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In via Treviglio alcune famiglie di lavoratori hanno attuato Io sciopero dell'affitto, per richiamare l'attenzione sulla loro condizione assurda: è intervenuta la Polizia.
LA CASA E' UN DIRITTO
In Italia invece è una forma di sfruttamento
Già a suo tempo avevamo fatto notare l'incomprensibile situazione in _cui si trovano gli immigrati meridionali che, spinti dal miraggio del lavoro, si spingono al Nord ed in particolar modo nella nostra città, ed avevamo fatto notare la condizione di quelli che vanno ad alloggiare nelle luride stamberghe di via Treviglio 28-30.
Il nostro Comitato di quartiere aveva anzi proprio iniziato la sua attività interessandosi presso le Autorità comunali e l'ufficio igiene, perché quell'indecenza venisse eliminata: ma le petizioni non sono bastate. Maturata una coscienza di lotta dobbiamo senz'altro riprendere in mano la questione con maggiore concretezza e accortezza.
Comunque nel luglio 71, all'interno stesso di via Treviglio 28-30 si costituisce un comitato di agitazione per risolvere il problema dell'alloggio. L'obiettivo è precisamente questo: avere la possibilità di un alloggio più decente a prezzi possibili. I mezzi sono di due tipi: pagare di meno al padrone di casa (Signor Invernizzi, ma le case sono intestate alla moglie sig.ra Ferreri), non so-
lo perché è ingiusto, ma per poter risparmiare in vista di un altro alloggio. Viene appunto inviata una petizione ad Invernizzi perché accolga le richieste della base: L. 10.000 e 15.000 mensili rispettivamente per una o due stanze. La risposta è completamente negativa: una stanza con una persona L. 30.000 con due persone L. 40.000 mensili. Venti famiglie attuano allora lo sciopero dell'affitto, per richiamare l'attenzione del Comune, sulla situazione disumana e di sfruttamento in cui quegli operai si trovano. Ma il Comune tace e non interviene. Interviene invece la polizia e sfratta quattro persone. Ma non è soltanto il Comune che se ne stà tranquillo, è anche la gente. Innanzi tutto non si ha voglia di capire, il cervello è arrugginito da tutto un
modo di pensare borghese ed egoista e quanco ci viene proposta una situazione intricata che ci coinvolgerebbe a prendere delle posizioni scomode, si inceppa. Qui siamo di fronte ad una delle tante situazioni particolarmente assurde del nostro paese capitalista, comandato dalla logica del profitto, che strappa i meridionali dalle loro regioni e non ci preoccupa di dare loro né il pane né una adeguata istruzione. È chiaro che senza cultura non si ha forza politica; men che mai la possibilità di scegliere un lavoro. Così risucchiati al nord per poter sopravvivere si devono adattare a fare il lavoro che viene loro offerto e ad abitare dove è possibile senza contare che, proprio per questi motivi, (mancanza di denaro e di cultura) nasce in certi ghetti, la del iquenza.
A corto di autentiche soluzioni il Comune guadagna tempo confor,',ndo le idee ai gen:korì.
ALLA FACCIA DELLA DEMOCRAZIA
LEZIONE DI POLITICA ALL'ITALIANA, FATTA DAI RAPPRESENTANTI DI P.C.I. E P.S.I., AD USO DI CHI VUOL FARSI BIDONARE
Discorso vecchio, ma che non vogliamo capire.
Ora che siamo posti di fronte a questo caso, non possiamo lasciarlo morire lentamente. È questa un'occasione per dimostrare che vogliamo qualcosa di nuovo, non a parole ma a fatti. Dobbiamo unirci a tut-
ti quelli che già sono in lotta, per far scomparire il ghetto di via Treviglio. Dobbiamo anche dare coraggio a 'quel gruppo di famiglie che hanno paura di rischiare, perché sono sole, non sostenute. Se potessimo dare loro, concretamente, dimostrazione che siamo forti e capaci
di sostenere una lotta anche a lunga scadenza, avremo contribuito alla maturazione delle persone, al loro risveglio, dando loro la coscienza politica necessaria allo sviluppo della lotta, verso la meta di una nuova società. Comitato di quartiere
loquio che è stato fatto accettare all'assemblea non avrebbe dovuto esserci: ci ;la fatto Lornare indietro di due mesi.
Borruso e soci sanno dove vogliamo la scuola e per quando. Le altre proposte non ci interessano. Se l'Amministrazione vuole rispettare le decisioni della base sa molto bene quale strada prendere.
Forse i nostri amministratori non hanno ancora capito che sappiamo benissimo ehe 101 J fanno tutto per il seggiolino, e che si muovono più facilmente per i soldi che per le reali esigenze della popolazione: e la scuola sul Dindelli e Siemens potrebbe urtare e spezzare i ro rapporti politici ed economici con persone molto influenti.
nel momento in cui si riunisce, questa bella trovata. Coloro che dicono di essere i primi sostenitori delle decisioni assembleari e di credere in esse, buttano tutto all'aria, cambiano velocemente l'ordine del giorno e vogliono subito discutere e votare la delegazione, spacciando la loro posizione per quella di tutto il Comitato di quartiere Cimiano Crescenzago (quando poi si è visto che più della metà dello stesso, non era d'accordo con loro). Chiaramente per noi del « Pontenuovo » ogni ulteriore tentativo di delegazione non solo è negativo dopo tutte le prese in giro, ma anche controproducente, tendente cioè a spezzare il fronte della lotta. Se Borruso ha la variante di piano regolatore o qualche notizia positiva venga a dirla all'assemblea: se viene per dire le stesse cose, non ci interessa. I militanti del P.C.I. non permettono però un regolare svolgimento dell'assemblea bombardano la gente con continui interventi e ridicolizzano gli interventi degli altri, cosicché seppur di stretta misura (10
voti) ottengono la vittoria (da notare che molti sono stati così sconcertati da questa irruzione e dai successivi battibecchi che non ha nemmeno votato). Ormai tutto è rovinato. La gente è disgustata. Non si può chiedere a una persona,
che ha lavorato otto ore in fabbrica. di venire fino a notte alle assemblee per vedere i masochisti del partito chiedere una delegazione per andare a farsi prendere in giro dal nostro caro amico Borruso. La delegazione va, si uccide e torna. Si uccide perché torna con le solite notizie: una scuola per il 73-74 sul Chini, con possibile inizio dei lavori fra due mesi. Sul Dindelli niente da fare, perché ci sono sotto dei giochi politici che eviden`emente solo loro patrizi possono comprendere, noi plebei no. Così l'assemblea si chiude. Questi i fatti, molto gravi se facciamo un'analisi a mente serena. Gravi, innanzi tutto, perché se Borruso ci è venuto a cercare e ci ha chiesto la delegazione è perché avevamo raggiunto una posizione di forza, che non dovevamo mai più mettere in discussione. Il col-
12 dicembre 1969: Le bombe di Milano
Altra cosa molto importante che abbiamo potuto verificare è il fatto che a noi vengono raccontate storie di ogni genere pur di non fare la scuola sul Dindelli. Prima doveva passare una tangenziale, poi una strada di grande scorrimento (30 metri), ora veniamo a sapere che tale strada è solo un progetto, e ciò che fa ritenere questo studio ancora vincolante sono le interferenze burocratiche di enti quali il P.I.M., la Regione, la Provincia, che procedono secondo la loro mentalità di vertice e di potere.
STORIA DI UN COLOSSALE IMBROGLIO
I' puntata: dubbi sull'inchiesta
È sintomatico come il P.C.I., che stando all'opposizione nel paese ha prospettive politiche aperte e intelligenti, là dove (come si verifica nel nostro quartiere) è in maggioranza si comporta come una struttura di potere borghese e antipopolare.
Terza cosa: abbiamo potuto notare il vero scopo, di alcune persone all'interno dei comitati di quartiere. Noi per ora siamo immuni da certa gente, persone che agiscono solo in funzione del loro partito.
Martedì 25 gennaio si sarebbe dovuta svolgere un'assemblea popolare. Non era stata decisa solo dai comitati di quartiere, ma dalla precedente assemblea del 17 gennaio; l'ordine del giorno era molto chiaro: bisognava trovare nuove forme di lotta per contrabattere l'ennesimo rifiuto del Comune di darci delle precise risposte in merito al problema del complesso scolastico nel quartiere « Ponte Nuovo ». Ma alcuni, che vogliono la scuola per poi vantarsi di essere stati i maggiori artefici della vittoria hanno pensato bene di tagliare le gambe ad un'assemblea che aveva ormai scavalcato le loro posizioni politiche. I fatti si sono svolti così. Dapprima costoro (militanti nelle varie sezioni P.C.I. della zona) senza consultare l'assemblea, anzi andando nettamente contro le sue decisioni, hanno accettato la proposta del vicesindaco Borruso di un incontro con lui da parte di una ristretta delegazione di cittadini, in seguito hanno informato individualmente alcuni esponenti dei Comitati di Quartiere, senza tener conto delle loro risposte negative. Il fatto è tanto grave, non solo perché compiuto da una minoranza che si è presa il potere di decidere contro la maggioranza popolare, ma anche perché Borruso vuole l'incontro con la delegazione, solo la sera di martedì 25, vale a dire la sera stessa dell'assemblea. Borruso è un abile pescatore e i pesci del P.C.I., che sono ormai scavalcati, abboccano e accettano: e l'assemblea scopre,
fatti, si torna a parlare delle bombe di Milano, e se ne torna a istituendo il processo penale a carico di Valpreda e dei suoi pregio del 12 dicemtre 1969 sono senz'altro noti a tutti, e altrettanto mente, sarà il clima da « caccia alle streghe » che immediatamente seguì gli attentati: furono giorni tristi per tutta l'Italia, alcuni temevano il colpo di stato. Ora noi vorremmo ritornare su quei fatti, a distanza di tempo, per cercare di capire, con occhio più critico, certe cose che nell'inchiesta, seguita agli attentati, sono rimaste nebulose, e delle quali solo alcuni libri hanno parlato: i nostri giornali purtroppo si occupano delle notizie solo quando hanno del sensazionale, e, una volta esaurita la loro novità, le lasciano cadere nel dimenticatoio. A noi il sensazionale interessa poco, ci interessa invece avvicinarci il più possibile alla verità dei fatti.
Dopo più di due anni dai parlare perché a Roma si sta sunti complici. I fatti accaduti il pomerig noto perché vissuto personal-
trasferite nella Capitale: e ci si chiede come mai il magistrato Ugo Paolillo che, da Milano, si occupava del caso fin dall'inizio, fu ben presto messo da parte e le indagini passarono completamente nelle mani dei suoi colleghi romani. Eppure ci sembra, da alcuni documenti e da diverse versioni, che egli portasse avanti molto seriamente l'indagine, cercando prove logiche e lasciando da parte i preconcetti politici, che avrebbero potuto portarlo fuori strada: fu lui infatti a non voler che i locali della casa editrice Feltrinelli venissero perquisiti perché, probabilmente, non esistevano i presupposti per farlo, e a voler mettere in libertà l'anarchico Leonardo Claps che qualcuno continuava a fermare, pur non avendo prove.
La bomba che provocò 16 vittime e parecchi feriti, tutti ricorderanno, fu posta alla Banca dell'Agricoltura a Milano; le altre bombe, comprese quelle collocate a Roma, non provocarono vittime. Eppure le indagini che erano iniziate a Milano furono ben presto
Un'altra cosa che ci lascia piuttosto perplessi è: come mai l'inchiesta si è subito diretta verso gli ambienti dell'estrema sinistra e soprattutto verso gli anarchici? Alcuni diranno: « per forza, c'era la testimonianza di Rolandi che so-
steneva di aver accompagnato Valpreda, anarchico, in Piazza Fontana ». Ma di preciso, quando arrivò la testimonianza di Rolandi alla polizia? Il « Corriere della sera » del 17 dicembre sostiene che il tassista Rolandi, subito dopo lo scoppio della bomba si mise in contatto con la polizia; l'Avanti del 17 dicembre ci fa sapere che: solo la mattina del 15 dicembre il Rolandi si mise in contatto con la polizia, dopo essersi consultato con il suo avvocato; la 'Notte' dello stesso giorno riportava la testimonianza del tenente colonnello dei carabinieri Aldo Favalli, che sosteneva che il tassista milanese si era presentato dai carabinieri il giorno 15 dicembre, di mattina. Il Rolandi, dal canto suo, sostiene di essersi presentato alla polizia subito dopo lo scoppio della bomba in piazza Fontana. Siccome nessuna delle due versioni, seppure contrastanti, è stata smentita, e siccome entrambi i testimoni ci sembrano dekni di fiducia, forse tutto ciò significa che il Rolandi si è pre-
Da tali forze partitiche (P.C.I., P.S.I.) siamo stati accusati piuttosto violentemente durante l'assemblea di essere degli incompetenti, degli ignoranti in politica, di non aver diritto di parlare perché « non abbiamo esperienza ». Hanno ragione, noi non abbiamo la loro esperienza: non sappiamo — come invece hanno mostrato di saper ben fare loro — manovrare un'assemblea a nostro piacimento, assuefarci alle sporche beghe elettorali degli assessori e del proprio partito; non sappiamo approfittare dell'assenza di una persona per usare e distorcere il suo pensiero per confondere ancor più la gente, non siamo capaci di voltare la faccia ad ogni momento, a seconda di come spira il vento delle direttive di partito. Ma siamo ben contenti di non saper fare queste cose, siamo ben contenti di essere ignoranti, e cercheremo di far di tutto per rimanerlo sempre. Il nostro scopo è quello di far nascere una coscienza politica nella gente, non di farle fare ciò che vogliamo noi.
Ivan Dalto
sentato il 12 alla polizia e il 15 dai carabinieri. Se questa supposizione, che a noi sembra piuttosto logica, fosse vera, ci chiediamo come mai la gente ha saputo del Rolandi solo il giorno 15; e se il tassista aveva già riconosciuto la sera del 12 dicembre il Valpreda, come mai quest'ultimo è stato arrestato solo alcuni giorni dopo? (Sul riconoscimento di Valpreda da parte di Rolandi ritorneremo più ampiamente in seguito).
(continua a pag. 6)
Antonella Vatrini
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L. 100 Anno 4 - N. 3 - Marzo 1972
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MATTONE SU MATTINE
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Come è organizzato lo sfruttamento degli immigrati: arrivi stanza pericolante senza servizi a 40.000 lire al mese. casa, e ti cacciano in una