Democrazia e informazione2

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DEMOCRAZIA E INFORMAZIONE

Bollettino della cellula del P.C.I. della RAI-TV Milano

e poi...

E' in atto un grande scontro sul modo di governare. Tutti i margini per promet tere e non fare sono spariti.

SOMMARIO: e poi...

Proposte P.C.I. per l'economi

La patacca

Sede e Centro,schemi ieri e oggi

Documento Regioni

Perchè vogliono fermarci proprio adesso

Risposte a Tognoli

Sulle recenti nomine

Bisogna attuare gli accor di raggiunti fra i partiti che sostengono il governo. Occorre un governo che non può essere considerato un insieme di interessi parti colari, come il caso Donat Cattin dimostra di voler continuare a considerare, in onore a diverse clien tele, ma un governo che MEZZADRIA sia strumento di attuazio ne delle decisioni prese nell'interesse di tutta la collettività.

Se non si riesce a far marciare questo concetto ad andarci di mezzo non é solo una politica di rinno

vamento, tesa a mantenerci dei margini di indipendenza sul piano internazionale, e a risolvere la agrave situazione interna, ma il sistema stesso del le libertà assicurateci dalla Costituzione e, in di fesa della quale il movimento operaio e democratico ha condotto più di una battaglia.

E che ci sia la volontà di dichiarare l'intenzione di fare delle riforme prima, e poi di opporsi ad esse nella pratica, in ogni modo, per non trarne le logiche conseguenze, il dipendente della Rai lo ha potuto constatare con mano e, gli ultimi mesi esti vi e quelli autunnali hanno avuto il pregio di far cadere tutte le maschere che, come avevamo già dei to, non erano solo del campo democristiano.

A questo proposito all'interno del bollettino pub blichiamo prese di posizione sulle recentivicende del tentativo di blocco del processo di riforma e delle modifiche che comunque sono intervenute, e ciò perché si possa discutere con più cognizione di causa in merito a lottizzazioni reali e profes sionalità.

E' in uso sul piano aziendale come su quello del governo continuare a ripetere che non é successo niente dopo il 1976.

Ma allora perché Martelli si scalda tanto nel rie.

r-T-U -FR I E IO RTFR O Not,1 iN -TERRomPiAmo Q tJETO PERFETTO L EQUILIBRIO
Dicembre 1978
Supplemento a "MILANO OGGI"
-

proporre le vecchie mene da centro—sinistra ? ed é costretto a venire allo scoperto sul piano della ri conferma della lottizzazione interna (ed ha molti a mici) e sull'alternativa privata al servizio pubbli co radiotelevisivo in campo nazionale e locale ( e qui Scalia non lo lascia solo anzi, oltre ai suoi cento, si trova in compagnia di Tognoli e De Carolis) Ma allora perché la D.C. non riesce tranquillamente ad approvare alla Camera ciò che ha già approvato al Senato sui patti agrari ?

Appunto, non é successo niente, facciamo succedere almeno altrettanto sul piano dei problemi concreti che pesano da decenni sulla nostra società creando spreco ed ingiustizia.

Poi chiunque sarà libero di continuare a dire che un certo tipo di soluzioni mettono in difficoltà il PCI. C'é un richiamo storico su questo argomento. Rispondendo alla domanda sul congresso tenuto dalla D.C. nel 1958 (ci pare), un congresso pieno di farao niche promesse, Togliatti si espresse più o meno così: "se la D.C. farà tutto questo sarà meglio per il Pae se e peggio per noi".

C'era in questa risposta già tutto un programma: la D.C. non avrebbe potuto fare da sola ciò che promet teva, per il suo stesso modo di essere e, il PCI, non avrebbe preso posizioni contrarie agli interessi del Paese per il semplice fatto che sono i propri. Sono passati vent'anni?se non sbagliamo,per potere andare avanti,per porre riparo ai disastri dei prece denti governi e maggioranze, si é dovuti ricorrere all'apporto del PCI.

Un po' di presunzione in meno, e un po' di modestia in più nel porre riparo ai guasti fatti (sul piano economico e culturale) dovrebbe riuscrire a fare l'in dispensabile: sul viottolo dell'emergenza e della au sterità (che é un metodo di governo valido non solo per l'Italia) camminare ! presto e svelti. Poi sarà peggio per il PCI.

Poi I

In questo senso siamo d'accordo anche noi,non é sue cesso ancora niente I andiamo avanti: intanto con i patti agrari, l'attuazione dell'equo canone e del piano edilizio, lattuazione della rifor ma della scuola, far pagare le tasse a chi l'evade e, finalmente l'occupazione femminile e giovanile, affrontare con impegni precisi la questione meridio naie, il piano agroalimentare, la riconversione indu striale, la questione della finanza locale, i proble mi del territorio (quest'anno é piovuto ancora poco per fortuna, e speriamo bene) e dell'ecologia e poi e poi

Ma intanto occorre una forte unità.

Non successo niente!

—E' sceso il tasso di inflazione

—Le classi meno retribuite nella fase più acuta della crisi(bloc co della scala mobile)non hanno vista erosa la loro retribuzione

—E' passata la legge sulla regola mentazione dei suoli

—E' stato tolto il blocco dei fit ti ed introdotto l'equo canone

—E' stato approvato un piano per l'edilizia

Si é cominciato ad affrontare in termini credibili la questione della giungla delle pensioni

Si é fatta una legge sull'aborto che prima sembrava dover blocca re i rapporti politici

—E' stata approvata la legge 382 per il trasferimento delle compe tenze alle Regioni

—I baroni di Stato hanno comincia to ad essere arrestati o a fuggi re all'estero

—E' andato avanti un processo Lo ckheed che, indipendentemente dai risultati ha riaffermato l'ugua•' glianza di tutti i cittadini,da= vanti alla legge, qualsiasi sia la loro collocazione

—Si é dimesso un ministro(Cossiga) per correttezza, perché più feci le fosse un giudizio sul suo ope rate

—Un altro se ne é dovuto andare, il quale, più che alla correttez za pensa alla ereditarietà dei ministeri

—Una più democratica distribuzione della cariche parlamentari(Presi denze e commissioni) ha messo nel la condizione di poter finalmente discutere apertamente e con cogni zione di causa sulla situazione del Paese, togliendo dal buio ar gomenti che, in ogni momento, si prestavano alla manovra ed al ri catto

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—E' venuto alla luce a quale vora gine ha portato il sistema di go verno di questi 30 anni nel bis lancio dello Statol 3emila mis liardi di debito.

—E' andato avanti il processo di piazza Fontana, che ha smesso di vagare, facendo emergere il con creto retroscena con tutta la sua carica eversiva.I problemi venuti a galla richiedono ben più di una sentenza di tribunale per essere risolti

—Si é superata la crisi del rapi mento ed assassinio di Aldo Moro

Proposte per l'economia

Documento della Direzione del PCI - La emergenza non è finita e la situazione minaccia di aggravarsi ulteriormente se non si interviene con tempestività ed efficacia

La Direzione del PCI ha approvato il seguente documento economico:

La Direzione del PCI ha preso in esame gli sviluppi della situazione economica e sociale e gli impegni di politica economica che il governo e la maggioranza sono chiamati a portare avanti.

Emergono in questo periodo, sia nell'evoluzione dell'economia internazionale sia nella realtà del nostro Paese, tendenze assai negative e rischi di nuovi aggravamenti. I pericoli derivano innanzitutto — già nel 1979 — dall'incertezza delle prospettive del commercio mondiale e delle relazioni economiche e monetarie internazionali. C'è il rischio che in Italia si mantenga un tasso elevato di inflazione o se ne acceleri nuovamente il corso, che resti inadeguato il ritmo di crescita del prodotto nazionale e, ancor più, quello dell'attività di ricerca e di investimento. E ciò mentre si delineano i segni di un'ulteriore concentrazione dello sviluppo nelle regioni più progredite del Centro:Nord, con aux conseguente acutizzazione della questione meridioMac e innanzitutto del dram Ma della disoccupazione ne ild Cresce il numero d giovani In cerca di lavoro. la gravità del fenomeno della disoccupazione giovanile in tutti i suoi aspetti; men tre resta insoddisfatta la rivendicazione di un lavoro qualificato da parte di lar-

ghe masse rettminili7 Quei che si profila a più lunga scadenza è un sostanziale deterioramento della situazione interna e della posizione internazionale dell'Italia.

Gravi limiti continuano a sussistere nell'indispensabile sforzo di risanamento e riqualificazione della finanza pubblica e in modo particolare nell'espansione della spesa per investimenti; mentre rimane debole la ripresa della produzione e degli investimenti nell'industria e risulta del tutto insufficiente l'impegno a riconvertire allargare l'apparato produtti vo nel suo complesso su ha si corrispondenti ai mutamenti in atto nella divisione internazionale del lavoro. E' ancora lontana, in sostanza, una risposta adeguata alle questioni di crisi strutturale della nostra economia.

I dati stessi smentisconc dunque l'artificioso ottimismc di coloro che, ancora recentemente,, davano• per superata l'emergenza, al solo scopo di rimettere in discussione il nuovo corso politico apertosi con l'ingresso dei comunisti nella maggioranza. Esce confermata, al contrario, la necessità di un'effettiva politica di solidarietà nazionale in grado di affrontare i nodi drammatici della struttura produttiva e della finanza pubblica, senza la cui soluzione non è possibile avviare una nuova fase di sviluppo e restituire al Paese serenità e certezza nel proprio avvenire democratico.

—Un Presidente della Repubblica é stato cambiato in anticipo per questioni di correttezza e per evitare, soprattutto, una oscura provocazione

— In politica estera si é comincia to ad avere una "faccia" sulla base dei problemi reali anziché sulla propaganda.

—Si é posta la questione delle no mine degli Enti Pubblici, che non possono essere feudi

—Si é posta la questione della riforma del Governo (riduzione dei Ministeri)

II programma concordato tra le forze che costituiscono l'attuale maggioranza ha posto le prime essenziali condizioni di una svolta. La politica di unità e il senso di responsabilità nazionale della classe operaia e dei comunisti hanno concorso a determinare, nell'ultimo anno, progressi significativi nella lotta all'inflazione, nel riequilibrio dei conti con l'estero, nell'acquisizione di nuovi strumenti legislativi per una programmazione democratica dello sviluppo. Ciò ha contribuito a sventare pericoli più gravi 'per l'assetto finanziario, per i livelli di occupazione, per le istituzioni stesse della democrazia repubblicana.

All'interno della maggioranza, tuttavia, sussistono incertezze e posizioni che tendono continuamente a rallentare la azione risanatrice e trasformatrice, e a minarne la coerenza. Vi sono forze che incoraggiano le spinte disgreganti é l'esasperazione di interessi corporativi che insorgono obiettivamente dalla crisi e ne ostacolano una so luzione democratica. Nelle stessa compagine governativa. — come hanno mostrato anche recenti, clamorosi episodi — c'è chi si pone in contraddizione con l'ispirazione unitaria e con i contenuti riformatori del programma concordato.

Il PCI richiama tutte le forze democratiche e lo stesso governo a una rinnovata tensione unitaria e al più rigoroso rispetto. degli impegni e delle scadenze programmatiche, a cominciare da quelle relative al piano triennale la cui elaborazione è proceduta finora in modo del tutto insoddisfacente. Nell'attività legislativa e di governo si sono ormai accumulate condizioni e premesse assai importanti ai fini di avviare un nuovo corso nello sviluppo economico e sociale del Paese. Si assumerebbe una pesante responsabilità chi operasse in modo da disperdere tali possibilità.

Si rende necessaria, innanzitutto, una condotta

prudente e ferma del governo negli ulteriori negoziati per il ventilato accordo monetario europeo, a cui l'Italia può aderire sulla base delle condizioni già esposte dal ministro del Tesoro in Parlamento e di precise garanzie non tanto per la pur necessaria flessibilità della manovra monetaria, quanto per la modifica della politica agricola comunitaria e per il coordinamento tra le politiche economiche dei Paesi membri della CEE allo scopo di accelerare e non di frenare lo sviluppo del Mezzogiorno e, in generale, dei Paesi più deboli della Comunità. Ma quel che soprattutto si impone è, naturalmente, un ben più intenso e conseguente impegno all'interno del nostro Paese, per riordinare e Rinnovare la finanza pubblica, per ridurre il tasso di inflazione, per rafforzare strutturalmente la -competitività del nostro sistema produttivo, per sostenere ed elevare immediatamente i livelli di occupazione del Mezzogiorno, per creare le condizioni di uha crescita stabile ed equilibrata dell'economia nazionale e di un organico sviluppo delle regioni meridionali.

La scadenza fissata dal governo — e di recente confermata alla Camera, dal presidente del Consiglio — per la presentazione di una proposta di piano triennale è il 31 dicembre. Urge pertanto un serio sforzo di intensificazione e di coordinamento dell'attività del governo, con la collaborazione dei partiti di maggioranza, per rispettare tale scadenza. Non si tratta di presentare un piano onnicomprensivo e neppure un documento già tecnicamente definito: ma di portare ad una prima significativa conclusione l'impegno a rilanciare — nel triennio 1979-al -- una articolata e incisiva politica di programmazione, volta a superare le debolezze strutturali e a contrastare le tendenze spontanee più negative dello sviluppo economico del Paese. La proposta di piano triennale — che dovrà essere

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sottoposta non solo ai partiti di maggioranza ma al Parlamento — potrà risultare tanto più persuasiva quanto più si concentri su alcuni punti qualificanti, quanto più tenga conto dei contributi offerti dalle Regioni, dai sindacati e dalle altre organizzazioni sociali, e quanto più sia avvalorata, e non contraddetta, dai concreti comportamenti del governo in ordine ai problemi sul tappeto e da affrontare già in queste settimane.

Molto importanti — e po- mi liticamente determinanti — sono perciò nel momento attuale: A) la soluzione che verrà data al problema della sostituzione del ministro dell'Industria e le garanzie che saranno fornite per la soluzione del decisivo problema del coordinamento della politica economica governativa, anche attraverso misure di riforma dell'esecutivo;

B) l'approvazione della legge di riforma dei patti agrari, nel rispetto del programma concordato. e l'impegno a tradurre in legge l'accordo governo-sindacati per le pensioni; C) lo sviluppo del confronto tra governo, sindacati rappresentanze elettive democratiche sui problemi urgenti delle regioni meridionali; D) l'esito del dibattito già aperto in sede parlamentare sul bilancio dello Stato sulla legge finanziaria. Tale dibattito deve tra l'altro servire a garantire un reale aumento e un'adeguata qualificazione della spesa pubblica per investimenti nel 1979, in primo luogo a sostegno dell'occupazione nel Mezzogiorno, contro la tendenza a decisioni di spesaancora una volta disorganiche, scarsa.nente produttive e non compatibili con le esigenze prioritarie del Sud. E il confronto sulle situazioni più critiche del Mezzogiorno, regione per regione, a cominciare dalla

Calabria e da Napoli, deve condurre in queste settimane — dopo i primi deludenti in contri — ad alcune, concrete significative decisioni, sollecitate dal Parlamento e rivendicate dalla forte manifestazione per la Calabria del 31 ottobre e dalla grande giornata nazionale di lotta per il Mezzogiorno del 16 novembre. Queste manifestazioni, che si sono richiamate a positive e realistiche richieste e proposte, non possono rimanere senza risposte adeguate in tempi brevi.

dib La Direzione del PCI %P sottolinea nello stesso tempo alcuni punti qualificanti tra quelli che dovranno essere posti a base della proposta di piano triennale, partendo dalla preoccupazione del risanamento della finanza pubblica e del conseguimento di risultati consistenti per lo sviluppo del Mezzogiorno, dell'occupazione giovanile e di quella femminile:

A) Il varo delle misure già elaborate o in via di elaborazione per l'intensificazione alla lotta all'evasione scale e per il potenziamento la riforma dell'amministrazione tributaria; l'indicazione dei mezzi attraverso cui si intende riordinare e riequilibrare, secondo criteri di equità, la situazione nel campo dell'imposizione fiscale e parafiscale e garantire un adeguato livello della pressione tributarla. Va in questo quadro sciolto finalmente il nodo della riforma della finanza locale.

La definizione del piano agricolo-alimentare, come quadro di riferimento per la stessa applicazione della legge < quadrifoglio a e per l'insieme degli interventi di programmazione e di riforma da attuare funzione di un deciso Slancio dell'agricoltura.

L'effettiva entrata in

funzione dei meccanismi di incentivazione e di intervento previsti dalla legge 675 per la riconversione industriale. Ciò presuppone che vengano subito accolte dal CIPI le indicazioni della commissione bicamerale relative alla modifica da apportare ai primi piani di settore e che tali piani vengano su questa base approvati senza ulteriore indugio.. Di qui deve partire un più ampio impegno di rinnovamento degli indirizzi e degli strumenti della politica industriale.

La revisione dei programmi pluriennali e il riassetto delle Partecipazioni Statali, secondo le indicazioni del Parlamento e nella prospettiva di un serio rilancio del ruolo e della capacità di intervento del settore economico pubblico.

La messa a punto di misure di varia natura (relative alle procedure, alla collaborazione con le Regioni e gli Enti locali, al meccanismo di revisione dei prezzi, ecc.) atte ad assicurare la spedita attuazione — e la concentrazione delle regioni meridionali — di programmi qualificati di spesa pubblica — in parte già previsti da leggi approvate dal Parlamento — per l'agricoltura, l'energia, la casa, i trasporti, le opere pubbliche, l'intervento straordinario nel Mezzogiorno. E' questa una condizione essenziale per evitare massicci esodi dal Sud al Nord.

La definizione di un progetto organico di riforma del coilocamento e di direzione unitaria dei processi di formazione, avviamento al lavoro e ricollocazione della manodopera, al fine di condurre realmente una politica attiva del lavoro, ispirata a criteri di maggióre mobilità e di più moderna qualificazione professionale.

La definizione di un progetto di riordinamento delle pubbliche amministrazioni capace di arrestare e invertire i fenomeni di degradazione che l'hanno investita, di assecondare positivamente il processo di decentramento dello Stato e di valorizzare il ruolo e la responsabilità dei dipendenti e dirigenti pubblici.

E' sulla base di azioni programmatiche e di progetti di questa natura che si potrà delineare una prospettiva di spostamento verso il Sud dell'apparato produttivo. E' su questa base che si potrà sollecitare la collaborazione e valorizzare il ruolo dei ceti medi produttivi. E' su questa base che si potrà sviluppare un positivo confronto con i sindacati anche sui problemi del contenimento della spesa pubblica corrente e della dinamica del costo del lavoro e sui problemi della lotta alla giungla retributiva e della contrattazione per il pubblico impiego. E' su questa base che si potrà avviare un processo di programmazione che sfuggendo ad ogni tentazione centralizzatrice abbia protagonisti anche le Regioni e gli Enti locali e poggi via via anche su una più matura elaborazione tecnico-scientifica.

La Direzione del PCI fa appello alle proprie organitzazioni, ai lavoratori e alle masse popolari perché si sviluppi nel Paese la più ampia iniziativa e mobilitazione uni`aria per obiettivi di riforma, di giustizia, di risanamento e rinnovamento economico e civile, e perché al centro di tale movimento venga posta col massimo di coerenza l'esienza prioritaria e drammatica di una concentrazione di risorse e di sforzi nelle regioni meridionali, per il supe, cemento delle situazioni di crisi più acuta e per l'aumento dell'occupazione nel Mezzogiorno.

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LA DIREZIONE DEL PCI Roma, 23 novembre 1978

NON Ti PIZEOcCuPAIZE!

4-10 PR£"PAR-ATo LA SOLITA BokLETTA DEI. CENTRosINISTRA!

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La patacca

Chiarifichiamo subito che nessun intende por re una questione di non legittimità, da par te di uno o più partiti, a cambiare totalmente le proprie posizioni fino ad invertir le. E' un diritto fuori discussione ma, la chiarezza degli argomenti é patrimonio di tutti e non é lecito a nessuno cercare di sollevare polveroni di qualsiasi genere per mascherare il ribaltamento dei propri atte giamenti.

Ecco perché vogliamo richiamare il fatto che il motivo della riunione del 3 agosto richie sto dai socialisti per imporre la limitazio ne degli introiti del servizio pubblico ra diotelevisivo, gli attacchi al Consiglio di Amministrazione con la sua autonomia, il ti po di critica al settore informativo e cul turale con la pretesa di mutare a piacimen to uomini di responsabilità nelle strutture dell'ente radiotelevisivo, inteso come riserva di caccia, sono stati, oltre la ricer ca di vantaggi di parte, polveroni sollevati per attenuare l'impressione della repentina svolta, e meglio giustificare, la larga apertura al campo privato nell'informazione, slegato da qualsiasi rapporto con le assemblee elettive, che non sia quello di control lare a cose fatte, proprio come ai tempi del monopolio fanfaniano realizzato da Berna bei, assemblee che scaturiscono dal suffragio universale diretto e proporzionale in cui tutti i cittadini valgono 1 indipendente dalla loro posizione economica e sociale. Vi é un ribaltamento totale rispetto a tutta la lotta di questi anni tesa a superare una situazione d'intervento di parte, di corrente addirittura, sui pù grandi mezzi di informazione.

Sostanzialmente si é sostenuta, durante tutta la battaglia condotta dal fronte rifor matore, l'esigenza di portarell'allora monopolio radiotelevisivo, dal controllo del governo a quello del Parlamento per creare un reale spazio alla libertà di espressio ne propriò perché, con questa operazione, si entrava in contatto diretto con le assem blee elettive legate alla sovranità popolare.

Oggi, improvvisamente (o almeno si é costretti a farlo repentinamente, si vede che i tempi stringono), ai scopre che la libertà é là, nei gruppi privati di potere, lontani dagli indirizzi delle assemblee parlamentari e regionali.

Ebbene questo metodo di intendere la politica degli enti economici, pubblici e privati, lontano dagli indirizzi del Parlamento e delle Regioni, é già stato l'argamente speri mentato, ha avuto il suo massimo splendore negli anni del centro-sinistra e ha condot to a quel brillante risultato, che é stato possibile verificare solo quando sono dive nuti determinanti i comunisti per la maggioranza, chiamato 38mila miliardi di debito dello Stato, inflazione che procedeva a balzi di canguro.

Insomma c'é stato un furto ed é stata affibbiata la conseguenza in proprietà ai lavo ratori; forse non soddisfa i proudhonisti, ma é proprio così.

E' stato quel metodo di governo del Paese, basato sull'aggiramento delle assemblee elet tive (cioé il sistema istituzionale), chiamato fanfanismop e che ha portato ad intendere i ministeri come proprie fette di potere da gestirsi in privato,come Donat Cattin ha voluto riconfermare.

Non ci può certamente entusiasmare il fatto che oggi, attraverso la bocca di Martelli, fra l'altro in condizioni economiche internazionali peggiorate, e quindi con minori fet te da distribuire anche alle clientele y ci si venga a riproporre di accettare lo stesso sistema con il solo accorgimento innovativo di doverlo ribattezzare fanfacraxismo. 0>

Stiamo lentamente prendendo coscienza della gravità della nostra situazione, sulla

LA REALTA' LI IERI -

Esisteva solo il concetto di esecuzione, cioè lo strumento produttivo: il Centro di Produzione(Da questa constatazione di fatto partirono le lotte per il decentramento ideativo e produttivo del 1969).

La sua struttura risentiva di una crescita anarcoide prima, dovuta cioè alla fase pionieristica della nascita e dello sviluppo della TV, e in condizione dì monopolio politico monocorrentizio,del susseguente attechire poi, in corrispondenza del centro-sinistra, della pratica del controllore-controllato.

Nessuna meraviglia dunque, sel'insieme, si pre sentava alla fine, come un tutto frazionato (lo schema chiaramente lo mostra) costoso ed improduttivo: la sua riorganizzazione era dun= que indifferibile.

Non esisteva nemmeno, per coerenza, l'idea di fare una verifica dei costi industriali.

Si può facilmente immaginare la gioia del ri= formatore che ha dovuto mettere mano a simile meccanismo, non solo per razionalizzarlo, ma anche per metterlo in condizioni di corri= spondere alle nuove esigenze di apertura verso l'esterno dopo decine di anni della più stretta chiusura.

base della politica dell'emergenza, non si può atteggiarsi, nel campo radiotelevisivo, come se questa non esistesse più, proponendo soluzioni dispendiose (4" rete) chelato. traverso la pubblicità finirebbero, come sempre, per pagarla i cittadini, altro che costo della terza rete che, come le altre due, é sotto il controllo delle istituzioni e, tutti siamo d'accordo, bisogna che la nuova nata sia esempio di efficienza e di e conomicità e non debba ereditare quella politica di spreco accentrato che é propria delle due esistenti, in virtù dello scontro ideologico che si é voluto imporre loro alla Camillucoia, e che ha portato come conseguenza la spartizione degli uomini e dei mezzi di produzione.

Economicità, eliminazione degli sprechi, aderenza alle funzioni che la legge le ha aa segnato nel campo regionale, questo ci sembra un modo per procedere, nell'austerità, all'attuazione della riforma e ad assolvere ai problemi di una reale espansione della democrazia.

E ci pare sia anche l'occasione per cominciare seriamente un discorso sull'utilizzo delle frequenze anziché mascherare, in modo blasfemo, con il termine libertà, la lot tizzazione delle frequenze stesse, per trasferire nel Paese uno scontro ideologico, ridotto ai minimi termini di contrada, gabellando per decentramento un fenomeno di spartizione spicciola che oggi sopravvive ancora nelle due reti nazionali del Servi zio Pubblico e che proprio l'evidenza dei fatti spinge a superare.

Volendo,del materiale per lavorare in armonia con le istituzioni, ce n'él sarebbe il caso di competere sul piano della proposta migliore per aderire ad esse, non per aggi rade, qui i maestri ci sono già stati, ma é un dovere democratico non copiarli.

schemi 7
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o o o • •

CENTRO DI PRODUZIONE DI MILANO

DIRETTORE

Dr. Roberto Costa

Dr.Attilio Carosso Condirettori Vicedirettori

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Guanziroli

Prof. Gianfranco Dr. Franco

Bettetini Bollati

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Complesso Complesso Complesso Complesso Comp lesso Complesso Complesso Redazione Centro amministrativo impianti Tec. impianti Programmi RE Progr.0 ulturali programmi propaganda servizi controllo generale Trasmittenti r p r.Aud oVideo Speciali T V soettacoloTV sviluppo giornalistici MONZA Dr.A.Bonino Ing.G.Pernici IngGCargnelutti Dr.L.Budigna Dr.R. C rovi Dr. E. Poz z i Dr.V.Bonamore Dr.G.Bozzini Ing.G Gentile

Panfili Giovannetti Da miano Taviani

Ufficio segreteria coordinam.

Giovannelli

Ufficio Personale (Panfili)

Sez.impiant Trasmittenti presidiati Cestari

Sez.impianti Trasmittenti automatici Pioppi

G i berti De Carlo Visintin

Sezione Impianti ele tr.condizion Bazzig a luppi a

Sezione lavori edili Colombo

TM111111111■1111.11M~I

Della Seta

Pesc etto Coz zoli Ferrigno

Sezione Sezione Sezione Sezione Sezione Sezione Sezione Se zione segreteria Drammatica Culturali produzione segreteria Studi artisticaRF Riv.Var.R F SpecialiTv cinematogr artisticaTv Prima Seconda Galvani Piod i 'seppi Mo linari Rossi Motta Cappa Odello

Ufficio scritture

Dagna

Ufficio rappresen tanza e Informaz. De Pregi

o Ufficio economat Stefani

Sezione Ripr.V ide o di studio Ambroggi

Ufficio Ufficio Sezione Sezione preventivi Contabilità manutenzi Ripr.Regis e costi one Audio traz.Audio C atta neo Sacchi Gavazzeni Casa dei limmommomop Sezione Impianticin ematogratio Boz

Ripr.Video esterne Controllo CentraleTV

Zermian Risaio Albizzati

Sezione Sez.Mus. Sez Prog r Sezione Sezione Sezione Se z ione Progr.Cultur Sinf. Lirica ragaz.giov. edizione Scenogra _ Costumi SpecialiRF CameraRF famiglia C.Colo m

bo cinernatogr f ia Sartoria Terza Carpi Giuliani Brandolini Passera Strudthofl Ravenna

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Leggera Musica liric Musica Seymandi Sinfonie aTv Legge r aTv

Cassa Sezione Sezione (Vic.Cap.Sez.) Vetrano Stecchi

Se z ione Ascolti mi sure freq. Visin Segreteria di redazio ne Morati

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Sezione manutenzio ne video Ceruti Falcini

Assetto della struttura del Centro di Produzione di Milano prima dell'entrata in vigore della riorganizzazione introdotta con la riforma della RAI—TV

schemi

LA REALTÀ' CHE SI VA DELINEANDO (c'è chi manovra per stravolgerla in senso clientelare) -

Si basa su due concetti: di apporto culturale (Struttura di Programmazione), di esecuzione (Centro di Yroduzio ne, che deve però saper accogliere le richieste di produzione siano esse delle Strutturi di Programmazione delle Reti siano di quelle delle altre Sedi e delle Testate).

Ubbidisce ad un principio di funzionalità, ed è perciò che è stato possibile prevedere la Contabilità industriale, esiste cioè la premessa per l'eliminazione dello spreco.

Determinante è nel Centro il funzionamento del la Struttura di Coordinamento ed Ottimizzazione in merito all'utilizzo dei mezzi, ciò richiede una visione globale e non settoriale della produzione; dal buon funzionamento di questa struttura è possibile de terminare quanta della produzione prevista è realizzabile all'interno e quanta si deve dare in appalto.

E' la Struttura di Programmazione il fatto in novativo con il compito d'intervenire presso tutte le Reti e la III Rete TV (in allestimento) in modo particolare.

La Struttura di Programmazione della Sede è l'elemento di collegamento della Rai verso l'esterno.

E' questo tipo di impostazione che molto probabilmente ha fatto saltare i nervi a tutti i tiepidi verso il Servi zio Pubblico Radiotelevisivo e ai moderni privatizzatori.

Manca, non a caso, in Lombardia,il Comitato Regionale i:er 1:4 bui TV (previsto dalla legge) che è l'organo di col legamento della realtà esterna verso la Rai TV; in compenso è questa Regione il luogo dove maggiori sono i potentati in odore di sostegno alle radio e tv private.

Presso la Direzione di Sede sono collocati in qualità di Assistenti il Dott. Bettetini e l'Ing. Guanzi roli. La Sede,per sovraintendere all'attività della Struttura Orchestre e Cori, ai avvale di un Direttore artistico nella persona del Prof. Vidusso.

Presso il Centro di Produzione è collocato in qualità di Assistente l'Ing. Cargnelutti.

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Si stava pagando 20 miliardi un palazzo che ne vale 13

RAI: come è stato impedito uno spreco di sette miliardi

Documentata esposizione del compagno Raffaelli al consiglio di amministrazione dell'ente radiotelevisivo

ROMA — La seduta del consiglio d'amministrazione della RAI del 25 maggio scorso era quasi agli sgoccioli quando il direttore Bertè sottopose all'approvazione dei consiglieri un'altra delibera: un foglietto di poche righe con il quale si decideva l'acquisto di uno stabile dalle parti di via Teulada, vicino al centro di produzione. La società immobiliare che ne risulta proprietaria aveva sparato 25 miliardi, ridotti successivamente a 22; forse si sarebbe arrivati, alla fine, a 19 miliardi.

« A me racconta — il compagno Raffaelli — sembrarono troppi, soprattutto non mi stava bene che la delibera fosse priva di una documentazione che spiegasse quale vantaggio l'azienda traeva dall'acquistare quello stabile e a quel prezzo. Venti miliardi non si potevano sborsare avendo come elemento di giudizio un pezzettino di carta. Il resto del consiglio fu d'accordo e si decise di chiedere una perizia ». Comincia così la storia di questo palazzo che la RAI stava per pagare a peso d'oro, almeno 6-7 miliardi in più rispetto ai prezzi del mercato immobiliare romano. Adesso la trattativa è stata accantonata e forse c'è chi vorrebbe mettere tutto a tacere. Sostiene invece Raffaelli: « Neppure per sogno: questi mica sono bruscolini, sono quattrini della collettività. E chi è chiamato ad amministrarli deve saper fare il lavoro con capacità e rigore ».

Ne viene fuori per l'ennesima volta, uno dei nodi reali della vicenda RAI: da una parte un consiglio d'amministrazione che, pur tra limiti e difetti, dà segni di voler far entrare aria nuova nell'azienda; dall'altra una struttura dirigente figlia della spartizione della Camilluccia (patto di ferro DC-PSIPSDI), che vuole mandare avanti la baracca con i metodi catastrofici del passato.

Vediamoli i personaggi e gli interpreti di questo nuovo e illuminante episodio. Il problema si pone all'inizio dell'anno qando diventa urgente reperire nuovi locali per sistemare alcuni uffici dell' azienda. C'è subito un primo fatto anomalo: la ricerca di immobili da acquistare non viene svolta dalla direzione commerciale (affidata a Cristani, area socialista) ma da quella amministrativa, affidata al dc Castelli. Fino all'entrata in vigore della riforma, Castelli lavorava nella segreteria di Bernabei e si occupava di pubbliche relazioni. Con la spartizione della Camilluccia diventa uno dei massimi dirigenti dell'azienda: con Antonelli (vicino al PSI) al personale e Riccomi (DC) alla direzione tecnica. Castelli e Cristani costituiscono il cuore e i polmoni dell'azienda RAI.

La delibera sottoposta il 25 maggio all'approvazione del consiglio reca — a quanto pare — proprio la firma di Castelli. Non si sa bene neanche chi rappresenti realmen-

te l'immobiliare in questione anche se alcune voci tirano in ballo la potente compagnia di assicurazioni Tirrenia.

L'alto là del compagno Raffaelli induce il consiglio a chiedere l'intervento dei sindaci. I quali scelgono tre esperti (delibera del 7 giugno) estranei all'azienda perché accertino il valore reale dello stabile. Qualche settimana dopo arriva la perizia: questo palazzo — dicono i tre esperti — vale al massimo 12-13 miliardi. La direzione amministrativa contesta la perizia ma non offre elementi che possano convincere. Il 16 novembre c'è una relazione dei sindaci: vi si riafferma l'assoluto rigore con il quale i tre periti hanno formulato la loro valutazione.

Segue una concitata riunione alla presenza dei sindaci e degli stessi periti. Questi ultimi, di fronte a certe contestazioni (qualcuno avrebbe sostenuto che non avevano calcolato il valore della moquette!) reagiscono abbastanza bruscamente: « Volevate sapere quanto vale questo stabile sul mercato di Roma? Ve lo abbiamo detto: 13 miliardi; e adesso arrivederci e grazie ».

La quesione sembra davvero chiusa quando arriva una specie di controrelazione firmata da tre direttori: Castelli, Cristani e Riccomi: difende la scelta fatta in precedenza (trattativa sulla base dei 25-32 miliardi) e contesta nuovamente la perizia de-

gli esperti. A questo punto è un sindaco, il compagno Mandrioli, che ha seguito passo passo la vicenda, a farsi sentire: a Se proprio non siete convinti, nominiamo altri tre periti e vediamo che cosa ci dicono; ma qui soldi non se ne buttano ».

Si arriva alla seduta del consiglio di venerdì scorso; all'ordine del giorno ancora la faccenda del palazzo. Il compagno Raffaelli ribadisce che quella delibera non ha senso. E si apre il discorso delicato ma doveroso di come viene governata la RAI nei suoi apparati nevralgici, della politica delle entrate e delle spese, della preminenza da dare agli investimenti, degli obiettivi per i quali la azienda, nel suo complesso, deve lavorare.

Qualcuno dice che c'è materia sufficiente per interessare la procura: di certo vi sono questi 6-7 miliardi che stavano prendendo il via allegramente. E il caso non è isolato: a Milano c'è in piedi ancora l'affare del teatro Dal Verme che — sostiene Raffaelli — si vuol fare acquistare alla RAI per una cifra sproporzionata al suo valore. Altri accennano alla faccenda del canone (se ne è parlato qualche sera fa anche a piazza del Gesù in una riunione tra Galloni e un gruppo di dirigenti dc della RAI): come si fa a parlare alla gente di revisione se poi vengono fuori queste magagne?

QUANDO IL NOSTRO BOLLETTINO ERA ORMAI COMPLETATO, E' DIVENUTA PUB= BLICA LA NOTIZIA CHE SOPRA RIPORTIAMO. —

DATO CHE LA GRANDE STAMPA ED I MEZZI DI INFORMAZIONE, ABBIAMO CONSTA

TATO, L'HANNO SOTTOTACIUTA, EVIDENTEMENTE PER UN FINE SENSO DEL PLU= RALISMO, PENSIAMO SIA IL CASO DI CONSIDERARLA INSIEME.

OLTRE IL TENTATIVO DI CONTINUARE AD AMMINISTRARE LA RAI—TV IN UN CERTO MODO, VI E' UNA CHIARA CONCEZIONE DI COME SI INTENDE PERSEVE. RARE NEL MANEGGIO DEL DENARO PUBBLICO.

Nomine: il governo deve scegliere secondo la professionalità

La segreteria dei PCI, in merito alle nomine negli Enti pubblici, ha reso nota la seguente dichiarazione: c In relazione all'annuncio secondo cui sarebbero imminenti le decisioni del governo per le nomine negli Enti pubblici, si ribadisce l'estraneità del PCI a ogni trattativa e si ricordano i criteri più volte indicati dai comunisti. Dovrà essere il Parlamento a giudicare liberamente le scelte del governe, siano esse concordate oppure no con la DC e altri partiti della maggioranza. Quel che secondo il PCI risulterebbe inaccettabile sarebbe un pacchetto di nomine — di presidenti e vice presidenti — concepito secondo calcoli di dosaggio tra alcuni partiti e dando ai collegamenti di gruppo e di corrente la precedenza sulle caratteristiche di competenza e capacità operativa. Vi sono — innanzitutto tra i dirigenti che prestano o hanno prestato la loro opera nel settore pubblico — numerosi candidati validi dal punto di vista dell'esperienza e della professionalità. E' tra essi che vanno compiute le scelte del governo, senza restringere la ricerca per considerazioni di partito, e mirando a proporre le soluzioni migliori nell'interesse di una gestione più rigorosa e di un rinnovato dinamismo, in particolar modo degli Enti a partecipazione statale cui spetta dare un contributo peculiare ' al rinnovamento e all'espansione della base produttiva, allo sviluppo del Mezzogiorno e dell'occupazione >.

come si può vedere, quello delle nomine di responsabilità, non è solo un problemi ma R.A.I.,riguarda il modo di governare, insomma é un nodo.

DAL CONFRONTO DELLE DUE ORGANIZZAZIONI RISULTA:

Riduzione del personale dirigenziale e di respon= sabilità funzionale.

Le caratteristiche della Sede sono aumentate nel senso voluto dalle lotte passate: ideazione oltre alla produzione.

E' evidente che il riformatore nella sua opera in= novatrice non ha usato un metro di esclusione nei confronti dei diri genti della precedente gestione: è una prova di fiducia.

Da una minima scorsa alle due organizzazioni si può notare che l'operazione di semplificazione è stata facilitata anche dalla fase di pensionamento.

Certo anche valide professionalita hanno subito limitazioni, ma è chiaro che il due nell'uno non ci stà.

Tutto perfetto dunque? non è il nostro parere, ma è vero che con tiamo, a tutti i livelli, dato il tipo di sul cammino della professionalità si sono passi.

i limiti di cui tutti risen gestione da cui usciamo, cominciati a muovere dei

Razionalizzazione e lotta allo spreco

Oltre al faraonismo culturale, fine a se stesso, pare che ora sia in voga, per battere lo spreco, utilizzare gli studii :fatti nuovi di sana pianta e quel li rimodernati, in alternativa nel tem po.

Evidentemente tutti gli appalti sono rientrati e i nostri ritmi di produr zione insopportabili !

E' fuori dubbio !

Lo spreco é una invenzione di qualche malalingua .

IO schemi
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DOCUMENTO DELLE REGIONI

Incontro radiotelevisivo — Courmayeur 15-16-17 settembre 1978

I rappresentanti (Consigli, Giunte, Comitati regionali per il servizio radiote levisivo) delle Regioni (Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, LombardialTrentino— Alto Adige, Friuli—Venezia Giulia, Veneto, Emiaglia—Romagna, Marche, Toscana, Umbria, Basilicata, Puglia, Sardegna) e della Provincia Autonoma di Bolzano, riuniti a Corumayeur (Valle d'Aosta) nei giorni 15, 16 e 17 settembre 1978, per rilanciare un programma di azione comune nel settore radiotelevisivo, si richiamano ai deliberati unitari dei precedenti incontri di Aosta e di Firen ze, ne confermano la piena validità e riaffermano il ruolo insostituibile del le Regioni nell'attuazione della riforma radiotelevisiva, soprattutto in una fase quale l'attuale che registra un concentrico attacco di potenti interessi al cammino della riforma stessa.

Appellandosi a tutte le forze democratiche e consapevoli che l'attuazione del la riforma radiotelevisiva nasce da una accresciuta partecipazione sociale al dibattito sui problemi dell'informazione, le Regioni riconfermano la necessità del rinsaldamento della più ampia unità politica e operativa.

A questo riguardo, appare determinante il collegamento fra Regioni, Federazio ne Nazionale della Stampa Italiana e Sindacati ristabilito nell'incontro di Firenze dell'il febbraio scorso e da definirsi nuovamente negli aspetti opera tivi, con nuove riunioni di collegamento.

Nell'imminenza di scadenze determinanti di fronte alle quali il ruolo delle Re gioni appare emarginato, esse considerano come condizione fondamentale il de centramento del sistema radiotelevisivo, che si traduce soprattutto nel decen tramento complessivo — non limitato alla Terza Rete televisiva — del servizio pubblico, compresa la radiofonia, nonché nella riorganizzazione complessiva dell'Azienda.

Le Regioni riaffermano la necessità che gli impegni assunti dalla forze politi che della maggioranza siano applicati per quanto riguarda l'attuazione del de centramento e la realizzazione della Terza Rete televisiva sia per quanto con cerne la regolamentazione dei rapporti tra sfere pubbliche e private nel set tore dell'emittenza radiotelevisiva in ambito locale.

Vogliono rapidamente una Terza Rete televisiva con tempi e modalità di realiz zazione chiaramente predeterminati, articolata in modo da rispondere alle i stanze regionali, accordando maggiori poteri alle singole sedi regionali.

Condizione indispensabile per un reale decentramento é che le sedi regionali siano dotate di responsabilità e autonomia in modo da rispondere unitariamente sia alle istanze regionali sia alla Direzione aziendale della RAI.

In sostanza le Regioni ritengono che si abbia vero decentramento solo quando si verifichino in maniera simultanea le seguenti condizioni: ideazione, produ zione e messa in onda del messaggio.

Per le Regioni tale scelta comporta una riorganizzazione dell'Azienda basata sulla valorizzazione di tutte le sue risorse interne e l'eliminazione degli sprechi.

Le Regioni in particolare ritengono :

1°) che non sia possibile rinviare ulteriormente la data di inizio delle emis= sioni regolari della Terza Rete e invitano il Consiglio di Amministrazione della RAI ad adottare al riguardo una iniziativa, comunicando nel corso

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del prossimo incontro con le Regioni stesse la definitiva scadenza che ten ga rigorosamente conto sia delle risorse disponibili sia della capacità pro duttiva delle strutture periferiche;

2°) che debba essere convocato al più presto l'incontro col Consiglio di Ammi nistrazione della RAI onde discutere la proposta di palinsesto anche per da re certezza operativa a quanti all'interno dell'Azienda lavorano al pro= getto e per fissare attraverso l'individuazione dei generi, nessuno esclu so, le caratteristiche peculiari della rete che la fanno diversa e comple mentare delle altre;

30) che, tanto nell'incontro tra il Consiglio di Amministrazione e Commissione Parlamentare e tanto in quello che le Regioni chiedono alla stessa Commi= sione Parlamentare, prima che questa formuli gli indirizzi, vengano defini ti gli orientamenti e le condizioni finanziarie organizzative per attuare il modello di decentramento su 21 sedi regionali, ciò che rappresenta un contributo al superamento degli attuali squilibri territoriali del Paese;

40) che i notiziari regionali siano il frutto di elaborazione autonoma delle 21 sedi e che sul tema fondamentale dell'informazione locale debbano preve Bersi incontri specifici con la Commissipne Parlamentare e con il Consiglio di Amministrazione della RAI.

Circa l'attuale disegno di legge sulla disciplina della emittenza televisiva locale, le Regioni considerano inadeguato e non rispondente alle loro attese il testo presentato dal Governo, perché esse richiedono che all'interno di un progetto unico nazionale venga assegnato alle Regioni un ruolo essenziale nella definizione e nel governo dei sistemi radiotelevisivi locali.

Nella prospettiva globale sopra precisata, le Regioni concordano nell'impegno di dare un nuovo e più decisivo avvio al movimento riformatore, consolidando e riorganizzando il fronte regionalista, sollecitando una spinta che coinvolga tutte le articolazioni della società civile, partendo dalle Assemblee regiona li e dai Comitati regionali per il servizio radiotelevisivo.

Sempre a tale scopo viene sollecitata una adeguata campagna informativa affida ta agli strumenti di comunicazione degli organi regionali.

Nell'ambito del rinnovato impegno d'azione le Regioni concordano su quanto segue:

il Comitato di coordinamento delle Regioni per i problemi radiotelevisivi sia convocato in tempi brevi per verificare e attuare gli orientamenti qui previsti e per adempiere alla richiesta di urgenti incontri con la Commis= sione Parlamentare e con il Consiglio di Amministrazione della RAI;

immediata convocazione da parte degli organismi regionali in tutte le Regio ni delle conferenze annuali previste dai deliberati sulla Terza Rete;

riconvocazione di tutte le Regioni (Consigli, Giunte, Comitati) per verifi care i risultati delle azioni predette e per discutere i contenuti e i modi di operare della Terza Rete.

Affermando che l'inadeguatezza della legge di riforma n.103, per quanto riguar da il ruolo fondamentale delle Regioni, non debba costituire un motivo per la

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sua inapplicazione, le Regioni riconoscono che l'unico strumento operativo di esse (in applicazione degli indirizzi politici voluti dalle Assemblee regiona li) sono i Comitati regionali per il servizio radiotelevisivo come previsto dalla legge stessa.

Di conseguenza:

i Comitati devono essere dotati da parte delle Regioni di finanziamenti, mezzi e strutture adeguate;

sia stabilita una modifica al Regolamento per l'accesso, approvato il 30 aprile 1976 dalla Sottocommissione Parlamentare, che snellisca le procedu re e che conceda maggiore autonomia ai Comitati nella regolamentazione del l'accesso regionale.

Per quanto riguarda le esigenze delle Regioni a Statuto Speciale con minoranze etnico—linguistiche, le Regioni — riunite a Courmayeur — riconfermano infine la necessità che la RAI — in accordo con le Regioni interessate — assolva com piutamente ai suoi doveri di servizio pubblico facendo fronte alle particolari, specifiche e maggiori esigenze di servizi radiofonici e televisivi.

In tal senso sottolineano la necessità che venga positivamente realizzato il potenziamento delle strutture umane e tecniche di tali sedi anche in quanto chiamate ad un utile ruolo per gli scambi e la collaborazione internazionale nel campo radiotelevisivo.

Chiedono che sia data immediata attuazione alle disposizioni costituzionali previste per la Provincia Autonoma di Bolzano e a quelle previste in particom lare dalla legge n. 103 per quanto riguarda la Regione Autonoma Valle d'Aosta e la Regione Autonoma Friuli—Venezia Giulia.

Approvato all'unanimità alle ore 12,45 Courmaueur, 17 settembre 1978.

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Perché vogliono fermarci proprio adesso

C'è un dato che non si può ignorare in una discussione serena sulle questioni della RAI: il bilancio del 1977 ai è chiuso con un utile di 711 milioni, dopo aver fatti salvi erroneimenti e accantonamenti al massimo del consentito. I dati dei primi nove mesi di quest'anno fanno prevedere un analogo andamento per il '78. aAnche i bilanci di precedenti esercizi sono stati chiusi in pareggio o in attivo ma a scapito degli investimenti e degli ammortamenti: una pratica della quale oggi l'azienda sconta le gravi conseguenze e che condiziona negativamente l'opera di risanamento della RAI.

E allora: è davvero poca co. sa che la RAI abbia finalmente un bilancio trasparente e sano mentre tante aziende a partecipazione statale e private sono dissestate da debiti e perdite che hanno superato ogni limite tollerabile? Di più: mentre le uscite sono aumentate per via della svalutazione e della pessima gestione (liti esempio il trattamento e l'impiego del personale) per anni imperante alla RAI, le entrate sono di fatto diminuite. Due esempi: la quota del canone che incassa la RAI fissata alle 12 mila lire del '54 corrisponde, in termini reali, a 3900 lire di oggi; se nel 1975 la RAI vantava il 41 per cento del fatturato complessivo della pubblicità, oggi questa quota è scesa al 33 per cento. Si dirà: sono aumentati però gli abbonati. E' vero, ma si tratta di una espansione che si è di fatto esaurita nel 1974.

Piano triennale di investimenti

La nostra opinione — tuttavia — è che la RAI ha bisogno di cambiamenti profondi per rimettersi davvero in sesto e garantire un servizio pubblico efficiente.

Per questo abbiamo elaborato un piano triennale di ia vestimenti (381 miliardi) che possiamo così riassumere nei suoi obiettivi prioritari: recupero dei ritardi provocati dalle precedenti gestioni; miglioramento della diffusione e della qualità del segnale (in molte zone del Paese la TV si vede male o arriva solo ill'primo canale); decentramento terza rete TV a carattere regionale; adeguamento tecnologico. E' appena il caso di ricordare che si tratta di impegni ai quali la azienda è obbligata — tra l'altro — dalle leggi vigenti, dalla convenzione tra RAI e Stato, e sollecitata da ripetute direttive del Parlamento.

Questi i nostri progetti. Ad altri — lo Stato e la commissione di vigilanza — la legge assegna il compito di indicare

le fonti dalle quali la RAI deve trarre i finanziamenti necessari. In sostanza si può agire su due voci fondamentali delle entrate RAI: canone e pubblicità. Per il primo sí tratterebbe di un ritocco comunque inferiore alla svalutazione dell'ultimo biennio; l'abbonato pagherebbe 65 lire al giorno e ne pagherebbe al massimo 100, fra un anno e mezzo per avere il doppio delle trasmissioni di oggi: saremmo sempre al di sotto di quello che l'utente paga in altri Paesi d'Europa. Per la pubblicità basterebbe attenersi di più all'attuale regolamentazione che consente alla RAI di irradiare pubblicità per un tempo pari al 5 per cento del totale delle ore trasmesse. Al consiglio di amministrazione è stato obiettato che si prevede l'utilizzazione di 1600 persone in più: 700 da recuperare eliminando situazioni di spreco, 900 da reperire con nuove assunzioni. E si aggiunge: realizzate il vostro piano con la gente che già avete. Oppure: accontentatevi delle entrate previste (senza toccare canone e pubblicità) e fate quel che potete rinunciando a qualcosa.

Stilla produttività il consiglio di amministrazione ha dato questa eloquente risposta ai componenti della commissione di vigilanza: con 12.900 dipendenti la RAI nel '76 ha trasmesso 6600 ore di programmi TV; nel 1980, con 13.900 dipendenti saranno trasmesse circa 12.900 ore. Vale a dire che l'ora trasmessa nel '76 ha richiesto due addetti, quella che sarà trasmessa net 78 ne richiederà uno soltanto.

Noi rifiutiamo decisamente la ipotesi di sviluppo zero che ci viene suggerito perchè porterebbe la RAI al collasso. Dobbiamo realizzare la riforma: ed è impensabile che lo si possa fare negando alla RAI i mezzi necessari.

Ma i nostri critici spesso dimenticano un'altra cosa: la pesante eredità che noi ci siamo trovati davanti e con la quale facciamo i conti ogni giorno. A 'cominciare, tanto per indicare il nodo più intricato e condizionante, dalla politica del personale ispirata non a rigore, produttività, professionalità ma — come ben sa il repubblicano Bogi, per essere stato amministratore della RAI -- molto spesso al clientelismo, allo spreco. Soltanto oggi questo consiglio di amministrazione è riuscito -- anche per la sensibilità dimostrata dai sindacati --- a stipulare un contratto di lavoro che segna una svolta: per gli oneri minimi che comporta, per le nuove figure professionali che prevede, per il blocco degli straordinari, la. 'riorganizzarione di centri e sedi, l'introduzione della contabilità industriale.

Ecco le questioni sulle quali noi vorremmo una discussione

e un aiuto concreti, reali. Così come vorremmo che si discutesse seriamente e costruttivamente di altre cose che ancora non funzionano alla RAI. Prendiamo l'informazione: dicono la legge di riforma, gli indirizzi della commissione di vigilanza che deve essere vainpleta, obiettiva, pluralista in ogni rete e testata. E invece domina ancora la logica della contrapposizione, della spartizione. Siamo ben lontani dal nostro obiettivo se ancora in queste ore un esponente socialista, Claudio Martelli, ritiene di poter apostrofare la RAI come un padrone, rivendicando al suo partito il diritto di amministrarne una fetta come meglio gli pare.

Un dubbio legittimo

Se questi sono i compiti che stanno davanti alla RAI (risanamento. miglioramento del prodotto, una informazione completa e rispettosa di tutte le voci presenti nel Paese) perchè accanirsi contro un bilancio sano o imporre, addirittura la semiparalisi al consiglio di amministrazione in attesa di non si sa bene che cosa? L'obiettivo reale qual è: il bilancio o la riforma della RAI? Il dubbio è legittimo. Se con la discussione sul bilancio si blocca l'attività del consiglio o, addirittura, lo si mette in crisi, si otterrebbe l'obiettivo di perpetuare l'attuale regime di spartizione tra reti e testate, di favorire il rafforzamento delle grosse emittenti private che rappresentano interessi di parte e non quelli della collettività; di impedire alle realtà regiodali di avere il loro spazio; di conservare una sorta di sottomissione dell'azienda alle direttive di alcuni partiti e delle correnti di quei partiti.

Noi ci battiamo ~tra queste minacce, sia che si manifestino con attacchi aperti che con «operazioni di guerriglia a. Siamo per la piena autonomia e indipendenza del consiglio di amministrazione dal governo, dai partiti, dai padroni. Vogliamo poter continuare a lavorare — come gli stessi lavoratori dell'azienda reclamano e la gente Ci chiede -- per cancellare la vecchia e squalificata immagine della RAI, per costruirne una nuova, ispirata al pluralismo, al rispetto dei diritti della gente.

Leonello Raffaelli

Consigliere d'amministrazione della RAI

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/ mercoledì
1978
l'Unità
11 ottobre

La paralisi imposta all'azienda

Ecco perché non viene potenziata la RAI a Milano

Replica del compagno Raffaelli ad un'intervista del sindaco socialista - lottizzazioni e malgoverno

ROMA — Nelle dure polemiche sulla RAI non tutti i contendenti giocano lealmente e più d'uno fa camminare le sue opinioni sulle gambe delle mistificazioni, delle accuse infondate. E' capitato nei giorni scorsi anche al sindaco socialista di Milano, Carlo Tognoli, in una intervista a un settimanale su Terza rete e decentramento. Mostrando una ignoranza dei fatti che colpisce, in un uomo che ricopre una carica pubblica tanto importante, Tognoli accusa i comunisti: di voler boicottare Milano, negando i soldi promessi per il centro RAI del capoluogo lombardo, per di più, in combutta con i dc, i comunisti, lottizzano, difendono l'esistente, ricattano i socialisti per costringerli a cedere — precisa il sindaco — sulla spartizione delle cariche. Fra i nemici giurati di Milano, Tognoli mette anche il compagno Raffaelli, consigliere d'amministrazione.

Della faccenda si è parlato nel consiglio della settimana scorsa: • Abbiamo chiesto al presidente e al direttore della RAI — dice il compagno Vecchi — di smentire le incredibili affermazioni del sindaco di Milano ».

Ma, in attesa, di queste precisazioni, come stanno le cose?

Risponde Raffaelli: « C'è un fatto preliminare da chiarire: non stiamo alla RAI per difendere l'esistente, o posizioni di potere che non abbiamo, ma per cambiare qualcosa, per risanare un'azienda vicina al collasso ».

Allora chi difende tutto il vecchio che c'è?

« Quelli che temono di veder messo in discussione il loro strapotere costruito nel passato: costoro si possono trovare dappertutto, tranne che tra i comunisti ».

Tognoli dice che gli volete fare il dispetto, che negate i soldi promessi a Milano...

« Ma quale dispetto! Le decisioni della RAI, del suo consiglio, tardano perchè c'è qualcuno che vuote bloccare tutto. E' troppo comodo imporci la paratisi e poi strillare perchè non ci muoviamo ».

Ma ci sono stati contrasti sugli investimenti destinati alla sede di Milano?

« Ci sono state perplessità e sono venute proprio da due consiglieri del PSI. Giustamente si preoccupavano di una visione nazionale del problema che privilegiasse il Sud, sempre maltrattato anche nelle faccende della RAI ».

Il sindaco di Milano dice che volete ricattare i socialisti in vista di prossime spar-

Soltanto i comunisti hanno votato contro

tizioni...

« Per lui saranno spartizioni. Noi preferiamo parlare di nomine per le quali ci atterremo al solo criterio della professionalità. Lo abbiamo ribadito anche alla delegazione del TG1 che è venuta da noi consiglieri in vista del cambio di direzione ».

Il decentramento si fa o no?

E come?

« Noi siamo per farlo. Ma decentramento per noi significa guardare a tutto il Paese e alla sua frastagliatissima realtà. Si tolgano dalla testa che noi si possa barattare uno o tre poli con il resto. Vogliamo un'azienda decentrata su tutto il territorio con una direzione efficiente e unitaria ».

E' vero che la Terza rete costa un occhio della testa?

«Costa 65 miliardi e non i 150 denunciati da Tognoli. E nel suo insieme il piano triennale punta al rinnovamento tecnologico e al potenziamento di tutte le sedi ».

La Terza rete che finalità ha in questo piano?

« E' un obbligo e una necessità. Un obbligo imposto d'Irta legge; una necessità perchè è parte importante di un decentramento che interessi tutte le 20 regioni italiane e non solo i centri di Roma, Milano e Napoli. Chi non la vuole dimostra, tra l'altro, di restare abbarbicato a una visione accentratrice e una logica spartitoria alle quali il PSI non è estraneo. Sotto sotto c'è questo: tenetevi Roma, dateci Milano e al resto d'Italia buonanotte ».

Ma i comunisti lottizzano o no, come dice Tognoli?

« E' un af fare antipatico ma sono costretto a ricordare lo organigramma della RAI. Quasi quasi ne facciamo stampare qualche milione di copie e lo distribuiamo in tutta Italia assieme ai "curriculum" professionali. Cosi si vede chi ha il vizio inguaribile della lottizzazione e finisce questa campagna vergognosa ».

Rai: accuse a DC, PSI e PSDI per le promozioni lottizzate

Protesta della Federazione della stampa e dei giornalisti radiotelevisivi - « Caro Bertè, certe cose non le faceva neanche Bernabei... »

ROMA — e Caro Bertè, dovrò fare le mie scuse a Bernabei per le critiche e le accuse che inpassato ho rivolto alla sua gestione della RAI. Con lui, infatti, non era mai capitato, come invece è successo ora con te, che un apprendista assunto in azienda da pochi mesi fosse promosso a un incarico di direttore solo perchè lavora nell'ufficio di un dirigente del PSI. Se questa non è una lettera di dimissioni è soltanto perchè ho moglie e tre figli da mantenere. Firmato: Mario Pastore».

Questa lettera è affissa da ieri mattina nella bacheca del TG 2. Bertè è l'attuale direttore generale, dc, della RAI; Bernabei è il fanfaniano di ferro che in viale Mazzini ha spadroneggiato per anni; l'epprendista-cleettore è un tal Colangeli che — dicono

testimonianze attendibilissime — frequenta più l'ufficio « cultura e informazione » del PSI (quello diretto da Martelli) che la redazione del TG 2; Mario Pastore è il giornalista che i telespettatori conoscono da anni.

La lettera è il segno più clamoroso ma non l'unico delle reazioni provocate da alcune nomine imposte venerdì sera da una coalizione di centrosinistra costituitasi all'interno del consiglio di ammisaistrazione; contro —_ come è noto — hanno votato I I soltanto i consiglieri designati dal PCI. Si tratta di 6-7 promozioni cosi lottizzate ed elargite a persone tanto immeritevoli da offuscare le altre 50, attribuite premiando la capacità e l'esperienza, e da offuscare il fatto inipor, -tante che la RAI è finalmente uscita dalla paralisi.

Senza mezzi termini è la condanna della Federazione della stampa e dell'associazione dei giornalisti televisivi. «La maggior parte delle nomine — dice un comunicato — riguardano le strutture tecniche e non noi; tuttavia non si può non esprimere la più ferma protesta per alcune promozioni che mortificano la professionalità e "puniscono" chi aveva tutti i titoli per ricoprire i nuovi incarichi ».

Come si è arrivati a questa situazione? Con un vero e proprio revival della Camilluccia (quando DC, PSI e PSDI si spartirono i vertici della RAI). Le nomine decise venerdì erano proposte dai direttori di reti e testate: nella stragrande maggioranza si trattava di candidature ineccepibili tranne un paio di casi. Rispetto al passato si

tratta di un passo in avanti che sarebbe sbagliato ignorare o sottovalutare. Tuttavia i rappresentanti di DC, PSI e PSDI hanno tenuto riunioni fino a giovedì sera: alla fine hanno deciso di mantenere le nomine discutibili e di imporne altre di loro gradimento.

C'è stato, anche un goffo tentativo per coinvolgere l'intero consiglio nella squallida operazione: Iotiamo tutti i nomi. in blocco ha proposto il direttore generale. Votiamo nome per nome — hanno replicato i consiglieri del PCI perchè vogliamo valutare carica per carica — chi ha le carte in regola e chi no. In questo modo le magagne sono venute a galla: purtroppo a votare contro le nomine che di 11 a poco dovevano provocare reazioni tanto aspre nell'azienda sono rimasti solo i comunisti; un dc, Pietrobelli, si è astenuto su tutto; a qualche candidato è mancato anche il voto del presidente • Grassi.

La battaglia minaccia di riaccendersi nelle prossime sedute quando si dovranno decidere altre nomine (e già corrono nomi incredibili); e sullo sfondo c'è il cambio al vertice del TG-l. I comunisti accusava qualche giorno fa il sindaco di Milano, il socialista Tognoli — sono 1 veri lottizzatori alla RAI. Ma anche venerdì attorno al tavolo si sono ritrovati gli stessi commensali: DC, PSI e PSDI.

e. o • e. e• C • Ae o
a. z.

Quelle del gioco di Martelli

Alcune tra le nomine varate venerdì scorso dal consiglio d'amministrazione della RAI TV -- col voto dei consiglieri che fanno capo a DC, PSI, PSDI, contrari i comunisti — hanno provocato tra i lavorata ri dell'azienda, una protesta, tin risentimento, uno stato di disagio che noi troviamo pienamente comprensibili. Per fortuna, si tratta di pochi casi -- cinque o sei — su un vasto complesso di scelte ispirate per il resto a criteri giusti. E, tuttavia, quelle nomine segnalano il permenare di una mentalità e dl tra metodo da cui tutto viene calpestato: professi°. naiitì, correttezza, spirito e contenuti della legge di riforma.

Ci limiteremo ad alcuni esempi. C'è un Pecoraro, dc, segretario dei GIP, che viene nominato amministratore del personale presso la direzione dei servizi giornalistici per l'estero. Si occupava finora della gestione degli stanziamenti destinati all'abitabilità degli uffici. C'è uno Spielmann, socialista, nominato amministratore della struttura del TG-3, a coronamento di una serie ininterrotta di promozioni a partire dal 1970; il suo ultimo campo d'azione era la sistemazione logistica degli

uffici (arredi, tavoli, teleioni). C'è un Colangeli, ancora del PSI, che, essendosi spostato sulle posizioni dell'attuale responsabile della informazione e della cultura del suo partito, balza improvvisamente alla direzione della struttura dei servizi per la produzione regionale della Terza rete.

Ci siamo sentiti accusare, nei giorni scorsi, di « primitivismo a per aver difeso la RAI-TV come servizio pubblico dall'assalto dei grandi gruppi privati. Insigni profesaori ci hanno invitato ad aggiornarci e a guardare all'esempio inglese. Tutto il recente convegno socialista si è svolto all'insegna della necessità di introdurre «nuove regole del gioco a, per e riequilibrare » i rapporti tra pubblico e privato. Bene: ci si dica che coerenza c'è tra le nomine indicate quelle filosofie, che coerenza c'è tra il presentarsi in veste di moralizzatori «anglicizzanti», l'ergersi contro il faraonismo e le spese eccessive, l'invocare il rigore e l'efficienza del'ente pubblico, da una parte, dall'altra concorrere alla continuazione di una tra le più avvilenti pratiche del sottogoverno. Sarebbero queste le nuove « regole » che si afferma di voler introdurre

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PARTE DEL SEAR-EV,RIO

nel a gioco » dei mass-media? Sono questi gli atti nuovi nei quali dovrebbe concretarsi, come dice Martelli, l'autocritica a non stalinista » ai comportamenti passati?

Noi non ci vediamo proprio nulla di nuovo, e molto invece di vecchio, molto di una logica del potere che ricorda i famigerati accordi della Camilluccia.

Semmai peggiorati. Allora la lottizzazione riguardava DC e PSI nel loro insieme, adesso Martelli ha dato un nuovo sviluppo a questo metodo: pretende i posti per i suoi uomini, non gli basta che abbiano la tessera del PSI, devono essergli anche obbedienti e fedeli. Vi ricordate l'argomento con cui chiese mesi fa la cacciata di Serbato e di Fichera, se non si fossero adeguati al nuovo corso?

Una parola, infine, sul fitti) che la grande stampa d'informazione, riferendo di queste nomine, abbia accuratamente evitato di esaminarle nei particolari, rifugiandosi in una critica generica alla a lottizzazione », dalla quale non emergono, con nomi e cognomi, le responsabilità. E' molto grave. E' un altro segno del conformismo che si va diffondendo, sull'onda del revival dell'anticomuni• smo. Pensate cosa succederebbe se dovesse realizzarsi il progetto, caldeggiato dal PSI, di permettere l'ingresso in forze alla TV dei grandi gruppi editoriali privati.

Pensate quanta libertà, quanto pluralismo. Pensate quali orizzonti di vivacità intellettuale si schiuderebbero sui teleschermi.

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Regole che non sono poi tanto nuove
PROVI NCIALU DEL PARTI" .
Oc;

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