Numero doppio L. 200 r a
a cura delle Sezioni del P.C.I. J. Russo e A. Banfi - Milano
Numero doppio L. 200 r a
a cura delle Sezioni del P.C.I. J. Russo e A. Banfi - Milano
E' noto come in Italia sia in vigore da tre anni una particolare legge che consente e disciplina gi scioglimenti di matrimonio. Ci sarà, in merito, il 12 Maggio un referendum abrogativo: un voto popolare cioè per sapere se gli italiani vogliano o non vogliano abolire questa legge.
E' a nostro avviso, di importanza estrema che si comprenda di dover dire di no all'abolizione di una libertà democratica e, soprattutto, a chi questa libertà vuole abolire.
Abbiamo così svol-.o, a Porta Venezia, attraverso numerose interviste, una nostra piccola inchiesta — riportata nella pagina
5. E' risultato che nel quartiere, accanto ad una netta maggioranza di atteggiamenti favorevoli al mantenimento dell'attuale legge sul divorzio, esistono anche alcune prese di posizione antidivorziste.
Abbiamo potuto però notare c - e le argomentazioni antidivorziste, pur essendo le più disparate, avevano tutte un elemento in comune: il non attribuire al referendum nessun significato politico_
A nostro avviso invece, non solo il referendum ha un significato politico, ma questa è addirittura la sua caratteristica principale.
Per motivi politici il referendum è stato avviato da forze clericofasciste, per motivi politici una Democrazia Cristiana lacerata, recaicitrante e confusa è stata costretta ad aderirvi dal suo segretario sen. Fanfani
Certo, questi motivi reali i fautori del referendum si guardano bene dal confessarceli. Ci parlano invece di morale, di famiglia e di religione. I loro argomenti sono però falsi, assurdi e confusi, in essi, una sola cosa è chiara: la malafede.
Fanfani ci dice che il motivo principale per il quale ha trascinato la Democrazia Cristiana al Referendum è che questa è un partito di cattolici.
A noi però risulta che, eccettuata la Spagna fascista, in tutti i paesi cattolici dell'Europa continentale esiste il divorzio. Questo il senatore Fanfani, fa finta di non saperlo. Non vorrà infatti farci credere che i cattolici francesi, belgi o olandesi vadano considerati meno cattolici di quelli italiani per-
chè non si battano in quei paesi per l'abolizione del divorzio.
Sanno piuttosto quei cattolici che ognuno deve essere libero di comportarsi come gli detta la propria coscienza, e che non si può fare di un sacramento una legge di stato.
Il senatore Fanfani invece conduce la Democrazia Cristiana, sul cui stesso simbolo sta scritto la parola « libertà » a battersi per l'abolizione di una fondamentale libertà democratica.
Nessuna questione morale potrà mai giustificare un simile comportamento, la cui unica ragione
è invece il calcolo politico. Come potrebbero, d'altra parte, essere morali » i fini di una campagna promossa da fascisti come Almirante o reazionari come Gedda e Gabrio Lombardi? Quando mai la tappa fascista è scesa in campo per questioni di morale? Ebbene, è insieme a costoro che Fanfani ha schierato la Democrazia Cristiana nel chiedere l'abolizione del divorzio.
Il divorzio in realtà ha rappresentato in Italia una grande conquista civile di libertà e di progresso. L'istituto familiare non solo non ne è uscito indebolito ma,
al contrario, è venuto rafforzandosi e rinsaldandosi.
Il nostro infatti non è certo un divorzio all'americana. In Italia divorziare è stato reso estremamente difficile da una legge parcolarmente rigorosa. Questa legge consente lo scioglimento solo in un numero limitato di casi.
I! divorzio infatti può essere chiesto solo quando l'altro coniuge si sia macchiato di turpi e gravissimi reati, oppure quando l'unione della famiglia si è già rotta da almeno cinque o sette anni.
(continua a pag. 10)
Paolo GrilloUnità unti fascista: questa la parola d'ordine che migliaia di giovani democratici della zona, aderenti al PCI, PSI, PSDI, PRI, DC, sindacati, hanno scandito alla manifestazione indetta dalla FGCI sabato 16 marzo in P.le Loreto, contro il nuovo crimine fascista che è costato il ferimento di un giovane compagno della FGCI, fatto segno di alcuni colpi di pistola da un gruppo di teppisti neri.
Questa è solo l'ultima, in ordine di tempo di tutta una serie di provoca-
zioni di marca fascista che hanno avuto come teatro il nostro quartiere.
L'unità antifascista dei giovani democratici, ha ribadito la volontà di opporsi a questo nuovo tentativo di creare nella zona e nella città un clima di violenza e di tensione, proprio mentre è in corso la campagna per i! referendum, clima voluto e creato da quelle forze politiche e reazionarie che hanno tutto l'interesse a fare di attesta campagna uno scontro frontale che' divida le masse dei lavoratori, e non
invece un confronto politico democratico e civile.
Chiamiamo tutti i cittadini democratici perché consolidino in questo momento l'unità del fronte antifascista, senza seguire coloro che vogliono abbandonare il terreno della lotta democratica di massa per finire nel vicolo cieco dello scontro fisico tra piccoli gruppi, che è esattamente l'obiettivo che i fascisti vogliono raggiungere.
Intervista all'ex presidente del Consiglio di zona, compagno Pedroni
Ci è sembrato interessante intervistare il presidente uscente del Consiglio di Zona Antonio Pedroni, comunista, per fare il punto della situazione sull'attività svolta dal Consiglio fino ad oggi e sugli sbocchi futuri.
Nel marzo dello scorso anno, dopo la revoca del presidente nominato nel 1970, sei stato eletto presidente del Consiglio di Zona. Quali motivi hanno determinato questa tua elezione?
Il Consiglio era da tempo in difficoltà e il pericolo di una paralisi di ogni attività si faceva sempre più concreto. La mia elezione ha garantito la continuità del lavoro. E' stata, anche, l'espressione della stima e della fiducia che il nostro gruppo aveva saputo conquistarsi con il suo lavoro nel Consiglio e nelle commissioni. Si può dire che essa ha avuto un carattere unitario e democratico. Infatti i consiglieri del PSI e della DC hanno sostenuto la mia fatica e momenti di collaborazione si sono avuti anche con altri consiglieri. Il nostro partito ha lavorato sin dal 1969, anno di nascita del decentramento politicoamministrativo a Milano, con grande senso di responsabilità e di iniziativa democratica sulla base di un chiaro orientamento antifascista. Il nostro contributo è stato improntato da una profonda conoscenza dei problemi che più inte-
ressavano i lavoratori ed i cittadini e da uno stretto legame con la popolazione di porta Venezia.
Abbiamo cercato di fare del Consiglio della zona un centro di vita democratica, uno strumento di consolidamento e di sviluppo delle istituzioni repubblicane, proprio nel momento in cui più scatenata era la strategia delle tensioni e la provocazione delle forze eversive della destra neo-fascista.
Quali problemi particolari del nostro rione avete affrontato?
Porta Venezia è una zona, come tutti sanno, dove per anni ha operato indisturbata la speculazione edilizia delle grandi società immobiliari. Abbiamo lavorato con il SUNIA e con gli inquilini stessi, per difendere i ceti popolari e quelli medi dalle minacce di sfratto, opponendoci alle vendite frazionate. In queste ultime settimane abbiamo anche elaborato delle proposte — che il nuovo Consiglio di zona sta discutendo — per favorire l'intervento diretto dell'Amministrazione comunale per la ristrutturazione ed il risanamento delle case popolari in cattive condizioni igieniche ed edilizie senza, per questo, dover allontanare dalla casa gli inquilini che vi abitano da molti anni.
A lato di questo problema abbiamo affrontato in particolare quello
della costruzione della nuova scuola materna, elementare e media in piazzale Bacone, della sistemazione edilizia delle più vecchie scuole del rione dove purtroppo vi sono i doppi turni, della fornitura del kerosene ai cittadini meno abbienti ed a tutti coloro che hanno un riscaldamento autonomo.
Largo spazio hanno avuto i problemi dell'igiene e della sanità in previsione della costituzione dei comitati sanitari di zona che avranno compiti specifici di medicina preventiva discussi in un nostro convegno nel luglio dello scorso anno.
Sono ancora validi questi problemi?
Certamente, il nuovo Consiglio di Zona e la relazione del presidente ne ha già fatto cenno, dovrà sempre averli presenti e fare ogni sforzo per risolverli in maniera positiva.
Vi sono oltre a questi problemi particolari del rione altri che investono la vita del Consiglio di Zona, che hanno particolare importanza?
Il problema più importante che il Consiglio di zona ha davanti a sè nei prossimi mesi è quello della completa attuazione della delibera sul secondo tempo del decentramento. In altri termini i Consigli di zona devono essere dotati di
Il 26 febbraio .si è tenuta la prima riunione del nuovo Consiglio di Zona, con all'ordine del giorno la elezione del nuovo presidente. L'eletto44n prima votazione ed a larghissima maggioranza è il consigliere socialdemocratico Pierluigi Marchetti.
Il gruppo comunista ha appoggiato questa candidatura che è stata presentata nel quadro di un accordo preso a livello cittadino tra tutti i partiti democratici riguardo le presidenze. La motivazione con cui i responsabili del nostro partito hanno partecipato a questa trattativa è stata quella
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di sgombrare il campo da ogni motivo di rottura e di stasi dell'attività dei nuovi Consigli, in modo che questi ultimi avessero la possibilità di ritornare in un brevissimo spazio di tempo all'intervento nella realtà dei singoli quartieri, che è poi il vero senso democratico del decentramento amministrativo.
Per quanto riguarda in concreto il Consiglio di zona 3, il grupo comunista non ha accettato semplicisticamente, come del resto non è avvenuto in nessun'altra zona, quest'accordo di vertice: abbiamo infatti constatato che il nuovo presidente si è dichiarato sostanzialmente d'accordo con le linee di programma e di azione concordate tra la DC, il PSI, il PCI, che sono state la base dell'azione della presidenza del compagno Pedroni. Non si tratterà quindi, a nostro giudizio, di un passo indietro rispetto alla presidenza di un comunista nella misura in cui ci sarà da parte del nuovo presidente Marchetti la reale volontà di proseguire sulla strada di quella positiva attività che ha permesso ai cittadini del quartiere di trovare nel
Consiglio di Zona quell'organo di democrazia che si facesse carico di individuare tutti quei problemi di fronte ai quali ognuno si trova giornalmente e di proporne una realistica soluzione.
Si tratta dunque di passare ora dalle enunciazioni verbali alla fase della operatività: noi comunisti impegnano in questo senso tutti i nostri rappresentanti nelle commissioni di lavoro. Constateremo quindi giorno per giorno se tutti gli altri rappresentanti dei partiti si appoggeranno in questa nostra azione.
Non abbiamo preclusioni di sorta verso nessuno salvo la naturale esclusione dei fascisti. Basterà essere dei sinceri assertori del decentramento ed avere perciò una reale volontà di intervenire nella realtà del quartiere per trovare in noi comunisti degli interlocutori non prevenuti e pronti ad accettare ogni positivo apporto di idee. Del resto questa è sempre stata ed è la linea di intervento del nostro partito ad ogni livello.
Corrado Leggierinuovi poteri per riuscire a corrispondere sempre di più alle necessità dei lavoratori e dei cittadini. Milano dev'essere amministrata dal basso. I Consigli di Zona devono essere messi in grado di esprimere pareri, obbligatori e vincolanti per l'Amminstrazione comunale, a proposito dell'urbanistica (piani particolareggiati e di dettaglio, concessioni di licenze edilizie, acquisizioni ed esproprio di aree ed immobili, eccetera), devono avere poteri precisi nel campo delle gestioni sociali per gli asili nido, le scuole materne, le attività parascolastiche, le biblioteche, l'assistenza domiciliare agli anziani e l'organizzazione dei campi da gioco.
A prima vista possono apparire poteri di poco conto ma attraverso di essi i Consigli di zona ed i cittadini saranno in grado di controllare in modo democratico l'amministrazione della città. Altri due grandi problemi di rilievo democratico dovranno essere affrontati nelle prossime settimane e noi comunisti faremo di tutto perchè il Consiglio di Zona si impegni al più presto: il primo è quello della costituzione dei comitati sanitari di zona con la nomina da parte dei consigli di zona dei loro componenti per dare l'avvio a tutta una serie di iniziative di medicina preventiva scolastica, del lavoro e dell'assistenza agli anziani. Il secondo è quello dell'applicazione della legge 477 sullo stato giuridico degli insegnanti che prevede la nuova gestione democratica della scuola, con la costituzione dei consigli di istituto e, soprattutto, del distretto scolastico. Gestione democratica della scuola che significa intervento delle rappresentanze sindacali e degli enti locali nel complesso della vita scolastica.
L'ultima domanda è questa: sarà cosa facile la attuazione del secondo tempo del decentramento?
No, sono del parere e l'ho detto molto chiaramente in Consiglio di Zona che si tratta di una lotta non facile e non risolta in partenza. La crisi della maggioranza a Palazzo Marino dello scorso anno prese le mosse dal decentramento e dalla grande assemblea dei consiglieri di zona del mese di maggio. Molti sono i nemici del decentramento, dei Consigli di zona, dentro e fuori la maggioranza che oggi regge il Comune di Milano. Tutte le destre, economiche e politiche, non accettano un profondo rinnovamento della macchina comunale, temono le scelte fatte dai Consigli di zona in accordo con la popolazione.
Dovremo quindi lavorare con molto slancio e con molta intelligenza, dovremo sapere sconfiggere i nemici della democrazia ed i difensori degli interessi dei ceti più ricchi di Milano.
Il 6 marzo il Consiglio comunale ha approvato a larghissima maggioranza (con i voti DC, PSI, PSDI; contrari PLI e MSI; astenuto il PRI gli interventi immediati che il Comune deve fare per uno sviluppo del trasporto pubblico nella città.
A grande maggioranza, quindi, il Consiglio si è pronunciato per:
la costruzione in sede propria della circolare 90/91 tranvaizzata;
l'immediata posa in opera di strutture di protezione dei percorsi di alcune linee di forza dell'ATM;
la costruzione di parcheggi di corrispondenza;
il prolungamento delle linee della metropolitana al Gallaratese verso Pero-Rho, a Sesto S. Giovanni, alla stazione di porta Genova.
11 Consiglio comunale ha anche approvato altri ordini del giorno quali la costituzione di un Consorzio per il trasporto pubblico, che abbia come presupposto la realizzazione di un piano' organico ' per i trasporti pubblici, e la pubblicizzazione delle Ferrovie Nord Milano.
Particolarmente interessante per noi cittadini di porta Venezia ,è la trasformazione in metropolitana di superficie dell'anello filoviario 90/91.
La linea 90/91, infatti, attraversa la città collegando tra di loro molte zone quali porta Romana, porta Ticinese, Giambellino, Bovisa, San Siro, Centrale, porta Venezia, porta Vittoria sino a viale Isonzo: un percorso quindi che interessa migliaia di lavoratori ogni giorno, unendo quindi zone periferiche con il centro e con ben due stazioni: la stazione Centrale e la stazione Vittoria.
Proprio per questi motivi, una soluzione in tal senso si presenta quanto mai urgente; ogni giorno migliaia e migliaia di lavoratori si servono di questo mezzo e ogni giorno, con il sempre maggiore caos del traffico cittadino, il tempo perso per recarsi sul luogo del lavoro si allunga sempre più.
Nelle ore di punta, infatti, chi vuole salire sulla 90 o 91 può aspettare
il filobus anche 15 o 20 minuti; unico conforto rimane la possibilità di poter ingannare il tempo stando comodamente seduti nei gabbiotti costruiti ultimamente dall'ATM che addolciscono l'attesa ma non certo la riducono!
Buona parte di queste proposte sono state avanzate e portate avanti in Consiglio comunale dal gruppo del PCI che proprio su queste questioni si è battuto fino in fondo; sempre i comunisti hanno denunciato che lo
sviluppo della città secondo la logica del profitto capitalistico e della rendita urbana ha trasformato sia i centri storici in isole congestionate dal traffico sempre più tumultuoso ed ossessivo, che le periferie in luoghi disaggregati dal tessuto urbano, dormitori destinati ai ceti popolari, carenti di mezzi di trasporto e servizi, e che proprio per questo non era più possibile rimanere nell'immobilismo.
Noi comunisti prendiamo atto del fatto che l'assessore abbia tenuto conto di osservazioni e proposte avanzate in Consiglio comunale dal gruppo comunista anche se molto più ampie erano le nostre proposte e se del tutto insoddisfacenti sono ancora le esitazioni che restano sulla necessità di chiudere il centro storico al traffico.
E da tutto ciò traiamo la conclu-
sione che è possibile ottenere dei successi sul terreno delle riforme, così come è stato richiesto nell'ultimo grande sciopero unitario, se in concomitanza con il dibattito consiliare, si manifesta nei comuni dell'hinterland, nei quartieri periferici, nelle fabbriche, nella città, presa nel suo complesso, un grande esteso ed unitario movimento che abbracci nel suo seno tutti i cittadini.
Questi problemi infatti sono di interesse generale perché investono i grandi temi dello sviluppo equilibrato del nostro Paese ed assicurerebbero, se affrontati e risolti, sia una dinamica maggiore del sistema produttivo cittadino, sia un contenimento del costo della vita, mantenendo ed estendendo il prezzo politico per il pubblico trasporto.
Nonostan e il decreto regionale di occupazione d'urgenza dell'area
Il 18 Dicembre 1973 il presidente della Regione Bassetti ha firmato il decreto di occupazione d'urgenza dell'area (ex deposito tranviario) di piazza Bacone. A questo punto bisogna che la Giunta comunale dimostri la propria volontà e capacità d'azione, dando approvazione definitiva al progetto di costruzione del nuovo complesso scolastico, indicendo la relativa gara di appalto, dando inizio ai lavori di abbattimento delle vecchie strutture murarie: tutto questo entro i tre mesi prescritti dalla legge.
A tale concreto risultato si è giunti per mezzo della pressione politica esercitata dal Consiglio di Zona 3 e in particolare dai rappresentanti del nostro Partito, appoggia ro in questa sua battaglia dalla costante mobilitazione della popolazione del quartiere. Infatti, se si è riusciti a strappare questa vasta area (circa 14 mila m.q.) alla proprietaria, la società Montedison, la quale ne voleva fare un tipica speculazione edilizia, ciò non è dovuto ad una predeterminata volontà dell'Assessorato ai Lavori Pubblici, ma alla fattiva azione di quell'organismo democratico che è il più diretto interprete delle necessità degli abitanti del quartiere, cioè il Consiglio
di Zona, il quale è riuscito a fare configurare l'area in questione nel quadro della legge 865, che consente l'esproprio di suoli ritenuti adatti ad usi di pubblica utilità a prezzi molto minori di quelli di mercato.
Tanto è vero che la Giunta comunale, benché avesse già ventilato la possibilità di un eventuale esproprio all'indomani della municipalizzazione dei trasporti urbani di Milano, si decise ad emettere il decreto vincolante di quest'area ad uso pubblico solo il 28 Luglio 1972, dopo che tra l'altro si era svolta una combattiva manifestazione dei cittadini del quartiere in piazza Bacone. Nello stesso anno la Giunta comunale ha approvato un progetto di massima per la costruzione di un complesso edilizio comprendente 8 aule di scuola materna, 24 di scuola elementare e 24 di scuola media; nel bilancio comunale relativo all'anno 1973 veniva poi fissato un primo stanziamento per l'esproprio di circa 200 milioni.
Da quanto detto finora, risulta dunque che siamo giunti alla stretta finale del cammino burocratico per ottenere la costruzione di .questo complesso scolastico, indispensabile alla
vita del quartiere. E' stato senza dubbio un grande successo di una lotta democratica unitaria, ma non vanno certo trascurati i rischi di ulteriori ritardi o impedimenti, siano essi dovuti ad eventuali inghippi burocratici o a sempre possibili manovre della Montedison contro l'esproprio; si tenga tra l'altro presente che a tutt'oggi parte dell'area è occupata da un non meglio identificato parcheggio privato, la cui non abusività è perlomeno dubbia.
Bisogna che la costruzione delle aule sia ultimata prima dell'inizio dell'anno scolastivo 1975-76! Questo edificio è infatti un primo passo verso una, seppur parziale, risoluzione della drammatica, per non dire scandalosa, carenza di strutture scolastiche nel nostro quartiere, come sta mettendo efficacemente in risalto l'approfondita indagine della Commissione Urbanistica del Consiglio di Zona condotta in collaborazione con la Facoltà di Architettura del Politecnico.
Chi è al corrente della situazione urbanistica della nostra zona sa benissimo che quella di piazza Bacone è attualmente l'unica area vincolata ad edilizia scolastica disponibile, mentre siamo in attesa che venga riconosciuto l'uso pubblico, sempre a fini scolastici, delle aree di via Venini e di piazza Loreto. Questo stato di cose non deve comunque costituire un alibi per limitarsi a costruire il solito ca-
sermone, contenente il maggior numero di aule possibili, evitando di risanare là struttura urbanistica circostante.
A questo proposito già all'epoca della stesura del primo progetto, noi comunisti abbiamo presentato precise proposte per collegare strettamente questo edificio alla sistemazione urbanistica della prospiciente piazza; allora però ci furono bocciate con la scusa che avrebbero ritardato l'approvazione del piano stesso.
La nostra proposta attuale è che, se un « casermone » dobbiamo fare, almeno si unisca la scuola alla piazza mediante un'isola pedonale. Ciò comporterebbe soltanto, oltre ad una diversa sistemazione viabilistica della piazza, lo spostamento dei binari del tram nei due sensi, su di un solo lato.
Si verrebbe così ad usufruire di una unica vasta area, libera dal traffico automobilistico, sfruttabile per creare attrezzature di tipo ricreativo e sportivo e per verde pubblico. In questo modo si riuscirà veramente a collegare la struttura scolastica alla realtà del quartiere: sia le attrezzature interne alla scuola (come la palestra, la biblioteca, l'aula magna) , che quelle esterne all'edificio, potrebbero infatti essere così utilizzate alternativamente, e quindi a tempo pieno, e dagli studenti e dai cittadini.
Manlio LeggieriANTONIO
Presidente uscente del Consiglio di Zona; sposato da 25 anni; una figlia.
La legge attualmente in vigore sancisce un principio di libertà civile. E' una legge che concede una scelta, non stabilisce un obbligo.
Il referendum per abrogarla è quindi un tentativo di sopraffazione dei diritti altrui, i propri non sono in nessun modo violati, dal momento che ognuno è libero di divorziare o non divorziare a seconda delle sue necessità e della sua coscienza.
In questo momento di crisi politica ed economica il referendum è un fatto assai grave, perché dà spazio e base di massa alla destra e comporta il pericolo di fratture fra le masse popolari. Mi auguro che anche la maggioranza dei cattolici vogliano rispettare l'altrui libertà di coscienza, e dicano « no » a questo come ad ogni altro tentativo di coartarla e negarla.
D D
MUZIO (DC)
Capogruppo al Consiglio di Zona, coniugato, due figli.
Ritengo inutile il referendum abrogativo. Di fronte al divorzio, bisogna lasciare ad ognuno la libertà di comportarsi secondo coscienza. Sono perciò d'accordo con il documento della CEI che ha riconosciuto la necessità di lasciare a tutti, cattolici e no, libertà di coscienza; documento che è stato, a mio parere, distorto dalla stampa, che lo ha interpretato in senso illiberale.
I cattolici sono tenuti a non ricorrere al divorzio, ma non possono impedire a chi cattolico non è di regolarsi altrimenti.
D ~
Consigliere liberale, 64 anni, sposato con due figli.
Sia io che mia moglie, che è cattolica praticante, siamo contrari alla abolizione del divorzio; e ciò proprio perché siamo favorevoli alla tutela della famiglia, nel suo aspetto e valore di unione ben riuscita. Le coppie che Dio ha unito costituiscono le famiglie veramente tali. Per le altre si è trattato solo di un errore degli uomini.
Presidente Consiglio di Zona, PSDI, anni 27, celibe.
Il divorzio è una conquista civile che va difesa. Ha sanato situazioni intollerabili senza creare quei danni che vennero a suo tempo previsti e paventati. Il divorzio è un fattore di sviluppo dei rapporti sociali e matrimoniali, perché li pone su un piano di libera accettazione, di maturità, di consapevolezza.
E' triste che a venticinque anni dalla sua istituzione il referendum venga indetto su una simile questione mentre non è mai stato usato per consultare la popolazione su altri problemi come ad es.: il carovita.
ANNA COLOMBO
Insegnante, 36 anni, sposata con tre figlie; cattolica.
Ritengo che il referendum per il divorzio in questo momento possa portare il Paese ad una divisione, proprio nel momento in cui soltanto l'unità di tutti i lavoratori potrebbe risolvere i gravi problemi economici e sociali. Io voterò per il « NO » all'abrogazione della legge, perchè non è in discussione lo scioglimento del matrimonio come sacramento, ma come istituzione civile.
Purtroppo si parla ormai di matrimonio indissolubile per motivi che con la fede hanno poco a che fare.
DON GIANNI
Insegnante, parrocchia di Santa Francesca Romana.
La Chiesa è contraria al divorzio. Il cattolico non divorzia, ma non può imporre la sua scelta agli altri. Sono stato contrario alla indizione di questo referendum, tanto che mi sono rifiutato di firmare. Ora, a chi mi chiede come votare rispondo semplicemente di regolarsi secondo la sua libera coscienza.
MARIA MARGHERITI
Casalinga, 50 anni, coniugata, una figlia.
Sono contraria a questo referendum perché comporta una inutile spesa, distrae da problemi più importanti come la situazione economica e l'aumento continuo del costo della vita. Esso si svolge poi su un problema inesistente, perché divorziare è una facoltà e non un obbligo.
GINO VERECONDI
Esercente di un bar, 42 anni, sposato con due figli.
A me sembra che l'attuale legge sul divorzio sia sostanzialmente giusta. Io non credo di aver bisogno del divorzio, ma non vedo perché dovrei privare di un diritto di libertà e civiltà chi ne ha effettivamente bisogno per sanare una situazione familiare penosa.
Sono convinto che il motivo per cui si andrà al referendum sia soprattutto di carattere politico.
Il matrimonio come sacramento di amore intoccabile appartiene al campo della fede. E nessuno può imporre la fede, ma solo proporla
ERICA VIVORI MAIER
Sposata; pensionata.
Per la pensione che percepisco non devo dire grazie a nessuno, tanto meno a mio marito. Non auguro a nessuno di subire nel matrimonio quello che ho subito io: sopportare un uomo come il mio significa rovinare per sempre la vita di una donna. Dunque, mi pare chiaro, voterò per il NO, perché ho provato cosa significa essere sposata ma senza marito, non potersi rifare una vita e non avere un aiuto da nessuno, perché per la legge io « ho » un marito.
CARLA S.
Sposata, 45 anni, due figli, casalinga.
A me non interessa il referendum, né il divorziò; so solo che il divorzio distrugge le famiglie. Io e mio marito lavoriamo, manteniamo due figli a scuola e il divorzio non ci interessa minimamente.
ANTONIO COSTI
40 anni sposato, rappresentante; cattolico. Sono cattolico, ma ciò non mi impedirà di votare per il divorzio, in quanto non mi sento di togliere un diritto civile a chi non la pensa come me, ma soprattutto a chi è stato più sfortunato di me. Non condivido le catastrofiche previsioni sugli effetti del divorzio, tanto è vero che la legge esiste da tre anni e quasi nessuno se ne è accorto.
LETIZIA QUATTRINI
65 anni, vedova; 4 figli.
Sono cattolica e per me il matrimonio è indissolubile. Il mio matrimonio non è stato rose e fiori ma ho sofferto per il bene dei miei figli. Comunque son ormai troppo vecchia per interessarmi di queste cose. Non so neanche se andrò a votare.
SEBASTIANO MEZZANOTTE
54 anni, impiegato; separato da 5 anni, in attesa di divorzio.
Sono favorevole al divorzio perché è una legge civile; non solo per il motivo che ho avuto un matrimonio sfortunato, ma perché sono convinto che non bisogna pensare solo per se stessi e per i propri problemi ma anche per tutti gli altri. Molti infatti possono sposarsi con tutte le buone intenzioni e incon trare brutte sorprese, dopo.
DANIELA GALUPPI anni 17
Credo che il divorzio sia giusto per varie ragioni: perché può succedere che due persone non vadano d'accordo per tutta la vita o può anche accadere di sposare un delinquente, un ladro, un disgraziato e non in„,i sembra giusto essere legato per sempre a una tale persona. Oltre t tutto il divorzio non è una legge per niente permissiva, anzi è molto, molto severa e sarebbe bene che chi parla contro questa legge se la andasse a leggere.
C'è da aggiungere poi che i figli vengono tutelati molto di più che con l'attuale separazione legale. Non esiste poi anche per la Chiesa il divorzio tramite la Sacra Rota?
G.B.
34 anni, impiegato.
Mi pare che il referendum sul divorzio sia una questione politica più che morale, non è semplicemente una chiamata da parte del governo italiano al popolo affinché si esprima sul problema del matrimonio.
Io sono favorevole al divorzio in quanto tale, non so esprimere un giudizio sulla legge Fortuna-Baslini perché non la conosco bene. So solo che è costosa e i tempi sono molto lunghi. Chiamare il popolo italiano a decidere in merito al divorzio con tutti i problemi più importanti che abbiamo oggi, non mi sembra giusto.
ETTORE TONDI
40 anni, gestore di un bar.
Sono d'accordo di mantenere la legge sul divorzio perché gli imprevisti, gli ostacoli che si possono incontrare nel matrimonio sono tanti e tali da mettere spesso in pericolo l'unione di due coniugi.
Da oltre due anni si trova in parlamento la nuova legge sul diritto di famiglia. I motivi di questa lunga attesa stanno a dimostrare la non volontà politica di alcuni partiti, tra cui la D.C., di portar avanti una riforma che intacca e modifica, talora radicalmente, il diritto di famiglia ancora in vigore che conserva istitu ti arcaici e superati nel costume e nella società.
La nuova riforma sancisce infatti la piena parità fra i coniugi, per cui la famiglia viene ora concepita come assunzione di responsabilità comuni dei coniugi e del nuovo senso di solidarietà tra coniugi e figli che viene posto alla base dell'unità familiare, sancire l'abolizione della colpa nella separazione e nello scioglimento del matrimonio. Particolarmente importante, inoltre, la soluzione data al problema dei figli cosidetti adulterini, con l'equiparazione concreta a quelli legittimi.
La legge insomma, è ispirata ad una concezione della famiglia non più basata su una visione contrattualistica, ma su una considerazione moderna della famiglia e del suo rapporto con la società.
Ecco alcuni punti particolarmente significativi:
L'annullamento del matrimonio può aversi infatti quando il consenso di uno dei coniugi sia stato viziato da errore sulle qualità personali dell'altro e si accerti che il consenso non sarebbe stato dato se tali qualità fossero state preventivamente ed esattamente conosciute come: grave malattia plico-fisica o anomalia tale da costituire serio ostacolo all'esercizio dei diritti e dell'adempimento dei doveri che derivano dalle nozze; esistenza di deviazioni sessuali; esistenza di condanne a reclusione per più di 5 anni.
Abrogazione: s. f. atto, effetto dell'abrogare; abolizione, soppressione, di una norma legislativa o giuridica; il venir meno di essa (latino abrogatio-onis).
Abrogare: verbo tr. - annullare, abolire. (latino - abrogare - derivazione di rogare « chiedere »).
Dal « Dizionario illustrato della lingua italiana Curcio »
Per la prima volta nella legislazione italiana viene affermata la parità completa ed assoluta fra i coniugi. Essi, di comune accordo, stabiliscono l'indirizzo unitario della vita familiare, ne decidono gli affari essenziali, e fissano la residenza comune. In caso di disaccordo ciascuno dei due coniugi può chiedere l'intervento del giudice.
E' stato anzitutto abolito l'arcaico istituto della dote. Prevista invece è la possibilità della costituzione di un fondo patrimoniale, amministrato da entrambi i coniugi e destinato a sostenere gli oneri del matrimonio Sono di proprietà comune dei coniugi:
a) gli acquisti compiuti durante il matrimonio insieme o separatamente; b) i frutti dei beni di ciascuno, percepiti e non consumati allo scioglimento del matrimonio; c) i proventi dell'attività separata di ciascuno se allo scioglimento del matrimonio non siano stati consumati; d) le aziende a conduzione familiare nelle quali prestano la loro attività entrambi i coniugi.
LA TUTELA DEI FIGLI
In questa materia si sono raggiunti i risultati profondamente rinnovatori. Il figlio naturale può essere riconosciuto dal padre o dalla madre, anche se uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Viene in tal modo superata la grave discriminazione esistente nei confronti dei figli cosiddetti adulterini.
A questo punto ci suona veramente strana e falsa la campagna portata avanti dalla D.C. contro il divorzio.
Il divorzio che sfascia la famiglia, il divorzio causa di rilassatezza di costumi! Noi comunisti siamo invece convinti che il nuovo diritto di famiglia, proprio perché sancisce la parità dei coniugi, la tutela dei figli, portando anche all'interno dell'istituzione familiare notevoli elementi di democrazia (basta pensare al diritto in vigore oggi in cui la donna non ha alcun diritto sui figli, in cui ci si può sposare anche a 12 anni, in cui il coniuge più debole non può godere del frutto del suo lavoro in caso di separazione) garantisce l'unità della famiglia.
Proprio per questo l'opposizione alla legge estremamente democratica da parte dei democristiano ci fa pensare circa la loro buona fede, quando dicono di volere una famiglia sana ed unita.
Per l'abrogazione della legge n. 898
Approvate l'abrogazione della legge 1 dicembre 1970 numero 898, sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio?
ÄEcco come sarà la scheda con la quale voteremo il 12 maggio nel referendum per il divorzio. Chi è favorevole al divorzio (cioè chi è contrario all'abrogazione della legge Fortuna-Baslini) dovrà fare una croce nella casella del « no »; chi è contrario al divorzio (cioè favorevole all'abrogazione) dovrà farlo nella casella del « sì ».
Il primo dicembre 1970 venne introdotta nell'ordinamento giuridico dello Stato italiano la legge n. 898, che reca il titolo « Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio ». E' questa legge quella che viene comune mente chiamata « sul divorzio » o legge Spagnoli-Fortuna-Baslini.
Con l'introduzione di questa legge nel nostro Paese, si sancisce la possibilità (e non l'obbligo) di chiedere lo scioglimento dei legami matrimoniali, nel caso in cui rapporti coniugali siano ormai di fatto e da tempo inesistenti.
E' una considerazione ovvia, ma è opportuno ribadirla, che la legge non impone a nessuno di divorziare, ma che essa permette a quei coniugi che si trovano nelle condizioni espressamente previste dalla legge di sanare situazioni familiari diventate da tempo ormai insostenibili.
Il meccanismo fondamentale della legge, e in pratica il fondamento della possibilità di divorziare, sta nella constatazione di una prolungata rottura dell'unione matrimoniale.
quando uno dei coniugi sia stato condannato all'ergastolo o a pena superiore ai 15 anni.
quando uno dei coniugi sia stato condannato a una pena detentiva per avere indotto o costretto l'altro coniuge o un figlio (anche adottivo) alla prostituzione o per avere sfruttato o favorito la prostituzione di una figlia, anche adottivo.
quando uno dei coniugi sia stato condannato per omicidio volontario o per tentato omicidio in danno dell'altro coniuge o di un discendente o di un figlio adottivo.
Nei casi suddetti, la domanda di scioglimento del matrimonio non può essere avanzata dal coniuge che è stato condannato per concorso dí reato o quando la convivenza è ripresa.
quando vi sia una separazione che dura da almeno 5 anni dal momento della sentenza del giudice che ha sancito la separazione (la durata di cinque anni della separazione legale viene elevata a sette anni quando vi sia una opposizione dell'altro coniuge).
quando l'altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all'estero lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all'estero nuovo matrimonio.
quando il matrimonio non è stato consumato.
Come si vede, sono casi ben precisi che non lasciano alcuna possibilità di interpretazione diversa rispetto a quella che i casi concreti rappresentano, e cioè che il matrimonio è fallito di fatto ed ormai da tempo. Ma vi è inoltre stabilito dall'art. 4
della legge, che in ogni caso, il presidente del tribunale deve tentare la riconciliazione dei coniugi e solo quando i tentativi si dimostrano vani, il presidente del tribunale deve prendere in considerazione la richiesta di scioglimento del matrimonio.
Quanto è avvenuto negli ultimi mesi al liceo Volta, e di cui qualche eco si è avuta sulla stampa cittadina, va portato più dettagliatamente a conoscenza del quartiere. Questi avvenimenti. per essere intesi, debbono venir collegati alle loro cause, anche se remote.
Il rapido crescere della domanda di istruzione che si è avuto negli ultimi 25 anni in Italia non ha trovato risposta né in termini di nuove costruzioni scolastiche, né in termini di nuovi metodi e di nuovi contenuti, e nemmeno in termini di nuova gestione. L'unico innovamento, parziale e formale, è rimasto istituzione della media unica e il prolungamento dell'obbligo ai 14 anni.
Di conseguenza abbiamo scuole sovraffollate, con doppi e tripli turni; una scuola che non insegna, agli ultimi posti in Europa e nel mondo in fatto di rendimento, una scuola che non prepara all'inserimento nel mondo del lavoro; abbiamo la crescente dequalificazione degli insegnanti, mal retribuiti, confinati in un ruolo passivo, ripetitivo, di sempre minor valore sociale; una struttura burocratica e autoritaria risalente al vecchio stato monarchico e fascista, adatta a preparare sudditi e non cittadini; abbiamo infine il disagio motivato degli studenti, che non trovano una remunerazione culturale adeguata né una adeguata preparazione professionale.
E' una scuola impari al suo compito, una remora allo stesso sviluppo economico nazionale, in particolare del Mezzogiorno (sviluppo che ha bisogno di tecnici e di maestranze qualificate) , un'area di parcheggio della disoccupazione giovanile.
Il liceo Volta, con strutture capaci di accogliere sì e no 800 studenti, ne ha più del doppio. Non ha palestre, né aula magna, né aule speciali per esercitazioni. I corsi si svolgono quindi in condizioni precarie. In più, la Presidenza e parte del cor-
po insegnante sono schierati su posizioni tradizionaliste e autoritarie, chiusi alle istanze degli studenti.
La vertenza che è esplosa lo scorso autunno, si è accentrata sugli spazi democratici all'interno della scuola, sul diritto all'assemblea di corso e di Istituto, sui diritti e le modalità di affissione nell'atrio dell'Istituto.
La forma di lotta scelta dagli studenti, in un'assemblea che ne ha visti radunati una minoranza, è stata quella dell'occupazione.
Pur d'accordo sugli obiettivi, la FGCI era contraria all'occupazione per il turbamento che ne sarebbe derivato sia allo svolgimento dei corsi, già in ritardo, sia alla gran massa degli studenti, che una simile forma di lotta rischiava di spingere su posizioni di qualunquismo e di disinteresse. La FGCI proponeva il metodo del confronto aperto con la Presidenza e soprattutto con il corpo insegnante. che non poteva non essere, oggettivamente, che per il superamento di una scuola così dequalificata.
La mozione della FGCI non venne neppur messa in votazione e passò invece quella favorevole all'occupazione.
Il Preside si dimise; la polizia, chiamata non si sa da chi, caricò gli studenti; emersero i genitori moderati che tennero una tumultuosa assemblea su parole d'ordine ottuse, cieche, repressive. Per sbloccare la situazione, si mossero il gruppo dei genitori democratici e il Presidente del consiglio di zona, Pedroni. Il Provveditore nominò un facente funzione di Preside che però subito si dimise, assieme al collegio di Presidenza. Alla fine, per l'azione dei genitori democratici, di Pedroni e di altri consiglieri di zona, dell'Assessore all'educazione della Provincia Brondoni, del Provveditore e, pare, del ministro Malfatti, in quei giorni a Milano, la situazione si risolse e gli studenti ebbero partita
vinta sui loro obiettivi che erano, né più né meno, che quanto era comunemente concesso negli altri licei.
A questo punto emerse I adebolezza di fondo degli studenti che era quella di avvertire sì il proprio disagio, ma di avvertirlo in modo confuso, senza saperne precisare le cause, di vedere le cose in modo un po' studentesco, un po' corporativo, di subire insomma i condizionamenti specifici del loro ceto di origine della piccola borghesia cittadina.
In coincidenza con le valutazioni quadrimestrali si è riaccesa in febbraio la lotta degli studenti. Si sono avute infatti quasi due settimane di continuo dibattito assembleare, accentrato sul problema della selezione: inaccettabile nella sua misura (25%) e perché effetto dell'inefficienza del sistema scolastico, perché a danno degli studenti provenienti dalle famiglie più povere e di conseguenza con minor retroterra culturale.
Non essendo stata preceduta da dibattiti di fondo, la prima assemblea vedeva passare una mozione che prendendo di mira non le cause ma gli effetti, portava acqua al mulino di una « scuola facile » e quindi ancor più dequalificata: chiedeva infatti il 6 come voto minimo in latino, il non classificato = 6, le interrogazioni di gruppo, ecc. Il suo secondo errore fondamentale era poi quello di vedere gli insegnanti come controparte.
Il giorno successivo si chiese in assemblea di perseguire questi obiettivi con una nuova occupazione. Passò invece la mozione opposta che proponeva il dibattito, attraverso collettivi di corso e di classe, tra studenti e professori. Questo dibattito ancora non è avvenuto, mentre è continuata la discussione tra gli studenti.
Ora è chiaro che gli obiettivi, l'uno radicale. l'altro minimalistico, ma ambedue falsamente rivoluzionari, di: a) distruggere la scuola borghese per-
ché tanto non serve ai figli dei lava ratori; b) renderla scorrevole e facile per tutti (quindi ancor più dequalificata e inefficiente) ; non danneggiano i padroni, che hanno a disposizione, per i loro figli e per i tecnici che loro servono, scuole private o aziendali, ma danneggiano il proletariato che ha bisogno di una scuola pubblica efficiente. Sono quindi obiettivi errati e infantili o provocatori. Occorre puttosto trasformare radicalmente le strutture scolastiche così da renderle democratiche ed efficienti rispetto ai loro fini culturali.
Combattere una simile battaglia comporta, per gli studenti del Volta, la necessità di non rinchiudersi nella prospettiva del proprio liceo ma di collegarsi alla vertenza sulla scuola in atto a livello nazionale.
La classe operaia ha preso piena consapevolezza dell'esigenza di sciogliere il nodo scolastico per ottenere il proprio elevamento culturale e materiale e consentire lo sviluppo economico dell'intera società italiana, tanto che essa lo ha posto tra i suoi principali obiettivi. Da ciò la rivendicazione delle 150 ore come avviamento all'educazione permanente, gli scioperi per lo stato giuridico degli insegnanti e la gestione democratica della scuola.
Certo, il discorso va dettagliatamente svilupato: lo faremo in un prossimo articolo, non avendone ora l'opportunità né lo spazio. Ma poiché da quanto abbiamo prima detto spicca la necessità di biblioteche, di laboratori, di una struttura edilizia adeguata, dobbiamo spendere ancora qualche parola a proposito della sede staccata di Gorgonzola.
L'iniziativa dell'Amministrazione provinciale, già in fase di attuazione, di costruire centri polivalenti nei borghi maggiori della provincia è senz'altro da appoggiare. Se teniamo presente che la metà degli studenti che affollano le medie superiori cittadine sono « pendolari » provenienti soprattutto dalle zone limitrofe, è chiaro che soddisfacendo la domanda scolastica « in loco » vengono risparmiati disagi e perdite di tempo e si decongestionano le scuole cittadine. Cosa ancora più importante, questi edifici, se utilizzati come centri culturali e associativi, cioè più pienamente inseriti nel tessuto locale, possono cambiare profondamente le condizioni della vita civile e culturale della provincia.
Perché questa iniziativa sia efficace occorre cambiare una mentalità, creare una nuova « abitudine ». Ma occorre anche creare una rete di trasporti tangenziali e non solo radiali.
Realizzata nei dovuti modi, non certo .spostando classi già formate ma formandole con alunni che provengono dalla cittadina stessa o da zone vicine e ben collegate, la proposta dell'Amministrazione provinciale di utilizzare il nuovo edificio scolastico a Gorgonzola non può che essere giudicata opportuna e assai positiva.
Con la collaborazione della Facoltà di Architettura del Politecnico
La proposta avanzata dalla Commissione urbanistica del nostro Consiglio di Zona Porta Venezia per una collaborazione permanente all'Istituto di Urbanistica della Facoltà di Architettura ha avuto una risposta positiva e convinta da parte del Direttore dell'Istituto Prof. Cerutti, di assistenti e studenti che partecipano al gruppo di ricerca, perché rispondeva ad una esigenza reale e sentita, riempiva di una presenza qualificata uno spazio ricco di problematiche stimolanti, e, per l'Istituto, rappresentava una occasione di uscire da una impostazione di attività prevalentemente accademica, oggi rifiutata, e di collegare lo studio alla realtà sociale e urbanistica esterna.
D'altra parte all'interno dell'Istituto gruppi di ricercatori e studenti avevano già dato inizio autonomamente ad una attività sui problemi delle zone cittadine. In questa occasione si è trattato di qualcosa di più significativo, un incontro di volontà concordi da parte ili una istituzione politico-sociale della città (il Consiglio di Zona) e di una sede culturale (l'Università) , in una ricomposizione di corresponsabilità stimolante e positiva.
Il gruppo di assistenti e studenti dell'Istituto di Urbanistica, che opera da qualche mese nella zona in stretto contatto e secondo gli ndirizzi generali della Commissione Urbanistica, utilizza, oltre la propria esperienza di lavoro in altri quartieri di Milano le indicazioni generali e particolari elaborate dal Consiglio di Zona nei precedenti anni di attività. Dati e rilievi ricavati da gruppi che hanno operato in precedenza (gruppo architetti socialisti, gruppo Milano. I nuovi dati ricavati dal censimento 1971 forniti su richiesta al Consiglio di Zona dall'Amministrazione Comunale.
I primi risultati della ricerca, in pochi mesi di attività, si riferiscono per ora alla situazione scuola ed edilizia popolare:
Scuola. E' stata individuata la effettiva localizzazione residenziale della popolazione studentesca della zona. Tenendo conto del previsto nuovo complesso scolastico di Piazzale Bacone è stata realizzata una ipotesi di distribuzione del « carico » degli studenti della zona sui diversi tipi di scuola, con determinazione di opportuni bacini di utenza, ricavando conclusioni, comunque da verificarsi meglio, interessanti anche se preoccupanti: pur tenendo conto della futura scuola Piazzale Bacone, è risultata carente di servizi scolastici e richiede nuovi interventi la parte nord-ovest della nostra Zona, a conferma della importanza della richiesta acquisizione pubblica dell'area ECA di Via Venini al fine di dotare altre scuole (con annesso verde) il nostro quartiere.
Il gruppo di ricerca porta ora avanti la verifica dell'incidenza, nella situazione di zona, della presenza di scuole prvate e dell'influenza dei complessi scolastici nella zona contigua, d'altra parte anch'essa carente.
Il problema di impedire l'espulsione dal quartiere dei ceti medio-popolari residenti da molti decenni a Porta Venezia e quindi di opporsi allo snaturamento delle caratteristiche sociali della zona (minacciate dal meccanismo della rendita parassitaria urbana) richiede la difesa di un tipo di edilizia residenziale in corso di degrado, tramite ad esempio incentivazione al suo risanamento, comunque impedendone la trasformazione in residenza di lusso o per uffici.
Da qui l'importanza dell'attività del gruppo di ricerca dell'Istituto nel proseguire la determinazione delle caratteristiche edilizie dei singoli fabbricati ed isolati per individuare le zone più omogenee dove richiedere l'intervento (e si tratterà di verificare la volontà politica di farlo dell'Amministrazione Comunale) almeno dei meccanismi previsti dalla legge sulla casa ai fini della conservazione e ristrutturazione dell'edilizia più decaduta o della sua sostituzione con edi-
lizia moderna ma con caratteristiche medio-popolari.
Altri problemi che caratterizzano la Zona e sui quali la Commissione Urbanistica intende sviluppare la collaborazione di ricerca con l'Istituto di Urbanistica sono:
Terziarizzazione di Porta Venezia, Corso Buenos Aires e parte della zona contigua è ormai un grande centro commerciale di richiamo cittadino e regionale. E' già opportuno contenere e scoraggiare tale fenomeno che può diventare ulteriore motivo di congestione e non è meglio favorire invece il decentramento nella Provincia e nella Regione dell'organismo della distribuzione nelle sue diverse dimensioni?
Corso Buenos Aires. E' contemporaneamente, un grande polo commerciale e un asse di traffico importantissimo. Non dovrebbe forse essere scoraggiato, almeno limitatamente a á. certe ore o giornate, il traffico di superficie, su un percorso che godendo
già della metropolitana sottostante, potrebbe divenire una di quelle zone di grande richiamo pedonale (con vantaggio anche degli stessi esercenti) , sul tipo di situazioni analoghe che tutto il mondo invidia a Monaco di Baviera, Rotterdam, Copenaghen e in Italia sperimentate positivamente a Siena, Bologna e più di recente a Milano (dove lungo i percorsi sottopassati dalla metropolitana sembra che gli stessi esercenti si siano dichiarati, dopo iniziali perplessità, soddisfatti, come in Corso Vittorio Emanuele) ?
Revisione del Piano Regolatore di Milano. L'Amministrazione Comunale, stimolata da più parti, sembra intenzionata a portare avanti la revisione del Piano. In tale situazione è indispensabile che il Consiglio di Zona elabori e presenti in tempo utile delle proposte organiche, meditate e documentate, affinché anche nella nostra Zona le nuove determinazioni del Piano, siano l'espressione degli effettivi fabbisogni e delle scelte della popolazione interessata.
I comunisti del quartiere mentre dano il loro decisivo apporto a tutte le lotte dei lavoratori della zona, non dimenticano gli impegni di carattere internazionalista.
Recentemente in piazza Lima è stata fatta una manifestazione a sostegno del popolo cileno oppresso dai militari
fascisti assassini del Presidente costituzionale Salvador Allende.
Ha avuto particolarmente successo la mostra fotografica e numerosi sono stati i passanti che si sono fermati ad osservare le testimonianze delle torture subite dai lavoratori e dai patrioti cileni.
Sono state inoltre raccolte oltre 200 mila lire a favore delle famiglie dei prigionieri e dei profughi politici.
I comunisti non dimenticano dunque di dare la loro solidarietà ed il loro contributo per la difesa e per la conquista delle libertà di tutti i popoli.
Un'altra violazione del vigente blocco dei fitti è quella in corso in viale Abruzzi 33. La tecnica usata è quella conosciuta delle vendite frazionate di singoli appartamenti. La casa in questione è abitata da una cinquantina di famiglie di lavoratori pensionati, operai ed impiegati.
La vicenda è cominciata all'inizio del 1973, quando gli eredi Bodini-Visconti hanno ceduto lo stabile alla immobiliare Di Bona. Immediatamente sono arrivati agli inquilini gli inviti ad acquistare gli appartamenti: le cifre variano dai 7 ai 15 milioni.
Quando si pensa che tali inviti sono pervenuti ad alcuni che abitano la casa da sessanta anni e che hanno dunque più che pagato i propri appartamenti, la faccenda può sembrare ridicola se non si tiene presente la gravità del caso.
Gli inquilini hano reagito alla manovra speculativa: hanno tenuto delle assemblee ora in casa dell'uno -ora in casa dell'altro; quasi tutte le famiglie hanno partecipato attivamente e la grande maggioranza ha deciso di non comprare. A questo punto gli appartamenti sono stati messi in vendita frazionatamente ad acquirenti esterni.
Le famiglie che abitano la casa sono state dunque messe tra la padella e la brace perché sono state costrette ad acquistare l'appartamento a prezzi altissimi od a subire, in un prossimo futuro, uno sfratto da parte dei nuovi acquirenti.
V'è da dire che i cittadini che acquistano questi alloggi non concludono certo un buon affare, poiché si tratta di una casa vecchia e mal tenuta e sono poi costretti a comprare sulla carta, vale a dire osservando una piantina senza poter visitare l'appartamento. Pare inoltre che sulla casa gravino ben tre ipoteche.
Purtroppo parecchi appartamenti sono stati venduti e già nel luglio '73 sono arrivate le prime intimazioni di sfratto agli inquilini, che d'altra parte sono fermamente e giustamente decisi a non lasciare la casa in cui vivono da molti anni.
A questo punto ci appare chiaro il carattere politico della manovra: si vogliono portare divisioni e situazioni di scontro all'interno delle classi lavoratrici. Per questo è necessario che gli inquilini non facciano eventuali lotte isolate e quindi sterili ed improduttive, ma si uniscano agli abitanti di via Palestrina, via Venini, via Plinio, via Castaldi, che si trovano in analoghe situazioni. Né si deve dimenticare che le vendite frazionate sono un aspetto che affligge tanti altri quartieri di Milano.
Il 19 febbraio scorso una delega-
zione composta da decine e decine di inquilini, accompagnati dai dirigenti provinciali del SUNIA, si è recata in Prefettura dove ha consegnato al viceprefetto, dr. Vicari, un documento contenente le rivendicazioni del sindacato inquilini, che contiene sostanzialmente i seguenti punti:
estensione e generalizzazione delle proroghe dei contratti sino all'entrata in vigore delle norme sull'equo canone;
la giusta causa per la disdetta del contratto;
istituzione presso ogni comune di commissioni per le locazioni;
riduzione degli affitti delle locazioni stipulati per la prima volta dal 1970 in poi; precise norme per la determinazione dell'equo canone che basino la regolamentazione di tutti sul dato certo ed obiettivo del valore catastale;
gestioni e costi di tutte le spese da concordare con le assemblee di caseggiato degli inquilini.
Quindi è da ricercare un collegamento con il SUNIA perché solo con una visione globale del problema della casa si può intervenire in modo giusto in ogni singolo caso.
Gianfranco Delle Monache
Nella nostra zona, porta Venezia, alla logica della speculazione edilizia sono stati sacrificati oltre ai servizi social iprima (scuole, asili nido, ospedali ecc.) anche un minimo di attrezzature sportive, il tutto alimentato dal falso concetto secondo il quale l'attività sportiva è prerogativa di una piccola « elite » che poi si può permettere di pagare costosissime palestre private.
11 quadro è a dir poco desolante. Nella zona 3 non vi è nessun centro sportivo degno di tale nome; vi è una sola, la Cozzi, dicasi una, (rammentiamo che nella nostra zona abitano 80.000 cittadini) piscina coperta con annesse docce pubbliche; nessuna piscina all'aperto. Vi erano delle docce pubbliche in via Zarotto, ma ora non sono più funzionanti. Ed inoltre alla F.I.G.C. non è stata concessa nessuna area per la costruzione di campi di calcio.
Ci sono da segnalare quei pochi metri quadrati di terra battuta che
con molta buona volontà vengono chiamati campi di gioco per bambini; sono tre e si trovano in via B. Marcello, in P.za Bacone e in via Morgagni. Come si può constatare oltre alla piscina Cozzi, che oltretutto è al confine della zona per cui alla fine è costretta a sopperire alle richieste di ben tre zone (la 1, la 2, la 3), c'è il vuoto totale.
In questo quadro appena abbozzato salta subito all'occhio la contraddizione di fondo di voler far apparire quella della 3 una zona residenziale e quindi con costo delle locazioni altissimo, e nello stesso tempo di privare tutta la zona di idonee attrezzature sportive che priverebbero gli speculatori di locali che in questo modo possono benissimo essere adattati a negozi o abitazioni private. Bisogna lottare contro questa tendenza. In questa situazione come si possono inserire le forze e gli organismi democratici della zona per fare in modo che lo sport sia inteso come ser-
vizio sociale e spingere a che gli organismi competenti agiscano di conseguenza? Il Consiglio di Zona deve lavorare anche in questa direzione. Certo il compito non è dei più facili, anzi, tenendo presente che la reperibilità di aree da destinare alla costruzione di impianti sportivi è pressocchè nulla in quanto la speculazione edilizia non ha lasciato nessun metro quadrato edificabile. Comunque per esempio quelle aree che adesso vengono chiamate campi di gioco per bambini possono subire degli adattamenti per la costruzione di campi di pallacanestro, pallavolo ecc.; e cercando naturalmente di rendere, nello stesso tempo, i campi di gioco per bambini degni di tale nome. E' compito del Consiglio di Zona dare delle chiare indicazioni in merito; chiedendo anche la piena collaborazione di tutti i cittadini che hanno dei suggerimenti concreti da dare.
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Questa legge dunque non infrange le unioni familiari, perchè quando interviene, queste unioni di fatto non esistono più. Essa consente invece a chi si porta alle spalle un matrimonio definitivamente fallito di uscire dalla solitudine, per rifarsi una famiglia regolare nella quale i figli possano avere un nome.
Si è voluto in sostanza con questa legge dare a tutti il diritto di avere una famiglia. Proprio in questo senso è del resto intervenuta in questi tre anni di applicazione.
Emerge dalle dichiarazioni del Procuratore Generale di Cassazione che le domande accettate sono state molto poche, che ;a quasi totalità di queste ha riguardato coppie molto anziane che dopo dieci o quindici anni di convivenza illegittima hanno potuto finalmente regolarizzare la posizione loro e, soprattutto, quella dei loro figli.
Non vengono dunque dal divorzio i pericoli reali cui va incontro la famiglia italiana. Questi vengono semmai dall'emigrazione, dal pendolarismo, dalla mancanza di servizi sociali.
I comunisti queste cose le hanno dette e ripetute da tempo. Ma dei problemi reali della famiglia italiana nulla importa a Fanfani o ad Almirante.
La verità è un'altra: dietro la copertura di falsi discorsi di carattere religioso o sociale si tenta con ogni mezzo di far passare una ben precisa e pericolosa manovra politica.
Il referendum altro non è infatti che il pretesto per bandire una crociata.
In toni più o meno velati, in sostanza si finirà col dire che il diavolo è alle porte, il diavolo comunista naturalmente; quel comunismo si lascerà intendere — ateo, distruttore della famiglia in nome del libero amore, dispensatore di droga e pornografia!
Questa immagine, f alsa, offensiva e distorta, viene da molto lontano: ebbene, oggi, nel 1974 verrà, più o meno apertamente, riproposta.
Il fine appare chiaro: indebolire l'unità sindacale sulla base di sterili contrapposizioni ideologiche, e, contemporaneamente, spostare a destra l'intera situazione politica italiana.
Che una simile manovra sia sta-
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ta lanciata da forze fasciste non ci stupisce affatto, ci inorridisce invece l'irresponsabilità politica dimostrata dalla Democrazia Cristiana nell'aderirvi.
Sappiamo tutti che cosa ci è costato il centro-destra, ognuno ha potuto vedere sulla propria pelle il dissesto politico, economico e morale che l'Italia sta attraversando.
Ebbene, in questa situazione in cui la massima unità di tutte le componenti democratiche rappresenta l'unico modo di uscire dalla crisi, la Democrazia Cristiana invece cerca di lacerare profondamente il Paese.
Emergono qui tutte le profonde contraddizioni di questo grande partito.
Un partito dalla cronica ambiguità politica: l'unico nel quale coesistono a tutti i livelli le più disparate tendenze, da quelle grettamente reazionarie a quelle moderate, a quelle progressiste e popolari.
Tutta questa confusione politica talvolta risulta fatale: è il caso del referendum.
Dopo che era stato messo in atto un tentativo di arginare il deterioramente politico del centro-destra, dopo tanto parlare di un « nuovo modello di sviluppo », quando sembrava stesse per realizzarsi quella che noi chiamammo una « inversione di tendenza », ecco che improvvisamente nella DC la pressione degli sconfitti del centro-destra prevale: Fanfani decide di andare al referendum e impone la sua decisione anche ai democristiani riluttanti e avversi.
Nel giro di pochi giorni il volto della DC cambia per assumere nuovamente il ghigno sinistro di Andreotti.
Ebbene, ancora una volta, noi dovremo dire di no a « questa » Democrazia Cristiana. Ecco dunque cosa il referendum significherà ed ecco cosa il referendum non significherà. Non rappresenterà il nessun caso la soluzione di una controversia religiosa.
Rappresenterà invece una battaglia, legittima e doverosa, contro li tentativo di abolire una fondamentale conquista civile.
Ma non soltanto questo: ci sarà anche una grande battaglia politica nella quale le forze dell'unità e del progresso dovranno dire di no a quelle della divisione e della crisi.
La posta sarà particolarmente alta l'intera prospettiva di sviluppo democratico del nostro Paese, forse, la democrazia stessa.
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