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Quartiere Ponte Nuovo
UN ALTRO PASSO AVANTI VERSO LA COSTRUZIONE DELLA SCUOLA
La pressione popolare dei genitori organizzati dal Gruppo Scuola-Quartiere (SO), dal Comitato di quartiere Ponte Nuovo e dal Comitato di Agitazione Crescenzago ha ottenuto un' altra vittoria sulla strada della costruzione del complesso scolastico nel quartiere, sull'area di via Cesalpino. Come si ricorderà, il gruppo SQ aveva proposto a tutti i genitori interessati un impegno particolare che facesse chiudere l'anno scolastico 7273 (apertosi con la delibera di variante del Piano Regolatore per l'area di via Cesalpino a seguito del blocco delle lezioni attuato dai genitori in via Brambilla e in via Caroli e della forte loro partecipazione all'assemblea del 13 ottobre) con un'altra grossa vittoria. Gli obiettivi possibili erano due: l'approvazione del progetto che avrebbe consentito l'occupazione d'urgenza dell'area (la procedura d'esproprio sarebbe andata avanti più lentamente per conto suo e non avrebbe intralciato l'indizione della gara d'appalto e l'inizio dei lavori); oppure l'approvazione dell'occupazione d'urgenza (sulla base non del progetto completo, ma dei dati essenziali dell'opera riguardanti soprattutto la spesa e la sua ripartizione tra i vari capitoli del bilancio) e della procedura di esproprio in attesa che il progetto possa essere finalmente presentato per l'approvazione in Giunta e in Consiglio Comunale. La Giunta di Milano ha scelto questa seconda strada perché purtroppo dopo un anno che il progetto è in fase di ultimazione (come ci hanno sempre ripetuto i nostri amministratori) non è stato finora ultimato.
Chissà che senso hanno le parole degli assessori! Certamente non hanno nessun valore reale, ma devono solo servire da strumento per prendere tempo e per non venire continuamente incalzati da chi reclama delle soluzioni immediate a problemi gravi quali la scuola.
E' stato comunque un successo del gruppo Scuola-Quartiere, dei genitori che lo hanno animato e dei comitati di quartiere Ponte Nuovo e Crescenzago, che hanno sorretto la loro mobilitazione. Tutto ciò appare più evidente se si considera il tipo di atteggiamento particolarmente ostile e infido dell'assessore Bonatti (PSDI). In febbraio Bonatti tenta di scoraggiare i genitori: i tempi sono lunghi, di esproprio e di occupazione dell'area neanche parlarne; la soluzione del problema è così arretrata che si farebbe più in fretta a riprendere in considerazione l'area Dindelli Siemens Cerizza (quasi che fosse stata nostra scelta orientarci sull'area 5 di via Cesalpino). In marzo ripete che il progetto è alla stima e che è quasi pronto, ma cerca di evitare in tutti i modi la richiesta di ricorrere all'esproprio per pubblica utilità mediante la legge 865. E' noto infatti che secondo tale legge per occupare l'area per opere di pubblica utilità (come la scuola per esempio) e quindi di espropriarla non è necessario il progetto ma una semplice relazione. In aprile ripete la stessa cosa, nonostante che i genitori gli mostrino la circolare della Regione Lombarda del 5-2-73 con le disposizioni a riguardo, che avevano anche esposto nella mostra sul quartiere, e promette l'approvazione del progetto entro la prima decade di maggio.
Bugie!!! Si decide allora di riprendere i mezzi forti, e si occupa la scuola, una prima volta il 19-5 e una seconda volta il 26-5 (per il rifiuto a ricevere la nostra delegazione il venerdì 25-5). Come è noto dal numero scorso di Milano dieci, a questo punto Bonatti ci riceve assicurandoci che la delibera sarà approvata entro giugno. Ma l'indomani fa pubblicare sul Giorno » un comunicato contro i genitori che hanno occupato la scuola (29-5 pag. 23, « il Giorno »). Lo riportiamo. Le occupazioni di scuole da parte dei genitori (ultime quelle avvenute in via Colletta e via Brambilla) rappresentano il frutto ,< di una vera e propn'a strategia della tensione nel settore dell'edilizia scolastica, strategia che viene portata avanti con intendimenti diretti a far saltare il piano dell'edilizia scolastica che a suo tempo l'amministrazione comunale ha approvato ». Questo il duro giudizio dell'assessore ai Lavori Pubblici, Gabriele
Bonatti, in merito all'occupazione delle scuole di via Colletta e di via Brambilla. L'assessore non nega che situazioni particolari possano mutare il piano di interventi scaglionato nel tempo, ma ritiene che non sia questo il caso delle due scuole in questione. Bonatti ha poi aggiunto sul merito alcune precisazioni. Eccole: Scuola di via Brambilla - Queste le precisazioni di Bonatti. L'area è di proprietà di terzi; non è possibile giungere all'occupazione << temporanea di urgenza delle aree interessate » non essendoci << il decreto di vincolo del Provveditorato alle Opere pubbliche » e mancando il progetto esecutivo. Per ottenere il decreto di espropriazione occorrono « gli elaborati catastali >>.
Secondo l'assessore è difficile formulare previsioni sui tempi, in quanto le procedure investono organi estranei all'amministrazione comunale. Per ridurre questi tempi (non meno di 5-6 mesi) Bonatti ha interessato l'assessore regionale ai Lavori Pubblici. La ripartizione ai Lavori Pubblici, una volta entrata in possesso dell'area, « è già nelle condizioni di indire l'appalto ».
A noi è sembrato inqualificabile sia il gesto di Bonatti, che all'indomani della delegazione da lui ricevuta a Palazzo Marino fa pubblicare un tale comunicato, sia del « Giorno » che accetta e pubblica un tale comunicato senza verificarlo coi fatti e senza farne una valutazione politica (si accet-
tane per vere le parole dell'assessore che la scuola è stata occupata da estremisti e non da genitori, senza andare a fondo a vedere né come è stata condotta questa occupazione, né gli obiettivi che si proponeva né perchè ci si era decisi a questo). Il « Giorno » così facendo si schiera quindi dalla parte di chi dà un'informazione unilaterale degli avvenimenti senza andare a fondo delle cose inquadrandole in tutto il contesto. Purtroppo i quotidiani d'informazione borghesi sono probabilmente mezzi di disinformazione.
Perciò abbiamo subito scritto a: direttore del « Giorno », con copia a Bonatti, per una smentita. Naturalmente « Il Giorno » è ben lontano dall'essere il quotidiano corretto e serio di due anni fa e non ci pubblica la smentita. Ma la vera smentita viene da Bonatti stesso che dopo aver ricevuto la nostra lettera fa approvare la delibera di occupazione di urgenza, contraddicendo quanto lui stesso aveva fatto scrivere sul « Giorno » che cioè mancavano: il decreto di vincolo del Provveditorato alle Opere pubbliche, il progetto esecutivo, e gli elaborati catastali preventivando tempi di 5-6 mesi. In realtà questa delibera poteva essere fatta anche a marzo; d'altra parte Bonatti l'avrebbe fatta volentieri anche l'anno prossimo, stando a tutto il suo atteggiamento; invece yggdiizzaziona dei genitori e cittadini détAuartiere gli ha imposto tempi più brevi.
La delibera è stata in seguito approvata dalla Sezione Controllo della Regione ed è tornata ora alla Ripartizione Lavori Pubblici del Comune che deve condurre in porto la procedura di esproprio e nel contempo occupare d'urgenza l'area. Ci auguriamo che quando il lettore leggerà queste note possa vedere qualcosa di concreto sul terreno di via Cesalpino. Intanto il Gruppo Scuola Quartiere mantiene sempre i suoi contatti con. la Ripartizione Lavori Pubblici del Comune e della Regione, purchè tutto proceda senza intoppi e nel contempo giunga anche il progetto.
I genitori e i cittadini del quartiere sono invitati a rimanere sempre in contatto con il GSQ attraverso i rispettivi comitati di quartiere (CdQ PN via Caroli, 8 tel. 2590839 - Comitato di Agitazione di Crescenzago 29.06.38) perchè, qualora sorgessero altre difficoltà da parte del Comune per far procedere le cose, si possa organizzare una forte mobilitazione.
A Gorla, Turro, Cimiano A SCUOLA IL SOLITO CAOS
I risultati di giugno nelle scuole medie e superiori
Siccome il quadro riassuntivo non offre un'idea precisa dei risultati di fine d'anno relativi alle scuole della nostra zona, aggiungiamo i seguenti altri rilievi analitici che meglio permettono considerazioni significative.
Dai quadri della scuola di Via Demostene ricaviamo che: in quattro classi ci son tutti promossi; in diverse altre i rimandati sono in numero di 12, 13-15; in due classi c'è il numero massimo di 5 respinti; parecchi alunni sono stati rimandati solo in Storia; le materie in cui ci sono più rimandati sono: Italiano, Storia, Matematica; ci sono ben 8 classi con 28-30 allievi.
Servitevi del c.c.p. 3. 16785
Dai quadri della scuola di Via Narni rileviamo che:
in tre classi tutti promossi; in 14 classi il numero dei rimandati va dal 6 all'8, mentre in altre quattro da 10 a 12; in 11 classi su 25 il numero degli alunni va da un minimo di 30 a un massimo di 33; mentre in altre cinque sono in 28-29.
I risultati della scuola di Via Pimentel presentano una maggiore uniformità:
8-10 rimandati per classe.
Questi elementi analitici fanno emergere gravi_ contraddizioni.
In primo luogo, la presenza di classi con 15 rimandati e di altre con tutti promossi, ci dice della crisi dei criteri valutativi, che è sintomo della più generale mancanza di punti fermi sia a livello contenutistico (cosa insegnare?
Ragazze madri in lotta
alla "Casa" di vita Pusiano
meglio: di cosa promuovere l'apprendimento?) sia a livello etico-politico (quando rimandare? perché rimandare?). Tale disorientamento, che in parte deriva da carenze legislative e in parte dalla mentalità cristallizzata della maggior parte del corpo insegnante, si riflette naturalmente nelle famiglie, le quali non riescono a capire come mai la promozione o bocciatura non sia tanto legata a certi risultati, quanto al fatto di capitare con dei professori anziché con altri. E tutto questo incide negativamente anche sugli allievi ed è la dimostrazione più chiara del doppio volto della scuola media. Questa intatti, come scuola dell'obbligo, dovrebbe avere un carattere non selettivo, ma orientativo; cioè in essa la bocciatura dovrebbe essere rarissima e intesa come atto pedagogico della cui utilità dovrebbero essere certi in primo luogo i genitori e gli allievi. Perché dovrebbe essere rarissima? Perché il lavoro di classe dovrebbe tendere a sollecitare l'emergere dei lati creativi della personalità del ragazzo e a promuovere capacità critiche attraverso acquisizioni utili ed importanti. Ora: sono importanti e utili i contenuti che gli alunni apprendono? Soprattutto: riescono essi a rilevarne l'utilità e la importanza? Chiediamoglielo e ci sentiremo dire dalla stragrande maggioranza che a scuola ci vanno perché ci ‹< devono » andare.
Ancora: si può fare un lavoro proficuo in classi con 33 alunni? (È da dire che le disposizioni ministeriali parlano di un massimo di 25 alunni per classe).
Può fare un lavoro nuovo, tendente cioè a soddisfare le esigenze di una scuola di massa e perciò diversa da quella antecedente al 1963, un insegnante che per 10-20-30 anni ha insegnato in un certo modo e a certi strati sociali e per il quale non sono stati promossi corsi di aggiornamento nella maniera dovuta?
(E così arriviamo all'assurdo di ragazzi rimandati solo perché non ne vogliono sapere dei Fenici o di Bonifacio VIII, dimostrando con ciò di far ruotare il rapporto educativo — allievi/insegnante — intorno ad elementi, quali singole materie che invece dovrebbero essere strumentali). Infine, non è cosa nuova che la maggior parte dei rimandati appartengono a famiglie povere e ''non-inserite».
È raro come una mosca bianca, che il figlio di un professionista venga ri-
mandato o addirittura bocciato. Dal che si possono dedurre solo due cose: che i figli dei poveri sono in genere cretini; che i figli dei poveri rendono poco perché il loro ambiente familiare e sociale è privo di stimoli per l'intelligenza del ragazzo, oppure offre un certo tipo di cultura (per esempio chi viene dalla campagna) di tipo diverso da quello ufficiale impartito nella scuola.
Ora, siccome la prima ipotesi non regge, non rimane che la seconda. Dalla quale dovrebbero partire tutti gli insegnanti se veramente vogliono promuovere nell'alunno « la formazione dell'uomo e del cittadino » e contribuire coi fatti alla realizzazione di una società' più giusta, più equa. Ma oggi arriviamo all'assurdo di classi con un numero di rimandati addirittura superiore al 50°/o nella scuola media dell'obbligo. E con rimandati quasi tutti figli di proletari e generalmente di immigrati. Di questo ci siamo accertati personalmente attraverso una sommaria inchiesta tra i rimandati e bocciati della scuola di Via Demostene.
Traiamo le debite conclusioni, ma soprattutto organizziamoci per il prossimo anno scolastico per entrare nella scuola come lavoratori e come cittadini e per favorire attraverso iniziative di lotta, il superamento dei contenuti inutili e di classe e l'eliminazione di ogni tipo di selezione.
Un distacco solo parzialmente diverso meritano i risultati del 7° ITIS e del Molinari: che sono già di per se stessi eloquenti con quelle altissime percentuali di rimandati e respinti. Si offrono infatti come la dimostrazione più evidente del disegno di far pagare agli alunni la crisi della Media superiore, il cui stato di cose si configura come la prova più esplicita dell'incapacità e mancanza di volontà politica della nostra classe dirigente. E questo disegno è tanto più da combattere per gli Istituti Tecnici dove la stragrande maggioranza sono figli di operai.
Antonio Valentino
1973
I
Lire 100 Anno 5° e PERIODICO MENSILE eN. 8 - 9 agosto - settembre e
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A S. Erlembardo si vuole stroncare la sperimentazione didattica: da fastidio a chi è tuttora nostalgico dei metodi autoritari
I risultati delle scuole medie
La cronaca della sperimelltazione
risultati degli istituti tecnici
Cosa ne pensano gli stessi insegnanti
Siamo un gruppo di insegnanti che nell'anno 1972-73 ha condotto nella scuola elementare « F. Crispi » di Via S. Erlembardo (Gorla) una sperimentazione didattica di tempo pieno riguardante 8 classi: 4 prime e 4 seconde.
Gli obiettivi cui abbiamo teso attraverso la sperimentazione sono:
Permettere che ciascun bambino possa esprimere se stesso, le sue esigenze, i suoi problemi, non solo attraverso la scrittura (che nella scuola tradizionale è lo strumento privilegiato), ma anche attraverso tutta una serie di strumenti che abbiamo messo loro a disposizione (disegno, pittura, modellaggio, drammatizzazione, tipografia, limografo ecc.), valorizzando la loro creatività e favorendo la socializzazione (nascita e sviluppo di rapporti di solidarietà tra i bambini).
Per poter realizzare tutto questo è necessario adottare un diverso atteggiamento verso i bambini, un atteggiamento che sia il meno autoritario possibile, molto più rispettoso della loro personalità, più aderente agli interessi di ciascuno, ai suoi ritmi di apprendimento e di lavoro. In questo tipo di scuola, che dura 8 ore per permettere di colmare gli svantaggi
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culturali di quei bambini che, avendo entrambi i genitori che lavorano, non potrebbero essere seguiti, si è abolita quel tipo di « lezione » finalizzata all'interrogazione e al voto, [che è uno dei cardini su cui riposa la selezione della scuola] intesa come il momento in cui il maestro in cattedra spiega e tutti i bambini (o quasi) lo ascoltano passivamente. Questo naturalmente non significa che il maestro, se richiesto, non debba intervenire, solo che il suo intervento si innesta su un interesse emerso dai bambini stessi e non loro imposto, inoltre interviene tenendo conto delle diverse tappe di maturazione di ciascun bambino, dando il suo suggerimento quando crede che per quel certo bambino sia giunto il momento adatto. Non ha nessuna validità il dare a tutti nello stesso momento le stesse cognizioni perché alcuni saranno pronti a riceverle, altri no.
Si è abolito il voto che serve solo in una scuola selettiva per far nascere un'odiosa competitività tra i compagni di scuola dal momento che siamo convinti che ciascun bambino dà quanto può.
Si è abolito il libro di testo perché non crediamo nella sua validità politico-pedagogica: infatti l'adozione e l'uso del libro di testo, oltre che fornire miliardi alle case editrici (i cui capitali sono in mano ai vari MontiCefis-Agnelli) e a togliere soldi inutilmente al già pesante bilancio familiare, serve a fornire immagini distorte e interpretazioni ideologiche lontane dalla realtà che il bambino vive quotidianamente. Il nostro libro di lettura è la società o meglio quella porzione di società che è conosciuta dal bambino (la famiglia, il quartiere); al posto del libro di testo i bambini producono schede e giornalini molto più interessanti (del libro di testo) non solo perché l'hanno fatto loro, ma anche perché parla con il loro linguaggio delle cose che vedono, fanno e imparano. Noi preferiamo partire dalla discussione di argomenti proposti dai bambini stessi dai quali emerge la realtà in cui vivono. È sulla base della discussione che si
La sperimentazione didattica a « tempo pieno » nacque col decreto legge n. 820 del febbraio 1971. Essa fu la risposta ministeriale al vasto movimento d'opinione che aveva unito insegnanti e genitori democratici nelle richieste per una scuola migliore ed efficiente che duri 8 ore, per permettere una assistenza continua ai figli dei lavoratori, non selezioni e che instauri un nuovo rapporto fra insegnante ed alunno, fatto di comprensione, di aiuto ma soprattutto di stimolo allo sviluppo di una capacità critica che la scuola normale non è in grado di dare al bambino. Essa è un continuo susseguirsi di nozioni, di frasi fatte, di luoghi comuni che hanno il preciso compito di produrre individui succubi di tutto ciò che giunge « dall'alto ». La sperimentazione doveva venire attuata solo in alcune scuole dato che, come dice il nome stesso, era nata sotto il titolo di « Esperimento ». Nella scuola di Via Sant'Erlembardo alcuni maestri vollero elaborare un progetto per cercare di rendere operante la legge sul « tempo pieno ». Questo progetto venne presentato alla Direttrice Didattica Presezzi che, dopo aver apposto il suo parere favorevole, lo inoltrò presso le superiori autorità dalle quali venne, come sapete, approvato. Nella maggior parte delle altre scuole preposte all'incarico, invece, fu la Direttrice (o il Direttore) a far « subire », in un certo senso, la sperimentazione agli insegnanti con il risultato di vedere naufraare il tempo pieno al e primo scoglio.t Als Ne è un es pio Sesto S.G. dove, dopo il trasferimento del Direttore, dovuto a motivi burocratici, i maestri si rifiutano di continuare l'esperimen-
programma poi il lavoro: si può fare una ricerca (che magari implica delle uscite nel quartiere), si può scrivere un testo o fare una pittura; attraverso una discussione si può fare anche dell'aritmetica. Anche l'ordine e la disciplina perdono allora il loro carattere di spauracchio peri bambini che se le vedono imposte dal maestro senza comprenderle, per diventare fini da raggiungere a mano a mano che l'intera comunità scolastica impara a controllarsi e a gestire autonomamente le proprie situazioni. Solo con questo lungo e difficile tirocinio che impegna i bambini durante la loro vita scolastica, sorretto e guidato dalla concorde opera educativa di genitori e insegnanti, si potranno formare cittadini democratici e critici, in grado di scorgere problemi dove altri non li vedono, analizzarne le contraddizioni, agire per superarle. Se questi obbiettivi verranno lasciati cadere la scuola non potrà che continuare a riprodurre servi che non sapranno neppure di essere tali.
Tutto questo lungo preambolo per mostrare come il discorso che si è tentato di portare avanti in S. Erlembardo, se non è sostenuto in prima persona dai genitori e dai cittadini democratici, ma solo dagli insegnanti, rischi non solo di non poter diventare operativo, ma anche di essere bloccato dalle autorità che, ovviamente, non vedono di buon occhio il tentativo di mettere in discussione i fondamenti politici e pedagogici su cui si fonda una scuola fatta solo per discriminare i tigli dei lavoratori.
Su questa linea infatti si colloca l'intervento dell'Ispettrice scolastica, avvenuto il 12-13 giugno (ultimi due giorni di scuola!) che, basandosi su pretestuosi argomenti didattici e sulla necessità di insegnare il galateo e l'educazione civica, è rimasta fortemente insoddisfatta dei risultati di questa sperimentazione.
Tale giudizio potrebbe compromettere la prosecuzione di questa sperimentazione.
La risposta dei genitori con i quali, anche se tardi, si era avviata una proficua collaborazione è stata netta e assai dura:
to considerandolo una terribile seccatura, nonostante il parere nettamente favorevole espresso dai genitori.
A Gorla esisteva, quindi, una situazione, da questo punto di vista, molto più favorevole ma i 14 insegnanti ed i loro bambini (200) si accorsero subito che dietro la fumosa legge numero 820 c'era ben poco. Ai maestri mancavano, non certo per colpa loro, quei bagagli pedagogici necessari per incominciare questo tipo di scuola; c'erano grossi ostacoli anche dal punto di vista tecnico: mancavano i fondi indispensabili per una didattica che ha bisogno di un grande numero di materiali: carta, colori, pennelli, macchine fotografiche, macchine per stampare, ecc. ecc.
Il dover affrontare questi problemi, resi ancora più acuti dalla scarsa esperienza in questo campo, ha, per forza di cose, allentato il legame insegnanti/genitori, INDISPENSABILE in una scuola di questo tipo. Il continuo raffronto avrebbe permesso il raggiungimento di una proficua collaborazione che, allargata a tutti i cittadini del quartiere, avrebbe dato la possibilità di un serio dibattito sui problemi della scuola italiana e quindi, di riflesso, della società da cui essa esce.
La mancanza di tutto ciò ha provocato, nella Scuola di Via Sant'Erlembardo, molti problemi, molte incomprensioni, destinati però a scomparire nel momento in cui questo confronto diventerà operante.
Nonostante tutto il « tempo pieno » è andato avanti!
I maestri sono riusciti a fare un certo lavoro, schierandosi nettamente per una scuola a favore dei ceti popolari, dichiarando un netto rifiuto alla selezione, impegnandosi però ancor di
MOZIONE FINALE DELL'ASSEMBLEA DEI GENITORI DEL TEMPO PIENO DEL GIORNO 18-6-73
L'assemblea dei genitori riunita il 186-73 per valutare il lavoro svolto nell'anno scolastico 1972-73 dalle classi sperimentali di tempo pieno, rilevata l'evoluzione ampiamente positiva della sperimentazione e dei suoi contenuti,
CHIEDE la continuazione e il potenziamento della sperimentazione stessa, RITIENE inoltre che l'inserimento dei bambini handicappati e la loro permanenza debba continuare a tempo pieno con l'adeguamento delle strutture indispensabili ai bisogni di questi bambini.
ESIGE
la riconferma di tutto il personale insegnante e non, che ha condotto la sperimentazione al fine di conservare la continuità didattica, per consentire l'applicazione del piano di lavoro elaborato con tutte le componenti presenti nella scuola.
L'assemblea dei genitori
CONDANNA le modalità e il metodo dell'intervento delle autorità scolastiche (ispettrice Angela Schiappacasse - IV Circoscrizione) avvenuto negli ultimi due giorni dell'anno scolastico in forma chiaramente repressiva nei confronti degli insegnanti impegnati nella sperimentazione. L'assemblea conclude RIBADENDO il proprio completo accordo con gli insegnanti e con il metodo raggiunto frutto di una concreta collaborazione.
La mozione da sola, tuttavia, se da una parte mostra l'indignazione dei genitori dall'altra non apre alcuno sbocco operativo. Occorre dunque
più per far superare a TUTTI i bambini le innegabili difficoltà dei primi anni di scuola.
Tutto questo è stato capito dai genitori di cui il 90°/o ha dichiarato ufficialmente che iscriverà nuovamente i figli al « tempo pieno ».
Comunque, a due giorni dalla fine dell'anno scolastico, una ispettrice, dopo una visita di poche ore, si è sentita in grado di dare un giudizio negativo sul « tempo pieno » attuato in Via Sant'Erlembardo.
Pare che qualche bambino abbia sbattuto troppo forte la porta di un'aula, pare che altri non siano stati pronti a scattare sull'attenti al suo ingresso; da questo all'arrivare a dire che i bambini erano degli incivili maleducati per qualcuno il passo è stato breve. Tutto quello che è successo non è avvenuto per caso: un tipo di insegnamento come quello a tempo pieno dà innegabilmente fastidio a qualcuno: a qualcuno che non vuole che a scuola si discuta, si ragioni, ci si guardi intorno. Perciò, nonostante una presa di posizione da parte dei genitori, alcuni maestri rischiano di essere trasferiti e quindi, il « tempo pieno », di riflesso, è in pericolo. Notizie sconvolgenti sono venute anche dal Vice-Provveditore agli Studi dí Milano durante un incontro con una delegazione di genitori e cittadini. Egli ha asserito che la sperimentazione a « tempo pieno » viene decisa anno per anno dopo attento esame degli stanziamenti emanati dal Ministero. Il che vuol dire, in parole povere, che oggi come oggi non sí sa ancora se questi fondi arriveranno alla Scuola di Via Sant'Erlembardo e se ci sarà ancors una sperimentazione o se, nel caso più fortunato, ci sarà un taglio del numero delle sezioni a « tempo pieno ». Comunque è un paradosso che a settembre i genitori non sappiano con certezza quale tipo di scuole i loro figli frequenteranno l'ottobre prossimo.
a cura del Collettivo Franceschi
che genitori e cittadini si mobilitino in tutte quelle forme che verranno decise di volta in volta dalle assemblee che verranno fatte e di cui verranno tempestivamente informati. D'altra parte è necessario che tutti fin da ora si tengano informati e intervengano. Infatti questo tipo di tempo pieno (contrariamente ad altri che hanno come unico scopo quello di dare una veste moderna a contenuti vecchi e tradizionali i cui frutti negativi sono a tutti palesi: nel 69 il 47 /o dei ragazzi non raggiunge la licenza media andando ad alimentare la manodopera a bassi prezzi adatta ai lavori più ingrati) vuole agire nell'interesse delle masse lavoratrici nel senso di creare una scuola antiselettiva (senza voti, bocciature, provvedimenti disciplinari) e che non sia luogo di trasmissione dell'ideologia borghese e della divisione fra sfruttatori e sfruttati. Ora la classe dominante di cui l'ispettrice è degna funzionaria, colpendo alcuni insegnanti oppure, ed è la stessa cosa, chiudendo alcune classi, colpisce non solo gli insegnanti più in vista, ma in modo altrettanto diretto questo tipo di tempo pieno. Occorre dunque mobilitarsi per impedire l'allontanamento degli insegnanti che hanno condotto questa sperimentazione anche per il patrimonio di esperienze che hanno avuto modo di compiere in questo primo anno di sperimentazione irto di problemi e difficoltà d'ogni sorta. Intervenire per impedire l'allontanamento degli insegnanti vuol dire impedire un attacco reazionario del potere costituito per snaturare questo tempo pieno.
41111~1111111
Scuola Classe Alunni Rimandati Respinti Promossi Pimentel * 100 30 (30°/o) 4 (4°/o) 66 (66°/o) (Galeno) 79 28 (35,44°/o) 12 (15,19°/o) 39 (49,37°/o) Narni 381 76 (19,95°/o) 27 (7,08%) 278 (72,97°/o) 318 67 (21,07%) 18 (5,66°/o) 223 (73,27°/o) Demostene 354 76 (20,9°/o) 20 (5,65°/a) 258 (73,45°/o) 268 75 (27,98°/o) 9 (3,35°/o) 184 (68,67°/o)
Scuola Classe Alunni Rimandati Respinti Ritirati Promossi 7° Ist. 1' 186 75 (40,3°/o) 18 (9,65°/o) 5 (2,6°/o) 88 (47,3°/o) 2' 263 97 (36,9°/o) 5 (1,9°/o) 5 (1,9%) 156 (59,3°/o) 3' 200 79 (39,5°/o) 12 (6°/0) 6 (3°/o) 103 (51,5°/o) 4' 202 46 (22,7°/o) 1 (0,5°/o) 7 (3,4°/o) 148 (73,20/o) Molinari 463 200 (43,2°/o) 33 (7°/o) 230 (49,8°/o) 571 211 (36,9°/o) 51 (8,9°/o) 309 (54,1°/o) 357 117 (32,7°/o) 12 (3,3°/o) 228 (63,8°/o)
agosto-settembre 1973 - pag. 2 milanodieci goria
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a nostro avviso...
È forse necessario chiarire ancora il discorso sulla scuola a tempo pieno.
Senza dubbio questo tipo di scuola offre dei grossi vantaggi: È una risposta, anche se parziale, alla necessità che entrambi i genitori lavorino, tenendo occupati utilmente i bambini per otto ore.
Permette la realizzazione di una scuola fondata su criteri e metodi nuovi, che non dia voti, che non bocci, ma che prepari realmente tutti i bambini a saper usare la loro testa.
Questo tipo di scuola per funzionare, come ci dicono gli stessi maestri, ha bisogno di appoggio interno ed anche esterno.
All'interno ha bisogno di mezzi, di persone e di spazi adatti, mentre dall'esterno le è necessaria una collaborazione e un continuo scambio di idee con i genitori, con gli abitanti del quartiere e con le forze esistenti (partiti, circoli culturali, comitati ecc.).
Ora, nel nostro caso questi appoggi sono mancati entrambi e i maestri in questione hanno puntato su un recupero della situazione nella scuola trascurando i rapporti esterni.
Bisogna ricordare, però, che dall'esterno nessuno si è mosso.
Tutto ciò ha favorito la burocrazia statale che ha potuto cercare di stroncare quanto di nuovo stava nascendo, con i provvedimenti di carattere repressivo nei confronti dei maestri più in vista.
A questi fatti ci sembra che il quartiere intero debba dare una risposta sia perché si attacca un modo di fare la scuola senza dubbio positivo, sia perché si cerca di far passare una profonda mistificazione della scuola senza consultare i genitori interessati, né alcuna forza che li rappresenti, ma in base ad una decisione della burocrazia.
Perciò i nostri obiettivi saranno: Il tempo pieno va salvaguardato. I maestri che lo hanno portato avanti non si toccano.
I genitori e le forze del quartiere devono esercitarejin reale e continuo controllo su ciò cfie accade a scuola.
LA REDAZIONE
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NIDO IN VIA LISCATE PARCO MARTESANA
Folta partecipazione della popolazione del quartiere alla fiaccolata del 28 giugno. Occorre ora superare la burocrazia per giungere a risultati tangibili
La sera del 28 giugno, a Gorla si è tenuta una manifestazione indetta dal Comitato di quartiere per sollecitare la realizzazione dell'asilo nido in via Liscate e del parco Martesana.
La grossa partecipazione ha dimostrato ancora una volta che il problema è molto sentito: il quartiere è disposto a lottare affinché da deserto di cemento, quale ora è, si avvii ad acquistare un aspetto più ospitale.
La fiaccolata si è snodata per le vie del quartiere scandendo: NO ALLA SPECULAZIONE, IL VERDE ALLA POPOLAZIONE, IL VERDE È UN DIRITTO DELLE MASSE POPOLARI: SUBITO IL PARCO MARTESANA, BASTA CON LE PROMESSE DEGLI ASSESSORI, SUBITO IL NIDO Al FIGLI DEI LAVORATORI!
La zona di via Liscate è una zona popolare, abitata principalmente da famiglie operaie: per le madri lavoratrici esiste il problema di « sistemare » i figli più piccoli in modo sicuro ed economico durante l'orario di lavoro.
In fondo a via Liscate esiste un'area che il Piano Regolatore Generale ha destinato a verde pubblico, il che è ridicolo se si considera che poco più in là esiste una zona molto più grande (il « fantomatico » parco Martesana) che fin dal 1953 avrebbe dovuto essere adibita a questo scopo. Oggi essa è ridotta in parte in sterpaglia, in parte in immondezzaio ed in parte in rifugio per nomadi.
A proposito del parco sono recentemente successi dei fatti nuovi: il 14-7 la giunta comunale ha approvato le proposte dell'assessore all'edilizia popolare ANTONIO VELLUTO sulla suddivisione dei dieci miliardi che lo Stato ha stanziato per Milano nell'ambito della legge per la casa.
Di questi un miliardo è stato stanziato per l'attuazione del progetto del '53 che prevedeva a Gorla la realizzazione di un grosso nucleo di case popolari attorniate dal parco Martesana. Il progetto del '53 per quei tempi forse era adeguato, l'immigrazione faceva aumentare la domanda di alloggi — le aree libere erano numerose — i problemi dell'inquinamento, della carenza di verde non erano ancora evidenti come lo sono oggi.
Dal '53 ad oggi la popolazione milanese è enormemente aumentata, la speculazione edilizia ha agito indisturbata ed ha divorato quasi tutte le aree libere.
La situazione di Milano è preoccupante e in particolare suscita indignazione lo stato di abbandono in cui sono lasciati i quartieri periferici.
Basta vedere la zona Gorla-Pontenuovo dove mancano aree verdi, aule scolastiche, centri sociali ricreativi e culturali e non mancano certo alloggi, ma sono vuoti perché gli affitti sono troppo alti: i privati che fabbricano le case vogliono ricavarci il massimo profitto.
La costruzione del lotto di case popolari nel parco Martesana è certo una bella idea, ma essa porterebbe all'aggravio dei servizi sociali nella zona e ad accentuarne la carenza.
Si pone quindi l'esigenza di chiamare effettivamente il quartiere a decidere se il progetto comunale risponde o meno alle sue esigenze.
Considerando anche il fatto che il 24 luglio 1973 è stata approvata (vedi « Il Giorno » del 25 luglio) una legge che stabilisce che tutti i P.R.G. non ancora attuati antecedenti all'uscita della « legge ponte » del 1967 sono da rifare.
Certo non diciamo no alle case popolari, ma ci sembra che la realizzazione del parco totalmente a verde
costituisca un miglioramento effettivo delle condizioni di vita del quartiere. Le case popolari potrebbero essere edificate in altre aree più piccole ottenute dalla demolizione di case decrepite o malsane che per affitti re-
lotta proseguisse per la realizzazione del parco Martesana.
A gennaio ci fu una raccolta-firme per appoggiare questa richiesta. Si riuscì ad ottenere così dal Consiglio di zona l'approvazione della variante al
servizio sociale. Le precedenti esperienze ci hanno insegnato che solo con la mobilitazione unitaria degli abitanti del quartiere si può, individuando la vera controparte (la Giunta Comunale) ottenere risultati concreti. La lotta gestita dal C.d.Q. di Gorla presenta due grosse carenze che si sono evidenziate proprio nella fiaccolata del 28-6:
è mancato da parte del C.d.Q. di Gorla un atteggiamento unitario, non si è fatto nulla per coinvolgere tutti gli organismi operanti nella zona nel lavoro di mobilitazione attorno a questo problema; la manifestazione ha ribadito sì la volontà degli abitanti del quartiere di lottare per il miglioramento delle condizioni di vita. ma non è riuscita a trasformare questa volontà di lotta in un momento di pressione politica nei confronti della giunta comunale al fine di rendere operante la delibera sullo stanziamento del miliardo per il parco Martesana.
È necessario che queste carenze vengano superate e che si riesca ad effettuare una reale unità su questo problema.
In questa ottica il Collettivo-Quartiere « R. Franceschi » di Gorla propone a tutti gli organismi politici operanti nel-
lativamente bassi offrono agli inquilini riposo e reumatismi.
Il C.d.Q. di Gorla interpretando le esigenze degli abitanti della zona propose che l'area di via Liscate fosse destinata alla costruzione di un asilo nido e che contemporaneamente la
Piano Regolatore Generale. Per rendere operante questa delibera occorre l'approvazione della Giunta Comunale ma sappiamo bene cosa questa se ne fa delle decisioni del C.d.Z...
Il problema è costringere la Giunta Comunale alla costruzione di questo
Mancano ancora aule!
La cosa è davvero molto strana: ogni anno le autorità scolastiche e comunali si accorgono solo ai primi di ottobre che mancano le aule; a dire il vero prima di loro se ne accorgono i bambini che il primo giorno di scuola se ne restano lì nel cortile perché la scuola ha i posti a sedere esauriti.
Tant'è che qualche insegnante particolarmente pessimista, assieme a quaderni e penne, consiglia l'acquisto di qualche tenda tipo canadese per i giorni di pioggia o di neve.
Ben presto, in forme più o meno organizzate, il malcontento dei genitori si manifesta e allora le cose si « aggiustano », autorità comunali e scolastiche si mettono a lavorare in due direzioni.
Per prima cosa arriva l'assessore che (faccia di tolla!) spiega ai genitori incazzati che c'è già il progetto di far su nel cortile un po' di aule .prefabbricate, che c'è anche da non dimenticare che con quel tal altro progetto si farà su un bel complesso scolastico in quella area, cosicché la popolazione scolastica verrà più equamente distribuita e che insomma la situazione di disagio è solo temporanea e si sta avviando a rapida conclusione. Secondariamente le autorità scolastiche locali cominciano ad esaminare la eventualità di poter far sedere tutti gli iscritti in un banco, al riparo dalle intemperie, per qualche ora al giorno, fa niente se poi i bambini si ritroveranno in aula come in un tram in un'ora di punta, o dovranno fare i turni
come i loro genitori (così si abituano!): l'importante è che il diritto allo studio sia salvo (o perlomeno sia salvo il diritto ad un banco).
Anche a Gorla è successo così: nell'ottobre del '72 nella scuola di via Sant'Erlembardo c'erano 7 aule per 22 classi (cfr. Milanodieci, novembre 1972, pag. 1), l'unica soluzione era fare i tripli turni. Alle proteste dei genitori si pose rimedio ricavando, con grande abilità, quattro aule dalla palestra, due dal refettorio e utilizzando alcuni locali delle case della fondazione Crespi in via Sant'Erlembardo. La sistemazione provvisoria diede un certo disagio alla scolaresca, specie per la « sezione staccata » nelle aule della fondazione Crespi dove faceva freddo, e da dove ad ogni mezzogiorno c'era da andare a mangiare nei corridoi della scuola in corso di restauro e poi tornare poiché erano tutte classi a tempo pieno; inoltre c'era un solo gabinetto per un centinaio di bambini... ma l'alternativa a ciò erano le tende... Allora l'assessore Bonatti si impegnò a fondo o quasi per risolvere la situazione; ma impegno maggiore ci misero i genitori che costituirono una commissione tecnica per il controllo del rispetto dei tempi prefissati che riferiva all'assemblea dei genitori la situazione quindicinalmente. È successo che i tempi sono stati rispettati e verso marzo 9 aule erano pronte, restaurate. Ad una delegazione il Bonatti propose che i lavori conti-
la zona la realizzazione, per la fine di settembre, di una festa popolare che rappresenti un momento di rilancio unitario della mobilitazione su questi ed altri problemi del quartiere.
COLLETTIVO FRANCESCHI
nuassero per restaurare la restante metà scuola già che erano dietro, ma i genitori ovviamente si opposero poiché la situazione di disagio era ormai insostenibile e fecero una obiezione semplice: ma caro assessore, perché le scuole non le restaurate durante le vacanze? Pensi un po' cosa succederebbe se l'ATM prendesse il suo esempio, succederebbe ad esempio che arriva il 4 da Lambrate in via Tommaso Grossi e lì c'è una squadra di operai con l'incarico di cambiare le quattro ruote davanti, dopo cinque ore di lavoro le ruote sono cambiate, arriva il Direttore generale dell'ATM e alle persone imbottigliate nei tram bello bello dice: — Sentite già che ci siamo cosa ne dite se facciamo cambiare anche le quattro ruote di dietro? Di fronte a queste logiche argomentazioni e alla richiesta di continuare i restauri a giugno l'assessore uscì con un va bene poco convinto: per farla breve, i muratori non si sono visti: allora c'è da prevedere qualche difficoltà. Nel frattempo è stata ultimata un'ala prefabbricata con 10 aule e la palestra è tornata palestra (speriamo che venga usata). I restauri sono dettati da esigenze concrete: la scuola di via Sant'Erlembardo è molto vecchia, cascano i plafoni, ci sono un po' di magagne da aggiustare affinché le sette aule rimanenti possano essere utilizzate senza pericolo. Inoltre si prevede un aumento di due prime. Se, come è lecito credere, l'assessore non ha capito bene l'esempio del tram in via Grossi ad ottobre ci saranno alcuni bambini che scriveranno sul diario una comunicazione del maestro messa in questi termini: portare un quaderno a righe, uno a quadretti, una biro e una tenda di tipo canadese nei giorni di tempo incerto o brutto.
COLLETTIVO DI QUARTIERE FRANCESCHI
pag. 3 - agosto-settembre 1973 gorla milanodieci
S. Erlembardo
Forte mobilitazione popolare
a luglio
che avrebbe dovuto obbligatoriamente ospitare i bimbi delle madri nubili assistite dalla Provincia, nonché i figli delle lavoratrici della zona. Ma ora anche questo impegno è stato dimenticato.
Per quanto riguarda il lavoro di queste ragazze, crediamo più opportuno farvi leggere direttamente le loro dichiarazioni:
I soliti pregiudizi della gente che non si muove
I comitati di quartiere, quest'anno, sono andati in ferie molto tardi. A parte il doposcuola estivo organizzato dal Gruppo Scuola Quartiere con la cooperazione del Teatro Officina presso la scuola di via Brambilla, c'è stata la lotta unitaria con tutte le forze politiche della zona 10 e 12 per le ragazze madri ospiti dell'Istituto provinciale di via Pusiano 22, denominato « Casa della madre e del fanciullo ». La lotta è partita dal gesto di ribellione di una delle ospiti, Renza Nonis, la quale rifiutava di accettare l'ingiunzione dell'assessore provinciale all'assistenza Agostoni (d.c.), di lasciare la « casa ».
La motivazione a questo gesto era più che plausibile e lo vedremo dettagliatamente nel corso dell'articolo.
I SOLITI PREGIUDIZI DELLA GENTE
CHE NON SI MUOVE
Una osservazione che ci viene subito spontanea, riflettendo su tutto l'arco della lotta, è questa. Nonostante i numerosi volantinaggi in tutti i quartieri, dove agivano i comitati sostenitori della lotta, la popolazione è rimasta inerte. Non abbiamo visto nessuno all'infuori di coloro che hanno già dimostrato il loro impegno per altre lotte sociali nel quartiere (casa, scuola ecc.) e questo ci ha molto meravigliato. Abbiamo sì pensato al caldo, alle ferie, alla stanchezza, ma abbiamo ancora una volta pensato che purtroppo la visuale della popolazione dei nostri quartieri è (nonostante il suo carattere popolare e proletario) limitata, ristretta al proprio interesse personale e familiare. Manca soprattutto una capacità di sentirsi solidali con chi vive più drammaticamente le contraddizioni di questa società.
Purtroppo il motto di questa gente è sempre questo: « Gli altri si arrangino come mi sono arrangiato io. Se non lo fanno è perchè non hanno voglia di faticare. lo invece, nonostante fossi povero... » e giù una sbrodolata, tendente a mostrare che sono stati capaci di « farsi » nella vita, nonostante numerose difficoltà. Ma non pensano che questi altri si sono forse trovati in una situazione ancora peggiore della loro (magari molto malati fisicamente o psicologicamente). Ma per costoro questi particolari sono sottigliezze: è la loro esperienza a far testo mentre l'esperienza degli altri non è valida.
Di conseguenza tale mancanza di solidarietà della popolazione dei nostri quartieri, che per certi aspetti si era già manifestata nella lotta per le scuole (lotta solo chi vede minacciata la salute o l'apprendimento del proprio bambino mentre gli altri se ne frega-
no), si è fatta maggiormente sentire in questa lotta, dove, non solo la gente non si sentiva direttamente toccata, ma dove ad essere toccate erano le famigerate « ragazze-madri ». Infatti, riflettendo sulla mentalità comune, abbiamo provato a chiederci cosa potesse pensare una persona quando si sentisse dire che le ragazze-madri, dell'Istituto Casa della Madre e del Fanciullo, sono in lotta per il diritto al lavoro, alla casa, all'assistenza. E un po', a nostro parere, il discorso che spesso si sente fare, per esempio, a proposito dei carcerati.
« Caspita — dicono in molti — Si lamentano del carcere. Ma cosa vogliono questi qui, hanno il cinema, la televisione, lavorano e guadagnano pure qualcosa, hanno tutto. E poi, se dicono di stare proprio così male, dovevano stare attenti e non fare quello che hanno fatto. Peggio per loro ». E noi vediamo in questo discorso l'ignoranza sia sul sistema carcerario, sia sui fattori sociologici che causano la delinquenza in Italia, sia sulla possibile innocenza del carcerato stesso. Eppure, pare incredibile, ma è vero: ancora oggi, a questo riguardo, la gente è oltremodo ancorata all'idea che il carcerato è un colpevole, magari da aiutare, ma mai da reinserire completamente alla pari nella società, accanto a loro. Il carcerato è un uomo per il quale si spende tutt'al più un po' di tempo, un po' di danaro, e un po' di compassione in certi casi, ma per il quale, per la sua salvezza sociale non ci si coinvolge mai fino in fondo. « Dovevano pensarci prima ». Ma il punto è se siamo così ben sicuri che abbiano potuto farlo. Comunque in una situazione come questa è ovvio che in ogni caso ciascuno stà a casa sua e non se la sente minimamente di coinvolgersi con chi stà peggio per migliorare le sue condizioni sociali, morali ed economiche. Torna il ritornello del brav'uomo comune: « Se tutti facessero come ho fatto io... invece sono tutti lazzaroni... ».
Tutto viene risolto sbrigativarnente con queste parole di una ottusa concezione individualistica della vita, e di fronte ai casi più disperati si fa per compassione l'elemosina o si spende qualche lacrima.
A questa stessa stregua viene naturalmente vista la situazione delle ragazze-madri.
Essere ragazza madre è, nella mentalità della maggioranza, un'anormalità e l'anormalità è sempre colpa. La ragazza madre è quindi, per costoro, o una donna di malaffare, o
1)Gliistitutimilanesi perragazze-madri
Provincia attraverso l'I.P.P.A.I.
A Milano esistono attualmente quattro istituti curati dalla provincia: il
Brefotrofio di viale Piceno dove vanno le ragazze dopo il parto; il Centro di piazzale Segesta che accoglie le ragazze in attesa del bambino; il
Centro di Cascina Corba che accoglie le giovani madri fino al terzo mese dopo la nascita del bambino ed infine la casa della madre e del fanciullo di via Pusiano che accoglie le madri ed i bambini dopo il terzo mese.
Esiste inoltre un « Villaggio della madre e del fanciullo » privato, della contessa Scarsella, dove le madri lavoratrici possono entrare solo a prezzo di raccomandazioni, senza peraltro trovare un ambiente sereno, adatto al loro momento ed ai loro problemi.
Della situazione esistente all'interno di queste case, riportiamo alcune dichiarazioni rilasciate dalle ragazze madri durante una conversazione (registrata) con i comitati di quartiere in una fase della lotta.
« Cascina Corba è un centro dove si tengono le madri gestanti dal terzo mese fino a tre mesi dopo la nascita del bambino, a pagamento, se non si è assistite dall'ONMI. Il trattamento è assolutamente inconcepibile. Le madri sono quelle che puliscono la casa da cima a fondo. Tutta la giornata era occupata da questi lavori, non c'era un'ora di libertà in cui una poteva fare ciò che voleva: alcune mamme hanno partorito prima, per i lavori pesanti che facevano fare. Non si poteva avere contatti con nessuno. Si poteva uscire, dopo aver firmato, ed era un premio per chi « si comporta-
un'oca; una ragazza cattiva che ha dato grandi dispiaceri ai suoi genitori o che comunque non ha avuto coscienza di quella che sarebbe stata la posizione del bambino in una società dove essere illegittimi significa essere di II classe.
Poca attenzione riscuote ciò che c'è alle spalle di queste ragazze: per esempio l'ambiente familiare negativo, un'infanzia trascorsa da un istituto all'altro senza veri affetti, con una totale ignoranza sulla realtà della vita. E' colpevole e basta. Il caso delle ragazze madri giovanissime (13-14 anni) è pressochè sconosciuto anche se poco infrequente; tuttavia viene visto semplicemente come caso pietoso e basta.
Voi capite che in questa visuale, purtroppo ancora molto presente nella mentalità comune, quello che la Provincia e l'I.P.P.A.I. (Istituto provinciale per la protezione e l'assistenza all'infanzia) ha fatto (cioè quell'elemosina che serve a togliere alla società la visione di queste « brutture » e certe possibili conseguenze « sociali » e toglie anche la responsabilità di occuparsene alla brava gente che se ne vuole stare sempre tranquilla) può essere veramente visto come una cosa buona o addirittura un regalo.
E allora comprendiamo come una d.c. che sostiene una tal politica o un quotidiano « cattolico » come « L'Avvenire » possano esaltare addirittura queste iniziative assistenziali. Per forza: costoro trovano la popolazione così disinteressata al vivo dei problemi e alla loro soluzione, che il mostrare anche t rino una parvenza di iniziative nei confronti di chi per loro è « anormale » nella società, è già un lusso.
La nostra concezione della persona è del tutto diversa.
Non è qui certamente il caso di entrare nei particolari. Basterebbe dire che ogni persona esercita la sua libertà solo all'interno di una visuale ben delimitata e condizionata dalla propria esperienza, e che questa esperienza, per qualcuno, non è così tranquillizzante. Per questo noi vediamo nelle persone emarginate o sfruttate o « recluse » non delle persone da condannare, ma piuttosto persone da reinserire e da trattare alla pari. Per cui non ci sembra ammissibile l'attuale sistema carcerario, la situazione disastrosa delle famiglie dei sottoccupati e dei disoccupati; il tipo di assistenza insufficiente e mistificata dato a queste ragazze, in balia di se stesse e della società che non si è presa seriamente cura di loro.
vano a origliare. L'Istituto riceve sovvenzioni varie da benefattori, Cassa di Risparmio ecc.; evidentemente questi fondi non vengono usati molto, perché la situazione ambientale è quella che è.
In seguito sono stata a Pie Segesta e qui era un po' diverso. Non ci sono bambini trattati male, però anche lì si lavora senza compenso, il mangiare è pessimo. Ci sono le porte sbarrate, muro esterno con cocci di bottiglia sopra e cancellate altissime.
Le suore di Pie Segesta erano meglio di quelle di Cascina Corba. Non era possibile stare a letto se s; stava poco bene, ti portavano a lavorare: si lavorava in guardaroba oltre ai lavori giornalieri, pulizie con cera ecc. Ogni giorno arrivava gente a visitare, a vedere, quindi doveva essere uno specchio. A 13.1e Segesta erano meno rigidi di queste cose ». « /o ero incinta di 7 mesi quando ho parlato per la prima volta con l'assistente sociale. Questa ha fatto di tutto per convincermi ad abbandonare la bambina, dicendomi che ero ancora giovane e mi potevo fare una vita. lo questo non l'ho mai fatto perché so cosa vuol dire essere senza madre e allora il bambino l'ho voluto tenere. Ho partorito di domenica e il lunedì mattina alle otto l'assistente è venuta a chiedermi che intenzioni avevo per il bambino. lo penso che le assistenti sociali invece di convincerti a lasciare ii bambino per farlo adottare, dovrebbero convincerti ad allevarlo bene e dargli una vita regolare ».
LA CASA DI VIA PUSIANO
E' sorta nel '69 ed avrebbe dovuto costituire un esperimento nuovo rispetto al vecchio brefotrofio. Nuovo nel senso che le ragazze invece di sostare semplicemente per un certo periodo in attesa di sistemazione, avrebbero trovato nella CMF un luogo di recupero inteso come periodo in cui una madre potesse, legandosi ed affiatandosi al figlio, prepararsi al rientro nella società.
La preparazione sarebbe stata coadiuvata da una équipe medico-psicologica che avrebbe aiutato la ragazza a risolvere i problemi, in genere di origine affettiva, che avevano portato alla maternità e che poi si erano senz'altro acutizzati.
Ma a nostro avviso, a guardare i risultati, la Casa della Madre e del fanciullo (C.M.F.) è stata ideata in modo troppo grandioso, senza nessun aggancio alla realtà. La ragazza madre modello avrebbe dovuto entrare alla C.M.F., trovarsi un lavoro, mettere via i soldi, cercarsi una casa e trovarla, ammobiliarla e, soprattutto, collaborare attivamente con gli psicologi per riuscire a risolvere tutti i suoi problemi di madre, di donna, di membro della società. Il tutto in un anno.
La tanto decantata équipe medicopsicologica è sempre stata insufficiente e persino ridicola nei suoi tentativi, soprattutto di fronte al bisogno enorme che si aveva delle sue prestazioni. Forse nessuna delle 57 ragazze che sono state ospiti della CMF ha usufruito in modo pieno e completo di una terapia.
« Faccio la baby-sitter in casa privata. Lavoro otto ore al giorno, ma in genere sono sempre di più, devo attenermi strettamente agli orari della casa perché mi è capitato parecchie volte di tornare e vedere mio figlio urlare perché aveva fame e, siccome io devo essere a casa prima delle sette, loro si attengono ai miei orari e così non gli davano da mangiare se tardavo. Mi sono lamentata presso la capo-educatrice dei gruppi e mi è stato detto che avrebbe ripreso le vigilatrici, cosa che invece non è stata fatta. Con gli affitti che corrono penso di non essere assolutamente in grado di pagarli perché guadagno solo 100.000 iire al mese ». Lavoro alla Elisabeth Harden, guadagno 120.000 lire al mese più due assegni familiari perché ho due bambini. Anch'io ho avuto l'ultimatum ma non l'ho accettato perché con la vita cara che c'è e due bambini non ce la farei. Mi hanno parlato anche di un sussidio però per sei mesi, e dopo sei mesi cosa faccio? è sempre la stessa cosa perché gli stipendi sono sempre così. lo lavoro al Gallaratese, il nido dell'ONMI quest'anno non mi accetta il bambino anche per l'orario, perché loro finiscono alle 16,30 come asilo; allora devo portare il bambino al Gallaratese all'asilo comunale che c'è li vicino, e devo partire di casa con il bambino alle sette e attraversare tutta la città ».
Oltre a tutto questo la provincia ha tentato di chiudere definitivamente l'esperimento, soprattutto quando si è accorta della resistenza che nasceva fra le ragazze all'interno della CMF.
Di fronte a questa minaccia le ragazze si organizzavano con i comitati di quartiere del rione ed a gennaio di quest'anno formavano delegazioni a Palazzo Marino ed in Provincia. Trovatasi davanti a questo ampio fronte di lotte la Provincia correggeva il tiro delle sue mire e nella delibera del 27 febbraio affermava che la « dimissione » di alcune madri era dovuta solo al normale avvicendamento nell'istituto che peraltro avveniva su suggerimento dell'équipe medico-psicologica che le giudicava autosufficienti ed adatte a reinserirsi nella società.
Ciò, a nostro parere, non rispondeva a verità, perché la ragione dell'avvicendamento sarebbe stata logica qualora l'istituto fosse stato al completo: tuttora invece sono vacanti ben 10 posti!. Inoltre anche se l'équipe poteva giudicare autosufficiente (dopo quanto abbiamo rilevato in proposito, lo dubitiamo) un'ospite, da un punto di vista psicologico e nei suoi rapporti col figlio, non lo poteva assolutamente fare da un punto di vista economico (casa e lavoro).
Il caso di Renza Nonis, scoppiato agli inizi di luglio, doveva permettere alle madri ed alle forze sociali e politiche operanti nel rione, di conquistare un'altra importante vittoria per la continuità e la completa funzionalità dell'Istituto e per un effettivo inserimento anche a livello pratico delle madriospiti nella società.
va bene ». C'è un reparto con bambini dal terzo mese di vita in poi dove il trattamento è assurdo: i neonati vengono tenuti distesi e non vengono presi in braccio mai, vengono allattati appoggiando il biberon a un supporto.
A sei mesi i lattanti passano in un'altra sala e così via a seconda dell'età, i bambini di due anni stavano in una grande sala spoglia con pochi giochi mezzi rotti e due persone che se ne occupavano. lo aiutavo la psicologa (che è poi stata mandata via) a fare i tests. Tutti i bambini avevano un quoziente intelligenza inferiore al 100: andavano dal 44 al 75, la bambina più avvantaggiata aveva 85 di Q.I. Il clima è poliziesco: se si ricevevano delle telefonate sí sentiva subito il « clic » del ricevitore della superiora che ascoltava; se si ricevevano parenti, la sala era vicina alla cappella e regolarmente c'erano delle suore che sta-
Questi consulenti o psicologi sono in fatti disponibili per quelle poche ore che la Provincia è disposta a pagare e che sono per lo più scomode per le madri che lavorano ed hanno il figlio cui badare. Ci sono poi difficoltà per prendere l'appuntamento, bisogna mettersi in coda, sembra di dover espletare una pratica burocratica. Oltre a tutto alcune volte le ragazze hanno l'impressione che si dica loro « se ci tieni, vieni, altrimenti arrangiati ». Questo atteggiamento e la difficoltà che una ragazza deve superare per cercarsi la psicologa, crea delle difficoltà tali, per cui ad uno o due appuntamenti isolati non ne seguono altri. Si aggiunga anche il fatto che l'équipe ha stretti contatti con la direzione; il che crea dei sospetti non del tutto ingiustificati sulla sua riservatezza e imparzialità.
Per quanto riguarda l'assistenza ai figli all'interno dell'istituto, funzionava un nido per le madri che andavano a lavorare, con due puericultrici dipendenti dall'O.N.M.I.; in attesa che venisse completata la costruzione del nuovo nido sorto a fianco dell'Istituto
milanodieci quartieri agosto-settembre 1973 - pag. 4
respinge
gli sfratti alle ragazze - madri: l'Amministrazione provinciale come la banda di Ferragosto!
Di questa assistenza si occupa la
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2)Una"soluzione" perilproblema
Dal discorso che abbiamo sviluppato finora e dalle testimonianze raccolte dal vivo da queste ragazze ospiti della Casa di via Pusiano, possiamo ben vedere che l'ottica dell'amministrazione provinciale è molto angusta in quanto si riduce a mantenere in vita degli istituti di facciata, senza che al loro interno si sviluppi qualcosa che sia una risposta agli enormi problemi di queste ragazze, sia da un punto di vista psicologico (soprattutto per le giovanissime) che da un punto di vista economico (ricerca del posto di lavoro, d'una casa ad un prezzo accessibile) ed assistenziale (organizzazione di asili-nido che permettano a queste madri di lavorare).
L'assistenza è vista come elemosina, fatta per tamponare le falle della società borghese, per nascondere le sue pecche e non per andare alla radice dei problemi. Basta, infatti, alla società borghese che il marcio non si veda o si veda poco.
Così l'Assessore Agostoni non vuole affatto eliminare questi istituti (poveretto, si toglierebbe il lavoro!), li vuol lasciare in piedi ma senza spendere troppo e senza andare fino in fondo.
E' chiaro invece che quanto noi proponiamo va nel senso di un'assistenza che significhi realmente (e non soltanto nelle intenzioni) pieno reinserimento delle ragazze nella vita alla pari con gli altri. Quindi oltre a preoccuparsi di far passare il principio valido per tutte le ragazze che passano per gli istituti dell'IPPAI), del diritto all'assistenza, al lavoro, alla casa, come dicevamo sopra, occorre lottare
3) La lotta di luglio le sue importanti vittorie
Come è andata la lotta? E' riuscita ad ottenere dei risultati soddisfacenti?
Quali sono le prospettive per il futuro?
Abbiamo già detto in apertura di articolo che il tutto si è originato dalla ribellione di una madre ospite della Casa, di obbedire all'ingiunzione della direzione (forte dell'appoggio dell'Amm. Provinciale) di lasciare l'Istituto. La contestazione della ragazza verteva su due punti: a) non si è affatto autonomi con 120.000 al mese e con un bambino di 18 mesi da mantenere; b) è assurdo che l'istituto possa dimettere una ragazza senza assicurarle una casa popolare e quindi con affitti possibili (10% del salario), quando il sussidio è di sole Lire 5.700.
La contestazione era tanto più valida se si pensa che i padroni di casa non accettano molto facilmente queste ragazze sia per un problema di fiducia economica, che per ragioni moralistiche!
Il gesto di Renza Nonis non restava isolato: il 7 luglio mentre la direttrice, approfittando della sua assenza, trasferiva i bagagli della ragazza al Brefo, le sue compagne glieli riportavano nella « Casa » ed organizzavano subito la lotta.
La Direttrice, dr. Calasso, non desisteva e tentava un'altra volta l'operazione, ma anche questa volta incontrava la resistenza delle compagne e di alcuni membri dei comitati di quartieri vicini.
Con l'intervento delle forze politiche (P.C.I. - P.S.I.), dei comitati di quartiere (Crescenzago, Ponte Nuovo, Cimiano) dei consigli di fabbrica (Rizzoli, Borletti, P'axis, Innocenti) la solidarietà per Renza Nonis diventava più concreta. Si prendevano contatti con l'Assessore Agostoni, con il Presidente della Provincia, con i membri della Commissione Provinciale di Assistenza e con il consiglio di zona 12. A quest'ultimo veniva presentata la seguente mozione che veniva fatta propria dal consiglio stesso:
1) I sottoscrittori del presente docu-
mento e le ragazze ospiti della Casa della « Madre e del Fanciullo » di via Pusiano 22, riconoscendo la validità dell'esperimento indetto dalla Provinvia, auspicano un maggior potenziamento dello stesso anche sotto l'aspetto didattico e professionale e sollecitano l'Amministrazione Provinciale a reperire i fondi necessari e personale qualificato. Si sottolinea che al momento attuale sono disponibili ben 10 posti inutilizzati per mancanza di personale: Richiedono che alla elaborazione dei pareri dell'équipe partecipino anche le madri. L'équipe dovrà inoltre valutare anche l'aspetto economico del reinserimento della madre e del bambino nella società.
Chiedono che sia ammessa la partecipazione dei bambini del Centro alla assistenza dell'asilo adiacente al centro stesso.
Chiedono: a) la pubblicazione, tramite il Consiglio di Zona, della Delibera della Giunta Provinciale del 272-73 e b) la sua revoca.
In ogni caso non si dovrà procedere a nessun allontanamento se non dopo aver risolto il problema dell'alloggio, con una convenzione à carattere continuativo tra la Provincia, Comune e I.A.C.P.M. (Istituto autonomo per le case popolari, Milano) per la concessione alle ragazze madri assistite dalla Provincia (che a Milano superano a nostro avviso il numero di 4.000) di alloggio ad affitto proporzionaie al salario, nella misura del 10 /o.
Invitano il Consiglio di Zona a promuovere una mobilitazione sul tema in questione, a partecipare all'Assemblea che si terrà venerdì 13 c.m. presso la Casa della Madre e del Fanciullo, e farsi promotore di una immediata azione presso la Provincia, affinché detta Assemblea possa svolgersi nei locali del Centro, alla presenza delle Autorità competenti e della Direzione del Centro stesso.
Condannano, e invitano il Consiglio di Zona ad associarsi, il tentativo di marca chiaramente fascista, di un gruppetto che utilizzano gli abituali metodi, ha tentato di frenare la giu-
sta rivendicazione dei lavoratori e delle madri che si recavano all'Amministrazione provinciale in delegazione.
L'assemblea del 13 luglio, tenutasi all'aperto, davanti alla CMF rischiava ad un certo punto di spezzare l'unità delle forze che portavano avanti la lotta e di inasprire i rapporti con la Provincia. Alcuni interventi di « arrabbiati » portavano il loro attacco ai partiti più che accettare come base di accordo il documento presentato la sera precedente al consiglio di zona. Com'era da prevedersi, la reazione dei partiti era energica e sembrava che volessero addirittura dissociarsi dalla lotta. Visti i risultati ottenuti, sarebbe stato un vero peccato.
In secondo luogo c'è stato il tentativo di pochi di bloccare l'auto dell'Ass. Agostoni, venuto, non per partecipare all'assemblea, ma per parlare in privato con la direttrice e con la Nonis; tentativo che è stato poi gonfiato ad arte dallo stesso Agostoni per gettare discredito su coloro che avevano organizzato l'assemblea. Intanto la Commissione consultiva per l'assistenza, nella sua riunione del 16 luglio, votava all'unanimità il seguente « parere definitivo » alla Giunta Provinciale, accogliendo in parte le proposte dei cittadini, dei comitati di quartiere e del consiglio di zona 12.
« La Commissione, dopo approfondito dibattito, all'unanimità, ritiene che la Casa della Madre, nel suo valore sperimentale, è una istituzione da mantenere, anche se si deve ammettere che finora la sperimentazione, per carenza di personale, possa non essere stata al livello desiderabile; chè quindi la istituzione necessita di ulteriori interventi della Amministrazione che le consetano di funzionare nella sua intera possibilità (un gruppo di sei ospiti è tuttora vuoto), ed in migliori condizioni fisico-pedagogiche; che l'esigenza di avvicendamento delle ospiti è fondamentale per la vita della istituzione, e che anche la
dimissione della Nonis è dettata da essa, dimissione disposta dalla Giunta, seguendo un iter corretto anche dal punto di vista del reinserimento della stessa nella vita sociale sia con l'assicurarle la continuità del servizio di assistenza sociale e psicologico, sia nel mettere a sua disposizione un concreto aiuto economico integrativo del salario dalla stessa guadagnato, per pagare l'affitto della casa; raccomanda peraltro alla Giunta di ricercare altri mezzi ed altre modalità di concreta assistenza alle ospiti della Casa al momento della loro dimissione. Non era un invito esplicito a revocare la delibera del 27 febbraio ma era senz'altro un'altra correzione di tiro ed un rientro di ogni volontà di chiusura dell'esperimento. La CMF è « una istituzione da mantenere », anzi <, deve funzionare nella sua intera possibilità », e si « raccomanda » persino « alla Giunta » non solo di « mettere a disposizione un concreto aiuto economico integrativo del salario per pagare l'affitto della casa >>, ma anche « di ricercare altri mezzi ed altre modalità di concreta assistenza alle ospiti della Casa al momento della loro dimissione » (si intravede la possibilità che la casa popolare diventi una acquisizione di principio per tutte le ospiti).
Dopo un incontro con i consiglieri comunisti e socialisti, facenti parte della Commissione, i compagni D'Ambrosio e Pinto, che ci confermavano il valore del « parere definitivo » della commissione, i comitati di quartiere i consigli di fabbrica, i partiti si ritrovavano per darsi altre scadenze di lotta il 20 luglio e stabilivano: che si doveva considerare positivo quanto finora ottenuto; che tuttavia si doveva ancora strappare alla Provincia l'assicurazione che Renza Nonis e, al di là del caso singolo, tutte le ragazze ospiti, non lasciassero l'istituto prima di aver ottenuto una casa popolare. A questo riguardo si decideva di andare, in una delegazione più numerosa possibile, martedì 24 dall'assessore all'edilizia popolare Velluto (d.c.); una volta ottenuto questo obiettivo riprendere a settembre i problemi riguardanti la gestione dell'istituto (v. par. Una soluzione per il problema), la completa funzionalità della casa non solo a livello di numero delle ospiti e del personale, ma soprattutto a livello di metodi nuovi da usare per raggiungere risultati migliori; indire a breve scadenza (25 luglio) una conferenza stampa.
per ottenere una gestione sociale (da parte delle ospiti, dei cittadini della zona) degli istituti stessi. Questo obiettivo è di un'importanza fondamentale.
Innanzi tutto il controllo della casa non sarebbe più esercitato soltanto dall'amministrazione provinciale, ma, decentrato, verrebbe esteso al consiglio di zona, alla sua commissione assistenza aperta a tutti i cittadini, e questo vuol già dire una correzione. in senso popolare all'impostazione (propria della società borghese) miope e di tamponamento dell'amministrazione provinciale, portata avanti dall'assessore Agostoni nei confronti della CMF e dell'assistenza in genere. In secondo luogo la partecipazione alla gestione della Casa (CMF) da parte dei lavoratori e delle ragazzeospiti porterebbe soprattutto queste ultime a realizzare quel loro inserimento nel tessuto sociale che gioverebbe loro più di qualsiasi altra terapia.
Infatti per inserire socialmente una persona, non la' si tiene reclusa e sotto osservazione, ma la si fà soprattutto agire in un ambito comunitario aperto, in modo che sviluppi le proprie doti e si stimoli la propria responsabilità.
Chiamando queste ragazze a gestire con gli altri cittadini la Casa perché possa servire alla loro vita sia sotto l'aspetto psicologico che materiale, si dà loro, nello stesso tempo, lo strumento più adatto per costruirsi quella nuova personalità di cui hanno bisogno.
Martedì mattina non trovavamo Velluto e dovevamo tornare nel pomeriggio. L'assessore ci assicurò che avrebbe proposto alla Giunta una trattativa di massima nella quale venisse posto con urgenza il problema delle case popolari per le ragazze-madri che fossero giunte al termine del loro periodo di assistenza all'interno della CMF. Per la Nonis si sarebbe provveduto a parte nel più breve tempo possibile.
E infatti, la Giunta Comunale ha dato parere favorevole all'assegnazione di un certo numero di alloggi (assai pochi purtroppo) all'amministrazione provinciale, perché questa provveda a distribuirli alle madri in via di dimissione.
Per quanto riguarda Renza Nonis ha ottenuto finalmente la casa popolare che aveva chiesto.
Anche questa è stata una grossa vittoria! Si tratta ora di continuare a lottare (la lotta riprenderà nei primi giorni di settembre) per fare in modo che aumenti il numero degli alloggi fissati per le madri nubili ospiti degli Istituti della Provincia e giunte al termine del loro periodo di assistenza; ed insieme che tutto ciò non rimanga soltanto una decisione della Giunta Comunale senza una presa di posizione dell'Amministrazione Provinciale. Questa infatti potrebbe ancora una volta non rinunciare ai suoi colpi gobbi, se teniamo presente, la scarsa capacità e volontà di portare avanti seriamente questo esperimento.
Ed infatti il colpo gobbo c'è stato. Mentre stavamo già stampando ci sono giunte notizie gravissime. Dalla casa sono state allontanate tutte le minorenni, con la scusa che l'ambiente non era adatto per loro; si è instaurato un clima poliziesco (catene ai cancelli, divieto di uscire senza permesso scritto, denunce ed esposti alla procura della repubblica per le ragazze che hanno reagito).
La Giunta e soprattutto la DC con il suo assessore Agostoni non ha tenuto in nessun conto il parere della commissione ed ha approfittato ancora una volta del ferragosto per cercare di affossare l'esperimento e mettere sul lastrico le madri e i loro bambini. Rivolgiamo perciò un pressante invito alla popolazione perché dia la giusta risposta al vile ed ingiusto comportamento della Giunta provinciale. E non mancheremo, nei prossimi numeri di Milanodieci, di approfondire e dettagliare al massimo la denuncia contro questa vergognosa manovra.
Un momento dell'assemblea del 13 luglio pag. 5 - agosto-settembre 1973 quartieri milanodieci
C.D.Q.P.N.
I guai della centralità d.c.: a Milano, la crisi di Palazzo Marino per intrappolare i socialisti ed insabbiare le "riforme"
Bloccata la commissione di indagine sulla Metropolitana, i provvedimenti di carattere urbanistico per i quartieri popolari ed il nuovo regolamento dei consigli di zona
La crisi dell'amministrazione comunale di Milano, esaminandola a fondo, non appare poi così in contraddizione con i nuovi equilibri e ii nuovo assetto politico che si è instaurato a livello nazionale con il nuovo centrosinistra. Per capire questo bisogna evidentemente concordare nel giudizio politico sui partiti che compongono l'attuale alleanza di governo, in particolare della Democrazia Cristiana. Bisogna non avere dubbi sulla caratteristica fondamentale che la DC da sempre si porta appresso: dietro la maschera della « reversibilità » delle coalizioni, che essa stessa fa disfa a suo piacimento, reversibilità che le consente ampi margini di manovra nei confronti degli alleati di governo di volta in volta intercambiabili, questo partito nasconde l'anima della « centralità ». Intrappolando il PSI, nel nostro paese non è cambiato nulla, un accenno di politica di riforme (che partirebbe comunque senza speranza alcuna, data l'impraticabilità stessa di una tale politica) non esiste. La centralità .dello scudo crociato ne è uscita esaltata, l'egemonia sui partiti satelliti rafforzata, l'area di destra, per usare un'espressione fumosa e impressionistica, è slittata « a sinistra » risucchiando e coinvolgendo il PSI. L'obiettivo è quello chiaro netto di realizzare in Italia il centro-sinistra fanfaniano, « senza sorprese » e « di ferro », delimitato rigorosamente al PCI. Adesso che i socialisti sono stati ingabbiati, devono condividere le responsabilità di governo sono costretti alla moderazione per coprire da sinistra un programma « di riforme » sostanzialmente congiunturale, che di riforme, anche malmesse, non si occupa neppure alla lontana.
Fanfani dietro le quinte
Nessuno più ha il fegato di nascondersi che il nume tutelare di questa operazione milanese è il signor Fanfani. Chi ancora oggi nicchia, sostenendo che nella crisi di palazzo Marino non ci sia proprio stato lo zampino di Amintore Fanfani, nasconde la testa sotto la sabbia oppure resta davvero persuaso... che un Gino Colombo, segretario cittadino della DC, è un democristiano « diverso » che con l'aretino ha in comune magari solo la tessera del partito. — Fate pure la crisi a Milano, ma solo dopo la conclusione delle trattative di Rumor. Altrimenti rischiamo di pagare al PSI un prezzo troppo alto per averlo al governo — aveva detto Fanfani a otto giorni dalla nomina a segretario politico della DC, in una riunione romana presenti i segretari milanesi, provinciale Camillo Ferraris e cittadino Gino Colombo, nonché il capogruppo dei consiglieri comunali Massimo De Carolis.
Da quel momento si poteva già considerare sferrato l'attacco su Milano, preda prelibata, strategicamente e qualitativamente, per la Democrazia cristiana nazionale e per Fanfani. Il capoluogo lombardo, con tre anni di
anticipo sul governo, aveva sperimentato il centro-sinistra; la prima città che dalla Liberazione aveva avuto solo sindaci socialisti e socialdemocratici.
Lo scandalo della metropolitana
Naturalmente, per comprendere la crisi di palazzo Marino, vanno presi in considerazione anche fatti di un certo peso e gravi. Questi hanno contribuito ché la DC milanese giocasse tutte le carte per prendere tempo e differire ogni scadenza di verifica concreta, piegando il consiglio comunale alla paralisi più assoluta. Su tutti ha assunto rilievo lo scandalo della metropolitana milanese. Il 16-6 si sparse la notizia dell'avviso di reato per appropriazione indebita aggravata, da parte della procura della Repubblica nei confronti del consigliere delegato della MM, Antonio Salvini, andreottiano, notabile della destra democristiana, che, di fatto, aveva svuotato interamente la presidenza della MM in mano ai socialisti. L'accusa a Salvini riguardava la « distrazione » di centinaia di milioni, usati per il finanziamento della DC, dell'amministrazione della metropolitana, società che è ormai diventata un corpo separato » che sfugge al controllo di una qualsiasi programmazione di politica dei trasporti. Da allora la DC milanese, senza assessori dimissionari, scatena la crisi dando spazio fra l'altro, come di norma accade in simili frangenti, a iniziative speculative che trovano l'esca facile. La DC ne approfitta al massimo e prende a pretesto un comunicato congiunto PCI-PSI sul decentramento (voluto da Aniasi anche per non farsi superare a sinistra da una proposta di Borruso sullo stesso tema) che, facendo proprio il documento votato all'unanimità dai 400 consiglieri di zona, ribadisce le indicazioni in esso contenute. Quelle indicazioni riguardavano: l'elezione diretta dei consiglieri di zona entro un anno dal rinnovo del consiglio comunale; l'identità della figura del presidente di zona con quella dell'aggiunto del sindaco; l'attribuzione ai consigli di zona di pareri vincolanti la giunta in materia di interesse zonale e l'attribuzione di compiti di gestione di alcuni servizi comunali; la dotazione ai consigli di zona di strutture tecnico-burocratiche decentrate dalla macchina comunale. Va inoltre ricordato che in quella stessa occasione le segreterie cittadine del PCI e del PSI avevano concordato di presentare il regolamento che avrebbe dovuto insediare i comitati sanitari di zona in ottemperanza al dispositivo della legge regionale.
L'ostruzionismo della d.c.
La DC si rende così responsabile del-
La d. c. si è resa responsabile ancora una volta dell'immobilismo del comune, disattendendo i bisogni della popolazione
la mancata discussione delle questioni che sono sul tappeto, come l'inchiesta fatta dalla commissione di indagine sulla MM, i provvedimenti di carattere urbanistico, le iniziative nel settore annonario per un intervento contro il caro-vita. I quartieri si mobilitano e presidiano con delegazioni di massa piazza Scala davanti al municipio. Il Ticinese, l'Isola, il Garibaldi manifestano contro l'espulsione della classe operaia, contro la speculazione immobiliare e per una politica alternativa del territorio. Ma fra i motivi della crisi a palazzo Marino ve ne sono senz'altro di quelli che vanno cercati molto indietro nel tempo. Pensiamo alle diatribe fra DC e PSI sul problema edilizio; le vicende dei quartieri Garibaldi e Gallaratese che, in assoluto, non diedero luogo, contro le speranze di qualcuno, a speculazioni che invece avrebbero potuto far fruttare miliardi. Non si dimentichi neppure un fatto marginale ma pur sempre di una certa rilevanza come il rifiuto da parte di Aniasi di concedere la medaglia a Calabresi, rifiuto che nel dicembre dello scorso anno provocò una stupida lettera contro il sindaco indirizzata ai giornali dall'assessore allo stato civile Giuseppino Bossi, amico di De Carolis. Alla fine di giugno la DC impedisce che sia consegnata al sindaco e ai capigruppo la relazione della commissione di indagine sulla MM, che i copresidenti di tale commissione, Savasta (DC) e Dragone (PSI), si erano impegnati a consegnare entro il 25 giugno. Savasta non l'ha ancora firmata; qualche giorno più tardi Dragone appronta per suo conto una relazione sull'attività della commissione di indagine. In quei giorni il PCI met-
te in evidenza le « profonde divisioni » che ci sarebbero nella DC milanese tra una destra e una sinistra sul tema del decentramento.
Apertura della crisi
L'11 luglio viene formalmente aperta la crisi. Il sindaco Aniasi ha annunciato le dimissioni dell'intera amministrazione. Ma le nuove trattative che dovrebbero essere avviate sono abortite dalla DC che chiede la sostituzione del sindaco socialista con uno democristiano. A questo punto il PSI ribadisce che la richiesta della DC contrasta con l'accordo programmatico del 1970. Il segretario cittadino della Democrazia cristiana, Gino Colombo, in passato « avversario » di De Carolis e della destra più cocciuta del suo partito, assistito nella trattativa da Antonio Salvini, afferma che ora si sono aggiunti atti gravi del PSI a livello nazionale e fa riferimento alla crisi del Comune di Torino. Aggiunge che la DC non è più disposta a rinviare alle elezioni del '75 la richiesta del sindaco. Il senso di tutta questa manovra ha un significato ben preciso per il disegno della DC: far in modo che i partiti impegnati nella coalizione di centro-sinistra si sentano impegnati a delimitare la loro solidarietà all'interno della coalizione stessa, non solo a Milano ma ovunque, non solo in consiglio comunale, ma anche nei consigli di zona e nei quartieri. Chiaro il riferimento al PSI, che essendo partito popolare tende ad essere maggiormente in contatto con i
lavoratori, con la base dei quartieri, con il PCI.
A rincarare la dose, il 26 luglio viene emesso dalla direzione provinciale milanese della DC un comunicato sulle giunte anomale dove c'è « una palese violazione degli accordi sottoscritti »; è il caso di Pioltello, duramente stigmatizzato dalla DC, dove esiste un'alleanza tra PCI, PSDI e parte del PSI. Un nuovo bastone fra le ruote perché non si arrivi alla convocazione del consiglio comunale. La DC minaccia lo scioglimento del consiglio ed elezioni anticipate. Lo stesso giorno la giunta decide di convocare il consiglio per il 2 agosto con 8 voti favorevoli (PSI+PSDI) e i 7 contrari della DC; data l'assenza di Bossi, l'assessore democristiano effettivo al quale è subentrato Tognoli (PSI), il primo degli assessori supplenti. Il clima di smobilitazione generale e il deliquio estivo che le vacanze si portano dietro l'hanno avuta vinta, la soluzione della crisi a palazzo Marino è rinviata a settembre. I quattro partiti di centro-sinistra, in un comunicato congiunto diffuso il 1° agosto, si trovano d'accordo su un punto, che la prossima giunta dovrà essere di centro-sinistra. Adesso siamo alla soglia della verifica e coloro che hanno voluto fare manovre speculative, ottenendo regolarmente i permessi del comune, lo hanno potuto fare liberamente. Le masse e la classe operaia della città hanno potuto constatare come la DC, con questa crisi, sia riuscita nuovamente ad insabbiare le rivendicazioni che hanno portato avanti attraverso i consigli di zona e i comitati di quartiere.
milanodieci politica agosto-settembre 1973 - pag. 6
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