OLORIFICIO S SIRO COLORI - VERNICI CARTE DA PARATI FERRAMENTA CASALINGHI MOQUETTES Via C. Dolci, 38 - Tel. 40.80.506 20148 MILANO ...e mille cose per la casa! milano 19 - pagina 6 giugno 1982 Il viaggio del Papa in Inghilterra
Cristiani
Unità dei
A.P.
Scuola - Scuola - Scuola - Scuola - Scuola - Scuola - Scuola - Scuola
Nè una ne ' più religioni
In risposta alla proposta del prof. Pa77aglia circa l'istituzione del doppio docente di religione nelle scuole, gli evangelici propongono la laicità dell'insegnamento
Quando si pensa alla religione come "materia d'insegnamento" e quindi come informazione-formazione da organizzare all'interno delle materie scolastiche, si fa uno scivolone dalla parte opposta a quella di chi considera la religione "a fondamento e coronamento" dell'istruzione scolastica. La religione non è solo quell'insieme di culture, di riflessioni, di lotte, di tensioni ideali che 2000 anni di cristianesimo, in particolare, ci hanno trasmesso e che quindi meritano di essere messe a confronto con altre culture cosiddette "laiche". La religione cristiana trova il suo significato nella consapevolezza che la Bibbia descrive la storia dei rapporti tra gli uomini, alcuni uomini, storicamente datati, e Dio, un Dio che attua interventi altrettanto storicamente datati l'ultimo di questi interventi, quello che dà il senso a tutti i precedenti e i futuri, è la vita di Gesù Cristo, la sua morte e la sua resurrezione. Posto il problema in questi termini mi sembra che la religione cristiana (che tra l'altro, in Italia, viene confusa tout-court con il cattolicesimo dando dimostrazione di esemplare provincialismo non tanto perchè si ignorano le minoranze di altre confessioni ma perchè a livello europeo e mondiale il cattolicesimo è davvero una delle possibili opzioni e nemmeno la più importante) non si possa ridurre a materia tra le materie perchè investe problemi come la salvezza, la fede, la chiesa, la resurrezione, la testimonianza, la predicazione: l'insegnamento della religione non può aver posto nella scuola pubblica; la sua collocazione naturale è nella vita delle famiglie e in quella della comunità
dei credenti. L'alternativa al concordato. Questa è la posizione degli evangelici italiani; i quali peraltro nella proposta contenuta nelle "intese" (previste dall'art. 8 della costituzione) tra Tavola Valdese e lo stato italiano rivendicano la possibilità di fare degli interventi al di fuori del programma scolastico, le cui spese siano a totale carico della chiesa stessa. Cosa significa questo: la religione, o le religioni, non rientrano nel normale programma scolastico; le varie confessioni religiose (i valdesi ovviamente parlano per sè, ma il senso della proposta può essere generalizzato) operino degli interventi se richiesti e, soprattuto, lo stato non si deve accollare oneri. La scuola di stato non fa da tramite alla trasmissione dei contenuti della fede (pagando gli insegnanti) ma può essere il luogo in cui, verificandosene le esigenze, vengono messe a confronto le interpretazioni della Parola di Dio. Mi sembra che questa posizione sia più seria sia nei confronti della scuola statale perchè lo stato non può e non deve accollarsi responsabilità interpretative e finanziarie su una materia che riguarda il rapporto degli uomini con Dio (non dimentichiamo poi tutto il mondo ateo che ritiene inesistente questo rapporto), sia verso la religione cristiana stessa perchè la comprensione della Bibbia, la crescita nella fede, l'impegno a fare della propria vita l'ambito della testimonianza non possono crescere all'ombra di garanzie e di coperture statali ma solo in riferimento alla Grazia di Dio. Solo così scuola e religione possono svilupparsi l'una libera da tentazioni integraliste (ancorchè di
un pluralismo di integralismi) e l'altra dalle pressioni che prima poi chi "paga" esercita su chi è pagato. L'insegnamento della religione dunque è di pertinenza della comunità dei credenti e delle famiglie credenti. È nella convinzione della giustezza di questa linea che le chiese evangeliche italiane danno da sempre due indicazioni: la prima è di esonerare i ragazzi dall'ora di religione scolastica, finchè questa c'è usufruendo di un diritto sancito da una legge dello stato (chi non ricorda il tentativo di vanificare questo diritto istituendo la "tassa di esenzione" e facendo subordinare la "domanda" a una "risposta" del preside? ricordiamo che non si tratta di una "richiesta" di esenzione, ma di una "dichiarazione" che non si frequenteranno le lezioni di religione); la seconda di organizzare dei corsi di catechismo di vari livelli che normalmente si tengono la domenica mattina per i figli dei
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credenti. Di fatto quindi in Italia è già operante una strada alternativa sia a quella dell'attuale insegnamento della religione nelle scuole sia alle possibili soluzioni future. Debbo dire che questa impostazione se è costretta a far fronte agli inevitabili pericoli di "assenteismo" che accadono in quanto la frequenza ai corsi è libera, dà una formazione molto più seria, proprio perchè c'è dietro una libera scelta (se non dei ragazzi, dei genitori): i ragazzi, i giovani, gli adulti che accettano di confrontare la loro vita con la Parola di Dio lo fanno seriamente e non è raro che ci sia, alla fine, un rifiuto ragionato e motivato o una accettazione altrettanto ragionata e motivata; le persone, cioè vengono messe realmente in discussione, ma non è questa, in fondo, la responsabilità di un insegnamento serio dalla religione?
Paolo Bogo
Ho letto i due articoli sulrultimo numero di Milano 19 che riguardano "l'ora di religione" nelle scuole pubbliche; non condividendone soprattuto il tono ma anche molta parte dei contenuti (è scorretto estrarre singole frasi da un contesto più ampio), vorrei qui esporre alcune osservazioni. Sono un genitore che ha lottato e lotta tutt'ora per far si che la scuola pubblica, scuola di tutti, sia all'altezza del suo compito: seria, rigorosa, altamente formativa, che educhi il cittadino a crescere in libertà, che sia democratica e pluralista. Leggendo questi articoli, a me pare che stia riaffiorando un grave integrismo di parte opposta, che pareva debellato o alquanto ridimensionato.
Gli esperti sono concordi nel rilevare che la scuola in genere, e a maggior ragione quella della collettività, è chiamata a preparare l'attiva integrazione dei soggetti nel contesto sociale in cui vivono, e la piena formazione sociale di ciascuno. Ci si riferisce all'inserimento del singolo non solo nel mondo del lavoro, ma anche nella cultura e nella storia viva della società a cui appartiene in modo che l'uomo di domani possa contribuire al progresso civile del paese. Quindi l'opera di socializzazione e di formazione della scuola pubblica deve ovviamente svolgersi al di fuori di ogni indottrinamento, ma tenendo ben presente che essendo scuola di tutti e per tutti, essa non può essere utilizzata a vantaggio nè di una determinata concezione nè di un'altra.
Con questo non si perora la causa di una scuola neutrale, di fatto difficilmente praticabile, nè che debba creare dei cristiani dei marxisti, ma fare in modo che ciascuno sia in grado di
compiere le sue scelte in modo responsabile.
Se la scuola deve quindi essere laica e non laicista, non può disinteressarsi della realtà religiosa, che comunque la si interpreti, resta in ogni caso un fatto di grande rilievo esistenziale, storico e culturale.
Se è pur vero che vi sono state molte distorsioni nella maniera di insegnare la religione, verificabili del resto anche in altre discipline, cionostante non si può non considerare il ricchissimo apporto morale e spirituale che la religione è in grado di stimolare nella società. È fuor di dubbio che anche il fermento di una forte ispirazione religiosa contribuisce a porre solide radici alla democrazia.
Non per nulla nello statuto uscito dall'ultimo congresso del PCI, è scritto che la religione contribuisce, tramite i suoi valori, ad arricchire e a far crescere ruomo e la società.
Bisogna insomma convincersi che la cultura religiosa rappresenta e costituisce una innegabile realtà della quale la scuola della collettività non può non tenere conto, se vuole aiutare le future generazioni ad allargare i propri orizzonti culturali e a porsi senza pregiudizio alcuno di fronte all'interrogativo con cui, per il solo fatto di vivere, ogni uomo e, più o meno esplicitamente, portato a chiedersi il senso stesso della vita, delle sue opere e delle cose, e dove lo conduca l'esistenza che, giorno dopo giorno, egli va costruendo. In rapporto alle esigenze sopraesposte è stata fatta la seguente proposta che ritengo possa essere presa in seria considerazione: insegnamento di una cultura religiosa obbligatoria per tutti, affrancata da ogni caratterizzazione confessionale, lasciando poi a ciascuno la libertà di frequentare un corso per approfondire questa o quella concezone religiosa positiva (tesi del doppio binario).
La Giunta comunale ha deciso di assegnare alle 20 Zone del decentramento politico amministrativo di Milano 2 milardi e 588 milioni di lire per il diritto allo studio da utilizzare nel prossimo anno scolastico 1982-83. Di tale somma 204 milioni.e 128 mila lire sono state assegnate alla nostra zona.
la ripartizione dei fondi zona per zona è avvenuta tenendo conto della popolazione scolastica, della presenza di handicappati, del numero delle classi sperimentali, ecc.
I criteri per suddividere l'intera cifra sono stati messi a punto da un'apposita commissione - presieduta dall'Assessore all'Educazione Maria Luisa Sangiorgi - formata dai membri della commissione consiliare 'educazione e dai presidenti delle venti zone e dei consigli scolastici distrettuali.
IConsigli di zona al momento di litilaZarei fondi loro assegnati dovranno attenersi a precisi programmi'di priorità. Ciascun piano zonale di interventi a favore del diritto allo studio dovrà innanzitutto cercare di favorire l'inserimento degli handicappati "predisponendo adeguati strumenti e condizioni mediante la fornitura di materiale specifico per la didattica speciale e differenziale ed attrezzature specialistiche". Allo stesso tempo i fondi dovranno servire a programmare "interventi diretti all'eliminazione del fenomeno dell'evasione dell'obbligo scolastico e dell'abbandono degli studi, anche attraverso l'estensione della frequenza alle scuola materne.
La commissione comunale per il diritto allo studio ritiene poi indispensabile che ciascun Consiglio di Zona incoraggi, con apposite iniziative di sostegno, il tempo pieno, le attività integrative e più in generale le esperienze innovative e raccomanda anche un'azione per potenziare la refezione scolastica nelle scuole superiori e per assicurare agli studenti lavoratori particolari agevolazioni.
La commssione ha affrontato, infirre, il problema delle scuole private. Premettendo che nella ripartizione degli stanziamenti loro assegnati le zone "non sono vincolate dai criteri adottati dalla commissione" ha detto di ritenere comunque opportuno, tra l'altro, che i consigli circoscrizionali nell'assegnazione dei fondi alle scuole private tengano conto di quelle che hanno organi collegiali, "come stimolo per lo sviluppo della partecipazione democratica a garanzia di una adeguata interpretazione delle esigenze degli utenti", senza dimenticare di valutare le rette applicate "al fine di ripartire i fondi tenendo presenti Situazioni particolari di disagio sociale". I Consigli di Zona, infine, sono stati invitati a sollecitare incontri con i rappresentanti delle scuole e dei distretti in modo da concordare eventuali proposte di intervento e di richiedere sempre alle scuole apposite relazioni in ordine all'utilizzazione dei fondi ricevuti "per acquisire ulteriori concreti elementi di valutazione che consentano di attuare una corretta programmazione".
Questo vuol dire che "l'ora di religione" dovrebbe mettere in rilievo i caratteri del cristianesimo (e anche di altre religioni) che attraverso il linguaggio e il metodo della scuola laica, offrirebbe a tutti, insegnanti e allievi, la possibilità di affrontare l'analisi critica dei fenomeni, a scomporre le sintesi appena raggiunte, e a cominciare ogni volta tutto da capo, a praticare il metodo del dubbio e della ricerca, a servirsi insomma della scuola non per dare o ricevere soluzioni belle e fatte, ma per allargare le proprie concezioni in un continuo confronto con quelle altrui.
Norberto Bobbio, studioso di problemi morali, in una recente intervista sosteneva che: "non ci si rende conto che l'insegnamento religioso ha per il bambino, anche se non esclusivamente, la funzione di introdurre alla vita morale. Sostituire l'insegnamento religioso con una frase come 'la vita democratica', mi pare troppo poco. Si tratta di una frase di rito, debole, troppo debole. I laici commettono spesso l'errore di credere che si possa sostituire l'insegnamento morale che viene trasmesso attraverso l'insegnamento religioso con una espressione generica come la vita democratica'. Che cosa è la democrazia? Siamo poi sicuri che tutti intendono democrazia nello stesso modo?" E ancora: "il mondo laico ha spesse volte scaricato il problema dell'insegnamento morale sulla chiesa; vi sono valori che sono patrimonio di tutti gli uomini e a tutti spetta il compito di portarli avanti". Aboliamo quindi pure l'art. 27 del regio decreto ma attenzione, non gettiamo assieme a quel po' di acqua sporca anche il bimbo che ci sta dentro. Che cosa succederebbe, infatti, se questa logica fosse applicata anche al Socialismo?
Umberto Callegari
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Cultura-religiosa,
non confessionale
204
milioni alla Zona 19
Un dramma antichissimo ancora attuale
La povertà c'è ancora
In molte parti del mondo, sta diventando il flagello del secolo al quale non si sa dare altra risposta che l'indifferenza o la rincorsa agli armamenti ed alla repressione per impedire l'esplosione della "collera dei poveri".
Dopo il "miracolo" degli anni del "boom economico" si pensava che i disoccupati e i poteri san. bbero finalmente scomparsi, forse per sempre, almeno nel nostro paese. Anche la drammatica situazione di sottosviluppo e di miseria di massa delle popolazioni del sud del mondo, sembrava ormai destinata a cambiare radicalmente con i movimenti di liberazione, la solidarietà internazionale dei lavoratori e gli aiuti materiali e tecnologici delle società "opulente" dell'occidente. L'ideologia dello sviluppo lineare e illimitato e dell'ottimismo aveva contagiato tutti: le ingiustizie secolari sembrano destinate ad essere superate rapidamente, mentre gli squilibri geografici avrebbero dovuto essere colmati da una diversa e più giusta distribuzione delle risorse disponibili a livello mondiale. La crisi che ci avvolge da diversi anni ha invece interrotto bruscamente una illusione assai diffusa e ci ha riportati ad osservare una realtà più complessa e drammatica che per essere cambiata ha bisogno ancora di molta speranza, ma anche di tante lotte concrete e quotidiane per la giustizia. La povertà e la miseria sono, ancora oggi, molto diffuse dappertutto: la fame sta diventando, in molte parti del mondo, il flagello del secolo al quale però non si sa dare altra risposta che quella dell'indifferenza o della rincorsa agli armamenti e alla repressione per impedire l'esplosione della "collera dei poveri". Negli stessi paesi industrializzati la disoccupazione si va estendendo a macchia d'olio e si sta trasformando in un drammatico fenomeno di massa.
Le nuove generazioni sono rimaste senza lavoro e poche sono le speranze che la situazione possa cambiare nei prossimi anni. Molti sono anche i lavoratori espulsi dai processi produttivi a causa dell'avanzata
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La Cooperativa Edificatrice "Milano 19" indice una riunione pubblica di presentazione il giorno 19 giugno (sabato) alle ore 9, presso il Consiglio di Zona 19 - via Pogatsching 34.
In questa riunione verranno presentati gli scopi e gli obiettivi della società.
Tutti i cittadini sono invitati a partecipare. Si avvisano inoltre i cittadini che rappresentanti della cooperativa saranno presenti nella sede di via Appennini 101/B (presso il Circolo G. Trevisani) ogni domenica mattina (ore 9-12) fino al 27 di giugno, per ricevere nuove domande di ammissione.
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della tecnologia e dell'automazione. In Europa ci sono ormai 10 milioni di persone in cerca di occupazione e in Italia è già stato superato il drammatico livello dei 2 milioni di disoccupati, che è lo stesso dell'immediato dopoguerra, ma che tutti speravano non si sarebbe mai più raggiunto. Non solo dunque è caduto l'ottimismo", ma c'è ora il timore diffuso di un ritorno collettivo alla miseria. La povertà si è estesa anche nelle aree metropolitane, nei "dintorni" degli spazi di lavoro e di vita delle popolazioni urbane. Se non si vogliono chiudere, ancora una volta, gli occhi sui luoghi emblematici della crisi dello sviluppo, si deve prendere atto che i "nuovi poveri" ci interpellano continuamente e in ogni istante. Le aree dell'esclusione e della marginalità stanno diventando i segni di contraddizione della società contemporanea.
I poveri ci sono ancora e sa no ancora molti: nello stesso sistema crescono i quartieri di lusso e insieme le aree di miseria, lo sviluppo e il benessere coesistono con lo sfruttamento e la precarietà, le istanze "del nuovo e del diverso" non riescono a diventare storia.
Ma quello che è più grave è che le responsabilità dell'emarginazione vengono continuamente addossate agli stessi eclusi, ai "disturbatori della quiete".
La geografia e le fotografie delle diseguaglianze sono spesso più drammatiche di quello che si riesce a pensare. Non c'è più solo il problema "dell'assistenza" agli emarginati: la questione del lavoro, non solo per vivere, ma anche per essere, sta diventando centrale nella lotta contro l'ingiustizia. Se si vuole lavorare per una società più giusta si deve fare subito tutto il possibile per eliminare innanzitutto la povertà. Per riuscire a cambiare la situazione è necessario avere un progetto di azione, tra utopia e realtà, senza scappare dai próblemi anche i più complessi, saper leggere i segni della speranza; per vivere la solidarietà, per dare a tutti un lavoro. Si deve cioè "ripartire dagli ultimi", dagli "scartati",.dafraltra società, quella degli emarginàti e degli esclusi, dalla centralità della povertà: non solo dúnque parlare dei poveri, Ma stare dentro, galla parte dei poveti. Si tratta di lottare contro
A causa dell'intolleranza al glutine
A certi bambini il pane fa male
la solitudine dei giovani senza lavoro e degli anziani senza assistenza, contro una scuola che continua a buttare via i più poveri, contro le ingiustizie del mercato del lavoro che continua a separare il pensare dal fare, la cultura dalla professionalità, contro il furto della salute e la privatizzazione delle strutture sanitarie e sociali. È possibile superare la rigidità e la disumanità del sistema, affrontando con razionalità la diversità dei bisogni delle persone e dei gruppi sociali, vivendo la dimensione sociale dell'utopia e andando oltre l'illusione della sicurezza sociale che ha allentato la solidarietà e l'impegno personale di ognuno e delle stesse forze del cambiamento. È necessario cercare insieme una alternativa valida, da vivere quotidianamente al servizio di chi è ai margini dello sviluppo e della società, per affermare nei fatti "il primato dell'uomo di fronte alle cose'. La risposta a tutti i problemi sociali non può più ormai venire solamente dalle istituzioni,. anche se tocca ai pubblici poteri affrontare le questioni più urgenti e strutturali, con riforme profonde che incidano veramente sulla ridistribuzione delle risorse e dei redditi e sulle condizioni di lavoro e di vita della popolazione. C'è un'altra dimensione, quella sociale, dove è possibile fare esprimere la soggettività e il protagonismo di ognuno, ricostruire la solidarietà, umanizzare i rapporti sociali, far emergere la creatività della società, che però è ancora tutta da esplorare e che tuttavia ha enormi potenzialità spirituali e umane da sviluppare.
È lo spazio delle forze culturali e sociali, del movimento operaio, dell'associazionismo, del volontariato, della cooperaZione, della autogestione. Si deve uscire dalla precarietà congiunturale per ridare alla società il senso della storia da costruire assieme, in cammino con i poveri e gli esclusi, dando ,a loro la parola, stando nella mischia, tentando rimpossi bile, con dei ,progetti per cambiare almeno qualcosa, per uscire dall'immobilismo, con idee e opere significative ed emblematiche, con più amore e amicizia pet chi ha bisogno anche di noi per uscire dai ghetti e dalla poverta.
Giovanni Garuti
La celiachia è un'intolleranza congenita al glutine che si riscontra in Italia in un bambino ogni 1500 circa. Poichè il giraine è presente nel grano, nella segale, nell'orzo, nell'avena e in tutti i cibi da essi derivati - ed inoltre pare ormai accertato che, l'intolleranza ad esso' è permanente - risulta immediatamente evidente quali implicazioni di ordine sanitario, psicologico e sociale i celiaci e le loro famiglie, si trovino ad affrontare. Il non poter mangiare mai, ad esempio pane e pasta "normali" è indubbiamente un sacrificio serio, ma se si pensa al numero grandissimo di cibi che contengono anche solo tracce difarina ci si rende subito conto come i problemi da affrontare siano numerosi. Per cercare di superare questi problemi è sorta nel 1979, la "Associazione italiana per la celiachia" all'interno della quale operano sia i genitori che medici e altri operatori sociali e sanitari. Riteniamo in particolare estremamente importante la presenza, all'interno dell'Associazione, di genitori e medici che certamente consente un aiuto reciproco nell'affrontare i problemi dei ce!iati che, come dicevamo, non sono solo di ordine sanitario. Le finalità dell'Associazione, le cui iniziative si reggono esclusivamente sull'autofinanziamento, possono essere così sintetizzate: promuovere l'assistenza ai pazienti affetti da celiachia, l'istruzione e l'educazione dei giovani e delle loro famiglie; sensibilizzare le strutture socio-sanitarie, le autorità politiche ed amministrative alfine di migliorare l'assistenza ai celiaci; promuovere la ricerca scientifica l'indagine sull'indice di diffusione delle malattie in Italia, l'informazione e l'aggiornamento dei medici sui problemi
ad essa connessi. L'Associazione articola la propria attività in sezioni regionali al fine di favorire l'inserimento dell'attività dell'Associazione nella realtà locale vale a dire in situazioni politiche, sociali, amministrative che nel nostro Paese possono diversificarsi da regione a regione. Riteniamo comunque che esistano, a livello di programmazione socio-sanitaria, obiettivi che devono essere raggiunti sul piano nazionale. Ricordiamo ad esempio il problema di ottenere l'obbligatorietà di stampare su ogni prodotto alimentare confezionato venduto in Italia il marchio `senza glutine" come già avviene in alcuni Paesi europei. Inoltre pensiamo che la ricerca tecnologica sulla preparazione di pane e pasta senza glutine debba essere stimolata o promossa dallo Stato in quanto attualmente l'industria la svolge in modo insoddisfacente. Ma ci si deve anche domandare se l'esenzione dal servizio militare per i celiaci non diventi necessaria poichè riteniamo sia impossibile rispettare una dieta senza glutine all'interno delle caserme italiane. Vanno segnalate iniziative ottenute in alcune regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Campania, Lazio, Puglie) dove si è ottenuta la gratuità dei prodotti senza glutine da parte degli assessorati regionali alla Sanità. Infine in molti comuni, come Milano, è stato possibile ottenere che i bambini celiaci frequentino le refezioni scolastiche così da evitare loro ingiustificate esclusioni emarginanti.
Adriano Zagato (Presidente nazionale) La sede dell'Associazione italiana per la celiachia è presso la Clinica pediatrica, via Commenda 9, Milano, telefono (02) 5454543
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milano 19 - pagina 10 giugno 1982
Quanto costerebbe la disdetta della scala mobile
Perdite economiche secche e per tutti
I guasti che potrebbe causare una riforma della contingenza
Iconti non li ha ancora fatti nessuno. Non solo, sia la Confindustria ed il governo che il sindacato in parte ammettono di non essere in grado di provvedere nel dettaglio che cosa potrà accadere tecnicamente in caso di disdetta dell'accordo sulla contingenza sottoscritto a Roma da Lama e Agnelli il 24 gennaio 1975. La valutazione politica, al contrario, è unanime: se la disdetta passerà dalle intenzioni ai fatti, i prossimi mesi saranno segnati da grossi conflitti sociali senza precedenti ed incontrollabili nei loro sviluppi. La disdetta annunciata giovedì I l marzo delr82 con lettere della giunta direttiva della Confindustria alle segreterie confederali ("Vi chiediamo formalmente di riprendere globalmente la trattativa sul lavoro. Se ciò non avverrà il nostro presidente Vittorio Merloni ha il mandato di denunciare l'accordo del 1975sulla scala mobile"), porterà come conseguenza automatica il ritorno alle disposizioni fissate nell'ormai lontanissimo 1963: — valore differenziato del punto sulla base delle qualifiche e dell'anzianità di lavoro con uno sventagliamento da 572 lire per qualifiche più basse a 948 per i massimi livelli, in luogo delle 2398 di adesso. Tuttavia, poichè l'accordo del '75 aveva unificato il punto azzerandone l'indice al livello più alto, gli impiegati di categoria superiore non dovrebbero rimetterci sol-
di: per loro scatterebbero molti più punti, anche se punti leggeri. In caso di inflazione del 16% si avrebbe ad esempio che scatterebbero 112/113 punti di contingenza anzichè 45, con un rapporto di 2,52 a I. Tutti gli altri, invece, ci perderebbero. Quanto? È proprio su questo punto che si fanno aspre le discussioni. La maggior parte degli operai, all'epoca dell'accordo, apparteneva alla terza e alla quarta categoria, con punti di valore minimo, da 372 a poco più di 500 lire. Anche molti impiegati erano inoltre collocati nelle stesse categorie. Dal 69 in poi, inoltre, i vari contratti hanno cambiato sia il sistema di inquadramento sia i livelli. Poi sono intervenute le leggi dello stato, ad esempio quella della parità uomo-donna (l'accordo del 1963 prevedeva infatti anche un lavoro più leggero per le donne). Ancora: come calcolare l'anzianità di lavoro per tutte quelle aziende che hanno proceduto a scorpori, fusioni e azzeramenti, soprattuto nel settore pubblico? Infine, molti giuristi affermano che potrebbero essere messi in discussione gli stessi accordi integrativi, per esempio in materia di premi di produzione, che erano stati stipulati dopo il 75 sulla base del punto unico di contingenza. Ce n'e senza dubbio più che a sufficienza per mandare in tilt tutta la macchina retributiva privata. In una prima stima si valuta in modo
Spazio giovani In piazza per la
pace
approssimativo che i lavoratori che manterrebbero lo stesso importo in lire della contingenza sarebbero circa il 5% e cioè solo quelli cui spetterebbe il punto massimo di 948 lire. La gran massa degli impiegati dovrebbero mantenersi su punti di 736 lire e gli operai si stazionerebbero su valori di circa 500 lire.
Sempre ad un tasso ipotetico inflattivo del 16% e quindi con 1 12 punti leggeri nell'arco di un anno, gli impiegati delle fascie intermedie giungerebbero a perdere, rispetto ai colleghi dei livelli più alti, oltre 23000 lire al mese (82432 lire di aumento contro 106176) e circa il doppio perderebbero gli operai. Dopo aver visto come si prospetta la soluzione e l'assoluta mancanza di volontà politica da parte padronale di sedersi al tavolo delle trattative senza porre pregiudiziali, lo sforzo del sindacato deve essere proiettato verso il governo tendendo a farlo partecipare alle trattative esente dalle influenze nagative che le parti più retrive della Confindustria indubbiamente creano. È necessario quindi più che mai sedersi al tavolo delle trattative per affrontare un discorso generale sul contenimento del costo del lavoro, l'occupazione, i piani di sviluppo del mezzogiorno e tuto ciò che riguarda la sempre più travagliata questione economica italiana.
G.Gn.
Hinn passaa cent'ann
Per
Hinn pasaa cent'ann, ma i giovin gh'hann de savell, e anca i vece, perchè hinn minga vece ossee. Ed duu de giugn del 1882 el mor a Caprera Giuseppe Garibaldi,.figura legendaria, che luce i italian deven vess orgolius: eroe mondial, grand combatterli per la libertà. Gh'hinn no paroll per descriv la soa grandezza. In settember, semper del 1882 gh'emm avuu rinondazion de Verona: vitim e dagn hinn minga mancaa. El vini de dicember del 1882 el vegn impiccaa a Trieste el giovin Guglielmo Oberdan. A Milan hinn minga mancaa i dimostrazion contra l'Austria, che la stava in pee e corda e savon. Int quell tempi là se cantava "a mors el Franz, viva Oberdan anca lù mori per la libertà.
1982: la liberi à ghe l'enim, l'è costada cara, l'è costada sangu e sacrifizi: tegnemela de cunti, molemela no, dopremela polito.
Giordano Gianotti
(Sono passati cent'anni, ma i giovani devono saperlo, ed anche i vecchi, perchè non sono vecchi abbastanza. Il due di giugno del 1882 muore a Caprera Giuseppe Ga-
ribaldi, figura leggendaria, di cui tutti gli italiani devono essere orgogliosi: eroe mondiale, grande combattente per la libertà. Non ci sono parole per descrivere la sua grandezza. In settembre, sempre del 1882 abbiamo avuto l'inondazione di Verona: vittime e danni non sono mancati. Il venti dicembre 1882 viene impiccato a Trieste il giovane Guglielmo Ober-
dan. A Milano non sono mancate le dimostrazioni contro l'Austria, che stava in piedi a corda e sapone. In quei tempi si cantava "a morte Franz, viva Oberdan r, anche lui morto per la libertà. 1982: la libertà l'abbiamo, è costata cara, è costata sangue e sacrifici; teniamola da conto, non lasciamola, adoperiamola bene...)
È molto difficile sintetizzare nelle poche righe di un articolo, stringere fra le trame di una pagina scritta tutto quell'insieme di sentimenti, di spinte emotive, di realtà e di miti, di sogni, prima timidi poi sempre più consapevoli che si sono mirabilmente fusi in un anno lunghissimo in cui l'attività politica a livello giovanile e scolastico è stata intensissima. Tutto cominciava (se così si può dire) in una giornata di sole stupenda, quella del 24 ottobre scorso, giorno in cui mezzo milione di giovani (ma c'è chi dice di più) confluirono da ogni dove a Roma per una delle più grosse manifestazoni che la città dei Papi (e della DC) ricordi. In quella manifestazione si scaricava l'impegno organizzativo che da un mese propagandava l'iniziativa sull'onda dello slogan tante volte gridato "Non ho visto la guerra e non voglio vederla mai", i giovani sembrano aver ritrovato le spinte ideali proprie dei movimenti del '68, si sentiva la necessità di una pace senza "colori politici" una pace ottenuta dal popolo con le sue lotte e non dalla paura di una guerra nucleare. Un settimana dopo Milano ribadiva questi concetti riem pendo le sue vie di giovani inneggianti alla pace e a una vita migliore. Il movimento era ormai maturo, le tappe erano state bruciate con una velocità impressionante, si andava rapidamente formando una generazione desiderosa di politica. Si arriva rapidamente alle elezioni scolastiche, ancora una volta si riafferma la voglia dei giovani di partecipare, i programmi astensionisti vengono sommersi da migliaia di votanti con affluenze mai viste. La sconfitta in questa fase dei movimenti giovanili di sinistra non è però imputabile a un rifiuto da parte dei giovani delle idee progressiste, ma a una voglia di partecipazione enorme. Sta infatti a controprova che laddove le sinistre si sono unite in proprie liste hanno raggiunto la quasi unanimità dei suffragi.
Mentre i giovani europei ed italiani esprimevano la propria voglia di pace ancora una volta la libertà veniva soffocata nel sangue, decine di dirigenti politici del sindacato libero polacco Solidarnosc venivano incarcerati. Il movimento milanese svelto si organizzava e, dopo il primo spontaneo momento di mobilitazione in piazza (50000 studenti) organizzava raccolte di aiuti e fondi, ma anche di forme per la richiesta di deplorazione di questi anni da parte dell'ONU, con le punte di diamante in questa fase rappresentate dalla FGCI che riuniva attorno al proprio capannone in piazza Duomo centinaia di giovani e dai cattolici popolari, più impegnati però
in raccolte di fondi (di cui peraltro ignoriamo tuttora la destinazione, forse le casse del movimento stesso). Si arrivava alla primavera con le sinistre che ricordavano alla popolazione che la giuntademocristiana di Duarte si insanguinava ancora, uccidendo migliaia di innocenti e con i giovani cattolici che ritenevano i sovietici unici responsabili di tutto ciò che alimentasse tensione, con dei faziosismi che rasentano il comico e la fantapolitica, ancora una volta a rappresentar la pochezza di idee di questi movimenti.
In aprile arrivava Berlinguer a Milano, i giovani dimostravano ancora una volta la propria maturità politica seguendo chi ha sempre lavorato per la pace e non per beghe di potere o di partito, a centinaia di migliaia affollavano il parco delle Basiliche. Arrivavano poi il 25 aprile e il Primo Maggio con i giovani ancora in piazza a rivendicare il proprio diritto alla pace, sfilando (senza incidenti) con le varie forze politiche l'una al fianco dell'altra. Quei sogni di un movi-
Gemmologia
Per mancanza di spazio non abbiamo potuto pubblicare su questo numero la consueta puntata della rubrica "Gemmologia". Ce ne scusiamo con i lettori, cui assicuriamo che la pubblicazione della suddetta rubrica riprenderà senza fallo dal prossimo numero.
mento forte, che potesse dire la sua nonostante un governo reazonario e legato alla logica guerrafondaia della NATO di Reagan si facevano sempre più realizzabili, Arrivavano poi, in fine di maggio il convegno nazionale di Democraiza Proletaria e il Congresso prima Provinciale e poi Nazionale della Federazone Giovanile Comunista Italiana a riordinare le file di questo movimento in cui iniziavano a farsi sentire, dietro progetti ambiziosi, dei limiti politici causati dalla poca preparazione dei suoi componenti. Queste assise sfociavano in due iniziative di grossa portata: una raccolta di firme per la denuclearizzazione della Lombardia e una grossa manifestazione di protesta in occasione della venuta in Italia di Reagan per vedere come vanno i lavori di costruzione delle sue armi usate contro la libertà dei popoli, ora come sempre. Queste sono le date, mi sono limitato a quelle, ciò che si è provato in questo anno lo può sapere solo chi ci ha lottato, solo chi ha avuto il coraggio di dire la propria invece di aspettare che il nostro governo, insistendo nella sua politica di aperta sudditanza ai giochi di potere delle potenze occidentali ci porti alla guerra. Questo movimento ha dimostrato la sua maturità diverse volte, schierandosi a fianco di chi vedeva minacciata la propria libertà, certo diverse volte ne sono anche emersi i limiti, per lo più dovuti al numero enorme e al volontario boicottaggio di certe iniziative da parte di gruppi politici giovanili (FGSI/MG DO). Il nuovo anno inizia con un impegno di lotta sempre più presente, con un anno di esperienza in più sulle spalle di questo movimento giovanile sempre più deciso a decidere la propria vita senza padroni, nè condizionamenti.
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La cultura momento di incontro e di dialogo
Su questo argomento si è svolto un dibattito indetto dalle ACLI del Gallaratese con la partecipazione del rettore dell'Università Cattolica
Nell'ambito del programma di formazione che il Circolo ACLI Gallaratese si è proposto di svolgere, Martedì 20 Aprile si è tenuto presso il salone della Parrocchia Regina Pacis alla presenza di un foltissimo pubblico, un dibattito con il Prof. Lazzati, rettore della Università Cattolica sull'importante tema della cultura.
Il Presidente del Circolo ha introdotto la serata spiegando i motivi che hanno suggerito il tema ed il conseguente invito all'illustre oratore.
In sintesi si può dire che l'incontro è stato voluto per cercare di trovare assieme alcuni punti di riferimento su cui far leva per superare il grave stato di difficoltà in cui versa l'attuale società dove individui, famiglie, associazioni e partiti tendono a "chiudersi" sempre di più in se stessi. La cultura è apparsa, a tale riguardo, fulcro importantissimo.
Innanzitutto il relatore ha chiarito il termine di cultura (da colere - coltivare) ricorrendo ad esemplificazioni (agricolturacoltivazione delle piante e degli animali agricoli) per addivenire al concetto che cultura per l'uomo è "coltivazione" dell'uomo e cioè - citando Giovanni Paolo ll - fare in modo che l'uomo, in quanto uomo, diventi più uomo.
Quindi il Prof. Lavati, con grande semplicità e chiarezza, possibili solo a persone di vastissime e profonde conoscenze, ha spiegato l'origine e la funzione della cultura.
Esiste innanzitutto il piano della conoscenza e qui i riferimenti alle ricerche scientifiche sono stati numerosi. Attraverso di esse l'uomo conosce sempre di più se stesso e l'ambiente che lo circonda. Ma la cultura esige qualcosa di più delle conoscenze, va la di là delle nozioni e delle scoperte scientifiche. Si pone il problema di capire ciò che giova all'uomo cioè di comprendere il senso delle realtà concrete. La chiave di interpretazione di queste realtà è l'uomo stesso.
A questo punto diventa prioritaria la domanda di natura filosofica: chi è l'uomo?
A seguito delle molteplici risposte che si possono dare a questa domanda si hanno diverse culture.
Innanzitutto l'uomo ha una dimensione corporea e materiale: l'uomo però è dotato anche di intelligenza e per questo costituisce una entità spirituale.
Ciò può essere dimostrato dal fatto che un'idea comunicata ad altri diventa patrimonio di chi la dà e di chi la riceve. Questa definizione dell'uomo di "animale ragionante" era già stata data dall'antico filosofo Aristotele. Quindi dalla interrelazione fra questi due piani, scientifico-conoscitivo e spirituale-filosofico, si origina la cultura. Per un credente l'uomo ha inoltre una terza dimensione la cui conoscenza gli deriva dalla fede: quella di essere immagi-
Recupera la carta, salverai un albero
Ogni giorno un bosco va nella pattumiera
Per arrestare un depauperamento irreparabile il Comune di Milano, il WWF e l'A MNU hanno lanciato una campagna abbinandola ad un concorso
MILANO RECUPERI s.r.s.
ne di Dio e cioè partecipe della vita divina.
In particolare per un cristiano l'uomo deve ricercare tutte le conoscenze possibili e deve usare tutta la ragione che la sua intelligenza gli consente; dove però queste doti umane non possono dare risposte, l'uomo ha bisogno della luce che gli viene dall'alto. Dopo queste chiarificazioni il professore si è addentrato nel tema specifico dell'incontro cercando di dare un contenuto alla cultura. In primo luogo l'uomo di cultura deve avere il gusto della ricerca e del senso ultimo delle cose, cioè deve sapere e nello stesso tempo porsi il problema filosofico esistenziale e dei fini. In secondo luogo deve avere il gusto della storia, ricercando sempre cose nuove e conservando quelle valide. A tale riguardo si può osservare che pur rimanendo immutati certi valori, possono cambiare le modalità con cui gli stessi valori vengono vissuti. In terzo luogo rivinto di cultura deve ricercare la verità con l'apporto di tutti. La cultura per essere diveniente (cioè con il senso della storia) deve essere dialogante, deve arricchirsi con l'apporto di persone con filosofie e mentalità diverse, credenti e non credenti.
La vera cultura e quella che apre la strada della fratellanza e dell'aiuto reciproco, in altre parole si fa dialogo. Se è quindi vero che esistono diverse culture, quella marxista, quella liberale, quella buddista, quella induista, quella cattolica, ecc. tutte da rispettare ed accettare nella loro storia e nel loro divenire, guai se ciascuna volesse agire in maniera impositiva: sarebbe lo scontro, il terrorismo, il caos. Non è certo cosa facile aprire maniere questo dialogo con tutti, fra tutte le diverse culture, occorre certo preparazione e perseveranza, ma il dialogo è essenziale.
Un altro passo della conferenza ha puntualizzato i pericoli che possono derivare nella vita di oggi dal prevalere della scienza e della tecnologia se intese nel senso anti-culturale. Infatti scienza e tecnica, senza una chara conoscenza dei fini ultimi dell'uomo, possono diventare strumenti a danno degli uomini stessi. Infine il professore ha risposto ad alcuni interventi del pubblico. Di particolare interesse la chiarificazione che nell'ambito del mondo cattolico sono possibili culture differenziate proprio a cava delle diverse posizioni filosofiche che sussistono pur nell'unità della stessa fede (ha citato ad esemplificazione Rosmini e S. Tommaso). Da sottolineare anche la rispota all'ultima domanda che chiedeva se fosse concepibile una cultura cattolica originata direttamente dal Vengelo: "No, la cultura si elabora dentro l'orizzonte della fede, non si identifica con essa".
Paolo Galimberti
Ogni anno i milanesi gettano nella spazzatura quasi due milioni di alberi, in una sola settimana ne gettano quarantamila, poco meno di seimila al giorno.
I conti si fanno in fretta: se, approssimativamente, novanta chili di carta equivalgono ad un albero di media grandezza, sestando alle cifre fornite dall'A M NU (Azienda Municipale Nettezza Urbana) - dei sei milioni di quintali di rifiuti prodotti annualmente da Milano il trenta per cento è costituito da materiale cartaceo, non si scappa: a brevi intervalli di tempo estinguiamo boschi e foreste, vitali ed insostituibili "organi" terrestri, depauperando irreparabilmente il nostro pianeta. Perchè? Per imprevidenza, ignoranza, cinismo, egoismo.
Ora è possibile fare qualcosa? È possibile convincere ogni cittadino che recuperare la carta - dividendola con cura dal resto dei rifiuti; facendo la fatica, peraltro trascurabile, di portarla ad un vicino centro di raccolta - significa salvare un albero, due alberi, mille alberi, milioni di alberi da un'irrazionale "logica di mercato" ed in sostanza assicurarsi un destino migliore?
Chissà ma se tutto ciò è impossibile. il WWF comunque ci prova; al suo fianco intanto è riuscito ad avere alleati preziosi: il Comune di Milano, la Commissione CEE, l'A M NU e l'Assorecuperi. Fino al 12 giugno, infatti, la campagna intitolata "Recupera la carta; salverai un albero, un bosco, una foresta" farà echeggiare il suo slogan in ogni casa di Milano e di alcuni comuni della provincia (Sesto S. Giovanni, Zibido S. Giacomo, Trezzano, Buccinasco, Cernusco, Melzo, Rozzano, Fizzinasco, Limbiate, Rosate, Seregno). Alla campagna è abbinato un concorso. Il regolamento è il seguente: a) la carta da riciclare - va tutta bene, dai giornali alle riviste, ai cartoni, alle guide telefoniche - dovrà essere consegnata ad uno dei Centri di raccolta segnalati, più di trenta complessivamente, i quali rilasceranno una tessera nominativa; b) la tessera è composta da quattro riquadrati e ogni riquadrato è diviso in nove caselle, il Centro annullerà una casella ogni dieci chili di carta consegnata ed ogni tre caselle verrà donato un quaderno mobile di carta riciclata, per ogni riquadro completato verrà consegnato un raccoglitore ad anelli per quaderni a fogli mobili o, a scelta, due blocchi di carta riciclata; c) possono partecipare al concorso singole persone o gruppi; d) al termine della gararaccolta veranno distribuiti premi o buoni offerti dalle ditte sponsorizzatrici.
"Dopo la promozione di analoghe meritorie iniziative, ricordiamo quella per il recupero delle lattine o quella del vetro - ha dichiarato il vicesindato di Milano on. Elio Quercioli nel corso di una conferenza stampa per la presentazione della cam-
pagna - al WWF va il ringraziamento delrAmministrazione comunale. Il nostro Paese è fortemente debitore all'estero per l'importazione di materia prima vergine (legno, cellulosa) ed il recupero, oltre alla forestazione, rappresenta un obiettivo importantissimo per il riequilibrio della bilancia commerciale".
Dopo aver ricordato l'impegno del Comune in campo energetico ed ecologico (nel piano triennale ad esempio i maggiori investimenti sono previsti in favore del settore casa e di quello ecologico-energetico)
Quercioli ha voluto sottolineare l'aspetto originale e positivo della manifestazione: "Hanno collaborato, lealmente imprenditori economici privati, un'importante organzzazione culturale come il WWF e gli enti locali: questa collaborazione è necessaria ed imprescindibile per risolvere i problemi più spinosi della città". (Per informazioni telefonare al 7750270 di Milano).
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La ricetta di Caterina
Cardoni al forno
Lessare mezzo chilo di cardoni tagliati a pezzetti in acqua un po' salata. Far scolare. Ungere di burro il fondo di una pirofila e spolverizzare con pane grattuggiato. Disporre i pezzi di cardone inframmezzati con fiocchi di burro, sale e pepe, poi uno strato di formaggio filante, altro strato di cardoni e così via. Ricoprire con salsa besciamella, altri fiocchetti di burro e panna gastronomica. Lasciare che i cardoni, un po' acquosi, prosciughino bene nel forno che va tenuto a fuoco basso. Un contorno di sicuro successo a prezzo accessibile.
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giugno 1982 milano 19 - pagina 12
All'insegna
di un'ape d'oro
Ènataallacornea unasocietàciclistica
Il suo programma prevede una intensa partecipazione sia alle gare su strada, sia a quelle che verranno organizzate nel vicino
Palazzo dello Sport
La cascina Cottica torna a fare parlare di sè, non tanto per il suo destino quanto per una simpatica iniziativa destinata a suscitare entusiasmi in una zona urbanisticamente in via di espansione. Tra le mura della vecchia cascina è infatti sorto un nuovo Gruppo Sportivo che intende promuovere e diffondere una tra le discipline più popolari e per questo più amate dagli sportivi: il ciclismo.
Da decine di anni il bar
Franzetti è meta degli amanti delle due ruote che sotto gli invitanti e freschi pergolati possono trovare sollievo e riposo dopo la sttimanale pedalata di allenamento. Ora l'occasionale ritrovo si è trasformato in una vera e propria sede sociale. Tutto ciò grazie alla sportività di numerosissimi soci ed alla munificenza dei Fratelli Cornelio e Giuseppe Moro, notissimi apicoltori di Trenno, che hanno accettato di buon grado questo dolce connubio tra bicicletta e prodotti dell'alveare!
La S.C. Ape d'Oro-Apicoltura F.11i Moro è nata anche per una necessità della zona. Molti ragazzi erano costretti a "migrare" verso lontane società ciclistiche. Ora i ragazzi della zona possono confidare in un sodalizio ciclistico con tutte le carte in regola per garantire loro
serietà ed un avvenire sportivo. L'inizio è stato difficile ma ora, dopo alcuni mesi di rodaggio la società giallo-marrone comincia a raccogliere i frutti di un lavoro programmato e serio. Due sono le squadre che settimanalmente si cimentano sulle strade della nostra Regione. Una di allievi composta da Cerrone, Franzetti, Moro, Moroni, Occhielli e Vezzola, l'altra di Juniores comprendente Palmetti, Monga e Sisti. Inutile stare a precisare che alla guida tecnica delle due squadre vi sono Carlo Franzetti, ex dilettante che da poco ha smesso l'attività agonistica, ed Oristano Pal metti, instancabile ricercatore di nuovi talenti. I programmi della società prevedono una intensa partecipazione sia alle gare su strada, sia a quelle che verranno organizzate al vicino Palazzo dello Sport. Ma le novità in casa del sodalizio presieduto dallo sportivissimo Giuseppe Moro, vanno oltre. Proprio in questi giorni è stata "ingaggiata" anche una concorrente femminile: si tratta di Stefania Righetti che, per l'anno prossimo sarà la punta di diamente di una agguerrita formazione femminile. Una squadra pronta a... pungere, naturalmente.
G.B.
Concerti in zona
Jannacci alla Tenda di Lampugnano
Nel suo lungo viaggio su è giù per l'Italia la "band" di Jannacci è passata per Milano. Composta da musicisti eccezionali (Zaglioli-tastiere, D'Autorio-contrabbasso elettrico, Farina-chitarra e tromba, Pino Sacchetti-fiati) e corredata da ottimi session-men negli altri ruoli non poteva che riscuotere un enorme successo nei due giorni al Teatro Tenda di Lampugnano. Un pubblico eterogeneo al massimo è infatti confluito ad ascoltare il concerto di questo cantautore cabarettista nato negli ambienti del Derby Club di Milano. Fu appunto in quegli ambienti che maturò la sua preparazione e la sua verve acuta, sempre pronta ai riferimenti politici"... Quelli che sono in prigione e non
sanno il motivo, quelli che non ci sono e invece sanno il perchè...", fortemente pungente nelle battute a sfondo comico-sessuale "... Vengo anch'io, no tu no, ma se veniamo insieme è meglio, è istituzionale", comicità che trova il suo culmine nel nonsense" ... Quelli che con una dormita passa tutto, anche il cancro, oh yeah!"
Questo è quanto per il lato cabarettistico, astenendoci sulle battute (brutte) su Dalla e sulle risposte al pubblico "Bravo? Ma son qui apposta!". Altrettanto valido era il lato più spiccatamente musicale del concerto. Tutto iniziava (un po' in ritardo) con una versione funkie di "Vengo anch'io no tu no" per passare poi ad un "Ragazzo padre" diventato
Rassegna di teatro a Figino
Si è conclusa il 22 maggio scorso al Teatro Comunità di Figino una rassegna teatrale organizzata dalla Compagnia l'è bell'è fada".
La rassegna si era aperta il 17 aprile con la commedia brillante "Il settimo si riposò" Di Samy Fayad, interpretata dal G.T.G. Gruppo Teatrale Giovani, ed è continuata il 24 aprile con la commedia in tre atti "L'avvocato difensore" di M. Morais, interpretata dalla compagnia "1 mai prunt", l'8 maggio con i tre atti comicissimi "Che
gibilee per on capell" di Antonio Gandino, interpretata dalla compagnia "L'è bell'e fada", il 15 maggio con la bizzarria comica in tre anni "L'omm de preia" di Corrado Colombo, riveduta e corretta da Balzarini ed interpretata dalla compagnia teatrale S.I.B., e si è conclusa il 22 maggio con i tre atti "El campet del signor" di Edoardo De Filippo, interpretati dalla compagnia teatrale "Il nodo". Il contenuto presso dei biglietti, fissato a 2 mila lire, e la varietà del cartellone hanno favorito l'affluenza del pubblico.
Una mostra sugli antichi abitanti della Lombardia
Allestita dal Comune da metà di giugno a metà novembre nel palazzo dell'Arte di via Alemagna, al Parco Sempione
samba, a una versione strana (troppo lunga) di "Quelli che", ad un "Silvano" trasformato in uno scatenatissimi dixieland e tanti, tanti (fino a mezzanotte e un quarto) altri brani. La scelta era operata con sapienza e buon gusto fra il suo vecchio repertorio (Mario, Musica, Bartali) e la sua ultima produzione (Andiamo!, E allora... concerto, Ci vuole orecchio). Abbiamo dunque assistito ad un concerto con i fiocchi, con una band unica, che dimostrerà di esser tale oltre che negli "a solo" durante il concerto vero e poprio, durante una lunghissima jam-session con D'Autorio in cattedra a meritarsi l'elezione da parte del più autorevole giornale musicale italiano (Fare Musica) a
miglior bassista dell'anno.
Tutti questi musicisti lasciavano però discreti il posto a Jannacci che, da solo la piano, ci riproponeva i suoi pezzi più dolci e, tutto sommato, più belli: "Mario", "Padre", "Vincenzina e la fabbrica" e la recente "Il dritto".
Tutto finiva poi con una folla festante in girotondo su su una versione "rap" di due dei suoi più famosi nonsense (?) "Pisciulin" e "L'uselin della comare". A presto, Jannacci, Milano ti aspetta!
La sempre crescente riscoperta della bicicletta come mezzo di locomozione, o, per fare dello sport, per occupare il tempo libero e per stare assieme, sta già provocando un po' ovunque tutto un fiorire di nuove società ciclistiche.
Così a Figino è stata costituita il 22 aprile scorso la "Società ciclistica Emilio Colombo Coop. XXIV Maggio Figino Milano".
La nuova società si propone
di offrire agli appassionati del ciclismo, residenti o no nel quartiere, la possibilità di praticare il loro sport e di partecipare alla vita assiciativa della società stessa, che ha fissato la sua sede presso la Cooperativa XXIV Maggio, in via Fratelli Zanzottera 3, dove ogni giovedì a partire dalle ore 21, si riuniscono i soci e dove chiunque volesse iscriversi, o comunque desiderasse avere maggiori chiarimenti, può rivolgersi.
Da metà giugno a metà novembre 1982, presso i Padiglioni della Triennale al Palazzo dell'Arte (viale Alemagna, 6), si terrà la grande mostra "I Comuni. Alle origini della civiltà europea".
La mostra, promossa e organizzata dal Comune di Milano - Ripartizione Cultura e Spettacolo e curato dal Centro Camuno di Studi Preistorici di Capodiponte e dal Centro Culturale S. Carlo di Milano, si articola su di una superficie di 4000 metri quadrati. Ricostruisce il cammino della civiltà camuna dall'8000 a.C. fino alla conquista romana che ne determinò la fine.
Rilievi, ricostruzioni di ambienti e di rocce, disegni, tabelle, audiovisivi illustreranno ampiamente le varie fasi della civil-
tà camuna, attraverso la testimonianza delle oltre 150.000 incisioni rupestri sinora trovate in Valcamonica. Il complesso delle incisioni rupestri camune è stato dichiarato dall'UNESCO "primo monumento italiano" nella lista dei beni dichiarati appartenenti al patrimonio unversale dell'umanità. Per la prima volta questo prestigioso monumento viene presentato al grande pubblico in una mostra esauriente e articolata.
La mostra è patrocinata dalla Regione Lombardia con il contributo della I VECO, che ha fornito parte delle strutture dell'allestimento per le esposizioni e che assicurerà il trasporto nelle città europee ove la mostra verrà trasferita. Il catalogo è curato dalla Editrice Jaca Book.
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Franco Gnutti
I Camuni alle origini della civiltà europea
Uomini che sono rocce rocce che sono uomini
La pittura vorticosa e travolgente di Ermanno Volpi (via Cimabue 19, teL 364473) che forse il prossimo anno verrà ad insegnare educazione artistica al Gallaratese
Padronissimo della base e della tecnica pittoriche, acquisite attraverso studi severi, Ermanno Volpi dipenge come sente e come vuole, punto e basta. Lo si capisce immediatamente posando lo sguardo su uno qualunque dei suoi grandi, in maggioranza, o meno grandi dipinti. Lo abbiamo conosciuto anni fa. in occasione della vasta mostra personale all'Ente del Turismo di Milano, e si era nel 1978. Dalla sua viva voce abbiamo ricevuto conferma a questa netta impressione: non fa pittura di svago, tanto meno di commercio, non si preoccupa di appartenere a questa o a quell'altra corrente artistica. Le ragioni della sua pittura sono interiori.
Il Volpi sa che davanti alle sue opere, in un primo momento, è comune l'effetto di shock, talvolta quasi di ripulsa, ma egli attende l'osservatore più acuto, che non si ferma alla prima impressione e che si domanda: "Cosa avrà voluto dire?".
Ed ecco che ad una analisi non superficiale tutta quella ricchezza espositiva di forme, di contenuti e di tanto, tantissimo travolgente colore si colloca in un preciso discorso rigorosamente personale e artistico: qui c'è uno stile. Una volta compreso che così e soltanto così l'autore estrinseca il suo compito, che è quello di dar vita e farcene partecipi del suo spazio creativo, passiamo al godimento dell'opera, anzi delle opere, di tutta la produzione nel suo insieme.
Tutte da gustare sono le interpretazioni delle visioni fantastiche o le elaborazoni del comune. La pennellata vorticosa di Volpi ricrea cattedrali di ghiaccio o normalissimi alberi e case, sommovimenti tellurici o stati d'animo, azioni dinamiche o figure umane con un impeto che sembra inarrestabile. Questa vita magmatica di linee e di colori audaci sembra strabordare dalle dimensioni del dipinto, dipinto che pur se sovente di notevoli dimensioni, lascia poi il ricordo di una dimensione ancora più estesa. E non solo a queste linee sconvolte e ondeggianti è affidato il compito di costruire un universo inusuale, ma anche al colore esplosivo che gioca sulle fantasmagoriche scenografie ed ha la capacità di rendere la visione matericamente plausibile.
Le figure dei "Convegni", i giudici dei "Tribunali", gli astri rutilanti e tormentati, i paesaggi tragici sembrano destinati a una mutazione che impropriamente, ma non troppo, si potrebbe definire biologica.
Ci sorprendiamo a pensare che un anno, un giorno, o forse solo un'ora bastino a modifica-
re, a stravolgere, o a rendere totalmente illeggibili i valori espressi e convogliati alla nostra capacità percettiva. Se cercassimo si riassumere la pittura di Ermanno Volpi in poche parole, diremmo forse che è "potente e inquietante", ma poi ci accorgiamo che assolutamente non bastano due parole perdescrivere un universo così completo e composito, un universo a sè stante, che però grida per suscitare rispondenze tra quelli, e devono pur esserci, che sono i suoi simili. Le figure megaliti-
che di uomini che sono rocce, di rocce che sono uomini, o animali, o belve o coleotteri, ma pur sempre viventi, pulsanti e sul punto di muoversi sebbene immobili, proprio perchè mute urlano di disperazione e attesa. Attesa di pace, alla fine, di decantazione e di sublimazione, meritata perchè sofferta. Non c'è che dire. Dall'opera si rivela l'artista e l'uomo. Così noi vediamo un uomo che vive, si emoziona e pensa, affidando ai suoi esiti artistici l'incarico del farne partecipi gli altri. Gli altri
siamo noi, la gente del suo stesso momento storico, coloro che vivono le stesse pressanti istanze. Il messaggio ci perviene, infatti, esplicito.
E ci fa piacere pensare che qualcosa passerà certamente anche ai suoi allievi, poichè Ermanno Volpi è insegnante di educazione artistica alle Medie, è probabilmente con il nuovo anno in una scuola del Gallaratese.
Da una felice impostazione e corretta conoscenza dei valori dell'arte e delle insopprimibili motivazion che ne fanno una costante nello spirito umano, altri impareranno a pensare, e chi pensa è libero. Concludiamo la presentazione di questo artista dlla nostra zona ricordando le mostre personali che hanno seguito quella del 1978 a Milano: 1979 Stradella Sala della Cultura al Palazzo Comunale, ancora 1979 Perugia Palazzo dei Priori, 1980 Milano Scuola Media di Via Gallarate, 1981 Venezia Galleria San Vidal. Per l'anno in corso una mostra è ancora da stabilire, e Milano 19 si ripromette di comunicarne la data e il luogo.
Bruna Fusi
Un'Ideadietrol'obiettivo
È il titolo di una nuova rubrica nata peri lettori e i tanti fotoamatori della nostra zona. Lo scopo è, oltre che divertire con un gioco di interpretazioni, quello di portare ad una osservazione più attenta e critica delle immagini che ci circondano e di stimolo a "vedere" fotograficamente i fatti ispiratori. Pertanto invitiamo i fotoamatori della nostra zona (dai più scalcinati ai più evoluti) a "visualizzare" le proprie idee inviandoci le propre opere con una breve descrizione di quanto volevano esprimere.
Pubblicheremo le foto eseguite di volta in volta seguite nel numero successivo dalla spiegazione dell'autore e/o da un commento di un esperto. Vedremo poi, insieme, se l'autore ha saputo rendere "l'idea" o se è stato interpretato in modo diverso.
li materiale potrà essere restituito a richiesta all'autore dopo la pubblicazione, in caso contrario
entrerà a far parte dell'archivio fotografico del giornale.
La Redazione
Anche per chi ha poca dimestichezza con il mondo della pittura, il nome Attilio Rossi si ricollega immediatamente a Milano, alla Darsena, alla Ripa dei Navigli e a tutto quel mondo della città che ci è tanto cara, con tutti i suoi diffetti ma guai a chi ce la tocca.
Milano, che da sola offre tante possibilità ed è un tale campionario di risorse, da lasciarci accettare con naturalezza (tra tutte le altre cose) un connubio quale Attilio RossiSalvatore Quasimodo per un volume presentato tra gli Oscar Mondadori a metà degli anni Settanta: disegni e poesie, nate però nel 1963, una data che ormai appare tanto lontana. Eppure, prendendo in mano il libro oggi, per cercarvi un raffronto, se qualcosa è cambiato, molto è rimasto, molto è ancora nostro, pari pari come Attifio Rossi ha fermato con la punta della sua matita, come Salvatore Quasimodo ha condensato nelle cadenze poetiche. Sì, Piazza Fontana non aveva ancora subito lo squarcio del 1969 e neanche nelle nostre coscienze la immeritata ferita si è chiusa, però ancora"... contro il vento nero! delle finestre, l'acqua della fontana/ in pioggia leggera" ci ripropone la speranza che la pace sia più forte della violenza e le forze positive della
La foto precedente
La foto pubblicata il mese scorso ci viene così presentata dall'autore signor Luigi Ferrari: "Ero andato una domenica di maggio con mia moglie e il cane verso Lodivecchio per una visita ad un collega in pensione, quando vidi uscire dal cortile di una vecchia cascina tutti in fila sette-otto bambini e un attimo dopo i genitori con un altro bimbo in braccio. Data la rassomiglianza tra di loro non ebbi dubbi che appartenessero alla stessa famiglia. Mi venne così l'idea di realizzare questa foto: il simbolo della vita che si rinnova continuamente e non si ferma". Una foto ricordo sicuramente interessante; esaminiamola attentamente considerandone tre diversi aspetti: le persone fotografate, la costruzione dell'immagine, i possibili significati. Le persone fotografate. I genitori e i dieci figli sono rappresentati in una posa seria e quasi solenne, i ragazzi sono pettinati e in ordine, i grandi sono eleganti e sereni. Ciò sta ad indicare che per loro il momento è importante e che vogliono essere ricordati semplicemente per quello che sono, senza stravaganze che richiamino particolari attenzioni o consensi. La costruzione dell'immagine. Il fotografo ha voluto una
città pesino di più di ogni altra forza. "Milano è una città di circoli sovrapposti, dove le piste viola dell'asfalto mangiano anelli di antichi mattoni" dice il Poeta nella sua introduzione, e parla di Metamorfosi di Milano: "... qui il silenzio della pianura è una rovina che chiama gli schermi di pietra delle case con nomi di metafisica incertezza. Le sezioni barocche o floreali si frantumano sui marciapiedi di vie strette, ricalco inconscio di sentieri preistorici. Attilio Rossi entra in un groviglio che appartiene a un paesaggio interiore, riflesso, della città lombarda. Incontriamo e perdiamo e ritroviamo nelle piazze, sui sagrati delle chiese, sui bordi delle vasche distrutte, una cifra di tempo, un mistero che abbiamo lasciato svanire in questa terra di linee orizzontali...". La sensibilità dei due artisti coglie e ripropone attimi che sarebbero fuggiti senza quel tocco, siano le "stelle sporche, a galla dei canali" siano le unghiate del tempo sullo sgretolarsi dei muri, nel perenne contrasto tra presente e passato. Vent'anni, hanno queste immagini? Eppure molte potrebbero esser state fatte stamattina. Bene, in fondo questo ci fa tanto, tanto piacere.
B. Buttafava
Il commento di Sergio Magni
Del Circolo Fotografico Milanese
composizione dove alcuni elementi assumono valori simbolici: la scala, come idea di qualcosa che si è salito insieme; l'archetto decorativo, che unisce il cancelletto alla ringhiera, come cornice per i protagonisti di questa famigliola (si fa per dire); la scopa e il seggiolone rotto che, uniti alla visione della casa e dello sfondo, ci dicono che lavoro e fatica non sono certo mancati. l possibili significati. Il significato della foto mi sembra venga fuori chiaro e preciso.
L'idea del fotografo è quella di rendere omaggio a questa famiglia e l'idea viene bene espressa non tanto perchè la famiglia è stata fotografata, ma per il fatto che è stata fotografata in un certo modo scelto dal fotografo. I dieci 'fratellini devono quindi essere riconoscenti al fotografo che ha avuto una parte importantissima nel raccontare a tutti che si può ancora essere in una famiglia tanti e felici.
P.S. e se il fotografo al momento dello scatto non avesse badato affatto a tutto quello che io ho descritto? Non importa; è stato comunque il suo modo di scattare la fotografia - non la mia fantasia - a suggerire questa mia logica interpretazione.
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Lo scaffale di milano 19 limano in Inchiostro zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBAdi china
Promosso dal Gruppo Sirio e dalla Cooperativa La Vittoria
Concorso "La pace come slogan"
Nel corso della manifestazione sono state avanzate richieste di interventi anche economici da parte dell'Amministrazione comunale a favore della cultura e delle arti figurative
Si è conclusa il 30 aprile scorso la manifestazione organizzata dal Gruppo Sirio e dalla Cooperativa la Vittoria, con il patrocinio del Consiglio di Zona 19, in Via F. Giorgi 15 a Trenno, con la premiazione del Concorso per poesia e arti figurative sul tema "La pace come slogan". In rappresentanza della municipalità è intervenuto l'Assessore alle Finanze Andreini che, con il presidente della Zona Danilo Pasquini, i Consiglieri delle Cooperative e diversi membri della giuria, ha illustrato le finalità del concorso e le movitvazioni della scelta del tema, che non si approfondirà mai troppo.
Gli artisti premiati o segnalati nelle varie discipline sono stati invitati dal brillante presentatore dott. Pino ad esplicare le loro opere, sòttolineando il significato del messaggio, che già con evidenza risaltava tanto più quanto vi era aderenza al tema.
I nomi dei premiati sono:
Pittura: Lucio Pedotto, Cesare Segabrugo, Arcano, Gianfranco Ronchi, Salvatore Gatto, Romano Erculiani, Alfredo Longobardi, Esther Bruno di Lapiè.
Grafica e acquarello: Maria Zalantai, Stefano Fusi, Sergello Bianchi, Pinuccia Testa.
Fottografia: Carlo Benassi, Fausto Naso, Alberto Fusi, Mauro Zucchi, Bruna Buttafava, Carmelo Floridia, Loris Pinca.
Scultura: Francesco Jannotta, Cesare Sega brugo.
Poesia: Giuliano Casonato, Giovanna Redaelli, Giuseppe Pandini, Anna Mele Ludovico, Gianpiero Banfi, Esther Bruno di Lapiè, Bruna Fusi, Alessandro Squintani, Angelo Temolada, Vincenzo Bendinelli, Marco Rossetti.
I premi sono stati offerti dal Consiglio di Zona 19, dal Comune di Milano, dalla Coop. La Vittoria, dalla Ditta Codiglioni, dalla Lega Nazionale Cooperative, dalla Cadermartori, dai Vini Croce, dal Gruppo Sirio, dalle Cantine San Giorgio, dalla Federazione Cooperative Circoli, dal Consorzio Tempo Libero, dalla Assicurazioni M AECI, dai Vini Oltrepò Pavere, dalla Vinicola Carpani, dall'U.S. Viscontini. La recitazione delle poesie da parte degli attori della Compagnia Marinaccio è stata sostenuta in particolare dalla calda voce di Enj Lodi Trigari, che ha dato risalto a tutte le composizioni meritevoli. Nel corso della serata, a proposito di organizzazioni future, sono state rivolte all'Assessore Andreini delle precise richieste: richieste di interventi anche economici a favore della cultura e delle arti figurative, che si possono riassumere in due direttrici, l'una di promozione per le attività culturali da sostenere adeguatamente in sedi predisposte dalla municipali-
Le liriche premiate
PRIMA CLASSIFICATA
Vorrei comperare un fustino di polvere di pace e detergere le mani di Caino e fare il bucato a macchie antiche del cuore.
Giuliano Casonato
SECONDA CLASSIFICATA
tà (in questa occasione la Zona ha offerto pregevoli targhe premio e ha contribuito alle spese di propaganda, ma l'onere maggiore del concorso "gratuito" è naturalmente ricaduto sui due gruppi ideatori).
L'altra possibilità prospettata dagli artisti del Sino è quella di un intervento diretto del Comune nell'acquisto di un certo numero di opere significative ad ogni manifestazione patrocinata. Si potrà arrivare ad avere le sedi pubbliche (bibliote-
che, centri civici, luoghi d'incontro) arricchite dall'arte dei suoi diretti abitanti, attraverso formule da studiare, quali concorsi selettivi criticamente condotti riservati ai residenti nella Zona, oppure l'istituzione di una raccolta o pinacoteca da completare nel tempo, e che offra una panoramica di quella che è la situazion artistica del momento, riferita proprio solo e di proposito a quella porzione locale che potrà divenire indicativa domani. Perchè solo l'ini-
ziativa privata può arrivare a queste soluzioni, e non quella pubblica? I vantaggi, non solo economici ma anche socioculturali, che ne deriverebbero, sono facilmente riconoscibili, è sufficiente guardare indietro, a chi a avuto la previdenza di occuparsene. Questo è il succo delle richieste inoltrate all'Assessore Andreini nel corso della serata per "La Pace come Slogan", che Milnao 19 intende ricordare con la pubblicazione delle poesie vincenti.
Viaggio nei centri di aggregazione della nostra zona
"GRAL 77": Gruppo Animatori Lombardia
Un gruppo nato per occuparsi dei problemi del tempo libero
Con questa quarta tappa del nostro "viaggio" nei centri di aggregazione della zona usciremo per una volta, dai suoi confini. Il gruppo di cui intendiamo occuparci - il GRAL 77 -(Gruppo Animatori Lombardia) - non ha infatti sede in zona, e nemmeno ha una unica area privilegiata di attività.
Piuttosto il gruppo mette le proprie forze, capacità tecniche, strutture organizzative a disposizione di associazioni e centri interessati ai problemi del "tempo libero" e dell'organizzazione di feste e spettacoli. Così nel suo itinerario di lavoro, ha anche toccato la zona /9: una prima volta presso l'istituto Don Gnocchi, più recentemente è stato invece il turno della scuola materna di via Appennini.
GRAL nasce nel 1977 per iniziativa di un gruppo di giovani insegnanti ed animatori provenienti dall'esperienza del CMSR (Centro milanese per lo sport e la ricreazione) e da quella, ad esso connessa, dei "campi Robinson".
Intento del gruppo è quello di occuparsi dei problemi del "tempo libero" di una sua organizzazione creativa, cioé non solo da un punto di vista di puro "intrattenimento" ma con finalità educative, pedagogiche, socializzanti.
L'attività del gruppo si svolge a diversi livelli, con differenti modalità d'intervento a seconda del settore.
Elenchiamo brevemente le principali: - spettacoli teatrali d'ombre e burattini (rivolti principalmente agli alunni delle scuole elementari e materne) - organizzazione di feste di paese e di quartiere, feste per C RA L aziendali, manifestazioni e feste di gruppo - allestimento di strutture ludiche per l'infanzia - corsi per animatori del tempo libero.
L'attività nelle scuole è costituita essenzialmente da spettacoli teatrali fondati sulla nota tecnica del teatro d'ombre.
Questo tipo di tecnica ha le sue origini storiche in Indonesia: nel teatro tradizionale di quel paese è finalizzata all'espressione di contenuti epici e religiosi.
Nei lavori proposti dal CRAL, questa tecnica serve all'espressione degli intrecci delle fiabe della tradizione letteraria per l'infanzia. I personaggi delle fiabe diventano sagome in legno in movimento, manovrate dagli animatori.
Le attività del G RA L77 non
si limitano però all'intervento nelle scuole: una parte importante del lavoro del gruppo è costituita dalla collaborazione con i Comuni di Milano e provincia, con la Regione Lombardia, con le zone, con aziende private. In questi ambiti il G RA L organizzafeste o singoli momenti di intrattenimento all'interno di esse.
Un altro momento dell'attività è rappresentato dall'organizzazione di corsi per animatori del tempo libero, insegnanti delle attività integrative per la scuola dell'obbligo, operatori di colonie estive e villaggi turistici. In questo modo viene ripresa e proseguita l'esperienza da cui è nato il gruppo, quella del CMSR.
E di quell'esperienza il gruppo vuole restituire anche il senso: fine delle attività è quello di legare il momento del divertimento con quello educativo.
L'elemento comune delle trattative proposte dal GRAL 77 è infatti il loro rapporto con i problemi dell'educazione, intesa come socializzazione dell'individuo, come sviluppo di potenzialità creative e culturali.
E non è evidentemente un caso che la maggior parte dei membri del gruppo, come ci ha detto il responsabile Massimo Madella, siano insegnanti che credono nelle possibilità di una pedagogia di tipo creativo, che sia vissuta come un'arte, che abbia come primo e necessario requisito quello di essere legata alla vita.
Chi fosse interessato a questo tipo di attività può rivolgersi a: GRAL 77 c/o Massimo Madella - via Pizzigoni 1620156 MILANO - Tel. 3084675.
La mia anima corre sui binari infiniti del tempo come nota sola e lunga nel mistero. Ti raggiungerò Silenzio sull'onda del suono in un'armonia di pace lasciando nell'aria ponti di accordi e cadenze misurate dal dolore. In un mondo che mi brucia d'angoscia vivo con uomini di cemento con cervelli contorti come lamiere con violenza e morte. Non ho certezza che la parola "pace" sia fresca come il filo d'erba. Mi sfugge la dimensione del vivere nel vuoto scavato da una società senz'anima. Me ne vado a piangere fra nuvole di pena sotto lampade pensose. Disperdo nella notte su corde della speranza una musica di pace.
La mia anima corre sui binari infiniti del tempo come nota sola e lunga nel mistero.
Giovanna Redaelli
TERZA CLASSIFICATA
Ansia di pace
Al di là del portone ruggine un birillo d'acciaio su un petalo Chiavi di ferro per chiuderlo di ghiaccio per aprirlo Migliaia di occhi in silenzio In attesa Di sorrisi.
Giuseppe Pandini
QUARTA CLASSIFICATA
La strada è scossa da brividi il passo è di ghiaccio inchiodato... e la Morte firma ancora sentenze.
I brigatisti non bisbigliano spianano i mitra e uccidono.
Brucia il sole la terra è arida le foglie seccano i prati diventano stoppie.
Così! Diventa la vita senza la pace.
Anna Mele Ludovico
QUINTA CLASSIFICATA
Uomo che corri verso la pace, che vivi per la pace, che ogni giorno la cerchi per te e l'Umanità, diventa costruttore di pace.
Cercandola prima nel tuo cuore, che pace da troppo tempo ormai non ha.
Gianpiero Banfi
cerca autori da valorizzare e pubblicizzare inviare poesie, canzoni o brani in Via Negroli 5-Milano-Tel. 7385842 O.C.E. s.r.l.
CULTURALE
er. giugno 1982 pagina 15 - milano 19
OPERA
EDITORIALE
M.M.
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milano 19 - pagina 16
dalla prima pagina
La casa
vengano impegnate nell'edilizia popolare tutte le trattenute GESCAL dei lavoratori, perchè i Comuni possano mettere a dispozione dei cittadini aree a prezzi non speculativi per costruirvi l'alloggio di cui hanno bisogno, perchè sia organizzato il "risparmio casa" in modo da convogliare verso l'edilizia residenziale popolare tutte le risorse disponibili a questo scopo, perchè vengano riformati gli Istituti case popolari, perchè venga finalmente messo ordine nel catasto e nell'aggrovigliato campo della tassazione sulla casa.
Finora tali proposte non hanno trovato la via per giungere alla discussione in Parlamento. La petizione popolare lanciata dai PCI si propone ora di porre fine a tale paralisi legislativa ed alla finora negativa gestione governativa del settore grazie alla pressione democratica di migliaia e migliaia di firme.
Clan Piero Pagetti
Un'isola
to il traffico veicolare rotatorio, mentre i giardini esistenti al centro dei due viali e della piazza dovrebbero essere collegati tra di loro in modo da formare un'unica isola di verde a disposizione degli abitanti del quartiere.
Non sappiamo, almeno per ora, se, come e quando tale progetto verrà realizzato, ma riteniamo che qualche cosa per migliorare i giardini esistenti possa essere fatto subito e senza un'eccessiva spesa.
Cominciamo da viale Mar Jonio. I giardini sullo spartitraffico sono indubbiamente i
più ombreggiati del quartiere. grazie alla presenza di alberi di alto fusto. Andrebbe però in alcuni punti reintegrato, e nel complesso salvaguardato. il manto erboso, troppo spesso schiacciato dalle ruote di auto che vi sono posteggiate. Una cordonatura lungo il marciapiede che impedisse alle auto di salirvi potrebbe essere un mezzo efficace per salvaguardare il verde.
Altra questione è quella delle panchine. In tutto il viale Mar Jonio ve ne sono soltanto quattro, di legno e piuttosto malandate, nel tratto verso piazzale Segesta. Un numero evidentemente troppo limitato per un
Il mercatinodi toopot9
quartiere abitato ormai prevalentemente da anziani, che quando escono per una passeggiata hanno la necessità di trovare un posto dove sedersi e riposare, sia per poter, nella buona stagione, prolungare la loro permanenza all'aperto, sia per scambiare quattro chiacchiere con altri.
Il giardino di piazzale Selinunte presenta una situazione indubbiamente migliore per quanto si riferisce alle panchine: ce ne sono ancora dieci, tutte di cemento, anche se, stando ai segni che si notano a terra, ne sono state divelte altre sette od
otto chq c'erano. Questo giardino, posto al centro della piazza, è però difficilmente accessibile, specie per anziani e bambini, a causa del traffico automobilistico che gli gira tutto intorno senza alcun semaforo che lo arresti. Inoltre manca di illuminazione pubblica e di notte rimane completamente al buio divenendo ottimo nascondiglio per gli spacciatori di droga, almeno stando a quanto riferiscono gli abitanti del quartiere, che ancora non hanno dimenticato il tragico episodio della .notte del 29 agosto 1980, quando un'anziana donna, Margherita Fraccapani di 82 anni, venne assassinata in casa sua in piazza Selinunte 3, da un individuo che non ci risulta sia mai stato identificato e che si disse fosse un "disperato" alla ricerca di soldi per procurarsi la droga. Per quanto si riferisce al viale Aretusa se si escludono i due brevi filari di alberi a lato del mercato comunale ed altre poche piante all'altezza dell'incrocio con via Ricciarelli e via Civitali è il deserto. L'ampio spartitraffico, assolato nel mesi estivi, è soltanto in parte coperto da erba a vegetazione spontanea e praticamente viene utilizzato soltanto come parcheggio per le auto.
Le Inserzioni vengono pubblicate gratuitamente
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Nei giorni scorsi è stato perso in zona Correggio- Lotto un cucciolo di lupo femmina. Ha circa otto mesi e il manto di colore scuro, risponde al nome di Sila, chiunque ne avesse notizie tali da facilitarne il ritrovamento è pregato di mettersi in contatto con i proprietari al n° 490191 e presso la latteria di via Correggio, lauta ricompensa.
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P evidente che qui gli interventi necessari sono maggiori, comunque la loro attuazione potrebbe recuperare anche questa vasta area agli abitanti del quartieri, che anche di questo hanno discusso nel corso di una pubblica assemblea tenutasi il 14 maggio scorso presso la sezione Fornasari del PC1 per dibattere, oltre che la questione della creazione dell'isola pedonale, tutto il complesso problema della ristrutturazione di San Siro, chiedendo allo IACP un preciso ed organico programma di recupero del quartiere.
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CAEIA: Quaranta artigiani in cooperativa
Una cooperativa per tutti i lavori di manutenzione e ristrutturazione edile
La mattina del 23 maggio la CAIEA festeggia i primi cinque anni di attività. La CAIEA è una cooperativa di artigiani nata a Niguarda, un vecchio quartiere milanese costruito in gran parte dalle cooperative di abitazione della Lega.
Muratori, marmisti, piastrellisti, stuccatori, asfaltatori, cementisti, giardinieri, ascensoristi, fabbri, serramentisti, idraulici, elettricisti, lattonieri, antennisti, falegnami, vetrai, verniciatori, tappezzieri, tapparellisti, palchettisti...
Chi ha affrontato il problema di piccole e grandi manutenzioni e trasformazioni di appartamenti, uffici, stabili sa come è difficile trovare artigiani competenti, concordare diversi interventi, trattare tempi di consegna e preventivi. Una soluzione è appunto quella di trovare tutte queste competenze artigianali organizzate insieme da una cooperativa.'
La CAIEA ha quaranta soci artigiani e utilizza il lavoro di un altro centinaio di lavoratori, tutti specialisti dell'edilizia.
Per qualsiasi problema, piccolo o grande, di riparazione, manutenzione, ristrutturazione, trasformazione d'uso, basta una telefonata. Un solo preventivo, una sola contrattazione di tempi e prezzi. in modo da evitare tempi morti, ridurre i disagi, rendere più razionale, quindi più economico il lavoro.
CAIEA via Val di Ledro 23. Milano tel. 6433231
milano19
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Direttore Responsabile: Libero Traversa
Redazione: Maria Rosa Beltramini, Antenore Corradi, Adalberto Grippa, Bruna Fusi, Franco Gnutti, Vima Marzano, Massimo Mezzanzanica, Danilo Notarangelo, Gianmarco Pagetti, Mauro Paoluzzi, Giuliano Porta, Roberto Vitale, Luciano Zagato.
Amministrazione: Maria Magatti Poggi
Pubblicità: Sergio Schininà
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giugno 1982
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itst,mbrosiana u t o s.r.l. CONCESSIONARIA vieni alla SEDE: Via Varesina, 47 - Milano - teL 327.11.48 autom FILIALE: Via Gallarate, 281 - Milano - tel. 309.23.67 - 308.50.89