Milano domani3

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DOPO IL 20 GIUGNO

A ognuno le proprie responsabilità

Ora che le ferie sono passate è opportuno fare alcune brevi riflessioni sulla situazione politica dopo che il governo Andreotti ha ottenuto la «notv sfiducia ». Molto si è scritto su questo argomento e non sempre le opinioni espresse sono servite a far capire al lettore la situazione nuova che si è venuta a creare dopo il 20 giugno. Vediamo perciò schematicamente quali sono queste novità.

Risulta ormai chiaro a tutti che il vero vincitore delle elezioni è stato il Partito Comunista e che il cosidetto recupero di voti della Democrazia cristiana è avvenuto a spese dei suoi ex-alleati (socialdemocratici e liberali). In questo modo i rapporti di forza parlamentari si sono fortemente modificati, rendendo impossibile numericamente qualsiasi maggioranza di centro-destra e altrettanto impraticabile - per le ribadite posizioni del PSI, del PRI ed anche dei socialdemocratici - il ritorno al centro-sinistra. La DC quindi non occupa più quella posizione centrale nello schieramento politico che per troppi anni le ha consentito di dettare legge, ed il PCI è diventato determinante per qualsiasi maggioranza politicamente stabile. È dalla presa d'atto di questa nuova realtà che ha origine l'accordo per l'elezione di Pietro Ingrao a Presidente della Camera dei deputati e la nomina di sette comunisti a Presidenti di altrettante Commissioni parlamentari. Per lo stesso motivo si è giunti al varo del governo Andreotti con l'astensione determinante del PCI, non rifiutata - per la prima volta in trent'anni - dalla DC. Si tratta di un governo non certo entusiasmante, sia per gli uomini che lo compongono che per il programma presentato, tuttavia pensiamo che l'aver con-

Zingari: che ne facciamo?

(a cura di Maria e Jacopo Meldolesi)

sentito la sua nascita sia stata una scelta coraggiosa ma utile, che sposta il terreno di lotta su un piano più avanzato, anche se non privo di rischi. In questo modo il PCI dimostra infatti di essere più che mai partito « di governo », in grado di farsi carico dei problemi del paese e di proporre le soluzioni utili ai lavoratori e, nello stesso tempo, partito « di lotta » perchè solo attraverso la più ampia mobilitazione a spinta dal basso sarà impossibile sostenere le proposte e le soluzioni avanzate dal partito ed utili a far uscire il paese dalla crisi.

Il governo Andreotti è quindi « ostaggio » del PCI? Non si tratta tanto di questo, quanto piuttosto della necessità di mettere alla prova il « monocolore » democristiano per vedere cosa saprà fare. Di certo si può affermare che da parte comunista non vi saranno indulgenze e che i sacrifici per superare la crisi dovranno essere fatti pagare innanzitutto a coloro che finora hanno goduto di troppi privilegi e di troppe compiacenti immunità.

La « stangata » autunnale di cui tanto si parla in questi giorni è quindi, almeno in parte, un diversivo allarmistico: ciò che ai lavoratori interessa ora sapere, visto che di « stangate » finora ne hanno ricevute fin troppe, è come il governo pensa di affrontare i problemi dell'occupazione e della ripresa degli investimenti, quelli di come far pagare le tasse agli evasori , quelli della riforma sanitaria e della casa, quelli della moralità pubblica. Si tratta solo di alcuni esempi, ma è su queste questioni che il governo gioca la sua credibilità e la sua stessa esistenza.

a. za.

Nella Zona 13 esiste da tempo un accampamento di zingari. La presenza di questa comunità, che ha abitudini di vita così diverse dal resto della popolazione, ha dato origine a problemi ed incomprensioni. Forse è arrivato il momento di chiedersi insieme: chi sono gli zingari? Per cercare di rispondere a questa domanda siamo arrivati a parlare con il Padre Martinoni che da anni si è interessato del problema, prima a livello individuale e poi come Presidente provinciale dell'Opera Nazionale Nomadi, un Ente Morale che a Milano lavora in collegamento con la Ripartizione Lavoro e Problemi Sociali del Comune.

Precisiamo innanzitutto una cosa importante: gli zingari non sono persone che hanno fatto individualmente una scelta di vita diversa dagli altri (come gli hippies, per intendersi); gli zingari sono un popolo. Diversamente però da quanto è avvenuto ad altri popoli migratori che si sono mantenuti uniti oppure si sono completamente integrati nelle nuove realtà sociali in cui sono venuti a trovarsi, il popolo zingaro. originario dell'India, si è frantumato in numerosi gruppi e tribù i quali, pur subendo l'influenza dell'ambiente, hanno mantenuto in parte la lingua, i costumi e le tradizioni originali. In Italia le prime immigrazioni, interamente pacifiche, risalgono al 1300-1400; oggi gli zingari sono circa 60.000.

Per quanto riguarda in particolare Milano e la Zona 13, possiamo riconoscere almeno tre gruppi di zingari. Alcuni appartengono ad una migrazione da tempo stanziatasi nell'Italia Centro-Meridionale (da qui il loro accento meridioriale). Un secondo gruppo proviene dall'Istria e dal Veneto. Gli appartenenti ad entrambi questi gruppi sono cittadini italiani e in genere sono residenti nelle regioni di provenienza, hanno ab-

bandonato il nomadismo propriamente detto e si limitano a spostamenti stagionali in cerca di lavoro. Esiste infine un terzo gruppo, di immigrazione molto recente dalla Jugoslavia, molto poco inserito nella realtà italiana, abituato a spostarsi frequentemente in condizioni molto precarie.

Di che cosa vivono gli zingari? Un'opinione corrente è che essi siano refrattari al lavoro e che sopravvivono esclusivamente di furti. raggiri, traffici illeciti, fastidioso accattonaggio. Il Padre Martinoni assicura che si tratta di esagerazioni, pregiudizi o, peggio, che molte volte gli zingari sono troppo facilmente incolpati di delitti commessi da altri. Obiettivamente si deve ammettere che trovare un lavoro stabile è molto difficile per un popolo così profondamente legato al suo modo di vivere e spesso sfornito dei requisiti necessari (titolo di studio, residenza. ecc.). Inoltre. molti dei mestieri in passato esercitati dagli zingari (calderaio, maniscalco, giostraio) sono legati ad una civiltà contadina che oggi non esiste più. Fino al 1973-74 molti zingari della Zona 13 hanno lavorato come giardinieri al Parco Forlanini; oggi alcune famiglie hanno affittato del terreno e demoliscono automobili, mentre altri lavorano alla Carovana 2000 ( vicino ai 3 ponti) o anche, più stabilmente. presso ditte di Milano. D'altro canto, è estremamente raro che comunità zingare siano coinvolte in delitti gravi. come traffico di droga, violenze e rapimenti. Resta il furto. nei cui confronti la loro morale è piuttosto elastica (ma anche in questo gli zingari non sono proprio speciali: fatte le dovute proporzioni, si pensi, ad esempio alla massiccia evasione fiscale dei settori privilegiati della nostra società). segue a pag. 2

VIALE UNGHERIA:

DI DROGA SI MUORE

Marina Muzzani

Anche a Milano, e nel nostro stesso quartiere di droga si muore. La prova ce la fornisce la sorte toccata al ragazzo diciannovenne rinvenuto circa due mesi fa morente tra le sterpaglie nei dintorni di Viale Ungheria.

Il giovane forse si sarebbe salvato se soccorso in tempo, gli spacciatori, una coppia di giovani sposi, che avevano venduto al ragazzo e ad alcuni suoi compagni la dose necessaria per l'iniezione di eroina da loro precedentemente « tagliata » con stricnina (come ha accertato l'autopsia) si sono infatti rifiutati di prestare aiuto agli amici del ragazzo, che spaventati dallo stato in cui si trovava il loro compagno, si erano recati per un consiglio da quelle stesse persone che poco prima avevano venduto loro la « roba ».

Al di là del caso singolo, resta comunque il fatto che nella zona di Viale Ungheria la droga, almeno quella « leggera », circola ormai da troppo tempo e con allarmante facilità.

A peggiorare la situazione in cui viene a trovarsi la nostra zona, e purtroppo non solo la nostra, è l'evidente ritardo complessivo con cui si cerca di rendere possibile l'applica-

zione della legge relativa alla « Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope ». Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza approvata il 22 dicembre 1975, con la quale per la prima volta in Italia, anche se con certi limiti, venivano introdotte norme innovative atte a ridurre l'ampiezza del fenomeno droga.

Questa legge costituiva infatti un notevole passo avanti in fatto di legislazione sulla droga, almeno per quanto riguarda il nostro paese, e questo per ben due motivi, innanzitutto dava avvio alla lotta contro l'uso indiscriminato degli psicofarmaci e più in generale contro il consumismo farmacologico, inoltre riconosceva il drogato come un individuo da curare, la cui disintossicazione deve avvenire in strutture sanitarie normali, per evitare sia la costituzione di gruppi speciali, di zone ghetto che si occupino da sole del problema, sia per non rendere ulteriormente caotica la situazione sanitaria nazionale. Si è venuto però verificando uno stato di cose per cui la struttura sanitaria normale si rifiuta di accogliere tra i propri pazienti i tossicomani, in quanto, così allei, ma, la patologia da droga è diversa da tutte le altre forme di patologia presenti negli ospedali, e il persona-

le medico e paramedico non è preparato per affrontarla. Occorre dunque creare equipes di medici che all'interno della struttura sanitaria normale siano in grado di prendersi cura del tossicomane come di un qualsiasi altro malato.

Se per rendere meno grave la situazione.è necessario predisporre al più presto i mezzi adatti per la cura e la riabilitazione del drogato, è forse però ancora più necessario sviluppare la prevenzione, cercare cioè dì evitare che si verifichi un'ulteriore diffusione della droga tra i giovani.

Ed è proprio su questa via che l'Amministrazione di Milano si sta muovendo nelle scuole, nel territorio, all'interno dei Comitati sanitari. Ma anche questo non può bastare se non si crea una vigilanza e una sensibilizzazione dell'intera popolazione, ma sopratutto dei movimenti giovanili, perchè è proprio tra i giovani, come le recenti cronache hanno dimostrato, che la droga miete maggiormente le proprie vittime. E se questo avviene perchè sono proprio i giovani i primi a risentire di quella crisi di valori e di istituzioni che la nostra società sta vivendo da segue a pag. 2

ANNO II - n. 5 SETTEMBRE
L.150
1976
PERIODICO DI CULTURA POLITICA E ATTUALITA'

dalla prima

VIALE UNGHERIA

alcuni anni, è compito di tutti dar loro qualcosa in cui credere, qualcosa

per cui vivere e lottare, è forse infat- li a non indirizzare il loro rifiuto in ti questo il modo migliore per aiutar- una direzione certamente sbagliata.

- DROGA -

dalla prima

La scuola è un problema molto grave. L'innata mobilità, la vita "separata" e precaria, l'uso famigliare della lingua "romanes", la presenza frequente di gravi problemi di sussistenza rendono ai ragazzi zingari talvolta incomprensibile una scuola come la nostra, troppo spesso estranea anche ai nostri ragazzi. In generale, si tratta più di un problema di inserimento che di apprendimento: quando si riesce ad interessarli moltissimi ragazzi zingari imparano come gli altri. L'anno scorso 59 di loro frequentavano a Milano le scuole pubbliche, anzi uno ha conseguito il diploma di III media (con la qualifica di buono) proprio nella scuola di via Dalmazia. Pensiamo si possa concludere ricordando che la coesistenza di comunità diverse può essere improntata alla tolleranza oppure alla sopraffazione. Il popolo Zingaro, minoritario e disperso, è stato da sempre oggetto di persecuzioni, sotto le accuse più diverse: come spie dei Turchi, come infedeli, come streghe ed untori. Per gli zingari i nazisti misero in atto lo stesso trattamento riservato agli ebrei: la soluzione finale, cioè lo sterminio. Oggi questi metodi

Zingari

sono, fortunatamente, impensabili; però la sopraffazione può continuare, magari con l'attribuire agli zingari responsabilità che non hanno, col rifiutare di affrontare serenamente il problema, con il cercare di liberarsi della loro presenza adoperandosi per far trasferire i loro accampamenti, non importa dove. La via della tolleranza e del rispetto umano è naturalmente tutto il contrario di questo. Non si tratta di accettare tutto ad occhi chiusi, magari in nome di un amore astratto e di maniera, ma di lavorare per l'inserimento, non l'integrazione, degli zingari. Questo vuol dire salvaguardare, da un lato, l'identità culturale e le tradizioni del popolo; dall'altro, rompere il cerchio dell'emarginazione che Io circonda sul piano culturale, sociale scolastico, politico. Si tratta di lavorare per superare le difficoltà della coesistenza: per esempio, migliorando le condizioni igieniche col fornire gli accampamenti di impianti stabili; impegnandosi perchè la scuola faccia davvero carico dei problemi specifici di tutti i bambini, anche dei bambini zingari; lavorando perchè diminuisca il sospetto e la sfiducia tra le comunità.

LA PERIFERIA 5113 LICA''

Dibattito sul Consultorio familiare

Controllo democratico sugli « specialisti »

A che punto è il Consultorio familiare per la nostra Zona? Come forse i lettori ricorderanno in giugno è stato reso esplicito l'impegno di aprire, entro la fine del 1976, un Consultorio presso alcuni locali dell'asilo-nido di via Zama.

Da un sopraluogo successivamente effettuato sono però emerse alcune difficoltà, sia di tipo logistico (i locali disponibili non sono stati giudicati completamente idonei), che di tipo » burocratico-amministrativo » (le competenze in merito agli asili-nido sono dell'Assessorato Assistenza, mentre l'organizzazione dei Consultori dipende dall'Assessorato Igiene e Sanità). Si è pertanto cercata una soluzione alternativa.

Questa sembra possa essere, da quanto è emerso nel corso di una visita avvenuta il 7 settembre, la scelta di alcuni locali nel nuovo asilo-nido di via Meleri (angolo via Zante), ancora in costruzione ma la cui consegna avverrà entro il mese di novembre. In questo senso si sono espressi sia i funzionari dell'Assessorato Assistenza, sia quelli dell'Assessorato Igiene e Sanità.

Speriamo che non sorgano ulteriori difficoltà per quanto riguarda la sede, anche perchè è bene che fin d'ora si sviluppi il dibattito intorno alla gestione del futuro Consultorio familiare, cosa questa che del resto è già incominciata per iniziativa del Comitato Sanitario della Zona.

Apriamo su questo numero di »' Milano domani » un confronto su questo argomento, al quale invitiamo a partecipare tutte le forze politiche e sociali della Zona.

Secondo la legge regionale, appena approvata, nei Consultori familiari ci sarà il vinecologo, il pediatra, l'ostetrica, lo psicologo, l'assistente sociale e l'assistente sanitaria.

A Seveso, però, Comunione e Liberazione ha iniziato un'aspra battaglia, perchè ci sia anche il sacerdote. La preoccupazione di questa organizzazione è che il cattolico sia spinto a prendere decisioni nel campo dei rapporti umani, della sessualità e dell'aborto, prescindendo dalla morale della Chiesa.

Questa richiesta è stata respinta non tanto perchè la nuova legge prevede finanziamenti a Consultori privati e quindi anche cattolici (nonostante i fondi non bastino neppure per i pubblici!), ma soprattutto perché tutti sono consapevoli che il credente, a differenza del cittadino di diversa fede, può trovare in ogni quartiere il consulente, che gli indichi i principi di morale cattolica, sui quali regolare il comportamento. Se la pretesa di Comunione e Liberazione è stata giustamente respinta, non dobbiamo però sottovalutare il pericolo che il Consultorio diventi un nuovo condizionamento per scelte prefabbricate. Sono soprattutto le donne, ma non le sole, a doversene preoccupare, perchè sono sempre state le prime vittime delle esigenze sociali: madri obbligate, quando bisognava fornire braccia alla terra e alle guerre - cavie prestabilite di qualsiasi metodo anticoncezionale, davanti al rischio della sovrappopolazione. Per evitare questo pericolo è importante che gli operatori sociali aiutino gli utenti a fare le proprie scelte, fornendo a ciascuno le informazioni più obiettive e scientifiche possibili e tutto l'appoggio perchè possano individuare le cause di ogni indecisione e valutare a quali, tra i loro contrastanti sentimenti, dare più peso.

Però non basta la buona volontà dell'operatore,

spesso inconsciamente condizionato. In questo senso ci sembra importante il controllo democratico delle forze del quartiere. Ed esso sarà tanto più efficace se gli esperti del Consultorio non si limiteranno a rapporti individuali con gli utenti. ma riserveranno molto spazio alle iniziative di gruppo. Nel rapporto individuale infatti è più facile che l'esperto si senta tale, sia portato ad agire, parlare, giudicare con spirito di autorità ed il cittadino, a sua volta, più facilmente subi-. sca i suggerimenti con reverenza o con rassegnazione.

Nel gruppo invece le « verità » sono sempre più discusse, le opinioni sono sottoposte a controllo reciproco ed i problemi e le scelte perdono di drammaticità, nella misura in cui sono esperienze comuni. Naturalmente questo tipo di rapporto ha una sua validità, tanto maggiore se affronta i problemi prima che essi diventino acuti.

Il ruolo della donna, dell'uomo, della famiglia tra diverse generazioni, i problemi di rapporto tra i sessi e l'educazione sanitaria e sessuale, la pianificazione familiare, i problemi connessi alla prima infanzia. così come quelli della menopausa devono diventare occasioni di incontro all'interno delle strutture già esistenti nel quartiere (scuole. biblioteche, fabbriche, Consiglio di Zona), spingendo gruppi omogenei, già abituati ad incontrarsi per motivi diversi, a fermarsi a riflettere su queste questioni vitali. Ed il Consultorio. più che essere un centro autosufficiente, che organizza nella propria sede o, talvolta, in ambienti diversi, corsi di educazione per giovani ed adulti, dovrebbe diventare uno stimolo costante al confronto su questi temi per i cittadini del quartiere, cogliendo tutte le occasioni che si presentano.

Ornella De Filippi

Negli ultimi tempi Milano ha visto svilupparsi un dibattito piuttosto ricco non solo sulla cultura in generale, ma anche sulle biblioteche e sui loro compiti.

Per comprendere il senso di questo dibattito è opportuno riferirsi alla realtà del decentramento che, iniziando una nuova prassi. suscita nuovi schemi sociali e culturali, fondati sulla partecipazione, sulla gestione sociale e sulla creatività.

In questa situazione « cultura » non è più un astratto dialogare sui grandi del passato. ma un riflettere sulla nostra realtà concreta e soprattutto riflettere per cambiare. Questo fatto, più che implicare una variazione rispetto ai contenuti tradizionali, richiede un capovolgimento del nostro modo di gestirli, nella misura in cui ci troviamo a rendere attiva e operante una cultura che troppo spesso è rimasta sepolta fra carte polverose.

Le biblioteche in molti luoghi conservano ancora l'impronta di una gestione ormai anacronistica. Con tutto ciò la legge regionale 41 della regione Lombardia apre diverse prospettive concrete e stimolanti di cui diamo qualche cenno.

COMPITI DI UNA BIBLIOTECA: l'articolo 2 indica come prioritari i seguenti: diffondere l'informazione, stimolare l'educazione permanente, diffondere la conoscenza delle tradizioni locali, contribuire all'attuazione del diritto allo studio ... Vale a dire viene posto l'accento sui fattori sociali e educativi, al di là delle facili tentazioni di ogni velleitarismo efficientistico.

LIBRI: restano pur sempreàil baricentro di una biblioteca, ma in questa prospettiva devono essere acquistati con una logica precisa, funzionale alle vere esigenze della comunità in cui si opera.

AUDIOVISIVI: (art. 13) sono strumenti culturali che una biblioteca deve possedere al pari dei libri, per

uso individuale e collettivo.

PERSONALE: (art. 9-13) deve essere qualificato non in vista dello squallido lavoro d'ordine a cui troppo spesso un bibliotecario è costretto, ma al fine di esercitare una attiva consulenza per tutte le organizzazioni culturali della zona, scuola compresa. La sperimentazione di nuove tecniche di animazione e di documentazione rientra nei compiti del bibliotecario, ai sensi della legge.

L'art. 5 definisce che « la gestione culturale delle biblioteche è affidata a una apposita commissione », dotata di poteri effettivi.

L'esistenza stessa di questa commissione implica un rapporto nuovo con la cultura, nella misura in cui ogni scelta non cade dall'alto, ma emerge da un dibattito.

Naturalmente, ad evitare velleità elitarie e campanilismi, è necessario che la discussione sia sempre allargata, passando dai problemi delle biblioteche a quelli complessivi dei Consigli di zona e della città intera, almeno per quanto riguarda la dimensione culturale.

Le prospettive aperte dalla legge regionale possono sembrare (e forse di fatto sono) piuttosto utopistiche rispetto alla situazione reale del sistema bibliotecario milanese, ma non dobbiamo dimenticare che varie esperienze sono già state fatte anche nella nostra provincia. Nelle stesse biblioteche milanesi si sono già realizzati alcuni felici tentativi (Allori, Baggio ...).

Ciò che conta al momento è il fatto innegabile che il problema della politica culturale sta cominciando a porsi concretamente in termini di decentramento. Ci proponiamo pertanto di ritornare sull'argomento in un prossimo numero di « Milano domani » analizzando in particolare la situazione delle biblioteche della nostra zona.

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Le biblioteche popolari nella battaglia delle idee.

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SFIDA ALL'INERZIA

Che la strada sia irta di difficoltà lo riconoscono tutti. Ma oggi non basta più teorizzare sulle ragioni dell'aridità che per lo più caratterizza la vita culturale di quartiere poichè, a ben guardare, si colgono sovente sotto la superficie i segni di fermenti insospettati.

È daltronde convinzione pressochè generale che negli anni passati lo sviluppo di Milano abbia essenzialmente corrisposto ad interessi speculativi a danno dei bisogni socio-culturali della cittadinanza, in ispecie dei giovani.

E ancora. Si è detto e scritto in più occasioni nelle sedi più qualificate che le condizioni e i ritmi di lavoro odierni tipici di un modello di società incapace di definire un corretto rapporto tra valori produttivi e moralità sociale, così come i lunghi tragitti su mezzi di trasporto sia pubblici che privati in un traffico spesso snervante, costituiscono le cause principali che al termine della giornata non lasciano al cittadino lavoratore sufficienti energie residue per dedicarsi ad attività culturali pubbliche.

Quello che invece è mancato fin qui, perlomeno nella nostra zona, è un serio quanto realistico impegno dei soggetti interessati (gli abitanti dei quartieri) mirante ad individuare e promuovere in proprio manifestazioni culturali in forme varie e permanenti.

Sforziamoci perciò di dare il nostro contributo ad una ricerca che dovrebbe interessare larga parte della cittadinanza.

Anzitutto bisogna evitare il rischio di affrontare il problema con spirito dopolavoristico giacché in tale maniera si tende solitamente ad abbassare il contenuto quantitativo delle iniziative con il risultato di ottenere una ancor più accentuata

alienazione della vita di quartiere.

Al contrario, il primo obiettivo da porsi è di mantenere la ricerca su un piano elevato partendo dalle esigenze della popolazione che oggigiorno non si accontenta di surrogati.

Ma da dove prendere le mosse e come agire per far crescere all'interno dei quartieri una continua tensione culturale? Secondo noi, piuttosto che rincorrere vaghe chimere immaginando irrealizzabili strutture o iniziative sproporzionate alla dimensione territoriale della zona, vale la pena di rivolgere l'attenzione verso le strutture locali esistenti per utilizzarle più efficacemente.

Vediamo allora-qual'è la situazione della Zona 13. Attualmente si contano una decina di circoli culturali, compresi quelli parrocchiali, ma il bilancio generale in termini di cultura è tutt'altro che soddisfacente. Le poche iniziative si distinguono non di rado per lo scarso o nullo contenuto e per lo spirito di evasione dai problemi reali della gente sicché viene a mancare qualsiasi risonanza nella zona.

Fanno eccezione i circoli ARCIUISP e, tra questi, il Cinque Giornate, ma anche qui v'è qualcosa da dire. Questo circolo, che ha avuto tra l'altro l'indubbio merito di aver maggiormente favorito il ricupero sociale della suggestiva Cascina

Monluè, si è subito imposto come l'unica forza vitale capace di coagulare attorno a sè autentiche energie culturali; tuttavia i risultati fino ad oggi conseguiti sembrano ancora lontani da quelli ben più prestigiosi cui il circolo potrebbe pervenire quando fosse in grado di sprigionare appieno le proprie potenzialità. A risi sembra che il Cinque Giornate non possa oggi sottrarsi alla responsabilità di favorire con il suo impegno stimolante anche l'affermazio-

COME OPERA IL CIRCOLO CULTURALE "5 GIORNATE"

ne degli altri circoli esistenti che stentano a trovare un proprio spazio nella zona. Ciò, tuttavia, sarà possibile soltanto se il Cinque Giornate saprà mantenersi consapevole del proprio ruolo sociale evitando di privilegiare le motivazioni ideologiche delle iniziative promosse, altrimenti non verrà favorito il realizzarsi di un rapporto reciprocamente fecondo con le altre forze culturali.

Avviare una coraggiosa circolazione di idee confrontando le esperienze di ciascuno e, perchè no, dando vita unitariamente a manifestazioni di comune interesse pur partendo da premesse ideologiche diverse vorrebbe semplicemente dire camminare al passo con le aspirazioni popolari.

Detto quanto sopra, parrebbe logico tentare subito un'analisi degli argomenti (dibattiti, spettacoli, concerti, mostre di pittura, biblioteche, feste popolan) che dovrebbero essere oggetto di iniziative concrete.

Ma in realtà crediamo più corretto lasciare il compito di aprire e condurre il dibattito. magari anche attraverso le colonne di questo giornale, direttamente alle forze interessate, che hanno non di meno il dovere di custodire gelosamente la propria autonomia quale condizione essenziale per la loro stessa sopravvivenza.

Una sola proposta vorremmo personalmente fare per l'immediato: perchè non organizzare una tavola rotonda sul tema dell'educazione sessuale nelle scuole? Sarebbe una buona occasione per un costruttivo confronto nella zona attorno ad un argomento che è insieme di interesse generale e di attualità (alla ripresa dei lavori parlamentari sarà infatti ripresentata la relativa proposta di legge del PCI). Si pensi inoltre al vivace dibattito sollevato nel paese con l'articolo pubblicato il 10 luglio

sul Corriere della Sera dello scrittore Goffredo Parise che si dichiarava contrario all'educazione sessuale vedendo in essa il rischio di un'operazione consumistica alla quale potrebbero associarsi, a suo parere, le grandi istituzioni come la Chiesa cattolica e i partiti politici.

Queste nostre sono semplici osservazioni che richiedono a loro volta un più generale approfondimento.

Spetta agli organismi culturali, politici, sociali e religiosi dei nostri quartieri aprirsi senza diffidenze alla nuova realtà di una città che sta cambiando. Dal canto suo l'Amministrazione Comunale, alla quale da più parti si guarda con speranza, deve fornire ai cittadini specialmente attraverso i Consigli di Zona, nelle forme possibili ma con generosità, la necessaria collaborazione. A6,

tenzione però a non dimenticare che il modello, sperimentato nel recente passato, di attività culturali portate dal centro in periferia e calate sulla testa della gente (si ricordi ad esempio il Teatro-Tendone) è spesso insoddisfacente poiché non sempre si lega agli interessi specifici della gente che in siffatte circostanze reagisce con indifferenza.

Vorremmo infine, concludere citando il sociologo Franco Fortini. secondo il « La domanda di cultura degli ambienti di periferia non è o non è subito, quella della conferenza, del libro, del concerto e simili; è domanda di aggregazione. di solidarietà, di contatto ».

Un'affermazione che ci sentiamo di condividere.

Enrico Brega

Crescere attraverso la partecipazione critica.

spettive che si sono aperte attraverso4a collaborazione tra Ente-Pubblico e forze politico culturali locali. Innanzi tutto c'è da rilevare la naturalezza che si stabilisce nel rapporto di questo fare assieme.

ben duecentosessanta manifestazioni.

La prospettiva però è quella di un incontro tra istituzioni e momenti di base, con tutto ciò che questo processo comporta per la democrazia.

vergognoso errore, non saremo in grado di inserire nel dialogo una spinta che porti la memoria della Verità cristiana.

Nell'ambito delle manifestazioni indette dalla Provincia di Milano all'Idroscalo, che dal 2 giugno scorso (trentennale della Repubblica) si pro trarranno sino alla fine di settembre, il Circolo Culturale A.R.C.I. « 5 GIORNATE » ha contribuito curando l'organizzazione di una rappresentazione teatrale - Lamentass de gamba sana » - portata in scena dalla Compagnia del Teatro Sperimentale di via delle Erbe, e allestendo una mostra di pittura « IMMAGINI DELLA REALTÀ » aperta sino al 20 settembre.

Il 5 settembre, dinanzi ad un pubblico numeroso e divertito, sul

palco eretto di fronte alle tribune, la compagnia diretta da Gianfranco Magni ha dato una riprova non soltanto della sua serietà e preparazione. ma della estrema vitalità del teatro dialettale.L' I I di settembre si è inaugurata la sopra citata mostra di pittura cui hanno partecipatti i pitto-

ri BISIO - FOSSALI - GIUSSANI -

PINOTTI - LIBERIO REGGIANI -

GAMBERINI - ROSSI - VALSECCHI E WAGNEST, tutti pittori che abitano o hanno operato in zona 13.

Piuttosto che soffermarci sul successo sia di partecipazione di pubblico che di commenti, vorremmo fare alcune considerazioni sulle prqL

La ragione pare possa essere individuata nel lavoro svolto precedentemente, in tempi tutt'altro che lontani, dalle organizzazioni periferiche nella direzione del decegtramento. Le condizioni erano allora più difficili: quando non si doveva vincere un certo isolamento, creare momenti di effettivo pluralismo politico-culturale era senz'altro occasionale. Gli steccati storici funzionavano talmente bene che pure un confronto civile su temi di scottante attualità e coinvolgenti l'intera società veniva regolarmente evitato. Al nostro interno si parlava di « circuiti » e di « cultura alternativa » e anche quando le posizioni non erano radicalizzate. la funzione del Circolo era pur sempre, nelle sue manifestazioni, di antagonismo rispetto alla « cultura » diffusa dal - Carosello » e dai mezzi di comunicazione di massa.

Da una parte le barriere ideologiche, le due culture. i due linguaggi. le loro sedi, le nostre sedi (spesso chieste a prestito). Dall'altra la televisione e le pantofole. Da parte nostra, con caparbietà e pazienza, l'esigenza di trovare punti d'incontro. unificare linguaggi, trovare radici culturali e obbiettivi d'interesse comuni. Una ricerca continua di ciò che unifica. di capire e far capire. Quindi ci pare che la fase attuale sia caratterizzata da un dato politico nuovo importante: che la Provincia (come in misura diversa i consigli di zona e il Comune) si sia assunta un ruolo moltiplicatore e unificante in questo processo emergente della realtà di base milanese.

Siamo ancora lontana da realtà esistenti in altre città italiane, quali ad esempio Bologna e Firenzedove quest'estate sono avvenute

In un recente articolo « Gli scomodi colori della nostra cultura » apparso sul Corriere della Sera del 28 agosto 1976, Carlo Bo, dopo aver analizzato i ritardi e le cecità rispetto alla realtà del paese, della cultura cattolica, afferma che » al momento del confronto, quando ci sarà, si continuerà a pagare questo lungo e

A meno che non siano proprio i marxisti a scoprire che senza questo ultimo approdo non si cosjruisce nulla che tenga e insegnino a.chi ha dimenticato e tradito lo spirito che la salvezza sta nella partecipazione critica, non nella separazione ». Non possiamo che sottoscrivere e fare nostre queste considerazioni.

Emanuele Vaglieri

CULTURA E VITA DI QUARTIERE
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del decentramento)

Milano cambierà volto?

Alla fine di giugno è stato presentato in Consiglio comunale il nuovo Piano regolatore di Milano, lo strumento urbanistico più importante di cui una città possa dotarsi.

È una sorta di verifica del lavoro che, in questo settore, la nuova giunta democratica ha saputo compiere nei mesi passati. La verifica tecnica, in una certa misura era già stata fatta: le relazioni di settore (servizi, industria, mobilità, verde, ecc.) erano già state sottoposte da tempo all'esame dei consigli di zona, dei sindacati, delle categorie professionali interessate. Con una prassi, è il caso di sottolinearlo, certamente innovativa: la città è stata chiamata a giudicare e a modificare lo strumento che ne dovrebbe regolare la crescita nei prossimi anni.

Democrazia e partecipazione hanno contraddistinto dunque il lavoro della giunta: il PRG non nasce nel chiuso di alcuni uffici tecnici, ma nella discussione che per mesi ha animato la città, o, almeno, i suoi organismi del decentramento.

« Milano cambierà volto, allora? » potrà chiedersi qualcuno.

Per rispondere bisognerebbe descrivere la città già costruita, bisognerebbe ripercorrere la storia di centoanni di devastazione del territorio, di speculazione edilizia, di sventramenti che hanno solo favorito nuove posizioni di rendita parassitaria, di piani regolatori approvati e regolarmente aggirati.

Il nuovo Piano regolatore non può inventare una città « diversa »: raccoglie un'eredità, dopo tanti anni di malgoverno democristiano. assai pesante e cerca di smussarne gli aspetti più negativi.

Milano è cresciuta a dismisura soffocando l'hinterland, facendone un immenso quartiere di dormitori e di fabbriche inquinanti: il nuovo PRG si pone in un'ottica comprensoriale, cerca di armonizzare le necessità della città con quelle dei paesi della cintura, il punto di riferimen-

A Milano sono diminuite le fabbriche e i posti di lavoro. La popolazione operaia ha dovuto lasciare la città. Il nuovo PRG vuole difendere la struttura produttiva della città. Non un nuovo sviluppo incontrollato e caotico, non nuovi capitali investiti in una zona già « forte » di industria, di uffici, ecc. Ma interventi che consentano alle industrie e alle fabbriche di adesso di non essere soffocate da problemi di spazio, di mantenere una loro vitalità produttiva e i livelli occupazionali attuali.

P. ta Venezia ai primi dell'800 to costante è il piano intercomunale (P.I.M.)

L'espulsione dei ceti popolari dai quartieri centrali o semicentrali della città, promossa dalle grandi immobiliari che volevano trasformare vecchie case in palazzi di lusso, è diventata, dopo gli anni sessanta, frenetica.

La prima risposta è venuta dalle lotte popolari per la difesa del quartiere Garibaldi e l'Isola. Poi è venuto il primo piano di 167, che la nuova giunta ha perfezionato e ha iniziato a realizzare, integrandolo nel piano regolatore.

Su questa scelta della giunta si è aperta una polemica assai aspra: la DC milanese, dopo aver consentito per trent'anni qualsiasi speculazione, sostiene ora per Milano la necessità di uno « sviluppo zero ». Ma questa formula significa, in queste condizioni, non controllare o frenare lo sviluppo di Milano rispetto all'hinterland e alla Regione, significa piuttosto innestare un irréversibile processo di decadimento produttivo che priverebbe in poco tempo la città di migliaia di posti di lavoro. Scelta che colpirebbe evidentemente non solo i lavoratori ma tutti i ceti produttivi della città.

Le industrie devono quindi rimanere e deve essere garantita la possibilità di una crescita produttiva, nel quadro evidentemente di attente scelte tecnologiche.

I servizi sociali (scuole, asili, giardini, centri civici, ecc.) sono ancora un grave problema per la città: vi si è fatto fronte con il « piano dei servizi », che punta al recupero di strutture già esistenti e di tutti gli spazi liberi disponibili. Un censimento dunque delle necessità della città e delle possibilità concrete di farvi

Milano: Corsia dei Servi ai primi dell' 800 fronte. La giunta si muove dunque, nei limiti di una legislazione assai carente e contradditoria, in una città già devastata da decenni di speculazione, con rigore, ricercando la collaborazione critica di tutti i cittadini. Tra i provvedimenti della nuova Amministrazione democratica va ricordata ad esempio la revoca « per caducazione » di numerose convenzioni di lottizzazione, stipulate pri-

ma del 1968 con privati, non realizzate o realizzate solo in parte. Sono così cancellati accordi vecchi di anni per massicce edificazioni di carattere speculativo. È il segno di un nuovo modo di concepire la città e insieme della volontà di fare del piano regolatore, sgombrato il campo da tutta una serie di vincoli assunti dalle precedenti amministrazioni, uno strumento di pianificazione dello sviluppo della città veramente efficace.

I Problemi d DELLA ei ghisa A COLLOQUIO ZONA COL CAPO DEI VIGILI

La figura del vigile urbano è nota a tutti, ma la sua notorietà è legata, per la maggior parte dei casi a fatti piuttosto spiacevoli.

Non tutti infatti conoscono sufficientemente quelle che sono le condizioni in cui svolge il suo servizio, né soprattutto i problemi che si trova di fronte e che tutto sommato sono i nostri problemi.

« Milano Domani » ha quindi deciso di intervistare il capo del presidio dei Vigili Urbani della Zona 13, Sig. Aldo Violini.

D - Di quanti vigili dispone la Zona 13?

R - Il presidio della Zona 13 è composto da tre vigili di quartiere e un sottufficiale. Vorrei però precisare che la Zona 13 comprende l'Ortica e si estende fino a Ponte Lambro e a via Repetti. Un territorio quindi molto esteso in cui la presenza di quattro vigili è senz'altro insufficiente.

D - Quali sono le vostre funzioni?

R - Per quanto riguarda le funzioni da noi svolte, esse vanno dalla normale vigilanza urbana con i turni alla 8 e alle 12 davanti alle scuole elementari, ad un vero e proprio lavoro amministrativo come emissari del Comùne e di

altri uffici. Tra i nostri compiti infatti sono anche gli accertamenti anagrafici e di residenza, che in particolar modo nel nostro quartiere richiedono l'impegno maggiore.

D - Quali sono i principali problemi viabilistici della zona?

R - Problemi viabilistici di una certa importanza nella nostra zona non ce ne sono, perchè da un punto di vista urbano essa è ben strutturata. La segnaletica, a parte alcune richieste inoltrate all'ufficio tecnico (es. vialetti di Viale Ungheria), è buona. Altri problemi come quelli posti dai lavoratori della Fabbri riguardo alla pericolosità delle vetture in sosta sulla panchina tramviaria possono richiedere al più una più severa vigilanza. I problemi come vede non sono gravi e sono senz'altro risolvibili.

D - È stato posto il problema viabilistico in relazione al futuro insediamento della nuova Sede Standa in via Zama che conterà circa 1500 dipendenti?

R - No, il problema a livello di presidio non è stato posto poichè riteniamo che esso non creerà disagi né alla via Zama (oramai

via Cantagallo) né alla zona. Se problemi ci saranno potranno riguardare i servizi pubblici e quindi I'A.T.M. È stato invece posto il problema del nuovo insediamento di via Salomone. che creerà nuove esigenze a cui speriamo di poter assolvere nonostante l'esiguità del personale disponibile. Attendiamo comunque sia le richieste che ci verranno dai lavoratori della Standa, sia il contributo e le proposte dei cittadini interessati.

D - Qua l'è la situazione dell'ordine pubblico della nostra zona, in particolar modo in riferimento al problema del teppismo e della droga?

R - Per quanto riguarda la delinquenza e la droga la situazione ormai tutti la conosciamo ed è grave soprattutto per il secondo caso. Ma per quanto riguarda la vigilanza e la prevenzione non esiste un collegamento diretto tra noi e le forze di polizia. Il problema del teppismo invece lo sentiamo molto di più, visto che ogni giorno le nostre scrivanie sono piene di denunce per danneggiamenti e furti di veicoli. Anche qui però il nostro im-

pegno non può andar oltre una maggior vigilanza e, per quanto possibile, una maggiore solerzia.

D - Quali sono le carenze di cui soffre il corpo dei vigili urbani e in particolare quali sono le condizioni di lavoro in cui opera il vigile?

Qual'è il suo rapporto col cittadino?

R - Le carenze sono senz'altro molte, ma la principale e più determinante è la mancanza di personale. Questo problema, come ho già sottolineato, è particolarmente sentito nel nostro quartiere. Le conseguenze sono molte e riguardano sia le condizioni di lavoro: straordinari, turni faticosi e male organizzati; sia i rapporti col cittadino che troppe volte è costretto a cercarci (spesso senza sapere dove siamo) e quindi giustamente a protestare. Risulta quindi evidente che questa situazione non può certo favorire né l'efficienza del nostro servizio, né quel rapporto di collaborazione e di amicizia che cerchiamo di instaurare tra noi e il cittadino. Per questo motivo penso di chiedere alle autorità l'assegna-

zione di almeno un uomo, che non risolverebbe certo totalmente la situazione ma contribuirebbe a migliorarla. Questa assegnazione ci permetterebbe infatti, oltre che di programmare e quindi migliorare sia il lavoro che la turnazione, di lasciare sempre un vigile presente al presidio per assolvere alle richieste del cittadino.

D A quando il vigile di quartiere?

R - L'esperienza del vigile di quartiere è già stata attuata da alcuni mesi, seppure come prova, nella Zona Venezia dove sembra stia dando ottimi risultati. Personalmente penso che il vigile di quartiere, almeno nelle sue principali funzioni, già esista da parecchi anni a Milano, e che non si tratti quindi di inventarlo ma di fornirgli gli strumenti adatti per poter svolgere efficacemente la sua funzione che è essenziale di collaborazione e di amicizia con il cittadino. Non resta quindi che augurarci che esso venga istituito al più presto anche nella Zona 13.

(a cura di Mimmo Casucci)

&ta

Un nuovo progetto per vivere nella nostra zona

Raggruppamenti di case, concentrazioni di industrie e di uffici di ogni tipo e dimensione, numerosi servizi tecnologici per un'intera città, grandi infrastrutture primarie cinematiche, un vasto parco, brandelli di verde già agricolo ora abbandonato: questa è la Zona 13.

ciali oltre che abitare, è reperire aree (26,5 mq/ab.) dove poterli realizzare vincolandole a tale scopo, in modo tale da trasformare raggruppamenti di case in quartieri (quattro in Zona 13: Forlanini, Morsenchio, Pontelambro, Salomone): con centri di vita (civile-sociale, religioso,

abusivamente in violazione al piano regolatore generale e alle servitù aereonautiche, perché situata proprio lungo la fascia di collegamento del parco Forlanini con l'area della abbazia-cascina di Monluè. Dotare la città dei servizi sociali mancanti o insufficienti, necessari

industriali e terziarie: con mense, servizi di pronto soccorso, centri di medicina preventiva, sedi delle organizzazioni sindacali, verde. Nulla di questo esiste nella Zona 13: sono perciò individuare aree a sud del C.A.M . M., all'interno dell'area della convenzione Cabassi e della Montedison.

Il Consiglio di Zona richiede che ne siano individuate altre nell'area industriale e terziaria lungo la cintura ferroviaria di fronte alla stazione di Rogoredo, dove non ne è stata individuata alcuna.

Pianta del centro di Milano ai primi de/l800

Avrebbe potuto sorgere facendo centro sulla abbazia-cascina di Monluè, e in questa disposizione acquistare proprie originalità; invece i piani regolatori generali del 1934 e del 1935 l'hanno disegnata come una delle tante squallide periferie con le sue lottizzazioni selvagge senza la minima volontà urbanistica di realizzarne una comunità a misura d'uomo. La nuova « variante generale al piano regolatore genti-aie di Milano », che in questi giorni affronta il dibattito politico verso la sua approvazione a « piano vigente », cerca nelle sue linee e nelle sue prospettive di dare un nuovo volto alla città di Milano e quindi anche alla Zona 13.

Difendere la composizione sociale della popolazione della città, evitando l'espulsione dei ceti popolari, è salvaguardare le vecchie case, dentro e fuori del centro storico, acquisendole al demanio comunale e risanandole con l'applicazione della legge n° 167 anno 1962: in Zona 13 a Pontelambro e a Morsénchio; come pure individuare aree per edilizia popolare: in Zona 13 già realizzati al Forlanini-Monluè, a Morsenchio e a Pontelambro (lotto 25), o in costuzione in via Salomone (lotto 64), limitando all'esistente l'edilizia privata, che per la logica d; mercato svolge una funzione contrastante con gli obiettivi del piano: in Zona 13 molto poca.

Dotare la città dei servizi sociali mancanti o insufficienti, necessari per permettere alla popolazione di vivere, cioè di stringere rapporti so-

commerciale), scuole (asili-nido, materna, elementare, media), verde (giardini, campi gioco, impianti sportivi). La Zona 13 è per questo fra le più dotate dell'intera città: oltre a quelle già adibite a servizi (centri religiosi, centri commerciali, scuole, verde) sono individuate nuove aree soprattutto dove i servizi sono mancanti o insufficienti (centri civili-sociali, verde; e inoltre: il centro religioso al Salomone, il centro commerciale a Pontelambro, nuove scuole in entrambi).

Difendere le strutture produttive della città, evitando l'espulsione dell'industria a vantaggio del terziario amministrativo e direzionale, è salvaguardare i vecchi opifici, organizzando piani di zona di intervento pubblico e risanandoli con l'applicazione dell'art. 27 della legge n° 865 anno 1971: in Zona 13 la Montedison, la Richard Ginori e soprattutto quella polverizzazione di piccole-medie fabbriche sita nell'area dell'ex-Caproni, come purè individuare aree per l'industria: in Zona 13 già insediata al C.A.M. M., nell'area della convenzione Cabassi, all'inizio di viale Forlanini, lungo la tangenziale est di fronte a Monluè, lungo la cintura ferroviaria di fronte alla stazione di Rogoredo, limitando all'esistente il terziario, che favorisce e l'espulsione dei ceti popolari e l'aumento del flusso pendolare: in Zona 13 in via Cavriana e in via Zama oltre il passaggio a livello di via Bonfadini. Il Consiglio di Zona chiede che venga trasferita l'industria D.A.C., sorta peraltro

per permettere ai lavoratori di lavorare con dignità e sicurezza fisica e sociale oltre che produrre, è reperire aree (20% dell'area per l'industria e 100% della superficie utile di piano per il terziario) dove poterli realizzare vincolandole a tale scopo, in modo tale da trasformare concentrazioni di industrie e di uffici in aree

Dotare la città dei servizi sociali mancanti o insufficienti, sempré come previsto dalla legge regionale n° 51 anno 1975, è reperire aree (17,5 mq/ab.) dove poterli realizzare vincolandole a tale scopo, in modo tale da trasformare una città informe in più comunità organizzate nel loro territorio, con le scuole medie superiori, gli ospedali, i parchi. Vaste aree libere in Zona 13 permettono facili individuazioni: in via Salomone le scuole medie superiori, tra Pontelambro e la tangenziale est l'ospedale (tuttavia l'area poco felice obbligherà a considerare un ridimensionamento della proposta originaria del piano ospedaliero regionale), e inoltre a parchi fra loro collegati con percorsi pedonali e ciclabili il parco Forlanini ampliato per tutta l'area dalla cintura ferroviaria alla strada di circonvallazione dell'Idroscalo fra viale Forlanini e via Corelli, l'area dell'abbazia-cascina di Monluè è quella della cascina Grande, tutelando al loro interno, dove esistano, le attività agricole. Soddisfare le esigenze di una città moderna e garantire la conservazione ecologica dell'ambiente, è possedere servizi tecnologici efficienti, per la loro natura fastidiosa da ubicare in zone isolate, dove svolgendo il loro indispensabile compito meno arrechino disturbo alla popolazione, che pure ne fruisce i benefici. Molti di essi sono ubicati in Zona 13: già realizzati il forno di incenerimento dei rifiuti in via Zama, le centrali dell'acqua potabile in piazza Ovidio e a Linate, il gasometro in via Cavriana (quest'ultimo sarà soppresso con la metanizzazione del gas), o previsti gli impianti di depurazione delle acque di fogna su ambe le sponde del fiume Lambro a sud di Linate e Pontelambro, una rimessa A .T.M. fra la Montedison e la Redaelli. La costituzione di concorsi industriali per la depurazione e il riciclaggio delle acque, l'abbattimento dei fumi, l'eliminazione dei residui solidi sarà compito della pianificazione particolareggiata esecutiva. Il Consiglio di Zona rifiuta la proposta di canalizzazione del fiume Lambro perché altera l'ambiente naturale del medesimo, non elimina alle origini le cause di inquinamento, e costituisce inoltre un'ingente spesa pubblica.

Garantire la mobilità sia all'interno della città che fra città e comprensorio, è realizzare una rete extraurbana e una griglia urbana, che selezionino traffici diversi fra loro conflittuali su itinerari diversi e indipendenti: separando il traffico di transito dal traffico pendolare e locale. e affidando quanto più possibile di quest'ultimo al trasporto pubblico. In Zona 13 il traffico di transito è costretto sulla tangenziale est, sulla strada statale Paullese e sulla strada provinciale Rivoltana. oltre quello ferroviario lungo la cintura ferroviaria, la linea Milano-Venezia e allo smistamento. e quello aereo all'aeroporto Forlanini di Linate. Il traffico pendolare è costretto su viale Forlanini e il prolungamento della strada statale Paullese dalla tangenziale est a piazza Bologna. L'interscambio fra traffico automobilistico extraurbano e trasporto pubblico urbano è favorito dalla realizzazione di due grandi parcheggi: all'inizio di viale Forlanini e lungo la strada statale Paullese a sud di Pontelambro, in corrispondenza di una linea tramviaria protetta ad alta capacità, che dal percorso attuale del tram n° 24 in via Mecenate si dirigerà lambendo Pontelambro alla nuova stazione ferroviaria di S. Donato. Un'altra linea ad alta capacità correrà lungo la cintura ferroviaria: metropolitana in superficie; una stazione è prevista in via Zama. I percorsi di linee automobilistiche tributarie verso le linee tramviaria e metropolitana, come la strutturazione di tutta la mobilità minore, saranno compito della pianificazione particolareggiata esecutiva. Il traffico locale graviterà sull'asse primario di via Mecenate, e l'accesso principale alla città sarà costituito da via Lombroso, che garantisce un migliore scorrimento di viale Corsica. Il Consiglio di Zona chiede, che quale mobilità secondaria. essendo essa in Zona 13 essenzialmente al servizio degli autotrasportatori, alle vie Salomone è Ungheria vengano sostituite le vie Zama. Quintiliano. Dione Cassio e Fantoli, così da rendere i percorsi dei pesanti automezzi esterni alle aree residenziali.

La nuova « variante generale al piano regolatore generale di Milano » è finalmente una risposta positiva alle necessità urgenti e profonde di una città moderna: essa salvaguarda rigidamente gli interessi della popolazione e dei lavoratori contro i colpi di mano della speculazione, e interpreta organicamente le loro svariate esigenze di vita. È compito della popolazione e dei lavoratori conoscere e difendere le norme del piano, garantendone l'attuazione con la partecipazione democratica alla pianificazione particolareggiata esecutiva.

Luigi Mussio

Al centro dell'attività e dell'attenzione del Consiglio di Zona in questi ultimi mesi si sono posti, ancora una volta, i problemi che gravano sul rione Ponte Lambro.

L'istituzione di una commissione speciale, che ha seguito in modo particolare il problema della assegnazione degli ultimi appartamenti del lotto 25, ha consentito di conseguire un importante risultato con l'assegnazione di un primo lotto di alloggi a famiglie di Ponte Lambro.

La continua azione di pressione condotta dal Consiglio di Zona ha contribuito al raggiungimento di un altro obiettivo di fondamentale rilevanza per l'avvio del pl'ocesso di risanamento del vecchio quartiere: il CIMEP ha adottato definitivamente il piano di 167 per Ponte Lambro. Il

piano verrà ora presentato alla Regione per la sua definitiva approvazione.

Strettamente connesso al problema abitativo è quello riguardante l'edilizia scolastica.

La necessità di formulare una previsione sul fabbisogno di edilizia scolastica e le concrete possibilità di attuare un piano a breve e medio periodo, sono stati i temi che il Consiglio di Zona ha discusso in una riunione congiunta con gli assessori Bonzano e Cuomo.

Sviluppare correttamente un discorso previsionale sul fabbisogno scolastico, significa andare ad una sollecita definizione dei problemi di Ponte Lambro, considerandoli nelle loro globalità.

Preso atto che il problema dellaà edificazione della scuola materna

sembra avviato a soluzione in tempi relavitamente brevi, il Consiglio di Zona ha ribadito la richiesta di mettere in piano per il prossimo esercizio l'ampliamento dell'edificio della scuola elementare di via Umiliati.

L'adozione di soluzioni, oggi inevitabili, che comportano il trasferimento fuori quartiere di parte della popolazione scolastica, può essere responsabilmente accolta solo nell'ambito di una definizione di transitorietà.

In ultima analisi appare sempre più evidente che approfondire il discorso sulla scuola, significa coinvolgere inevitabilmente tutta la problematica di Ponte Lambro; ed è su questo terreno che il Consiglio di Zona, nei prossimi mesi, si impegnerà in un confronto costruttivo con l'Amministrazione.

DEL CONSIGLIO DI ZONA
L'ATTIVITA'
Quando la scuola materna a Ponte Lambro?

PoLefriC PER iMMA4

Penso che i manifesti prodotti dal Circolo F.G.C.I. AMILCAR CABRAL operante nella Zona 13 e in particolare nei quartieri ZAMA e FORLANINI non siano passati inosservati. La nostra attività è iniziata nel periodo di sbandamento sociale e politico determinato dall'ultima crisi di governo (scandali, incendi alle grandi industrie ecc.) ed è, per ora, terminato con la fine della campagna elettorale carica di ansie e di tensione per tutti.

Recentemente, con alcuni compagni, abbiamo rivisto le fotografie dei nostri lavori da aprile a giugno e ci siamo resi conto di essere sulla strada giusta: niente demagogia, nessun tipo di slogan ed un tentativo di ricerca sebbene ancora embrionale perseguito da tutti noi con im-

pegno e partecipazione.

poi ha portato ai risvolti elettorali che tutti abbiamo sentito (discorso di Arezzo) era stato interpretato immediatamente da noi come tentativo di « restaurazione », di rivalutazione di tutto un settore clericale e conservatore che poi di fatto, come dicevo sopra, ha pesato sulle scelte e su quella complessa e triste realtà democristiana. Da qui è nato il manifesto che ritraeva il « nostro » accolto calorosamente, invocato da uomini in toga, in doppiopetto e in tonaca. Ci siamo serviti sia di simboli, di uomini « tipo » (il capitalista

to è sempre lo stesso: per la carta abbiamo usato manifesti vecchi dall'altra parte, pittura ad acqua, matite pennelli e pennarelli.

L'esigenza di esprimerci non importa in che modo o con quale padronanza di mezzi o di tecniche ci ha portati ad iniziare questo lavoro spinti essenzialmente da una gran voglia di « fare ».

Poi, in seguito, quando abbiamo cercato di razionalizzare questa iniziativa, il discorso è andato ampliandosi e siamo finiti col discutere di simboli vecchi da abolire, da rin-

A zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA CHI F,4 comoo L FUOCO NELLE FABBRfCHE ? egAre

Qa posta dei lettori 13)

Egregio Direttore

Chiediamo ospitalità al suo giornale per le seguenti informazioni: in Zona 13 ha funzionato per l'anno scolastico 1975-76 e funzionerà per il 1976-77 una Scuola Popolare per la preparazione agli esami diiLicenza Media. Essa si rivolge a coloro che ne hanno bisogno, ad esempio: lavoratori che ritengono utile rimettersi a studiare, oppure hanno bisogno, per qualsiasi ragione, del diploma al lavoro; giovani che non hanno concluso. per i più disparati motivi, la scuola media: ad essi la mancanza di titolo di studio rende ancora più difficile trovare un'occupazione; casalinghe che si trovano alla prese con i problemi di scuola - compiti, rapporti con gli insegnanti, gestione - per via dei figli.

L'esperienza dell'anno scolastico 1975-76 ci ha confermato che in Zona 13 queste esigenze esistono; riteniamo che ad esse occorre dare una risposta seria. La Scuola Popolare crede di potersi presentare come una iniziativa adatta a rispondere. anche se parzialmente, a queste esigenze. Infatti lo scorso anno ha presentato agli esami i lavoratori -

studenti presso la Scuola Media di via Dalmazia e tutti sono stati promossi.

Trattandosi di un problema reale della Zona ci sembra necessario l'interesse e l'intervento delle forze politiche e sociali della Zona e degli organismi amministrativi, in particolare per due grossi problemi della Scuola Popolare:

- una sede, che ci permetta di avere due classi, una per gli adulti, l'altra per i giovani, che hanno esigenze diverse di didattica. il finanziamento, perchè la Scuola Popolare è gratuita per gli utenti. Studiando cose utili da ottobre a giugno la Scuola Popolare prepara chi è interessato agli esami di licenza media: è un impegno serio e ne vale la pena.

Gli interessati si possono rivolgere alla sede provvisoria in via Bonfadini n 117 (al martedì e venerdì. dalle 21 alle 22.30 oppure alla domenica mattina) per ogni informazione.

Abbiamo poi potuto constatare che i momenti di vita politica nazionale ed internazionale che ritenevamo interessanti e che diventavano argomenti per i nostri manifesti sono rimasti, emblematicamente, casi insoluti od hanno avuto risvolti sconcertanti.

Alcuni esempi: in quel periodo scoppiava lo scandalo « LOCKHEED » e noi uscivamo con manifesti non solo molto critici sull'operato dei nostri ministri o responsabili di governo in termini di politica generale, ma anche, nell'eventualità di errori da codice penale da essi compiuti, che questi poi non venissero giustamente pagati. E ancora, il recupero di Amintore al Consiglio Nazionale della D.C. che

col cilindro, satira alla GAL o alla

CHIAPPORI, dei quali abbiamo anche riportato anche alcune strisce) che di una rappresentazione grafica di alcune situazioni (il padroncino che scappa in Svizzera con una carriola piena di soldi dicendo « La nostra è una mentalità europea, Industrie in Italia, capitali all'estero) con molta libertà espressiva.

Le vignette, la grafica, le tecniche sono variate mentre il materiale usa-

novare, di luoghi comuni ancora presenti in tutti noi (il cattivo colla faccia brutta, il ricco sempre vestito bene) ormai superati. Discorsi rimasti aperti che senz'altro riprenderemo quest'anno con la nostra attività in quartiere, cercando di riferirci sempre più ai problemi che riguardano specificatamente la nostra Zona.

(MILANOLbambini)DOMANO

Pallina vuol diventare grande. E dice di aver scoperto il sistema. Il sistema è fumare - afferma Tutti i grandi fumano.

Mamma, papà e anche il fratellino, Lino.

Hanno sempre una sigaretta in bocca.

Veramente Lino, non sempre. Ce l'ha quando non lo vede mammà.

E papà.

Pallina ha rubato una sigaretta a mamma. e tre fiammiferi dalla cucina. Sto per diventare grande - pensa. Voi cosa dite?

Pallina è curiosa.

Vuol sapere cosa si prova a fumare.

Pallina ha la sigaretta in bocca. Ma appena fa per tirare una boccata Etcì etcì etcì

Pallina fa dei salti per la stanza. Tossisce.

Ecco: ha gli occhi rossi rossi. E i lacrimoni.

Pallina ha deciso di non fumare. Anche se vuol diventare grande. Ha scoperto che i grandi fanno altre cose. Leggere il giornale. Cucinare. Cucire. O andare in tram.

Secondo Pallina fumare è roba da bambinette.

Infatti quando ci ha provato si è sentita più piccola. Perchè quand'era più piccola Pallina era così. Spesso e facilmente aveva i lacrimoni.

Troppo spesso i bambini, e i ragazzi, si sentono rivolgere dai « grandi » delle prediche che spesso considerano moralistiche. Per esempio, quante volte i « grandi » dicono ai bambini di non fumare? Anche Domenico Colella, il giovane scrittore che i nostri lettori già conoscono, pensa che ai bambini il fumo faccia male, però leggete come esprime questa sua opinione! Non c'è, nel suo modo di esprimersi, né moralismo né autoritarismo, ma volontà - e capacità - di interpretare la sensibilità dei ragazzi e di stimolare la loro intelligenza.

6 CREATIVITA' GIOVANILE
(ili animatori della Scuola Popolare LA SCUOLA POPOLARE DI VIA BONFADINI Domenico Colella

Nota di Medicina

LE MALATTIE DELLA PELLE:

IL CASO DI SEVESO

Alcuni anni fa, in provincia di Bolzano, i medici riscontrarono sul la pelle di oltre 300 bambini delle chiazze bluastre, non riferibili ad alcuna nota malattia dermatològica, che furono chiamate « macchie blu macchie di Chizzola », dal nome del paese, nel quale per primo vennero osservate.

Sulla zona gravava da tempo una densa cortina di fumo, prodotto da una fabbrica di alluminio, ricca tra l'altro di acido fluoridrico. Si avanzò l'ipotesi (mai provata e mai smentita) che le macchie cutanee fossero in qualche modo in relazione con l'acido. Le macchie blu di Chizzola, divenute famose in tutto il mondo dermatologico, rappresentarono un preoccupante avvertimento sulle malattie cutanee di massa da inquinamento.

Il crimine di Seveso (a questo punto è assurdo parlare di incidente) ha provocato in centinaia di persone vari tipi di manifestazioni cutanee: 1) ustioni di I e Il grado (arrossamenti e bolle) sulle superfici cutanee venute a contatto con le sostanze tossiche; 2) fotodermatiti: cioè dermatiti dovute all'azione combinata del sole e dei tossici e percìo localizzate sulle zone di pelle esposte alla luce. Sono le manifestazioni più gravi; 3) papule, pustole, cunedoni a sede follicolare o più profonde manifestazioni tipiche in parte della cosidetta acne clorica (nota come malattia professionale, che compare nei lavoratori che sono a contatto con elementi chimici clorati). Le malattie cutanee sono dovute non solo alla diossina (della cui azione tossica sulla cute non si conosceva praticamente nulla), ma anche ad altri tossici (es. tetraclorobenzolo, tetraclorofenolo), derivati

Distretti scolastici

Nel prossimo mese di novembre, con l'istituzione dei Consigli di distretto scolastico, dovrebbe avviarsi la seconda fase dell'attuazione dei nuovi istituti di democrazia scolastica.

L'importanza dei nuovi organismi risiede nel fatto che con la loro costituzione si supera finalmente la tendenza a limitare la partecipazione alle sole componenti scolastiche (genitori, studenti, personale della scuola), avviando una prima esperienza di partecipazione sociale alla gestione della scuola con l'immissione nel Consiglio di distretto di due nuove componenti.

La prima di queste due componenti sarà quella dei rappresentanti degli Enti locali (Comuni e Provincie); la seconda sarà formata dai rappresentanti delle organizzazioni sociali e culturali (sindacati, associazioni degli imprenditori, associazioni culturali).

Il Consiglio di distretto assumerà quindi la struttura di un organo nel quale le forze della scuola entreranno in diretto contatto cor l'articolazione democratica e con le organizzazioni sociali che operano sul territorio: sarà così possibile avviare il superamento di quella concezione della scuola come « corpo separato » che, sebbene combattuta a parole, solo molto parzialmente è stata intaccata dalla costituzione dei consigli scolastici, di circolo e di istituto. I compiti attribuiti al Consiglio di distretto riguarderanno, essenzialmente, l'organizzazione e la qualificazione del servizio scolastico nell'ambito distrettuale. Dovrà pertan-

to elaborare ogni anno un programma per le attività parascolastiche, i servizi di orientamento scolastico e professionale, l'assistenza scolastica (mense, trasporti, buoni libro, ecc.) ed educativa, i servizi di medicina scolastica e di assistenza socio-psico-pedagogica. Il Consiglio dovrà inoltre fornire indicazioni relative ai corsi di scuola popolare, all'educazione permanente, alle attività sportive e culturali degli alunni, alla sperimentazione; avanzerà proposte per la istituzione di nuove scuole e per il miglioramento delle strutture scolastiche, per l'inserimento nei programmi scolastici di studi e ricerche sulla realtà locale, per la migliore utilizzazione del personale della scuola nell'ambito distrettuale.

Come si vede l'istituzione dei Consigli di distretto, ampliano notevolmente i margini di intervento nella realtà scolastica da parte delle forze democratiche. È quindi da prevedere che l'avvio della nuova esperienza non sarà facile, soprattutto per le resistenze che verranno attuate dalla burocrazia scolastica, come non è stato facile, in questi mesi, il lavoro degli organi collegiali nelle singole scuole. Ma proprio l'ingresso nella gestione della scuola delle forze rappresentative della realtà democratica locale potrà consentire di superare molti ostacoli finora apparsi insormontabili e di dare nuovo vigore alla iniziativa di base per lo sviluppo della democrazia scolastica e per il rinnovamento della scuola.

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Diamo, su questo numero di « Milano domani », la parola al dermatologo, prendendo spunto dai gravi fatti di Seveso. Ricordiamo inoltre ai nostri lettori che possono inviarci quesiti di medicina: risponderanno, oltre al dermatologo Prof A. Giannetti, anche il Prof. F. Saibene (chirurgo) e il Dott. G. Zanusso (psichiatra).

Comune di Comune di CESAII0 MARRE SEVESO

I Sindaci di Cesano Mademo e Seveso dichiarano la zona delimitata con cartelli e palificazioni

ZONAINQUINATA

e pertanto

MERCERIA - MAGLIERIA COTONERIE - CONFEZIONI

dal triclorofenolo. Anche se la maggior parte delle lesioni cutanee sono regredite, si ritiene necessaria una serie di controlli nei prossimi mesi, perchè nulla si conosce sugli effetti a distanza dei tossici sopra ricordati.

Le dermatiti da diossina rappresentano un tipico caso di dermatiti da contatto, che costituiscono la più frequente tra le malattie professionali (circa il 25%)e delle malattie cutanee in generale.

ORDINANO

E ASSOLUTAMENTE VIETATO il consumo di verdure, ortaggi, frutta, e altri vegetali, uova, latte anche se bolliti e loro derivati, carni di ogni genere provenienti da questa zona.

E altresi VIETATA r asportazr, -e dei prodotti e l'allontanamento di animali sopraddetti domestici e di allevamento attualmente presenti in questa zona.

Cl ne per la nube di Sevcso, che per tutte le dermatiti da contatto (professionali e non), la medicina curativa mostra limiti ed impotenze assoluti e ripropone in termini chiarissimi la necessità di lavorare per una nuova medicina: quella preventiva, intesa come parte di quella prevenzione politica, sociale e culturale necessaria per eliminare i mali del paese.

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Il Centro Assicurativo Milanese è sorto in via Mecenate 107 per porre la sua pluriennale esperienza assicurativa al servizio degli E abitanti dei quartieri che delimitano la zona 13.1 nostri uffici sono luminosi e accoglienti e la loro posizione non pone alcun problema di parcheggio.

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I funzionari del Centro Assicurativo Milanese sono professionisti altamente qualificati ad operare nel settore assicurativo: lo garantisce la presenza di ben tre diplomi attestanti la specializzazione ed inoltre il riconoscimento giuridico dell'Albo nazionale Agenti di Assicurazione che certifica ufficialmente la competenza professionale.

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DOPO IL 20 GIUGNO

A ognuno le proprie responsabilità

Ora che le ferie sono passate è opportuno fare alcune brevi riflessioni sulla situazione politica dopo che il governo Andreotti ha ottenuto la «noni sfiducia ». Molto si è scritto su questo argomento e non sempre le opinioni espresse sono servite a far capire al lettore la situazione nuova che si è venuta a creare dopo il 20 giugno. Vediamo perciò schematicamente quali sono queste novità.

Risulta ormai chiaro a tutti che il vero vincitore delle elezioni è stato il Partito Comunista e che il cosidetto recupero di voti della Democrazia cristiana è avvenuto a spese dei suoi ex-alleati (socialdemocratici e liberali). In questo modo i rapporti di forza parlamentari si sono fortemente modificati, rendendo impossibile numericamente qualsiasi maggioranza di centro-destra e altrettanto impraticabile - per le ribadite posizioni del PSI, del PRI ed anche dei socialdemocratici - il ritorno al centro-sinistra. La DC quindi non occupa più quella posizione centrale nello schieramento politico che per troppi anni le ha consentito di dettare legge, ed il PCI è diventato determinante per qualsiasi maggioranza politicamente stabile. È dalla presa d'atto di questa nuova realtà che ha origine l'accordo per l'elezione di Pietro Ingrao a Presidente della Camera dei deputati e la nomina di sette comunisti a Presidenti di altrettante Commissioni parlamentari. Per lo stesso motivo si è giunti al varo del governo Andreotti con l'astensione determinante del PCI, non rifiutata - per la prima volta in trent'anni - dalla DC. Si tratta di un governo non certo entusiasmante, sia per gli uomini che lo compongono che per il programma presentato, tuttavia pensiamo che l'aver con-

Zingari: che ne facciamo?

(a cura di Maria e Jacopo Meldolesi)

sentito la sua nascita sia stata una scelta coraggiosa ma utile, che sposta il terreno di lotta su un piano più avanzato, anche se non privo di rischi. In questo modo il PCI dimostra infatti di essere più che mai partito « di governo », in grado di farsi carico dei problemi del paese e di proporre le soluzioni utili ai lavoratori e, nello stesso tempo, partito « di lotta » perchè solo attraverso la più ampia mobilitazione a spinta dal basso sarà impossibile sostenere le proposte e le soluzioni avanzate dal partito ed utili a far uscire il paese dalla crisi.

Il governo Andreotti è quindi « ostaggio » del PCI? Non si tratta tanto di questo, quanto piuttosto della necessità di mettere alla prova il « monocolore » democristiano per vedere cosa saprà fare. Di certo si può affermare che da parte comunista non vi saranno indulgenze e che i sacrifici per superare la crisi dovranno essere fatti pagare innanzitutto a coloro che finora hanno goduto di troppi privilegi e di troppe compiacenti immunità.

La « stangata » autunnale di cui tanto si parla in questi giorni è quindi, almeno in parte, un diversivo allarmistico: ciò che ai lavoratori interessa ora sapere, visto che di « stangate » finora ne hanno ricevute fin troppe, è come il governo pensa di affrontare i problemi dell'occupazione e della ripresa degli investimenti, quelli di come far pagare le tasse agli evasori , quelli della riforma sanitaria e della casa, quelli della moralità pubblica. Si tratta solo di alcuni esempi, ma è su queste questioni che il governo gioca la sua credibilità e la sua stessa esistenza.

a.za.

Nella Zona 13 esiste da tempo un accampamento di zingari. La presenza di questa comunità, che ha abitudini di vita così diverse dal resto della popolazione. ha dato origine a problemi ed incomprensioni. Forse è arrivato il momento di chiedersi insieme: chi sono gli zingari? Per cercare di rispondere a questa domanda siamo arrivati a parlare con il Padre "Martinoni che da anni si è interessato del problema, prima a livello individuale e poi come Presidente provinciale dell'Opera Nazionale Nomadi, un Ente Morale che a Milano lavora in collegamento con la Ripartizione Lavoro e Problemi Sociali del Comune.

Precisiamo innanzitutto una cosa importante: gli zingari non sono persone che hanno fatto individualmente una scelta di vita diversa dagli altri (come gli hippies, per intendersi); gli zingari sono un popolo. Diversamente però da quanto è avvenuto ad altri popoli migratori che si sono mantenuti uniti oppure si sono completamente integrati nelle nuove realtà sociali in cui sono venuti a trovarsi, il popolo zingaro, originario dell'India, si è frantumato in numerosi gruppi e tribù i quali, pur subendo l'influenza dell'ambiente, hanno mantenuto in parte la lingua, i costumi e le tradizioni originali. In Italia le prime immigrazioni, interamente pacifiche, risalgono al 1300-1400; oggi gli zingari sono circa 60.000.

Per quanto riguarda in particolare Milano e la Zona 13, possiamo riconoscere almeno tre gruppi di zingari. Alcuni appartengono ad una migrazione da tempo stanziatasi nell'Italia Centro-Meridionale (da qui il loro accento meridioriale). Un secondo gruppo proviene dall'Istria e dal Veneto. Gli appartenenti ad entrambi questi gruppi sono cittadini italiani e in genere sono residenti nelle regioni di provenienza, hanno ab-

bandonato il nomadismo propriamente detto e si limitano a spostamenti stagionali in cerca di lavoro. Esiste infine un terzo gruppo, di immigrazione molto recente dalla Jugoslavia, molto poco inserito nella realtà italiana, abituato a spostarsi frequentemente in condizioni molto precarie.

Di che cosa vivono gli zingari? Un'opinione corrente è che essi siano refrattari al lavoro e che sopravvivono esclusivamente di furti, raggiri, traffici illeciti. fastidioso accattonaggio. Il Padre Martinoni assicura che si tratta di esagerazioni. pregiudizi o, peggio, che molte volte gli zingari sono troppo facilmente incolpati di delitti commessi da altri. Obiettivamente si deve ammettere che trovare un lavoro stabile è molto difficile per un popolo così profondamente legato al suo modo di vivere e spesso sfornito dei requisiti necessari (titolo di studio, residenza, ecc.). Inoltre. molti dei mestieri in passato esercitati dagli zingari (calderaio, maniscalco, giostraio) sono legati ad una civiltà contadina che oggi non esiste più. Fino al 1973-74 molti zingari della Zona 13 hanno lavorato come giardinieri al Parco Forlanini; oggi alcune famiglie hanno affittato del terreno e demoliscono automobili, mentre altri lavorano alla Carovana 2000 (vicino ai 3 ponti) o anche, più stabilmente, presso ditte di Milano. D'altro canto, è estremamente raro che comunità zingare siano coinvolte in delitti gravi, come traffico di droga, violenze e rapimenti. Resta il furto. nei cui confronti la loro morale è piuttosto elastica (ma anche in questo gli zingari non sono proprio speciali: fatte le dovute proporzioni, si pensi. ad esempio alla massiccia evasione fiscale dei settori privilegiati della nostra società). segue a pag. 2

VIALE UNGHERIA:

DI DROGA SI MUORE

Marina M uzzani

Anche a Milano, e nel nostro stesso quartiere di droga si muore. La prova ce la fornisce la sorte toccata al ragazzo diciannovenne rinvenuto circa due mesi fa morente tra le sterpaglie nei dintorni di Viale Ungheria.

Il giovane forse si sarebbe salvato se soccorso in tempo, gli spacciatori, una coppia di giovani sposi, che avevano venduto al ragazzo e ad alcuni suoi compagni la dose necessaria per l'iniezione di eroina da loro precedentemente « tagliata » con stricnina (come ha accertato l'autopsia) si sono infatti rifiutati di prestare aiuto agli amici del ragazzo, che spaventati dallo stato in cui si trovava il loro compagno, si erano recati per un consiglio da quelle stesse persone che poco prima avevano venduto loro la « roba ».

Al di là del caso singolo, resta comunque il fatto che nella zona di Viale Ungheria la droga, almeno quella « leggera », circola ormai da troppo tempo e con allarmante facilità.

A peggiorare la situazione in cui viene a trovarsi la nostra zona, e purtroppo non solo la nostra, è l'evidente ritardo complessivo con cui si cerca di rendere possibile l'applica-

zione della legge relativa alla « Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope ». Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza approvata il 22 dicembre 1975, con la quale per la prima volta in Italia, anche se con certi limiti, venivano introdotte norme innovative atte a ridurre l'ampiezza del fenomeno droga.

Questa legge costituiva infatti un notevole passo avanti in fatto di legislazione sulla droga, almeno per quanto riguarda il nostro paese, e questo per ben due motivi, innanzitutto dava avvio alla lotta contro l'uso indiscriminato degli psicofarmaci e più in generale contro il consumismo farmacologico, inoltre riconosceva il drogato come un individuo da curare, la cui disintossicazione deve avvenire in strutture sanitarie normali, per evitare sia la costituzione di gruppi speciali, di zone ghetto che si occupino da sole del problema, sia per non rendere ulteriormente caotica la situazione sanitaria nazionale. Si è venuto però verificando uno stato di cose per cui la struttura sanitaria normale si rifiuta di accogliere tra i propri pazienti i tossicomani, in quanto, così affer, ma, la patologia da droga è diversa da tutte le altre forme di patologia presenti negli ospedali, e il persona-

le medico e paramedico non è preparato per affrontarla. Occorre dunque creare equipes di medici che all'interno della struttura sanitaria normale siano in grado di prendersi cura del tossicomane come di un qualsiasi altro malato.

Se per rendere meno grave la situazione.è necessario predisporre al più presto i mezzi adatti per la cura e la riabilitazione del drogato, è forse però ancora più necessario sviluppare la prevenzione, cercare cioè di evitare che si verifichi un'ulteriore diffusione della droga tra i giovani.

Ed è proprio su questa via che l'Amministrazione di Milano si sta muovendo nelle scuole, nel territorio, all'interno dei Comitati sanitari.

Ma anche questo non può bastare se non si crea una vigilanza e una sensibilizzazione dell'intera popolazione, ma sopratutto dei movimenti giovanili, perchè è proprio tra i giovani, come le recenti cronache hanno dimostrato, che la droga miete maggiormente le proprie vittime. E se questo avviene perchè sono proprio i giovani i primi a risentire di quella crisi di valori e di istituzioni che la nostra società sta vivendo da segue a pag. 2

ANNO II -
5
L.150
n.
SETTEMBRE 1976
PERIODICO DI CULTURA POLITICA E ATTUALITA'

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