Sempre più scottante il problema della casa
Gravi responsabilità dello Istituto Autonomo Case Popolari denunciate in una pubblica assemblea tenutasi in piazzale Segesta - Una seconda assemblea è stata convocata per il 22 gennaio
ITALTEL: RISANARE SENZA LICENZIARE
DOVE ANDRANNO LE NOSTRE PENSIONI?
INTERVISTA AL PRESIDE DEL VITTORIO VENETO
DONNE PER LA PACE
Il SICET, il SUNIA ed il C.U.Z. esaminata congiuntamente la situazione casa nella zona Gallaratese-San Siro e i problemi connessi alle occupazioni abusive di alloggi E.R.P. (Edilizia Residenziale Pubblica) ritornati di attualità specie a causa delle gravi decisioni prese dal presidente dello IACPM di fare effettuare gli sgomberi di 800 alloggi, che si aggiungono agli sfratti ed alle disdette dei contratti di fine locazione, hanno denunciato all'opinione pubblica la gravità del problema della casa attraverso un proprio comunicato ed un'assemblea pubblica tenutasi 1'11 scorso presso la sede del CUZ di piazzale Segesta, a San Siro.
Attraverso il comunicato e l'assemblea le organizzazioni sindacali degli inquilini ed il CUZ di zona hanno dichiarato ch per quanto concerne la situazione degli appartamenti occupati abusivamente unico responsabile della situazione è lo IACPM perchè esso lascia il patrimonio pubblico nell'assoluto degrado, frappone lungaggini burocratiche alle pratiche di cambio alloggio, cambio intestazione e modifiche fasce di diminuzione segue in ultima
Ai lettori
QT8: UN QUARTIERE DIMENTICATO
QUARTIERI CRONACA
TICKET: COME
OTTENERE LA RIDUZIONE
Caro lettore, Milano 19 entra nel suo sesto anno di vita sorretto da una sempre crescente diffusione nella nostra zona e ciò ci conforta nel nostro lavoro e ci sprona a svolgerlo con sempre maggior impegno. Come tu ben sai le nostre sono costituite esclusivamente dal ricavato delle vendite e dagli introiti delle inserzioni pubblicitarie, che ci hanno sinora consentito di assicurare a questo giornale una completa autosufficienza economica, che consideriamo fondamentale per la libertà di stampa. Purtroppo però, a causa degli aumenti dei costi (in primo luogo di carta e stampa non avendo Milano 19 stipendi da pagare od altri emulumenti da elargire) ci vediamo costretti ad aumentare il prezzo di vendita (che era rimasto invariato fin dal primo numero) portandolo, a partire da questo numero, a 400 lire la copia. Pensiamo che comprenderai l'ineluttabilità di questo aumento e siamo certi che continuerai a dare il tuo sostegno a questo giornale, che è anche tuo, come di tutti gli abitanti della zona.
Milano 19, vogliono ricordarlo, è un giornale aperto, fatto dalla gente per la gente della zona. Perchè non ci scrivi anche tu? Ci aiuteresti a farlo diverntare sempre migliore.

La Redazione
Ristrutturazioni IACP a San Siro
Lavori di ristrutturazione per un importo di un miliardo e 560 milioni di lire dovrebbero essere eseguiti in fabbricati dello IACP (Istituto Case Popolari) a San Siro.
Le opere previste dovrebbero in primo luogo risolvere le carenze lamentate nel rendimento del riscaldamento agli ultimi piani. Difatti dovrebbero riguardare la coibentazione del sottotetto degli stabili di via Abbiati 5,6 e 7, di via Mar J onio 3 e 7, di via Civitali 30, di piazza Salinunte 11, di via Tracia 3, di via Zamagna 4 e di via Preneste I e 3. In questi ultimi due fabbricati sono previsti anche lavori di coibentazione del solaio di copertura, mentre impermeabilizzazioni di coperture a terrazzo sono previste in via Mar Jonio 3, in via Abbiati 5 e 6, in via Civitali, 30, in via Preneste I e 3, in piazza Selinunte 1 1, in via Tracia 3 ed in via Zamagna 4.
Altre opere dovrebbero riferirsi a lavori di sistemazione ricorsa tetti, trasferimento in fac-
Ma quando nascerà l'USSL in Zona 19?
Alla fine i cittadini saranno curati meglio? Dibattuta la questione in consiglio di Zona nel corso di una seduta allargata.
Che fine ha fatto la riforma sanitaria a Milano? Sta cambiando qualcosa o è davvero tutto fermo, come sembra, in attesa (non tanto fiduciosa) della legge regionale che deve dare il via al decentramento sanitario e quindi anche al passaggio di tutti i presidi sanitari, ospedali compresi, alle venti fatidiche unità sociosanitarie zonali? Non è un quiz. sono domande del tutto legittime in una città come la nostra, dove il cammino della riforma ha percorso un terreno non poco accidentato. Tutti immobili, dunque, in attesa dell'ora X, quando tutto dovrà cambiare, e radicalmente, nel modo di provvedere alla tutela della salute pubblica? Così è in apparenza anche se di "filosofia" se ne è fatta molta.
Davanti agli occhi della gente sono sfilati sigle nuove e poco comprensibili (SSN, SAUB, USSL), moduli per pagare (o per essere esentati dal pagamento) i più disparati ed odiosi ticket sulla salute (farmaci, visite specialistiche, ecc.) e articoli sui giornali sul disastro della sanità in Italia. sui tagli alla spesa pubblica, sugli sprechi, sugli scandali, sui baroni dal bisturi infallibile e dalla tangente (pardon onorario) facile.
Ma è proprio vero che ancora per mesi a Milano non si parlerà di riforma? È questa la domanda cui si è chiesta una risposta nel corso di una seduta allargata tenuta dal Consiglio di Zona 19 il primo dicembre scorso, alla quale hanno partecipato, tra gli altri, il dr. Colucci, presidente del Comitato di gestione della USSL 75 (Unità Socio-Sanitana n. 75, quella che comprende tutto il comune di Milano), il dr. De Molli, consigliere dello stesso comitato di gestione, ed il prof. Volpato, ufficiale sanitario e coordinatore sanitario della USSL 75.
Nell'introdurre la discussione il prof. Volpato ha ricordato che la futura struttura socio-sanitaria
di Milano si articolerà su 20 USSL zonali, corrispondenti alle 20 Zone del decentramento politico-amministrativo comunakt, le quali a loro volta si articoleranno in distretti, che complessivamente dovrebbero essere una settantina su tutto il territorio municipale e ciascuno dei quali dovrà comprendere un'area variante fra i 15 mila ed i 40 mila abitanti, secondo la densità abitativa.
Ciascun distretto dovrebbe essere in grado di garantire ai cittadini le prestazioni sanitarie di primo livello. Ma quali sono tali prestazioni? Secondo quanto stabilito dalla legge esse dovrebbero comprendere le attività diagnostica e terapeutica che non richiedono particolari attrezzature nè strutture (ossia che vengono effettuate mediante palpazione, percussione, auscultazione senza l'ausilio di attrezzature o mediante l'uso di strumentazioni molto semplici, quali lo stetoscopio, ecc.), assistenza medica generica, pediatrica, infermieristica, ostetrica, odontoiatrica e guardia medica festiva e notturna. Que-
7/ pia*
st'ultimo servizio sarà garantito attraverso una convenzione con le strutture di ex enti mutualistici ora assorbiti o comunque diventati di competenza dell'USSL, nonchè con la Croce Rossa Italiana, che, attraverso il suo centro di via Pucci, è in grado di garantire, con la disponibilità di medici e di autovetture, una pronta risposta alla domanda di intervento medico della popolazione. Come si può rilevare gli interventi di primo livello previsti rispondono ad alcuni precisi requisiti, quali quello di essere largamente diffusi, nel senso che sono largamente richiesti dalla popolazione, di poter essere erogati da operatori di non altissima specializzazione e di non richiedere strumentazioni particolarmente sofisticate. Quando le prestazioni rispondono a tali criteri, ha affermato il prof. Volpato, sono indubbiamente di primo livello e quindi devono essere erogate dal distretto, cui sono anche demandate le attività di base per l'igiene dell'ambiente di segue in ultima
La Guardia di Finanza, che pur si ritiene insufficiente ed inadeguatamente sostenuta dall'azione di governo, ha accertato nei primi undici mesi del 1981 evasioni di imposte dirette per 1.830 miliardi di lire, dell'I VA per 385 miliardi e per esportazioni illecite di valuta per 778 miliardi: in totale 2.993 miliardi di lire. Il contrabbando del tabacco (368 tonnellate sequestrate) e di droghe (7.646 quintali) e stato surclassato dai reati economici di carattere finanziario. Tali cifre - fornite dal generale Chiari all'inaugurazione dei corsi all'Accademia della Guardia di Finanzia - non sono che "spie" di fenomeni di economia "nera", la cui vastità ha dimensioni destabilizzanti. Soltanto fra maggio ed ottobre dello scorso anno sarebbero usciti
ciata dei pluviali ed impermeabilizzazione gronde in via Abbiati 4 e 7, ricorsa manto di copertura tetto e impermeabilizzazione gronde in via Mar Jonio 7, ripristino batterie camini in via Abbiati 5, 6, e 7, in via Mar Jonio 3 e 7, in via Preneste I e 3, in via Civitali 30, in piazza Selinunte 11, in via Tracia 3 ed in via Zamagna 4; rappezzi intonaci di facciata in via Abbiati 7, in via Preneste I e 3 ed in via Mar Jonio 7; adeguamento canne di caduta rifiuti domestici e camerette immondezzai in via Abbiati 4 e 7 ed in via Preneste 3.
I lavori dovrebbero iniziare non appena il Comune avrà rilasciato le necessarie licenze, dopo che lo IACP avrà provveduto al completamento dei disegni ed all'espletamento degli altri adempimenti. c'è soltanto da sperare che le lungaggini burocratiche non erodano eccessivamente, a causa dell'inflazione, il finanziamento rendendo praticamente impossibile l'esecuzione di parte delle opere previste.
VIA RICCIARELLI
È urgente un semaforo
L'incrocio tra le vie Altamura. Gigante e Ricciarelli è ogni giorno teatro di molti incidenti stradali, alcuni dei quali con conseguenze veramente gravi. Tale situazione è determinata dalla scarsa ed insufficiente segnaletica stradale. La via Ricciarelli ha il diritto di precedenza sulle vie altamura e Gigante, che, essendo una la prosecuzione dell'altra. la intersecano; ma i segnali stradali posti agli angoli di queste ultime due vie per indicare ai veicoli che la percorrono di dare la precedenza ai veicoli che percorrono la via Ricciarelli sono coperti dai rami degli alberi. Inoltre la visibilità è scarsa, anche a causa delle auto parcheggiate in prossimità dell'incrocio, per cui spesso i veicoli provenienti da via Altamura o da via Gigante si accorgono del sopravvenire di veicoli lungo la via Ricciarelli soltanto quando già si trovano in mezzo all'incrocio.
Per questi motivi gli abitanti del quartiere hanno avviato la raccolta di firme per una petizione da presentare al Consiglio di Zona nella quale si richiede, al più presto, l'installazione di un impianto semaforico, che renda più sicuro l'attraversamento di tale incrocio.
Tassare di più chi?
clandestinamente dall'Italia non meno di 2.000 miliardi, mentre l'evasione effettiva dell'I VA è stimata 30-40 volte maggiore di quella individuata della Guardia di Finanza; ma tali considerazioni non hanno fatto desistere il vice direttore della Banca d'Italia, Mario Sarcinelli, dallo svolgere, nella prolusione dell'anno accademico, una lunga argomentazione a favore della liberalizzazione dei movimenti di valuta, attraverso i quali avvengono anche le evasioni fiscali.
Intanto, in altre sedi, il minitro Marcora andava dicendo che "il movimento dei sacrifici è arrivato" e che "bisognava tassare dr più". Tassare di più chi? Ci coglie il dubbio. che è quasi una certezza, che ancora una volta si pensi di tassare di più i lavoratori.
San Leonardo
Qui nel S. Leonardo non è solo fredda tana che si manda giù, anche i toni sono smunti e tetri, ti assale un senso di noia e il respiro si fa corto, l'occhio vede figure in bianco e nero, come avesse perso la facoltà di distinguere tra la gamma dei colori. Ci si incontra anonimamente nella nebbia, ci si barrica in casa, si guardano dalla finestre le orride scritte tutt'intorno sui muri malconci, bambini aggrapparsi e arrampicarsi come animali impazziti sulle sagome dei loro squallidi giochi, fino a scorgere i bagliori notturni delle fiamme, miste a grida e lamenti, di qualche rituale pagano fra giovani demotivati e disperati. Ma non basta. La violenza continuerà a crescere, il regime sempre più diffuso dell'anomia, cioè l'assenza totale di regole, è diventato la Regola quotidiana. La violenza, sotto qualsiasi aspetto si manifesti e si esprima, rende così visibili gli emarginati, cementa l'unione del gruppo che la pratica, sospende le regole dell'inferno presente per promettere città-paradiso. I giovani costituiscono qui in quartiere, come del resto un po' dappertutto, il caso più grave di violenza e nello stesso tempo di spreco, dal momento che molti di essi sono in uno stato di esclusione giovanile prolungata, prima di essere immessi nel lavoro. Ma si intravvede già che diversi di loro passeranno direttamente dall'esclusione per attesa all'esclusione per superfluità, senza riuscire ad entrare, se non in forma del tutto marginale nel mondo del lavoro. Agli emarginati è offerta nel migliore dei casi un'assistenza, non un'esistenza. Non devono far nulla per guadagnarsi la vita, perchè il loro compito è di perderla. E così, mentre si è pronti ad affermare che le responsabilità non si possono diffondere molto in un tessuto sociale come il nostro e che l'autogoverno è un'utopia proprio perchè la società è in crisi, non ci rendiamo conto di come le istituzioni sociali sono in crisi, proprio perchè non c'è stata un'adeguata diffusione delle responsabilità è perchè si sono venute spegnendo le capacità di autogoverno periferico. I poteri hanno si rivolto l'invito a tutti i cittadini. di partecipare alla vita pubblica. Contemporaneamente sono entrati in funzione Distretti scolastici, sanitari, ecc., ma questo invito alla partecipazione ha fatalmente urtato contro il principio che si può partecipare solo tra uguali,
altrimenti la partecipazione si ridurrebbe in un primo tempo ad un maggior consenso ai poteri messi in causa e in un secondo tempo in un rifiuto ed ostilità maggiori, una volta scoperto che i poteri concessi erano dei non-poteri. Ed ecco dove si esaurisce da una parte il potenziale di un C.d.Z., di un Decentramento Ist. Case Popolari ecc., e dall'altra il serbatoio intellettuale e di capacità operativa dei giovani e di tutti i cittadini di un quartiere come il nostro. Ma ecco dove allora deve convergere lo scopo degli educatori e degli adulti, là dove restano sottosfruttati spazi del tutto spalancati come quelli di un'assemblea pubblica, là dove l'iniziativa di singole forze apartitiche di rinverdire un'area del quartiere, rischia di venire bloccata da conflitti di parte tra poteri cittadini e istituzioni chiesastiche, là dove perfino la festa del S. Leonardo, peraltro riuscitissima, finisce pr non essere altro che un episodio momentaneo nella vita del quartiere, senza riuscire a generare mutazioni nei rapporti fra la gente, a rinforzare un dialogo basato sulla capacità di autostimolare e produrre scambio, emergenze nuove, fatti nuovi. Stiamo rischiando di bruciare irrimediabilmente queste risorse e sarebbe un errore se, per esempio, data l'imminente chiusura dei portici ed il conseguente sorgere di nuove realtà è unità culturali di base, venisse a mancare la disponibilità verso una mentalità aperta al dialogo, allo scambio, soprattutto a livello giovanile. Occorre intervenire e realizzare occasioni in quartiere dove questi giovani possono realizzarsi nella gestione di spazi pubblici, che servono a determinare nel ragazzo forme di democrazia diretta, stimolino esperienze di base a contatto diretto con i problemi reali e lo rendano pienamente artefice e responsabile nell'attitudine all'esercizio "del potere. E forse, vuoi facendo nascere un parco di alberi (nei prossimi gennaio-febbraio), vuoi dando in gestione alcuni vani in costruzione ai ragazzi, vuoi dilatando ogni genere di possibilità di creare strutture in un quartiere spoglio come pochi, si riuscirà ad evitare alla distanza, che la legge della partecipazione si realizzi solo attraverso una nuova presa della Bastiglia o del Palazzo d'Inverno.
La Comunità Capi
GRUPPO SCOUT MI 25° SAN LEONARDO
dovere
Sul numero di novembre di Milano mese, la pubblicazione a cura dell'Ente provinciale per il turismo, si legge a pag. 33 che in questo periodo si tiene in sede non specificata una non meglio definita "Arca canora" rassegna di canzoni milanesi. Le quote raccolte per accedere a questa manifestazione sembra siano totalmente destinate al rimboschimento del Monte Stella. Senza voler sindacare sulle intenzioni, si dovrebbe ricordare che un parco cittadino deve, tra l'altro, rispondere a pianificazioni architettoniche precise e che non si può pensare di alterarlo semplicemente perchè qualcuno decide arbitrariamente di utilizzare fondi (o piante) a piacimento. Già anni fa gli Alpini decisero di "offrire ai bambini di Milano" un certo numero di alberi. Il risultato fu una piantagione fatta a casaccio, utilizzando indiscriminatamente e senza un piano gli spazi liberi con la conseguenza che gli acco-
stamenti sono risultati spesso cervellottici e moltissime delle pante, tra l'altro pregevoli e pregiate, sono morte nel più breve tempo in quanto assolutamente inadatte al luogo mentre avrebbero potuto essere utilizzate meglio altrove. Per questo ci si augura che chi è preposto alla strutturazione di un parco cittadino non sia facilmente portato a soggiacere a provincialismi e ad entusiasmi in sè non riprovevoli, ma bisognosi di canalizzazioni appropriate. E a questo proposito si potrebbe anche obiettare che la Ripartizione parchi e giardini del Comune non dovrebbe aver bisogno di elargizioni o iniziative del tipo sopra citato per svolgere il proprio compito e un qualsiasi ente straniero, diverso da quello ufficialmente preposto non dovrebbe sentirsi autorizzato a stabilire, magari in buona fede, quanto va fatto, o meno, in una struttura pubblica.
LETTERA FIRMATA

Tossicodipendenti: bisogna applicare meglio le
Siamo venuti a conoscenza che presso l'ospedale S. Carlo sono state raccolte circa 600 firme allo scopo di trasferire l'ambulatorio per i tossicodipendenti in altro luogo. Dalle informazioni che abbiamo avuto tale richiesta sarebbe motivata dal "disturbo" che i tossicodipendenti stessi creerebbero agli ammalati e al personale ospedaliero.
Siamo a conoscenza che esistono problemi in tal senso, ma non riteniamo che la misura da prendere sia quella della chiusura dell'ambulatorio. A Milano, è noto, il numero dei tossicodipendentiè piuttosto elevato: si parla di 15mila persone.
Non possiamo quindi far finta che questi non esistono, relegando gli eventuali interventi in luoghi "discreti", lontani dai presidi pubblici. Le cause e gli effetti di questo fenomeno vanno conosciuti da tutti, affinchè ciascuno, secondo le proprie responsabilità, li affronti per quello che gli compete.
Sono stati fatti non pochi convegni, incontri, pubblicazioni, per descrivere, spie-
gare e analizzare le cause delle tossicodipendenze. La cosa chiara ed evidente è che non sarà facile, né possibile nel breve termine, eliminare alla radice questo fenomeno. Noi non siamo dell'idea che si debbano utilizzare forme coattive e repressive nei confronti dei tossicodipendenti, ritenendo che questo sia il mezzo migliore per ottenere dei risultati. Non è possibile non riconoscere che in una situazione quale l'attuale, i meccanismi di emarginazione agiscono con maggior forza. Dobbiamo quindi opporci alle facili soluzioni, ritenendo che, se anche dobbiamo essere sempre volti alla conoscenza delle cause per la loro eliminazione, occorre lavorare per la cura e la riabilitazione degli attuali tossicodipendenti. Anzitutto occorre applicare al meglio l'attuale legislazione che, per quanto carente, offre delle possibilità di intervento. Si devono poi recuperare tutte quelle esperienze positive volte al riconoscimento della soggettività, al reinserimento, alla so-
cializzazione, alla non coazione verso i tossicodipendenti.
La distribuzione stessa del metadone va inserita in un contesto di socializzazione; del resto il lavoro dell'ambulatorio del SAN CARLO non è stato volto alla pura somministrazione del farmaco, ma ha avuto ed ha, aspetti complessivi terapeutico-riabilitativi, anzi noi riteniamo che occorre assegnare all'ambulatorio uno spazio più ampio e completarlo con l'organico mancante.
Occorre comunque, a nostro avviso, sviluppare fuori dall'ospedale altri pubblici presidi, allo scopo della reintegrazione dell'identità dei singoli soggetti e al loro reinseri mento.
Sappiamo che per i tossicodipendenti è stato aperto in via Novara un ambulatorio nei locali della condotta medica.
Vogliamo quindi chiedere:
al C.D.Z. 19 che metta a disposizione dei locali più adeguati in un contesto più centrale della zona 19. Che in tali locali si vada ad operare secondo il programma stabilito dal Comune di Milano e dalla Regione Lombardia, tendente a promuovere forme di socializzazione (centro socioculturale) e di reinserimento lavorativo (formazione professionale).
al C.d.Z. 18 che renda disponibile una struttura all'interno del quartiere di Baggio rispondente alle stesse ( ma più adeguate) funzioni della condotta di Via Novara. Riteniamo infine opportuno indire un pubblico dibattito per discutere non tanto e non solo del problema tossicodipendenti in generale, ma per conoscere la situazione in zona e le iniziative da prendere per modificare la situazione.
p. La Segreteria del CUZ (F. Aurora)
L'85 va bene, ma...
Caro Milano 19, sono una tua lettrice che abita a Musocco e lavora a San Siro. Fino al 2 dicembre scorso per raggiungere il posto di lavoro dovevo prendere il tram n. 14 e poi, in via Monteceneri la filovia, che arrivava sempre piena per cui dovevo spesso farne passare più di una prima di potervi salire.
Dal 3 dicembre scorso, invece, mi servo dell'autobus n. 85 (entrato in servizio da quel giorno), con il quale raggiungo la stazione della MM Uruguay per poi proseguire con la metropolitana fino in piazzale Lotto: così risparmio almeno una decina di preziosissimi minuti di viaggio. Tutto bene quindi? Beh, direi che almeno un paio di cosette si potrebbero fare ancora per migliorare il servizio: in primo luogo sarebbe opportuno che sulle tabelle delle fermate della linea 85 fossero indicate le frequenze dei viaggi, in modo che chi si vedesse scappare un autobus sotto il naso fosse in grado di sapere quanto tempo gli tocca attendere prima che ne arrivi un altro. In secondo luogo mi pare che sarebbe opportuno istituire una fermata in viale Certosa (che 1'85 percorre nell'ultimo tratto senza mai fermarsi) in modo che chi vi abita non sia costretto ad andare, come ora, fino in piazzale del cimitero per prenderlo. Spero proprio che l'ATM voglia tener conto di questi miei modesti suggerimenti, che, a mio av-
viso, potrebbero migliorare questo servizio già per il resto apprezzato da me e da altri lavoratori.
Ti ringrazio per l'ospitalità e ti invio i miei più cordiali saluti.
Giuseppina Banfi
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Un quartiere chiamato
Buone intenzioni, ma al Monte Stella pensi chi di
Il primo sindaco socialista di Milano
La "grande guerra" ha però un alto costo per la città - Nuvole nere si addensano all'orizzonte
di Gian Piero PA GETTISettima puntata
Il liberai-progressista Ettore Ponti lasciò la poltrona di sindaco nel 1909. Gli succedette Bassano Gabba, di centro, al quale due anni dopo subentrò il liberal-conservatore Emanuele Greppi, deputato e presidente dell'Opera Pia Bonomelli. Era il 1911, l'anno della guerra italo-turca (la guerra di Libia), che sembrava favorire l'insorgere del nazionalismo. Marinetti partì subito per Tripoli come inviato di un quotidiano parigino, mentre D'Annunzio preferì rimanersene in poltrona a scrivere le sue liriche, inneggianti alla guerra, per il Corriere della Sera, che proprio in quei tempi riuscì a superare in diffusione il popolarissimo Secolo e La Perseveranza ed a divenire il nuovo modello del giornalismo italiano.
Il 9 ottobre 1911 i socialisti trasferirono la sede del loro giornale, l'Avanti!, da Roma a Milano in via S. Damiano, sulla cerchia dei Navigli. In quello stesso anno morì, a 88 anni, il Barbapedana (al secolo Enrico Molaschi) il più celebre dei cantastorie meneghini, la cui figura era popolare sui bastioni di porta Venezia o, nei giorni del carnevalone, alla fiera (oggi la chiamerebbero Luna Park) di Porta Genova, dove la gente si accalcava per andare a vedere "Virginia nuda al bagno" (un sigaro virginia privo di fascetta ed immerso in una bacinella d'acqua, ingresso centesimi dieci) o le "Adriade viventi all'equatore", mentre fra la folla i "pescador" esercitavano la loro non facile arte del "borseggio alla milanese": un taglio con una lametta nell'abito della vittima, all'altezza della tasca, e via il portafogli, magari sotto il naso dei "fraelli Branca" (i carabinieri).
Erano i tempi in cui la malavita milanese si andava sempre più organizzando, lavorando in piccoli gruppi e dividendosi i quartieri cittadini: a Porta Garibaldi usurai e ricattatori, a Porta Genova gli spiombatori di vagoni merci, a Porta Ticinese i contrabbandieri di "mentin" (cocaina) esperti nell'avvelenare i cani poliziotti, al Monte di Pietà la Compagnia de la Mort, banda di accaparratori delle aste giudiziarie, ed i falsari "in carbona", in casa propria.
Gli "spicciolisti" (ladri di biciclette) operavano un po' dappertutto, mentre si apriva l'epopea del "toni", il grimaldello, e da Marsiglia giungevano, su commissione, gli specialisti della "viennesa", la cassaforte di nuovo tipo. Tutti i "buli" di Scaldasole o della Vetra, i "ligera" del Verze e (quello vecchio) della Colonnetta, i "bauscia" dell'Isola giravano con il tirapugni di ferro in tasca. Ma i "delegati di polizia" (i questurini) non avevano molto tempo per occuparsi di loro, indaffarati come erano ad essere sempre più presenti alle manifestazioni della sinistra, che abitualmente si svolgevano all'Arena, ed a sorvegliare i cortei
degli operai, che si ingrossavano ad ogni primo maggio.
I socialisti conquistano il comune
Del resto i delegati di polizia non erano altro che poveri diavoli sradicati dai loro paesi del sud e mandati qui, in questa città che non capivano e che sentivano ostile. E un giovane questurino calabrese non resse alla frustrazione della solitudine e del rigetto del nord verso il sud. Respinto da una "bellezza" che aveva cercato di abbordare reagì e la uccise. La vittima era la Rosetta, famosa passeggiatrice che batteva alla Vetra. I superiori cercarono di coprire il giovane questurino, ma molti intrapresero tale protezione come un'ingiuria del potere centrale di Roma. La "mala", ma anche la gente comune, cantò la Rosetta come "un angelo ucciso dalla questura in una notte oscura"... e ci fu persino chi giunse a farne un simbolo di popolae ribellione libertaria.
Era il 1914. Il 7 giugno ad Ancona la polizia sparò sui dimostranti che partecipavano ad una manifestazione antimilitarista. Due anarchici furono uccisi. Uno sciopero generale paralizzò l'Italia per una settimana, la "settimana rossa" protrattasi fono al 13 giugno. A Milano ventimila dimostranti si radunarono all'Arena. Ci furono cariche di cavalleria. Il centro venne presidiato dai soldati, come nel '98. In piazza del Duomo vennero arrestati due "sovversivi": Corridoni e Mussolini. Il 14 giugno i socialisti vinsero le elezioni comunali (141.949 elettori, 77.584 votanti) ottenendo 34.596 voti e 64 eletti. La lista costituzionale ottenne 32.117 voti e 16 eletti ( 15 liberali ed un cattolico). La maggioranza relativa degli eletti era costituita da operai ed impiegati (24, tutti socialisti), poi venivano I l medici, 9 avvocati (tutti socialisti), 8 ingegneri, 6 professori, 5 commercianti, 4 industriali, 2 giornalisti (una era l'ancora per poco socialista Benito Mussolini), un pittore (il liberale Giovanni Beltrami), uno scrittore (il socialista Virgilio Brocchi, che divenne vice sindaco), un architetto, un chimico ed un farmacista. E Milano ebbe il suo primo sindaco socialista (riformista): l'avvocato Emilio Caldara.
"Armiamoci e... partite"
Due settimane dopo, il 28 giugno 1914, a Serajevo, in Serbia, vennero assassinati gli arciduchi d'Austria. Fu il primo atto di una tragedia molto più vasta: la prima guerra mondiale, la "grande guerra", come fu subito chiamata, che per i milanesi significò per prima cosa (prima ancora che l'Italia entrasse nel conflitto) la recessione economica.
La disoccupazione aumentò e per venire incontro ai disoccupati il Comune concesse loro di coltivare ad ortaglie le aree disponibili. Ma c'era anche chi
dalla guerra cercava di trarre vantaggi. 11 15 novembre 1914 uscì a Milano il primo numero del Popolo d'Italia, sedicente quotidiano socialista (con sede in via Paolo da Cannobio, in una vecchia casa che diventerà tristemente famosa come "il covo") fondato (con i soldi di alcuni industriali) e diretto da Benito Mussolini, che, espulso dal Partito Socialista e dalla redazione dell'Avanti, dimenticò i suoi trascorsi antimilitaristi per trasformarsi nel più acceso degli interventisti, anche se poi cercherà di non farsi mandare a fare la guerra e approfitterà di qualche provvidenziale scheggia nelle gambe per farsi rispedire prontamente a casa.

Nel marzo 1915 venne data alla Scala la prima della "F; dra" di D'Annunzio musicata da Pizzetti. Due mesi dopo in Galleria si scatenarono gli studenti che chiedevano a gran voce la guerra. Nei cafè-chantant più in voga, come il Trianon, l'Eden, l'Apollo, il San Martino, il Morisetti, i vari Gino Franzi, o Maldacea o Dirce Mirella lanciavano qua è là, tra un singhiozzo ed un sospiro, qualche strofetta nazionalista per Trento e Trieste. All'Arena Corridoni e Mussolini infiammavano di "volontà guerriera" una folla di pagliette.
Il 24 maggio, all'annuncio dell'entrata in guerra dell'Italia, molti corsero alla stazione ed al distretto di via Mascheroni a salutare le reclute che partivano. Quanti non sarebbero più tornati? Partirono anche 450 volontari ciclisti e, al seguito delle truppe, i primi cineoperatori, che avevano praticamente il loro quartier generale qui a Milano, dove il cinematografo aveva fatto il suo esordio sul finire dell'ottocento per iniziativa di un fotografo, Italo Pacchioni, che aveva bottega in via Cesare Correnti e che nel 1897 aveva allestito alla fiera di Porta Genova un baraccone per proiettare brevi farse e documentari, e dove nel 1913 era stato inaugurato, alla Bovisa, il primo grande teatro di posa con strutture d'acciaio, realizzato da quel Luca Comerio che si era già distinto come fotoreporter nelle giornate del '98 e che aveva già prodotto un "Inferno di Dante", girato sui costoni della Grigna, ed un film con Edoardo Ferravilla, il grande interprete teatrale del Tecoppa.
Milano nella "Grande Guerra"
Il 16 maggio 1916 Milano subì il suo primo bombardamento aereo. Una squadriglia di apparecchi austriaci giunse sulla città, sganciò un po' di bombe, specie dalle parti di Porta Romana, e se ne andò
praticamente indisturbata. Vi furono 13 morti ed una quarantina di feriti. Poca cosa, certo, se confrontati con le vittime dei bombardamenti della seconda guerra mondiale; ma allora l'emozione fu grande. Tutta la cittadinanza accorse al Monumentale per il funerale delle vittime, alla cui memoria venne eretto un monumento (ancora oggi esistente) in via Tira boschi. In Duomo vennero tolte le vetrate, per salvarle dai bombardamenti, e l'arcivescovo dovette permettere che in estate le "signore" potessero tenere l'ombrellino aperto durante la messa per proteggersi dal sole. L'industriale Lorenzo Santoni si fece un po' di pubblicità regalando al Comune, per la difesa della città, un Farman (aereo francese da caccia) nuovo di zecca, completo di hangar e di munizioni. Il barone Antonio De Marchi, per non esere da meno, offrì all'esercito la prima "automobile blindata" uscita dagli stabilimenti di Edoardo Bianchi. Le fabbriche milanesi impegnate nella produzione bellica lavoravano a pieno ritmo. La Breda sfornava aeroplani, cannoni, siluri e giunse, nel 1918, ad avere diecimila dipendenti. Le officine Romeo costruivano motori d'aviazione, macchine, motocompressori e la Marelli di Sesto magneti. La Bianchi e l'Isotta Fraschini guadagnarono nel biennio 1916-17 una cifra pari a circa il sessanta per cento dei capitali investiti. Per loro la guerra era un grosso affare! A rimetterci erano quelli che la guerra erano stati mandati a farla. Soldati feriti, privi di arti da rieducare giugevano in continuazione negli ospedali milanesi, dove le signore, che avevano seguito i corsi di infermiera alla Poliambulanza di via Gustavo Modena, si aggiravano in bianchi veli, badando magari di non sporcarli troppo di sangue, specie se proletario. Le signorine di buona famiglia sferruzzavano calzettoni per gli alpini, sognando un bell'ufficialetto, mentre le donne del popolo lavoravano nelle fabbriche, dove avevano preso il posto dei loro uomini al fronte, e si sentivano morire ogni qualvolta il maresciallo dei carabinieri giungeva nelle case operaie di periferia per annunciare chiamando a gran voce dal mezzo del cortile, i nomi dei caduti.
Il primo gennaio del 1917 il Comune rilevò dalla Edison le tramvie urbane, valutate I l milioni e 800 mila lire, prevedendo di dover spendere per ulteriori sviluppi 13 milioni e 200 mila lire. Quanto al bilancio le spese erano previste in 14 milioni e 185 mila lire e le entrate in 15 milioni e 800 mila lire:
utile un milione e 615 mila lire. Il materiale usato comprendeva 566 motrici, 301 rimorchi e 200 chilometri di binari, oltre a due rimesse in esercizio, in via Messina e in via Pietro Custodi, mentre altre due erano in programma, a Porta Magenta ed a Porta Vittoria. I dipendenti erano 3.599 e fra stipendi e previdenza la spesa era di oltre nove milioni di lire all'anno. Intanto le cose al fronte non adavano tanto bene. Cominciarono ad arrivare i profughi della Valsugana dopo l'avanzata austriaca sull'altopiano dei Sette Comuni. La rotta di Caporetto portò a Milano trentamila profughi da sfamare. Il 2 agosto di quello stesso 1917 l'amministrazione socialista creò l'Azienda dei Consumi, ma il primo dicembre si vide costretta a decretare il razionamento del pane: 200 grammi al giorno a persona, 250 per gli impiegati inferiori e 400 per gli operai. Su settantamila tessere si scoprì però un curioso errore di stampa: invece di "pane" c'era scritto "pace". Responsabile di tale "errore" era uno zincografo socialista di Appiano, che aveva voluto così dimostrare la ma avversione al conflitto. Nuvole nere all'orizzonte
La guerra non pareva avere mai fine. Gli austriaci erano attestati sul Piave, a soli 300 chilometri in linea d'aria da Milano. I milanesi cantavano "Il generai Cadorna ha scritto alla regina/ se vuoi veder Trieste guardala in cartolina..." Nel novembre del 1917 i Soviet rvesciarono gli zar dal trono di Russia: tutta la borghesia d'Europa tremò. Per galvanizzare gli spiriti scossi il Comune allestì una mostra propagandistica sulle atrocità tedesche in Belgio e, quasi a dimostrare che malgrado tutto la città continuava a crescere, nel 1918 deliberò di annettersi il comune di Turro. Nel marzo del 1918 si esibiranno in piazza del Duomo le bande musicali degli eserciti alleati. 11 24 maggio, terzo anniversario di guerra, giurarono in piazza d'Armi, al Sempione, le reclute del 1900: ragazzi di 18 anni ormai consapevoli del macello che li attendeva. 11 16 giugno morì Arrigo Boito, l'ultimo degli amici di Verdi, un corteo di ombrelli seguì il feretro sotto la pioggia. In luglio giunse all'ospedale della Croce Rossa americana, in via Manzoni, un giovane sottotenente che a Fossalta, mentre guidava un'autoambulanza, aveva avuto il corpo imbottito di schegge: si chiamava Ernest Hemingway. In una Milano malinconica, dove, per risparmiare energia elettrica, i negozi e gli uffici chiudevano alle 17, i teatri erano chiusi 3 giorni alla
settimana e i tram rientravano in rimessa alle sette e mezza di sera, il giovane Hemingway si innamorò di una giovane infermiera, Agnes Hanna K urowski, veneziana malgrado il nome, che più tardi gli ispirerà il romanzo "Addio alle armi". Il I" agosto 1918 scomparve dalla testata del Popolo d'Italia il sottotitolo "quotidiano socialista" sostituito da "quotidiano dei combattenti e dei produttori". La cosa non suscitò scalpore. come non ne aveva suscitato granchè la notizia dell'arresto dei titolari e dei dirigenti della Filatura Cascami Seta accusati di aver venduto merci a tedeschi ed ad austriaci anche durante il conflitto. Li aveva denunciati il repubblicano di Ravenna on. Pirolini, che a Milano pubblicava libri e giornali popolari. Sotto inchiesta per irregolarità in forniture all'Esercito finirono anche Carlo Feltrinelli, Gnocchi, Dubini ed altri industriali, ma poi tutto finì. come sempre, in una bolla di sapone.
La sera del 3 novembre 1918 si dava alla Scala la prima della "Nave" del solito D'Annunzio. Già circolavano voci di una nostra avanzata. Appena il maestro Serafini salì sul podio il pubblico intonò gli inni alleati. Nell'intervallo dopo il primo atto un buttafuori si presentò sul proscenio ed annunciò che le truppe italiane erano entrate a Trento e Trieste. Il teatro si svuotò in un attimo. Tutti si precipitarono nelle strade già invase di entusiasmo; la guerra era finita! Ma quanto era costata? il Paese era a pezzi. Milano aveva avuto quasi diecimila morti. In più cominciò a dilagare un'epidemia chiamata "spagnola" per la sua supposta provenienza. Più del dieci per centro della popolazione ne venne colpita. La mortalità salì fino a circa 150 casi al giorno, contro la cinquantina dei periodi normali. 11 sindaco Caldara dovette proibire, per non allarmare troppo la cittadinanza, i cortei funebri, il suono delle campane a morto, la chiusura dei portoni in segno di lutto... e ordinare l'apertura di tutti i finestrini sui tram.
Altre nubi, però si andavano addensando all'orizzonte. Pochi giorni dopo la fine della guerra, mentre l'Italia intera celebrava la vittoria, un gruppo di arditi andò in via Paolo da Cannobio per consegnare a Mussolini un gagliardetto nero, simbolo dei loro reparti. Sarà il colore funesto che il futuro 'duce" sceglierà per le sue squadrucce e che causerà tanti lutti non soltanto a Milano.
(7 - Continua - Le puntate precedenti sono state pubblicate sui numeri 6, 7, 8, 9, 10, Il e 12 del 1981
Discusso dai lavoratori il futuro dell'azienda
Italtel: può essere risanata senza ridurre i dipendenti
Denunciato quanto il governo non ha fatto per far decollare un'azienda vitale per lo sviluppo industriale - Il peso della presenza delle multinazionali
quattromila dipendenti). Già nel corso del 1981 prepensionamenti ed incentivazioni alle dimissioni hanno cominciato a "mordere" sugli organici. Anche se si è in un momento di profonde trasformazioni tecnologiche il sindacato non dà per scontata una cosi drastica riduzione delle maestranze.
Sono in pericolo le nostre pensioni?
Nello stabilimento di piazza Zavattari. a San Siro, si è tenuta il 3 dicembre scorso, nel corso di uno sciopero di due ore, un'assemblea aperta dei dipendenti dell'Italtel (ex Sit Siemens). Tale assemblea è stata preceduta da un confronto estenuante. Per quasi due mesi il sindacato e la direzione dell'Italtel si sono incontrati nella sede romana dell'Intersind. In tali incontri l'azienda ha illustrato dettagliatamente e puntigliosamente il suo piano strategico, il cui obiettivo a breve periodo è il ritorno in attivo dei conti dell'azienda ed il suo risanamento. Oggi ufficialmente il bilancio del gruppo è in pareggio soltanto perché con la trasformazione in holding è stato possibile rivalutare alcune voci del patrimonio; ma il passivo reale si aggirerebbe sui 230 miliardi di lire. A più lunga scadenza l'Italtel si propone di tornare a chiudere i bilanci con un utile. La strada che intende seguire è quella della collocazione dei prodotti all'estero, della collaborazione con altre aziende straniere e nazionali, della qualificazione del prodotto in un momento in cui nelle telecomunicazioni viene introdotta in modo massiccio l'elettronica.
Tutto risolto quindi?
Il sindacato parla di una svolta nelle relazioni con l'azienda, di un apprezzabile sforzo per uscire da una crisi che era tanto meno giustificata agendo l'Italtel in un settore trainante. Ma... Di "ma" ne sono rimasti e tanti. Alcuni dei punti oscuri di questa vertenza, le preoccupazioni che si sono andate accumulando in questi mesi sono appunto emersi nel corso dell'assemblea del 3 di-
Primo motivo di seria preoccupazione per il sindacato. Il piano strategico delr ltaltel, pur ispirandosi in molte parti alle elaborazioni del sindacato, prevede un "esubero" di personale entro il 1985 di ottomila unità (un terzo degli attuali venti-
Altri motivi di preoccupazione riguardano le scelte del governo in fatto di telecomunicazioni e di telematica. Per questa ultima, a dire il vero, si è ancora e sempre nella fase della sperimentazione. Il piano decennale per le telecomunicazioni, invece, c'è, ma presenta più di un lato oscuro e ultimamente, per aumentare gli elementi di incertezza, il governo, anziché "guidare" le scelte dell'industria manifatturiera del settore riducendo, come chiede il sindacato, a due i sistemi da introdurre nel nostro paese, ha omologato un altro sistema, il sesto, introducendo sul mercato un nuovo gruppo internazionale.
Piero Borghini, intervenuto all'assemblea aperta a nome del PCI, ha parlato di una fase cruciale per questo settore. "È in gioco - ha detto -il destino delle telecomunicazioni e delrazienda leader. Si tratta di una scelta vitale per lo sviluppo; decide della collocazione dell'industria italiana sul mercato internazionale".
C'è una sostanziale con\ ergenza fra gli obiettivi che il sindacato si è dato autonomamente e le proposte del PCI, ha ricordato Borghini, ma per ottenere un nuovo assetto del settore delle telecomunicazioni che separi i produttori (l'Italtel) dai committenti (la Sip), che porti all'abolizione della Stet, per fare chiarezza sul piano decennale delle telecomunicazioni e, per tornare alla vertenza Italtel, ottenere garanzie sul piano degli investimenti, del risanamento e dello sviluppo occorrerà certo, oltre alla mobilitazione e alla lotta nelle fabbriche, un ampio schieramento di forze.
Molte altre voci hanno portato all'assemblea del tre dicembre contributi critici, solidarietà e disponibilità al confronto. Leonardo Badi ha parlato a nome della commissione lavoro del Comune, Mariani per la provincia, Cipriani per DP. Un telegramma della DC, che si scusava per la mancata partecipazione all'iniziativa, ma chiedeva in visione documenti e relazione, ha provocato dissensi nella mensa affollata dai lavoratori, ai quali non è neppure sfuggita l'assenza (neanche formalmente giustificata) della Regione Lombardia.
Con questo titolo voglio segnalare una riunione-chbattiro che si è svolta al Circolo De A micis, con l'intervento del Presidente dei n. N. P. S. Ruggero Ravenna. A detta riunione è intervenuta anche la Stampa rappresentata dal giornalista Riva della Repubblica. Come semplice cittadino contribuente, presente a questa riunione e preso alto di quanto è stato esposto in quel dibattito, desidero portare a conoscenza della cittadinanza ciò che, si è detto, ciò che non si è detto o non si è voluto o potuto dire. Una cosa è certa.
Per questo enorme "carrozzone previdenziale", che ingoia dai contribuenti migliaia di miliardi e dovrà gestire per i prossimi anni oltre 100.000 miliardi, è previsto un deficit di 45.000 miliardi.
Se si pensa che il Governo Spadolini, per contenere la spesa pubblica non deve superare la soglia dei 50.000 miliardi per non arrivare al col-
lasso economico, per pagare la sola burocrazia clientelare amministrativa di questo immenso carrozzone e le pensioni per oltre 15 milioni di pensionati, mi chiedo e ci chiediamo tutti: come si potrà colmare questo enorme deficit? Aumentando le tasse?
Perchè non si inizia a vederci chiaro nei 5 milioni di pensioni cosiddette "di invalidità" delle quali pensioni in alcune parti del nostro Paese vengono erogate a/l'80% della gente e che per mantenerle gravano sulle spalle del contribuente dipendente? Dove si potranno reperire questi 45 mila miliardi per poter pagare le "pensioni oneste" nei prossimi anni, senza superare la soglia dell'inflazione del 16% come è nel programma dei nostri governanti, dato che sull 7.N. P.S. grava anche la cassa integrazione sempre in ascesa, come panacea tampone contro il diffondersi della disoccupazione a causa della ristrutturazione aziendale
selvaggia e della recessione in atto? Una rispota non è stata data. Sono stati solamente proposti dei cauti correttivi alle leggi in vigore, per non indispettire il qualunquismo che vige indisturbato nelle paratie corporative e che prospera, ha vissuto, vive e vegeta sempre sulle spalle dei lavoratori dipendenti. Dalle parole del Presidente del'''. N. P. S. si è saputo che in pensione non si va solo a 60 o 65 anni, ma si può anche andare solo a 35 anni purchè si appartenga ad una categoria pubblica privilegiata. Questa giungla pensionistica che permette di agevolare alcune categorie ed alimenta il lavoro nero, creando così la disoccupazione giovanile, lascia che ognuno guardi al proprio egoistico interesse piuttosto che l'interesse collettivo, mettendo lavoratore contro lavoratore.
Questo modo di gestire il Paese non permette di arriva-
re ad una legislazione diversa che, partendo da una base pensionistica dignitosa uguale per tutti. unifichi le pensioni secondo le categorie e le mansioni svolte, sia in Enti Statali, Pubblici o Privati, perché gli interessi clientelari contrapposti creati da chi ci ha governato per oltre 30 anni e ci governa tuttora, non permettono di eliminare i privilegi acquisiti di fatto da anni, anche se la bancarotta del massimo Ente Previdenziale è vicina, come dice Leo Valiani nell'articolo di fondo del Corriere della Sera del giorno 3 dicembre 1981.
Al proposito, un altro articolo apparso sullo stesso Corriere in data 25 novembre 1981 ci ha portato a conoscenza che l'EM PAS, 'EMPA LS, l'EMPIDEP e INA DEL rimangono ancora in gestione commissariale fino al maggio 1982.

Ora vorrei chiedere. Quanto costa la gestione di questa burocrazia assistenziale dato che il suo Presidente, pur criticando a ragione la politica dell'attuale sistema, ha preferito non menzionare? Perché, se questo groviglio di interessi politico assistenziali veramente non funziona, il Presidente dell'Ente non si dimette per protesta? Penso che sarebbe un esempio civile di correttezza morale.
Comunque, da semplice cittadino, ho voluto dare questo allarme, anche solo come contributo all'informazione, perché l'opinione pubblica si mobiliti fino da questo momento nel caso che quanto esposto diventasse una cruda realtà per chi ha versato i contributi per una dignitosa pensione e per una vecchiaia in pace e serenità. Tutti quanti dobbiamo fare pressione presso le Autorità competenti compresi i Sindacati, anche essi responsabili della situazione attuale, per ottenere una risposta con la massima chiarezza alla domanda che deve venire loro posta con forza. È VERO CHE LE PENSIONI SONO IN PERICOLO? Attendiamo questa risposta. Grazie.
Ennio TacchiIl terziario al
Sant'Elia Non c'è stato alcun cambiamento di rotta
La risposta del P.C.I. e del P.S.I. della zona 19 ad un volantino diffuso dal circolo ACLI del Gallaratese
Prima che una risposta al volantino delle ACLI del Gallaratese, vogliamo dare una informazione completa e corretta ai cittadini, per evitare ogni confusione e respingere il discredito che certe affermazioni fanno cadere sulla Giunta di Milano e sulla maggioranza del Consiglio di Zona 19.
1)11 nuovo PRG (Piano Regolatore Generale) di Milano approvato 1'11/12/1977 prevede sull'area del Sant'Elia insediamenti di terziario amministrativo di Enti Pubblici o di Enti che svolgono servizi di interesse pubblico in regime di concessione (TAP-/1). La Giunta infatti ha ricercato Enti che realizzassero quanto previsto, ma di fronte alla crisi economica e finanziaria dello Stato e degli Enti Locali non vi sono state proposte adeguate. Quindi niente "cambiamento di rotta" o "operazione speculativa" come si insinua, ma insediamento di un centro di calcolo bancario al servizio dell'industria, operante con le previsioni e la logica del PRG, anche se certo sarebbe stato preferibile un terziario pubblico utile alla zona.
2) L'edificazione progettata non è una "torre alta 50 metri" ma un corpo che comprende nei 150.000 mc. anche un 20% di spettanza della Amministrazione Comunale, sulla cui destinazione sarà sentita la zona, che sarà realizzata dal costruttore in cambio della cessione del 20% di area di proprietà co-
munale (il resto è privato).
3) Sul metodo lo stesso Consiglio di Zona 19 ha criticato l'Amministrazione Comunale per le carenze di documentazione del progetto che é stato inviato in periodo feriale al Consiglio di Zona 19. Però il Consiglio di Zona 19, attento ai diritti di informazione e di partecipazione democratica dei cittadini, ha posto in visione al pubblico per due mesi. Progetto e plastico; ha indetto un'assemblea pubblica con assessori e progettisti dopo di che ha espresso il parere che riportiamo:
Il Consiglio di Zona 19 "..... chiede all'Amministrazione Comunale l'impegno ad approvare il progetto in causa contestualmente a precisi e puntuali impegni per ciò che riguarda: le destinazioni del TAP/1 nel senso di garantire che siano rispettate le normative vigenti del Piano Regolatore Generale; di precisare l'entità e le caratteristiche dell'utenza coinvolta dagli edifici progettati (vedi attività e funzioni), definizioni ritenute di grande rilevanza agli effetti della costruzione di un brano di città con le situazioni vitali del quartiere, quindi, per le necessarie valutazioni attinenti i servizi pubblici, i trasporti in metropolitana ed in superficie, le varie relazioni viabilistiche, le gestioni; di definire le previsioni e le destinazioni del nuovo asse di viabilità attraversan-
te l'area in oggetto e tutto il sistema circostante; di ritenere determinante il ruolo del Consiglio di Zona 19, dei cittadini, degli operatori zonali per quanto riguarda la destinazione d'uso del 20% del terziario di spettanza dell'A mmi nistrazi one Comunale; di garantire che oneri di urbanizzazione e i diritti di Concessione Edilizia derivanti dalla realizzazione del progetto, vengano utilizzati per realizzare opere di pubblica utilità in primo luogo nell'area interessata all'intervento (ad esempio: sistemazione Monte Stella, recupero palazzina via Terzaghi, viabilità, servizi di quartiere) e nella Circoscrizione 19".
Quindi quale "malcostume politico" quali "giochi già fatti", quale inutilità dell'assemblea pubblica del 30 agosto 1981?

La presentazione di una mozione e la sua votazione in assemblea, fatta propria poi dal Consiglio di Zona 19, è una pratica democratica fin dai tempi del Comitato Popolare.
Se mai, si semina qualunquismo quando si spara contro tutto e tutti, riducendo così le possibilità di una lotta seria su obiettivi reali anche a difesa, dagli attacchi che da più parti (anche in zona) si stanno portando, dai contenuti del PRG di Milano, voluto dalla sinistra e dalle forze democratiche nel loro insieme.
PCI - PSI della Zona 19
... DIAMO ut4 TAGLIO ALLA SPESA
PUBBLICA i k»,1 TAGLIO ALLA SANITA', QN
TAGLIO ALLE?:DtcA V.ISI?7 A IJ l 1,0
TAGLIO AGLI fiA ut) TA GLIO AI COMUNI, MA PER BILANCIARE
Da qualche mese a questa parte, e precisamente dal luglio scorso, in seguito ad un documento redatto dalle ACLI-Gallaratese, è nata una polemica, che è sfociata in una serie di volantini, in merito alla fine che ha fatto, o che farà, il piano regolatore del nostro quartiere, e quale sia la sua attuale validità.
La mia impressione, soprattutto dopo aver partecipato alle varie riunioni in merito ( ed è impressione anche di numerosi altri cittadini) è che tale polemica sia abbastanza sterile in quanto né l'una né l'altra parte sembrano voler affrontare i nodi ed i problemi attuali del quartiere.
È certamente importante, e direi essenziale che ci si batta per il rispetto e per la realizzazione di un piano che é stato il prodotto di tante lotte degli anni settanta, ma è anche ridicolo far risalire ogni magagna alla mancata realizzazione di progetti e servizi, che il cittadino del Gallaratese ha ormai relegato in un futuribile libro dei sogni, quando il diffuso "disagio" se solo di questo si può parlare, ha ben altre e più precise origini.
È osservazione comune che il nostro quartiere si stia rapidamente degradando, e alcune sue parti hanno già la caratteristiche del ghetto e dello "slum".
La fatiscenza degli edifici (che non hanno più di 10-15 anni), la sporcizia, i segni di un vandalismo idiota e irresponsabile, l'incuria, l'inciviltà non possono essere ascritti genericamente né ad una persistente mancanza (vera) di alcuni servizi, né alla onnipossente crisi economica; non sono certo queste giustificazioni sufficienti ad un processo di erosione civile e ambientale che dura ormai da parecchi anni e che, ripeto, presenta aspetti di disomogeneità da zona a zona del quartiere.
Non è difficile, parlando con la gente (quanto tempo è che le organizzazioni politiche e sociali di zona non fanno più una cosa cosi banale?), capire che la rabbia è diretta indistintamente contro le autorità (il Comune è chiamato in causa innanzitutto) non tanto per ipotetiche inadempienze al Piano Regolatore, ma per quanto non si fa da tempo per la normale manutenzione ad un livello di semplice sussistenza delle strutture attuali del quartiere.
Il primo vero unico e grande colpevole è quindi l'IACP, questo elefante paralitico nel quale le scarsissime residue sacche di efficienza e buona volontà annegano ogni giorno di più in un mare di burocrazia becera, di ignoranza, di incapacità, di disorganizzazione, di squallidi corporativismi di parassitismo e di stupido assistenzialismo alle spalle dei cittadini. Da anni l'Istituto non fa, non dico la manutenzione straordinaria (in molti appartamenti piove in casa da anni) ma neppure la manutenzione ordinaria degli stabili: non fa manutenzione alle tombinature e al verde da almeno 5 anni, ha eliminato le custodi sostituendole con squadre di pulizia fantasma, nessuno effettua la benché minima pulizia di vialetti e spazi comuni, ormai ridotti ad un unico vastissimo e ributtante immondezzaio in cui giocano bambini, topi e scarafaggi. Particolarmente grave, sotto questo aspetto, è la situazione del Gallaratese G-2 Nord-S. Leonardo, dove più si è fatta notare l'assenza dello IACP. Non c'é da meravigliarsi quindi per tutta questa rabbia e del perché la gente perda fiducia nella possibilità di cambiare le cose e si disgreghi in iniziative pressoché personali e scarsamente incisive, oppure, più semplicemente, cerchi
casa altrove.
Non c'è da meravigliarsi se, dato lo scarso coinvolgimento e interesse su questi temi di forze politiche e sociali, l'informazione sia scarsa o alterata al punto che la gente finisce col prendersela con l'Autorità in generale, senza fare i debiti "distinguo".
Più di un anno fa un numeroso gruppo di cittadini del G2-Nord avevano già espresso queste convinzioni e osservazioni in una lettera inviata ai giornali e, ovviamente, allo IACP ed al Consiglio di Zona.
Ebbene, i giornali pubblicarono la lettera, ma IAPC e Consiglio di Zona non fecerro una grinza.
Certo, ormai abbiamo perso la speranza di smuovere lo IACP, sempre più comrpeso e convinto del suo ruolo di estorcere soldi per servizi che non fornirà mai, ma il Consiglio di Zona ed il Comune dovrebbero finalmente muoversi, e duramente, per sanare questo stato di cose.
L'alternativa è l'ulteriore peggioramento della situazione, il disfacimento definitivo di un grosso patrimonio pubblico, l'aumento di sfiducia e menefreghismo, aiutato in ciò, purtroppo dall'insensibilità e dall'ignoranza di alcuni gestori del bene pubblico, di cui non voglio far nomi, ma che ebbero a rispondere al sottoscritto che li interpellava - Ma cosa volete ancora voi del Gallaratese? Siete dei privilegiati, vi abbiamo "dato" anche la metropolitana! -
A prescindere dal fatto, che come tutti ben sanno, la metropolitana non ci é stata data ma ce la siamo conquistata con giuste lotte, i privilegi di cui godiamo mi sembra di averli descritti brevemente sopra. Ne faremmo volentieri a meno.
F. FrontiniDIAMO ANCHE
Ohi TAGLIO AGLI
SCANDALI 01.) TAGLIO
ALLA P2 UN TAGLI()
ALLA PISTA NERA ONTAGLIO .....
e, Guardando la TV
Il decreto Nicolazzi
ovvero il Ping-Pong
Tognoli-Nicolazzi
Sono le ore 20,40 TG1. Inizia il dibattito sul decreto Nicolazzi. Da una parte il Sindaco Tognoli, dall'altra la faccia furba di Nicolazzi, colui che quando era ministro dell'industria aveva detto a tutti che la benzina non sarebbe aumentata
Attento, nella poltrona davanti al televisore, osservo questo ping-pong che più che uno scontro è stato un dibattito al salamelecco. Comunque si è saputo cosa vuol dire silenzio-assenso e che a Milano per comprare un appartamento occorre in media un milione al metro quadro.
I due personaggi, socialisti entrambi, ma di "sfumatura diversa" si sono alternati in "Prego, prima lei", "No, Lei prego" per non scontrarsi diramente. Come spettatore ho avuto l'impressione di due persone che non avrebbero mai alzato un dito per offendersi.
Se il lettore non ha visto questo buffonesco pingpong deve sapere che il decreto Nicolazzi parte dalla situazione esistente per costruire, non si sa come e dove, case al prezzo di oggi.
Dico non si sa, visto che fino ad ora le Immobiliari, le Banche, le Assicurazioni, ecc. non soltanto hanno rastrellato tutti i pochi risparmi dalle mani dei risparmiatori facendo loro comprare case, ma tutti i suoli per costruire, imponendo così ora i prezzi ai privati e ai comuni. Ciò che interessa alla gente è sapere se i comuni hanno idea di dove costruire le case popolari, quale servizio offrire e soprattutto a che prezzi si possono acquistare le abitazioni, visto che dal dibattito è emerso, d'accordo anche il Sindaco Tognoli, che le vecchie case popolari verranno date tutte a riscatto.
Allora, chi vuole comprare dove potrà ottenere una casa in affitto? In Russia! La questione casa non si risolve col decreto Nicolazzi.
Lo stesso Nicolazzi„rivolgendosi qualunquisticamente davanti ai telespettatori, ha detto che parlava ai 700 mila futuri clienti che aspettaco da anni di avere una casa. E gli altri milioni di cittadini che cercano casa e non trovano neppure un buco in affitto, chi sono? Sono i poveri dignitosi che purtroppo non hanno i 20 milioni di anticipo per la casa; sono coloro che non hanno beni al sole o evadono le tasse; sono quelli che hanno un solo reddito mo-
desto che non gli permette di comprare una casa a un milione il metro quadro.
Se il decreto Nicolazzi passerà vedremo gli sfrattati ricattati dal "comprare o lasciare", e le vecchie case, con il silenzio -assenso, nel caso in cui il visto del Comune per i lavori non arrivasse entro i 90 giorni previsti, si trasformerebbero automaticamente in pied-à-terre, monolocali lussuosi, uffici, ecc., forse anche piccoli appartamenti, ma dopo essere ristrutturati più costosi a vantaggio solo della speculazione edilizia selvaggia.
Di fatto, mentre le sinistre sono contrarie e per alcuni "con i distinguo", la DC e i partiti laici e le associazioni costruttori sono pienamente d'accordo. Questo dimo-
stra quanto sia popolare il decreto legge che entro il 25/1/1982 dovrà diventare legge esecutiva se dovesse passare.
Comunque, per dovere di informazione, voglio anche ripetere la frase di Nicolazzi: "L'importante della presentazione del decreto è comunque aver messo a nudo il problema della casa in Italia costringendo tutte le forze a confrontarsi sul modo di risolverlo". Avendolo visto così allegro alla TV facendo questa affermazione, non vorrei che avesse capito che chiudere la stalla dopo che i buoi sono fuggiti non serve a nessuno. C'è ancora tempo per chiudere le stalle? Auguriamocelo.
DI TASCA NOSTRA
La trasmissione televisiva sul Canale 2 che informava i consumatori circa la qualità dei prodotti da comprare e i relativi costi è sparita.
E stata l'unica trasmissione dove non esistevano discorsi nebulosi, ma nomi dei prodotti e dei produttori. Come in tutte le trasmissioni dove si deve analizzare e informare con serietà il cittadino, e in questo caso il consumatore, c'è stata la censura.
A chi dobbiamo questa presa di posizione contro il consumatore?
Chi è che manipola il TG2?
Credo che ciò sia dovuto al fatto che il portare sugli schermi la verità abbia dato fastidio a qualche grosso "papavero industriale" che, essendo stato smascherato da questa trasmissione, non poteva più raccontare la favola di Cappuccetto Rosso. Ecco allora che i "compari" politici sono venuti in aiuto con tante scuse, e senza essersi giustificati davanti al telespettatore che si è chiesto
perchè questa trasmissione civile informativa è cessata, hanno messo la testa sotto la sabbia come gli struzzi per non vedere la reazione della gente. Ormai siamo abituati da tempo a questi colpi di scena. Trasmissioni come "Faccia a Faccia" diretta da Fallivena, come "La Diligenza" diretta da Giuseppe Fiori dove si cercava di coinvolgere nel pensiero il telespettatore sono sparite nel nulla. E strano che il TG2 cosidetto laico si comporti così; lo è meno se si pensa che i partiti che dirigono questo canale sono asserviti al regime in atto. Lo scopo dei giornali è quello di sottolineare i fatti e precisarli. Ho scritto questi appunti perchè leggendoli il cittadino mediti e protesti in difesa dei suoi diritti e della informazione diretta, dato che paga un canone televisivo e non desidera solo vedere i "Pippo" i "Mike" e non si contenta più di pane e circo. E.T.
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Ne faremmo volentieri a meno
MILANO - AMSTERDAM - ROMA PROSPETTIVE PER IL
FI JTURO DOPO LE MARCE EUROPEE
DONNE PER LA PACE
L'esperienza di uan persona della zona nell'organizzazione europea del Movimento per la Pace.
Anche a Milano abbiamo sentito il bisogno di ritrovarci insieme in un impegno comune contro la guerra.
Eravamo donne di ogni provenienza, ci siamo incontrate come donne, con nient'altro che il nostro nome e cognome e abbiamo lasciato fuori dalla porta del salone del Consiglio di zona n. 1 dove ci riunivamo, le nostre sigle, i nomi dei nostri collettivi, le etichette dei partiti, qualsiasi tipo di bandiera, anche quella femminista.
Dalle grandi finestre si vedeva il Sagrato di piazza del Duomo, quello stesso sagrato che ci aveva viste in altre occasioni, talvolta unite, altre volte contrapposte o divise, su obiettivi di noi donne e su obiettivi generali insieme agli uomini. L'ultima occasione era stata quella del lunedì 18 maggio, dopo la votazione pro o contro la legge 194. Fu un lunedì di festeggiamenti della vittoria e un lunedì tragico. C'era la nostra esultazione per aver tanto lottato, forse per la prima volta in molte e insieme, e aver vinto. C'era anche una grande sofferenza, l'esproprio, è avvenuto subito, quella notte stessa, per opera dei partiti che si appropriavano della vittoria, prima ancora che uscissero i risultati definitivi.
Adesso ci troviamo contro la guerra e per la pace, donne di collettivi del Palazzo di Giustizia, della Libreria delle donne, di gruppi di quartiere, donne di partiti, dell'UDI, di associazioni laiche e antifasciste, donne partigiane ma tutti questi ambiti che ci vedono impegnate restano appunto, fuori dalla porta.
Noi speriamo che vengano, prima o poi, anche quelle donne che lunedì 18 maggio non erano sul sagrato, anche quelle che allora stavano dall'altro fronte.
Nascono i primi questiti e le prime difficoltà.
Che senso ha, chiede qualcuna, vedersi come donne per la pace giacché la pace ci riguarda tutti, uomini e donne? Esiste forse una specificità donna sulla pace? Noi pensiamo di sì e crediamo che tutte le donne, passato il primo momento lo capiranno.
Ci preoccupiamo perché subito il "che fare" rischia di prenderci la mano e pensiamo invece che dovremmo ancora molto riflettere sulla nostra specificità di donne contro la guerra e per la pace.
C'è invece chi ha l'impressione che si discuta troppo e si agisca troppo poco, gli obiettivi che possiamo scegliere sono tanti e vanno dal fare cultura di pace all'occupazione di basi missilistiche. Pur che si faccia qualcosa, non c'é tempo da perdere.
Siamo diverse, partiamo da punti diversi ma è la prima volta che la nostra diversità non ci fà paura, accettiamo di partire dalle nostre diversità per costruire un'a- zione comune. È la nostra ricchezza.
Alcune però già non vengono più. Altre nuove invece si aggiungono. Il tutto è ancora fluido. Per ora non siamo ancora pronte per coinvolgere, come invece vorremmo, le migliaia di altre donne. Non siamo ancora pronte nemmeno a chiamarci in qualche modo, per
esempio potrebbe essere Coordinamento milanese delle donne per la pace.
Intanto ci è giunto il bellissimo documento delle donne siciliane. La Sicilia che ha offerto al Nord riflessioni preziose, scelte strategiche e azioni. Questo è stato un grande dono. È il nostro inizio ma siamo pronte ad andare avanti.
Amsterdam 27/29 novem-
bre '81: 'Donne d'Europa in Azione per la Pace', una conferenza allo scopo di agire insieme per ottenere la fine della corsa agli arma- menti, il disarmo e la pace. È stata indetta dalla 'Lega Internazionale delle Donne per la Pace e la Libertà che ha sede a Ginevra, che esiste da 60 anni ed ha voce consultiva all'ONU, all'UNESCO e all'UNICEF.

Da Milano ci siamo andate in cinque, una da Verona, una nostra amica che vive in Corsica, e una da Catania.
Ad Amsterdam, bellissima e inquietante città, la conferenza, come tutte le conferenze è stata intensissima ma siamo ugualmente riuscite a strappare del tempo prezioso per Rembrandt e per Van Gogh. Di sera, dopo una piccola bevuta e una piccola mangiata, ci rilassavamo e ci scambiavamo preziose impressioni talvolta contraddittorie ma che sono state di crescita per il nostro piccolo gruppo.
La conferenza si svolgeva al `Tropical Institute' nella sede austera e imponente della seicentesca facoltà di studi tropicali di una Olanda mercantile e dominatrice di, mari e di colonie. È proprio bello il palazzo che ospita questa facoltà e ospitava noi, con i suoi soffitti fatti di aeree travi di legno, i lampadari enormi simili a corone d'avvento, le statue e le decorazioni, le scale a chiocciola, la scalinata d'onore e gli atri spaziosi. É accogliente e noi ripensavamo ai nostri inaccoglienti luoghi d'incontro, cosparsi di cicche!
Ad Amsterdam, alla conferenza, sono state presenti come minimo tre tipi di realtà diverse.
Al vertice c'erano la statunitense presidentessa Carol Pendell, elegante, prudente e conciliante, dall'aspetto e dalla parola avrebbe potuto benissimo far parte della casa Bianca e, alla pari con lei, la delegazione dell'URSS con in testa una donna del Soviet Supremo, la Kug lova e diverse altre.
Nettamente contrapposta a queste due voci ufficiali, era stata invitata la teologa e scrittrice tedesca Dorothee Sone che conobbe il nazismo e vive negli Stati Uniti ed è una donna eccezionale. Il suo discorso intitolato 'L'influenza delle donne sul disarmo nel mondo' spaziava dal significato che ha la pace come valore, a come trasformarci in portatrici di pace, alla inequivocabile scelta di una strategia per i disarmi unilaterali.
C'era poi la seconda realtà, quella se così si può dire 'associazionistica' di tipo europeo, dalla Lega promotrice alla Lega delle Donne Democratiche, a gruppi di chiesa protestanti e cattolici ed altri gruppi minori. Per comprendere queste associazioni dell'Europa nordina è necessario uscire dalla nostra mentalità per usare un metro diverso. Da noi in
Italia le differenze ideologiche, partitiche, laiche o di chiesa, pesano in maniera determinante ci dividono subito in schieramenti. Nelle tradizioni nordiche esiste una prassi associazionistica più democratica, un tantino più al di sopra delle parti, esiste una volontà di incidere insieme su questo o quell'obiettivo. Per esempio, quando li si parla di 'far pressione sulle istituzioni' s'intende far pressione su uomini che amministrano e governano la cosa pubblica e non tanto sulle singole parrocchiette. Porsi come obiettivo di ottenere che tutte le 'municipalità' rifiutino l'installazione di missili sul loro territorio ha un senso molto più concreto di quanto lo possa avere da noi.
Un'altra terza realtà che era presente, da 25 paesi europei con più di 500 partecipanti complessivamente, era il meglio del meglio del movimento femminista europeo. Il passo avanti ad Amsterdam rispetto a Praga era che le partecipanti non erano delegate di nessuno, rappresentavano se stesse. Abbiamo avuto l'occasione di conoscerci, in particolare con le tedesche di Berlino e con le inglesi abbiamo avuto contatti importanti. Grazie alle donnedi Berlinoche erano tutte state a Praga siamo anche riuscite insieme a loro ad esercitare una piccola pressione sulla presidenza della conferenza per avere un incontro con la delegazione russa, la polacca e la cecoslovacca per puntare con forza il dito sulla necessità di intensificare gli incontri fra le donne dell'est e quelle dell'ovest, non tanto a livelli ufficiali dove, si sa, parlano a nome dei governi, quanto piuttosto fra donne e donne.
L'incontro non è stato inutile, forse abbiamo fatto un po' scricchiolare la crosta protettiva di ghiaccio ufficiale ed esterna. Ci sono parecchie scadenze in vista e, a nostra grande sorpresa, abbiamo appreso che a Parigi era stata lanciata dalle italiane presenti allora l'idea di una conferenza europea che facesse seguiti a questi primi inizi, a Roma in data 8 marzo.
In generale ci è parso che sul tema della pace le donne del nord sono molto più avanti rispetto a noi che abbiamo una visione meno ricca e più localistica e provinciale delle cose. Erano assenti la Spagna e il Portogallo, dalla Francia e dalla Grecia una sola rappresen- tante. È necessario intessere una rete europea di donne e noi dobbiamo molto lavorare a questo progetto.
Dall'Italia oltre al nostro gruppetto e a qualcun'altra che ci può essere sfuggita dalla nostra mancanza di collegamenti, c'erano alcune fiorentine del coordinamento per la pace che fa capo al senatore Pasti, una di La Spezia e Joyce Lussu che era relatrice ufficiale al tavolo della presidenza.
Il lavoro non si è disperso in chiacchiere, la parola veniva tolta se l'intervento era troppo lungo, si è lavorato con razionalità e conoscenza dei problemi e con molta concretezza.
I gruppi di lavoro erano:
1) Le armi e i sistemi nucleari in Europa e le nuove strategie USA;
Trattati internazionali e guerra nucleare in Europa; Aspetti economici e sociali con particolare riferimento allo sviluppo, la disoccupazione, la povertà e cosa ne deriva per noi donne;
Conversione da produzione di guerra a produzione di pace;
Analisi storica della guerra fredda dal 1945 ad oggi e storia dei tentativi di salvaguardare la pace in questo secolo, perché fallirono e cosa fare oggi;
Mass media, disarmo e pace; Storia del movimento delle donne per la pace e strategie del futuro;
Educazione alla pace e al disarmo.
Amsterdam non è stato un punto d'arrivo ma è stata una buona tappa. A livello di nostro vissuto vogliamo segnalare alcune cose importanti che meriterebbero un approfondimento e che qui soltanto enunciamo.
- Parlando di pace si è detto e ripetuto in varie riprese che la costruzione della pace incomincia quando ciascuna centro di se si mette a demolire quello che é stato chiamato 'la figura precostituita del nemico'; - È stato anche molto accentuato che la costruzione della pace incomincia soltanto quando la pace e la giustizia diventano inscindibili;
- Si è detto che le donne devono imparare ad usare le istituzioni a tutti i livelli per raggiungere gli scopi prefissi, ad usare i mass- media e qualunque mezzo e che, la parola 'usare' vuol dire attraversare le istituzioni senza lasciarsi da esse risucchiare. Così il numero delle donne crescerà, diventerà grande, sempre più grande fino a quando la massa delle donne diventerà una controparte diretta delle superpotenze e delle multinazionali e saremo allora interlocutrici dirette e avremo una grande forza contrattuale. Roma. A Roma il 5/6 dicembre ha avuto luogo un incontro del coordinamento romano delle donne per la pace. C'erano presenti donne dei collettivi, donne di partiti, sindacaliste, giuriste, giornaliste, donne delle radio.
C'erano anche donne che fanno parte del coordinamento veneto delle donne per la pace, una da Perugia del Movimento non violento e probabilmente da altri posti che ci sono sfuggiti. C'era presente anche Joyce Lussu, eravamo in due ad essere state ad Amsterdam. Era interessante vedere come le nostre impressioni su Amsterdam erano diversificate, tutto dipende in ultima da come si vive un incontro.
Il dibattito è stato ricchissimo e si è visto che rispetto a Milano, le donne di Roma sono molto avanti su questo tema. Venendo da fuori l'aspetto che più colpiva nel dibattito era l'incontro di due metodi e due pratiche su una volontà finale comune che era quella di costruire un movimento delle donne che incida, contro la guerra e per la pace. Due modi di procedere e due metodi: quello delle donne che in questi anni hanno fatto tutte le battaglie ma che non hanno mai tralasciato di improntare le battaglie alla specificità donna e l'altro, che non nega in alcun modo la specificità donna ma che è improntato sulla necessità di praticare concretamente gli obiettivi politici.
Il dibattito era molto vivace e anche contrapposto. È stato molto positivo che questi due metodi, forse per la prima volta s'incontrano, si scontrano e non si dividono, uno di qua e uno di là. È una crescita, certo difficile e non indolore ma è un nuovo capitolo nella storia del movimento delle donne.
Alla fine ci siamo lasciate con due obiettivi comuni. Primo, di costruire una mappa dell'esistente, ossia una mappa delle donne che in Italia si muovono sul tema della pace, lasciando a ciascuna realtà di esprimere le sue specificità. Bisognerà costruirla al più presto.
Il secondo obiettivo lo
trascriviamo così come, sommariamente, l'abbiamo espresso:
È necessario rispettare contemporaneamente tre piani:
L'Informazione:l'approfondimento., il più obiettivamente possibile dei dati che ci occorrono (economici, dell'organizzazione militare, i trattati, ecc.) per demistificarli;
Approfondimento dello specifico femminile sul tema della pace con rispetto delle diversità ma con riferimento al concreto (occorre legare il dibattito sulla guerra e sulla pace alla vita quotidiana delle donne); Obiettivi concreti e loro realizzazione (considerando che molti obiettivi non sono obiettivi che si possono definire come 'femminili' ma che non possiamo tralasciare di praticarli, potremmo al limite considerarli come obiettivi tattici che non possiamo saltare). Questo è il discorso dell'attraversare le istituzioni' di Amsterdam, di fare ... il re nudo! Tutto questo ha per titolo un'unica volontà che è quella di prefigurare il mondo futuro senza guerre.
In ultimo: si potrebbe inventare un metodo femminile per collegarci, per esempio 'usando' tutte le donne che per motivi di lavoro o familiari si spostano con una certa frequenza da una città all'altra: le staffette del movimento della pace.
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QUALCOSA È STATO FATTO, MA ALTRO RESTA DA FARE
QT8:unquartiere É spesso dimenticato
Ma come è bella la storia!
Prosegue con successo il corso di storia al consultorio
è stata interrotta ma riprenderà lunedì I l gennaio con il prof. F. catalano con oggetto di studio "Antifascismo e Resistenza".
Una serie di interrogativi posti dal Comitato di Quartiere per la difesa del Monte Stella al Consiglio di Zona 19 I
Il Comitato di quartiere per la difesa del Monte Stella sente l'esigenza di confrontarsi con il Consiglio di Zona su alcuni problemi che sono rimasti irrisolti nonostante il lavoro che il Consiglio di Zona e il Comitato in tal senso hanno svolto e su nuove esigenze e istanze sorte recentemente in quartiere, ed ecco i punti:
Come da precedente nostra comunicazione del 18 novembre scorso documentata, stiamo assistendo a lavori di piantumazione sul Monte Stella. Vorremmo sapere se il Consiglio di Zona è a conoscenza di questi lavori.
Ricordiamo che in pubblica Assemblea il Consiglio di Zona si era impegnato a informare i componenti la segreteria di questo comitato degli interventi che di volta in volta venivano approntati e le loro finalità, nonché a raccoglierne i pareri e i suggerimenti per una migliore riuscita dei lavori.
Vorremmo inoltre sapere se i lavori di piantumazione che vengono attualmente fatti seguono un criterio di programmazione che comprende gli interventi che erano stati a suo tempo richiesti dal Comitato e che di seguito elenchiamo:
- impianto di illuminazione pubblica
- impianto idrico con fontanelle
- impianto di drenaggio delle acque piovane sistemazione dei pendii che attualmente smottano in seguito alle piogge sistemazione del fondo stradale dei viali e dei sentieri
- sistemazione dell'anfiteatro
- formazione di nuove scale
- adozione di cestini per le immondizie
- chiusura della via l erzaghi - lato betoniera - con la sistemazione della palazzina Terzaghi e suo recupero ad uso pubblico.
- riempimento dell'ex laghettc annesso alla palazzina Terzaghi, recupero del verde, pulizia e disinfestazione dell'area in oggetto.
Per quanto riguarda la benotiera siuta in via Terzaghi, nonostante il contratto d'insediamento sia scaduto nel giugno scorso e nonostante le ripetute assicurazioni dell'Amministrazione Comunale che tale contratto non sarebbe stato rinnovato, i cittadini della zona hanno potuto assistereal rinnovamento degli impianti stessi e ciò fa pensare che questa fabbrica progetti di rimandare a lungo a svolgere l'attività di quel luogo.
Il Comitato di quartiere aveva già scritto in data 30 marzo 1981 al Sindaco Tognoli per chiederne l'allontanamento, ma a tutt'oggi non ci è pervenuta risposta alcuna. Vorremmo sapere se al Consiglio di Zona è arrivata in merito qualche comunicazione e cosa intende fare per risolvere questo problema (in proposito il presidente del Consiglio di Zona ha
comunicato che è stata concessa una proroga di 90 giorni allo spostamento della betoniera, n.d.r.).
In merito alFassemblea tenuta dal Consiglio di Zona alla Cooperativa di Lampugnano in via Diomede il 22 settembre scorso ricordiamo che era stata votata una mozione nella quale si chiedeva che gli oneri di urbanizzazione provenienti dalla costruzione del centro di calcolo del Credito Italiano nell'area della MMLampugnano, venssero destinati tra l'altro alla sistemazione del Monte Stella, alla viabilità in Sant'Elia e al recupero della cascina Lampugnarello e della palazzina Terzaghi con area annessa.
Desideriamo sapere se il Consiglio di Zona ha già deciso ovvero espresso pareri sull'utilizzo di tali fondi e se in ogni caso intende recepire l'indicazione emersa dalla sopraddetta assemblea.
L'altro argomento è quello delle notizie lette sulla stampa in merito alla sistemazione nella nostra zona di un teatro tenda di proporzioni gigantesche. Come spesso accade, le notizie sono contrastanti circa l'ubicazione e il numero dei posti.
Il Comitato non è in linea di principio sfavorevole all'insediamento nell'area metropolitana di una simile struttura, ma, trattandosi di un'opera imponente si chiede se gli spazi destinati siano i più idonei e tengano conto di viabilità, parcheggi, servizi igienici, raccolta rifiuti, ordine pubblico, inquinamento acustico non solo per quanto riguarda il rumore degli spettacoli, ma per ciò che si riferisce alle operazioni di sfolla-
mento da tale struttura.
Qualora questo insediamento venisse giudicato inevitabile e fornisse gli elementi sopra indicati, si richiede una gestione prevalentemente pubblica poiché questo teatro-tenda diventerà di fatto l'unico a programmare cultura di massa nella Zona e un polo d'attrazione per tutta la città.
Si chiede al Consiglio di Zona che vengano forniti dati precisi in merito a delibere eventualmente già approvate. Poiché siamo a conoscenza che la sede del Consiglio di Zona verrà trasferita entro breve tempo presso altra struttura, il Comitato chiede che la palazzina per ora occupata in via Pogatshing 34 venga destinata ad ambulatorio per visite mediche, cure e servizio infermieristico.
Bisogna prendere atto che la popolazione del nostro quartiere sta invecchiando e con la vecchiaia aumenta il bisogno di usufruire delle strutture sanitarie che nel nostro quartiere sono pressoché inesistenti.
Pertanto è assolutamente indispensabile che ci venga assegnato un corpo medico sanitario che provveda alle esigenze della popolazione.
Dato che siamo in argomento di anziani, è bene far notare che nel nostro popoloso quartiere non esiste una struttura presso la quale gli stessi possano rivolgersi per formare momenti di socialità tipici e insostituibili per coloro che si trovano fuori dal mondo del lavoro e della produttività.
È vero che esiste il bar della Parrocchia dove parte di questa
popolazione di anziani si ritrova, ma è anche vero che quel luogo è sistemato nel sottosuolo e di per sé emarginante. Pertanto si chiede se il Consiglio di Zona è sensibile a costituire in quartiere un ambulatorio e un centro sociale per anziani. Per quanto riguarda l'individuazione nel nostro quartiere, da parte dell'Assessorato regionale alla Sanità, di una struttura da adibire a Centro di primo accoglimento per tossico-dipendenti, il Comitato chiede che il Consiglio di Zona si faccia promotore di una pubblica assemblea affiché la popolazione venga coinvolta intorno a questi problemi, prima che una decisione definitiva venga presa. Nel nostro quartiere la droga è una realtà quotidiana e diffusa e tutti possono notare movimenti di sospetti spacciatori e siringhe un po' dappertutto. La segreteria de Comitato, sensibile a problemi sociali e a questo fenomeno in particolare, chiede che venga individuata una struttura atta ad accogliere un centro che non sia avulso da un'assistenza e prevenzione più generalizzate; che non si limiti alla pura somministrazione di metadone, tenendo presente e facendo proprie le esperienze di altre località dove il problema esiste ed è stato affrontato.
L'inserimento di una struttura che riguarda un problema tanto delicato nel quartiere comporta il bisogno di una sicurezza per la cittadinanza che vive nel quartiere stesso.
IlComitato chiede che a questa pubblica assemblea venga invitato anche l'Assessore regionale alla Sanità per conoscere le competenze e gli impegni che lo stesso Assessorato-intende assumersi.
Ultimo punto: desideriamo sapere se il Consiglio di Zona ha esaminato la nostra richiesta del 20 novembre u.s. in merito all'utilizzo della saletta sottostante la Biblioteca di via Pogatshing 34, per le riunioni di segreteria.
Comitato di Quartiere per la difesa del Monte Stella
Centro Iniziativa
Che successo questi corsi di storia! L'incredulità è la prima sensazione che si nota parlando con le rappresentanti del Comitato di Getione del consultorio della zona 19. Nessuna di loro pensava ad un successo come quello che si é verificato. Nessuna pensava che ci fosse l'esigenza da parte di decine di persone di una formazione di carattere storico e questo soprattutto in una zona decentrata dal centro cittadino come lo è la zona 19.
Perché di decine di persone di tratta ed hanno seguito la serie di conferenze: dalle prime con il prof. F. Catalano sulla nascita del capitalismo e della borghesia a quelle del prof. I. Barbadoro sull'Italia del Risorgimento e del primo '900. Con l'arrivo delle feste di fine anno la serie di conferenze
Le lezioni seguiranno con il seguente calendario:
lunedì 18/ I /82 L'Italia nel secondo dopoguerra rel. prof. Venturi.
lunedì 25/ 1/ 82 L'Europa nel secondo dopoguerra rel. prof. Venturi.

San Siro: Sport e cultura
7,71,t-J.4
Proseguono con successo le iniziative promosse dal Centro di Iniziativa Culturale San Siro.
Per quest'anno si programmano numerose attività culturali e ricreative comprendenti: ciclo di films, concerti di musica jazzrock-classica, e spattacoli teatrali.
Tali iniziative si intercaleranno fra loro nel seguente modo: per i mesi di gennaio e febbraio 2 films ed un concerto mensili; da marzo 2 films, uno spettacolo teatrale ed un concerto (sempre al venerdì ore 21 presso l'Aula Magna del Liceo Vittorio Veneto in piazza Zavattari).
Il Centro di Iniziativa Culturale informa che presso la propria sede di via Mar Jonio 7 sono in vendita a L. 5.000 (tutti i giorni dalle ore 18,30 alle 19,30) tessere di riduzione per tutti gli spettacoli in programmazione al teatro dell'Elfo ed al Teatro di Porta Romana. Presentando questa tessera al botteghino del teatro si potranno acquistare i biglietti a L. 4.500. Il Centro di Iniziativa Culturale, a seguito del successo sinora riportato, invita ogni singola persona e tutte le associazioni sportive e culturali della zona a portare il proprio contributo affinché si riescano a costruire nuovi ambiti
lunedì I/ 2, 82 11 ruolo della Chiesa dal 1500 al 1800 rel. dott. M. Cuminetti lunedì 8/2/82 II ruolo della Chiesa dal 1800 ad oggi rel. dott. M. Cuminetti. Tutti gli incontri si svolgeranno al Centro Sociale di via Albenga, 2 ed avranno inizio alle ore 20,30 in punto. L.Z. ricreativi per il quartiere. Chiunque sia interessato può rivolgersi alla sede del C.I.C. in via Mar Jonio 7 tutti i lunedì dalle ore 21 alle 23.
Sfoglia Milano
Il poeta dialettale e pittore Arcano, assai noti nella nostra zona, dove risiede al quartiere gallaratese, è intervenuto il 9 dicembre scorso, quale personaggio della cultura milanese, alla mostra "Sfoglia Milano", allestita in occasione della festa di Sant'Ambrogio, e protrattasi per tutto il mese di dicembre, alla Libreria Il Segnalibro di Elena Parisi, in via Cesare Correnti.
La mostra comprendeva una vasta rassegna di libri, tra cui molte novità, nonché libri rari, pezzi unici, libri di poesia, di teatro, di storia, di cucina, di umorismo in dialetto ed in lingua, arte, stampe e libri fotografici della Milano di ieri e di oggi; un settore quest'ultimo cui la libreria aveva già dedicato in precedenza una mostra mercato, con rintervento--di F. Roiter e di B. Gardin, ed al quale dedicherà nel prossimo mese di febbraio una nuova mostra con un nuovo tema.
Alla iniziativa hanno partecipato, sempre quali personaggi della cultura milanese, Luciano Visintin, che ha presentato (ultima novità, "EI liber di sogn milanes", e Nanni Svampa.
Parcheggio riservato agli handicappati
È stata allestita a ridosso dello stadio Meazza, a San Siro, un'area di parcheggio riservata ad autovetture di persone portatrici di handicap.
Ploa dar* altri problema! a ohi già ma ha!
Il Centro di Iniziativa Culturale S. Siro informa che presso la propria sede di via Mar Jono 7 sono in vendita a L. 5.000 (tutti i giorni dalle 18,30 alle 19,30) tessere di riduzione a tutti gli spettacoli in programma al Teatro di Porta Romana e al Teatro dell'Elfo per la stagione '81 /'82. Tale riduzione è valida soo nei gorni da martedì a venerdì.
L'area è situata in via Piccolomini (la strada che passa tra lo stadio e la pista delle corse al trotto), vicino all'ingresso n. 23 dello stadio, adiacente alla biglietteria, e vi possono accedere e sostare le autovetture munite di apposito contrassegno attestante il trasporto di persone portatrici di handicap.
Con tale iniziativa si vuole facilitare l'accesso alle manifestazioni sportive da parte di portatori di handicap, che spesso se ne sentono esclusi per la difficoltà, quando non addirittura rimpossibilità, di trovare parcheggi in prossimità degli ingressi degli impianti sportivi.
La Croce Bianca al Gallaratese
El canton del barbee
IL RISCHIO
Ciao! Allora, hai sentito il ministro Marcora?
Quali? Quell del cestin?
Del paniere, vorrai dire.
- L'è istess! ... Ma.. cossa c'é che l'ha dit?
Il 13 dicembre scorso è stata inaugurata al Gallaratese, in via Ugo Betti 62, la nuova sede della sezione Via lba della Croce Bianca, che così ha ora un suo presidio nella nostra zona.
La sezione, oltre al servizio di pronto soccorso con ambulanze ed al servizio medico a domicilio 24 ore su 24, intende garantire nella nostra zona, ed in primo luogo, ovviamente, al Gallaratese, una serie di servizi a cominciare da quello, presso la nuova sede, delle iniezioni, di cui si avverte sempre più la necessità in un quartiere dove l'età media degli
Su proposta del consigliere Claudio Calerio, capogruppo del PCI, il Consiglio di Zona 19 ha approvato a maggioranza la nomina del consigliere Rosanna Magni Ferri, del gruppo comunista, a nuova coordinatrice della Commissione Igiene, Sanità Servizi Socio-Sanitari, il cui ruolo andrà notevolmente aumentando di importanza con la futura entrata in funzione dell'Unità Socio Sanitaria Locale nella nostra zo-
na. La nuova di una nuova responsabile di tale commissione si è resa necessaria dopo le dimissioni da consigliere di Zona del precedente coordinatore, dr. Gianalessandro Moroni, che pure faceva parte del gruppo comunista e che ha dovuto lasciare il Consiglio di Zona essendogli stato affidato un importante incarico nell'ambito della riforma sanitaria.
La Polisportiva Popolare di Quartiere S. Siro organizza due corsi di ginnastica per due ore settimanali presso la palestra del Liceo Scientifico Vittorio veneto (piazza Zavattari).
Tali corsi, tenuti da istruttori ISEF, dureranno fino al mese di giugno.
Orario: Martedì dalle 20 alle 21 dalle 21 alle 22
Venerdì dalle 19 alle 20 dalle 20 alle 21
Costo: L. 60.000 (complessivo del corso).
Le i.,crizioni si ricevono presso la sede di Via Mar Jonio 7, tutti i giorni dalle 18,30 alle 19,30.
abitanti va gradualmente crescendo, ivi comprese le iniezioni endovenose, per le quali sarà però necessario accordarsi per gli orari, essendo indispensabile la presenza di un medico.
La nuova sede (i cui numeri telefonici sono 3088561, 3088316 e 306528) funzionerà anche come centro di raccolta e di informazioni per quanti intendessero inserirsi nella Croce Bianca, come volontari, per i quali è previsto un apposito corso presso il Policlinico di Milano.
Gli abitanti di Viale Vigliani lamentano che sono state tolte le protezioni a quel poco verde rimasto sotto gli alberi, con il conseguente calpestamento di chi attraversa la strada che ha ridotto il tutto ad un terriccio polveroso.
C'è anche il rischio che, vista la vicinanza della Fiera campionaria, la zona diventi uno stazionamento per autoveicoli, cosa da evitare assolutamente.
A Trenno Vino e pittura
Vivo successo di critica e di pubblico ha ottenuto la mostra del miniquadro organizzata dal Gruppo Sirio dal 28 novembre al 13 dicembre scorso nel salone della Cooperativa La Vittoria di Trenno, in concomitanza con una esposizione enologica e vendita di vini pregiati nazionali organizzata dalla cooperativa stessa. Le due iniziative hanno avuto un vasto concorso di pubblico, affluito non soltanto per vedere le opere esposte o per assaggiare i vini, ma interessato anche agli acquisti sia dai pregi artistici dei miniquadri, offerti in vendita a prezzi estremamente bassi a scopo promozionale, sia dalla qualità dei vini proposti.
CROCE MANCA zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA
Gli abitanti si chiedono se ciò è avvenuto perché si prevede si sostituire le recinzioni oppure se esiste qualche altra ragione. Si domandano pure come mai la "71" è stata tolta dalla fermata di Viale Vigliani. Attendono dal Consiglio di Zona un chiarimento.

La Redazione di "M ilano 19" annuncia con grande dolore rimprovvisa e immatura scomparsa di ANGELO AMBROSINI vice presidente della Coop. ECER di via Cechov 20. Ricordando le sue doti dì valoroso dirigente politico e sindacale che ha profuso tutte le sue energie con continuità dalla lotta di liberazione fino al suo ultimo istante di vita, profondamente commossa porge condoglianze ai familiari.
I compagni della sezione Oriani annunciano la morte del compagno ERNESTO BIADIGO di 84 anni Presidente onorario della Cooperativa Piave di Lampugnano alla quale aderì nel 1916, si iscrisse al PCI nel 1921, alla sua fondazione. Perseguitato dal fascismo ha continuato fino alla morte a lottare per i valori della democrazia e del socialismo.
I compagni della sezione Oriani annunciano il loro cordoglio per la morte del compagno GIOVANNI CRISTOFORI di 57 anni
Che lui guarda al sodo.
Hoo capii! EI guarda al Spadolini.
Ma che c'entra Spadolini?
I nscì bel rotond come l'é el te par minga on oeuv in ciappa?
Macché uovo sodo!
Allora el sarà on oeuv in camisa!
Niente uova. Marcora ha detto che basa al sodo in economia.
Bhe! On oeuv in ciappa o in camisa l'è anmò on piatt economich.
Insomma ha detto che il momento dei sacrifici è giunto.
Tanta per cambià!
- Ha detto che bisogna tassare di più.
- Semper i solit, naturalment.
I soliti chi?
Quei che lavorenn sotta padron.
Questo non l'ha detto.
- Ma l'ha pensà, stà pur tranquill.
- Ha però detto che i salari reali devono diminuire.
- Se te disevi?
- Ma è per permettere alle imprese di guadagnare di più.
A spes di operari, come al solit.
Ha anche detto che le imprese devono poter licenziare.
E nient'alter?
Cosa vorresti d'altro.
Soo minga. Già ch'eI gh'era el podeva regalann ona preia per un.
- Per farcene che di una pietra per uno?
Per mettessela al coli e trass in del navili! Esagerato! Comunque ha detto che stiamo affondando.
Per forza, cont tucc quei che fann el subacqueo?
- Cosa c'entrano i pescatori subacquei?
- Mi parlavi minga de pescador, m de quei che fann i lor affari sott acqua, de scondun, insomma.
- Ti riferisci all'economia sommersa?
Si, propri a quella robba li. A furia de stà sott la ne tira sotta tucc.
- Ma finora ci ha anche permesso di stare a galla! Ma in che manera? Seguitand a imbarcà acqua! In che senso?
Stamm a sentì. Quei lì che fann el subacqueo hinn mai a ndaa a digh a quel di tass quanto l'è che guadagnenn?
Beh ... Forse non tutto.
E inscì paghenn minga i tass.
- O magari pagano meno di quanto dovrebbero. E nun intanta devumm pagà tucc! Anca quell che lor paghen no! Noi chi?
Prima de tucc quei che lavorenn sotta padron.
E si. Chi prende una paga purtroppo non può nascondere niente!
No, no, on momenti La question l'è minga de vess pussee furb di alter e pagà de men. ma de pagà tucc quel che devenn!
E se il governo non riesce a far pagare a tutti ciò che devono?
- Allora se cambia governo. Dam m atrà a mi, se el comandant d'una nav l'è minga bon de fala stà a galla mei trall in mar lù che ris`cià tucc de andà a fond.
- E pensi che ciò valga anche per il governo?
Certo! Chi inscì el ris'c l'è minga domà de andà a pic.
E quale altro rischio ci sarebbe?
De negà nella merda! Ciao, te saludi! el barbee
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VIALE VIGLIANI Niente verde e niente 71
Un problema dei nostri giorni Limitare sprechi e consumi intervenendo concretamente
È uno degli obiettivi che si è posto per i 1982 la sezione milanese del W.W.F. costituita recentemente per rendere più incisiva l'azione sul territorio metropolitano.
È stata recentemente costituita la Sezione milanese del WWF (World Wildlife Fund, Fondo Mondiale per la Natura), alla quale sono confluiti automaticamente tutti i soci del capoluogo e del circondario, non già coperto da altre sezioni, in modo da rendere più incisiva la sua azione nel territo-
do metropolitano. In seguito a tale costituzione vi è stata una suddivisione di compiti tra la sezione milanese. Quest'ultima, che ha la sua sede in viale Montegrappa 2, operando in una grande città propone agli iscritti di contribuire alla salvaguardia dell'ambiente secondo le politi-
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dal lunedì al sabato ore 8 - 9,30
che dell'associazione.
Gli obiettivi per il 1982 sono: a) intervenire concretamente per limitare sprechi e consumi sensibilizzare i cittadini sull'importanza delle piccole forme di vita animale;

censire il patrimonio naturale che sopravvive a Milano e dintorni intervenendo per la sua difesa.
Nel programma di intervento per la limitazione degli sprechi e dei consumi la sezione milanese del W.W.F. sta allestendo un centro recuperi, riciclaggio e scambi in un'antica cascina denominata Terradeo, nel comune di Buccinasco, aperta alla collaborazione di tutti i soci.
Chiunque volesse maggiori informazioni potrà ottenerle rivolgendosi direttamente alla sezione milanese del W.W.F. il cui numero telefonico è: 668810, prefisso 02 per chi chiama da fuori Milano.
Chiara
Spazio giovani
Per questo articolo, volutamente "a caldo" siamo nel centro della raccolta dati organizzato dal Provveditorato agli Studi presso il Licelo Panni.
I numeri arrivano a poco a poco, ma già dai primi si intuisce quella che sarà la tendenza a livello nazionale che i dati definitivi confermano: i ragazzi hanno seguito in massa le indicazioni dei gruppi di sinistra. Dove le sinistre giovanili sostenevano la scelta di astenersi per proporre forme alternative di partecipazione sono stati pochissimi gli studenti a votare e ciò non certo per disinteresse, ma per una precisa scelta politica. A conferma di ciò basti dire che dove gli studenti di sinistra hanno scelto di presentare proprie liste per ovviare a gravi problemi che esigevano una soluzione immediata la percantuale degli studenti astensionisti è stata irrisoria e le liste di partecipazione democratica hanno ottenuto la stragrande maggioranza dei suffragi (Basti solo un esempio: all'istituto E. Conti la lista dei partiti democratici e di sinistra ha raccolto il 75% dei voti).
Sono ormai passate diverse ore dall'inizio dello spoglio delle schede e le indicazioni che prima erano dubbie si fanno sempre più concrete e la netta posizione degli studenti si delinea sempre di più. Hanno perso tutti coloro che sostenevano che astenersi è non
Astenersi non è non partecipare
Impressioni sulle elezioni studentesche dello scorso dicembre
partecipare e che non hanno saputo far altro che riunirsi in preghiera per ciò che sta avvenendo in Polonia. Hanno perso coloro che credevano che per vincere bastasse attuare vili quanto stantii mezzucci (ci risulta che al classico "Beccarla" la lista di "Impegno laico" (FGSI-GSD-GLI) abbia distributo durante le elezioni manifestini tendenti a raccogliere
Gemmologia L'ambra
La parola Ambra è una denominazione generica di diverse resine fossili.
Si trova in masse i rregolari e grumi dentro le rocce sedimentarie e non di rado
si trovano inglobati animaletti e vegetali fossili ben conservati.
L'origine è incerta, si ritiene che sia resina fossile di una conifera, la Pines succinifera, conifere di immense foreste dell'era terziaria (70 milioni di anni fa), imprigionate da numerosi movimenti tellurici, quindi la resina di tali alberi fu sottoposta ad un lunghissimo processo di fossilizzazione.
L'uso dell'ambra è conosciuto fin dai popoli preistorici, da sempre è ritenuta simbolo di sapienza, virtù e grazia divina. I più importanti giacimenti sono quelli delle sponde del baltico lungo i
voti). Hanno vinto coloro che volevano una scelta di trasformazione e di impegno e che indipendentemente dal fatto che si sia o meno in periodo di elezioni lottano ogni giorno per il miglioramento di una scuola superiore che é malata, è grave, ma non è (e ciò anche per merito loro) morta. MAKO' mari della Germania. Dai pescatori è denominata l'oro del Baltico. Si trova in strati di sabbia di colore azzurro verdastro che affiora presso la spiaggia oppure sotto il livello del mare.
L'azione delle onde, specie durante le tempeste, strappa i noduli dell'ambra dalla roccia che li contiene e li getta assieme alle alghe sulla spiaggia.
Fin dai tempi preistorici la raccolta dell'ambra si faceva cercando soltanto sui lidi.
Attualmente sono iniziati veri lavori minerari dove gli strati ambriferi affiorano sopra il livello del mare.
Anche in Italia, ci sono giacimenti ambriferi, li troviamo in Sicilia lungo il corso del fiume Simeto in provincia di Catania.
Questa varietà di ambra, si trova in ciotoli di colore rosso giallo, rosso e blu, viene chiamata Simetite. Altra varietà di ambra di colore bruno o giallo brunastro la troviamo in Romania e si chiama Rumenite. Altro tipo di ambra molto gialla dal nome Birmite proviene dalla Birmania.
Nei paesi orientali viene usata per farne rosari, in occidente è usata come gemma, tagliata particolarmente a forma ovale e sfaccettata, viene usata per collane o bracciali.
Il suo valore, quando si tratta di collane grosse è molto elevato.
AMBROIDE
Non sempre l'ambra racconta è adatta per l'uso ornamentale, 1'80% del raccolto non è adatto a questo scopo.
I pezzi di buona qualità vengono allora riscaldati e rammolliti e poi fortemente compressi.
Si ottiene così un prodotto chiamato ambroide.
Riconoscere il prodotto chiamato a mbroide dall'ambra è molto difficile.
L'ambra naturale se strofinata sino a divenire calda con un panno imbevuto di olio diventa più lucida e levigata, mentre l'ambroide perde in questo caso la sua lucentezza.
Ciò che rimane dell'ambra e dell'ambroide attraverso distillazione sono: resina, olio, acido (Succinico) di ambra e trovano impiego nell'industria farmaceutica e nelle vernici.
Franco Francloilproblemi
del terziario Milano necessita di nuovi orari
Io credo che si possa dire attorno a questo problema degli orari delle attivitm commerciali e dei servizi, ci sia oggi a Milano, ma credo anche nel Paese un proficuo dibattito ed un confronto serio.
Penso che già, come è stato detto in altre Sedi, il problema degli orari sia determinato da una serie di fattori che hanno prodotto un certo equilibrio con pregi e difetti.
Mi sembra che da più parti venga sottolineata l'esigenza di modificare questo equilibrio, e questo è certo un fatto importante, però occorre sapere con quale altro equilibrio si vuole sostituire e dove si vuole andare.
Una prima cosa che va detta: occorre che tutte le diverse componenti si sforzino per avere una visione complessiva e generale; credo che se partissimo con ottiche settoriali che privilegiano la difesa categoriale o del singolo gruppo difficilmente riusciremo a trovare un nuovo equilibrio.
Però la condizione determinante è che tutti si abbia la volontà di andare su questa strada.
Se non riusciamo a dare risposta a questi interessi economici, poi capita che non si muova niente.
È apparso evidentemente che in questa esperienza di "week end" a Milano che tutte le responsabilità della riuscita della iniziativa dipendessero dal Settore Commerciale, mentre altri Settori non venivano coinvolti.
Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti si debba oggi, non tanto sperimentare nuove forme di orario, perché a mio parere sperimentazioni già ci sono, ma andare ad una regolamentazione divisa dalla flessibilità delle turnazioni e delle articolazioni che già esistono nei settori dei lavoratori dipendenti.
Un esempio - vediamo come si svolge il lavoro nell'interno delle Farmacie Private e Pubbliche, che per gestire la giornata lavorativa di otto ore, nel caso di lavoratori pendolari ne fanno anche quattordini ore al giorno, quindi la necessità di distribuire meglio anche l'intervallo di apertura e chiusura.
Il contratto a tempo determinato per il Settore Commercio e Turismo c'é già; Vi è una legge che in occasione delle Festività natalizie e Pasquali consente questo contratto.'
Tutta una serie di part-time sono concordate in alcune grandi aziende a livello contrattuale.
Vi sono anche negozi di piccole dimensioni a Milano, come entità, ma di grande importanza commerciale, che fanno un bacino di utenza che va a livello Lombardo Nazionale Europeo e Mondiale; in cui l'imprenditore è fattore determinante della vita del negozio stesso.
Lo stesso Imprenditore non
Come ottenere l'esenzione dal ticket sui medicinali
può lavorare tredici o sedici ore al giorno, e quindi sorge il problema della riduzione della gravosità dell'orario di lavoro anche per questi Operatori.
Quindi bisogna riparare la rigidità Settoriale per costruire oggi, un insieme di articolazioni e di turnazioni e flessibilità degli orari.
Questo è possibile già oggi, utilizzando la Legge Nazionale n. 558 ancora in vigore. Credo invece, proprio a Milano, per l'importanza che ha, nel periodo estivo e, in concomitanza con il Turismo di affari che caratterizza la nostra città, andare ad una sperimentazione del prolungamento del nostro di lavoro nelle ore serali.
Cerco di spiegarmi meglio:
Vi sono alcune Aziende Commerciali, ad esempio di alcuni Settori che preferirebbero aprire magari più tardi alla mattina eliminare il turno di chiusura pomeridiana ed arrivare al turno di chiusura serale alle 22.
Ergo la necessità di prevenire in tutti i settori del Terziario, Commercio e Servizi ad una Turnazione.
Come attualmente vige per le Farmacie e per le Tabaccherie.
Quindi credo che questo terreno sia fertile, superando tutti gli schematismi che ci possono essere.
E queste cose si possono fare utilizzando la Legge 558 con il limite del vincolo delle 44 ore di apertura settimanale, anche se penso che questa Legge vada modificata.

Una modifica, in che senso?
Fissare a livello Nazionale una fascia minima e massima da demandare a livello Regionale e Comunale a secondo dei livelli di competenza, di diversi criteri di individuazione dei parametri, per vedere come meglio individuare la necessità sia dell'Utenza che del Lavoratore, in base alle esigenze del Territorio e dell'Attività del Turismo che vi possono essere in diverse Zone.
Tenendo anche conto che verso la metà degli anni ottanta, la forza lavoro, in base all'occupazione della mano d'opera sarà, sia a livello contrattuale Nazionale portata verso le 35/36 ore settimanali, per cercare di allineare alle necessità Europee, anche di una maggiore occupazione (forza lavoro) che risente ormai di un attacco ai posti di lavoro, con una avanzata in campo Tecnologico e Strutturale, che porta alla diminuzione costante delle forze lavoro, specie nel campo femminile.
Secondo queste prospettive, mi sembra di notare che nel mondo del lavoro, ma non solo in questo, attorno a queste problematiche si possa fare qualcosa passando dalle parole ai fatti, ed è in questo senso che dobbiamo muoverci a dare il nostro contributo.
Giancarlo GnuttiNOVITA' BAGNO
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Uscito dalla finestra, sommerso di critiche, è rientrato dalla porta sotto forma di un nuovo decreto legge. t il famoso provvedimento ticket sui medicinali, appena sfornato dal Consiglio dei ministri. Una tattica quella del governo, ormai ben collaudata, t infatti la terza volta che il provvedimento, investito da pesanti e quanto mai giustificate reazioni negative giunto alla fatidica scadenza della presentazione in parlamento per la trasformazione in legge viene repentinamente sostituito con un altro. E il gioco, se di gioco si può parlare, è fatto.
In questo caso, magnanimamente, si è voluta introdurre una piccola novità, alzando il "tetto" di reddito annuo che dà diritto all'esenzione dal pagamento. Ma la natura scaccatamente antipopolare di questa tassa sulla salute, come è stata appropriatamente definita, rimane intatta.
E rimane in piedi anche la trafila burocratica che i cittadini (e con essi anche il personale addetto alle unità socio-sanitarie cui ci si deve rivolgere) si devon sobbarcare per conquistarsi - se ne hanno "diritto" la fatidica carta di esenzione dal pagamento. Ma con la girandola di norme e obblighi imposti dall'oggi al domani a colpi di decreti legge, si rischia di non capirci più niente. E che la gen-
17 alle 19
SAUB. Vediamo sinteticamente, cosa prevede la nuova norma e come bisogna procedere.
1) 11"tetto" massimo di reddito per usufruire dell'esenzione passa a 4.000.000. La quota da detrarre da ciascun reddito di lavoro dipendente e di pensione è di L 2.280.000 (11 reddito al quale riferirsi per tutto il 1981 è quello del 1979). Il nuovo decreto mantiene il principio, assai discutibile, del "reddito familiare" per cui anche nello stesso nucleo familiare vive un titolare di reddito anche molto basso ma che, accumulato al reddito di un altro membro del nucleo, dà luogo ad una cifra superiore a 4 milioni, viene vanificata la possibilità di esenzione dal ticket.
sezioni territoriali delle ex spetto e di esasperazione.
Il patronato non ha lasciato cadere questi scoraggiati SOS e si è messo a disposizione di tutti i cittadini lavoratori e pensionati, per chiarimenti ed informazioni e si è dotato anche degli appositi moduli per l'autocertificazione del reddito, che va presentata agli sportelli delle
Per nucleo familiare si intende tutti i componenti della famiglia, intesi come persone viventi sotto lo stesso tetto e legate da vincoli di matrimonio parentela o affinità. Nella autocertificazione, quindi, dovranno essere riportati i singoli redditi di lavoro dipendente e di pensione (da ciascuno dei quali va operata la detrazione) e il totale. Il documento va firmato da tutti i titolari di reddito.
La questione sociale oggi
Considerazioni di un cattolico sull'enciclopedia Laborem Exercens
Quando 90 anni fa, nel 1891, fu pubblicata l'"Enciclpedia Rerum Novarum di Leone XIII sulla "questione operaia", e cioé sulle relazioni tra proletari e proprietari, tra capitale e lavoro, la società era attraversata dall' "ardente brama di cose nuove" che già "da gran tempo" aveva "cominciato ad agitare i popoli".
Con l'avvento del capitalismo e dell'industrialismo "un piccolissimo numero di straricchi" avevano "imposto all'infinita moltitudine dei proletari un giogo poco men che servile". Migliaia di operai, di donne e di bambini, costretti a lavorare in ambienti malsani e in condizioni di atroce sfruttamento, "soli e indifesi in balia della cupidigia dei padroni e della sfrenata concorrenza".
Da allora la società ha subito profondi cambiamenti, la "questione sociale" ha assunto ormai dimensioni planetarie, lo stesso insegnamento sociale della Chiesa ha dovuto fare i conti con le ben più vaste ingiustizie e disuguaglianze ancora esistenti in ogni parte del mondo.
Giovanni XXIII, il Concilo, Paolo VI, hanno continuamente "aggiornato" la "dottrina soviale" allargando il discorso a livello internazionale e cercando di leggere, nella storia e alla luce del Vangelo, "i segni dei tempi", che ormai si manifestano con evidenza e dappertutto, quando c'é un uomo o un popolo sfruttato e sottomesso alle leggi del capitale, del profitto e dell'ideologia.
In questi anni, sulla base delle esperienze e delle lotte del "cattolicesimo sociale e democratico", si è affermata nei fatti l'autonomia dei cristiani nelle pluralità delle scelte quotidiane
te a questo punto sia non poco disorientata lo dimostrano le decine di telefonate che fioccano ogni giorno, solo per fare un esempio, alla Camera del lavoro e in particolare al patronato INCA-CGIL. E adesso cosa succede, devo pagare o no, cosa devo fare per avere diritto all'esenzione? Sono queste le domande ricorrenti, intrise di soe nelranalisi della complessa realtà sociale contemporanea. Dalla vita economica e sociale emerge naturalmente una forte domanda di giustizia e di partecipazione dei lavoratori alle vicende della produzione e dello sviluppo.
La Chiesa, di fronte alla immensa varietà delle situazioni e delle forme di civiltà, non ha una soluzione da proporre per tutti i problemi sociali: prima aveva insegnato un sistema dottrinale, adesso vuole partecipare alla ricerca e al dialogo per umanizzare il lavoro e la società.
Il Concilio ha segnato una tappa fondamentale per l'aggiornamento, la riforma ed il rinnovamento della Chiesa ed ha alimentato l'aspirazione di tutti gli uomini verso un nuovo ordine sociale.
La Chiesa si è data un volto più umano, più umile, più evangelico e quindi più credibile, si è aperta al dialogo con la cultura del nostro tempo per camminare insieme al'umanità nelle vicende della storia. In questa prospettiva di ascolto e di speranza, si può collocare l'Enciclica di Giovanni Paolo Il sui "diritti degli uomini al lavoro" e sul "primato dell'uomo di fronte alle cose".
Tutto l'insegnamento del Papa "venuto da lontano " (si fonda sull'attenzione per quelli che soffrono la povertà e l'ingiustizia, sul dovere di strappare dalla miseria milioni di uomini, sul servizio alla causa della giustizia e della pace, per una autentica liberazione dell'uomo, senza "aver paura della sua libertà", contro la violazione dei diritti umani in ogni parte della società e del mondo.
Nella prima enciclica, la Redemtor H ominis, si afferma che l'uomo ha ormai piena coscienza della sua dignità, che si deve avere stima per ciò che "c;é in ogni uomo", non l'uomo astratto, ma reale concreto e storico.
L'uomo, quindi, "prima e fondamentale via della Chiesa", con i suoi inviolabili diritti alla libertà di coscienza, a tutte le libertà al futuro da vivere con amore.
La ricerca della "verità sull'uomo", nella realtà storica contemporanea, dove accanto alle immense possibilità per lo sviluppo ci sono "le tremente minacce per la sopravvivenza", dove i meccanismi difettosi dell'economia industriale fanno crescere le disuguaglianze tra gli uomini e tra i popoli dove "la giustizia non basta", è il naturale retroterra dell'enciclica Laborem Exrcens che vuole descrivere "la fatica delresistenza umana sulla terra", scavando nel Vangelo "cose antiche e cose nuove" per capire le nuove dimensioni della questione sociale, del rapporto tra capitale e lavoro, tra la proprietà privata e la destinazione universale dei beni, tra l'uomo e le cose, tra le attività umane e il disegno di Dio. La dignità dell'uomo, la fraternità, la libertà, sono le pietre angolari per costruire una nuova civiltà del lavoro dove l'uomo deve valere "più per quello che é che per quello che ha", non dimenticando mai che il "fondamento del valore del lavoro è l'uomo stesso". Nasce dall'amore per l'uomo l'appello alla solidarietà e all'azione comune contro ogni violazione della dignità del lavoro umano, contro le ingiustizie,
Dulcis in fundo, sono comunque esentati, indipendentemente dal reddito, i grandi invalidi di guerra e di servizio e i grandi invalidi di lavoro. contro la disoccupaizone, per un giusto salario familiare, per affermare i diritti dei lavoratori nel quadro più vasto dei diritti dell'uomo.
L'enciclica non dà soluzioni a scatola chiusa: è una pagina nuova sulla storia del lavoro dell'uomo, sulla partecipazione dei lavoratori alla creazione di un mondo diverso aperto alla storia della salvezza Tocca a tutti gli uomini di buona volontà, al di là di ogni scelta religiosa e politica, lavorare per una società dove "il soggetto" del lavoro sia l'uomo.
Ogni giorno aumenta la folla di coloro che non hanno e che non trovano lavoro, che vengono buttati fuori dal lavoro, che "rifiutano" il lavoro così com'è oggi, che hanno perso ogni speranza di trovare un lavoro adatto alla loro personalità ed alla loro cultura.
La "crisi del lavoro" si diffonde ormai a macchia d'olio in ogni continente: aumenta dappertutto la disoccupazione, si diffonde il lavoro precario e sommerso, si tira a campare senza prospettive e senza speranze.
L'enciclica sul lavoro può forse dare la spinta per affrontare la drammatica situazione attuale, a cominciare dalla resistenza da fare in ogni luogo dove si vuole mettere il capitale prima delruomo.
Si deve diventare militanti dei "diritti dell'uomo" affrontando, in modo razionale e laico, la fatica storica, credendo nell'utopia della giustizia e della pace, lavorando insieme tra diversi per l'uomo "reale e concreto".
Giovanni Garutivia GALLARATE 403 - tel. 3533673 (100 mt incrocio con via Appennini) ABBIGLIAMENTO DONNA e BAMBINO - merceriavasto assortimento di biancheria intima - sconti di fine stagione -

Milano cultura
Quattro cavalli quattro (ma non all'ippodromo)
Cavalcata semiseria tra i cavalli dl S. Marco
Tutti ne hanno parlato e vogliono vederli. Palazzo Reale, mattina. Ma quanta gente! Code ai biglietti, l'incaricato di Milano 19 fa parte della stampa, gli spetta l'ingresso gratis: porterà cultura nelle estreme periferie! Un blocco non basta per le annotazioni, accontentiamoci dei nomi di artisti, che sfilano prestigiosi e ignari, ignari di fare solo da contorno a loro, ai divi, l'attrazione prima, diremmo il clou, se non rifugiassimo da qualsiasi citazione in altra lingua, trovandone sempre l'equivalente nella nostra. In effetti, se si può dire che davanti a ciascun pezzo di esposizione sta qualche visitatore in atteggiamento entusiasta, sembra che una corrente ci trascini all'ultima stanza. Ci perdonino Paolo Ucceo, Tiepolo, Rubens, Canova, Durer, Guardi, Carpaccio, Pisanello, Vanvitelli nonchè tutti gli altri compreso il Sommo Leonardo, le cui opere si trovano disseminate nelle sale precedenti a quella delle Cariatidi, ma questa volta siamo venuti per vedere la famosa quadriga veneziana. Eccoli. Belli bellissimi sul palco apprestato al centro di un piccolo anfiteatro in legno. Dorati e venati di verderame, vibrano sia di vita propria, capolavori che sfidano il passare del tempo, sia dell'atmosfera spumeggiante che tutta quella folla in movimento crea loro intorno. Mai pensato un tale afflusso di gente. E si dice che alla domenica sia anche superiore. Benissimo. Milano è Milano, i Bronzi di Riace no, i Guerrieri cinesi dell'Armata di Shih-hang-ti, che forse sono delle perfette imitazioni ma non gli originali, anche
loro no, ma i cavalli bizantini si, eccoli qui, quasi sospesi e dondolanti sul filo euforico delle differenti esplicazioni plurilingue che partono da numerosi capannelli di visitatori, di scolaresche, di ammiratori. Chi parla a voce alta, chi sussurra, chi disegna, chi scatta foto nonostante il divieto, guardandosi in giro come a cercare complicità. Inviati da Milano 19, vogliamo trascriverci almento le note fondamentali che da un cartello laterale introducono alla storia delle Nostre Opere d'Arte. Si dice che i Cavalli di San Marco costituiscono nella loro armonia e unità compositiva uno dei più preziosi monumenti che siano pervenuti intatti dal mondo classico. La loro vicenda storicamente controllabile comincia dal 1204 anno in cui vennero portati a Venezia come parte del bottino di guerra raccolto a Costantinopoli dopo la conquista. Non si ha notizia certa della loro ubicazione in quella città. Si ritiene che essi si trovassero nell'Ippodromo dove (come nel Circo Massimo di Roma) si tenevano corsi di cavalli e di bighe e altre competizioni a carattere popolare. É opinione accreditata in antichi documenti che vi fossero stati trasportati da una città greca o da Roma quando nel IV secolo l'Imperatore Costanti no vi aveva stabilito la capitale dell'Impero Romano d'Oriente. A Venezia i cavalli furono temporaneamente alloggiati nell'Arsenale e soltanto a metà del Duecento definitivamente sistemati sul loggiato sovrastante il portale d'ingresso della Basilica di San Marco, nel quadro di un programma estetico e monumentale
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perseguito e continuato per secoli. Stiamo terminando di ricopiare, con la gente quasi appoggiata alle spalle per vedere qualcosa, quando un fulmineo calcione ci colpisce allo stinco: i cavalli si sono forse inquietati e cercano di farsi largo? No, un élettricista che deve installare lampade per riprese dal vero, sostituisce gli immobili divi nello stile del rinculo. Pazienza. Terminiamo scansando g li elettricisti, serpeggiando tra cavi e sostegni elettrici, massaggiandoci la gamba dolente, quando siamo spaventati da un boato, un vero rombo di galoppo come se tutti e quattro i cavalli si fossero messi a scalpitare. Ci voltiamo atterriti pronti a fuggire, ma vediamo che sono tre o quattro scolaresche che dopo le rispettive lezioni d'arte e storia dal vivo, tenute da altrettante insegnanti cultural-aggiornate, si precipitano giù per l'anfiteatro caracollando attorno alla quadriga che probabilmente dentro dentro ne ha paura. Bene, è ora di andare la mostra dei Cavalli l'abbiamo vista, completa. Non è mancato proprio niente. O forse sì: la schedina totip.
Brusl
Il materiale delle arti
La Mostra "Il materiale delle Arti" che si tiene a Milano fino al 17 Gennaio 82 nella Sala Viscontea del Castello Sforzesco è la rassegna più interessante e stimolante che possiamo visi- tare in questo momento. É organizzata dal Comune di Milano e dall'Endas Lombardia con il patrocinio della Regione Lombardia e la Provincia di Milano. Gli orari sono 9,30 - 12,30 / 14,3017,15 con chiusura al lunedì. Andando al pomeriggio si può usufruire di una guida per le indispensabili spiegazioni che permettonodi comprendere le varie fasi della preparazione dalla prima idea alla lavorazione e all'opera finita. L'arte contemporanea verso la quale non molti sono sufficientemente preparati, attraverso il travaglio tecnico rivela diverse sue motivazioni e alla fine della visita avremo fatto un passo avanti nella conoscenza degli indirizzi culturali del momento. La visita richiede più di un'ora e il catalogo (L. 10.000) merita l'acquisto per la chiarezza espositiva. Partecipano o hanno concorso all'allestimento una settantina tra operatori, architetti, disegnatori e artisti plastici che forniscono un panorama esauriente delle varie discipline artistiche secondo le tecniche attuali, in forma accessibile anche ai non addetti ai lavori. Da questa forma di presentazione il visitatore trae un senso di invito e di coinvolgimento, quale spesso non riceve da esposizioni analoghe che hanno tutta l'aria di essere riservate a pochi. Se lo scopo degli organizzatori era quello da noi awertito, la mostra li materiale delle arti è pienamente riuscita.
Il delitto arriva al galoppo
Chi nen ricorda un film o un libro (giallo» deve c'entri un cavallo drogato, un fantino corrottoe in un intreccio di colpi di scena (e di pistola) ci scappi il morto? Il mondo dell'ippica pare fatto apposta per fare da sfondo al .thrilling,, magari Con la massiccia figura di Jean Gabin o il volto da bel tenebroso di Alain Delon in primo piano. Le scommesse clandestine sui cavalli, con allibratori che dispongono di killer e picchia tori spietatamente efficienti, con onesti e frustrati impiegati costretti a rubare e ad uccidere per via delle scommesse e degli imbrogli sui cavalli: è tutta ricca materia prima per migliaia di (gialli».

Un mondo .chiacchieratissismo, quello dei cavalli da corsa. Quando scoppiò lo scandalo del «calcioscorrimesse», il mondo del pallone venne paragonato (a torto o a ragione) a quello dell'ippica.
Ma stavolta, se le accuse che hanno condotto in carcere tre noti fantini saranno confermate, c'è qualcosa di molto più grave. In un ippodromo, quello milanese di San Siro, si è tramato un crimine ben più pesante che quello di corse truccate con fantini che fanno le (gaboie»: siamo al sequestro di persona, i1 più odiose dei reati. E con uno dei rapiti trovato morto in fondo al lago.
Se le accuse si riveleranno fondate, avremo la conferma di una verità inquietante: e cioè che il crimine, anche nelle sue forme più gravi e aberranti, è entrato a far parte della nostra vita in modo talmente diffuso da coinvolgere persone che hanno una professione ben pagata, un «nome», come si dice, sia pure talvolta «chiacchierato», come è forse inevitabile
per chi vive nel mondo dei cavalli e delle scommesse.
Ma un conto è truccare una corsa, un altro è organizzare un sequestro di persona.
E che il delittointeso come <industria organizzata» sia talmente esteso da poter coinvolgere persone e ambienti non facilmente sospettabili è dimostrato dal fattoche oggi, probabilmente, pochi diranno: «Non può essere».
Pochi giorni fa un intero studio legale è finito in carcere in Sardegna, cinque avvocati con le manette ai polsi, sullo sfondo di un colossale traffico di droga costellato di misteriosi delitti. Ieri l'altroin galera ci sono finiti, peresportazione illegale di soldi, due direttori di banche svizzere (è la prima volta che succede) , il vice direttore dei Monopoli, il condirettore della sede romana dei Banco Ambrosiano e iI presidente del Festival dei due mondi di Spoleto. È difficile ripetere che esiste un <sotterraneo mondo del crimine.. Il crimine ha continuamente allargato i suoi confini, si è progressivamente compenetrato con il «mondo legale», quello della gente Ñnormale e per bene»; i soldi sporchi della droga, dei sequestri di persona, della scommesse clandestine tendono sempre di )»iù a diventare denaro «ripulito», fonte di fortune rapide sulle quali ii mondo «Legale» chiude con indulgenza gli occhi. Stavolta il delitto è arrivato al galoppo. Potrebbe essere iI titdo di un «giallo» su questa esemplare vicenda dei nostri giorni. e. e.
Le ricette di Caterina la besciamella classica
Alla signora Antonietta C. che mi chiede quale sia la ricetta per la classica besciamella di cui si è parlato nel numero precedente, dirò che se è pur vero che vi sono molti modi per approntarla, più spicci e di sicuro risultato, quello che contraddistingue una vera besciamella da una crema di farina salata è proprio la preparazione. Le dosi sono circa: un cucchiaio di farina a testa con una noce di burro e un quarto di litro di latte, abbondante se la si vuole ottenere un po' fluida. Met-
tendo la farina a scaldare "a secco" nella casseruola a fondo spesso, e tenendovela sempre rimestando fino a che iniza la doratura, che deve essere appena accennata e non giungere alla coloratura biscotto (sarà più il profumo di farina calda che non il punto di colore) si passa poi subito a stemperarvi il burro fino a completo assorbimento, tenendo il gas particolarmente basso o allontanando il tegame dal fuoco per quell'attimo. Subito dopo si deve aggiungere il latte già caldissimo, un
poco alla volta, rimestando sempre affinchè l'impasto resti omogeneo, come una bella palletta che si dilati, la parola esatta sarebbe "che sbocci" sotto al mestolo dilegno, con una continuativa fiamma ora più vivace di prima, e da ultimo salare. Una decina di minuti bastano, a meno che le dosi siano moltiplicate per quantità maggiori, cioè quando la besciamella serve per piatti al forno. Quando la besciamella viene usata invece per il solo contorno di carne, quel gusto inconfondibile della farina tostata sarà inuguagliato da qualsiasi altra crema, e verrà voglia di chiamarla ancora "balsamella" come le nostre nonne che ne facevano, appunto, un balsamo per appetiti capricciosi dopo malattie debilitanti.
Un docente dell'Ettore Conti ha tradotto il romanzo Martin KacurBiografia di un idealista - Mondadori
L'utopia sociale di Ivan Cankar
Pubblicato da Cankar nel 1906. ad un anno di distanza dalla prima rivoluzione russa e sulla soglia di quello che sarà il suo capolavoro novità linguistica ed ideologica-cioè lo Jernej il Kacrur stupisce per l'attualità dei temi, tanto da sembrare scritto per noi, oggi. Ma sarebbe, evidentemente, un errore di prospettiva storica: non per noi è scritto il romanzo, ma per il proletariato sloveno dell'epoca, cui Cankar indirizza il suo messaggio di liberazione culturale e nazionale.
Dopo il contatto con l'immaginaria figura di Kacur, il giovane professore liberale (il che, nella Slovenia di allora significa rivoluzionario) protagonista del romanzo che, dopo una giovanile infatuazione democratica, fugge negli alienanti rapporti della famiglia, come non pensare a tante figure, reali, di tanti ex-rivoluzionari dei nostri tempi?
E come non leggere, nella disperazione di Kacur-disilluso dopo le giovanili illusioni - la stessa disperazione di alcuni piccoli padroni del pensiero che, dopo sessantottesche infatuazioni per il Mao-tse-tungpensiero, si affrettano a dichiarare pubblicamente la morte del marxismo, tornando così in grembo a quella mamma-borghese contro cui levavano i loro pianti capricciosi? Che la disperazione paghi (nel senso materiale della parola)? Forse che anche essa serve a vendere, ed a vendersi, in un clima culturale che qualcuno ha chiamato "del narcisismo"? Ma, nel romanzo, non si tratta solo di questo; la questione è ben più seria. Nella disperazione di Kacur si tratta
di ben altro: come scrive nella introduzione il traduttore Arnaldo Bressan, citando uno scrittore triestino contemporaneo, Kacur rappresenta "l'estrema disperazione umana senza surrogati, disperazione che, come il suo contrario, l'utopia, la speranza è parte dell'esistenza, come anche quell'idealista che non vive solo dell'immaginario delle pagine cankariane, ma è in ognuno di noi. E, dimostrazione della statura culturale di Cankar, la disperazione, negativo, la malattia sono, da altri punti di vista, i temi di quella cultura, soprattutto di lingua tedesca, con cui Cankar viene in contatto negli anni della sua vita viennese. Ma. se la sua formazione culturale è mitteleuropea, parte fondamentale - e dominante - in Cankar è costituita dalla sua esperienza di militante rivoluzionario e di marxista, impegnato per la liberazione culturale del popolo sloveno dalle alienazioni della idelogia cattolica-feudale allora dominante (e può forse essere utile ricordare che un'ideologia di tipo analogo ha dominato nel nostro paese fino ad anni recentissimi, ed ancora è presente ai giorni nostri). Ruolo che Cankar assegna in tale processo agli intellettuali rivoluzionari, e quindi anche a sè stesso, è la lotta per una cultura che prepari le condizioni ideologiche della rivolta; tale figura, che intellettuale è incarnata, in questo romanzo, da Kacur. Ma, a contatto con le prime difficoltà della realtà sociale (provocazioni del potere, e di chi lo serve, ostilità, conformismi) il giovane rivoluzionario sappia, fugge o, come si di-
rebbe oggi, "rifluisce nel privato" nascondendo la testa nella sabbia della famigla, dell'alcool, dei valori dell'individualismo borghese. Alla fine del romanzo, però che è in questo senso "aperto", resta uno spazio per la speranza, per l'utopia: abbandonata la famiglia dopo la morte del figlio malato - e inguaribile- Kancur può rimettersi in cammino su una strada che - chissà? -potrebbe essere quella che porta, per tortuosi percorsi, alla rivoluzione bolscevica del '17 ed all'esigenza di socialismo. Anche la struttura del romanzo rispecchia la parola esistenziale del protagonista: il libro è diviso in tre parti che accompagnano il percorso vitale di Kacur: rivolta - compromesso con l'esistente, e dunque oppressione, presa di coscienza. Particolarmente interessante, sul piano artistico, l'uso di nomi di località con funzione simbolica: Blatni dol, il luogo tetramente provinciale in cui il nostro finisce a scontare i suoi giovanili peccati di rivolta, significa in sloveno "valle fangosa". La situazione di oppressione viene così resa attraverso descrizioni straordinariamente efficaci del paesaggio fangoso, umido, nebbioso del paese immaginario circondato da una cappa di tristezza attraverso cui non penetrano i raggi del sole. Siano le cupe e plumbee strade di Blatni dol, oppure le campagne ed i boschi carichi di senso che Cankar, vivente a Vienna doveva portare nel profondo della memoria, o ancora la luminosa di vita ma anche di lindo conformismo borghesecittadina di Lazi, terza tappa del viaggio di Kacur, le descrizioni non hanno mai funzione puramente decorativa nè naturalistica: pare che i cristallini paesaggi sloveni significhino quasi una sorta di utopia della natura e dell'umanità liberate, ed insieme rendono il senso di un profondo legame-materiale, corporeo - di Cankar con il proprio popolo e con la propria terra. Ma i paesaggi sloveni non sono solamente le radure soleggiate ed i profondi boschi di Lazi e Zapolje: a Blatni dom, con le sue cupe plumbee strade, con il suo cielo basso e piovoso, con le sue pozze fangose, un'ombra scende sul cuore di Kacur,. una grande ombra che si prolungherà simbolicamente nel figlio Lojeze, emblema della malattia, del negativo, dell'alienazione. E infatti solo dopo la morte del figlio che Kacur, presa coscienza delle difficoltà e precarietà dell'esistenza, della durezza del "sociale"; si può rimettere sulla strada dell'utopia e della liberazione. Tale via non è dunque costituita da impos-
sibili ritcrni ad un mitico e felice, quanto inesistente, stato di natura: la lotta per la liberazione richede che si passi attraverso l'alienazione (e quanta alienazione nella nostra società: altro motivo di attualità del romanzo), senza illusioni ottimistiche, tipiche di tanti socialismi dei giorni nostri e storica malattia delle dirigenze dei partiti operai. C'è quindi, in questo romanzo di Cankar, il problema della disperazione, della disillusione di fronte alla caduta di certe aspettative, di certi valori; ed il primo motivo di attualità del Kacur risulta allora quali evidente: ai giorni nostri la disperazione sembra essere diventato l'atteggiamento esistenziale dominante, sopratturto tra i giovani (si vedano ad es. le lettere aLotta Continua, pluricitate in tema di "riflusso") incoraggiato e sostenuto dai mass-media, e mischiato ad un più generale atteggiamento di tipo consumistico verso il mondo. Un secondo motivo di attualità sta nel fatto che Cankar ci pone il problema della necessità di una rivoluzione culturale contro le abitudini indotte in noi da modelli sociali di comportamento che hanno l'unica funzione di perpetuare il sistema sociale basato sulla servitù: funzione degli intellettuali rivoluzionari è allora quella di criticare la cultura dominante; non è poco se pensiamo che ancora oggi certi intellettuali, anche tra i più ascoltati all'interno del movimento operaio vaneggiato di una "mancanza di cultura di governo" da parte della sinistra. Quello che manca è piuttosto una cultura di opposizione.
In un momento, forse senza precedenti, in cui il marxismo viene dichiarato uno strumento inservibile ed è quasi del tutto scomparso dal dibattito culturale, leggere Cankar vuole anche dire porsi il problema di una ripresa del marxismo, oggi, non come dogma o chiave buona per aprile tutte le porte, ma come atteggiamento nei confronti del mondo, come metodi.
Nel marxismo di Cankar non ci sono però "ottimistici" rifiuti dell'alienazione e delle difficoltà dell'esistenza e della prassi sociale: tali ottimismi sono forse, in fondo, solo il rovescio dei pessimismi più o meno disperati; ma l'alienazione può essere superata, essa non è un nostro destino, ma un fatto storico, sociale. La profonda necessità dell'utopia-anche dell'utopia sociale Cankar, che un anno dopo il Kacur dar vita alla straordinaria figura di Jernej-sta non nell'estraniarci dal mondo ma nello spingerci a trasformare la
nostra vita, la nostra esistenza. In tempi in cui riprendono piede ideologie consolatorie o violentemente autodistruttive, in
tempi in cui si ritorna a parlare di guerra, è di ciò che anche noi abbiamo più bisogno. Massimo M ezzanzanica
Chi è Ivan Cankar
A quasi cinque anni dalla pubblicazione del capolavoro dello scrittore sloveno Ivan Cankar (I. CANKAR, II servo Jernej e il suo diritto, Feltrinelli, Milano, 1977) esce ora una nuova traduzione del romanzo, che cronologicamente, precede loJernej (1. CANKAR, Martin Cacur. Biografia di un idealista, Oscar Mondadori, Milano, 1981).

La pubblicazione, nella più diffusa collana economica italiana, fornisce nuovi ed importanti elementi per la conoscenza della cultura di una nazione confinante con le nostre regioni orientali e di uno dei più interessanti scrittori rivoluzionari del nostro secolo. Nato nel 1876 a Vrhnika, nei pressi di Lubiana, Cankar inizia da giovane l'attività di scrittore e dà vita, con altri giovani poeti sloveni, a tentativi di rinnovamento della letteratura e cultura slovene, legando la lotta per una nuova cultura alla lotta per la liberazione nazionale slovena dal giogo dell'impero asburgico. Vive per lungo tempo a Vienna (1896-1909) dove viene a contatto con le tendenze artistico, letterarie, filosofiche, più avanzate, per temi e qualità artistica, dell'Europa del tempo: scrittori scandinavi come Strindberg, lbsen, Hamsun, gli scrittori francesi del naturalismo, del decadentismo e del simbolismo, tedeschi come, per fare solo qualche nome, Nietzsche, Kraus, H offmansthal. Il periodo viennese non porta nell'esistenza di Cankar solo
la conoscenza della grande cultura detta mitteleuropea: è in quegli stessi anni che lo scrittore entra in contatto con la socialdemocrazia tedesca ed inizia la collaborazione al giornale rivoluzionario Rdeci Prapor (Bandiera rossa). Se nel campo artistico l'attività di Cankar ci dà una serie di romanzi, racconti, drammi ed opere teatrali, le sue esigenze vitali si esprimono anche in altri campi: candidato nel 1907 alle elezioni politiche, ottiene il maggior numero di voti tra i candidati socialdemocratici. E in questi anni che Cankar produce anche i suoi due romanzi artisticamente ed ideologicamente più interessanti, il Kacur (1906) e lo Jernej (1907). Dal 1909, anno in cui si trasferisce definitivamente a Lubiana, al 1918, anno della morte, continua la sua attività instancabile di scrittore e militante rivoluzionario; a dimostrazione della particolare attenzione dedicatagli dalle autorità imperiali - e dunque dei fastidi che procurava il suo lavoro - viene varie volte incarcerato, e nel 1915 è internato come sorvegliato speciale. Dopo avere scritto un'ultima raccolta di racconti sul tema della guerra, intitolata Podobe iz sanj (Immagini dai sogni), quella stessa guerra imperialistica che in quegli anni insanguinava l'Europa, Cankar muore senza vedere la realizzazione del sogno per la cui realizzazione dedicò la sua esistenza: una Slovenia socialista ed indipendente dalle grandi potenze imperiali.
Libri ricevuti
L'editore Maggioli di Rimini ha pubblicato la seconda edizione del libro "La volta d'una dona" di Giuliana Rocchi, la cui prima edizione è stata presentata da Milano 19 nel numero di luglio - agosto del 1981. Si tratta del primo volume di una collana che vuole raccogliere opere di autori nuovi e non ancora sufficientemente conosciuti. I l simbolo della collana richiama gli elefantini del Tempio malatestiano di Leon Battista AIberti a Rimini e vuole indicare un'area, quella romagnola appunto, da cui saranno attinti autori e materiali da proporre ad un pubblico più vasto. La scelta della prima pubblicazione ci sembra molto felice e, nel desiderio di poter concorrere alla diffusione di un'opera già ritenuta valida, Milano 19 ripropone ai propri lettori il libro"La volta d'una donna" di Giu-
liana Rocchi, nella nuova elegante veste tipografica, ed invita l'editore Maggioli a tenerlo informato sulle sue successive pubblicazioni.
"Quel che se dis a l'osteria, frasari milanes" di Arcano e Tristam, editore Libreria Meravigli di Milano, è una raccolta di detti milanesi spiegati da Arcano, che li ha accompagnati con sue brevi poesie, mentre di Tristam sono alcuni flasch di vita e costume meneghini. L'osteria, scrive Arcano in una breve introduzione, è ancor oggi l'ateneo del dialetto, che rimane l'espressione più viva di un popolo. All'osteria, continua Arcano, si commentano i fatti della vita quotidiana. Nessuno sfugge all'esame dell'osteria, dove nasce e si rigenera una filosofia spontanea, popolare e collettiva, lontana da irnpostaziori arroganti e dogmatiche.
(L'angolo della poesia)
El mercaa del Q.T.8 (Storia di capelitt bianch)
Dieci anni di marcia in Lombardia
di Gianfranco Pecchioni, edito dal Comitato Coordinatore Marcia Lombarda Fondazione MeneguzzoMilano 1981
I libri documento ci interessano sempre più che non le letture evasive o di fantasia. Molte volte affrontiamo un romanzo con uno spirito quasi infastidito: l'esperienza ci insegna che la realtà è tanto più ricca che non l'immaginazione, spesso gli intrecci sono artificiosi e potrebbero dipanarsi ben diversamente se questo non facesse "comodo" allo scrittore. Inoltre troviamo sovente che personaggi femminili sono descritti dall'autore uomo in modo improbabile, denunciando i suoi limiti di maschio a comprendere la vera posizine psicologica di una donna. E questa nostra impressione potrebbe venir rovesciata, se non trovassimo numericamente un enorme divario tra le produzione letteraria delle donne, e quella maschile, almeno fino a qualche anno addietro... Ma questo è un altro discorso che potremo riprendere. La lettura di libri-documento dunque ci affascina sempre maggiormente e a questo proposito citiamo il volume ricevuto "DIECI ANNI DI MARCIA IN LOMBARDIA"
perchè è esemplare nel suo genere. Il sottotitolo è: "1970-1980, dal Trofeo Frigerio alla marcia femminile" con testi realizzati con la collaborazione di Osvaldo Biava, Gianni Mauri, Pietro Pastorini, Riccardo Venchiarutti, a cura di Gianfranco
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Pacchioni. Il libro è dedicato a Maro Meneguzzo, e questo nome è troppo noto nell'ambiente della marcia per illustrarlo a chi già vi è addentro, ma è il nome di una persona che merita notorietà anche oltre i confini del suo ambito di attività specifica. Atleta, organizzatore, ideatore di formule nuove per la pratica sociale dello sport, in particolare della marcia "che può contribuire a forgiare il carattere di un uomo come pochi altri" (pag. 11), è il "papà" del Trofeo Ugo Frigerio, quel palio dei quartieri riservato alla marcia, che ha visto varie edizioni anche nella nostra zona. Il Trofeo Frigerio prevede gare da svolgere sulle strade cittadine, ma a differenza delle altre marce ecologiche o non competitive ha una sua regolarizzazione e una classifica di arrivo che permette a chi si distingue di disputare una importante finale il cui risultato vale ad immetterlo nel circuito nazionale. Maro Meneguzzo ha seguito questa sua creazione, meglio dire "creatura" con una dedizione pari alla competenza, e lui stesso ha in varie occasioni dichiarato la sua gioia nel vedere il meccanismo di entusiasmo che si metteva in moto ad ogni edizione. Attorniato da varie persone quanto lui appassionate e disposte a spendere tempo e fatica per il miglior successo dell'impresa, Meneguzzo ha speso tutti questi anni, dal 1969 prima edizione del Frigerio al 1980, data della sua prematura e sentitamente compianta morte, vivendo di sport e per lo sport, di marcia e per la marcia, che in quegli anni è arrivata anche al settore fammi nile. A questo proposito trascriviamo interamente alcuni stralci (pag. 18) ricavati da uno scritto dello stesso Maro Meneguzzo e pubblicato sul numero di maggio-giugno 1977 del periodico "La marcia".
... Di fronte a loro, a questi bambini che ti giudicano con uno sguardo disarmante noi ci siamo sentiti one-
stamente con la coscienza a posto... Li abbiamo uniti per sei domeniche in appuntamenti molto sentiti. Agonismo e letizia. Rispetto e fratellanza. Una boccata d'aria pura. La classifica ad un certo punto ha lasciato posto a questi sentimenti e ci siamo sentiti trasportati al di là della leva di marcia. Grazie a loro noi abbiamo vissuto momenti veramente belli. Quando al ritrovo vedevi arrivare questi pulmini traboccanti all'inverosimile e "rovesciare" sciami di ragazzetti vocianti ed allegri come pasquette, ti animavi di nuovo vigore. E poi via via... i saluti, la conta, l'attesa dei mancanti. Un rito che si ripeteva ogni domenica. Una trasferta nuova, il sale di qualche scoperta e l'esibizione di fronte ad altra gente che domani ti apprezzerà di più. Ragazzi che diventano protagonisti, nei loro limiti, che si misurano e che attraverso il confronto, vittoriosi o ultimi, s'accertano delle loro possibilità e superano le resistenze della timidezza domestica... Non occorre alcun commento a parole come queste, assolutamente veritiere come abbiamo constatato di persona quando il Frigerio si
svolgeva al Gallaratese e noi eravamo proprio si quei pulmini traboccanti nelle trasferte sopra citate, e comprendiamo perfettamente che gli amici e successori di Menguzzo abbiano voluto creare una fondazione al suo nome. La realtà dunque supera le invenzioni e ci propone esempi positivi, per fortuna. Chiudendo l'ultima pagina di "DIECI ANNI DI MARCIA IN LOMBARDIA" si ha proprio uno stimolo ad andare avanti, e non solo nella pratica sportiva ma anche verso i nostri traguardi di pacifica e civile convivenza.
B. ButtafavaERRATA CORRIGE
L'articolo apparso a pag. 15 del numero di Dicembre di Milano 19 con il titolo "L'angolo della Poesia Pace 1981" presentava un errore di stampa e andava letto nel seguente modo: "Sono già nove anni consecutivi che Giuseppe Martucci di Arrecultura indice questo concorso ecc."

Ve cunti la storia di bianch capelitt che hann faa mett in testa ai sciori esercent, che con l'aria de simpatich birichitt hann faa divertì tutta quanta la gent!...
Per primm hoo vist lor dò, i simpatich prestinee, che con on deliziòs capelin bianch me saludaven travèrs i past e i bigné.
Gh'hoo subii domandaa:
"Se l'è 'sta mascherada7' Lor m'han risponduu, ridendo. che gh'è on noeuv regola men che ordina de portaa el capelin bianch a tucc i esercent...
Corieisa e divertida hoo passati in rivista anche i alter bottegar che dedree al banch eren in bella vista.
- EI macelar e 'I sò garzòn portaven el capelin con convinzion.
- Hoo minga poduu vede el polliroeu, con la soa miee, perchè staven decidend se porta el capell in avanti piuttost che indee.
- In d'el banch sucesiv gh'era el lattee: con grand disinvoltura inalberaven el capelin bianch lù, la soa mama e la soa sciòra.
- On alter che stava ben con 'sta specie de divisa l'era el pesatt, talment seni ch'ell sembrava on ghisa!
- Ma forsi el pussee elegante el m'è sembraa el cervelee, molto distint e galante col capelin bianch e splendent propi com'el voeur el regolament...
Hoo vorsuu scherzaa on poo perchè, verament, la storia di capelitt bianch l'ha faa divertì tutta la gent... Riconossemm, però, che 'sta trovada l'ha faa capì a tanti - finalment che l'igiene la và rispettada...
Bruna Marchesi Zini
Contr'ordine compagni
Ciò i capelitt
A distanza de pocch mes, adess, s'è vegnuu a savè che la legg incriminada l'è stada (come se nient fudess) dai sciori esercenti mal interpretada! e allora giò da la testa i capelitt che fasevan sembraa i noster botegar, giovin, vecc, prodigh e avar, di grand simpatich birichitt...
Cossa ne disfi, mia cara gent, de stà incredibil, ridicola storiella? Provi a pensagh anca on sol moment e convegnari che Mann combinada propi bella! Bella minga per chi i capelitt haa compraa, ma per chi diti che a tambor battent 'sti berett a la svelta hann confezionaa, guadagnand merenghitt tucc content...
E adess che fin farann tucc i capelitt che i noster botegar, probabilment, aveven miss in cò - stort e drittper vèss a post cont i regolament?
Sperem che dopo 'sta grossa bldonada chi scriv i legg el staga pussee attent, in manera che anca l'omen de la strada el capissa senza fadiga i regolament!...
milano 19 - pagina 16
dalla prima pagina

Problema casa
(canone sociale), lascia inutilizzati per anni gli alloggi di risulta con il risultato di perdere ricavi di affitti e di favorire le occupazioni abusive, permette che centinaia di famiglie i cui redditi superano abbondantemente perfino i 50 milioni di lire all'anno abitino nelle case E.R.P. pagando canoni di affitto in alcuni casi inferiori a quelli pagati da nuclei familiari composti da due pensionati. Pertanto i rappresentanti del SICET e del SUNIA, unitamente al CUZ, chiedono che ogni decisione di rilascio dell'alloggio da parte dello IACPM per gli occupanti avvenga contestual mente ad una soluzione alternativa della situazione in essere e conseguentemente alla puntuale verifica di ogni singolo caso. Chiedono altresi l'anagrafe dell'utenza ed il censimento di tutto il patrimonio abitativo da parte della Terza commissione IACPM (quella che comprende la nostra zona) e del Comune attraverso il Consiglio di Zona 19, in modo da avere il quadro esatto della situazione e della disponibilità abitativà, per permettere l'uso immediato degli alloggi, nonchè i dati necessari per stabilire le condizioni economiche di tutti i cittadini che abitano in alloggi E.R.P. Tali strumenti sono indispensabili per rilevare con continuità e tem-
pestività tutte le modifiche che intervengono nel patrimonio pubblico e impedire le occupazioni abusive, che altrimenti, tenuto conto delle gravi difficoltà a trovare casa, del blocco delle costruzioni di nuove case e delle continue richieste di sfratti da parte dei padroni delle case private, per finita locazione, rendono impossibile che le occupazioni abusive non avvengano. È inoltre indispensabile rendere trasparente la graduatoria dei requisiti dei cittadini aventi diritto alla case ERP in modo che si evitino sin dal nascere situazioni di occupazioni abusive derivanti fal fatto che il patrimonio per mesi (quando non addirittura per anni) resta sfitto, dati gli attuali tempi dell'istruttoria, ed allo stesso tempo non si facilitino operazioni clientelari per l'ammissione di chi non ne abbia titolo, problema questo che non può essere risolto con criteri repressivi, attraverso l'impiego della forza pubblica, ma che deve essere affrontato vagliando la situazione di ogni occupante abusivo ed accertare la reale situazione reddituale di ogni assegnatario.
Su queste basi, con particolare riguardo alle tensioni presenti nella zona, il SICET, il SUNIA ed il CUZ hanno sollecitato, con il comunicato e con l'assemblea, la terza commissione dello IACPM ad affrontare sollecitamente tutti questi problemi, prendendo una posizione precisa ed intervenendo direttamente nel merito al fine di accellerare la loro soluzione e di svolgere il ruolo pienamente spettante al decentramento, chiedendo che attraverso le Commis-
sioni decentrate passino prima tutte le questioni legate alle decisioni prese sulla occupazione abusive, il censimento he la Commissione Comunale concessione alloggi, di concerto con la Prefettura, dovrebbe effettuare per stabilire gli aventi diritto, dando facoltà alle stesse commissioni di formulare ipotesi adeguate per la soluzione definitiva da dare agli eventuali occupanti aventi diritto.
L'assemblea dell'i 1 dicembre scorso, nel corso della quale sono stati affrontati anche i problemi delle manutenzioni, del portierato, del canone, del riscaldamento e della morosità, si è conclusa con la convocazione di un'altra assemblea, sempre presso il CUZ di piazza Segesta, per il prossimo 22 gennaio alle ore 21 e con l'approvazione di una mozione in cui è scritto:
"Il problema della casa si pone nell'attuale situazione in termini drammatici in particolare sul problema degli sfratti e della domanda casa in generale. Gli attacchi da parte governativa si sono con forza definiti (vedi decreto Nicolazzi) in riferimento al problema casa hanno accentuato maggiormente questa drammatica situazione. È quindi necessario che la difesa delle condizioni abitative deve trovare tutti gli inquilini, tutti i comitati e tutti le organizzazioni sindacali degli inquilini e dei lavoratori uniti per rispondere in modo adeguato e risolutivo ad un bisogno casa che è diventato e diventerà, con il problema dell'occupazione e della difesa dei posti di lavoro, il nodo centrale delle lotte rivendicative dell'attuale periodo. A tale riguardo
proponiamo una piattaforma di zona che contenga le seguenti rivendicazioni degli organismi periferici e centrali delle amministrazioni. IACPM e Comunali sul merito: a) più potere alle Commissioni Decentrate all'interno della riforma IACPM; b) anagrafe dell'utenza e del patrimonio per utilizzare meglio la disponibilità alloggiativa e la verifica dei requisiti per la permanenza; c) occupazioni abusive, che ogni decisione al rilascio dell'alloggio da parte dello IACPM per gli occupanti avvenga constestualmente ad una soluzione alternativa della situazione in essere e conseguentemente alla puntuale verifica di ogni singolo caso; d) morosità, che vengano risolte definitivamente le cause che hanno prodotto la morosità".
"Su tutti i problemi discussi in assemblea - prosegue la mozione - ma in particolare alle occupazioni abusive e morosità si rivendica all'interno della zona IACPM la verifica e controlli sia delle situazioni, sia delle cause che le hanno determinate. Si delega la commissione casa del CUZ, alla quale possono far parte anche i Comitati di quartiere, di approfondire meglio i problemi qui discussi e formulare una piattaforma di zona sulla quale mobilitare i lavoratori nelle fabbriche uniti agli assegnatari del quartiere, che si organizzino assemblee di caseggiato e di quartiere per la necessaria mobilitazione a sostegno della piattaforma ed alla promozione di incontri vertenziali con lo IACPM, gli assessorati ed il decentramento comunale per la risoluzione dei problemi".
Ma quando nascerà l'USSL?
vita e di lavoro e per la tutela dell'igiene pubblica e dell'alimentazione umana. Qui si può subito rilevare come due attività, la tutela della salute e la tutela dell'ambiente, che erano di competenza di due entità diverse (la prima del medico convenzionato e la seconda del Comune) sono ora integrati in un'unica entità. Da tale integrazione di servizi si può intravedere quali benefici possano derivare da una corretta applicazione della legge sulla riforma sanitaria, la quale fa altresì riferimento all'assistenza farmaceutica, che parta da una corretta e precisa informazione sui farmaci. In questo caso le strutture (le farmacie) non sono direttamente dipendenti dall'USSL, ma possono essere inserite in una vera attività operativa della stessa attraverso un rapporto convenzionale. Per ultimo il distretto dovrà garantire l'attività veterinaria di base e l'attività informativa di base, la compilazione dei libretti sanitari, l'assistenza sociale polivalente di base e reducazione sanitaria, che è un fattore primario su cui va costruita tutta la riforma. Ma in concreto quali sono gli obiettivi che ci si deve prefiggere a livello di distretto? Devono essere obiettivi minimi, ha risposto il prof. Volpato, perchè obiettivi ambiziosi potrebbero poi rivelarsi utopistici. Gli obiettivi minimi possono essere individuati nella necessità della rapida circolazione delle informazioni nell'ambito dei servizi che operano nel distretto, che dovrebbe portare a conoscenza di tutti ciò che ciascuno fa, in modo da evitare doppioni di alcune prestazioni e
carenza, se non addirittura mancanza, di altre. Il primo obiettivo del distretto deve essere pertanto l'avvio dell'integrazione dei servizi e questo è un compito specifico dei Consigli di Zona, cui spetta anche individuare le strutture da adibire a sede dei distretti. La dimensione ideale di una tale struttura dovrebbe essere dai 1200 ai 1500 metri quadrati. ma al momento, almeno per quanto riguarda si riferisce alla nostra zona, non è realizzabile (anche a causa dei tagli governitivi alle finanze locali), per cui è necessario individuare strutture già esistenti e resesi disponibili, accertando che siano facilmente accessibili a tutti i cittadini.
Ma - ha chiesto il consigliere Rosanna Magni Ferri, neo coordinatrice di zona della Commissione Igiene Sanità Servizi socio sanitari - la USSL della Zona 19 quando nascerà? È una domanda cui non è stata data una risposta con una data precisa, anche perchè la sua nascita dipende in primo luogo, come abbiamo già detto all'inizio, dal varo della legge regionale in materia. C'è poi da tener presente che il distretto è un'articolazione funzionale di servizio, costituita esclusivamente da operatori socio sanitari già presenti nella zona, in media 60 o 70 per distretto, fra cui in primo luogo i "medici di famiglia". Ma, è stato precisato, i "medici di famiglia" sono dei medici convenzionati, sui quali l'USSL non può esercitare alcun potere. Se i medici di famiglia -ha detto il prof. Volpato - si rifiutano di entrare in questo organismo nessuno può obbligarli ad entrarvi. Così per ora dobbiamo ancora attendere.