i120 giugno un voto per ricostruire

i120 giugno un voto per ricostruire
La nuova realtà dopo il 15 giugno.
Esattamente un anno fa, dopo una campagna elettorale dura e combattuta, il popolo italiano sì espresse lucidamente e chiaramente con un generale spostamento a sinistra, nel nome del risanamento, del rinnovamento e con una inequivocabile volontà unitaria e di collaborazione.
Queste ci sembrano le ragioni profonde di quel voto, e ancora oggi riteniamo che esse ci vengano confermate anche dagli sviluppi recenti. Allora il voto era per il rinnovo delle amministrazioni locali (regioni, provincie e comuni), ma il tono della campagna elettorale e soprattutto il senso del voto espresso dal popolo, era di squisito contenuto politico.
In forza di quel voto il panorama politico italiano cambiò enormemente. Centinaia di comuni piccoli e grandi (come Milano) sono oggi amministrati da Giunta di sinistra aperta al confronto ed al contributo di altre forze democratiche; in alcune situazioni (come nella regione lombarda) venne a cadere la pregiudiziale anticomunista pur restando il PCI alla opposizione, in molti altri casi si registrarono convergenze significative con i partiti democratici minori come il PRI ed il PSDI.
seppe cogliere questi elementi di novità e di progresso, anzi tentò di contrastarli. Da qui la crisi profonda, più ancora che nel passato, all'interno della società italiana e le gravi difficoltà in cui si trovano tutti gli enti locali.
RUOLO
Crisi economica, disoccupazione, incertezza sulle linee di sviluppo, crisi dello Stato, corruzioni e scandali, costo della vita in costante aumento. Questi gli elementi più significativi della situazione.
dolarismo e dei costi.
la proposta di municipalizzazione e metanizzazione del gas, che unitamente alla ristrutturazione della Soveco e dell'Ortomercato possono essere elementi decisivi alla lotta contro il caro-vita.
Profondi furono perciò i processi che quel voto determinò, che si riflesse anche negli orientamenti e nei dibattiti congressuali di partiti come la DC ed il PSDI, anche se gli ultimissimi atti contraddiscono apertamente il senso del voto e gli stessi deliberati congressuali (voto sull'art. 2 della legge sull'aborto, nomina di Fanfani a presidente della DC,riconferma di Petrilli all'IRI, ripresa di temi da guerra fredda nella campagna elettorale, la presentazione nelle liste del contestato U.Agnelli, assieme ai Fava, ai Gioia e ai Ciancimino, ecc.). Certo però il significato del voto del 15 giugno, apri una situazione nuova, tutt'altro che conclusa.
Il Governo diretto dalla DC non
Gli enti locali possono certo intervenire direttamente, ma ancora limitati sono i loro reali poteri se non sorretti da una politica più generale perseguita a livello nazionale, quindi dal governo. A Milano una pesante eredità del passato, condiziona la nuova Giunta nella possibilità di interventi immediati. In termini estremamente schematici possiamo indicare tre livelli su cui l'ente locale può e deve intervenire: pianificazione e programmazione degli interventi realizzazione esecutiva degli stessi creazione di una domanda di massa di beni sociali ed aggregazione di nuove forze sociali e politiche.
Ebbene noi riteniamo che su questi problemi il comune di Milano si sia mosso con celerità ed in termini molto positivi. In altra parte del nostro giornale si entrerà nel merito dei problemi, ma sinteticamente vogliamo ricordare: il piano integrativo di 167 per l'edilizia economica e popolare il piano dei servizi per dotare i quartieri di verde, asili-nido, scuole, centri culturali ecc. la revisione del Piano Regolatore Generale in fase di conclusione per delinare le linee di sviluppo della città il piano dei trasporti per privilegiare il trasporto pubblico ed alleggerire il peso del pen-
il rinnovo dei Consigli di Zona, vincendo cocciute resistenze DC, per garantire una piú estesa e qualificante partecipazione dei cittadini alle decisioni, alla gestione ed al controllo della cosa pubblica. Inoltre, unitamente a questi elementi di programmazione, anche iniziative più ravvicinate rendono ulteriormente credibile la positività della Giunta, come lo stanziamento a bilancio di cir: ca 10 miliardi per l'esproprio di terreni su cui costruire case popolari, la pronta progettazione che rende possibile l'utilizzo del finanziamento regionale di 55 miliardi per case popolari, la prossima costruzione del primo lotto di tra'nvaizzazione della 90/91, ecc. anche per la nostra zona ricordiamo che è stato messo in bilancio la costruzione dell'asilo-nido di via Padova, 25 e che sono state revocate vecchie concessioni, aprendo cosi la possibilità di utilizzo sociale per tutti i cittadini dei terreni in via Petrocchi e via Benadir-BengasiDerna. Atti politici e concreti dunque, che hanno visto crescere il consenso dei cittadini e che hanno determinato anche signifaicative convergenze tra le forze politiche democratiche. La cintura sanitaria che taluni cercavano di creare contro la Giunta non c'è stata, al contrario una fiduciosa attesa ed una più profonda partecipazione si è invece realizzata.
Ma il problema che si pone oggi è questo: possono le amministrazioni locali portare avanti serenamente i loro programmi?
Tutti i comuni sono oggi in profonda crisi finanziaria, e soprattutto quelli più grandi che per realizzare opere atte a soddisfare i bisogni inderogabili dei cittadini devono necessariamente provvedere a molteplici interventi.
Certo non facendo nulla si possono anche avere bilanci in attivo, ma è forse questo il ruolo dell'ente locale?
Si calcola che i deficit accumulati complessivamente dai comuni italiani si aggiri attorno ai 25.000 miliardi!! Periodicamente alcune amministrazioni trovano addirittura difficoltà nel pagare gli stipendi ai dipendenti (è il caso anche di Milano). Occorre perciò innanzitutto un'intervento del governo per sanare queste abnormi situazioni e consentire agli enti locali di poter programmare per il futuro con bilanci più rispondenti al soddisfacimento dei bisogni dei cittadini e al tempo stesso di essere sgravati dal peso oneroso degli interessi richiesti dalle banche per i mutui contratti.
Su questo si erano già espressi, mesi or sono i rappresentanti dei comuni italiani con un vastissimo schieramento unitario (dalla DC al PCI). Ma purtroppo il governo e soprattutto l'ineffabile ministro a vita Emilio Colombo hanno disposto cospicui tagli ai bilanci comunali e recentemente imponendo l'aumento del tasso di sconto dall' 8 al 12 per cento, hanno di fatto impedito la realizzazione di importanti interventi di carattere sociale aumentando inoltre il già grave indebitamento dei comuni.
A Milano si pagherà circa 140 miliardi l'anno di interessi alle banche, a Roma addirittura un miliardo al giorno!! Quante cose si potrebbero fare con questi nostri quattrini! Altro che sviluppo delle autonomie e del decentramento dello stato, cosi' smaccatamente con-
Egr. Direttore i compagni e le forze politiche democratiche che agiscono all'interno dell'ex-dazio comunale di viale Monza presa visione dell'articolo comparso sul n.3 di maggio de "La nostra realtà", tengono a ribadire ancora una volta quello che in data 27/3/ 76 è emerso dall'assemblea tenutasi nei locali dell'ex-dazio alla quale partecipano una ottantina di cittadini democraticil, le forze promotrici dell'occupazione che ha visto la presenza di alcuni esponenti della sezione "Bassi" del PCI (dove era l'anonimo giornalista che ha scritto quell'articolo ?)
In primo luogo all'assemblea del 25/ 9/75 con l'assessore Cuomo il problema dell'ex-dazio è stato sollevato da alcuni compagni appiiftenenti alle forze che in seguito furono promotrici dell'occupazione.
In secondo luogo l'assemblea tenutasi all'ex-dazio, su proposta delle forze politiche che avevano promosso l'occupazione, visto che l'area era già stata destinata dal Comune a servizi sociali, dava indicazione per la creazione di un pronto soccorso-ambulatorio per il quartiere; si era deciso inoltre, in attesa che il Comune realizzasse ciò, di fare dell'ex-dazio un luogo per organizzare iniziative a favore del quartiere come puntualmente è stato fatto con il mercatino popolare, l'animazione per i bambini, la vendita popolare di libri, ecc., iniziative che daltronde non hanno visto nè la presenza nè la partecipazione di quelle forze che stanno dietro a quell'articolo
Per concludere, crediamo inopportuno rispondere ad alcune menzogne e provocatorie affermazioni fatte da quell'articolo (numero ed interesse dei partecipanti all'assemblea, credibilità politica delle forze organizzatrici l'occupazione, ecc.) che mo-
clamati da chi ci governa da ben 30 anni!
Ecco allora che occorre rivedere radicalmente questi orientamenti che strangolano la vita dei comuni ed intervenire anche per: rendere più cospicua l'entità del prelievo fiscale da destinare agli enti locali assieme ad un riassetto generale della politica tributaria. finanziare a livello governativo e parlamentare leggi come la 865 per l'edilizia popolare la 1044 per gli asili-nido, piani per la scuola e altre opere pubbliche assegnando questi fondi alle regioni e ai Comuni. potenziare il ruolo politico degli enti locali nel quadro di una programmazione democratica tendente a delineare un "nuovo modello di sviluppo" con un peso crescente per la produzione di beni sociali.
E non è forse questo l'ultimo insegnamento e l'indirizzo che ci viene dai fatti che hanno seguito il recente terremoto del Friuli! Pur nella grande tragedia due ci sembrano essere i dati su cui impostare una seria riflessione: il ruolo e l'importanza dello ente locale le virtù di solidarietà lavoro e sacrificio che oltre ad essere specifiche di quel popolo, sono certo comuni a tutti gli italiani e che vengono esaltate e portate ad altissimi livelli quando si realizza una vasta partecipazione basata su di una estesa unità tra le masse.
Ebbene proprio perchè crediamo di aver acennato (se non dimostrato) allo strettissimo rapporto che corre tra fatti locali e ruolo del comune, ed i grandi fatti nazionali ed il ruolo del governo,
strano ancora una volta il tipo di gestione del potere che attano talune forze politiche, che si basa sulla menzogna e sulla denigrazione e che ricorda i metodi di governo democristiani. Distinti saluti.
Sulla questione dei rapporti fra il nostro giornale e le forze politiche e sociali abbiamo già avuto occasione di mettere a punto la nostra posizione. Il nostro è un giornale aperto al contributo di tutti i democratici della Zona, poniamo come sola condizione la discriminante antifascista. Coloro che hanno voluto mandarci questa lettera non hanno sicuramente reso un buon servizio alla loro causa e, cosa ancor più grave, non leggono il nostro giornale. L'articolo che essi vorrebbero incriminare, comparso a pagina 3 del n. 3 de "LA NOSTRA REALTA"', era chiaramente firmato Ugo Siciliano: "l'anonimo" vive non è per nulla anonimo.
Per quanto riguarda il contenuto della lettera stessa non ci sembra che meriti un commento particolare e ci rimettiamo al documento del consiglio di zona apparso nella stessa pagina, vogliamo soltanto far notare che la volontà di decisione nei nostri quartieri si esprime, soprattutto per la presenza imponente di forze democratiche, in modo alquanto diverso da come vorrebbero far credere gli autori della lettera. Un'ultima annotazione: il nostro articolo non era anonimo, la lettera che abbiamo ricevuto, e integralmente pubblicata, invece si.
noi riteniamo che proprio rifacendoci al voto del 15 giugno 1975 si debba trarre ulteriore convinzione che per portare a compimento quegli indirizzi e quelle speranze domani il 20 giugno, ancora più forte si manifesti la volontà di profondo rinnovamento e di sviluppo dei rapporti unitari tra le grandi forze democratiche e popolari.
La crisi politica, economica e morale che attraversa l'Italia è gravissima e può ulteriormente precipitare . Altre volte su queste pagine abbiamo detto che nessun partito da solo può assicurare una rinascita dell'Italia, e nemmeno risicate maggioranze parlamentari. Oggi ne siamo ancor più convinti.
Occorre perciò che si sviluppi una politica di vaste convergenze e di ampi rapporti unitari, quindi por fine alla discriminazione anticomunista. Questo ci sembra essere il nodo politico che il voto dì giugno dovrà contribuire a sciogliere. Su questo, che è il vero problema concreto, gli italiani si esprimeranno in termini sicuramente ragionati e sereni. Non è possibile pensare di riproporre governi incapaci di operare scelte coraggiose e necessarie, non è più comprensibile rifiutare l'apporto di un partito come il PCI, e per le ampie garanzie democratiche che da sempre ha dato, e per il vasto consenso che ottiene tra le masse, e per la propria capacità di elaborare proposte positive e costruttive.
Abbattere quindi gli anacronistici steccati nel nome di una politica di vasta unità per la rinascita del paese.
Spetta a noi tutti operare affinchè il 20 giugno sia un'altra tappa per l'affermarsi di questa politica.
C'era una volta un re ... con queste parole mia nonna iniziava a raccontarci la sua favola preferita e invariabilmente mio nonno, che non lasciava perdere nessuna occasione per fare sfoggio della sua fede repubblicana, subito aggiungeva: PISCININ-BRUT e C ATIV . Anche il Re di quest'articolo era un po' bassoccio, per niente marziale, tant'é vero che nel momento piú tragico della storia del suo paese se la diede a gambe e per colmo d'ironia 'per colmo d'ironia veniva chiamato il "RE SOLDATO" 1946-1976' trent'anni di storia di casa nostra, trent'anni di insegnamenti non sempre usati a proposito. Riandare oggi con la mente a ricordare il clima di quei giorni per chi vive con i piedi ben piantati in terra l'esperienza attuale non é certo molto difficile. Basta un piccolo sforzo di buona volontà, qualche ritocco sul fondale di scena, i carri armati anziché le automobili sulle strade, le sirene d'allarme sui tetti anziché le antenne della TV e allora come adesso, tanta, tanta voglia di cambiare le cose. Allora come oggi si trattava di scegliere fra l'accettazione passiva e qualunquista di istituzioni di potere squalificate e il desiderio d'una boccata d'aria nuova e non inquinata.
A noi che eravamo da poto usciti dai banchi di scuola e che avevamo studiato sui testi che dicevano: non dimenticare nelle tue preghiere il RE d'Italia (e suo cugino) che ti dà la luce, il calore e....una giornata di vacanza ogni volta che ingravida la Regina e che ricordavamo la stanza dei nonni con l'immancabile foto dei due sopra la parete, l'eventualità di poter mandare in esilio l'intera famiglia con il nostro voto poteva anche turbarci un poco. Ma nessun turbamento v'era di certo in quelli più adulti di noi ch'erano da poco tornati dai punti piú remoti del continente dopo la tragedia della guerra o di chi, rimasto in Italia aveva assistito impotente all'ingloriosa fuga dei Savoia e C. con relativi bagagli, collezioni di monete e personale di servizio verso lidi piú sicuri quando il paese senza guida si sfasciava e gli italiani tutti erano facile preda di tutti i tipi di sciacalli che abbondano sempre in queste occasioni. Nessun turbamento quindi per chi cercava ,faticosamente una strada nuova da seguire, la strada della ricostruzione di una ricon quistata credibilità nei confronti degli altri paesi, di fiducia in se" stessi e col desiderio di disfarsene finalmente di quel tipo di "giustizia" che creava ingiustizia, di quell'abitudine al potere che predicando "sacrifici" creava privilegi.
A chi come noi votò per la prima volta quel 2 giugno 1946 non fecero difetto gli appelli ai pericoli apocalittici che ci avrebbero colpiti se avessimo sovvertito con il nostro voto le sacre istituzioni. Si mobilitarono le Dame di Corte e i "Lazzari del Re" i campioni della Civiltà Cristiana e i globuli rossi coagulati del Santo di
turno, fioccarono le minacce di taglio sugli aiuti alimentari e altre amenità del genere. Ma quando si aprirono le urne risultò che il 54,96 qc degli italiani voleva la Costituzione Repubblicana e una pagina ingloriosa della nostra storia si chiuse definitivamente. Non passarono due anni e alla consultazione elettorale del 1948 stessa musica con accomapagnamento dei vari "Microfoni di Dio" (e mai come allora questo nome venne usato cosi a sproposito) scomuniche elargite con lo stesso ritmo delle indulgenze, e buon ultimo con l'incitamento all'assassinio politico. Ma anche questa volta non fu quello sperato. Giugno 1946-Giugno 1976, dire che oggi le cose siano totalmente cambiate onestamente non ci pare esatto. Chi scappa o fa scappare i bauli pieni di quattrini, c'é ancora, chi predica sacrifici e all'ombra del potere accumula fortuna, c'é ancora, ai "Microfoni di Dio" s'è aggiunto il "Video del Pio", di sicari ce n'é addirittura un'inflazione, tagli agli aiuti piú che in una sartoria ed é di questi giorni la notizia che alitora una volta i globuli rossi di un certo Santo fanno di nuovo i capricci. Ma nonostante tutto questo monotono ripetersi secondo noi una differenza c'é.
Quelli che nel lontano 2 giugno 1946 votarono per la prima volta, sono cresciuti, sono maturati nella fabbrica e nella società, si sono confrontati con gli altri, hanno dato e apppreso, si sentono ora partecipi di quella grande parte sana del paese che non ha assistito impotente ai troppi episodi di malgoverno, che crede nella validità delle Istituzioni che s'é data e che sente un irremandabile desiderio di pulizia.
L'immagine della donna di casa alle prese in questa stagione con gli insidiosi semi di pioppo che scopati scrupolosamente dalla stanza rientrano subito dopo dalla finestra ci pare abbastanza significativo.
Noi non vogliamo correre questo rischio e la scopa che useremo il 20 giugno prossimo dovrà avere la funzione di impedire che rientrino dalla finestra quelli che troppo danno hanno già fatto quando poterono tranquillamente entrare dalla porta.
Già dal mese di ottobre '75 la Amministrazione comunale indicava in un programma di attività per il contenimento del costo della vita della Ripartizione Commercio le linee di intervento in questo settore. In esso veniva messo a punto un programma di intervento che vedeva al centro lo sviluppo delle vendite controllate che doveva essere favorito da un potenziamento della SO.
VE.CO.. Primo obiettivo é stato quello del risanamento finanziario della società che durante la gestione della precedente amministrazione era diventato un pesante carozzone che trascinava stancamente, ma con gravi perdite economiche, la sua attività.
Il problema dell'aumento del costo della vita assume a Milano caratteri di particolare gravita e urgenza. In 5 anni il costo é aumentato dell'89,5 "/,.. e negli ultimi mesi la tendenza si é ulteriormente accentuata.
Gli interventi del Comune sono resi particolamrmente difficili dal divieto governativo di importare derrate alimentari da paesi estranei al Mercato Comune Europeo, divieto che persiste anche quando si può far ricorso a forme di interscambio che eviterebbero un deficit della bilancia valutaria.
Questo atteggiamento dimostra che il governo si limita a difendere gli interessi degli agrari o degli speculatori in genere. In questa situazione il compito essenziale della SO.VE.CO. é stato quello di garantire la vendita di un limitato numero di generi di prima necessità a prezzi e qualità controllati. Nello stesso tempo si é fatto ogni sforzo per creare rapporti diretti tra produzione e consumo tesi a favorire l'ammodernamento della rete di vendite e l'associazionismo fra commercianti. Obiettivo importante é stato quello di fornire prodotti sui quali non gravano particolari co-
sti di pubblicità e di commercializzazione. Per questi motivi si é riusciti a vendere alcuni prodotti a prezzi relativamente bassi. Ed i mercati comunali coperti hanno contribuito a questa iniziativa vendendo alcuni prodotti a prezzi accessibili.
Negli ultimi mesi, in seguito ad ulteriori aumenti dei prezzi, si sono verificate a Milano da parte di organizzazioni estremistiche vendite non autorizzate di generi alimentari.
I prezzi dei prodotti risultavano bassi per l'ovvio motivo che le vendite non erano gravate dal alcun costo di gestione e da alcun gravame fiscale.
L'Amministrazione comunale e intervenuta facendo rilevare i pericoli derivanti dalla distribuzione di generi reperibili senza alcun controllo sanitario.
Ciò in particolare per quanto concerne la vendita di carni. Nello stesso tempo l'Amministrazione comunale si é impegnata, riuscendo ad ottenere il consenso degli esercenti, in un'azione calmieratrice istituendo il cosiddetto "Paniere", una vendita speciale controllata che comprende decine e decine di prodotti venduti a prezzi contenuti in un alto numero (2250) di negozi oltre che nei punti di vendita della grande distribuzione.
E' certo che iniziative come il rafforzamento della SO.VE.CO e l'istituzione del paniere non risolvono il grave problema del carovita, ed é pur vero che non basta esercitare un controllo in base alle competenze dei comuni su ingiustificati aumenti.
Il problema puo essere risolto solo con una diversa impostazione della politica economica del governo, con una politica che favorisca lo sviluppo agricolo del nostro paese, che colpisca la speculazione ai piú vari livelli, e che ponga un freno all'inflazione galoppante. Ugo Siciliano
Bandiere rosse sulla porta, un ambiente squallido e freddo: lo ingresso della fabbrica è gremito di gente, donne principalmente, operaie, operai, cittadini del quartiere che ascoltano attentamente le parole del responsabile della lega F.L.M. di Sesto S.Giovanni.
Alle pareti alcuni cartelli testimoniano, con parole d'ordine di lotta, la volontà" dei lavoratori della Fioravanti di continuare il presidio della fabbrica fino alla vittoria ed al ritiro di tutti i licenziamenti.
Su un cartello che raffigura alcuni bei volti di donna si legge: "Uniti si vince". Le lavoratrici della Fioravanti respingeranno la provocazione antisindacale del padrone. Le facce dei lavoratori della Fioravanti sono uscite dallo anonimato che circonda di solito le migliaia di lavoratori che ogni mattina varcano i cancelli delle numerosissime piccole e medie fabbriche della zona.
Da un po' di tempo a questa parte la sera assieme ai lavoratori davanti alla porta della fabbrica c'é anche la gente del quartiere; donne che si portano dietro anche i bambini, ragazzi con la chitarra. Si dispongono in cerchio e parlano della loro lotta, ma anche di altri problemi. Ogni tanto arriva qualcuno con un thermos di caffé (una sera qualcuno ha pensato anche alla spaghettata: é stata una serata più allegra delle solite).
Di giorno le facce sono assonnate, di tanto in tanto qualcuno si ferma ad osservare la mostra, si scambiano quattro chiacchere. Anche questo serve a rafforzare i legami di solidarietà con le donne e i giovani,con tutti i lavoratori che da oltre tre mesi presidiano la Fioravanti. Questa é una sera particolarmente importante:
c'e un incontro con le forze politiche per estendere la solidarietà con la Fioravanti. Sono presenti il responsabile della commissione del consiglio di zona, rappresentanti delle forze politiche e sindacali. Crippa della F.L.M. di Sesto rileva subito che l'unita'che si é creata fra tutti i lavoratori della Fioravanti é l'elemento base della lotta in corso; la drastica riduzione del personale di oggi può essere la premessa per una chiusura definitiva della fabbrica. Interviene successivamente il consigliere di zona Paoli, responsabile delle commissioni "LAVORO" del Consiglio di Zona, che in un discorso chiaro ed incisivo fa presente che il Consiglio di Zona si impegnerà in tutti i modi per risolvere la grave situazione della Fioravanti e per impedire eventuali speculazioni. Il Consiglio di Zona si farà promotore di un'assemblea popolare di zona. Il rappresentante del P.C.I. afferma che non ci si deve limitare a portare la solidarietà ai lavoratori in lotta ma che bisogna uti-
Il presidio dei lavoratori davanti alla lizzare tutte le forze politiche e sociali della zona per la soluzione della vertenza Fioravanti. I lavoratori sanno bene che non basta lottare per difendere l'occupazione , ma é indispensabile lottare per lo sviluppo dell'occupazione, obiettivo realizzabile con una profonda svolta politica. Dopo l'intervento del rappresentante del P.S.I. che fa presente che dietro i licenziamenti c'e il rischio che si nasconda una grave manovra speculativa, il rappresentante del C.U.Z. porta a conoscenza dei lavoratori che il comitato unitario di zona si è fatto promotore di un'indagine sullo stato della produzione nelle
fabbrica
fabbriche della zona per prevenire il verificarsi di simili situazioni.
Il signor Curmàs, uno dei cittadini del quartiere che sin dai primi giorni è stato vicino ai lavoratori che presidiano la fabbrica, ribadisce l'esigenza di rafforzare i vincoli di solidarietà della cittadinanza con la Fioravanti.
Razzola, del Consiglio di Fabbrica, esprime la soddisfazione dei lavoratori per il contributo delle forze politiche democratiche alla lotta della Fioravanti.
Dopo l'intervento di un giovane del collettivo di Villa San Giovanni, Cattaneo, del Consiglio di Fabbrica della SIT-SIEMENS, la
ditta che ha annullato le commesse della Fioravanti, afferma, non senza amarezza,che é molto piú facile licenziare nelle piccole fabbriche che nelle grandi come la SIEMENS,e che in ogni caso i lavoratori della SIEMENS daranno tutto il loro sostegno alla lotta in corso.
Dopo l'intervento di Sansonetti che porta la solidarietà della ROTO-LITO, si hanno le conclusioni di Crippa.
L'assemblea termina ed ognuno ha la consapevolezza che si é fatto un passo avanti, ma altri e decisivi se ne devono fare per vincere la dura battaglia. U.S.
SONO VENUTI SOLO PCI E PSI
Avevamo invitato tutti, esclusi i missini, dimenticando forse i liberali: sono venuti soltanto i rappresentanti del Partito Comunista Italiano e del Partito Socialista Italiano.
Che fine, poi, abbiano fatto gli altri - dai democristiani ai demoproletari, passando attraverso i repubblicani e i socialdemocratici - non lo sappiamo e non possiamo, perciò, riferirlo ai lettori.
Siamo, però, convinti che godano tutti ottima salute.
Il nostro é un giornale di sinistra: non ci spiace affatto , perciò, di esserci incontrati con i rappresentanti dei due pia importanti (o soli?) partiti della sinistra italiana.
Era intenzione de "La nostra realta" pubblicare una tavola rotonda, fra tutti i partiti democratici, sui temi della campagna elettorale. Le domande che dovevamo fare, le abbiamo fatte: le risposte che abbiamo avuto non possiamo pubblicarle integralmente per ragioni di spazio e ci scusiamo con i lettori.
Riassumiamo, quindi, sotto la nostra responsabilità, sia le domande che le risposte.
Domanda: "Qual'é, secondo voi, l'elemento caratterizzante di questa campagna elettorale?"
Risposta: Pallavicini-PSI: "I socialisti hanno individuato, sin dal loro ultimo Congresso, la linea per far uscire il Paese dalla crisi: questa è conosciuta come la "strategia dell'alternativa".
Noi socialisti, intendiamo dire, cioé, che occorre un generale spostamento, a sinistra, dell'elettorato per rendere possibile una alternativa di governo e di potere alla D.C.. Il nodo centrale di queste elezioni consiste proprio nel fare tutto il possibile perché, dopo il 20 giugno, la D.C. sia mandata all'opposizione.
Risposta di Malinghero-P.C.I.: "Anche noi comunisti siamo convinti che la Democrazia Cristiana, dopo 30 anni di potere, avrebbe "diritto" di andare in pensione. La questione, pero, é molto pin complessa: se é vero che i 30 anni di malgoverno democristiano hanno rovinato l'Italia, é anche vero che sarebbe difficile governare con un grande partito, come quello democristiano, all'opposizione (come del resto sarebbe impossibile fare con i comunisti all'opposizione).
Da ciò nasce la nostra proposta di un governo di emergenza che unisca, su un programma di salvezza nazionale, tutte le forze politiche sane. Questa indicazione viene dallo stato di grave ne-
cessità in cui versa il Paese e dalla convinzione profonda che soltanto unendo gli sforzi di tutti i democratici, sia possibile portare l'Italia fuori dal buio tunnel della crisi. I nostri avversari ci dicono sempre: che é facile criticare quando si é all'opposizione che il giorno che saremo al potere non ce ne andremo piú. Vogliamo chiarire che non siamo all'opposizione per nostra vocazione, ma perché, all'opposizione, siamo stati costretti. E se poi sembra che per noi é facile criticare ciò é dovuto al fatto che chi ha governato, ha governato male. Per quanto riguarda poi l'idea peregrina del nostro attaccamento viscerale al potere, diciamo che, nel nostro Paese, non c'é stata una sola battaglia di democrazia e libertà che non abbia visto i comunisti in prima fila e che, comunque, di attaccamento al potere., la D.C., in questi 30 anni ha dato una prova talmente esemplare da non meritare nessun commento.
Domanda:"Cosa ne pensate della esperienza della Giunta di sinistra a Milano, e, soprattutto, ritenete che possa riproporsi a livello nazionale?"
Risposta di Pallavicini-PSI: "Il nostro giudizio, su questi pochi mesi di giunta di sinistra, non può che essere positivo:lo spirito che anima la maggioranza é quello del profondo rinnovamento, anche se, le eredità ricevute e, soprattutto, gli iniqui rapporti tra Stato ed Enti Localli - a danno di queseultimi rendono particolarmente difficoltosa l'opera di amministrare Milano. Per brevità, poi, mi limiterò a ricordare il grande lavoro di programmazione , fatto dalla Giunta, per la sistemazione della citta, con la rielaborazione del Piano Regolatore Generale, con il piano dei servizi sociali, con il piano di 167 dell'Edilizia Economica popolare. Se poi quest'esperienza sia riproponibile a livello nazionale, personalmente, lo credo difficile. Ma sono sicuro che se dovesse essere necessario, noi socialisti, insieme ai compagni comunisti, sapremmo assumere tutte le dovute responsabilita.
Risposta di Malinghero-PCI: "Concordo pienamente con il compagno Pallavicini."
A noi del giornale, alla fine di questo incontro, é rimasta la curiosità di sapere cosa ne pensino tutti gli altri partiti, dai democristiani ai demoproletari.
Nadia Corradi, a dire il vero, mi é sembrata un poco spaventata dall'idea di questa "intervista".
In effetti l'imbarazzo era reciproco: io e Nadia ci conosciamo da talmente tanti anni che l'idea di intervistarla mi é sembrata abbastanza buffa.
Infatti quello che ho avuto con lei é stato uno dei tanti colloqui, anzi discussioni, che da sempre siamo abituati a fare.
Cosí, per rompere il ghiaccio, le ho fatto la domanda più cattiva:
"Perché ti hanno messa in lista per il Parlamento?"
"Perché il mio partito da una particolare importanza ad una serie di questioni come, ad esempio, il problema del decentramento amministrativo delle grandi città e la condizione di vita e di lavoro delle sonne. Ecco, io sono donna e presidente di un Consiglio di Zona: queste sono, credo, le ragioni fondamentali per cui il P.C.I. mi ha inserito nelle sue liste". Vorrei aggiungere che questo é vero, ma che é stato determinante anche il fatto che Nadia ha maturato, in tanti anni di attività nel C. di Zona, una profonda, specifica conoscenza sui problemi del decentramento amministrativo. E credo che un Partito come quello comunista, giustamente, voglia mandare in Parlamento persone preparate e competenti. "Cosa pensi di fare quando e se
sarai eletta?"
Altro momento di panico: se c'è una cosa lontana dalla visione che i comunisti hanno del Parlamento é proprio quella di chi dice: "datemi il voto e io andrò a Roma a fare questo, quello, quest'altro".
La risposta di Nadia, infatti, é chiara: "Per noi comunisti il Parlamento non é quel posto dove 600 piccoli signorotti si riuniscono per meglio dividersi favori per i loro feudi elettorali. Se andrò al Parlamento porterò a Roma ciò che mi ha insegnato l'esperienza che ho maturato al C.di Zona 10. Non' credo, noi comunisti non crediamo, ai deputati con la delega in bianco: per noi il parlamentare, é e deve essere, il mezzo di una maggiore partecipazione alla vita pubblica di tutti i cittadini. Non basta votare una volta ogni tanto e poi lasciare fare agli altri."
Sarebbero ancora tante le cose che dovrei scrivere su quello che Nadia Corradi mi ha detto a proposito del programma del suo Partito, della vita dei nostri quartieri, dei 30 anni di malgoverno democristiano, ma penso di poter riassumere, ugualmente, tutto ricordando una frase che mi ha ripetuto spesso: "INSOM-MA IL PROBLEMA E' QUESTO: NON BISOGNA GOVERNARE PER I CITTADINI. MA CON I CITTADINI".
"La mia candidatura è il frutto dell'attenzione dei comunisti per i problemi del decentramento"
si mangia bene alla Trattoria
Le cifre parlano chiaro: 800.000 giovani che non trovano lavoro, dei quali circa il 40 'I. sono in possesso di un diploma o di una laurea. Vi é stato un sensibile aumento della disoccupazione giovanile soprattutto a partire dalla seconda metà del '73, quando i giovani disoccupati erano meno di 600.000. Un balzo colossale e di dimensioni relative nettamente superiori allo stesso impressionante aumento della disoccupazione in generale.
Ciò significa che il fenomeno della emarginazione dei giovani dal mercato del lavoro é strettamente legato alla grave crisi che stiamo attraversando, e che porta come conseguenza drammatica il generale processo di selezione della forza-lavoro.
Inutile dire che i primi ad essere esclusi, i primi a pagare la crisi sono i giovani, oltreché le donne e gli anziani.
In altre parole, le fasce più deboli della forza-lavoro. Un aspetto centrale del problema é poi la cosiddetta "disoccupazione intellettuale", dovuta alle molteplici carenze del sistema produttivo italiano e l'insufficiente sviluppo di molti settori. Significativo é il caso dell'agricoltura, dove i laureati in agraria sono seimila in tutto a causa dell'arretratezza nello sviluppo, della parcellizzazione aziendale, ecc..
Ma anche nell'industria la grande quota di piccole aziende e di artigianato, costituita prevalentemente da imprese a bassissimo livello tecnologico, senza strumenti di analisi dei mercati, ecc., non può certamente offrire uno sbocco significativo per diplomati o laureati disoccupati.
Del resto nelle grandi industrie la situazione é simile: le imprese italiane acquistano brevetti all'estero, oppure rimangono nell'atrofia più completa, come accade nel settore dell'elettronica.
D'altra parte spessissimo i laureati e i diplomati non hanno il tipo di formazione che potrebbe essere richiesta da un sistema produttivo dinamico e in sviluppo. Cioé manca un rapporto di scambio tra scuola e sistema economico.
Sia pur nella brevità di questi accenni dovrebbe apparire che i problemi che si pongono nel campo della disoccupazione giovanile e di quella intellettuale in particolare hanno possibilità di soluzione effettiva solamente in un diverso tipo di sviluppo, fondato sulla massima utilizzazione delle riserve, e in un quadro coerente di scelte di politica economica di medio periodo.
Fra queste scelte una attenzione particolare dovrà essere rivolta alla formazione professionale e alla struttura scolastica in generale Una volta chiarito che que-
sta é l'unica via praticabile per una soluzione non effimera del problema, resta da vedere quali interventi sono possibili a breve scadenza per allentare la tensione della disoccupazione giovanile, allontanare tutti i pericoli, sempre presenti, di una involuzione a destra dei giovani disoccupati, e anzi porli in condizioni tali da facilitarne l'aggregazione con le altre forze del movimento operaio nella lotta per un nuovo tipo di sviluppo. A questo proposito mi sembra degna di nota una proposta del P.C.I., accolta nella sostanza anche da altre forze politiche, che mira a creare una esperienza nuova di rapporto tra scuola e lavoro.
"Proponiamo - spiega Massimo D'Alema, dirigente del Partito comunista, in un intervento sul mensili "Il Contemporaneo"un fondo nazionale ed un piano, articolato regione per regione, per il preavviamento dei giovani al lavoro.
I "corsi di preavviamento" devono prevedere una utilizzazione straordinaria della forza-lavoro giovanile in lavori di pubblica utilità ed insieme il momento dello studio, della riqualificazione professionale, e della ricerca culturale. Evidentemente la realizzazione del "piano" costituirebbe il concreto avvio di una riforma di tutto il settore della istruzione professionale.
Una riforma che: a) abolisca gli istituti professionali paralleli alla scuola secondaria (nel quadro della formazione di una scuola superiore unitaria); b) liquidi tutti gli elementi di spreco e di parassitismo, le strutture clientelari e di sottogoverno che ancora proliferano in questo settore; c) porti alla formazione di una fascia di istruzione professionale e avviamento al lavoro di breve durata che, possibilmente, preveda insieme studio e lavoro, i cuì indirizzi siano programmati in rapporto alle effettive esigenze dello sviluppo economico e sociale, che sia interamente affidata alla gestione delle regioni, con il controllo e la partecipazione democratica alle scelte delle organizzazioni dei lavoratori e della gioventù, degli enti locali,
delle forze imprenditoriali e del ceto medio.
Ció che proponiamo é quindi un insieme di misure urgenti di riforma che dovrebbero impegnare il governo, il Parlamento ed anche le regioni". Due sono, a parer mio, i lati positivi di questa proposta.
Il primo é che il piano del P.C.I., pur prevedendo un immediato intervento per una situazione sempre più drammatica, tende ad evitare i pericoli di una soluzione meramente assistenziale, e pone invece la prospettiva di creazione di sbocchi stabili e qualificati per l'occupazione giovanile. Perché penso sia radicalmente sbagliata la posizione di alcune forze, sia conservatrici, sia di sedicente "ultrasinistra", che propendono per la creazione e la raccolta di sussidi assistenziali.
Infatti sono • convinta che l'assistenza pura e semplice non potrebbe risolvere in nessun modo le distorsioni strutturali che sono all'origine della disoccupazione giovanile; di più: non sarebbe certo in grado di impedire processi di disgregazione politica e sociale il cui pericolo, ripeto, é presente in particolare fra i giovani. Ed é questo il secondo lato positivo della proposta del P.C.I.: e cioé il significato non soltanto sociale e politico della proposta, ma anche il valore ideale e culturale di un impegno per creare le basi di una mentalità e di un costume nuovo tra i giovani. Il dramma della disoccupazione e della emarginazione non deve disgregare e corrompere la gioventù; bisogna evitare che prendano piede forme disperate di protesta, che i giovani possano divenire massa di manovra per la azione di demagoghi, di qualunquisti e nemici della democrazia. Il piano di preavviamento al lavoro offrirebbe la possibilità a centinaia di migliaia di giovani di compiere una grande esperienza di lavoro e di studio collettivo, una esperienza che consenta alla gioventù di unirsi, di aggregarsi e di pesare come una forza autonoma e unitaria nella lotta per il superamento di tutte quelle contraddizioni radicate nel nostro paese dallo sviluppo capitalistico. Insomma, l'insieme di queste proposte, intorno alle quali va crescendo nel paese una forte mobilitazione unitaria della gioventù mirano a creare le condizioni per un contributo dei giovani alla lotta del movimento operaio e per rendere quelle generazioni, che sono state emarginate dalla crescita capitalistica, protagoniste dello sforzo necessario per superare la crisi.
Fulvia FasolaLa "questione giovanile" é un tema che si ripropone con pressante insistenza ogni giorno. Sono infatti i giovani in prima persona a pagare le dirette conseguenze di un trentennio di malgoverno democristiano, nello ambito della crisi economica che sta attanagliando i paesi dell'area capitalistica. Le prospettive di lavoro per la gioventù diventano sempre più preoccupanti. Al già ingente numero di disoccupati e di lavoratori posti in cassa integrazione, si aggiungono le migliaia di giovani che si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro, dal quale vengono respinti o semmai assorbiti in minima parte. Nel nostro Paese su un milione di disoccupati, ben 800.000 sono i giovani in cerca di prima oc-
minciano a manifestare apertamente la loro volontà di rinnovamento, con slogans apparentemente utopistici come "Siate realisti, esigete l'impossibile" o "Io prendo i miei desideri per realtà, poiché credo alla realtà dei miei desideri", dei maggio rosso francese. Parallelamente nacque l'uso fra ii giovani di portare i capelli lunghi e di vestire in modo stravagante, appunto per sentirsi accomunati almeno esteriormente e, se non altro, come forma di anticonformismo, contro l'imperante conformismo borghese. Certamente non si trattò di una "moda", seguita da qualche "testa calda", come regolarmente sentenziano alcuni elementi reazionari intenzionati a conservare intatti i propri interessi di casta. Infatti i primi sintomi erano già
Una manifestazione studentesca cupazione. Conseguentemente a queste ed altre contraddizioni del tipo di società in cui viviamo, é venuta a crearsi anche una crisi dei valori sociali ed umani, esistenti , che molto spesso sfocia in una reazione violenta contro il sistema in forme delinquenziali, o in una illusoria ricerca di evasione attraverso la droga o pratiche misticistiche di derivazione orientale. Se da un lato abbiamo questo deprimente quadro, dall'altro abbiamo quello più rassicurante di giovani, che presa coscienza delle origini di questo stato di cose, si uniscono in una comune lotta avente come fine l'abbattimento di questo sistema corrotto che li strangola moralmente. E' con il 68, l'anno zero della contestazione, che i giovani co-
stati avvertiti alcuni anni prima del fatidico 68, come ad esempio all'Università di Berkeley negli Stati Uniti. Non si trattò nemmeno di un fenomeno isolato e fine a se stesso, perché la contestazione giovanile riguardò il mondo intero, e talvolta i giovani pagarono anche con la propria vita la loro sete di libertà come in Messico durante i Giochi Olimpici. Grande rilevanza ha il fatta, che per la prima volta si sono visti scendere in piazza fianco a fianco lo studente di estrazione borghese con l'operaio, spesso impegnati a scontrarsi con le forze dell'ordine, appunto per contestare quell'"ordine". Anche oggi, a distanza di vari anni, questa spinta rivoluzionaria verso il rinnovamento, per la costruzione di una nuova societd segue a pag.6
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piú giusta, senza contraddizioni di sorta, non si é esaurita, ma permane nelle masse giovanili che si sono succedute a quelle generazioni. Un giovane che non abbia questa volontd non ha il diritto di chiamarsi tale.
In Italia un importante passo in avanti si é fatto con l'abbassamento del limite della maggiore età a 18 anni, che permetterci anche quest'anno di far sentire il peso politico dei giovani nelle imminenti elezioni del 20 giugno.
L'unico modo valido per uscire dalla crisi, é che venga raggiunta la piú ampia intesa fra tutte le forze democratiche, per la riconversione economica e politica del Paese.
Intesa questa che fino ad oggi é sempre stata avversata e respinta dalla Democrazia Ciristiana. Dopo la "generazione del Vietnam" degli anni 60, oggi abbiamo la "generazione del Cile".
Infatti anche tuttora permane nei giovani la ferma volontà di denuncia di ogni tipo di aggressione imperialista e l'impegno all'antifascismo militante.
Proprio nella nostra città abbiamo assistito ad episodi che vanno inquadrati nel piú ampio contesto della strategia della tensione, che da qualche anno a questa parte, regolarmente nei periodi pre-elettorali, sta funestando il nostro Paese.
Va ricordato ancora una volta che qualsiasi colorazione abbiano i gruppi che portano avanti questo tipo di provocazioni, queste fanno sempre e solo il gioco delle forze reazionarie e conservatrici, non giovando certamente alle lotte civili e costruttive del movimento operaio.
Anche la scuola non é stata adeguata alle nuove esigenze venutesi a creare: non rappresenta altro che una gigantesca area di parcheggio per discoccupati, vista oltretutto l'assenza sul mercato del lavoro di una sufficiente richiesta di personale specializzato.
I decreti delegati, che avrebbero dovuto democraticizzare le strutture della scuola, si sono rivelati u-n fallimento per l'ostruzionismo esercitato da coloro che sono contrari ad ogni riforma della stessa.
Nel nostro quartiere sono compresi tutti questi problemi: dalla diffusione dilagante della droga, all'aumento impressionante della delinquenza minorile e dall'assenza di strutture culturali e ricreative, a quella di altri servizi sociali di prima necessitd.
In una metropoli come la nostra, dove l'individuo deve adeguarsi alle esigenze della città e non viceversa, viene a crearsi soprattutto nei giovani un senso di emarginazione esasperante.
Accade cosi che gruppi di questi siano costretti a fare ció che lo immobilismo delle autorità cosiddette "competenti", non ha voluto fare negli anni scorsi.
E' quanto é accaduto per l'ex-dazio di viale Monza, occupato da un collettivo, che ne ha saputo fare un centro sociale, punto di riferimento per i giovani del quartiere.
Questo nell'attesa che la detta area sia destinata a Pronto Soccorso, grazie all'interessamento delle componenti del Consiglio di Zona.
Oltre a queste iniziative ne sono in progetto altre, come la creazione di "consulte giovanili" nei vari quartieri, aperte alla partecipazione di tutte le forze democratiche.
Si deve cioé agire in modo tale che i giovani non siano piú obbligati ad avere come unico punto di ritrovo il bar più vicino a casa, ma possano invece usufruire di adeguate strutture di altro tipo.
Va ricordato che attualmente i circoli giovanili presenti nel nostro quartiere sono: Circolo Culturale ARCI-UISP "Fabio Neruda", dio Cooperativa "I maggio" in via Rucellai 12; Circolo F.G.C.L "Ernesto Che Guevara", via Rucellai 12; Collettivo Giovanile di Villa S.Giovanni, d'o ex-dazio di viale Monza; Comunione e Liberazione, c/o la parrocchia di piazza Precotto. Granaci Veniero
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La 25 edizione della classicissima per dilettanti Milano-Asti, giunta alle nozze d'argento, ha laureato il ventunenne Filippo Marchiorato di Malnate. E'giunto al traguardo con il compagno di squadra Pier Luigi Sala con il quale ha compiuto gli ultimi quaranta chilometri della gara: gara molto interessante per i colpi di scena che si sono succeduti ad un ritmo incessante, su un tracciato impegnativo che ha avuto nella salita della Crea il giudice inesorabile delle forze in campo. Marchiorato e Sala hanno compiuto un vero e proprio capolavoro dalla salita del Santuario di Crea in poi: infatti due ragazzi di Bailetti hanno creato il vuoto alle loro spalle dopo aver aggredito un compagno di Colombo Fontanella, Maggi, Greco, Ranconi, Rossi e Navetti da Castello d'Aragona ai piedi dell'asperità. Nella lunga e pericolosa discesa la coppia di testa perdendo un altro potenziale compagno di fuga (Navetti appiedato da una foratura) ha proseguito fino al traguardo tagliando letteralmente la corsa in due. La volata ha poi dato la possibilid all'amabile Marchiorato d'ag-
giudicarsi la prima sospirata vittoria dopo 4 anni di permanenza fra i dilettanti di I t II categoria. Inutile sottolineare lo stato d'animo regnante nel clan Brooklyn dopo questo nuovo successo che ha portato già a 9 le vittorie della squadra del presidente Castitoni. Corrono voci sulla soppressione della gara.
Il presidente dello sport club Giovanni Gerbi, Tommaso Bruni e il segretario Sassi, presenti fra gli altri Rodoni, Gioia, Omini e Raimoldi, dopo aver ribadito la probabile eliminazione della classicissima hanno lasciato aperto un piccolo spiraglio per la continuità di una spettacolare gara qual'è da 25 anni la MilanoAsti.
Ordine di arrivo - I Marchiorato Filippo (S.C. Lainatese Brooklyn) 133 km in 3 ore, media 44,333 - II Sala Pierluigi (I.D.) -
III Mantovani Giovanni (I.D.) a 2' - IV Rosola Paolo (G.S. Passerini Gomme) - V Manetti Ivan (G.S. Mobili Doneda Bergamo)VI Vanotti - VII Carretta - VIII Pala - IX Rossi - X Volpi II - XI Masi - XII Restini - XIII OldaniXIV Navetti - XV Tabai.
Dopo la corsa tutti gli organizzatori, Diligenti, Sportivi e Autorità si sono ritrovati in un lieto simposio dell'Hotel Reale di Asti per festeggiare oltre la magnifica riuscita della manifestazione anche il 25' di Fondazione del Sodalizio.
Ha preso la parola per primo il Vicepresidente Sassi che da ben 25 anni é stato l'organizzatore unitamente agli amici e collaboratori cominciando dal presidente Cav. Tommaso Bruni che grazie al suo interessamento ha potuto portare a termine questa bellissima 25% edizione.
Oltre al Cav. Sassi hanno preso la parola il Cav. Bruni che a nome del sodalizio ha ringraziato tutti gli amici e Ditte che in tutti questi lunghi anni di sport non hanno mai mancato di contribuire generosamente per la buona riuscita della manifestazione. Un grazie particolare ai suoi Fondatori e Presidenti Onorari Cav.
Lino Rapaccioli e Cav. Paolo Frati ai quali é stato donato un artistico diploma di benemerenza unitamente a un trofeo d'argento ricordo del 25° di Fondazione.
Al Presidente Cav. Tommaso Bruni e al Vice Presidente Sassi a nome del Consiglio Direttivo é stato donato un artistico diploma di benemerenza e una targhetta d'argento. Sono stati premiati pon oggetti ricordo: Sig. Balzarotto, Cav. Crippa, Cav. Pozzi, il Presidente della C.R.I. ambulanze F.C.I., Sig. Allasa e il Presidente della T.R. Lombarda Sig. Rialdi Eugenio e il Sig. Dino Seoli dell'uffi-
cio stampa F.C.I. gentilmente intervenuti alla nostra festa serale. Inoltre sono stati premiati per il loro attaccamento al Sodalizio e alle nostre organizzazioni il Sig. Palumbo, Sig. Salerno, Sig. Elli, Sig. Gibbi, ecc. Non vorrei terminare senza ringraziare il Consiglio Direttivo del C.F.U.P., che ci hanno da circa 8 anni ospitato nei loro magnifici locali non solo come sede ma anche per i ritrovi delle nostre organizzazioni, che ci hanno permesso di organizzarle nel modo migliore e perfetto.
Grazie anche agli amici della Caccia e Pesca che si sono bene adoperati collaborando per la migliore riuscita della Corsa. Sono stati ricordati anche i collaboratori che con il loro contributo sono stati sempre presenti alle nostre manifestazioni, a loro vada il nostro pití sincero ringraziamento.
Sig. Ricci Claudio - Sig. Zecchinato - F.11i Tortarolo - Sigg. Ottrese Giuseppe e Mario - Sig. Moro AlbertoNaturalmente nel ringraziamento piú vivo e sincero non vanno di-
menticati i nostri soci che pur non essendo stati premiati sono stati i collaboratori piú assidui e preziosi per la migliore riuscita della corsa.
Al Sig. Perolfi Mario (che gentilmente ha offerto una bellissima coppa) a Ripamonti Augusto e a Vercelloni Roberto vada il nestro piú vivo ringraziamento. Agli amici meccanici Barale, Giovannetti del cambio ruote, al Sig. Lanfidi Domenico, nostri collaboratori, vada il nostro più vivo ringraziamento.
Una città difficile, dove la vita quotidiana non é agevole per chi lavora, dove per molti anni gli spazi e le possibilità di incontro, di vita culturale, sono stati ostinatamente legati a chi non viveva nelle zone centrali. Una città arida, caotica, spesso ostile per chi viene a viverci dal di fuori, ma allo stesso tempo una citta dove in anni e anni di lavoro paziente le forze di sinistra hanno costruito tutta una rete solidissima di partecipazione democratica e popolare: dai consigli di zona ai comitati unitari antifascisti, dalle varie articolazioni che assume la rappresentanza sindacale ai comitati degli inquilini e dei genitori.
E' questa la Milano che, dieci mesi fa, si é trovata di fronte la giunta popolare, nata dopo molte difficolta dal voto del 15 giugno.
Ed é con i suoi problemi che i nuovi amministratori hanno cominciato, lentamente e pazientemente, a fare i conti. Senza prefiggersi di cambiare le cose da un giorno all'altro, senza rincorrere impossibili capovolgimenti radicali, ma decisi a restituire a poco a poco la città ai suoi abitanti, a cominciare da quelli che sono maggiormente esclusi dalla vita sociale, come gli anziani, che una politica urbanistica spesso basata sul profitto delle grandi immobiliari ha espulso dai quartieri popolari del centro, sradicandoli dal loro ambiente per confinarli in quartieri periferici privi di servizi, di possibilità di contatto, a Milano gli anziani vivono spesso una dura realtà di solitudine, di emarginazione.
E' per reinseririi nella vita sociale, che il Comune ha elaborato una serie di proposte che puntano in primo luogo a far partecipare gli anziani alle attivita del quartiere.
loro possibili impieghi, che sono stati già sperimentati in parte in città come Bologna, sono dei piú vari, vanno dall'attività di assistenza ai bambini e ai ragazzi della zona, all'inserimento nelle attività culturali e ricreative. Per gli anziani poi che hanno bisogno di cure, la proposta della amministrazione comunale é di evitare il ricovero negli istituti e di assisterli a domicilio, provvedendo, attraverso assistenti sociali, ai loro lavori domestici.
Un'altra drammatica realtà che Milano si è trovata ad affrontare in questi mesi è stata quella dei giovani.
Della loro disoccupazione, della mancanza di spazi in cui ritrovarsi, della disperazione dei ghetti periferici, dove bande di ragazzi cadono sempre pio spesso nelle mani avide e senza scrupoli dei trafficanti di droga.
E anche, in parte, dell'estremismo sempre piú violento e insensato che si sta scatenando in alcune frange, dove, prendendo a pretesto le difficili condizioni di vita, ci si dedica ad atti di puro teppismo. E'per questo che si devono offrire ai giovani, prima di tutto, serie prospettive. Sia nel campo del lavoro, sia in quello delle prospettive ideali, in modo da evitare ogni tentazione di fuga nella disperazione individuale. Specie in una citta come Milano, é pio che mai indispensabile inserire i giovani in ogni livello della vita sociale, poter contare sulla loro partecipazione nei consigli di zona, nelle commissioni culturali, nei comitati antifascisti: che, come hanno dimostrato anche i recenti tragici avvenimenti della vita milanese, devono sempre piú impegnarsi, con la presenza di tutte le forze vive nella città, in un'opera di continua vigilanza. E'poi indispensabile rendere sempre piú efficace la partecipazione politica dei giovani alla vita delle scuole, sfruttare tutti gli spazi aperti dai decreti delegati, spingere perché anche l'università riesca ad uscire dalla profonda crisi in cui é impantanata ormai da anni.
Allo stesso modo, anche la vita culturale milanese deve conoscere un profondo rinnovamento.
E' ormai da tempo che l'idea di una attività culturale tutta concentrata nelle zone centrali, nei grandi teatri, nei luoghi di dibattito famosi ha lasciato il passo a una visione piú articolata; dove ogni quartiere produce autonomamente cultura, in uno scambio continuo fra centro e periferia, senza imposizioni burocratiche o scelte calate dall'alto.
E' una strada che a Milano é stata in parte tentata con esperimenti come quelli di teatro quartiere, ma che é ancora insufficiente, e che richiede di essere potenziata e ampliata.
Sono tutte indicazioni su cui gli amministratori milanesi hanno già cominciato a muoversi, ma che riceveranno un vigore e una forza d'impatto molto maggiori dai risultati del prossimo voto del 20 giugno: solo una grande affermazione delle sinistre, permetterà di procedere con sempre maggiore decisione sulla strada di un rinnovamento radicale, profondo non solo degli equilibri politici, ma del modo stesso di vivere la vita della città.
Anziani, giovani e cultura: tre nodi da risolvere
Neppure il ministro Colombo, che é passato in mezzo a tutte le bufere economiche conservando il suo invidiabile - quanto strumentale - ottimismo, riesce a minimizzare alcuni dati drammatici della crisi: sono quelli relativi all'occupazione femminile e giovanile, che, all'interno del calo generale degli occupati, registra i segni piú negativi. Quante sono le donne che nella nostra città e nella nostra provincia hanno perduto il posto di lavoro o rischiano di perderlo? Le statistiche parlano solo in termini di percentuali e già queste cifre aride dicono abbastanza: nella provincia di Milano, contro un calo complessivo della mano d'opera impiegata nell'industria pari al 4,8 per cento, la occupazione femminile operaia é scesa di oltre 6 per cento in un anno.
I settori dell'abbigliamento, poligrafico, tessile e metalmeccanico sono quelli in cui si é verificata l'emorragia pia consistente.
Sono migliaia e migliaia di posti di lavoro che sono spariti, spesso senza rumore grazie al blocco delle assunzioni o alla chiusura di piccole aziende che non "fanno notizia", altre volte con maggior clamore, come testimoniano le lunghe lotte in fabbbriche dove le donne sono maggioranza. Le prospettive per il prossimo futuro non sono rassicuranti.
Le difficoltà dei giovani a trovare una prima occupazione - e le donne sono una maggioranza anche di questa schiera di disoccupati, la crisi di grossi complessi tessili, ma anche metalmeccanici o chimici, dove le lavoratrici prevalgono sui lavoratori, fanno temere un nuovo calo.
E' il costo che, non solo a causa della crisi economica, ma soprattutto grazie allo sviluppo distorto che tanti anni di governo DC hanno imposto al nostro Paese, si tenta di far pagare alle masse femminili in un momento in cui
la battaglia per una reale emancipazione della donna nella società é andata sviluppandosi.
E' una battaglia che ha nelle fabbriche, proprio partendo dalla conquista del diritto al lavoro, un punto fondamentale.
Alla Imperial, grande azienda metalmeccanica, alla Pacchetti, fabbrica della concia, alla Sprague Creas, - componenti elettronici - alla Rosier, alla ex Abital, alla Bloch - fabbrica di confezioni in serie - sono le donne che hanno riproposto la necessità che, con il loro posto di lavoro, venga difesa anche la base industriale della nostra provincia.
L'8 marzo, con la manifestazione organizzata dalle organizzazioni sindacali milanesi, per la prima volta unitariamente il problema della difesa del posto di lavoro delle lavoratrici é stato
posto giustamente come uno degli obiettivi non secondari della lotta più generale per un nuovo sviluppo economico e sociale del Paese, per una programmata riconversione dell'industria che consenta una ripresa produttiva stabile e una risposta positiva agli enormi bisogni arretrati di servizi sociali, - come quelli dei trasporti, della casa, di una scuola moderna ed efficiente, di una assistenza sanitaria all'altezza dei tempi.
A queste carenze fino ad oggi si sopperito grazie agli enormi sacrifici che soprattutto sulle donne sono stati riversati.
La battaglia in difesa del diritto al lavoro - con riconosciuta parità in tutti i campi - anche per le masse femminili non é quindi affatto in contrasto con l'esigenza di avviare un nuovo sviluppo e-
conomico per portare il Paese fuori dalla crisi.
Le lavoratrici in questa direzione hanno fatto la loro parte, senza difendere interessi settoriali e corporativi, ma facendosi carico delle esigenze più generali delle masse popolari. Lo dimostrano le lotte alla Sprague Creas e alla Pacchetti, dove le donne in prima fila hanno dato vita al presidio delle fabbriche; lo dimostrano le battaglie che, all'interno della scuola, nei quartieri, tante lavoratrici portano avanti sommando al sacrificio del lavoro quotidiano l'impegno sociale e politico. La DC non ha saputo affatto cogliere questa enorme carica positiva che viene anche dalle masse femminili per rinnovare profondamente il Paese. Sul piano dei diritti civili la DC si é fatta paladina degli interessi piú conservatori e arretrati. Lo ha fatto durante la battaglia sul divorzio, ha tentato nuovamente in Parlamento di ridurre la portata delle conquiste per il diritto di famiglia; da ultimo, unendosi ai fascisti, ha fatto naufragare una giusta soluzione sul problema dell'aborto. Di fronte ad una crisi economica e sociale di portata gravissima, dopo aver fallito tutti i tentativi per arginare le conseguenze più macroscopiche, la DC ha rifiutato sistematicamente l'apporto delle forze democratiche e popolari del Paese, prima fra tutte quella costituita dal PCI, anteponendo agli interessi generali del Paese, delle masse popolari, bassi calcoli di parte. Il voto del 20 giugno deve essere una chiara condanna per la politica e le scelte della DC, un nuovo passo per rafforzare il nostro Partito. Solo cosí sarà possibile costruire un nuovo sviluppo economico e sociale, uscire dalla crisi, porre le basi per il progresso civile e democratico del nostro Paese.
UNIONE DONNE ITALIANE
La legislatura appena conclusa non ha minimamente risolto i problemi di fondo dell'emancipazione femminile, sebbene il movimento delle donne abbia lasciato un segno positivo, e la tenace lotta delle donne abbia influito su leggi importanti quali la riforma del diritto di famiglia e la istituzione di consultori. Ma le scelte del Governo riguardo il tipo di sviluppo economico e il modo di attrontare la crisi economica e sociale hanno costretto le donne ad una sempre crescente emarginazione dal lavoro e reso impossibile lo sviluppo dei consumi sociali, bloccando finanziamenti e prestiti a quei comuni che si accingevano a realizzare asili-nido, consultori, ecc.. Non si é prodotto insomma alcun cambiamento rispetto all'idea che vuole la donna oggetto e non soggetto, legata quindi a
ruoli prestabiliti. L'Unione Donne Italiane le cui storia e le cui conquiste sono sempre state legate alle battaglie per la conquista e la affermazione delle istituzioni democratiche, si pone oggi di fronte alle elezioni del Parlamento con la piena consapevolezza della loro importanza e chiama quindi le donne a vivere l'esperienza delle elezioni con il massimo di partecipazione. Questa partecipazione é necessaria oggi piú che mai perché il nostro Paese é giunto a un tale grado di crisi per cui sono richieste svolte e iniziative coraggiose, nuovi modi di governare; in questo momento occorre che tutta la carica positiva che esprimiamo come movimento unitario di donne conduca il dibattito elettorale al merito dei problemi, non permetta fughe dalle responsabilità e renda possibile
quindi à tutte le donne italiane un voto ponderato e una chiara indicazione di salvezza e di rinnovamento del Paese.
L'Unione delle Donne Italiane é una associazione autonoma e non condurrà la campagna elettorale per nessun schieramento politico, ma farà in modo che in questo periodo le forze politiche e democratiche si misurino con le istanze e i problemi che il movimento di lotta delle donne pone.
Da questo movimento proviene in linea generale una grande esigenza di eguaglianza e di giustizia sociale, di rinnovamento che metta in discussione ingiustizie sociali e ipocrisie del recente passato. Il voto delle donne condannerà chi, rifiutando la positività di queste lotte, rifiuta anche la proposta di rinnovamento che da esse proviene. U.D.I.
Zona 10
AI RAGAZZI
Dopo l'occupazione della Scuola Elementare "Martiri di Gorla" sita in via Demostene 40, durata 43 giorni, abbiamo intervistato uno dei genitori che aveva aderito all'occupazione: il sig. Palermino, per conoscere le cause che l'avevano portati a tale decisione.
Dopo le promesse della Direzione Didattica di partecipare attivamente e costruttivamente alle funzioni di circolo e d'interclasse, non era successo assolutamente nulla, anzi la Direzione sfuggiva le proprie responsabilità, non presenziando a nessuna riunione.
Cosí facendo inaspriva la già difficile situazione creatasi dopo le elezioni dei Decreti Delegati con l'entrata dei Genitori nella Scuola.
Cosa chiedevano i genitori eletti di questa scuola per giustificare un siffatto comportamento da parte della Direzione e conseguentemente arrivare a simili proteste come: occupazione dell'Istituto, richiesta di allontanamento della Direttrice didattica, ecc.?
Chiedevano partecipazione, dare quell'apporto di forze nuove come lavoratori e come cittadini per un rinnovamento democratico della scuola, cercando collaborazione anche con gli insegnanti.
Tali richieste venivano però costantemente respinte arrivando persino al rifiuto della palestra scolastica quale luogo di assemblee, non attuando delle delibere scolastiche e ostacolando i lavori della Giunta per preparare i Consigli di Circolo.
Successivamente gli addetti alla
Segreteria della Scuola si rifiutavano di protocollare la richiesta di una Assemblea che avrebbe dovuto aver luogo il giorno 13 maggio, nonostante le proteste da parte del presidente dei Genitori.
Assemblea che si é comunque regolarmente svolta nell'atrio della Scuola. Fra i temi emersi durante il dibattito vi é stata la proposta di raccolta di firme per l'allontanamento della Direttrice Didattica, ma il senso di responsabilità di alcuni Consiglieri di Circolo non individuava nella sola direttrice la responsabile di questa situazione, pur essendone parte determinante, ma nella crisi generale della Scuola e del Paese.
Rinnovava pertanto l'appello a continuare nella lotta per arrivare in tempi brevi a un rapporto democratico all'interno di questa Scuola.
cu.oZo, duutejaxi. al \,ka. 024.ìnki ) 4e4 natt.
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Interviste
alla ditta U.L.M.A.
sommario:
GLI ALUNNI DELLA "MARTIRI DI GORLA"
"'VISITANO" UNA FABBRICA DELLA ZONA
1) Quando é stata fondata questa ditta? E' stata fondata nel 1934 dall'attuale proprietario. Quanti operai lavorano qui? 3)
2) Circa 140; 30 impiegati e 110 operai.
3) Ha altre sedi questa fabbrica?
3) Questa ditta non ha altre sedi.
4) Producete materiale anche per l'estero, e cosa?
4) Questa ditta produce per l'estero utensili per fare bulloni e viti.
1) Cosa ne pensate del vostro lavoro?
Il lavoro può dare soddisfazione agli operai cercando di realizzare se stessi; perché non é un lavoro alienante come nelle grandi fabbriche (FIAT) dove si lavora alla catena di montaggio. Lo cambiereste, perché?
2) Noi cambieremmo questo ti-
po di lavoro solo con l'aumento salariale e passando a un lavoro dove l'uomo conti piú della macchina. Le condizioni di lavoro sono favorevoli o no?
3)
Per alcuni di noi (operai) le condizioni di lavoro sono abbastanza discrete mentre nei reparti tempera e rettifica filetti avrebbero bisogno di una rettifica sotto un profilo igienico-sanitario. Peró a volte lo operaio preferisce un aumento di 70 lire; e così per avarità si rovina la propria salute.
Il Sig. Crippa (che ha risposto gentilmente alle nostre domande) é del C.D.F. ditta U.L.M.A. Fa anche parte dell'Esecutivo della F.L.M. di Villa S.Giovanni che comprende 4250 lavoratori occupati nelle varie fabbriche di Villa S.Giovanni e di Preccitto. Marco Ottino e Claudio Gatti
E' stato affrontato in un'assemblea indetta dal Movimento Genitori Democratici e dalla Associazione Genitori il problema della futura presenza dell'Istituto Studium, attualmente in via di ultimazione, nella nostra zona.
A questa assemblea, alla presenza di circa 300 persone, tutti i partiti democratici, le organizzazioni di massa, i sindacati ed i Consigli di Circolo della zona ha partecipato l'Assessore alla Pubblica Istruzione avv. Bonzano, intervenuto per dare delle indicazioni e risposte precise a tutte le proposte e le richieste che l'Assemblea avrebbe fatto all'Amministrazione Comunale.
Oltre ad un elenco preciso e dettagliato della situazione critica in cui si trova la scuola nella nostra zona, seri dubbi politici di diversa natura sono emersi sulla opportunità dell'apertura di questo Istituto.
Esso nasce infatti con il parere contrario che nella precedente Amministrazione aveva espresso il Consiglio di Zona.
Parere non vincolante, certo, ma che teneva conto delle indicazioni dei cittadini della zona e della necessità di costruire nuove aule.
A questo proposito già nel 1972 l'area era stata chiesta dal C.d.Z. per essere destinata a scuola pubblica e materna.
Teneva conto inoltre del pericolo che avrebbe rappresentato un Istituto privato notoriamente frequentato da giovani picchiatori fascisti.
La Giunta Comunale invece, ignorando tutto questo, rilasciava nel 1974 regolare licenza per ampliamento di costruzione preesistente ad uso scuola privata.
Ora, tenuto conto di ció, le organizzazioni dei genitori sono tornate all'attacco perché le loro richieste ed i loro diritti vengano finalmente riconosciuti.
Stufi di vedere i loro figli fare i pendolari per andare in aule inagibili, sovraffollate, in doppi e tripli turni, preoccupati per la mancanza cronica di aule (perfino i locali di una Parrocchia sono stati affittati dal Comune per questo scopo), hanno chiesto alla nuova Amministrazione Comunale di sinistra, sicuri di provare un valido interlocutore, che prenda delle iniziative affinché questa scuola possa diventare
LA COOPERATIVA
pubblica, espropriandola o prendendola eventualmente in affitto.
Se le risposte dei proprietari dovessero restare negative, é stato proposto che si proceda all'occupazione dello stabile fino a trovare una soluzione positiva.
L'Assessore Bonzano a questi problemi reali, ha risposto in termini altrettanto reali che se é giusto aspettarsi dalla nuova Giunta delle posizioni e delle indicazioni politiche precise, é anche giugo che essa dica chiaro che gli strumenti giuridici per fare passare l'esproprio, al momento attuale non esistono.
Ogni nuova Giunta deve sempre tenere conto delle decisioni prese da quelle precedenti e farsene carico, finché agisce in questo quadro legislativo.
Poiché appunto in questo quadro la licenza di costruzione é stata rilasciata, inopportunamente senza dubbio, ma conformemente alle leggi che regolano la materia, non esiste nessuna possibilità per l'Amministrazione di effettuare l'esproprio, e, pure andando a cercare eventuali condizioni che possono permetterlo, i tempi sarebbero tanto lunghi da non renderlo immediatamente operativo.
A tale proposito, l'unica soluzione immediata e possibile sul piano legale, anche se di ripiego, é
viale monza, 83
l'affittanza, proprietà permettendo. Pero, se é vero che era stata rilasciata regolare licenza, é anche vero che erano stati posti alcuni vincoli di carattere tecnico sui quali l'attuale Amministrazigne non ha ancora rilasciato il benestare.
Certamente, continua Bonzano, ci si aspetterebbe in termini politici da questa Amministrazione una soluzione meno transattiva, ma non bisogna dimenticare che dobbiamo tenere conto dell'attuale sistema legislativo del Paese ed in termini di più ampio respiro che questa Amministrazione si pone.
Si tratta cioé di creare quegli strumenti organizzativi e legislativi che ci permettano di dare finalmente una svolta decisiva nel modo di gestire la cosa pubblica, si tratta di mettere le prime basi che ci permettano poi di affrontare i problemi piú in dettaglio. Ad ogni modo bisogna tenere ben presente una cosa: o si risolve il problema a monte, ovvero si modifica il quadro legislativo entro cui devono agire le Amministrazioni Locali e si invertono i rapporti fra Comune e Stato, oppure le leggi sono destinate a rimanere solo dei numeri per mancanza di finanziamenti.
Tutto questo discorso, ha aggiunto l'Assessore, non serve per creare un alibi all'Amministrazione, che si dichiara disponibile a far tutto il possibile per risolvere nel modo migliore questo problema, bensí a chiarire esattamente quali sono i termini entro cui la Giunta é chiamata ad agire. La volontà politica c'é, e per dimostrarla siamo disponibili ad ogni confronto, peró é anche necessario che cambi il quadro politico del Paese. Numerosi interventi sono seguiti a questo dello Assessore, tanto che non si é fatto in tempo ad arrivare alle conclusioni e l'Assemblea é stata poi aggiornata in altra data, tutti comunque dimostravano la combattività dei partecipanti, non piú disposti a che le clientele annullino i diritti loro e dei loro figli. E' certo che al di là del problema specifico dello Studium, era uno spirito di profondo rinnovamento quello che animava l'Assemblea e che sicuramente non si fermerà alla risoluzione di questo problema che é solo un aspetto di un nuovo modo di vivere sociale ed un nuovo modo di partecipare alla vita democratica del Paese.
D'altra parte é il caso di raccogliere le parole dell'Assessore Bonzano, se si vuole che la Giunta da noi eletta funzioni e risolva le necessità anche della nostra zona.
G.M.CraveroLa sera del 6 maggio 1976 sarei ricordata per molto tempo da tutti gli italiani. Intorno alle 21,00 un violento terremoto scuoteva l'Italia settentrionale, si intestardiva contro una terra, quella del Friuli, gid devastata dalla guerra e dalla emigrazione e creava in pochi secondi centinaia e centinaia di lutti. Circa duecento cittadini della nostra zona, quando racconteranno ai loro figli e ai nipotini le terribili vicende di quella sera e delle sucessive giornate, probabilmente diranno: "Mi ricordo bene di quella sera. Quando la terra tremò mi stavo recando alle scuole di via Venini. Si teneva un'assemblea pubblica per discutere la possibilità di recuperare ad un uso pubblico l'edificio dello Studium, situato in via Spoleto. La palestra era gremita e l'attenzione molto concentrata. Era la prima volta che si discuteva la questione nel quartiere."
E'probabile che, a distanza di anni, non resterd molto di piú nel ricordo dei partecipanti allo incontro. Oggi invece la questione é ben viva e presente nelle menti dei cittadini piú attenti ai problemi della zona.
La sua attualitd é legata essenzialmente a due fatti: innnanzitutto alla gravitd della situazione di questa parte della cittd per quanto attiene alle strutture scolastiche, in secondo luogo alle modalità con cui si é pervenuti alla concessione di una licenza per costruzione di una scuola privata, da parte dell'Amministrazione precedente. Entrambe le questioni sono emerse con forza tanto nel dibattito durante l'assemblea quanto nella mozione unitaria (firmata da D.C., P.S.I., P.C.I., Movimento Genitori Democratici, Associazione Genitori, Genitori delle scuole di Viale Brianza) presentata nel corso dell 'incontro. Il dibattito e la mozione sono partiti dal dato di maggiore rilievo politico e sociale: la denuncia della acutezza con la quale é vissuta dai cittadini la carenza di adeguate strutture di edilizia scolastica pubblica.
Esistono nella nostra zona, ed in particolare in quella fetta che va da Piazzale Loreto ai ponti della ferrovia, fenomeni quali i doppi (e in alcuni casi tripli) turni, il pendolarismo anche degli allievi più giovani, il rifiuto di iscrizione da parte delle scuole del quartiere, il degrado conservativo di aule e strutture scolastiche comuni, lo sparpagliamento in piú centri di medesime scuole, la mancanza di servizi sanitari e culturali per chi studia.
Tutto ció crea una situazione insostenibile che fa violentemente a pugni con la leggerezza (si noti l'eufemismo) con cui l'Amministrazione di centro-sinistra si é permessa di concedere la licenza di costruzione ad un privato, per una scuola di carattere superiore,
a pagamento, di dubbia garanzia democratica, senza considerare né le vigenti indicazioni di Piano Regolatore, né le proposte del Consiglio di Zona miranti all'utilizzo dell'area per edilizia scolastica pubblica.
Il riferimento al Consiglio di Zona é, a questo proposito, di importanza centrale per tutti gli aspetti del problema.
Innanzitutto l'assemblea ha ribadito come le possibili soluzioni del problema dello Studium si debbano inserire nell'ambito di un piano organico di intervento, cosi come indicato a successive riprese dal Consiglio di Zona e dai cittadini; in secondo luogo si è sottolineato con forza quanto il provvedimento dell'Amministrazione precedente contraddica con la volontà della popolazione e dell'attuale maggioranza a Palazzo Marino di sviluppare il potere reale del decentramento amministrativo (Consigli di Zona) al fine di realizzare una partecipazione democratica alle decisioni sul futuro della cittd; in terzo luogo si é indicato la volontà che si arrivi ad un incontro fra l'Amministrazione competente, la proprietd, le rappresentanze dei genitori ed il Consiglio di zona per giungere ad un accordo che permetta alla popolazione della zona il recupero dell'edificio dello Studium per un uso scolastico pubblico.
Il Consiglio di Zona deve pertanto sviluppare nel concreto degli urgenti problemi da risolvere, il suo ruolo centrale di canalizzatone della volontà democratica dei cittadini e di decisione intorno ai problemi stessi.
L'assemblea del 6/5 segna senza dubbio un primo momento positivo per l'avvio a soluzione dello scottante argomento.
L'Assessore Bonzano ha promesso delle risposte e siamo certi che non mancheranno. Ci saranno nuove occasioni (e gid appaiono all'orizzonte) per fare esprimere la volonta popolare e per vagliare le soluzioni più idonee. Una cosa va tenuta ben presente. Perverranno a soluzioni positive se rispetteremo queste condizioni:
- massimo atteggiamento unitario (come del resto emerso dall'assemblea e dalla mozione) da parte dei cittadini e delle forze politiche e sociali;
- ricerca di strumenti di partecipazione e di iniziativa dei cittadini orientati alla massima possibilità di vaste partecipazioni; - atteggiamento costruttivo nei confronti di una Giunta che dimostra interessamento e iniziativa nei confronti del problema. Solo in questo modo potremo fare si che la parola studium non resti un aulico latinismo ma si avvicini sempre di piú alla pronuncia milanese della parola "studiamo" che é assai piú vicina alle caratteristiche popolari di questa zona.
A.P.
LETTERA DI PROTESTA AL SINDACO
l'hanno firmata 15 fiorai su 18
ILL.mo SIGNOR SINDACO COMUNE DI MILANO
Voluta e creata dai cittadini della zona 10, la cooperativa
CASA DEL POPOLO costituisce da trent'anni un punto d'incontro dove la discussione si accompagna al gioco distensivo, tra amici non occasionali.
APERTA TUTTI I GIORNI ( eccetto il martedì )
In Cooperativa stare assieme costa meno.
I sottoscritti esercenti l'attività di fioraio, portano a conoscenza della S.V.ILL.ma che a causa della presenza di alcuni venditori ambulanti di fiori, i quali smerciano i loro prodotti nei punti di maggiore traffico pedonale, e per giunta a non piú di 70-80 metri di distanza dai negozi, il volume degli affari é notevolmente diminuito, per cui siamo costretti a buttare giornalmente i fiori e le altre merci similari deperibili. Questo fatto non è che un maggior aggravio di una situazione già precaria dovuta all'aumento del costo della vita in generale e della diminuzione degli affari dovuti al minor smercio di fiori considerati attualmente come bisogno di lusso riservati solo a categorie privilegiate di cittadini, e non già ad altre categorie che prima ne facevano un uso piú costante.
Considerato anche il fatto che le tasse in generale e l'IVA in particolare incidono notevolmente sulle spese di gestione ci sentiamo in dovere di impedire lo sviluppo di quanto sopra, sicuri che la presente sia tenuta nella dovuta considerazione, La invitiamo a prendere opportuni provvedimenti.
La informiamo inoltre che abbiamo piú volte avvisato la vigilanza mobile, ma purtroppo senza risultati soddisfacenti. In attesa porgiamo distinti ossequi.
Sono stato 5 giorni nelle zone terremotate del Friuli, nel paese di Venzone, con una colonna di soccorsi composta da una quarantina di volontari.
Siamo partiti da Milano portando una grossa quantità di vestiti, medicinali, alimenti, e con una scorta di viveri e di attrezzature che ci avrebbero resi del tutto autosufficienti rispetto alle popolazioni colpite: la scelta é stata infatti quella di non gravare nel modo piú assoluto sulla già fragile rete di approvvigionamento e di assistenza sanitaria operante nelle zone friulane.
E' stato un periodo di lavoro duro, specie per chi, studente di liceo come me, non é troppo abituato a fatiche del genere, ma da cui ho ricavato un'esperienza di solidarietà umana molto importante.
Il primo giorno di permanenza ci siamo trovati alquanto sbandati, non riuscendo a prendere contatto né con le autorità militari che guidano i soccorsi, né con i rappresentanti del Comune di Venzone che si sono assunti la gestione della tendopoli, sorta a circa un chilometro dal paese colpito. Ma già da un giro di ricognizione che nel pomeriggio abbiamo compiuto ci siamo resi conto dell'entità della tragedia che ha sconvolto il Friuli: innanzitutto per la vastità della zona in cui il terremoto ha portato la sua distruzione; e poi per le enormi difficoltà che la stessa configurazione geografica aggiunge: sono a decine i piccoli e piccolissimi borghi, a volte poche cascine, sventrati dalle scosse e ancora in attesa di validi aiuti, spesso isolati dalle frane che si staccano dai monti.
Di grande interesse é stata quindi la riunione che la sera abbiamo tenuto con i rappresentanti del Comune per cercare di coordinare meglio la nostra opera e per riuscire a comprendere piú a fondo anche la dimensione politica e sociale della tragedia di quelle zone.
Il consigliere comunale Bellina, comunista, responsabile della tendopoli, ci ha allora illustrato come nella storia del Friuli, sempre segnata da una forte emigrazione e da un'economia prevalentemente agricola, da due anni a questa parte fosse intervenuto un elemento nuovo, il tentativo di ricreare attraverso la nascita di alcune piccole e medie industrie quel tessuto sociale sempre violentato dall'endemica emigrazione.
I giovani avevano iniziato a fermarsi, molti erano ritornati in Friuli, sembrava che il fondo fosse stato toccato e piano piano ora si potesse sperare, attraverso un lavoro certamente duro ma finalmente sulle proprie terre, di riportare la zona ad un equilibrio piú stabile.
Il terremoto, oltre al carico pesante di lutti e di dolore che ha portato, ha troncato anche questo filo di speranza: l'economia della zona é profondamente sconvolta, le fabbriche, a cominciare dal grande impianto della Snaidero, sono lesionate se non addirittura ridotte ad un cumulo di macerie; i centri storici di Venzone, Gemona ed altri paesi, che alimentavano un certo turismo, non esistono piú.
Questo é quindi il problema centrale che si pone oggi davanti alla tragedia, avviare subito la ricostruzione, impedire che la gente, persa ogni speranza, parta e non
e La rovina ha colpito tutta la popolazione
torni piú. Vi é un fantasma che si intravvede spesso nei discorsi della gente: quello del Belice, delle baracche che da abitazione provvisoria sono diventate la perenne condanna ad una vita di disagi e di fatiche.
E posso dire che molto chiaramente i compagni del Comune ci hanno esposto come, solo se la tragedia del terremoto, da momento di dolore e di lutto individuali, si trasforma in volontà di tutti per ricostruire fin da adesso le case, le fabbriche, i paesi, si puó sperare di allontanare il pericolo di un nuovo Belice; solo cioé se la gente comprende che tutta unita potrà essere la protagonista della rinascita del Friuli .
E penso che siano estremamente positivi gli sforzi fatti in questi ultimi giorni dal Comune di Venzone per organizzare squadre di volontari del luogo, stipendiati, che provvedano ai lavori più urgenti, e per cercare di superare, attraverso momenti di dibattito di tutta la tendopoli e attraverso il Consiglio dei capifamiglia, le diffidenze e la comprensibile delusione che al di là dei lutti e del dolore, serpeggia a volte tra la gente del luogo. I nostri lavori si dividevano tra la tendopoli e il paese di Venzone. Lavorando nell'accampamento i compiti erano molto vari: scaricare i numerosi camion che arrivavano da tutta Italia con gli aiuti, curare il magazzino, seguire lo spaccio-cucina: infatti il
campo, in cui ogni famiglia oc! cupa una tenda, ha tutti i principali servizi centralizzati, e questo crea dei problemi di gestione abbastanza complicati. Grosse complicazioni nella vita della tendopoli si sono aggiunte con il nubifragio abbattutosi sulla Carnia, che ha trasformato i campi in fanghiglia; questo é stato anche il momento di maggior sconforto nella gente del luogo, ma già il mattino dopo, quando un sole estivo ha rapidamente asciugato i guasti prodotti dalla pioggia, la vita del campo ha ripreso a scorrere in un via vai di gente.
Del paese di Venzone non è rimasto piú molto in piedi, la cinta muraria ed il centro storico medioevale sono in buona parte crollati e lesionati; lo spettacolo é realmente impressionante, al posto delle vie si incontrano ora grandi mucchi di macerie tra cui a fatica si scorgono i resti di quella che era una casa, un mobile; la grande chiesa é aperta per meta, il campanile é lesionato.
E nel lavoro che qui svolgevamo, salvando il mobilio delle case ancora in piedi, ci si accorgeva che anche edifici a prima vista intatti erano solcati da profonde crepe, lesionati irreparabilmente, destinati all'abbattimento.
In tutti noi della colonna soccorso che abbiamo vissuto per alcuni giorni a contatto con la gente friulana, con i suoi tremendi lutti ed enormi problemi, forte é nata la speranza che di nuovo risorgano in queste zone i paesi distrutti, le fabbriche, le case, ed anche la speranza che questa gente, superato il momento di scoramento e di dolore, sappia unirsi per ricostruire. Per questo vorrei concludere questo mio resoconto con le parole di un vecchio di Maiano che incontrammo appena arrivati: "Non abbiate pietà - ci disse - aiutateci ma non abbiate pietà, la gente friulana non si rassegna, la gente friulana é ancora forte".
Michele PoloSicuramente le piccole aziende sono quelle che hanno i maggiori problemi sindacali e di nocività del lavoro. De resto é una constatazione ovvia che, laddove il sindacato in fabbrica non riesce ad organizzarsi ed a esprimere una forza reale, anche i problemi della salute dei lavoratori non trovano soluzione. Marco Parigi chiede: come farle uscire dalla situazione di abbandono in cui si trovano? Una prima risposta sia pure parziale credo sia venuta dalla istituzione da parte del Comune di Milano di 8 servizi di medicina preventiva per gli ambienti di lavoro (SMAL) . Queste strutture, una delle quali si trova in Via Padova 118, sono state istituite in applicazione della legge regionale n. 37, per dotare i Comitati Sanitari di Zona di uno strumento tecnico che consenta di intervenire nelle fabbriche per individuare ed eliminare le nocività.
Lo SMAL di Via Padova, realizzato nel 1974, ha finora compiuto numerose indagini di grandi e piccole aziende e, pur con notevoli difficoltà, qualche risultato positivo é stato raggiunto.
Tra i problemi che lo SMAL affronta quando viene chiamato in una fabbrica, vi sono quelli dell'idoneita degli ambienti, delle macchine, dei sistemi antinfortunistici, e della tutela della salute dei lavoratori in generale.
Il metodo di intervento prevede di solito, dopo un contatto preliminare con il Consiglio di Fabbrica e la Direzione Aziendale, riunioni con i gruppi omogenei dei lavoratori, sopralluoghi nella fabbrica, misure dei fattori di rischio (rumore, clima, polveri, fumi, ecc.), accertamenti chimici sui lavoratori e, infine, proposte conclusive di prevenzione, riguardanti sia la modifica dello ambiente e dell'organizzazione del lavoro che il controllo periodico dei lavoratori.
Data la complessita di tale intervento, importante é il coinvolgimento del datore di lavoro che, purtroppo ancora oggi, specie nelle piccole fabbriche - e di qui le difficoltà dei lavoratori della TorViti - interpreta lo SMAL non come un organismo pubblico tecnico e in quanto tale neutrale; ma come un "accessorio" degli organismi dei lavoratori.
In questo senso d'altronde non é l'unico diritto dei lavoratori sancito per legge che ancora stenta ad affermarsi come acquisizione di conquista sociale generale e sta ancora alla lotta dei lavoratori di imporre nei fatti il rispetto.
Le possibilità di lavoro dello SMAL tuttavia, sono ancora assai limitate, sia per la scarsezza degli organici che per la difficoltà di ottenere l'appoggio alla sua attivita di altre strutture sanitarie come l'INAM, gli ospedali, ecc.
Si é pertanto determinata una notevole sproporzione tra domande della fabbrica e possibilità di risposta, con la seguenza che si é formata una lunga lista di attesa.
Questi problemi saranno risolti interamente solo con la riforma sanitaria che, riconvertendo tutte le strutture del territorio ad una gestione unitaria, creerà le condizioni per offrire un servizio migliore agli utenti senza ulteriori aggravi di spesa.
Tuttavia sin da ora é possibile acquisire nuove disponibilita di lavoro se gli utenti, il di Zona e il C.S.Z. si impegneranno attivamente perché vengano individuate strutture sanitarie di supporto e si arrivi ad accordi concreti.
In ogni caso lo SMAL é a disposizione dei lavoratori per consulenza e incominciare a sviluppare indagini conoscitive nella fabbrica, che vedano i lavoratori impegnati in prima persona nella difesa della propria salute.
Va ricordato infatti che presupposto di ogni indagine in fabbrica é la partecipazione dei lavoratori che non puó essere interpretata come semplice controllo dell'operato dei tecnici, ma come gestione in prima persona delle conoscenze e delle iniziative per la bonifica degli ambienti e per la tutela della salute.
Se quindi i lavoratori e le organizzazioni sindacali sono in grado di fare la loro parte, già sin da ora, pur con i limitati mezzi disponibili, é possibile avviare anche nelle piccole e medie aziende delle indagini per le quali lo SMAL é disponibile.
Questa, credo, é anche l'interpretazione piú corretta da dare al concetto della "non delega", che il movimento sindacale, gia da qualche anno ha ormai irreversibilmente scelto.
Marco Maroni Medico SMAL Viale Padova 118Abbiamo preparato questa mostra per sottolineare un aspetto poco conosciuto, e molte volte sottovalutato, di come gli oggetti più semplici e più poveri possono diventare veicoli di una propaganda deviante quando vengono assunti in modo monopolistico.
In questa mostra infatti, piú Che rappresentare mezzo secolo di lotte operaie, punteggiato da fatti ed eventi drammatici, abbiamo cercato di dimostrare come sia stato possibile al fascismo usare ogni mezzo e strumento per arrivare al potere, prima, e mantenerlo poi.
L'Italia di quegli anni é un paese estremamente povero, i mezzi di diffusione di propa-
nero era infatti il colore degli anarchici dell'ottocento.
Man mano che il fascismo si consolida al potere l'utilizzo della Cartolina "mezzo di persuasione di massa" diviene sempre più massiccio (francobolli, annulli-postali, sovrastampe, chiudi-lettera, ecc.) assumono forma e contenuti innegianti sono ai diversi temi della propaganda fascista. Con questi mezzi, oltre che con la violenza e la complicità di una borghesia fiacca e corrotta abituata ad ogni compromesso per salvaguardare i propri interessi, il fascismo riesce ad insinuarsi nella traballante democrazia parlamentare di allora
ganda, quasi sconosciuti, la radio é agli albori ed é il privilegio di pochi.
Il fascismo nascente sente peró la necessità di raggiungere tutti con il rullo propagandistico dei suoi slogans. Ed allora comincia l'uso massiccio della "Cartolina Strumento" (già utilizzata in precedenza come veicolo propagandistico della campagna d'Africa, per l'interventismo, per l'incitamento alla ricostruzione dopo la fine della guerra. ecc.).
Con l'uso della Cartolina propagandistica inizia l'appropriazione e la strumentalizzazione di personaggi, simboli ed opere che nulla, o poco, hanno da spartire con il fascismo (Dante, Puccini, e molti altri) ma che servono ad avvalorare la tesi folle per cui il meglio della nostra civiltà passata altro non é che una premonizione, una preparazione, al sorgere della "Civiltà Fascista".
In questo contesto e con questo scopo il fascismo compie una "rapina" anche nello scegliere il nome, simbolo e colore: infatti i fasci, simbolo di chi era preposto ad amministrare la giustizia presso l'antica Roma, erano già stati usati sia durante la Rivoluzione Francese, sia dagli operai e dai braccianti siciliani quando, nel 1892, formarono i fasci dei lavoratori (questo movimento aderì subito al Partito Socialista e fu attivissimo nel 1893-1894 - Fu soppresso da Francesco Crispi).
Anche il colore é "rubato": il
sino ad immobilizzarla e strangolarne ogni possiblità di reazione .
Oggi si ricordano le lotte, i sacrifici e l'eroismo che costarono alla classe operaia, in prima linea, il riscatto morale e materiale del fatidico "Ventennio".
Oggi dobbiamo fermare la nostra attenzione sul fatto che, se la Cartolina non é piú strumento di propaganda, altri mezzi, altrettanto anonimi (pubblicità, settimanali "leggeri", canzonette, spettacoli, ecc.) vengono sottilmente utilizzati per indottrinare chi piú é fragile sul piano politico su posizioni neo-fasciste.
Dobbiamo meditare sul Cile, la Grecia, la Spagna. Sappiamo che il fascismo é vinto, ma non é morto.
Denunciamo che se non esiste
piú il fascismo del "Ventennio" il fascismo di certo capitale e di certi gruppi di potere é piú subdolo e, perció, piú pericoloso. Oggi, nel momento in cui l'attacco da destra é piú duro, dobbiamo ribadire la nostra ferma volontà di realizzare la società socialista quale unica garanzia di giustizia, di eguaglianza, di libertà per tutti i cittadini. Non dobbiamo cullarci ed illuderci della remissività e del possibilismo di molti... il potere (capitale, multinazionali, ecc.) ha cambiato volto ma é, oggi, quello di ieri.
Il Comitato Direttivo del PSI Gorla-Greco-Turro
Mentre stavamo per "chiudere" il giornale, abbiamo appreso costernati del brutale assassinio di Sezze, infame delitto fascista perpetrato dalla squadraccia del missino Saccucci, che il voto di 120 deputati DC salvò dalla galera il 23 maggio dell'anno scorso. Dedichiamo all'utlimo momento questo spazio di pagina 14 al giovane compagno Luigi Di Rosa, caduto per mano squadrista e ci uniamo alla voce unitaria che si leva dalle fabbriche, dalle scuole, dai quartieri, dai consigli comunali, dai partiti democratici per chiedere l'intervento fermo e rigoroso delle autorità preposte alla difesa dell'ordine repubblicano.
Non sono piú sopportabili quei ritardi, quelle tolleranze e quelle connivenze che per cosi tanto tempo, a trent'anni dalla lotta di Liberazione, hanno consentito lo sviluppo di trame nere eversive che hanno insanguinato le nostre piazze e le nostre città.
Ci uniamo all'appello rivolto a tutti i .ittadini per un'ampia mobilitazione unitaria e di massa che respinga le provocazioni e garantisca, con una massiccia vigilanza democratica, un'ordinata campagna elettorale che isoli con sempre piú forza il vecchio e il nuovo fascismo.
La Redazione e la coop. tipografica de "la nostra realtà"
SACCUCCI
CONSULENZA
Col 21-9-1975 è entrata in vigore la Legge 19-5-1975 n. 151 che ha modificato numerosi articoli del Codice Civile, innovando profondamente il diritto di famiglia e introducendo, fra l'altro, l'articolo 230bis (Impresa Familiare) che interessa le imprese artigiane, in modo particolare, per i concetti che (esso art. 230bis) assume .e che qui di seguito riassumiamo:
1. salvo che non sia configurabile un diverso rapporto (es. dipendente), il familiare che presta continuativamente attività di lavoro dell'impresa familiare partecipa:
agli utili;
ai beni acquisiti con gli utili; agli incrementi dell'azienda, compreso l'avviamento, il tutto in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.
le decisioni per l'impiego degli incrementi, la gestione straordinaria, gli indirizzi produttivi e la cessazione dell'impresa sono adottate — a maggioranza — dai famigliari che partecipano all'impresa stessa; chi non ha piena capacità di agire è rappresentato nel voto da chi ne ha patria potestà;
ai fini dei punti 1) e 2) per Impresa Familiare si intende quella in cui collaborano: il coniuge;
i parenti entro il terzo grado;
gli affini entro il secondo grado;
Sono parenti entro il terzo grado dall'imprenditore:
Discendenti: il figlio, l'abiatico (figlio del figlio), il pronipote;
Ascendenti: il genitore, il nonno, il bisavolo;
Collaterali: il fratello, lo zio.
Sono affini entro il secondo grado, i parenti entro il secondo grado del coniuge dell'imprenditore e cioè:
Discendenti: il figlio e l'abiatico (quando non lo siano anche dell'imprenditore);
Ascendenti: il genitore e il nonno.
il fratello;
Sono affini entro il secondo grado anche i coniugi dei seguenti parenti dell'imprenditore:
Del figlio (genero - nuora); dell'abiatico (moglie o marito del nipote);
del genitore (suocero del coniuge quando non sia effettivamente padre o madre);
Del fratello (cognata);
E' bene tenere presente che i parenti del coniuge del figlio dell'imprenditore non sono né parenti, né affini dell'imprenditore;
il diritto di partecipazione è intrasferibile, salvo che sia a favore dei famigliari ín cui al punto 3) e con il consenso di chiunque partecipi.
I famigliari possono essere liquidati in denaro alla cessazione della partecipazione di lavoro o a causa dell'alienazione dell'azienda.
In caso di mancato accordo, il giudice può stabilire che la liquidazione avvenga in più annualità;
Nei casi di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda ed in quanto compatibili, si applicano le disposizioni dell'art. 732 del Codice Civile (diritto di prelazione).
L'impresa familiare e l'imposta sul reddito
Considerata la introduzione dell'articolo 230-bis nei Codice civile (impresa familiare)
anche il D.P.R. sulla « Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche » ha dovuto tenere conto di dette innovazioni ed infatti la cosiddetta Miniriforma Visentini (Legge 2-12-1975
n. 576) ha dovuto modificare
l'art. 5 del D.P.R. 29-9-1973
n. 597, il quale è divenuto il seguente:
I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o amministrativa o l'oggetto principale dell'attività, sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dall'effettivo prelevamento di danaro, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.
Le quote di partecipazione agli utili, si presumono uguali se, da atto pubblico o da scrittura privata, non risultano determinate diversamente.
Ai finì dell'imposta sul reddito:
le società di armamento sono equiparate alle società in nome collettivo o in accomandita semplice;
le società di fatto sono equiparate alle società in nome collettivo o alle società semplici a seconda che abbiano o non abbiano per oggetto l'esercizio di attività commerciali ai sensi dell'art.
51;
le società o associazioni costituite tra artisti e professionisti per l'esercizio in forma associata dell'arte o della professione, di tipo diverso da quelle indicate nel primo comma e prive di personalità giuridica, sono equiparate alle società semplici.
I redditi delle imprese familiari di cui all'articolo 230-bis del Codice Civile sono imputati a ciascun collaboratore familiare, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili dell'impresa, quando la quota di partecipazione agli utili viene fissata prima dell'inizio dell'anno finanziario con atto pubblico o con scrittura privata autenticata.
Per i redditi conseguiti negli anni 1975 e 1976 l'atto pubblico o la scrittura privata autenticata debbono essere effettuati prima della dichiarazione dei redditi relativi all'anno 1975.
In relazione a quest'importante modifica, riteniamo utile suggerire agli amici artigiani di considerare l'opportunità di avvantaggiarsene, tenendo presente che per avvalersi delle predette agevolazioni occorre che si verifichino le seguenti condizioni:
partecipazione, anche parziale, dei componenti il nucleo familiare dell'attività aziendale del titolare (sia esso il capofamiglia o uno dei componenti la famiglia);
sia redatto un « atto pubblico » o « scrittura privata autenticata » nel quale siano specificati le quote di utile (in percentuale) spettanti a ciascun componente l'impresa familiare (vedi .fac-simile mensile).
L'atto deve essere registrato a valere per l'anno successivo presso l'Ufficio del Regi-
PROSPETTO IMPRESA FAMILIARE (da allegare alla dichiarazione redditi 1975 del titolare)
Ditta Reddito dell'impresa L. Soggetto a I.L.O.R. L.
Componenti l'Impresa Titolare nato il a residente a via domicilio fiscale
Quota = L.
Soggetto a I.L.O.R. = L. a nato il a residente a via domicilio fiscale
Quota e/o su L.
Soggetto a 11.0.R. =- L. b nato il a residente a via domicilio fiscale
Quota O/0 su L. Soggetto a I.L.O.R. = L.
Fac-simile di scheda della Scrittura Privata (o Atto Pubblico)
Il sottoscritto nato a il domiciliato a via Titolare dell'impresa esercente l'attività di corrente in iscritto alla Camera di Commercio Industria Agricoltura Artigianato di al N. Albo
Artigiani dà atto con la presente scrittura privata che l'impresa su esposta è costituita nella forma di Impresa familiare, secondo le norme di cui all'articolo 230 bis
C.C.
All'Impresa Familiare collaborano i signori: nato a al quale è attribuita la quota utile
A il coniuge del o/o. nato a.
B
il figlio, al quale è attribuita la quota utile del o/o.
ecc.
Si da altresì atto che le quote degli utili sopra esposti resteranno immutate fino a nuova ripetizione Redatta a il firma (autenticata dal notaio)
stro entro il 31 dicembre di ciascun anno pagando la tassa fissa di L. 5.000.
Soltanto per gli anni 1975 e 1976 si può redigere un unico atto entro il 30-4-1976 specificando le rispettive quote per ognuno dei 2 anni.
Bisognerà tenere presente che nella dichiarazione dei redditi 740-H relativamente ai componenti familiari a carico, che abbiano percepito o siano assegnatari di dette quote di utile dell'azienda familiare, oltre al prospetto dell'impresa familiare come da fac-simile qui pubblicato. Inoltre, nei termini stabiliti
dal D.P.R. 26-10-72 n. 634 (disciplina dell'imposta del registro), bisognerà provvedere al pagamento della tassa proporzionale (0,50°/o) sull'ammontare degli utili determinati e distribuiti ai componenti l'impresa familiare (entro 20 giorni dalla determinazione dell'utile aziendale).
La soluzione della costituzione dell'impresa familiare comporta degli obblighi societari, in quanto i componenti ai quali si attribuiranno quote di utili assumono le vesti di soci di fatto; per cui non è detto che queste soluzioni (ovviamente vantaggiose dal punto di vista del gravame fiscale) siano sempre preferibili.
Comunque la costituzione dell'imposta familiare offre i seguenti vantaggi fiscali:
Nel caso il reddito del nucleo familiare fosse inferiore a 7 milioni, rattribuzionc- ai diversi componenti la famiglia delle quote di utili dell'impresa comporterà il calcolo dell'imposta su ciascun reddito attribuito a ciascun componente la famiglia medesima:
Es. reddito dell'impresa = L. 7.000.000 attribuito in base all'atto registrato in queste misure:
60°/o al titolare capo famiglia = L. 4.200.000
40°/o alla moglie = L. 2.800.000 avremo la seguente tassazione, al lordo delle detrazioni:
I.R.P.E.F. = reddito del capofamiglia =
L. 4.200.000 = imposta lorda
L. 528.000 reddito della moglie collaboratrice =
L. 2.800.000 = imposta lorda
IMPOSTA DI REGISTRO = 0,5°/o L. 7.000.000
L. 304.000
L. 832.000
L. 35.000
L. 867.000
I.L.O.R. = ciascuna delle quote di reddito è inferiore a 6 milioni e pertanto non sono imponibili.
Nel caso invece che il reddito fosse tutto attribuito al titolare capofamiglia, non essendovi « impresa familiare », si avrebbe:
L. 1.297.000
In questa seconda ipotesi, la maggiore imposta lorda è di L 430.000 rispetto alla prima.
Quando invece il reddito complessivo della famiglia superi L. 7.000.000, l'imposta viene calcolata cumulativamente al capofamiglia, sia pure con i correttivi stabiliti della legge 2-12-75 n. 576.
Pertanto avremmo le seguenti ipotesi:
— Reddito Impresa Familiare = L. 12.000.000 attribuite in base all'atto registrato in queste misure:
60°/o al capofamiglia titolare = L. 7.200.000
40°/o alla moglie collaboratrice = L. 4.800.000 Con la seguente determinazione dell'imposta lorda:
I.R.P.E.F. = cumulo del reddito
Deduzione spettante
12 /o su L. 1.000.000
8°/o su L. 1.000.000
su L. 2.200.000
sul reddito della moglie
= 14,70°/o su L. 1.200.000 reddito del capofamiglia = 7.200.000 - 6.000.000 (esenti) (il reddito attribuito alla moglie è esente, essendo inferiore a 6.000.000) IMPOSTA REGISTRO = 0,50°/o su L. 12.000.000
Nel caso non vi sia impresa familiare e quindi il reddito venga attribuito al capofamiglia titolare, si avrebbe:
I.R.P.E.F. su L. 12.000.000
I.L.O.R. su L. 6.000.000 (12.000.000 - 6.000.000 esenti) =
Per cui la maggiore imposta lorda, rispetto al dente, sarebbe di L. 934.000.
Il nuovo diritto di famiglia ha rivoluzionato la situazione fiscale dell'artigiano
L a Costituzione repubblicana 'che l'Assemblea 2 eletta il 2 giugno '46 ha dato al Paese, non è stata il frutto di una improvvisa risoluzione d e i partiti politici italiani, ma, al contrario. il risultato di una profonda maturazione compiutasi nella coscienza del popolo sotto la spinta degli avvenimenti e l'impulso dei partiti di avanguardia. A lato di questo processo di formazione di una nuova volontà popolare. si era delineato, nel periodo della lotta antifascista. un travaglio critico abbastanza notevole nei vecchi e nuovi gruppi politici. Gli uomini più aperti e sensibili dell'opposizione antifascista, borghese. e piccoloborghese — specie i seguaci di « Giustizia e Libertà » — si posero con serietà i seguenti quesiti: « Come mai è stato possibile il sorgere del fascismo? ». « come sarà possibile impedire il suo riprodursi quando sarti stato abbat,uto?». Così essi lentamente si scostarono dalle più miopi e banali interpretazioni del fenomeno fascista e lì-
nirono con l'ammetterne. chi più. chi meno. il carattere sociale » facendo notevoli concessioni alla tesi sempre sostenuta dalle correnti marxiste circa l'identità sostanziale. al disopra o al disotto delle divergenze occasionali. tra fascismo e grande capitale.
Divenne chiaro, inoltre, come il fascismo avesse approfittato. per il suo successo. dell'angustia e dell'arretratezza tradizionali dello Stato monarchico e liberale italiano. sicchè l'esigenza degli antifascisti più onesti e intelligenti non fu soltanto quella della lotta ad oltranza per la riconquista della libertà. ma anche quella di un decisivo rinnovamento istituzionale e strutturale del Paese. « Bisogna, per superare veramente il fascismo, che l'Italia diventi una nazione nuova con uno Stato moderno ».
la preuloie delle masse
D'altra parte. l'esercito sul quale l'antifascismo militante poteva contare erano le masse lavoratrici che avversavano e combattevano il regime di Mussolini. ma non già per ritornare puramente
e semplicemente all'antico. E di queste rivendicazioni e aspirazioni non si poteva non tener conto.
A chiusura dunque della lotta antifascista, sia per questo travaglio critico (che per alcuni. come per esempio per i liberali e per la stessa democrazia cristiana. ebbe il carattere di una revisione fondamentale degli antichi programmi/. sia soprattutto per la pressione esercitata dalle masse lavoratrici, fu possibile raggiungere l'accordo per la convocazione di una Assemblea Costituente. col compito di elaborare la « Carta costituzionale ».
Senonchè le manovre dilatorie nei riguardi della convocazione della Costituente dimostrano come già fin da prima del '46 la dichiarata volontà innovatrice abbia fatto macchina indietro, specie nel grosso partito qualificatosi di « centro », di fronte alle preoccupazioni conservatrici. Molti di coloro che durante la Resistenza e nel momento del suo epilogo si erano orientati in senso progressivo. si lasciarono gradatamente riassorbire dal vecchio tenace fondo reazionario e misoneista della società italiana.
Ma, nonostante tutto. nonostanti gli Alleati e le loro intromissioni. nonostante la presa di posizione in senso monarchico di gran parte del clero e degli alti prelati. nonostanti le sollecitazioni e ie mene della grande borghesia industriale e finanziaria e dei suoi agenti, l'atmosfera era ancora tale in !lana da rendere molto guardinga la destra politica ed economica e da rendere impossibile un immediato insabbiamento delle aspirazioni popolari.
Entra il lavoro sella Carta Costituzionale Così come è stata formulata. la Costituzione rappresenta una grossa concessione che le forze conservatrici sono state costrette a fare alle forze progressive. una vittoria di queste ultime, una vittoria. per quanto temperata da inevitabili compromessi. del movimento operaio italiano. E di ciò può subito accorgersi il lettore della Costituzione che vede ricorrere in essa molte volte la parola « lavoro » completamente ignorata dallo Statuto Albertino. L'articolo I stabilisce.
come è noto, che « L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro».
Certo, sarebbe stata preferibile la dizione: L'imita è una repubblica democratica dei lavoratori », più impegnativa e più densa di significato: quasi ad affermare che il titolo di cittadinanza della Repubblica presuppone la qualità di lavoratore: ma questa proposta. avanzata dal deputato comunista Giorgio Amendola. fu respinta per i voti contrari del centro e della destra.
Stabilito comunque che la Repubblica è fondata sul lavoro. ne discendeva come conseguenza necessaria che tutti i cittadini devono essere messi in grado di lavorare. Occorreva cioè affermare che il lavoro non può più rimanere un fatto esclusivamente privato di cui lo Stato si disinteressa, ma viene considerato un diritto oltre che un dovere del cittadino. Ecco quindi l'art. 4 proclamare non soltanto il «tirino al lavoro », ma anche l'obbligo per la Repubblica di « promuovere le condizioni che rendono effettivo questo diritto ».
"..vi sono ogni tanto nella storia di una nazione momenti eroici in cui corre nell'aria come un gran brivido di sacrificio e il senso del dovere che trasfigura ed esalta e affratella tutto un popolo; momenti simili l'Italia ne ha vissuti durante la guerra di liberazione, ma poi, passata l'esaltazione eroica sopraggiunge la stanchezza e lo scoraggiamento, i dolori delle percosse si sentono dopo, torna la vita miserabile di tutti i giorni con le sue privazioni, con le sue insidie, con le cattiverie, con le sue ingiustizie, cominciano le delusioni, si vede che gli uomini sono sempre gli stessi, vien voglia di dire: "Si ricomincia come prima, forse si stava meglio prima". Questo è il pericolo contro il quale tutti gli onesti devono reagire con tutte le loro forze e superare ad ogni costo questo scoramento e questo disgusto. Anche qui pesa su di noi insidiosa l'eredità del fascismo.
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