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Mensile di informazione politica e cultura
Anno VI - N. 3 - marzo 1982
IL QUARTIERE VA SEMPRE PIU' DEGRADANDO
Mensile di informazione politica e cultura
Anno VI - N. 3 - marzo 1982
IL QUARTIERE VA SEMPRE PIU' DEGRADANDO
Lo stato di degrado delle case popolari denunciato in un documento presentato al Consiglio di Zona dai comunisti del quartiere
Il 12 febbraio scorso le sezioni Bottini e Fornasari del P.C.I., entrambe di San Siro, facendo riferimento al piano di ristrutturazione di alcuni stabili dell'Istituto Case Popolari nel quartiere (su cui abbiamo riferito nel nostro numero di gennaio), hanno presentato al Consiglio di Zona 19 un documento-denuncia contro lo stato di abbandono delle case popolari.
In tale documento (di cui i presentatori hanno provveduto ad inviare copia all'Assessore dell'edilizia pubblica, al presidente dello I.A.C.P. ed ai sindacati inquilini SUNIA e SICET) è scritto testualmente:
"Una lodevole quanto necessaria iniziativa è stata intrapresa dal Comune, al fine di avviare al più presto opere di ristrutturazione di alcuni stabili dell'IA C P in zona S. Siro.
L'apprezzamento per questo impegno assunto dalla amministrazione Comunale e che l'urgenza della situazione ha reso ormai improcastinabile, non può essere tuttavia disgiunta da alcune serie perplessità che il carattere inevitabilmente discriminatorio dell'iniziativa assum e n e i confronti degli inquilini della zona.
Le opere previste, che dovrebbero riguardare principalmente lavori di coibentazione tesi a migliorare il rendimento del riscaldamento, sono riferiti infatti solo ad alcuni degli stabili IACP costruiti su suolo di proprietà del Comune, creando una sorta di fatalistico privilegio per gli inquilini che hanno la ventura di abitare gli stabili indicati dal piano di ristrutturazione, a dispetto degli altri inquilini che abitano magari lo stabile immediatamente adiacente, e che pur trovandosi nelle stesse identiche necessità di intervento, non è toccato dai benefici del provvedimento.
Come se il rigore dell'inverno sapesse distinguere tra via e via e numero e numero!
Quartieri cronaca I servizi sociali di zona
Droga: fatti non parole
la concentrazione di attività industriali inquinanti fanno di Figino un'area ad alto rischio
I problemi di risanamento del quartiere sono comuni a tutti gli abitanti della zona, e non possono essere affrontati in modo parziale e discriminatorio. Anzi, il grave stato di degrado in cui è giunto il quartiere esige una risposta che veda ben al di là del singolo intervento limitato a qualche riparazione.
San Siro, un quartiere sorto intorno alla seconda metà degli anni 30, ha conosciuto lo sviluppo distorto ed ineguale tipico delle città moderne; e da solo basterebbe a dare uno spaccato della società milanese che mette in luce contraddizioni stridenti proprio anche in riferimento alla situazione edilizia della nostra zona: il lusso di ville nell'area limitrofa si contrappone alla misera desolazione che caratterizza i fatiscenti stabili delle case popolari, privi di manutenzione, abbandonati all'usura del tempo.
segue in ultima
Gli inquilini dell'Istituto Case Popolari che abitano nei numeri di via Cilea dal 122 al 160 sono piuttosto arrabbiati. Quest'anno il riscaldamento proprio non funziona, non che negli ultimi due o tre inverni le cose fossero andate proprio meravigliosamente, ma bene o male ci si era arrangiati. Dallo scorso novembre, invece, frequenti periodi di assoluta mancanza di riscaldamento si sono alternati a periodi in cui i termosifoni erano appena appena tiepidi e comunque insufficienti a riscaldare decentemente un appartamento.
Chi ne risente di più sono ovviamente i bambini e gli anziani che sono i più esposti ai raffreddori e alle influenze. Per quanto riguarda le altre persone — mi viene confermata l'abitudine per molti di andare obbligatoriamente la sera, a letto con le galline — l'unico problema è un probabile aumento della natalità dalla prossima estate (il consiglio di Milano 19 è di aprire una vertenza con lo IACP per l'istituzione di speciali assegni famigliari ai fortunati genitori).
Dei problemi degli inquilini si è fatto carico il SUNIA che constatando la presenza di altre carenze, come ad esempio l'indubbia mancanza di pulizia nelle scale e nei luoghi di uso comune, ha deciso nell'assemblea tenutasi la mattina del 14 febbraio scorso nella sua sede in via Appennini di raccogliere le firme di tutti gli inquilini interessati in calce ad una lettera di protesta e di denuncia indirizzata all'Istituto.
Viene anche minacciato uno segue in ultima
AI fine di dare maggiori possibilità ai nostri lettori ed a tutti gli abitanti della zona di mettersi in contatto con noi abbiamo provveduto a dotare la nostra redazione di una segreteria telefonica in funzione 24 ore su 24 tutti i giorni.
Chiunque volesse quindi farci pervenire qualche sua comunicazione ci potrà telefonare in qualsiasi ora del giorno (o della notte) precisandoci chi parla e lasciandoci il suo messaggio, che verrà registrato.
Ricordiamo che il nostro numero telefonico è 3539458 e che chiunque volesse venirci a trovare potrà sempre trovarci in redazione ogni mercoledì dalle ore 21 in poi.
Sabato 13 febbraio 1982 presso il salone della cooperativa XXIV maggio a Figino organizzata dalla locale sezione "A. Montoli" del PCI si è tenuta una pubblica assemblea sui problemi del quartiere. Presenti il presidente regionale della Lega Ambiente e consigliere comunale Ercole Ferrario, il presidente del Consiglio di Zona Danilo Pasquini e la coordinatrice della commissione Igiene e Sanità Rosanna Magni Ferri. Prima del dibattito sono state proiettate delle diapositive eseguite dalla fed. Lavoratori metalmeccanici sul problema della salute nel nostro paese. Il documentario illustrava in modo semplice ma efficace i pericoli insiti nel tipo di sviluppo industriale attuale e nei prodotti derivati (ammine, usate anche in farmacia, PC B amianto) e gli effetti prodotti sulla natura e sull'organismo umano.
Con altrettanta chiarezza il documentario ha messo in evidenza quali devono essere le strade da percorrere per vincere la lotta contro le malattie professionali e cancerogene: la prevenzione primaria e la partecipazione dei lavoratori al processo produttivo.
Alla presenza di circa un centinaio di persone, alcune di Trenno, si è passato al dibattito incerniat o prevalentemente sulla questione dell'inquinamento ricordando che Figino e tutte le aree limitrofe sono considerate ad alto rischio per la notevole concentrazione di attività industriali inquinanti (raffinerie, ind. chimiche ecc).
Il sig. Mazzetti, a nome del comitato di quartiere, ha criticato l'amministrazione comusegue in ultima
Abbiamo appreso dalla stampa quotidiana di una sentenza con cui il Tribunale di Rieti ha dichiarato che "l'imprenditore il quale prelevi contributi previdenziali di pertinenza del lavoratore ma non li versi all'IN PS non incorre in reato". A commento il ministro del Lavoro, il socialdemocratico Di Giesi, si è detto "preoccupato perché le decisioni di questo genere possono essere di incentivo alla evasione contributiva, che ha raggiunto livelli insostenibili e per contenere la quale non sono evidentemente sufficienti le forti sanzioni previste dalla legge".
A questo punto vien fatto di domandarsi: ma lui, Di Giesi, chi è e dove vive? Non aveva forse letto, come noi abbiamo letto, della scoperta, prima della sentenza di Rieti, di circa dodicimila evasioni contributive? E co-
sa ha fatto lui, ministro del Lavoro, per dare efficacia ad una legge "evidentemente" insufficiente? Se le sanzioni previste non bastano a contenere il fenomeno perché non ha provveduto a presentare un disegno di legge che le aggravasse prevedendo, magari, anche la galera? Noi certo non siamo esperti di diritto, come invece certamente lo sono i giudici di Rieti, ma per noi chiunque sottragga indebitamente denaro ad altri (e i contributi sociali sono parte integrante del salario, quindi soldi dei lavoratori) per metterseli nelle proprie tasche commette un furto, in parole povere è un ladro e come tale deve essere giudicato. Forse qualcuno ci verrà a dire che siamo semplicisti, ma per noi il posto per i ladri è uno solo: la galera.
Il fascismo, divenuto regime, destituì i sindaci liberamente eletti per sostituirli con uomini di sua fiducia.
di Gian Piero PagettiNona puntata
La crisi aperta in Comune nell'agosto del 1922 con lo sciogliemnto d'autorità, da parte del prefetto, del Consiglio venne risolta con le elezioni amministrative del dicembre di quello stesso anno. Vinse il blocco di destra, che, oltre ai fascisti, comprendeva nazionalisti, monarchici, liberali, conservatori e reazionari di ogni tendenza, cattolici o laici che fossero, e che ottenne 87 mila voti. I partiti di sinistra avevano presentato tre liste ed il più grosso di essi, i socialisti di Turati, ottenne soltanto 45 mila voti. Qualcuno parlò di brogli. Certo le elezioni si erano svolte in un clima di intimidazioni e di violenze. 11 fascismo si era impossessato del governo soltanto due mesi prima e durante tutte le operazioni di voto e di scrutinio squadristi armati stazionarono minacciosi davanti e dentro ai seggi, dove per chi fosse sospettato di aver simpatie per le sinistre poteva essere pericoloso anche il solo avvicinarsi.
Sindaco venne eletto un medico, il professor Luigi Mangiagalli, che resterà in carica fino al 1926 ed al quale è ancor oggi dedicata la clinica di maternità del policlinico milanese.
Una delle prime questioni affrontate dalla sua giunta fu quella del "risanamento" di alcuni vecchi quartieri, come, ad esempio, la Vetra. Con la scusa che essi sarebbero stati infestati da malviventi e da prostitute in quanto "dove ci sono cattive condizioni di vita alligna la miseria morale" la giunta, anziché sforzarsi perché le condizioni di vita fossero migliorate, diede mano al piccone e cominciò a demolire perché "per questi centri di infezione il miglior metodo è la demolizione dell'intero quartiere e la deportazione degli abitanti", disse.
Iniziò così lo sventramento del centro storico compiuto nel ventennio fascista, che regalò vaste aree, un tempo popolari, alla speculazione edilizia. I proletari, sfrattati dal centro, vennero "deportati" nella nuova periferia cittadina, allargatasi nel 1923 con ringlobamento di undici piccoli comuni del circondario (Affori, Baggio, Chiaravalle, Crescenzago, GorlaPrecotto, Greco Milanese, Lambrate, Musocco, Niguarda, Trenno e Vigentino) ancora con caratteristiche prevalentemente agricole, prive di servizi e di trasporti pubblici, i cui abitanti, contadini od operai che venivano a lavorare in città, avevano oltretutto il torto, agli occhi dell'autorità centrale, di ostinarsi a votare per i partiti di sinistra. Così in quell'anno Milano raggiunse i suoi attuali confini ed i suoi abitanti aumentarono a 836 mila.
L'Umanitaria
ancora nel mirino
La mattina del 26 marzo del 1923 una colonna di automobilisti si fermò pochi chilometri più in là della nuova périferia, al bivio di Lainate. Dalla limousìne di testa scese, in cilin-
dro, tight e ghette, il neo capo del governo Mussolini (cui, oltre a molte altre cose, mancava indubbiamente anche il senso del ridicolo) che diede il primo colpo di piccone per la costruzione della prima autostrada d'Europa (progettata e voluta da altri governi prima del suo): la Milano-Laghi. E sull'onda dell'euforia nazionalistica innestata da tale episodio a molti parve del tutto normale un nuovo decreto legge sulle insegne dei negozi: chi usava parole straniere, come garage, hotel, coiffeur, bar, doveva pagare una tassa più forte.
Il 12 aprile 1923 la Fiera Campionaria, lasciati i Bastioni di Porta Venezia per una sede più ampia, aprì i battenti nella vecchia piazza d'Armi, dove si trova tutt'ora e dove si era tenuta parte dell'Esposizione del Sempione del 1906. La scelta era caduta sulla piazza d'Armi per una serie di ragioni, la prima delle quali era, almeno ufficialmente, che "ormai di guerre non ce ne saranno più" (pia illusione!), mentre non ultima, anche se non confessata, doveva essere la considerazione che la zona, ancora, a quell'epoca, poco abitata e priva di grossi insediamenti industriali, fatta soltanto eccezione per l'Isotta Fraschini, ben si prestava a nuovi insediamenti residenziali di un certo livello e, quindi, a nuove speculazioni sui terreni. La Fiera si estendeva su un'area di circa quaranta ettari (pressoché i quattro quinti di quella attuale, ma neppure la metà dell'esposizione del 1906) ed al suo ingresso di via Domodossola vennero costruite le due prime palazzine in muratura, che ancora oggi esistono.
In quello stesso 1923, per la seconda volta nella sua storia e con la stessa faziosità della prima (all'indomani dei fatti del 1898), l'Umanitaria, ristituzione voluta da Moisè Loria, venne posta sotto accusa: sperpero
di denaro pubblico ed attività sovversiva, si disse. E con quella scusa venne sciolto d'imperio il consiglio, eletto democraticamente, per sostituirlo con un "direttorio", nominato dalralto, che già nel nome denunciava la sua natura antidemocratica, mentre le attività vennero ridotte alla sola gestione di scuole professionali. Si voleva in tal modo soffocare un'istituzione che tanto aveva contribuito alla crescita morale, civile e culturale della classe operaia; ma l'operazione non riuscì. Mutilata nel corpo, ma non nell'anima, l'Umanitaria rinascerà 22 anni più tardi, nel 1945, all'indomani della Liberazione.
Nel 1924 giunse a Milano, proveniente da Verona, un giovane editore, Arnoldo Mondadori, con pochi soldi, ma con molte idee ed altrettante ambizioni, prima fra tutte quella di spodestare il grande Treves. Si sitemò in via Maddalena, in un grande palazzo stile floreale. Cominciò a pubblicare le opere di Pastonchi, di Virgilio Brocchi (l'ex vice sindaco ai tempi di Caldara), di Salvator Gotta e fondò l'Accademia Mondadori, cui aderirono i maggiori scrittori dell'epoca: da Pirandello a De Roberto.
Dall'Argentina giunse invece l'ingegner Carlo Emilio Gadda, non ancora noto come scrittore, che trovò un posto come supplente di matematica e fisica al liceo Panini, dove ebbe tra i suoi allievi Guido Piovene, che più tardi lo ricorderà timido e severissimo riempire di formule la lavagna, con le spalle sempre rivolte alla scolaresca, per poi scomparire in silenzio al suono della campana. Tutto ropposto di Guido da Verona, romanziere dannunziano di storie scollacciate, tra la pornografia ed il
sentimentalismo, che in quei tempi amava frequentare il recinto del peso di San Siro ed i salotti mondani di Milano, alto, elegantissimo, sempre circondato da belle donne.
Nell'aprile di quello stesso 1924 vi furono nuove elezioni politiche in un clima di intimidazione e di violenze ancor più pesante di quello delle amministrative del 1922. Ne uscì rafforzato il partito di Mussolini, che però qualche mese dopo sentì vacillare la sua poltrona allorché in un boschetto vicino a Roma venne trovato il corpo del deputato socialista Giacomo Matteotti, che era stato rapito ed assassinato nella capitale il 10 giugno da sicari fascisti. Le responsabilità personali del capo del fascismo apparvero subito chiare agli occhi di tutti. Sdegno e commozione percorsero l'Italia. Ci furono degli scontri. I deputati oppositori del fascismo abbandonarono il Parlamento e si ritirarono in quello che fu subito chiamato, con una reminiscenza storica, l'Aventino.
Milano in quei giorni visse gli ultimi (almeno per allora) sussulti delle speranze socialiste. Sulraria di una canzone in voga la gente cantava: "Sulla sponda argentina, Mussolini el camina Matteotti dedree el ghe tira el gilè, assassin che te set..." Ma l'Aventino alla sua intransigenza contro il fascismo ed alla sua denuncia della complicità di Mussolini nell'assassinio di Matteotti e negli atti criminosi degli squadristi, non seppe far corrispondere una capacità di mobilitazione popolare. Di ciò se ne avvantaggiò il fascismo, che, ripresosi e divenuto ormai regime, cominciò a mettere il bavaglio a tutti, anche ai dialetti, che la gente si ostinava a parlare. Non a caso fu proprio in quei tempi che alla trattoria Candidezza nacque la Famiglia Meneghina, che ebbe, ed ha tuttora, il grande merito di farsi custode della parlata, della poesia e del teatro dialettali milanesi, ma il limite di rimanere un club riservato ad una dite di pochi (dal portafogli gonfio, naturalmente), chiuso alle masse popolari ed alla loro cultura.
La decapitazione del Corrieren della Sera
Si stava intanto terminando la Città degli Studi, una serie di edifici di stie vagamente termale, l'ultimo dei quali avrà dei pinnacoli di sapore scandinavo.
In centro invece c'era da fare attenzione alle luci verdi, gialle e rosse del primo semaforo entrato in funzione il 25 aprile 1925 in piazza del Duomo, all'angolo tra le vie Torino e Orefici.
Erano i tempi in cui le officine dell'ingegner Lerici stavano cominciando ad introdurre l'acciaio inossidabile svedese in lamiera e profilati per uso industriale, mentre un numero sempre crescente di giornali e di giornalisti stava cercando di acquisire benemerenze dal nuovo regime, esaltandone le "opere". Non tutti, ad onor del vero!
Primo tra tutti a non essere schierato con il governo di Roma era proprio il direttore del maggior quotidiano milanese (e nazionale), il senatore Luigi Albertini, educato alla scuola della democrazia liberale inglese, che dal 1900 era alla sua direzione del Corriere della Sera e che di fronte allo squadrismo ed al fascismo divenuto regime non aveva esitato a schierarsi all'opposizione, sia dalle pagine del suo giornale, sia dai banchi del Senato. Sin dal 1923 Mussolini lo aveva brutalmente attaccato dalle colonne del Popolo d'Italia scrivendo: "Senatore Albertini, ci sono tanti fascisti che solo domandano di essere prescelti per radere al suolo la vostra indegna baracca". Albertini era comunque riuscito a resistere ancora due anni, finché la sua testa venne chiesta perentoriamente da Farinacci ai fratelli Crespi, allora proprietari del grande quotidiano, i quali non seppero far altro che accettare l'imposizione del gerarca e mettere il Corriere al servizio del regime. Era la fine del 1925. In dicembre di quello stesso anno in via Gozzadini, una stradina laterale di corso Italia, ora scomparsa, cominciò a funzionare, con una trasmittente della potenza di un kilowatt e con un piccolo auditorium, Radio Milano. La sede centrale dell'U.R.I. (Unione Radiofonica Italiana) era a Torino. Dai microfoni milanesi venivano trasmessi soprattutto dischi, conversazioni intellettuali di Ettore Romagnoli, Francesco Pastonchi, Innocenzo Cappa, opere liriche e concerti, il tutto per pochi ascoltatori che seguivano le trasmissioni in cuffia da casa loro.
Cacciato il Sindaco arriva il Podestà Nel 1926 cominciarono a circolare i primi autobus, mentre per i tifosi di calcio venne aperto il nuovo stadio di San Siro, rettangolare, con una capienza di 40 mila posti. Ma c'era chi al "foot-ball" preferiva i piaceri della buona tavola. Tra questi un principe delle lettere italiane, Riccardo Barrhelli, conoscitore emerito di osterie, fiaschetterie e trattorie regionali, il quale un giorno di aprile del 1926 si affacciò speranzoso alle semplici stanze di una fiaschetteria toscana di un lucchese, il "sor" Pepori, in via Bagutta nei pressi di San Babila. E a quanto pare le speranze non andarono deluse visto che l'I I novembre successivo Bacchelli si ripresentò alla stessa fiaschetteria con dieci amici, tra cui Orio Vergani e Mario Velleni Marchi, e li, tra una pietanza ed un calice di vino, gli undici decisero, seduta stante, di fondare e di aggiudicare un premio conviviale, il Bagutta, appunto, costituito da "libere oblazioni" da assegnarsi "il giorno 14 gennaio di ogni anno ad un'opera letteraria italiana pubblicato nell'anno precedente".
Intanto, il 26 maggio 1926, il "Norge", il dirigibile di Amundsen pilotato da Umberto No-
bile, aveva sorvolato il Polo Nord. Per festeggiare l'impresa i milanesi battezzaronounquartiere fuori Porta Ticinese (nella zona di piazza Abbiategrasso) "Baia del Re", il nome dell'ultima terra da cui il dirigibile si era levato in volo verso restremo nord.
In quello stesso anno una legge introdusse l'obbligo della carta d'identità. All'anagrafe gli uffici ricevettero fino a tremila domande in un sol giorno. Con la scusa del censimento si procedette a schedare i cittadini; ma gli oppositori erano già praticamente ridotti al silenzio. Ogni tanto qualcuno spariva, spedito al confino in qualche sperduta isola, ma tranne pochi intimi o compagni di lotta nessuno sembrava farci caso.
La broghesia grande, media e piccola sembrava, almeno in gran parte, avere accettato il fascismo, anche se qualcuno magari brontolava (sottovoce perché non lo sentissero) per le adunate, per i bambini a scuola in divisa da balilla, per i nuovi burocrati in camicia nera, che negli uffici contavano più dei ragionieri.
Molto meno soddisfatti erano invece gli operai, le cui organizzazioni politiche e sindacali erano state messe nelrimpossibilità di operare e sulla cui pelle gli industriali continuavano ad accumulare grossissimi guadagni, che andavano ad aggiungersi a quelli già accumulati, in modo più o meno lecito, durante la guerra. Così la Edison divenne la più grande società industriale e finanziaria, assorbendo anche la Ettore Conti, mentre la Montecatini, sotto la guida di Donegani, inglobò due società produttrici di concimi chimici ed avviò la produzione di alluminio, esplosivi, vernici e fibre artificiali.
Ma messo il bavaglio alla stampa ed agli operai il fascismo si accingeva ad infliggere altri duri colpi alla democrazia.
Con la legge numero 1910 del 3 settembre 1926 abolì le elezioni amministrative e stabilì che i Comuni fossero retti da dei podestà (un titolo che il fascismo riesumò dal Medio Evo) ufficialmente di nomina reale, ma di fatto scelti dal governo tra i suoi fidi.
A Milano al sindaco Mangiagalli, che era stato eletto dal blocco di destra, ma che evidentemente non offriva sufficienti garanzie di "fedeltà" al fascismo, subentrò, dapprima come commissario governativo e poi, dal 4 dicembre 1926, come primo podestà fascista, Ernesto Belloni. Fino ad allora Milano aveva avuto, dopo la cacciata degli austriaci, dodici sindaci. Passeranno 19 anni e la dura prova di un'altra guerra mondiale, più disastrosa della prima, e della guerra di Liberazione perché a Palazzo Marino possa ritornare un sindaco liberamente e democraticamente scelto.
(9 - FINE. Le puntate precedenti sono state pubblicate sui numeri 6, 7-8,
9, 10, 11 e 12 del 1981 e 1 e 2 del 1982)
Al regolamento interno sono state apportate alcune modifiche che dovrebbero consentire di evitare il pericolo della burocratizzazione e di operare con maggiore tempestività
Con 17 voti a favore (PCI, PSI e PRI) e 9 contrari (DC, DP e PLI) il Consiglio di Zona 19 ha approvato, nella sua seduta del 12 febbraio scorso, alcune modifiche al suo interno in base a considerazioni ampiamente esposte nell'articolo che pubblichiamo qui a lato.
Tali modifiche hanno tra l'altro comportato la riduzione dei dipartimenti da tre a due e precisamente il Dipartimento della Programmazione (per le Commissioni Bilancio e Demanio, Pianificazione Territoriale, Manutenzioni e Lavori Pubblici, Concessioni edilizie e Casa) ed il Dipartimento delle Gestioni Sociali (per le commissioni Educazione e Servizi Scolastici, Igiene Sanità e Servizi socio-sanitari, Cultura Sport Tempo libero, Lavoro Artigianato e Commercio).
Per i due distretti e per cinque commissioni sono stati confermati i coordinatori già in carica mentre per altre quattro commissioni sono stati eletti dei nuovi coordinatori, così Luigi Volpe Rinonapoli è subentrato a Michele Colacino nella Commissione Bilancio e Demanio, Antonella Tiraboschi è stata eletta coordina-
Ma in Consiglio di Zona si continua ad obbligare a fumare anche chi non vuole
"Non fumare: tutte le volte che ti accendi una sigaretta è come se accendessi la miccia di una bomba nascosta nei tuoi
trice della commissione Cultura Sport Tempo Libero al posto di Oreste Lodola, che è passato alla commissione Pianificazione Territoriale in sostituzione di Aldo Monzeglio (dimessosi dal Consiglio nel novembre scorso), mentre Angelo lolita è stato eletto alla commissione Manutenzioni e Lavori pubblici in sostituzione di Dario Narratone.
Tra le altre modifiche una riguarda in particolare il pubblico, per il quale il nuovo regolamento riserva mezz'ora di tempo, dalle 21 alle 21,30, per intervenire. Una proposta tesa a stabilire che comunque per l'inizio degli interventi ci sarebbe dovuto essere presente il numero legale dei consiglieri è stata respinta a larga maggioranza (21 no, contro un sì, del consigliere Coscelli, e 4 astensioni) dopo che era stato detto che stava nel senso di responsabilità di ciascun consigliere essere presente puntualmente alle 21 alle sedute.
Per la nostra esperienza di cronisti non possiamo esimerci dal constatare che fino ad ora alle ore 21 i consiglieri presenti sono sempre stati pochi, certamente al di sotto del numero legale. Staremo a vedere in seguito.
Anche se fra difficoltà, incertezze e non poche resistenze il "decentramento" amministrativo della nostra città avanza. Le delibere-quadro, i fondi a render conto (F A. R. C.) per le attività culturali e la imminente costituzione delle Unità (o subunità) Sanitarie Locali di zona ampliano da una parte i "pareri consultivi" e dall'altra le "delibere effettive" che le circoscrizioni, più note come Consigli di Zona, sono chiamate a formulare. Ci si avvia, quindi, verso la costituzione, prospettata dalla giunta di sinistra di Milano, di vere e proprie "municipalità" dell'area metropolitana milanese, istituzioni già in atto da tempo in molte grandi metropoli europee.
Non so quanti cittadini siano a conoscenza e coscienti di questa realtà e dell'onere che esse comporta per il Consiglio di Zona /9 nel suo insieme ed in particolare per la maggioranza di sinistra e laica che lo amministra. Considerando la partecipazione e molte delle richieste e petizioni dei cittadini che "vengono" in Consiglio di Zona si deve concludere che a questa istituzione si chiede molto (rispetto alle sue "reali" possibilità)e troppo poco (rispetto ai suoi "effettivi" poteri) nello stesso tempo. I motivi di ciò richiedono un'approfondita analisi ed un dibattito aperto e franco tra istituzioni, cittadini (singoli ed organizzati), forze politiche.
Da una parte la maggioranza del Consiglio di Zona ha affrontato, in questi mesi, il problema delfunzionamento operativo della nostra piccola "amministrazione" in rapporto agli accresciuti oneri cui accennavo prima ed alla
necessità di dare sempre, tempestivamente, risposte alle istanze avanzate dai cittadini. Dall'analisi condotta si è giunti alla constatazione che i problemi sui quali il Consiglio di Zona è chiamato ad esprimere pareri e delibere sono raggruppabili in due grandi settori. 11 primo è quello che riguarda la programmazione ed il territorio, cioè il bilancio zonale, la pianificazione territoriale, l'assetto urbanistico, le concessioni edilizie, il demanio, la casa, le grandi e piccole manutenzioni, la viabilità ed i trasporti. Aspetti quasi tutti tra loro strettamente connessi e che richiedono una programmazione attenta ed articolata se si vogliono evitare decisioni (nel senso di proposte all'Amministrazione centrale) affrettate o, al contrario, lungaggini inevitabili. Difatti spesso un problema che riguarda, per esempio, il demanio, coinvolge la pianificazione, le manutenzioni, il bilancio e magari anche l'urbanistica, la viabilità, i trasporti. È praticamente impossibile per una singola commissione zonale esaminare tutti gli aspetti (anche non di sua competenza); di contro far discutere la stessa pratica in successione dalle varie commissioni potrebbe a tempi assai lunghi proprio per il carattere volontaristico di chi opera nel Consiglio di Zona.
Il secondo settore è quello dei "servizi sociali", cioè di tutte quelle attività ed iniziative, molte delle quali comportano decisioni di spesa, volte a soddisfare, almeno in parte, la domanda dei cittadini: attività parascolastiche, refezione permanente, manifestazioni ed iniziative culturali, sportive, di tempo libero;
La Commissione Pronvinciale Unitaria dipendenti di Farmacie Private e le OO.SS., in seguito allo scandalo delle Fustelle false in cui sono coinvolti numerosi medici e titolari di farmacie, esprimono innanzitutto la propria approvazione per l'operato della Magistratura che ha saputo intervenire con decisione per stroncare questo traffico illecito.
attività ed iniziative socioassistenziali (per esempio per gli anziani) controllo della attuazione e della gestione della riforma sanitaria; controllo dei mercati comunali; collaborazione, vigilanza annonaria e promozione nei settori commerciali ed artigiani; fino al controllo dei centri socioculturali ed assistenziali ed alla promozione di iniziative nel campo del lavoro, riferite in particolare ai giovani, alle donne, agli anziani. Come facilmente intuibile anche questo vasto campo richiede un suo coordinamento per evitare ripetizioni inutili di iniziative dimenticandosene altre, per armonizzare sul territorio varie manifestazioni, per completare in una visione organica il quadro dei servizi, per "spendere" nel migliore e più idoneo dei modi gli "esigui" (ma pur sempre importanti) fondi a disposizione del Consiglio di Zona.
In effetti l'organizzazione per "dipartimenti'; strutture zonali rispondenti a settori di attività, è una conquista all'avanguardia del nostro Consiglio di Zona, che da tempo ne ha istituiti tre. Le esperienze maturate, i mutati rapporti fra centro e periferie, le esigenze di una più incisiva operosità dei tanti "volontari" che lavorano per tutti i cittadini attraverso l'istituzione ha convinto la maggioranza a riorganizzare l'amministrazione zonale sulla base dei due suindicati settori. Da ciò la costituzione di due soli dipartimenti: quello della Programmazione e quello dei Servizi sociali.
A questo punto occorreva dare più vigore all'organo "esecutivo" delle decisioni politiche prese dal Consiglio di Zona, cioè all'Ufficio di Pre-
sidenza, formato dal presidente del Consiglio di Zona, dal vice presidente e dai coordinatori dei dipartimenti, non solo perché l'attuale maggioranza crede nella validità della direzione collegiale, ma anche perché non si può umanamente far ricadere sulle spalle di uno solo, in questo caso il presidente, l'onere della conduzione dell'amministrazione. Si è convenuto pertanto che dell' Ufficio di presidenza faccia parte anche il coordinatore della commissione Bilancio, in quanto ormai dalla proposta di programmazione di nuovi interventi sul territorio, alle manutenzioni, dalla gestione dei FA RC, al controllo della spesa sanitaria (almeno in senso politico) alla vigilanza annonaria l'aspetto 'finanziario è sempre presente e, in alcuni casi, è indispensabile la rapida convalida o meno delle proposte di spesa formulate dai vari organi del Consiglio di Zona.
Per questi motivi, soprattutto, riteniamo che il nuovo assetto del Consiglio di Zona possa dare buoni risultati; in ogni caso il tentativo va fatto non solo per evitare la "burocratizzazione" dell'istituzione, ma anche, e soprattutto, per cercare di dare risposte valide ai cittadini.
È, a mio avviso, profondamente sbagliato "inseguire" i problemi a mano a mano che questi si pongono dando risposte raffazzonato, improvvisate, contraddittorie solo perché "pressati dall'urgenza". Se si riuscirà, come speriamo e contiamo, a programmare il nostro lavoro forse riusciremo a prevenire se non tutti molti dei problemi cui possiamo e dobbiamo far fronte.
Luigi Volpe Rinonapoli
polmoni". Con questo messaggio davvero terrificante dovremo fare i conti spesso a partire dal 2 marzo. Il Ministero delle Poste ha infatti deciso di emettere 15 milioni di esempla-
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Così chi fuma è avvisato.
Ma chi non fuma? Chi lo difende dal fumo degli altri? vero che esiste una legge che vieta di fumare in luoghi pubblici, ma troppo spesso essa viene violata.
Prendiamo il caso del Consiglio di Zona 19. Malgrado vi siano cartelli che ricordano il divieto (e le relative ammende) e malgrado la presenza dei Vigili Urbani (ma che ci stanno a fare?) diversi consiglieri, infischiandosene della legge (che proprio per il loro ufficio dovrebbero essere i primi a rispettare) e dei diritti altrui (di chi non fuma, tanto per cominciare) continuano tranquillamente a fumare prima, durante e dopo la seduta, trasformando la sala in una camera a gas. Al massimo qualcuno (specie dopo che abbiamo pubblicato una lettera di protesta di una nostra lettrice che rivendicava il suo "diritto di non fumare") si limita a nascondersi dietro l'angolo da dove si accede alla scala che porta al piano superiore. Ma crede proprio di essere il più furbo?
Ma esprimono anche una viva preoccupazione per i lavoratori delle farmacie incriminate, il cui salario e posto di lavoro rischiano di essere messi in discussione in seguito al provvedimento di chiusura.
Per questo sollecitano gli opportuni interventi da parte degli Assessorati Regionali competenti al fine di evitare i danni conseguenti non solo per i lavoratori dipendenti dalle farmacie colpite dal provvedimento di chiusura, ma anche per la Cittadinanza che viene ad essere privata di un servizio primario e molto delicato.
La Commissione Provinciale Unitaria e le OO.SS. sollecitano inoltre tutte le forze Politiche democratiche a farsi carico di un maggiore impegno al fine di trovare le necessarie misure legislative atte a liberare questo settore dalle secche della speculazione, che compromette il processo di riforma Sanitaria faticosamente avviato nel nostro paese da qualche anno.
La Commissione Unitaria Provinciale Farmacie Private La Federazione CGIL-CISL-UIL Lavoratori Commercio, Turismo Servizi
Il decentramento amministrativo indicato come la strada da percorrere per avvicinare i cittadini all'istituzione
Nei giorni 17,18 e 19 febbraio scorsi si è svolta, nel salone della Cooperativa E.C. E. R., in via Cechov, la Prima Conferenza di Zona del partito Comunista Italiano, convocata sulla base del documento votato dal Congresso Regionale dello stesso partito per un decentramento effettivo delle istanze centrali (Comitato Cittadino, Federazione) alle zone, facendo riferimento al livello istituzionale decentrato, per istituire un punto di decisione politica del partito.
Tale conferenza ha posto nel giusto rilievo il ruolo assunto nella vita cittadina dal decentramento amministrativo, su cui, con l'approvazione, alla fine dei lavori, della relazione introduttiva del responsabile della Zona 19 del PCI , Pierluigi Corbella, è stato espresso un giudizio positivo essendo questa "la strada da percorrere per avvicinare i cittadini all'istituzione, sviluppando il concetto di municipalità nell'ambito di un'area metropolitana che comprenda anche i Comuni limitrofi, che con la nostra città si saldano dal punto di vista socioeconomico, territoriale e culturale".
Questo obiettivo, ha aggiunto Corbella, non è stato ancora raggiunto. Ad esso si frappongono difficoltà di ordine burocratico, resistenze, anche sul piano politico, a concepire il nuovo ed ad accettare il decentramento effettivo dei poteri dal centro alla periferia. Da qui la necessità che a livello istituzionale corrisponda un punto di decisione politica, che consenta al partito di svolgere un ruolo, nel massimo rispetto della legittima autonomia dei comunisti eletti nelle istituzioni in rappresentanza non soltanto del partito che rappresentano, ma di tutti i cittafini che hanno dato loro il voto.
"Un momento decisionale, dunque, più vicino alla base, punto di riferimento delle sezioni, che - ha proseguito il relatore - continuano ad essere il momento centrale della democrazia interna del partito e in questo senso il rafforzamento dei comitati di zona (del PCI, n.d.r.) diventa esso stesso un fatto di maggiore democrazia interna".
Passando alla realtà della nostra zona, che conta oltre 110 mila abitanti, Corbella ha ricordato che la sua composizione sociale è molto varia ed in gran parte risente delle scelte urbanistiche del passato, che hanno espulso dai vecchi quartieri popolari i lavoratori confinandoli in periferia. L'età media è in costante aumento perché anche qui si sta riproponendo quanto avviene nella città con l'espulsione dei giovani
verso l'hinterland. la presenza di realtà economiche è in continua diminuzione. Alla chiusura dell'Unidal di via Silva, che ha costituito un duro colpo all'occupazione, soprattutto femminile, si aggiungono ora minacce di riduzione della manodopera dell'ITALTEL ed a tutto ciò non ha corrisposto un aumento delle piccole e medie industrie che si sono mantenute stabili, mentre sono previsti insediamenti massicci di terziario avanzato, con centri elettronici di elaborazione.
Per quanto si riferisce ai rapporti nella nostra zona tra il PCI e gli altri partiti Corbella ha ricordato che essi possono essere definiti buoni con il PSI con il quale c'è una lunga esperienza di lotte unitarie che hanno influito anche sulle scelte cittadine, mentre la DC, dal momento in cui a Palazzo marino si è formata una giunta di sinistra, ha assunto atteggiamenti di strumentale opposizione.
Con il PSDI, il PLI ed il PRI diventa difficile un rapporto al di fuori delle istituzioni, specie con gli ultimi due, che sono soprattutto movimenti di opinione, senza una struttura organizzativa nella zona.
Una realtà diversa è costituita dalle varie formazioni della sinistra, che oltre alla presenza in Consiglio di Zona di un consigliere D.P. hanno diverse presenze organizzative i cui atteggiamenti vanno da una disponibilità completa del PDUP per un impegno unitario ad atteggiamenti di scontro, come è avvenuto per i CAF, che in diverse occasioni, prendendo pretesto da provocazioni del MSI nei quartieri ed in Consiglio di Zona, non hanno esitato a prendere posizioni di vera e propria rottura con le forze democratiche.
Ricordato che in zona esistono anche altre realtà politiche ed organizzative che rappresentano un punto di riferimento e di aggregazione per cittadini che non si sentono sufficientemente rappresentati dallo schieramento dei partiti organizzati e che un'altra realtà politica è la presenza del CUZ, che è un importante punto di riferimento per i lavoratori, Corbella è passato ad un'analisi della crisi economica, denunciando che a causa del blocco degli investimenti e dei tagli dei bilanci comunali non si costruiscono più case, infrastrutture, servizi sociali, ecc.
Esiste pertanto tutta una serie di problemi gravi ed urgenti da risolvere e per affrontarli è necessario "attrezzare il partito con un salto di qualità che ancora non siamo riusciti a realizzare", ha detto il relatore avviandosi ad affrontare i problemi di organizzazione inter-
na. Alla relazione introduttiva ha fatto seguito un'altra sul decentramento amministrativo del presidente del Consiglio di Zona 19, Danilo Pasquini, che ha delineato, per sommi capi, una sorta di rapporto al partito sulle attività, dal settembre 1980 ad oggi, dell'istituzione da lui presieduta.
I numerosi interventi che sono seguiti hanno posto in rilievo la necessità di superare impostazioni di tipo quartieristico, che - ha detto Luigi Vitali, segretario della sezione Bottini -provocano ritardi nell'affrontare i problemi della zona. Il PCI - ha ricordato il senatore Giovanni Brambilla - viene da una lunga tradizione di profondi legami con la gente, che vanno mantenuti e rafforzati perché -hanno sottolineato Alberto Barbieri della sezione Ragionieri, e Luisa Introini, segretaria della sezione Di Vittorio - il partito non può essere relegato ad un ruolo di produttore di consenso, ma deve sviluppare un proprio ruolo di stimolo nei confronti delle istituzioni e di avanguardia del movimento di massa perchéha aggiunto Gallina della sezione Montoli - se si vuole trasformare la città con la partecipazione è necessario che le sezioni vivano ed operino a contatto sempre più stretto con la gente.
In questo momento il PCI -ha detto, nel suo intervento conclusivo, Marco Bertoli, della segreteria della Federazione milanese - sta vivendo una fase nuova della sua storia, il che -ha aggiunto - non significa che prima non andava bene o che rinnega il suo passato, ma che sta continuando la sua marcia in avanti con rinnovato vigore.
I temi affrontati nel corso del dibattito sono stati ripresi dal documento finale, approvato praticamente all'unanimità, con una sola astensione, nel quale è espresso l'impegno del nuovo comitato di zona del partito (eletto al termine della seduta) a rafforzare e sviluppare il carattere di massa del PCI, le capacità autonome di elaborazione, di partecipazione, di iniziativa e di rapporto con tutti i ceti sociali, ribadendo la necessità di non appiattirsi sulle istituzioni, nelle quali gli eletti comunisti, in piena autonomia e responsabilità, sulle basi dei programmi elaborati dal partito, operano non per delega del partito stesso, ma per mandato conferito loro dagli elettori.
Il rapporto tra gruppo consiliare e partito di zona deve quindi basarsi sul contributo reciproco fra sezioni ed eletti sulla base delle rispettive esperienze nel territorio e nelle istituzioni ed attraverso le com-
Ciao! Allora, sei contento?
E de cossè?
missioni del Comitato di Zona, fermo restando il primato del partito nel ruolo di direzione di tutti i comunisti anche nelle istituzioni, pur nella autonomia del loro operato.
Espresso l'impegno a collegare il dibattito e l'iniziativa politica delle sezioni territoriali con quelle delle fabbriche, degli uffici, delle scuole e di garantire la presenza del partito in ogni campo della vita sociale, il documento prosegue sottolineando la necessità di rilanciare i comitati per la pace, il disarmo la distensione con iniziative sui missili, sulla Polonia, sulla crisi nei Caraibi, sulla Turchia, sull'Afghanistan, sulla fame nel mondo e contro la corsa al riarmo e coinvolgendo tutte le forze democratiche e le istituzioni per costruire una cultura di pace.
Posta in rilievo la necessità che anche dalla nostra zona venga un contributo perchè a Milano e nell'area metropolitana la sinistra proceda con impegno unitario allo sviluppo di elementi di socialismo nella vita delle grandi masse popolari intervenendo sui problemi sia strutturali e materiali, sia sovrastrutturali ed ideali, il documento pone in rilievo la necessità di lanciare una battaglia culturale sui temi della terza età, dell'emarginazione, dei giovani perché centri di aggregazione e servizi sociali non possono vivere senza battersi contro resistenze, pregiudizi, mentalità conservatrici e reazionarie, ne senza il sostegno di un movimento di massa.
Una forte spinta all'elevamento della qualità della vita può esseci se si punta a collegare i quartieri tra loro e con le zone, i comuni vicini ed il resto della città e dell'area metropolitana con uno snello sistema dei trasporti che permetta a tutti i cittadini l'uso dei servizi (Centro Civico, Consiglio di Zona, Consultorio, ecc.) anche se distanti. Comunque è necessario, prosegue il documento, che i servizi si articolino omogeneamente nei quartieri sia a nord, sia a sud degli impianti sportivi.
Rilevato che per alcuni problemi di dimensione metropolitana (difesa dell'ambiente, parchi, trasporti, ecc.) è necessario un impegno congiunto tra organizzazione di partito, associazioni, enti locali delle zone e dei comuni vicini, il documento si conclude con alcune considerazioni sulla presenza organizzata del partito nella zona, ponendo in rilievo la necessità di aumentare le proprie capacità di informazione e di propaganda interna ed esterna sulle posizioni e sulle attività del PCI sui temi sia internazionali, sia nazionali, sia locali.
G.P.
Del fatto che hanno diminuito il prezzo della benzina
Tutt lì?
E ti par poco?
EI me par pocch si
Ma come? Se quando lo avevano aumentato avevi protestato!
Appunto per quell dovevenn sbassall pussee
Come dovevano abbassarlo di più?
Dam m atrà. T'el set perché hann calaa el prezzi della benzina?
Si, perché secondo la CEE in Italia le compagnie petrolifere ci guadagnavano più che negli altri paesi europei
Ch'el sarev come dì che pagavumm pussee de quell che dovevumm?
Beh... Si... almeno per un po' di tempo... Ma adesso...
Adess chi l'è ch'el ghe da indree quell ch'emm pagaa pussee?
- Ma... Nessuno, credo...
E già, perché quei hinn i compagnii del ciappaciappa, mett in saccoccia e tira foeura nient
Quali compagnie?
Quei petrolifer
Ma anche se volessero come farebbero a dare indietro a ciascuno i soldi che ha pagato in più?
EI sarev staa assee che tiraven minga su i prezzi pussee de quell che dovevenn. Comunque par mi l'è ona storia che spuzza
Quale storia?
Quela del ribas del prezzi della benzina
E di che cosa puzza?
De vess ona qual gabola che hann traa in pee perché gh'è aria de elezion anticipà
E chi dovrebbe averla messa in piedi?
I partii che hinn al governo
E perché lo avrebbero fatto?
Per dagh on contentin alla gent, ciappaa pussee voti... e poeu cress i prezzi magara anca pussee de prima
E se le elezioni non ci fossero?
Tirerann foeura ona guai altra gabola per cress l'istess i prezzi e fà contenti petrolier
Ma adesso non li hanno certo fatti contenti!
— Chi l'è che t'el dis?
Beh, hanno diminuito il prezzo della benzina...
Ma intanta hann lassà liber quell del gasoli
Non libero, sorvegliato
Quanti lader scappenn quand che hinn in libertà provvisoria! E poeu, chi l'è ch'el tegn d'occ?
Il C.I.P.
Si, l'usell!
No, il Comitato Interministeriale Prezzi...
Quell l'è bon!
Se i petrolieri aumenteranno troppo i prezzi potrà invitarli a diminuirli
E se quei disenn "no grazie" e accetten minga I'invid?
Beh...
Hoo capii! L'anderà a finì che i petrolier manderann el cip a dà via i ciapp e farann quel che vourerann
Ma...
— Gh'è pocch de fà ma. Chi i nscì se se voeur andà mei l'è minga assee tegnì d'occ el prezzi del gasoli
E che si deve tener d'occhio ancora?
Quei che hinn al governo e tucc i lor amis petrolier o sciori che sienn
E perché si dovrebbe sorvegliare i ricchi?
Perché... Te set come se dis?
Come?
On scior o l'è on lader o l'è on fioeu d'on lader... Ma quasi semper l'è tutt e dò i robb insemma. Ciao, te saludi! el barbee
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È necessaria una diversa politica del territorio e della casa per rispondere a quelli che da soli non ce la possono fare a raggiungere il diritto alla casa
Com'era evidente fin il decreto Nicolazzi non ce l'ha fatta a diventare legge nei 60 giorni di forti polemiche e di reciproche accuse tra le molte forze scese in campo per osannare o per condannare quello che comunque viene considerato un tentativo di "svolta" nella politica della casa.
E allora il Governo, con una tenacia degna di miglior causa, ha varato il solito decreto-bis, quasi del tutto uguale al precedente, con la speranza che però questa volta sia invece quella buona.
La "filosofia" del decreto è ormai nota a tutti e quindi non solo agli addetti ai lavori: si vorrebbe ritornare, con una fretta assai sospetta, alle cosidette leggi del mercato per ridare slancio all'iniziativa privata e per togliere molti dei vincoli legislativi e amministrativi che spesso sono di ostacolo a chi chiede l'autorizzazione o la concessione per costruire, ristrutturare, o addirittura per cambiare radicalmente la destinazione d'uso degli immobili.
Si vorrebbe cioè cancellare, quasi di colpo, tutta la vasta, anche se contradditoria, serie di leggi varate negli ultimi anni, sotto la spinta popolare, contro chi continuava a voler mettere le mani sulla città", per ottenere vantaggi economici e politici.
Tutti sono d'accordo che si debbano snellire le complesse procedure amministrative e rendere più chiare le leggi (quando si farà un testo unico sull'urbanistica e sulla casa?), ma ciò non può portare ancora una volta a "lasciar fare al mercato".
Le principali critiche mosse al decreto riguardano in particolare il rifinanziamento non solo del piano decennale, ma anche della tanto discussa legge 25, quella dei "mutui agevolati individuali"; la possibilità di "appaltare" alle imprese la esecuzione di programmi di edilizia pubblica, il ridimensionamento dell'efficacia dei programmi pluriennali di attuarione; la liberalizzazione, o quasi, degli interventi di ristrutturazione sui vecchi immobili e soprattutto l'ormai famoso principio del silenzio/assenso, che dà la possibilità, dopo 60 o 90 giorni di attesa, di ottenere comunque l'autorizzazione a costruire nel caso di mancata risposta delle amministrazioni locali interpellate.
Non si può proprio dire che il ministro Nicolazzi non faccia di tutto per far "ingoiare il rospo", quando analizza, dal suo punto di vista, le cause del crollo dell'iniziativa privata nella costruzione di case (mancanza di aree e lentezza delle procedure) e quando drammatizza i molti "anni persi" (con i relativi risparmi vanificati) da coloro
che invano avevano chiesto di potere "ristrutturare" i loro immboli. Questa scelta di dare finalmente via libera ai privati, per "invogliarli a costruire" senza fare lunghe trafile, e di proporre addirittura il riscatto "generalizzato" di tutti gli alloggi pubblici esistenti nasconde invece una sfiducia nel ruolo delle Regioni e dei Comuni e fa emergere la nostalgia di un anacronistico ritorno alle decisioni incontrollate del potere centrale che dovrebbe ridare vita ad un nuovo "boom edilizio" assolutamente assurdo e comunque totalmente slegato dalle risorse disponibili e dai bisogni reali dei lavoratori e della popolazione. Viene spontanea una domanda: le case si devono costruire per chi già può o per chi ne ha veramente bisogno?
I contributi pubblici, in conto capitale (a fondo perduto) o in conto interessi (per abbattere l'alto costo dei mutui attuali ormai intorno al 25%) a chi devono andare? A chiunque o a chi non ha sufficienti capacità di reddito e di risparmio?
Non è necessario stravolgere gli strumenti urbanistici per rilanciare l'edilizia popolare e per trasformare in realtà il diritto alla casa per tutti quei lavoratori e cittadini che sono ormai in attesa da molti anni.
Si deve invece andare in un'altra direzione, quella della "riforma della casa", per la quale hanno duramente lottato le forze sindacali e popolari.
Ci sono obiettivi qualificanti e irrinunciabili che nulla hanno a che fare con la "svolta neoliberista" che invece si vuole far passare come l'unica possibile per riprendere a costruire, ma non importa come e dove: la lotta all'abusivismo, un vasto patrimonio pubblico e privato da dare in affitto, il sostegno al movimento cooperativo a proprietà indivisa e individuale.
Molta importanza si deve attribuire non solo alla quantità, ma soprattutto alla qualità e alla destinazione degli alloggi che verranno costruiti.
Non è assolutamente marginale la questione dei soggetti attuatori dei programmi di edilizia pubblica e dei fruitori dei finanziamenti agevolati.
L'ansia del ritorno al mercato e ai privati non ha senso e va curata subito come una grave malattia politica che può produrre molti guai al tessuto urbanistico e sociale delle città.
Dietro a ciò ci sono i soliti che premono da anni per avere le mani slegate e per poter fare e disfare in assoluta autonomia da ogni "funzione sociale della proprietà privata".
La dispersione delle poche risorse disponibili rischia di portare ad uno spreco diffuso
senza produrre quegli effetti che si vorrebbero far credere e cioè la costruzione di nuovi alloggi per le classi popolari.
E necessaria una diversa politica del territorio e della casa per rispondere ai bisogni di tutti coloro che da soli non ce la possono fare a raggiungere il diritto alla casa e anche di chi chiede di vivere in un tessuto urbanistico e sociale risanato e dotato dei necessari servizi comunitari.
Il movimento cooperativo si ripropone, anche in questa fase della lotta per la casa, come uno strumento di attualità per organizzare un uso razionale del risparmio familiare e delle risorse pubbliche e private e per contrastare ogni nuovo fenomeno di rendita e di speculazione sul bisogno diffuso di abitazioni.
Il governo si muova per fare in modo che anche le cooperative possano aiutare le giovani coppie, gli anziani, e i lavoratori con più limitate capacità di risparmio e di reddito, nella realizzazione del sogno della casa.
La Regione e i Comuni dimostrino che è possibile accelerare i ritmi per la assegnazione delle aree e dei finanziamenti, per le autorizzazioni e le concessioni edilizie, nel rispetto rigoroso dei tempi previsti dalle leggi e dalle legittime attese dei cittadini.
Intanto il ministro Nicolazzi e il governo si lascino convincere che nel loro decreto c'è ancora molto da cambiare per evitare di ingranare la retromarcia sulla strada già tortuosa della riforma della politica della,casa.
Giovanni GarutiCOSTRUIAMOCI LA NOSTRA CASA
Vasto successo dell'iniziativa per la costituzione di una cooperativa edificatrice lanciata dal nostro giornale
L'articolo "Facciamo la cooperativa edificatrice Milano 19" pubblicato nel numero scorso del giornale ha avuto seguito.
L'iniziativa annunciata, della formazione della Cooperativa Edilizia Milano 19, con gli scopi e gli obiettivi dichiarati ha avuto un notevole successo, successo testimoniato dalle numerose adesioni pervenute.
Come era da prevedersi, la larghissima maggioranza degli interessati, per tutte le ragioni adottate allora, sono giovani: siano essi famiglie in formazione oppure famiglie in fase di espansione che non possono più accontentarsi di mini-appartamenti.
E una domanda pressante e drammatica che non può più essere elusa, che certamente non può essere risolta dagli assolutamente insufficienti piani di edilizia pubblica e che non può essere soddisfatta con l'iniquo processo di sempre più rapida espulsione dei giovani e delle fasce produttive dalla città a causa di una speculazione fondiaria che ha raggiunto or-
mai i limiti dell'assurdo.
Solo attraverso l'impegno cooperativo è possibile affrontare, nel breve periodo, e parzialmente risolvere il problema., Dico nel breve periodo perché tutti coloro che hanno finora aderito si sono premurati di esprimere la fretta e l'urgenza di risolvere il loro problema nel più breve tempo possibile.
Nasce perciò una necessità impellente ed ineludibile per gli organi preposti e cioè Consiglio di Zona e Comune perché si stringano i tempi per il reperimento e l'assegnazione di nuove aree per queste iniziative.
Occorro inoltre che venga fatto il massimo sforzo per tener conto di problemi di fruizione e di accesso a servizi e trasporti esistenti in zona e ciò porta come conseguenza che tali aree debbano essere reperite e assegnate in modo razionale e non "casuale" e non succeda di ritrovarsi agli estremi confini della città, "dentro" sì ma, di fatto, ancora una volta espulsi.
Ci si rende conto che è un problema difficile ma non possiamo più accettare discorsi di
Presentata dai Sindacati Inquilini una piattaforma di zona nei confronti degli organi decentrati e centrali del Comune e dello I.A.C.P.
Tutto esaurito la sera del 22 gennaio alla sala del CUZ per l'assemblea convocata dalla Commissione casa del CUZ dal Sunia e dal Sicet: almeno un centinaio di persone a testimonianza di quanto sentito sia oggi il problema della casa. I temi all'ordine del giorno erano certo di interesse e di attualità: a partire dal decreto Nicolazzi su sfratti ed urbanistica per giungere alla decisione dello IACP di Milano di mettere in vendita 1600 alloggi.
La zona 19 ha una elevata
percentuale di edilizia pubblica, basti pensare ai quartieri S. Siro, Gallaratese e San Leonardo con più di 100 mila abitanti. Quindi i recenti provvedimenti del C.E. R. sui livelli dei fitti nelle case popolari hanno interessato direttamente gli abitanti della zona.
"Gli attacchi da parte governativa" è scritto nella mozione presentata hanno accentuato maggiormente questa drammatica situazione. È quindi necessario che la difesa delle condizioni abitative trovi tutti i
comitati e le organizzazioni dei sindacati degli inquilini e dei lavoratori uniti per rispondere in modo adeguato.
È stata così proposta una piattaforma di zona nei confronti degli organismi decentrati e centrali del Comune e dell'Istituto. Tra i punti trattati un ampliamento del potere delle Commissioni decentrate Iacp e l'istituzione dell'anagrafe utenza e patrimonio per utilizzare al meglio la disponibilità alloggiativa.
ll punt o centrale del dibattito e della piattaforma è però rappresentato dalla risoluzione delle occupazioni abusive e della morosità: gli inquilini morosi sono infatti a Milano 27 mila e nella prima metà del 1981, secondo i dati forniti dallo IACP non hanno pagato tra rate di
"tragiche carenze" perché non si possono dimenticare i 38.000 appartamenti invenduti o sfitti esistenti a Milano (di cui qualche centinaio addirittura dell'IACP). E evidente che questo problema di fretta e di necessità di stringere i tempi vale per tutte le analoghe iniziative che sono nate o nasceranno nella nostra zona e altrove; è per guasto che il nostro giornale le appoggia a tutti gli effetti e si offre come tribuna e come cassa di risonanza affinché maggiormente efficace possa essere la pressione dei cittadini su chi deve decidere.
F. FrontiniNei prossimi numeri daremo ulteriori notizie sulla Cooperativa edificatrice Milano 19, sui suoi obiettivi e sulle modalità per aderirvi. Comunque chiunque volesse maggiori informazioni potrà richiederle alla nostra redazione telefonando al n. 3539458 ogni mercoledì dalle ore 21 in poi.
affitto e spese condominiali, circa 50 miliardi di lire.
Per la morosità si è richiesto così che all'interno delle zone IACP si verifichino e si controllino tutte le situazioni e tutte le cause che le hanno determinate.
Per le occupazioni abusive ogni decisione di rilascio dell'alloggio da parte dello IACP per gli occupanti deve avvenire contestualmente ad una soluzione alternativa di abitazione.
La neo-costituita Commissione casa del CUZ, insieme al SUNIA e al Sicet dovrà ora analizzare i problemi della zona per andare poi ad assemblee nei quartieri e nelle fabbriche in vista di un incontro con il decentramento dello IACP e con il consiglio di zona.
Sezione Sunia zona 19
"Se ho lavorato? È tutta una vita che lavoro... e non ho ancora finito". Chi ci dice queste parole è Ernesta F., una protagonista del grande capitolo dell'impiego della manodopera femminile a Milano, dall'inizio del secolo alla fine della seconda guerra mondiale. Attualmente abita nella nostra zona, ospite di una figlia perché sofferente di disturbi vari, e siamo venuti ad intervistarla per farci raccontare la sua lunga storia, iniziata ottantotto anni fa, per ricordare così, al di fuori di sterili celebrazioni, la giornata della donna, della donna che lavora, naturalmente.
Ernesta F. è nata nel 1893 a Ro di Ferrara ed ha conservato della sua bellissima terra un ricordo particolare: — Sì, il posto mi piaceva moltissimo, ma quanta fame! Mio padre era mezzadro, ma quando consegnava il dovuto al proprietario, per noi restava così poco! Cresciuti un po' i quattro figli, consigliato dal maggiore di essi, Antonio, ha deciso di emigrare a Milano. Abbiamo venduto tutto e con i fagotti dei soli indumenti siamo partiti con il treno. La mamma piangeva, chissà quanto ha sofferto. Antonio ci aspettava alla stazione e a piedi ci ha condotto a Porta Vittoria, dove aveva trovato due stanze in un abbaino. Per incoraggiarci e farci capire che andavamo incontro alla fortuna, ci ha fatto passare sotto alla Galleria, fra tutta quella gente elegante. Chissà cosa sembravamo con le nostre sonanone e i fazzoletti in testa!
Trovare lavoro tutti, il papà e i quattro figli anche se giovanissimi, e prendere cinque stipendi sembrava davvero una fortuna.
Se fosse basso o inadeguato lo stipendio, non sapevamo giudicare. L'istruzione era elementare, in campagna non c'era altro.
Io ho trovato un lavoro in una fabbrica di turaccioli: nove ore al giorno, una di intervallo
per mangiare, si lavorava anche al sabato. Il lavoro era pericoloso per le mani. Dopo qualche mese ho avuto un infortunio, che a quel tempo non era pagato, era già molto se ci conservavano il posto. Ho ancora un dito ricucito, e per non correre altri rischi ho cercato un altro posto: qui facevo campionari di stoffe, poi sono passata in un laboratorio dove facevo orli ai fazzoletti. Eravamo una dozzina di operaie, ciascuna ceva centinaia di capi al giorno, un dirigente sorvegliava e preparava le spedizioni. Era molto gentile, cinque minuti prima che finisse l'ora ci faceva smettere, per pulire e oliare la macchina, in modo che rindomani tutto fosse pronto. Lavorare seduta in un posto caldo e asciutto mi sembrava bello. Non mi sarei mai sognata di fare i conti in tasca al datore di lavoro. Pensavo piuttosto di tenere le orecchie aperte e cercare posti con paghe più alte. Infatti, ho chiesto e ottenuto di essere assunta in una cartiera (mi pare Binda) vicino a casa mia. Ero più comoda e non mi stancavo: dovevo solo sorvegliare i pistoni che lucidavano la carta.
In casa, al sabato mettevamo sul tavolo tutti i soldi guadagnati. Non ricordo le paghe esatte, ma mi pare che per i fazzoletti guadagnavo 80 centesimi al giorno! Anche i miei fratelli e il papà erano intorno a queste cifre.
Dividevamo in vari mucchietti: tanto per il lattaio, tanto per il prestinaio, tanto per gli altri bottegai, poi raffitto e le rate alla Fiduciaria, che ci aveva dato la mobilia. Restava poco o niente e con quello si coprivano i bisogni personali per la settimana seguente.
Purtroppo, mentre noi potevamo dirci anche contenti della sistemazione, chi stava peggio di tutti era la mia mamma, che durante le lunghe giornate stava tutta sola in quell'abbaino
senza luce, perdendo la sua buona salute e qualsiasi interesse. Il dialetto e le abitudini totalmente diversi rhan no isolata.
Dopo soli sette mesi, di crepacuore e inedia, si è spenta.
Mia sorella allora ha voluto tornare in campagnia, perché il lavoro alla Pirelli le riusciva insopportabile. lo ho preso le redini della famiglia, avevo diciassette anni. Ho badato al padre e ai due fratelli fintanto che non si sono sposati.
Ho cambiato molti altri posti di lavoro e anche la casa: ora stavamo in Via Adige 15, in veri locali con finestre. Ma nel 1915 i miei fratelli sono andagi in guerra, non potevamo più pagare raffitto e ci siamo ristretti in una casa più piccola e meno cara, in Corso Italia.
Durante la guerra ho fatto anche la tranviera: vendevo biglietti sul tram e li ho conosciuto mio marito, un altro emiliano venuto a Milano per una situazione analoga alla mia, però lui era stato molto bene a casa sua e ora si trovava a Milano per una disgrazia famigliare.
È andato in guerra anche lui, e con mio papà abbiamo aspettato che tutto finisse: mi ricordo anche l'epidemia della spagnola.
Quella sì che mi ha fatto impressione! A Milano c'erano famiglie intere che morivano e per seppellire i morti passavano con un carro che raccoglieva tutte le casse che avevano solo il nome. A Musocco c'erano mucchi di casse che aspettavano la sepoltura. Mio padre mi diceva di sciacquarmi la bocca con la grappa, sarà stato quello o no ma noi non l'abbiamo avuta, la spangola.
Finita la guerra sono tornati i miei fratelli e per accoglierli ho fatto la domanda alle Case Popolari. Mi hanno assegnato una villetta con giardino al Campo dei Fiori, che allora era sotto al comune di Musocco. Ero contentissima, mio padre coltivava gli ortaggi, era bravis-
Denuclearizziamo la Lombardia e l'Europa, una petizione per estendere la cultura della pace
Anche nella nostra zona, si raccoglieranno le firme per la petizione rivolta agli enti locali della regione Lombardia, per denuclearizzare la Lombardia.
L'obiettivo naturalmente è politico perché non vi è alcuna proposta di installazione di missili a testata atomica nella nostra regione, questa iniziativa vuole essere un momento di iniziativa sulle questioni che mettono in serio pericolo la pace nel mondo; iniziamo perciò a denuclearizzare la Lombardia per denuclearizzare l'Europa; questa iniziativa è già stata fatta in Umbria ed a Livorno. L'ini-
ziativa presa a livello cittadino sulle questioni polacche, del Salvador, della Turchia ma anche sulle questioni che sono state patrimonio di lotta del movimento della pace nelle manifestazioni tenutesi in Italia ed in Europa, senza scordare che rimane la decisione di installare i missili a Comisio e di inviare un contingente "di pace" in Sinai.
Sono in programma nella nostra zona iniziative che cercheranno di coinvolgere i cittadini i giovani e le donne del nostro quartiere che, si faranno proiezioni di film sulla questione polacca, da "l'uomo di ferro" a
simo. Tutti assieme abbiamo sempre potuto pagare il nostro affitto, debiti non ne abbiamo mai fatti, piuttosto risparmiavo sul mangiare.
Il lavoro sul tram è stato ripreso dagli uomini che tornavano dal soldato. Io ho lavorato alle lampadine del gas, a quei tempi l'illuminazione era ancora a gas, poi si è passati a quella elettrica. Un altro lavoro era in una ditta per il nolo dei cuscini alle ferrovie, poi ho imparato a fare le bretelle sulle macchine a pedale. Bisognava essere veloci e precise: quanto ho lavorato, in quegli anni! In fabbrica e in casa: mi ero sposata e ho avuto quattro figli, di cui tre viventi. Avevo buona salute, questa è stata la mia fortuna, altrimenti come avrei fatto? Quando i bambini erano piccoli ho preso la Singer e lavoravo in casa quando potevo, consegnando il lavoro appena fatto. Per fortuna i miei figli non mi hanno mai fatto tribolare. A scuola sono sempre stati promossi, e bene, per cui avevo le mie soddisfazioni. Come dice? Il fascismo? Se fosse stato per me, certo il fascismo non avrebbe avuto bisogno di cadere perché non sarebbe mai nato. Intanto è venuta la seconda guerra. Mio figlio è andato a soldato e noi abbiamo fatto i salti mortali per mangiare a sufficienza. Ricordo che qualche volta ho dovuto andare in campagna dai contadini ad implorare che mi vendessero di nascosto una borsa di patate, e a casa avevo le mie bambine che aspettavano solo quello. Un giorno sono andata in Viale Certosa per consegnare il mio
Sei
lavoro, e al posto della fabbrica c'era un cumulo di macerie. Non ho più potuto lavorare. La ditta ha riaperto a Bresso, ed era troppo lontana. lo ero ormai alla soglia della pensione: dopo la guerra hanno cominciato a lavorare i miei figli, oltre che mio marito. A cinquantacinque anni ho preso la mia prima pensione. Quella sì che era una cosa giusta! Se pensavo al mio povero papà, che era così mortificato quando non è più stato in grado di lavorare e pensava di essere di peso ai figli! E c'era chi di figli non ne aveva, e questi poveri vecchi finivano alla Baggina, che desolazione! Anche le altre cose sono giuste, come paghe più alte, le ore di lavoro regolamentate, l'infortunio pagato, la maternità protetta. Ma quella della pensione mi sembra la più importante. Ho visto tante povere vecchiette arrivare in fondo a una vita di lavoro e non avanzare niente: anche risparmiando, ora di spenderli non valevano più niente: anche
risparmiando, ora di spenderli non valevano più niente. lo per esempio mi prendo la mia minima da 33 anni, e con quella me la cavo, senza chiedere niente. Il marito non l'ho più da tredici anni, ma quanto non sto bene come ora, so che i miei figli a turno mi fanno posto in casa loro, e con il loro affetto mi sento ripagata di tante tribolazioni.
Non osiamo più chiedere niente alla signora Ernesta, che è un po' stanca di parlare. Le risposte alle domande che volevamo fare sono già dentro a questo racconto, che è la testimonianza di una qualità umana più diffusa di quanto sembri. Mentre salutiamo, la nonnetta riprende il suo lavoro a maglia: sta facendo dei calzettoni per la nipote che va a fare la settimana bianca. Non si diceva: la donna che lavora? Chiara (Nella foto accanto al titolo Ernesta F. in abito da tranviera nel 1918)
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quello di marmo di wajda, al documentario operai '80, a dibattiti con esponenti del mondo della cultura milanese.
Forse, si presenterà la petizione anche in consiglio di zona 19 per stimolare il dibattito fra le forze politiche che sembra strano, ma sualla pace dimostrano differenze nelle analisi e negli intenti per un suo rafforzamento. Questa iniziativa prende spunto dalla necessità di far estendere la cultura della pace, patrimonio di tutti quelli che vogliono costruire un mondo ed una società diversa.
Mauro PencoSarà il tuo collaboratore ideale, straordinariamente efficace, semplice da usare.
Gian Maria Airaghi ti aspetta per parlarne.
Formato in C.d.Z. un gruppo di lavoro sulle tossicodipendenze
Il comitato contro le tossicomanie della zona 19, ha sempre cercato di misurarsi sul problema delle tossicomanie, con proposte di intervento sia nel campo dell'informazione e prevenzione, sia nel proporre l'istituzione di strutture nel territorio che possano realizzare un serio ed efficace intervento. L'iniziativa nel territorio l'abbiamo già formulata dal 1979, con la richiesta di istituire un centro di primo accoglimento nella nostra zona; malgrado le aperture delle "condotte Schemmari", dal nome dell'assessore alla sicurezza ed assistenza sociale, dove si somministra metadone. Nella nostra zona è stata aperta circa 4 mesi fa, una delle 9 condotte che distribuiscono metadone, in via Novara 228, alla quale fanno riferimento 30 tossicodipendenti, assistiti da 2 operatori sanitari. Il comitato contro le tossicomanie ritiene che, l'intervento nel territorio non possa essere solo quello far macol ogico (distribuzione del metadone), ma un intervento complessivo, superando la dimensione medica.
Lo scorso anno il comitato
contro le tossicomanie aveva presentato una mozione in consiglio che proponeva l'istituzione di questa struttura in zona 19 e la mozione è passata a grande maggioranza; ora all'interno della commissione della sanità, abbiamo ottenuto il formarsi di una sottocommissione sul problema delle tossicomanie, che riunitasi il 9 febbraio ha deciso di continuare a lavorare sul progetto del centro di primo accoglimento. Nella riunione, si è poi deciso che l'iniziativa di informazione e prevenzione sia proposta ed attuata dal lavoro svolto dal coordinamento delle commissioni sanità, cultura e scuola, insieme agli operatori sanitari della zona, per estendere questa iniziativa nella zona, nelle fabbriche e nelle scuole. Il 4 marzo, data della prossima riunione della sottocommissione si inizierà a discutere del centro di primo accoglimento; precedentemente il comitato andrà al confronto con i tossicomani della condotta di via Novara 228, sia per avere suggerimenti ed un confronto sulla piattaforma di lotta, sia per avere al
nostro fianco i tossicodipendenti nella battaglia contro la diffusione delle droghe. Questa brevemente la proposta di centro di primo accoglimento e le sue funzioni:
I) accertamento della tossicomania, definizione piano terapeutico, sostegno durante il periodo di disintossicazione intervento psico-sociale per sostegno ed interessamento della situazione del soggetto segretario sociale, funzione di sostegno a chi vive direttamente o indirettamente la tossicomania, informazioni e servizi per permettere di mettere a disposizione la conoscenza della comunità alloggio disponibili, cooperative di lavoro e posti di lavoro ecc. promozione di iniziative che costituiscono interventi di informazione e prevenzione nel territorio, scuole fabbriche, assemblee di caseggiato in collaborazione con le istituzioni il centro dovrà o potrà essere anche un punto di riferimento con attività culturali volte a coinvolgere gli stessi tossicomani in attività culturali ricreative e sportive che coinvolgono an-
che i cittadini, i giovani del quartiere, riteniamo perciò che sia necessaria la presenza nella struttura di un animatore del comune di Milano.
L'iniziativa delle condotte, il C.C.T. non la condivide, ma ritiene che con questa struttura presente nella zona, avente al suo interno due operatori, possa essere il punto di partenza per andare ad istituire il centro di primo accoglimento superando l'attuale funzione della condotta di via Novara. Pensiamo così, che si possa mantenere all'interno del C.p.A. la somministrazione del metadone a terapia a mantenimento o a scalare e che si aggiunga la figura dello psicologo e dell'assistenza sociale oltre a quelle già esistenti.
Con questa proposta nessuno si illuda che il fenomeno delle tossicodipendenze possa essere risolto ma sicuramente può essere un contributo per far sì che varie forze e coscienze si mobilitino su questo problema anche nella nostra zona. Mauro Penco del Comitato contro le tossicomanie Zona 19
RESO DIFFICILE DALLA CARENZA DI STRUTTURE
La gravità del problema esposta da un documento presentato al Consiglio di Zona dai genitori e dal personale docente e non docente della media Alex Visconti del Gallaratese
La Scuola Media di Via Alex Visconti al quartiere San Leonardo comprende attualmente 438 alunni, di cui 17 portatori di handicap, nella sede principale e 226 alunni, di cui 4 portatori di handicap, nella succursale di Via Viscontini a Trenno. Per il prossimo anno scolastico si prevede un ulteriore aumento di questi casi, come da informazioni pervenuteci dalle scuole elementari del nostro bacino d'utenza.
Non ci risulta che in tutte le altre scuole del quartiere ci sia la stessa apertura all'inserimento degli alunni portatori di handicap (benché nel quartiere siano molti e l'inserimento sia prescritto dalla legge); incidentalmente, suggeriamo al Consiglio di Zona di compiere una rapida inchiesta sulla situazio-
ne dell'inserimento degl alunni handicappati nelle scuole della zona.
Questa apertura significa anzitutto garantire le strutture necessarie, che la scuola normalmente non ha.
Nella nostra scuola sono stati iscritti nel presente anno scolastico, fra altri portatori di handicap di varia natura, due ragazzi dei quali l'uno affetto da distrofia muscolare e l'altra focomelica.
L'uno è in grado di camminare autonomamente purché in piano, l'altra si muove su una sedia a rotelle.
Poiché la scuola non ha un piano terreno, ma un piano rialzato a cui si accede con una rampa di 11 gradini, la ragazza focomelica è stata sistemata, in via provvisoria, con i compa-
gni della sua classe, in un'aula del seminterrato a cui si può accedere per uno scivolo, sul lato posteriore della scuola. Si tratta di una soluzione di estrema necessità ed emergenza, ma del tutto insoddisfacente perché:
1°) isola la classe dove è inserita questa ragazza dal resto della scuola;
2°) costringe a rinunciare ad un'aula speciale (ex laboratorio di educazione scientifica e tecnica);
3°) fa prevalere la rigidezza delle strutture della scuola sui diritti di una classe di ragazzi ad avere lo stesso tipo di aula che hanno gli altri (il che, per dei preadolescenti, non è affatto secondario, come sa bene chi lavora con loro).
Il ragazzo distrofico, invece, è in una classe del piano rialzato, però deve ogni giorno o arrivare un quarto d'ora prima degli altri o entrare in ritardo in classe perché la rampa di gradini gli costa molta fatica e perdita di tempo. Lo stesso disagio si ripete all'uscita; il che avviene anche 4 volte al giorno quando si ferma al doposcuola e deve scendere in mensa nel seminterrato e poi risalire.
Per di più non è in grado di salire la scala senza essere aiutato e viene quindi accompagnato sia all'entrata che all'uscita dalla madre. Quando si ferma al doposcuola viene aiutato dal personale della scuola, che per altro non è sempre disponibile e comunque dovrebbe essere impegnato in altre funzioni. Anche in questo secondo case è evidente il carattere di emergenza della soluzione trovata, insoddisfacente perché:
I - fa perdere tempo al ragazzo e soprattutto lo affatica inutilmente;
2 - lo isola dai compagni;
3 - lo fa dipendere dall'aiuto di altri, anziché promuoverne l'autonomia di movimenti;
4 - ostacola gravemente la sua partecipazione alle attività che si svolgono fuori dalla classe (palestra, mensa, laboratorio, situati su altri piani).
Tutti questi problemi sareb-
bero superati con rinstallazione di un ascensore (come è avvenuto nella scuola elementare di Via Visconti) e di uno scivolo provvisorio durante il tempo di costruzione dell'impianto di ascensore. Tale richiesta è stata fatta già all'inizio dell'anno scolastico 1980/ 81 con delibera n° 179 del 15/ 10/ 1980 del Consiglio d'Istituto della nostr scuola. Da allora è trascorso un anno e mezzo, nel quale questo impianto avrebbe dovuto essere realizzato per essere pronto al momento dell'ingresso dei ragazzi che ne avevano bisogno, ingresso che era già previsto, come ora si prevede quello di altri ragazzi con problemi simili nel prossimo anno scolastico.
Aggiungiamo che nella nostra scuola è assolutamente necessario integrare il personale non docente con una persona che si occupi specificamente dell'assistenza, fuori della classe, ai ragazzi con handicap che ne hanno bisogno.
Ci risulta che presso la scuola media "COZZI" esista una tale figura di assistente fornita dal Comune.
Questa delegazione, dunque:
1° - ribadisce l'assoluta urgenza delle necessità prospettate;
2° - sottolinea la gravità delle conseguenze che la mancanza delle strutture richieste fa ricadere su questi ragazzi, ostacolando il loro inserimento reale, in condizioni di parità, fra gli altri;
3° - sottolinea che le strutture richieste non dovranno essere realizzate con i ritardi che ha avuto la costruzione dell'ascensore nella scuola elementare di Via Visconti (ultimato quando l'alunna che ne aveva bisogno più urgente è passata alla scuola media);
4° - richiama, attraverso il con siglio di zona, l'amministrazione comunale ad essere coerente con le affermazioni a favore dell'inserimento scolastico degli handicappati, promuovendolo nei fatti;
5° - condanna la politica governativa di taglio della spesa pubblica che si risolve, come
sempre, in attacco alle condizioni di vita dei non privilegiati;
6° - chiede a che punto è l'iter di attuazione delle strutture richieste e quali passi il consiglio di zona intende fare immedia-
tamente nel senso da noi indicato. (Firmato i genitori ed il personale docente e non docente della scuola media Alex Visconti)
Le parti sociali di fronte al problema - Le responsabilità del governo
Immediate, ma contrastanti e polemiche fra loro sono state le reazioni di sindacati, imprenditori ed esperti alla sentenza della corte costituzionale, che ha ammesso la legittimità del referendum popolare per l'abrogazione delle norme del 1977 limitative del calcolo delle identità di anzianità.
Secondo la Confindustria è un tranello, perché parte dalla considerazione sbagliata che i lavoratori siano stati ingiustamente privati di una parte della loro renumerazione.
A loro avviso il minore incremento della indennità di anzianità dovuto all'accordo del 1977, poi convertito in legge, è stato più che ampiamente compensato dell'aumento della retribuzione diretta.
La dimostrazione è che da allora ad oggi le retribuzioni sono aumentate in termini reali. Tenendo conto che il nostro sistema pensionistico è il più caro del mondo, per tornare ad avere liquidazioni completamente indicizzate occorrerebbe, secondo la Confindustria, rivedere altre voci del salario. E naturalmente è pronta a ritirare la sua rappresentanza dalla commissione appositamente costituita dal governo, della quale fanno parte tutte le forze sociali, se questo suo principio non verrà accolto.
Ho ascoltato e visto in T.V. l'intervista all'economista Prof. Forte, che afferma con principi documentabili, su dieci punti di scatti salariali ci sarà un incremento di circa quattro punti per la liquidazione tornando al sistema prima del 1977, quindi di fatto portando la svalutazione verso costi molto alti, che secondo lui verranno sempre e solo pagati dai lavoratori, è chiaro che splafonando il tetto del 16% si va verso costi eccessivi da pagare, quindi attenzione, poi è certo che il recupero anticipato da parte imprenditoriale nell'aumentare da subito i prezzi all'ingrosso e dettaglio di tutte le merci.
Partendo da analisi diverse e proponendo altre finalità, alcuni grossi nomi sindacali si sono già espressi sul tema avanzato dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Secondo un rappresentante sindacale U.I.L. il sindacato non deve ora
puntare ad accordi frettolosi ed improvvisati, ma bisogna concentrare gli sforzi sull'obiettivo di conquistare un buon accordo e che sia in grado di tutelare le liquidazioni dei lavoratori ed armonizzare e trovare punti in comune con la politica antiinflazionistica che la Federazione unitaria porta avanti.
Un altro rappresentante della U.I.L. afferma più problematico ed inopportuno un eventuale accordo preventivo che consenta un intervento legislativo del governo in materia prima dello svolgimento del referendum. Alcuni sindacalisti CISL, facenti parte della commissione governativa, ritengono sia ancora opportuno e possibile tentare di realizzare un accordo sulle liquidazioni tra le parti sociali. Se ciò poi non fosse possibile, non c'è altra strada che rifarsi ai risultati del referendum e prepararsi ad affrontare i grossi problemi che si determineranno per il sindacato.
La CGIL per voce del segretario aggiunto Agostino Marianetti, ritiene utile evitare il referendum e auspica un accordo tra le parti da tradurre poi in provvedimento legislativo. Anche se sarà una cosa difficile in quanto le posizioni della Confindustria sono lontane, il governo dovrebbe fare da mediatore propositivo, visto che i tempi sono brevi. Un avvertimento che Marianetti fa ai lavoratori è questo, se un forte recupero salariale avviene sulle liquidazioni, questo va a scapito dei salari correnti e delle pensioni.
Non è possibile rinnovare i contratti, migliorare le pensioni e poi recuperare tutta la liquidazione.
Si pone comunque, a questo punto anche il problema giuridico di come le liquidazioni dovranno essere calcolate se il referendum si attuerà e abrogherà le disposizioni del 1977, che eliminarono l'indennità di contingenza maturata dopo quella data dal calcolo per le indennità di anzianità.
Quindi tutte le parti sociali si devono porre come obiettivo il tentativo di arrivare ad un accordo prima del referendum per renderlo inutile ed evitare questa situazione.
Commento politico: È giusto sottolineare e riba-
In questa tabella abbiamo cercato di calcolare, in modo approssimativo, gli aumenti di indennità di anzianità nei prossimi tre anni a gennaio a gennaio a gennaio 1982 - 154 1983 - 200 1984 - 240 puntiscattati puntiscattati puntiscattati dopo genn. dopo genn. dopo genn. 1977 1977 1977
norme in niente niente niente vigore aumento aumento aumento
normeprima400.000 lire 520.000 lire 620.000 lire del 1977 per ogni per ogni per ogni anno di anno di anno di anzianità anzianità anzianità
proposte 100.000 lire 350.000 lire 550.000 lire sindacali per ogni per ogni per ogni anno di anno di anno di anzianità anzianità anzianità
dire che il semplice ripristino della normativa antecedente al 1977 oltre a non avere nessuna efficacia retroattiva e a riproporre per intero la questione delle sperequazioni e delle ingiustizie commesse con quel regime di trattamenti, non potrebbe affrontare la questione centrale del rapporto tra indennità di liquidazione e riforma delle pensioni, nonché l'obiettivo dell'elevamento dei trattamenti pensionistici reali, nel quadro di una logica di solidarietà tra tutti i lavoratori. Anche su questa materia il governo e le forze politiche che lo sostengono portano le responsabilità di non aver avuto tempestivamente, sia pure nel rispetto dell'autonomia contrattuale delle parti sociali, opportune iniziative proposte che puntuni ad armonizzare tutta la materia con l'esigenza di una maggiore omogeneizzazione e soprattutto con la riforma dei trattamenti di fine lavoro.
Giancarlo Gnutti.
Il successo o meno dei ragazzi negli studi superiori non è certo né merito, né colpa di questa o di quella scuola
"Che silenzio! Ma i ragazzi sono fuori in gita". È una frase, una semplice frase buttata lì da una madre in attesa dell'apertura degli uffici della segreteria. Ma è una frase che mi ha fatto riflettere e che mi ha dato lo spunto per scrivere alcune cose che da tempo rimugino nella mente e che spero, scrivendole, riescano ad essere un contributo per riqualificare una scuola da molti considerata, a torto, di second'ordine. Ho conosciuto questa scuola, la media Alex Visconti al Gallaratese, sin dal suo nascere, quando ancora al piano terra ospitava una scuola materna. I problemi che insorgevano e che si trovava a dover affrontare erano molti, complessi e spesso di non facile soluzione, quando non addirittura irrisolvibili. Lo stesso fatto di trovarsi all'estrema periferia cittadina la rendeva soggetta a continui cambiamenti di presidenza, il che certamente non agevolava un rapporto concreto con i ragazzi, né, soprattutto, con le loro famiglie e neppure giovava al buon nome della scuola.
Poi, per un breve periodo, avevo lasciato questa scuola perché ero stata mandata in un'altra. Ora, dopo due anni ci sono tornata e, sinceramente, devo dire che in questo breve spazio di tempo molte cose sono cambiate in meglio.
Quindi non è certo "colpa" o "merito" di questa o di quella scuola media il successo o meno nelle scuole superiori. I ragazzi maturano e fanno una loro scelta, che molte volte non è quella dei loro genitori che li obbligano, a volte contro la loro volontà, a proseguire gli studi, magari per realizzare un sogno che per loro non è divenuto realtà, senza tener conto che il figlio potrebbe anche preferire apprendere un mestiere, anziché continuare ad andare a scuola. Poi, per scagionarsi di fronte a risultati negativi, gli stessi genitori magari se la prendono con la scuola, accusandola di non aver saputo dare le "basi" necessarie per con-
tinuare gli studi. Certo, se una scuola è gestita in modo serio, se la piaga del carosello degli insegnanti fosse finalmente guarita si potrebbero ottenere risultati di gran lunga migliori, ma per questo bisogna che i genitori non si limitino a dare deleghe ad altri (salvo poi protestare se i risultati non sono quelli sperati), ma, innanzitutto, seguano più da vicino i loro figli, interessandosi maggiormente e concretamente dei problemi generali che ogni singola scuola si trova a dover affrontare.
1121 febbraio scorso si è svolta, nella piscina dell'Onnicomprensivo di via Trenno, la prima delle quattro gare in programma per il primo quadrangolare di nuoto al Gallaratese organizzato dal Circolo A. R.C.I.U.I.S.P. Giulio Trevisani, dalla Polisportiva S. Leonardo G. 2, dal Centro Nuoto Quadrifoglio e dal Centro Nuoto A.I.C.S. di Limito, con la partecipazione dei ragazzi che frequentano i corsi di avviamento alla pratica natatoria.
La manifestazione, al di là di quelli che possono essere i risultati delle prestazioni dei singoli, si prefigge, nell'intendimento degli organizzatori, di garantire continuità alla disciplina del nuoto, di potenziare a livello preagonistico tutti quei ragazzi che ne fanno richiesta, di allargare le loro conoscenze, acquisendo esperienze attraverso nuovi contatti con organizzazioni diverse, come quelle che incontreranno nel quadrangolare.
Le altre gare in programma sono previste per il 21 marzo, al Centro Nuoto Quadrifoglio, il 2 maggio, a Limito, ed il 30 maggio nuovamente all'Onnicomprensivo. Al termine delle quattro gare i ragazzi che avranno ottenuto i migliroi tempi, fra quelli che sono stati presenti in tutti e quattro gli incontri, si confronteranno tra loro ed i primi tre qualificati in ciascuna delle quattro specialità (dorso, rana, delfino e stile libero) saranno premiati con coppe e targhe.
È stata proprio quella mamma, nel chiedermi se i ragazzi erano nelle classi o no, che mi ha messo in particolare evidenza tale cambiamento. Difatti le lezioni si stavano svolgendo regolarmente, nessun ragazzo girava per i corridoi, la scuola era tranquilla e silenziosa; il che stava indubbiamente a testimoniare interesse ed impegno degli allievi nelle classi.
Non so di chi sia il merito e non voglio, né d'altra parte spetta a me, tentare un'analisi per stabilire a chi, o a cosa, attribuirlo, lo faranno i genitori, specie quelli che già hanno fatto esperienza in questa scuola in passato, attraverso altri figli.
Non voglio con questo dire che ora tutto fili liscio come l'olio. Difficoltà ce ne sono ancora, ma certamente in minor numero che una volta. Forse perché la popolazione del bacino di utenza di questa scuola si è stabilizzata e ciò ha facilitato un miglior inserimento ed un costante collegamento, che ha dato la possibilità di instaurare un rapporto diverso, migliore ed in sempre crescente miglioramento, con i ragazzi.
Per questo sento in me un moto di ribellione quando sento che in alcune scuole superiori si fanno distinzioni tra scuola media e scuola media di provenienza dei loro allievi e che la nostra è considerata una "scuola di secondo ordine". Per esperienza ritengo di poter affermare che ciò non è vero. Ho conosciuto molti ragazzi usciti dalla Alex Visconti che hanno frequentato, o frequentano tuttora istituti scolastici superiori con ottimi risultati, senza essere secondi a nessuno, neppure a loro compagni provenienti da scuole medie così dette "d'elite".
Il primo quadrangolare di nuoto al GallarateseM.M.
Come avevamo preannunciato nel nostro numero del mese dl gennaio scorso, diamo vita, a partire da questo numero e sia pure con i mezzi limitati di cui possiamo disporre, a questa rubrica, che si propone di essere di aiuto per i nostri lettori a spendere meglio i loro soldi (guadagnati con grande fatica) ed a difenderli dalla continua erosione dell'inflazione.
Contiamo, nella realizzazione di questa iniziativa, sull'aiuto di tutti i nostri lettori, siano essi consumatori o commercianti, nel segnalarci dove uno stesso prodotto possa essere acquista-
Dal latino Granatus: grani. Questa denominazione era attribuita all'assomiglianza col chicco del melograno.
Col nome di granato viene indicato un intero gruppo mineralogico interessante per le varietà di forme e colorazioni.
to a minor costo, come sostituire un prodotto costoso con un altro analogo, ma di minor costo, come realizzare un pasto risparmiando, o come, In generale, poter economizzare, possibilmente senza grosse rinunce.
Un invito vorremmo in particolare rivolgere al commercinati della nostra zona affinché pratichino, per i prodotti da loro venduti, prezzi al più basso livello possibile. I nostri inserzionisti pubblicitari già ci hanno assicurato dl farlo, saremmo ben lieti di poter segnalare analoghe assicurazioni che ci pervenissero da parte dl altri.
Contraddicendo la sempre più diffusa tendenza ad una alimentazione più sana, "naturale" ed economica molti consumatori al momento di acquistare una bottiglia di olio d'oliva finiscono sempre per cogliere i prodotti più scadenti adducendo motivi ("È più leggero", "Costa meno", "È più gradevole") assolutamente inconsistenti o per assoluta mancanza di informazioni. Cerchiamo di fare un po' di chiarezza.
Olio extra vergine — La sua produzione è disciplinata da una apposita legge: deve essere ottenuto dalla spremitura delle olive, non deve subire manipolazioni chimiche, ma soltanto il lavaggio, la sedimentazione e il filtraggio; non deve contenere più dell'i% in peso di acidità oleica, "senza tolleranza alcuna". Ma le differenze di prezzo tra un extra vergine e l'altro? Sono dovute soprattutto al sapore che varia per esempio a seconda che l'olio sia stato ottenuto dalla spremitura di una sola qualità di olive di particolare pregio oppure dalla miscelazione o "taglio" (consentito dalla legge) di un olio a bassissima acidità (0-0,5%) con altro olio di acidità superiore a quella consentita (1,5-2%).
Non sempre il prezzo più alto è segno di migliore qualità: vi consigliamo di comprarne due o più qualità e di "assaggiare" sulla classica fetta di pane o con le verdure in pinzimonio. Non sbaglierete mai! In ogni caso quale che sia la marca o il prezzo, la dicitura "extra vergine" vi garantiràsempre un prodotto di primissima qualità. Se poi volete ulteriormente risparimiare potrete orientarvi sugli oli d'oliva "sopraffini vergini" (acidità sino all'1,5%) e "vergini" (acidità sino al 4%). Sono un po' più "forti" di sapore, ma vengono anch'essi prodotti senza ricorrere a trattamenti chimici. Olio "d'oliva" Questa dicitura dovrebbe essere più correttamente modificata in quella di "olio d'oliva raffinato". Infatti quando l'acidità dell'olio supera il 4% (con colore, odore e sapore sgradevoli) si ricorre alla raffinazione che lo trasforma in un olio incolore, inodore e insapore: queste caratteristiche gli vengono poi restituite in piccolissima parte con l'aggiunta di olio vergine. Ma ciò che conta soprattutto è che il processo di raffinazione toglie all'olio tutte le preziose componenti senza le quali un olio è d'oliva
solo di nome: clorofille e carotenoidi che ne determinano il colore, minerali (rame), fosfolipidi, vitamina E — di cui è ricchissmo e che agisce contro le distrofie muscolari, come antiaborto, contro la sterilità e l'arteriosclerosi — sostanze fenoliche che impediscono l'irrancidimento, sostanze aromatiche (un centinaio, tutte piuttosto volatili) che costituiscono il cosiddetto "spazio di testa", cioè la particolarissima caratteristiche che rendono ogni olio extra vergine diverso è più o meno gradevole di un altro.
Si tratta come si vede di un prodotto di qualità scadente. Ma il prezzo? Come risulta dalla tabella in alto la differenza di prezzo tra_un'olio d'oliva e un olio extra vergine d'oliva della stessa marca non è rilevante se messa soprattutto in relazione alla migliore qualità dell'olio più caro. Ma — i confronti lo dimostrano — con la stessa somma necessaria per acquistare un litro di "olio d'oliva" di marche note (Bertolli, Dante) è possibile assicurarsi una bottiglia di olio extra vergine di marche meno note ma di sicura affidabilità (CIOS-Oleifici sociali. Leonardo).
Della acciuga o alice non occorre parlare tanto: è uno dei pesci più comuni e conosciuti nei Paesi del Mediterraneo. Conta invece ribadire che a torto esso è snobbato mentre meriterebbe di essere presente più spesso sulle nostre mense perché è ricco di principi nutritivi preziosi, è facilmente digeribile e soprattutto costa poco. Per di più è facilissmo da pulire: 10 minuti bastano una volta presa la mano a togliere testa e interiora a un chilo di pesce. Eccovi alcune ricette per un pranzo (antipasto, primo e
secondo) tutto a base di alici.
Alici marinate - Sfilettare 2-3 alici a testa. Copritele con il succo di un limone. Prima di mettervi a tavola toglietele dalla marinata e portatele in tavola come antipasto; condite con un po' di sale, prezzemolo tritatissimo e un filo di olio.
Spaghetti alle alici Tritare i filetti di otto alici e fateli soffriggere nell'olio insieme a una cipolla tagliata sottile e uno spicchio d'aglio anch'esso tritato. Quando la cipolla si sarà ridotta in pol-
Engraulis encrasicolus (Linneo)
tiglia aggiungete una scatola da 400 grammi di pomodori pelati. Salate, fate addensare, unite una scorza grattugiata di mezzo limone, un pizzico di peperoncino e condite gli spaghetti appena lessati. Spolverate ogni piatto con prezzemolo tritato grossolanamente.
Alici alla marinara Disporre le alici rimaste in un tegame tondo (una tortiera) conditele con due spicchi d'aglio tritati, una buona spruzzata di aceto di vino rosso (non esagerate), sale, pepe, un filo d'olio (ma potete anche farne a meno), due tre pomodori pelati spezzettati, una spolverata di origano profumato (non quello puzzolente e amaro che si vende in giro). Coprite e cuocete a fiamma abbastanza sostenuta rigirando una sola volta i pesci senza romperli. Per la cottura bastano al massimo 5 Minuti. Un consiglio: se le alici vi sembrano troppe per quest'ultima preparazione, friggetene una parte: sarà veramente un pranzo ricco. a cura dl Ennegi
Anticamente venivano indicati col nome di Carbonchi, così come tutte le pietre rosse.
I granati accompagnano spesso altri minerali (minerali satelliti), quali, diamante, topazio, tormalina, berillo. Tra le gemme troviamo le seguenti varietà:
ESSONITE: colore giallo cannella e rosso cannella.
PIROPO: rosso rubino.
ALMANDINO: rosso violaceo.
SPESSARTITE: giallo miele, giallo bruno.
ANDRADITE: demantoideverde-verde giallognolo, topaziolite giallo oro, melanite nero.
UVAROVITE: verde smeraldo intenso.
ESSONITE.
Questa varietà di Grossularia corrisponde ad una delle migliori qualità del granato. Il colore magnifico va dal giallo cannella al rosso giacinto (arancione). Esso viene impropriamente detto granato giacinto e crea confuzione con il vero giacinto che è una varietà di Zircone.
Proviene da Sri Lanka, Brasile, Stati Uniti. In Italia è notissima in Valle d'Aosta, Alto Adige e alcune località della Liguria. L'Essonite viene tagliata usando la forma a tavola o a gradini. Quando la colorazione è molto intensa viene tagliata a superficie curva (cabhoscion) anche nella parte inferiore (con curva rientrante), al fine di diminuire lo spessore e aumentare la trasparenza. PIROPO.
Questo granato è conosciuto col nome di granato di Boemia e spesso erroneamente chiamato rubino del capo. È tra le più belle varietà di granato. I principali giacimenti sono quelli di Boemia e Svizzera. Importanti quelli del Sud Africa dove il Piropo si trova abbondantemente nelle Kimberliti diamantifere del Transvaal. La colorazione è dovuta all'ossido di cromo e ferro. Generalmente viene tagliato a superficie curva e il valore è abbastanza elevato quando l'esemplare è molto bello.
ALMANDINO. Questa varietà è la più frequente ed è nota sotto il nome di granato nobile. Le migliori qualità provengono dall'India, ma la si trova anche in altri stati. In Italia lo troviamo nelle pegmatiti di Olgiasca, Candoglia, Valsesia e Valtellina. La sua tipica colorazione violacea è dovuta all'ossido ferrico. Vista al microscopio presenta aspetti molto simili al corrindone. Esso viene tagliato come gli altri granati. SPESSARTITE.
È un granato di colore giallo miele. Il suo nome deriva da Spessart, località della Baviera.
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In Italia lo troviamo nei filoni tormaliniferi dell'isola d'Elba e in Val d'Aosta. La colorazione pare sia dovuta a tracce di, ferro.
Eccezionale materiale, sia per quantità che per qualità, proviene dalla Tanzania.
In genere la Spessartite trova scarso impiego in gioielleria a causa della misura molto piccola dei cristalli, viceversa è largamento sfruttata come gemma quella proveniente dal Brasile e Tanzania. Questi cristalli raggiungono cifre non indifferenti. AN DR ADITE.
È un granato che comprende un gran numero di sotto varietà a seconda della miscela di altri elementi in esse contenuti.
Ci occuperemo dell'andradite ordinaria e tra questa la varietà Demantoide, essendo tutte le altre di non interesse gemmologico. Questo granato demantoide trae la sua origine dal diamante a causa della rifrazione e dispersione. Se illuminato artificialmente offre un buon gioco di luce e forte splendore. Proviene dalla Corea e dal Congo. In Italia è freqeunte nei giacimenti amiantiferi della Val d'Aosta e soprattutto talpezza i litoclasi delle ser-
pentine riempite di amianto in Val Malenco. Particolarmente lo troviamo nelle cave dello Speri un e nelle cave del Cengiaccio (Caspoggio). La sua colorazione è dovuta a piccole quantità di ferro e cromo. All'osservazione microscopica presenta spesso inclusioni di amianto. La durezza è 6,5 ed è la varietà di granato a durezza più bassa. Il demantoide viene tagliato a brillante, a gradini ed è apprezzato in gioielleria per la sua bellezza e rarità. Il suo prezzo raggiunge cifre a volte elevatissime. UVAROVITE.
Questo bellissimo granato di colore verde smeraldo intenso è rarissimo. È un cristallo tipico degli Urali e lo si trova anche in Canada. In Italia lo troviamo a S. Marcello di Prabone (Val d'Aosta) e sovente è accompagnato da pagliuzze di oro nativo. Eccezionali cristalli sono stati trovati nelle miniere di rame della Carelia (Finlandia). La colorazione è dovuta al cromo. L'Uvarovite è una gemma pregiatissima e molto rara ed è in esemplare purtroppo piccolo.
La durezza dei granati è di 7,25 - 7,50.
Il Consiglio di Zona 19 ha provveduto ad eleggere i propri sette rappresentanti al Distretto scolastico 92 così come previsto dalla legge.
Le elezioni sono avvenute con voto segreto ed ogni consigliere poteva votare per un massimo di due candidati al fine di garantire l'elezione anche di almeno due rappresentanti della minoranza.
Dallo scrutinio seguito alla votazione sono risultati eletti i candidati Secchi Fischetti e Frigerio, proposti dal gruppo comunista, Temporiti e Cenerini, proposti dal gruppo socialista, Valgattari, proposto dal gruppo repubblicano, Macchi e M uraro, proposti rispettivamente dal gruppo liberale e da quello democristiano.
I sette candidati designati dal consiglio di zona si aggiungono i seguenti risultati eletti nelel elezioni scorse:
Genitori: Songini Celestino - Di Giorgio Spiro - De Cesare Sergio -Chiovini Adriana - Veronelli Giovanni - Colle Luciano - Besana Emma. Personale non docente: Luzzi Bruno - lamundo Giovanni.
Studenti: Bianchi Davide - Marzollo Giovanni - Di Cristo Domenico - Lia Maurizio - Gargano Pasquale - Morandi Annalisa - Barbieri Giancarla. Docenti scuole statali: Minori Angela - Figini Giorgio - Gobbi Ivana - Calderone Carmelo - Baldini Aldo. Docenti scuole non statali: Garzetti Rosanna.
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Circolo Culturale Perini
Nel novembre 1981 si è concluso il Concorso di Poesia organizzato dal Circolo Perni di via Val Trompia 45/ A Milano, concorso che aveva il tema: "Aspetti di vita dei quartieri di Milano". Tra le adesioni che toccavano il centinaio sono stati selezionati cinquantasei autori che insieme hanno composto il sesto Quaderno di documentazione, ricerche e attività di un Circolo Culturale che si dimostra seriamente impegnato.
La sede del Perini è a Quarto Oggiaro, una zona periferica non solo vicina ma anche per certi aspetti simile alla nostra, ed è naturale che proprio noi possiamo comprendere le difficoltà tra le quali il Circolo si muove.
E che comunque si muova lo dimostra anche l'iniziativa che si è realizzata con la pubblicazione di questo quaderno, dal sottotitolo "Milano in rima sommersa", a dire di una precisa scelta, come chiarisce nell'introduzione Antonio Iosa, il responsabile del Circolo.
Con la collaborazione grafica di Giampaolo Adt, una prefazione del sindaco Tognoli e alcune liriche fuori concorso di nomi prestigiosi, oltre al commento di Carlo Castellaneta, la parola è tutta dei vincitori e partecipanti del concorso.
Le liriche sono state suddivise in tre argomenti: poesie sulla città in generale, poesie sui quartieri in particolare e poesie in dialetto milanese, che come ovvio non poteva mancare.
Così, tra una firma nota (che piacere trovarvi l'eleganza di alcuni endecasillabi di Vittoria Palazzo) e una firma sconosciuta, ci si compone sotto agli occhi un ritratto estremamente sincero e attuale della nostra città, con gli inevitabili rimpianti del passato e con molti tentativi di illustrazione della sua più recente fisionomia, alla quale sovente non si pone attenzione.
Ci pensano i poeti, anche quelli che le poesie le tengono solo nel cassetto, e che si sentirebbero svenire all'idea che un loro scritto venisse recitato in una sala piena di gente. In questo caso, essi hano ottenuto un genuino affresco corale. Qual'è la linea portante di questo ritratto della nostra città, vista da chi la vive? Pessimismo, delusione, fiducia, ottimismo? Di tutto un po', naturalmente, ma in gran parte tanta, tantissima denuncia: degrado dell'ambiente brutture di ogni genere, solitudini, angosce di inurbati, e la grande, per ora insormontabile piaga: la droga. la drammatica realtà della droga colpisce l'animo di molti di coloro che hanno scritto su Milano e tutti si chiedono il perché di tanto sfacelo. Qualcuno ha anche tentato di portare aiuto, di accostarsi al portatore di tossicodipendenze con il suo amore disinteressato. Valga per tutte la lirica di Stefano Biavaschi, pag. 125, che riportiamo interamente: "Per le strade di Quarto Oggiaro", proprio il quartiere dove opera il Perni. Ecco la lirica, sulla quale è giusto porre un accento di solidarietà: "Gli amici li ho incontrati / per le strade di Quarto Oggiaro / ma amarli non è servito. / Li ho scoperti pallidi automi / coi buchi nelle vene / gli occhi senza pupilla. / Con le ragazze non ho parlato / parlano un'altra lingua / a Quarto Oggiaro strano pianeta. / Nel camminare sorvolano il terreno / attraversano le cose / e poi evaporano. / Tremano parole / e i brividi percorrono / i loro corpi trasparenti. / Stringerli e abbracciarli / lascia vuoti il petto / lascia aghi e pùgnali. / E non è servito / mordergli le braccia con le dita / per gon-
fiarle all'ultima siringa. / Niente è ultimo / per loro senza tempo / e anche amarli non è servito".
Il quaderno alterna le immagini, e giustamente dà spazio anche alle voci di chi nonostante tutto opera e si spende in silenzio, senza storia, l'ossatura della società. Angelo Mastrocinque in "Quartiere mio bel quartiere" parla pulitamente del suo amore per il Giambellino: "Al lavoro, nel sole / l'autobus ci porta; / torneremo stasera, nell'ombra che scende: / avremo combattuto per la nostra terra". (pag. 130) e in queste due immagini, così comuni da poter essere elevate a simbolo della città, dell'uomo che va al lavoro (o la donna) e che rientra alla casa con la soddisfazione di chi ha vinto una battaglia perché sa di aver fatto la sua parte, troviamo la vera anima di Milano.
Per quanto si riferisce nell'aspetto esteriore, non poteva mancare la "Nebbia cittadina" (pag. 98, Rita Licitra). "Eppur la vecchia cittadina nebbia / da troppi odiata e forse a buon diritto, / offre bellezze a chi le sa godere / che non son fatte certo di colori". Giusto, siamo d'accordo, quanti toni e mezzitoni del grigio ci godiamo noi milanesi, come varianti ai pur tanti giorni limpidi, spazzati dal vento delle Prealpi. Nei controluce invernali, quando le nebbie compongono e scompongono gli scenari, tutto è possibile: palazzi e grattacieli, strade e lampioni, ci sono o non ci sono? Chi sa: Milano è grande! Un quadretto saporito per una "Estate a Milano" ce lo fornisce Vinicio Garavaglia (pag. 7). "... Ombre di platani / inumidiscono lo zinco / in cui si rispecchia / la chioma folta / e una bottiglia di menta. / Oh, dentro i seni dell'ostessa / dormire il sonno del vino, / svegliarsi a una stella, / a una calda mano".
E constatiamo che la periferia ispira più poesia che non il centro storico: G. B. Carminati trova che "... Eppure Milano è bella; / con questo sole all'orizzonte, / che incendia i bordi delle ciminiere..." e le vede "come dita / protese a carpire il rosso / del tramonto". (pag. 71), segno che anche altri trovano il paesaggio delle periferie esaltato da queste guglie delle cattedrali del lavoro umano.
Fabbriche e ciminiere, dunque, nei versi per Milano, e perfino strade come la Via Zoia hanno una citazione tutta per loro.
Alessandro Pellegatta con i suoi quattro componimenti (pagg. 72-74) dimostra di voler scavare sotto l'aspetto immediato delle cose per cercare una comprensione più profonda. Anche
Anna Mele, di cui Milano 19 ha già parlato in altra occasione, pone vicine le realtà positive con quelle negative: "La citta, la scienza" (Pag. 80-81) in un rammarico che ci sentiamo di condividere: "... L'uomo, non l'ha mai vista / la stagione che respira; / è come una lampada / che illumina / e si fulmina".
Concludiamo questa carrellata con la citazione delle due liriche di Laura Pedotti (pagg. 86-87) intitolate "Stazione Garibaldi" e "Il mondo", che allargano il discorso oltre il confine della nostra città per confrontarsi con quanto sta fuori o sopra dell'uomo ma alla fine lo riconduce all'interno tramite la sua capacità di pensare: "... Ovunque ti volti, / mai un attimo di stasi / e le insegne illuminate, / la pubblicità insistente, / le vetrine incandescenti; / ti perdi nell'universo / di stelle nascenti, / di pianeti immobili, / dove la capitale, / dall'alto delle sue guglie, / sovrasta il mondo / spazioso ma asfissiante / che gli sta ai piedi".
B. ButtafavaNelle opere dello scrittore sloveno le lotte del suo popolo
Pubblichiamo in questo numero di Milano 19 l'intervista con Arnaldo Bressan, ordinario di lettere italiane e Storia all'ITIS E. Conti e traduttore del romanzo di I. Cankar Martin Kacur. Biografia di un idealista, di cui abbiamo parlato nel numero del mese di Gennaio. Come si vedrà, la conversazione pone problemi di grande interesse: oltre a dimostrare l'attualità del romanzo di Cankar, ci sembra rendere il sensoattraverso le parole del traduttore-non solo dell'opera, ma anche del processo che le sta dietro. Perché può essere interessante per noi, oggi, conoscere e capire una cultura come quella slovena che è poco studiata e diffusa, almeno nel nostro paese?
Perché significa conoscere anche la nostra. È una tesi paradossale e, per quanto ne so, nuova nel campo della letteratura che si occupa di questi problemi, peraltro molto povera. A mio parere, proprio la contiguità tra noi e gli sloveni è
PER
all'origine della rimozione da parte della cultura italiana — non solo di quella ufficiale ma anche di sinistra — del problema della cultura slovena. D'altra parte, le origini storicoculturali di questa rimozione sono arcaiche: risalgono nei infatti ai rapporti tra la repubblica di Venezia e le popolazioni adriatiche di lingua e cultura slava. Per fare un esempio, la riva di piazza S. Marco si chiama ancora oggi "Riva degli schiavoni".
In altre parole, schiavo era sinonimo di slavo. E un atteggiamento del genere, nel corso dei secoli, si è interiorizzato fino a diventare per le popolazioni venete della regione del tutto "naturale".
Durante il periodo fascista questo atteggiamento verrà "perfezionato", cioè portato alle estreme conseguenze: tutto ciò che è slavo-sloveno o croato che sia — all'interno dei confini italiani, verrà culturalmente eliminato, in una sorta di genocidio ideologico delle minoranze
FARNE UN
slave in Italia. L'analisi di queste deformazioni storiche nei rapporti tra veneti e slavi dapprima e poi tra italiani e slavi ci permette allora di capire — con le deformazioni che un rapporto di dominio determina nei dominatori — le deformazioni stesse della nostra cultura. La cultura slovena si rivela così come una sorta di cartina di tornasole per mostrarci alcuni aspetti di fondo della nostra stessa cultura. Perché, dopo lo Jernej, la scelta di tradurre Kacur?
In primo luogo perché, assieme allo Jernej, è uno dei capolavori di Cankar, dal punto di vista della qualità culturale ed artistica; in secondo luogo per quella che ritengo ne sia rattaalità. Per fare un esempio: il Kacur coglie, con una straordinaria forza dialettica, dei meccanismi di disfacimento dell'individuo che si ripropongono oggi con una pervicace attualità; si pensi al famoso "riflusso", di cui oggi tanto si parla. Ebbene, il Kacur continua a metter-
La cultura, essendo l'essenza di piccole cose reali vissute ogni giorno e non le solite tavole rotonde e i soliti dibattiti fatti solo per ascoltarsi e creati per i soli addetti ai lavori, deve essere modificata nella sua struttura. Occorre creare così una cultura di base popolare, facendo in modo che il cittadino semplice possa contribuire a rafforzarla con le sue esperienze vissute e le sue radici tradizionali.
Prendiamo ad esempio la nostra zona che può ormai considerarsi una piccola città con i suoi all'incirca 110 mila abitanti; è gente venuta da tutte le parti d'Italia, occorre quindi integrare culturalmente questi cittadini affinché le loro esperienze creino un dialogo aperto a tutti. Sappiamo che al Consiglio di Zona esiste una commissione cultura che ha a disposizione una cifra destinata a questo fine. Noi pensiamo che questa spesa debba andare a favore della cultura di massa e non della cultura di élite.
Perché non organizzare ad esempio concorsi di cucina tipica dove ogni massaia possa partecipare con i suoi piatti tradizionali?
Basterebbe un premio con un diploma d'onore, il che non costerebbe "cifre esorbitanti" e sarebbe un modo di aggregare
la cittadinanza verso le istituzioni sociali e toglierla dalla televisione.
Si potrebbero organizzare concorsi di poesia, di pittura, di musica, di fotografia, ecc. e creare presso il Centro Comunitario o in altri spazi in zona interessi vari continui affinché il cittadino senta la necessità di comunicare con gli altri.
La cultura è quella cosa che dovrebbe permettere a tutti di esprimersi in maniera diversa senza difficoltà, perché la gente semplice desidera cose chiare e comprensibili.
Il problema del cinema inteso nel senso culturale anche se da una parte mette in condizione la gente di passare un'ora fuori casa dovrebbe essere inteso come messaggio civile ed i film che si proiettano devono farci considerare che esistono anche gli anziani.
Altra cosa che pensiamo sia cultura è creare un centro sperimentale teatrale e dialettale, eventualmente sfruttando il teatro dell'Onnicomprensivo che, secondo noi, è ben lungi dall'essere utilizzato.
Vorremmo che queste piccole cose che abbiamo detto fossero dibattute pubblicamente coinvolgendo la cittadinanza della zona perché questa, intervenendo, possa portare il contributo diretto di partecipazione e la propria esperienza.
Gradiremmo che il Consiglio di Zona si esprimesse al più presto sulle nostre proposte affinché con l'inizio del 1982 i fondi messi a disposizione del programma culturale siano utilizzati in maniera di favorire le esigenze dei cittadini tutti. Abbiamo fatto a suo tempo una grande lotta per il cinema Alpi divenuto ormai la discoteca VIP (le Cinema) di Milano (lotta purtroppo persa per interessi contrapposti), perdendo così anche questo spazio nella zona che poteva essere utilizzato diversamente e per tutti i cittadini nel senso sociale.
Ci chiediamo anche che fine farà il Teatro Uomo che, per la sua struttura, potrebbe servire veramente per teatro, musica e cultura in generale.
Speriamo che il nostro appello non sia dimenticato nei cassetti della solita burocrazia, anche se di zona.
Anna Ferranti E.T.ne a nudo tutti i meccanismi. Si pensi anche, da noi, al grande "riflusso" nel 1948 seguito alla sconfitta del Fronte Popolare delle sinistre.
Il riflusso di oggi è però potentemente ampliato ed incoraggiato dai mass-media...
Certo. Allora non c'erano i media di oggi, quindi il "tasso di accelerazione" con cui si diffondevano certi fenomeni era assai minore.
Negli anni '50 il "riflusso era sensibile soprattutto a livello di intellettuali, giovani o meno. Quella di oggi è invece — per chi ha vissuto altri momenti storici — una campagna ideologica di straordinaria complessità ed ampiezza. Sicuramente, da questo punto divista c'è stato nel campo reazionario, un grande affinamento e la borghesia nel suo insieme — a differenza del movimento operaio — ha dimostrato una grande capacità di recupero ideologico e culturale.
Tornando al Kacur, nella letteratura rivoluzionaria del periodo precedente la rivoluzione d'Ottobre è sicuramente uno dei testi più significativi. Gli unici autori di un certo rilievo in questo campo, nello stesso periodo, sono Gorkij, che non a caso in quegli anni scrive La madre, e Jack London. London non possiede però la forza dialettica di Cankar, che gli viene certamente dalla sua formazione culturale tedesca; Gorkij acquisterà tale forza piuttosto dalla pratica. Si parlava di nazionalismo. In Cankar il problema nazionale ha un'importante rilievo. Quale è la sua posizione in rapporto alla storia nazionale slovena e ai problemi della gente?
Cankar è lo scrittore "nazionale" per eccellenza. Noi non abbiamo uno scrittore che abbia con la nostra storia un rapporto paragonabile a quello di Cankar con la storia slovena. Per darne un'idea, basti il fatto che durante la resistenza in Slovenia c'era una brigata partigiana. "I. Cankar": ma chi, da noi, avrebbe mai potuto immaginare una divisione partigiana intitolata ad "Alessandro Manzoni" o a Giacomo Leopardi'"? Ci sono evidentemente delle diversità storiche: i "classici" vengono vissuti da noi attraverso mediazioni linguistiche che non esistono per uno scrittore come Cankar, la cui lingua si identifica immediatamente con quella del suo popolo. Ma a differenza del nazionalismo borghese, quello di Cankar si lega ad una lotta di liberazione culturale e sociale. Sulla via aperta da Cankar, a pochi decenni dalla sua morte, il suo popolo costituirà la Slovenia socialista dei giorni nostri. Intervista a cura di Massimo Mezzanzanica e Danno Notarangelo
~no 19 - pagina
Nato spontaneamente come organizzazione di massa per operare in vari settori che vanno dal cinema, al teatro, alla musica, alle attività sportive
Nato tra la primavera e l'autunno del 1981 per iniziativa di un gruppo di giovani del quartiere appartenenti ad organizzazioni politiche di sinistra (CAF, DP, FGCI), il Centro d'iniziativa culturale S. Siro è la seconda tappa del nostro "viaggio" tra i centri di aggregazione della zona.
L'attività del centro nasce dall'esigenza di rivitalizzare la situazione culturale di un quartiere che, come molti altri, "è escluso dallo sviluppo culturale della città", come ci dice una ragazza del nucleo promotore delle iniziative.
Fatto questo, secondo i giovani del Centro, non casuale ma legato ad una ben determinata concezione della cultura, che è ancora centralistica; così (fatto evidente a chiunque) attorno all'oasi privilegiata del centro della città, con cinema, teatri, mostre, concerti, dibattiti, i quartieri periferici sono considerati come veri e propri depositi di forza lavoro quasi del tutto privi di spazi in cui sia possibile fare cultura, discutere, organizzare attività.
La prima uscita "ufficiale" del centro d'iniziativa culturale si è avuta a novembre, con un ciclo di films (di cui abbiamo a suo tempo dato notizia su queste pagine); l'iniziativa ha avuto prevalentemente carattere di sondaggio rispetto all'interesse e disponibilità degli abitanti del quartiere nei confronti delle attività proposte dal Centro. "Ed abbiamo verificato che c'è ancora la disponibilità ad uscire di sera "dice Patricia, studentessa universitaria, responsabile della commissione che si occupa dei problemi del cinema.
Dopo le difficoltà iniziali, c'è stata una discreta e costante
partecipazione da parte del pubblico, composto prevalentemente da giovani, per lo più studenti dell'E. Conti e del Vittorio Veneto. Primo criterio di selezione dei films è stato quello della "popolarità": sono state scelte pellicole "di successo", che potessero aggregare attorno all'iniziativa il maggior numero possibile di persone.
Senza voler qui entrare nel merito della scelta, ci interessa sottolineare come, nel proseguimento delle attività, ci sia stato un salto qualitativo: è iniziato nel mese di Gennaio un secondo ciclo che prevede, tra gli altri, films come 11 dottor Stranamore, Fuga di mezzanotte, Taxi driver. Al criterio della notorietà e del successo in termini di pubblico sembra essersi aggiunto quello dell'interesse sociale delle tematiche trattate e, in parte, della validità artistica.
I problemi più rilevanti sono per ora di tipo economico: esclusi i fondi ricavati dalla vendita delle tessere di adesione al Centro, le proiezioni sopno sostenute unicamente dall'autofinanziamento degli attivisti del gruppo.
Ma il lavoro del Centro non è limitato al cinema: se finora questa è stata — con la polisportiva — l'attività trainante, altri possibili campi d'intervento sono quello della musica e quello teatrale.
I problemi finanziari — che nel campo cinematografico hanno portato i giovani del gruppo a lavorare in perdita — sono qui anche più gravosi.
Così le iniziative musicali soni in sospeso per mancanza di fondi, anche se sono già stati presi contatti con musicisti, an-
che della zona. C'è da parte loro la disponibilità a collaborare col gruppo, anche tentando di stabilire con gli ascoltatori un rapporto diverso, più diretto, che non si limiti al puro momento spettacolare: questo con volantini dei musicisti che dovranno servire da base per la discussione col pubblico.
In parte diverso è il discorso per quanto riguarda il teatro: sono stati presi contatti con i teatri dell'Elfo e di Porta Romana, coi quali è stata concordata la possibilità di ottenere riduzioni; sarà possibile farlo acquistanto una tessera che è in vendita presso la sede del Centro, in via Mar Jonio 7, nei locali dell'UDI.
E, nonostante i costi — ancora più alti che per il cinema verrà presentato prossimamente uno spettacolo teatrale; per il mese di settembre sarà pronto un programma relativamente dettagliato delle attività teatrali del gruppo: la scelta sembra per ora orientata su forme di teatro di strada, con mimi. saltimbanchi, mangiaf uoCe.
Ma il campo in cui maggiore, anche per il carattere delle attività, è stata la partecipazione diretta della gente è quello dell'attività della Polisportiva popolare di quartiere.
Tra le attività finora organizzate, una marcia non competitiva, un torneo di calcio e, tuttora in corso di svolgimento, un corso di ginnastica.
Se la partecipazione della gente è stata, a detta degli organizzatori, soddisfacente, anche i problemi finanziari sono in questo campo superati. Le spese di gestione del corso sono coperte per mezzo delle quote d'iscrizione. Aggiungiamo che i costi del corso sono relativamente contenuti (prezzo d'iscrizione è di L. 10.000).
Tra le attività previste per il futuro, una seconda edizione della marcia non competitiva e del torneo di calcio.
Come si è visto, l'attività del centro d'iniziativa culturale si esprime in diversi campi ed ha come interlocutori soggetti appartenenti a diverse fasce sociali
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Si tratta di uno spazio creato principalmente per i bambini, ma che coinvolge anche i genitori
e generazionali. Quale il filo conduttore delle iniziative? Secondo il parere degli organizzatori ciò che lega le attività è l'esigenza di un rapporto diretto col "pubblico", cioè resigenza di una partecipazione diretta ed attiva all'organizzazione ed alla gestione delle attività.
"Il problema non è, ovviamente, porsi nei confronti della gente come impresari, ma come organismo culturale di massa, che sappia raccogliere le esigenze della gente", dice un attivista del gruppo. Un'attività, dunque, quella del Centro d'iniziativa culturale che vuole porsi come momento d'aggregazione e partecipazione diretta della gente alla vita culturale del quartiere.
In una situazione in cui la vita serale nei quartieri di periferia è ridotta alla fatidica alternativa tra le piacevolezze dello schermo televisivo ed il bar, ci sembra che queste prime attività abbiano il merito di porre il problema di un superamento di questa situazione. Tanto più che da parte di chi dovrebbe occuparsi della vita culturale della zona, cioè il Consiglio di Zona, non ci sono state finora molte iniziative, staremo a vedere se can la nomina del mese scorso della nuova coordinatrice della commissione Cultura Sport e Tempo libero le cose miglioreranno. Interpellato il 23 dicembre scorso dai giovani del Centro di S. Siro per finanziamenti alel loro iniziative il Consiglio di Zona ha risposto soltanto il 12 febbraio scorso, e solo in parte, per dire che una circolare delrAmministrazione comunale invitava gli organismi del decentramento a sospendere i finanziamenti di attività culturali per mancanza di fondi a causa dei tagli governativi alle finanze locali.
Comunque, al di là dei problemi economici, l'attività del Centro continua; per chi volesse prendere contatto con i giovani del gruppo promotore delle iniziative la sede è aperta tutti i giorni dalle 18,30 alle 19,30 ed il lunedì alle 21 in via Mar Jonio 7.
M.Mz.
Che cos'è una "ludoteca"? uno spazio creato principalmente per i bambini destinato al gioco: la ludoteca contiene tanti giocatoli dai più classici e presenti nella maggioranza delle case, ai più ingombranti e fastidiosi per i genitori, come ad esempio un teatrino alto m. 1,90, strumenti musicali, etc.
Qui i bambini possono giocare soli o in gruppo, fare nuove amicizie; inoltre vi è la possibilità di prender a prestito un giocattolo impegnandosi a restituirlo entro e non oltre 15 giorni.
Abbiamo saputo dell'esistenza di una struttura di questo genere a Milano, precisamente a Baggio, e ci siamo recati là per renderci conto di persona e sentire dalla viva voce degli animatori tutto ciò che rigurada la ludoteca, cioè: cos'è, come funziona, da chi è gestita, il successo riscosso ed i problemi connessi alla sua organizzazione. Le due simpatiche animatrici, Rosy e Franca, erano intente a "lavare la faccia" a delle bambole un po' troppo colorate, ma hanno interrotto volentieri ed hanno risposto con gioia alle nostre domande. Prima di tutto la storia. La ludoteca è nata come progetto di sperimentazione della Fondazione Comenius (un centro per lo studio dei problemi dell'infanzia) ed è stata inserita nella biblioteca di Baggio poiché essa era già un centro di aggregazione per i bambini dell'età scolare e prescolare. La Fondazione ha chiesto una sovvenzione alla Regione per una sperimentazione della durata di sei mesi; trascorso questo termine, la gestione avrebbe dovuto passare al Comune, onde al Consiglio di Zona. Il cambio di gestione avrebbe dovuto significare però anche l'invio di personale comunale regolarmente stipendiato o il passaggio a dipendente comunale degli animatori già operanti. Questo non è invece avvenuto; non solo il personale non è arrivato, ma le animatrici non hanno ancora percepito il minimo compenso in 15 mesi di attività!
Ma torniamo al funzionamento della ludoteca. Essa, come già anticipato, è basata sul gioco in sala ed il prestito a casa, previo un piccolo contributo di L. 200, che serve poi alle piccole spese di manutenzione dei giochi (acquisto delle pile, etc.).
presentati da marionette, disegno e strumenti musicali. Esplorativi sono quei giochi che portano a delle conoscenze, i giochi logici. I giochi ricreativi sono quelli intesi solo come divertimento, non finalizzati (il pallone, il triciclo).
Risulta però chiaro che è quasi impossibile catalogare rigidamente i giochi, visto che essi assolvono a parecchi compiti e che le funzioni si fondono in una sola, fondamentale: soddisfare il bisogno di giocare del bambino, cioè il bisogno di imitare gli adulti, di conoscere il mondo, di esprimersi e di muoversi
La ludoteca è destinata, per ovvie ragioni di spazio e di assortimento, ad un'utenza di età compresa tra i 3 ed i 10 anni. Ai locali della ludoteca hanno però accesso anche i genitori; ciò è inteso a stimolare i genitori stessi a giocare finalmente con i propri figli. In effetti molti adulti riscoprono il piacere di giocare e trascorrono anche parecchio tempo a costruire case con il Lego o col meccano. I genitori vengono coinvolti anche nelle piccole riparazioni, alle quali si applicano con gioia.
La ludoteca è frequentata da circa 450 bambini regolarmente iscritti al prestito. È importante sottolineare che sulla scheda d'iscrizione, oltre ai dati anagrafici del bambino, sono indicate anche informazioni riguardanti la composizione della famiglia (numero dei fratelli, loro età e sesso) utili per una migliore conoscenza del bambino e dei suoi eventuali problemi.
Non tutti i 450 iscritti appartengono alla zona 18; vi sono bensì forti schiere di fanciulli provenienti dalle zone limitrofe, in particolare dalla zona 19. La ludoteca, in progetto corredata di laboratori, è ora costretta in uno spazio a dir poco insufficiente. A questo proposito si sollecita un rapido adeguamento delle strutture ospitanti, onde offrire un servizio corrispondente alle potenzialità dell'iniziativa stessa.
- Ginecologia
- Otorinolaringoiatra
- Cardiologia
- Neuropsichiatria
- Radiologia e Roentgenterapia
- Fisiochinesiterapia (Radar, Marconi, Ultrasuoni, forni Bier, bagniluce, Ionoforesi, stimolazioni elettriche, massaggi, ecc.
Si è costituita la SOCIETA' ATLETICA LA MPUGNANO, una nuova associazione sportiva avente per scopo principale la promozione dello sport giovanile con particolare riguardo per l'atletica e la marcia competitiva. Tra i programmi della nuova società vi è la partecipazione di giovani alle più importanti manifestazioni sportive delle quali la principale è il Trofeo Frigerio. Si tratta di una classica competizione in cui si realizza la leva delle giovani speranze della marcia atletica. La nuova società è stata costituita sotto l'egida pubblicitaria della ARRIGONI - S.p.A. prestigiosa impresa nel campo della alimentazione conserviera. Poiché l'alimentazione è uno degli elementi base per l'allenamento e la formazione dell'atleta, la sponsorizzazione prescelta non costituisce un elemento casuale, ma un preciso riferimento.
La società è presieduta da Franco Vecchio, campione italiano dei Km. 50 di marcia (1977) e più volte nazionale.
Tra i componenti del Consiglio vi è Michele De Masis, campione italiano di marcia categoria allievi 1973.
Direttore Tecnico è Paolo Bremi, campione lombardo di marcia (1958), noto preparatore atletico del settore giovanile e tecnico responsabile della Marcia Lombarda.
I giocattoli della ludoteca hanno diversa provenienza: alcuni campioni sono stati inviati gratuitamente all'apertura dalle Case produttrici, altri sono stati acquistati usando i fondi (pochi!) stanziati dalla Regione. Inoltre sono i bambini stessi che regalano alla ludoteca quei giocattoli che hanno già soddisfatto la loro curiosità, mettendoli così a disposizione della collettività. I giochi quindi non sono solo a carattere didattico-formativo; si è però evitato di comprendere giochi commerciali, televisivi, o giocattolo nel repertorio della ludoteca. Essi sono stati distribuiti in quattro categorie: costruttivi, espressivi, esplorativi e ricreativi. Portiamo qualche esempio. Per i giochi costruttivi, chiaramente le costruzioni ed i giochi di riproduzione di modelli sociali (il benzinaio, la mamma). 1 giochi espressivi sono rap-
Abbiamo notato un certo interesse da parte dei Centri Sociali della zona per la ludoteca. In particolare vorremmo menzionare un gruppo di anziani che hanno offerto il loro aiuto per delle future iniziative congiunte. È quasi superfluo ricordare il valore di iniziative di questo genere, che hanno il pregio di usufruire dell'esperienza e delle ancor vive energie degli anziani, non certo accantonandoli a causa della loro età pensionabile. Tramite i ricordi dei nonni inoltre, i bambini si possono avvicinare al patrimonio di tradizioni folkloristiche della nostra città, un tempo tanto ricco, impedendone di fatto la completa perdita.
Non ci resta che augurare a tutti quanti contribuiscono al gaio funzionamento della ludoteca di Raggio (unica in Milano) un più roseo futuro, confortato da cospicui finanzia menti e da un'efficiente organizzazione.
Dimenticavamo: la ludoteca è aperta dal Mercoledì al Sabato pomeriggio dalle ore 15 alle ore 19 e la mattina su espressa richiesta delle scuole. V.M.-F.G.
di NOVARA SERGIO
PERO (MI) - Via Curie' 20 3538768
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Per la promozione dello sport giovanile È nata la Società Atletica Lampugnano
Bruna Marchesi Zini è una nostra lettrice, che abita al QT 8 e che scrive poesie in milanese, molte delle quali ispirate dal quartiere in cui vive, come questa dedicata alla scuola M.L. King che pubblichiamo
A Milan, ai pé de la montagnetta, a gh'è al Q.T.8. on'adorabil scoletta: graziosa, piscinina, in splendida posizion, l'ideal per on post dedicaa a ristruzion. i fiolitt guarden foeura di finester e veden minga del cement armaa ma el ciel, i piant e di bej praa...; in primavera, poeu, anca tanti uselitt che cinguetten content;
ogni tant on quejvun el guarda denter la finestra, e allora i fiolitt ascolten puù la maestra: le la se commoeuv on poo, la smett de insegna e la porta foeura 'sti bagaj a giugà.
De spazi ghe n'è tanto, poden sfogass a còrr: giughen a "te ghe l'è", a 'topa" e anca... al "dotòr".
Tornen poeu in class tucc sfolarment coi pomej bej ròss, e dopo studien pussee content. I maester anca lor. coi polmon ossigenaa, spieghen con alter ardor e resten pussee ascoltaa.
Mi speri propi che sti fiolott apprezzen la fortuna de stà al Q.T. Vott; lontan de smogh, dal via vai del centro, in on quartier che l'è come on paesott. Se cognossum squas tucc, se saludum content; parlom di noster fioeu, de la scola e di passatemp.
In questi semm abastanza organizaa: la zona la se presta... con tennis, vamp sportiv e caminad su per la montagnetta, che d'inverna poeu la se trasforma, in di dì che fiocca, in stazion sciistica per i noster fioeu, che con slitt, sacch de la spazzadura e mezzi da fortuna, fann di grand scarlighett fin che sponta la luna... Poeu vann a cà tucc content: la mamma la brontola perché gh'hann i pagn masarent, ma in del sò coeur la ringrazia el Signor perché i sò fioeu poden giugà senza paura, anche se con on sacch de la spazzadura... Bruna Marchesi Zini
Da noi c'e il terrorismo, che rende necessarie operazioni para-belliche;
c'è gente in carcere da anni senza processo ancora;
c'è l'INPS alla malora con le pensioni in pericolo;
c'è gente senza casa e malamente sfamata; c'è il dissesto di tanti carrozzoni dello Stato;
c'è la burocrazia — iniqua tirannia —; e taccio altri argomenti in mano a folli incompetenti: tutti fuscelli che però ci rompono i corbelli!
Ma la vicenda polacca diventa una comoda trave per coprire di biacca i sepolcri di tante illusioni delle stolide masse ignave — però si parla, almeno, anche se inutilmente.
I bronzetti di Liliana Parmeggiani
Ore 21. Inaugurazione: se è una donna che scolpisce, non manchiamo d'intervenire. Siamo incompetenti o nomi femminili in questo campo non ce ne vengono in mente?
Osserviamo l'autrice. Niente di virile, anzi. Un'aria dolce e un'impeccabile eleganza. Tentiamo di chieder qualcosa, ma i tanti invitati se la contendono.
Un successo di pubblico, il 4 Febbraio alla Galleria d'Arte Accademia di Milano, in via Fiori Chiari 2. Alle pareti i disegni dai quali è partita l'attuazione di questa ventina di opere che l'autrice presenta per la prima volta in una personale. Chi sa, forse la scultrice prova l'emozione di quando si affidano i propri figli, le proprie creature, alla vita. Sotto agli occhi di tutti, i bronzetti attirano e si espongono agli sguardi, vivono.
I gesti, le posizioni dei corpi e delle braccia delle diverse Vene-
ri non arcaiche ma arcaistiche (ce ne informa la presentazione) potrebbero farle tutte o quasi intitolare "Slancio".
Non sapremmo dire quanto o se è stato preso dal linguaggio dell'arte plastica greca o sarda: vediamo delle forme idealizzate e composte, tutte con un certo tono ispirato, una nudità molto casta e sobria, un pretesto per un'idea.
Un'idea di donna che è insieme bellezza, spiritualità, mistero. Quelle mani, sovente portate verso ralto da braccia affusolate, sono una domanda verso il non cognito, la risposta a un richiamo.
Quasi di contrasto, le figurette vestite parlano tutt'altro linguaggio: le bimbette infagottate in lunghi abitucci d'altri tempi, con bambole di pezza strette al cuore, oppure il magro cantastorie dall'aria arguta pronto a lanciare lazzi pungenti, ripro-
ducono momenti di vita realistica, di poco in là nel tempo. Troppo giovane la scultrice perché queste siano le sue memorie, è come se avesse voluto fissare ricordi del tempo delle nonne, un tempo con i suoi fascini, ormai distante dal nostro e irraggiungibile. Queste amabili realizzazioni, gustose e personali, sono quelle che ci attraggono di più, tra tutta la rassegna. Immaginiamo le difficoltà del lavoro, ci sembra piuttosto naturale che poche donne possano permetterselo, ma poiché qui ci troviamo di fronte a una donna che ha saputo superare ogni difficoltà, ci rallegriamo dei risultati che le hanno permesso di dimostrare doti di fantasia e capacità narrativa. Buon lavoro, scultrice Parmeggiani. Un lavoro in tutta libertà, come ad ogni artista, uomo o donna che sia.
Bruna Fusilia si è fatta indigestione di chitarra acustica".
E dei gruppi heavy metal italiani?
"Hanno sovente un'ottima preparazione tecnica, ma credono di muoversi in una realtà inglese, con loro cadono tutti i discorsi di creare un sound italiano".
Il vento ci costringe a lasciarci, restano molte perplessità, specie a riguardo del severissimo giudizio sui cantautori, c'è però una certezza: siamo di fronte ad un gruppo dalle potenzialità molto ampie.
PROGRAMMA
Proseguono con successo le iniziative del C.I.C.:
12 Marzo ore 21concerto di BLUE GRASS RAG-TI M E
2 Aprile ore 21 - concerto di JAZZ
16 Aprile ore 21spettacolo TEATRALE
30 Aprile ore 21concerto di musica classica
14 Maggio ore 21 -
Film: "TAXI DRIVER"
28 Maggio ore 21 -
Per iniziare il nostro viaggio nella realtà musicale milanese ci siamo incontrati in piazzale Lotto (in un pomeriggio di bufera) con Rocco e Gianni X del gruppo "The Logudros Pishes".
Questa "band" è nata circa due anni fa (chi non ha mai letto il loro nome sulle pareti della metropolitana alzi la mano!) nel liceo "C. Beccaria" e, dopo alterne esperienze, è giunta all'attuale formazione: Rocco (batteria), Claudio (chitarra e voce), Gianni X K onato (basso) e Sid Fabricious (chitarra solista).
Suonano musica "punk", un genere che affonda le proprie radici in Londra e Brixton e che ha come esempi trainanti i Sex Pistols e i Clash.
A questo punto Gianni X tiene però a sottolineare che la loro particolarità è quella di voler creare una realtà musicale milanese e che quindi cantano in italiano, inoltre vogliono una musica "senza padroni" e da ciò deriva la scelta di autoprod ursi.
Pio FerrariE stata bandita la Prima Edizione 1982 del Premio Internazionale di Poesia Maria Antonietta Barbareschi Fino per onorare la memoria della grande scrittrice e saggista a un anno dalla sua scomparsa. Premio unico e indivisibile di un milione, e due selezioni per lire duecentomila ciascuno. Chi fosse interessato a ricevere copia del bando, inoltrare richiesta alla Segreteria del Premio: c/o Dott. Pio Ferrari, via Zenale 3, 20123 Milano; tel. (02) 4986082.
Vantano nel passato molti concerti, anche di un certo rilievo (valga come esempio quello con Roberto Vecchioni) e hanno in programma per il futuro un periodo di "supporting" ai "Jo Squillo Eletrix" e incisioni in autoproduzione.
Chiediamo loro che ne pensano della realtà musicale della zona... "t una zona molto ricca di gruppi country & western e bluegrass, ma che ha un panorama punk molto limitato.
Mi rammarico inoltre delle difficoltà che vi si incontrano per avere locali in cui esibirsi (specie in scuole) perché i presidi sono molto restii a concedere
spazi a gruppi punk perché essere punk non è di moda e dà spesso molto fastidio".
Che ne pensate degli altri gruppi di base italiani e delle realtà di altre città?
"Inizio da Bologna: è una città a mio avviso troppo dispersiva sebbene annoveri gruppi validi come i Gaznevada (che però si staccano dal nostro genere) e i Windopen (autodefinitisi un gruppo "tamugno").
Torino: è, a mio avviso, una città molto ricca di potenzialità musicali, da seguire.
Milano, invece, è una città che assomiglia molto a Londra e i suoi gruppi principali (Napalm-30° livello) non si distaccano molto come qualità di suono da quei tanto osannati gruppi "di base" britannici.
Pordenone: è riuscita a realizzare un disco senz'altro disorganico (The Great Complotto), ma che è un valido esempio di autoproduzione.
I. musicisti di quella città hanno il pregio di essersi accorti per primi che l'unica via per suonare senza vincoli è quella di essere slegati da case discografiche".
Anna Oxa si è riproposta come immagine punk a Sanremo, che ne pensate?
"Che è un'immagine punk, solo un'immagine e per giunta falsa, per noi non è mai esistita".
Il vostro parere sui cantautori...
"A nostro avviso cantautori e disco-music hanno rovinato il panorama rock italiano bloccando le possibilità di molti gruppi validi con il quasi monopolio dei mass-media. In Ita-
Ascoltando le loro registrazioni si sente un punk preciso, graffiante, mortale, simile a quello dei Clash prima maniera, un suono che non perde nulla per i testi in italiano. Sono infatti proprio i testi a caratterizzare la loro produzione musicale e il primo paragone che viene in mente è quello con i Dead Kennedys. Ascoltateli! franco gnutti/virna marzano
Film: "IL DOTTOR STRANAMORE"
11 Giugno ore 21 -
Film: "FUGA DI MEZZANOTTE"
La sede di tutti gli spettacoli è l'AULA MAGNA del liceo VITTORIO VENETO (piazza Zavattari)
milano (quartiere camino) via delle onde. 15/a tel. 3087729
Ma la nostraferma denuncia non vuole limitarsi alla rovina del patrimonio edilizio pubblico della nostra zona, conseguenza dell'inefficienza gestionale delflAC P.
Vuole anche riguardare il cofppleto abbandono in cui si è lasciato il quartiere nei suoi aspetti, per così dire, infrastruttura; aiuole disfatte, giardini ridalli a ricettacoli di rifiuti, aree destinate a verde pubblico che conoscano solo il fango delle giornate di pioggia.
Non possiamo né vogliamo tollerare oltre questa situazione! È con quest'animo che ci rivolgiamo al C. D. Z. perché tragga da queste considerazioni lo stimolo per una incisiva azione nei confronti dell'IA C P al fine di ottenere che gli interventi programmati siano estesi indistintamente a tutti gli stabili di edilizia popolare della zona.
Chiediamo che il C. D. Z. ricorra ad ogni mezzo istituzionale in suo possesso per esercitare una pressione sull'IAC P allo scopo di trasformare questa iniziativa di dimensioni ridotte, in una occasione per avviare un risanamento generalizzato all'intero quartiere.
Questa è la volontà degli inquilini delle case popolari di S. Siro nei confronti dei quali PIA C P non può avvalersi dell'alibi dell'inadempienza nel pagamento dei canoni di affitto, trattandosi di uno dei quartieri a più basso indice di morosità.
Questo è quanto vogliamo noi comunisti della zona, poiché crediamo che siano queste forme di iniziativa, e non altre, che danno veramente prestigio alla zona ed alla nostra città".
Nell'accogliere il suddetto documento il presidente del Con-
siglio di Zona ha assicurato rinteressamento suo e di tutto il Consiglio per andare ad un incontro, entro breve tempo, con la presidenza dello I.A.C.P. al fine di dare un seguito positivo alle giuste richieste degli abitanti di San Siro.
sciopero degli arretrati ovvero il mancato pagamento da parte degli inquilini interessati dei conguagli per le spese di riscaldamento del periodo 1977-1980 presenti nei bollettini del primo semestre del 1982.
In questi ultimi tre mesi le proteste degli abitanti di via Cilea sono state molteplici, a metà dicembre erano già state raccolte decine di firme per denunciare l'assenza di riscaldamento ma nonostante l'Istituto Case Popolari le avesse ricevute non era stato fatto nulla di concreto per risolvere il problema.
L'assurdo di tutta questa storia è che gli inquilini non chiedono certo la luna ma solo l'assicurazione che funzioni un servizio che pagano e che hanno pagato per anni. La tristezza sta nell'accorgersi che per risolvere questa situazione è indispensabile iniziare una vertenza sindacale minacciando uno sciopero degli arretrati.
Solo così, perché l'Istituto si sentirà toccato nei propri interessi probabilmente si riuscirà ad ottenere qualcosa. E speriamo prima della prossima primavera.
L.Z.
nate per aver tolto rassessorato all'ecologia e per non aver interpellato il Comitato di quartiere durante il periodo di indagini svoltesi a Figino per il caso "inceneritore".
Preoccupazioni hanno espresso nei loro interventi alcuni rappresentanti degli agricoltori per la ventilata ipotesi di sviluppo del quartiere (fino a 5.000 abitanti) che sottrarrebbe inevitabilmente spazio agricolo.
Questo tema è stato ripreso dal dott. Maiuri nel suo intervento precisando come sia assurdo pensare ad uno sviluppo urbano del quartiere senza prima eliminare le cause d'inquinamento. Proseguendo il suo intervento ha invitato il presidente Pasquini e il consigliere comunale Ferrario a farsi portavoce presso la giunta comunale di Milano per l'attuazione dei consigli espressi dall'apposita commissione comunale su Figino e di quanto contenuto nel documento sugli inceneritori redatto dal Ministero della Sanità riguardante l'indagine epidemiologica sugli abitanti del quartiere e la costruzione di una camera di post-co mbustione nel forno di incenerimento.
Il presidente del Consiglio di Zona Pasquini ha precisato che lo sviluppo di Figino avverrà con ogni probabilità, in modo ridotto perché esistono dei problemi di collegamento con il resto della città.
Proseguendo il suo intervento ha tranquillizzato gli abitanti per quanto riguarda il canale scolmatore delrOlona asserendo che l'acqua destinata a passarvi sarà preventivamente depurata in una stazione situata
nel comune di Pero. Concludendo ha invitato gli abitanti del quartiere a lavorare con il Consiglio di Zona per far costruire dall'AMNU la camera di post-combustione per l'inceneritore che sarà in grado di ridurre ulteriormente i pericoli d'inquinamento.
In chiusura della serata il dott. Ferrario ha affermato che occorre l'impegno di tutti per risolvere i problemi ecologici perché oggi l'inquinamento costa al singolo cittadino tre volte: per la salute, per il riciclaggio dei rifiuti e per la bonifica dell'ambiente. Ciò conduce inevitabilmente alla creazione di impianti di riciclaggio non solo per ragioni tecniche ma anche per ragioni economiche. Inoltre gli impianti di depurazione non sono strumenti validi per la lotta all'inquinamento perché è necessario modificare il ciclo produttivo per ottenere prodotti finiti in modo pulito.
Personalmente si adoprerà per portare avanti riniziativa delrindagine epidemiologica sugli abitanti di Figino.
L'assemblea si è conclusa con un invito rivolto a tutti a partecipare ai lavori del Comitato di Quartiere che si tengono il martedì sera presso rambulatofio medico di Figino. GiulianoPorta
Istituto Nazionale Confederale di Assistenza
Assiste gratuitamente tutti i cittadini
nel disbrigo delle pratiche per:
Pensioni anzianità - vecchiaia invalidità - reversibilità - ecc. Infortuni e malattie professionali maternità - assegni familiari Malattia - versamenti volontati ricupero contributi disoccupazione per garantire i vostri diritti previdenziali e assistenziali rivolgetevi al
MILANO
CAMERA DEL LAVORO
Corso di Porta Vittoria., 43 - tel. 795745 - 795829
ZONA 19 presso Sede Sindacale C.U.Z. Piazza Segesta, 4
Orario: MARTEDI dalle 15 alle 18
VENERDI dalle 9 alle 12