EDITORIALE
Primi contratti
Primi insegnamenti
Ai primi di novembre, dopo due mesi di grandi lotte, i 900 mila lavoratori edili strappavano un contratto largamente positivo.
Il muro dell'intransigenza padronale cominciava a incrinarsi e lo sgretolamento progrediva nelle settimane successive con la conquista del contratto da parte di altre categorie e con la firma di importantissimi accordi integrativi.
Quali indicazioni e quali insegnamenti possiamo trarre da queste prime vittorie della classe operaia?
Innanzitutto i contratti e gli accordi hanno dimostrato che le rivendicazioni operaie potevano essere accolte e che la resistenza caparbia e ostinata dei padroni non aveva altra giustificazione che la volontà politica di esplorare la possibilità di soluzioni reazionarie; hanno dimostrato che ad imporre milioni di ore di sciopero, a voler far perdere una parte di prodotto nazionale, non è stata la classe operaia, ma sono stati un padronato esoso, una burocrazia incapace ed un governo conservatore.
Dalle prime vittorie sindacali ci viene anche un insegnamento: solo con la lotta e con l'unità si conquistano miglioramenti reali.
Infatti è stata l'azione unitaria di massa, vigorosa ma ordinata, basata sulla concretezza degli obiettivi, sulla realtà delle lotte, su una rinnovata democrazia sindacale, che ha portato i lavoratori a conquiste salariali, normative e di potere veramente rilevanti.
Inoltre la conquista generalizzata della contrattazione integrativa e articolata permetterà ai lavoratori, dopo la positiva conclusione dei contratti, di raggiungere nuovi obiettivi sul piano economico e su quello delle condizioni di lavoro. Ma nello stesso tempo è prevedibile che si svilupperà col massimo vigore anche la lotta per le riforme (affitti, prezzi, fisco, scuola, ecc.) che dovranno difendere e migliorare su altri terreni il salario reale e i consumi dei lavoratori.
Lo sciopero generale del 19 novembre per la casa e le riforme di struttura, al di là dei pur gravi episodi di provocazione e di violenza reazionaria che in nessun modo possono essere addebitati alla classe operaia, ha dato una prima grande dimostracontinua a pag. 2
CHI FERMERA' I PREZZI?
L'aumento dei prezzi ha assunto in Italia, ormai da qualche tempo, proporzioni vistose che suscitano preoccupazione in tutti coloro la cui unica fonte di reddito consiste nell'attività lavorativa: i lavoratori, anzitutto, che nella loro duplice qualità di consumatori di merci e di fruitori di servizi (abitazioni, trasporti, ecc.), che subiscono direttamente le conseguenze degli incrementi di prezzo che si verificano in entrambi i settori; ma anche i piccoli commercianti che non sono più, come un tempo, elemento decisivo nella determinazione dei prezzi al consumo, essendosi trasformati — secondo la logica di sviluppo neocapitalistico oggi dominante anche nel nostro Paese — in meri strumenti passivi che i diversi monopoli della produzione i ,ilizzano er !s 1:stribuzione delle proprie merci, determinando fin dall'inizio essi stessi, ai livelli minimi, le quote di reddito da riservarsi all'apparato distributivo (tanto è vero che, nel 1969, i prezzi delle merci all'ingrosso — cioè nella fase di passaggio tra la produzione e la distribuzione — sono aumentati addirittura di più, proporzionalmente, di quanto siano aumentati quelli al minuto).
CASE POPOLARI
Contro i massacri americani nel Vietnam, sabato 15 nov. negli USA e nel mondo, secondo «Moratorium day»
Milioni di americani hanno partecipato alla più gigantesca protesta organizzata della storia degli Stati Uniti.
Contemporaneamente in 75 paesi del mondo altri milioni di antimperialisti hanno espresso la loro solidarietà all'eroico popolo vietnamita e al popolo americano che sta vivendo un grande momento di mobilitazione di massa contro la sporca guerra di aggressione e contro la politica di Nixon.
Nella foto: Boston. Una bambina porta una bandiera viet-cong durante la marcia di protesta.
A GENNAIO RIPRENDE LA LOTTA
Circa dieci mesi fa prendeva l'avvio la battaglia dell'Associazione Inquilini Case Popolari (APICEP) per la riduzione degli affitti sulla via dell'introduzione dell'« equo canone » in base al principio che le spese d'affitto non devono superare il 10-15 % del reddito familiare medio, per la democratizzazione dell'IACP e per la riforma delle leggi che regolano l'edilizia popolare.
L'Associazione Inquilini era consapevole di condurre una lotta particolare nell'ambito di quella più vasta azione che l'insieme dei lavoratori italiani avrebbe dovuto intraprendere per rivendicare una nuova politica della casa, azione che si è di fatto sviluppata con i possenti scioperi generali del 15 ottobre a livello provinciale, e del 19 novembre su scala nazionale.
La battaglia avviata dall'APICEP trovava in queste grandi giornate di lotta una saldatura con l'azione promossa dalle centrali sindacali, sia perchè le rivendicazioni fondamentali coin-
continua a pag. 2 cidevano, sia perchè le rivendicazioni settoriali degli inquilini dell'Istituto rientravano pur sempre in quel grande moto di rinnovamento che esige l'adozione di radicali misure di riforma che consentano di fare della casa un vero servizio sociale.
L'azione dell'APICEP veniva esaltata e non sacrificata dallo sviluppo delle grandi lotte popolari per la casa e dovrà proseguire sulla base di una partecipazione sempre più larga e unitaria dell'inquilinato.
La sospensione del pagamento di due mensilità decisa e attuata nel corso del 1969 ha obbligato l'IACP e i pubblici poteri locali e nazionali ad affrontare, o quantomeno a non ignorare, i problemi rivendicativi posti dalla Associazione Inquilini.
Lo stanziamento di 1500 milioni deciso dal Comune di Milano (che consente l'attuazione di un bonifico forfettario per gli inquilini delle case popolari costruite dopo il '63 nella misura di una continua a pag. 2
DICEMBRE
PERIODICO DEMOCRATICO
1969
DALLA PRIMA PAGINA
PREZZI
Secondo un'opinione molto diffusa negli strati piccolo-borghesi della popolazione (anche, purtroppo, tra molti piccoli commercianti, che non s'avvedono in tal modo d'essere « bastonati e contenti »), la causa determinante dell'aumento dei prezzi consisterebbe in primo luogo nell'aumento dei salari, il quale determinando un aumento dei costi di produzione « costringerebbe » gli imprenditori — secondo una dinamica che si vorrebbe far passare per una legge universale di validità scientifica — ad « adeguare », aumentandoli, i prezzi delle merci.
Questa concezione, che gli organi di stampa del potere economico hanno ovviamente tutto l'interesse di accreditare, è sostanzialmente falsa. Non può essere questa la sede che consenta di dimostrare in modo rigoroso tale falsità; ma basta pensare a due fatti, di cognizione comune e di esperienza recente, perchè ognuno possa rendersene conto:
1) come risulta da tutte le fonti statistiche (anche da quelle della Confindustria!) negli ultimi anni l'aumento della produttività ha toccato indici assai superiori a quelli raggiunti dall'aumento delle retribuzioni, per cui — in realtà — il costo unitario della produzione è addirittura diminuito, almeno per quanto riguarda il suo rapporto con quella parte del costo che è costituita dal salario; 2) l'aumento massiccio e generale dei prezzi si è verificato prima delle lotte sindacali attualmente in oorso, e k non come conseguenza del loro eventuale successo. In realtà, nella dinamica di mercato di una società capitalistica quale è la nostra, l'aumento dei salari, quando superi certi limiti, può diventare uno degli elementi che contribuiscono all'aumento dei prezzi: ma, anche in tal caso, soltanto per il fatto che l'impresa capitalistica non intende rinunciare — in favore dei redditi di lavoro — nemmeno ad una piccola parte di quella sua quota di reddito che si definisce « profitto » e che, per essere mantenuta costante od essere addirittura aumentata, provoca, essa si, l'aumento dei prezzi. Ciò è del tutto evidente, per esempio, nel campo edilizio, dove la speculazione sulle aree fabbricabili non trova alcun pretesto in inesistenti aumenti dei « costi di produzione » e costituisce l'elemento determinante della formazione dei prezzi ancor prima che entri in gioco lo stesso profitto delle imprese costruttrici; e non meno evidente è nei principali settori della produzione industriale, ciascuno dei quali si sviluppa praticamente su posizioni di monopolio, capaci di determinare — per questa sola ragione — l'intero meccanismo dei prezzi.
Poichè le ragioni reali dell'aumento dei prezzi consistono dunque nel rifiuto e nella oggettiva impossibilità da parte del capitalismo a rinunciare a quote sostanziali di profitto per contribuire al progresso generale della società. illusoria è la convinzione, espressa da qualche parte, secondo la quale provvedimenti calmieratori sarebbero in grado di impedire, o di ostacolare decisamente, il riassorbimento degli aumenti salariali attraverso la dinamica incrementativa dei prezzi: al contrario, provvedimenti autoritari di questo tipo, di per sè presi, rischierebbero di pro-
vocare la rarefazione sul mercato delle merci divenute scarsamente remunerative per il produttore capitalista (con conseguente diminuzione dei consumi popolari e il sop gere di fenomeni marginali di « borsa nera »), ovvero si risolverebbero esclusivamente a danno dei piccoli commercianti sui quali — come sempre è avvenuto in casi analoghi — il meccanismo di produzione e di circolazione all'ingrosso delle merci è bene in grado di far ricadere tutto il peso di eventuali decisioni calmieratrici.
Il problema reale non è questól E' come sempre, un problema di potere politico, di un potere che abbia la volontà e che sia in grado di incidere in modo cospicuo sui margini del profitto capitalistico. Niente di quanto i diversi governi di centro sinistra hanno fatto marcia in questo senso, e lo stesso programma di sviluppo quinquennale dimostra, al contrario, che i suoi estensori hanno in realtà obbedito alla logica del profitto che avrebbero dovuto contrastare. Ma se i problemi angosciosi che vengono posti da questa logica possono trovare soluzione integrale soltanto in una società che abbia trasferito il potere politico nelle mani dei lavoratori, ciò non significa che questi debbano anche essi rassegnarsi al rispetto di una logica siffatta, che ha il primo presupposto .nel loro sfruttamento, in attesa delle soluzioni globali. Esistono, anche nella nostra società, strumenti (per esempio quelli fiscali) che sono in grado di contrastare, almeno fino ad un certo punto, i meccanismi tradizionali attraverso i quali si forma il profitto capitalistico.
E' evidente che lo Stato al servizio dei padroni non vuole e non può andare in questa direzione per propria volontà; ma le lotte dei lavoratori, se guidate da una chiara visione dei problemi di potere che inevitabilmente si pongono in una società come la nostra, può costringere anche lo Stato borghese a « mollare » quote di potere non trascurabili e imporre ai padroni, sia pure in certi limiti, di partecipare allo sviluppo della società restituendole almeno una parte dei profitti che hanno sottratto ai lavoratori attraverso il quotidiano processo del loro sfruttamento.
S. C.
PRIMI CONTRATTI
zione di forza e di maturità politica dei lavoratori, i quali si pongono ormai il problema di come evitare che i successi sindacali possano essere vanificati dalla politica economica tradizionale del padronato e del governo.
E qui arriviamo all'insegna-
mento politico che ci viene dalle lotte operaie. Le battaglie sociali e sindacali, nate da un processo fortemente voluto e tenacemente costruito dai comunisti e dalle forze di sinistra, hanno saputo suscitare una solidarietà e un consenso di massa che hanno coinvolto vastissimi strati sociali (impiegati, tecnici, studenti, ceti medi) e hanno stimolato anche quella rete capillare di potere locale che sono i Comuni a schierarsi a fianco dei lavoratori in lotta.
Mentre al vertice si tenta di rilanciare il centro-sinistra quadripartito, alla base del Paese, nelle fabbriche, nei quartieri, nei comuni, si delinea un processo di formazione di nuove aggregazioni unitarie che, superando le assurde discriminazioni anticomuniste, isolano le forze di destra e conservatrici.
L'unità sindacale si va così estendendo anche sul piano politico.
Le lotte operaie già indicano i contenuti e le forme della svolta politica che è necessario imporre nel Paese per assicurare alle masse lavoratrici nuove conquiste in una prospettiva di costante avanzata verso il socialismo.
CASE POPOLARI
mensilità nel 1969 e di un'ulteriore mensilità nel '70); la dichiarata disponibilità ad immettere alcuni rappresentanti degli inquilini nel consiglio dell'IACP, senza però modificare le strutture dello stesso, e taluni ramenti da apportare ai trasporti in periferia, se rappresentano un risultato costituiscono allo stesso tempo un chiaro tentativo di liquidare il problema con dei palliativi e di spegnere sul nascere la giusta azione intrapresa lasciando inalterati e insoluti i problemi di fondo che ne sono alla base.
E' indispensabile perciò, muovendo dai primi insufficienti risultati strappati al Comune e all'Istituto che peraltro dimostrano la fondatezza delle rivendicazioni dell'inquilinato, rilanciare la battaglia preparandosi ad attuare tutte le misure di pressione che l'APICEP si appresta ad indicare. Questa azione è tanto più valida ed urgente in presenza del proposito manifestato dal governo di ottenere, in stridente contrasto con le misure che sono necessarie, una legge delega che gli permetta di aumentare ulteriormente gli affitti delle case popolari IACP, GESCAL, ecc.
A. P
Questa è la direzione strategica giusta che ha già spostato in avanti, in questo « autunno caldo », forze e obiettivi di una lotta il cui successo interessa tutta la società.
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Dopo le importanti conquiste strappate ai padroni delle cartiere con il rinnovo del contratto nazionale cartai nel mese di luglio, i lavoratori della Binda hanno ottenuto, nei giorni scorsi, un altro bril-
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Con l'azione specifica intrapresa dall'APICEP, divenuta oggi parte integrante e non antitetica all'azione generale dei lavoratori italiani per la casa promossa unitariamente dai Sindacati, ha preso corpo una precisa e concreta linea volta a risolvere radicalmente i grossi problemi dell'abitazione, dell'affitto e del costo della vita connesso a questi stessi problemi.
Una valida alternativa a questa linea oggi non esite. Gli slogans demagogici della sedicente « Unione Inquilini » indicano nient'altro che una via senza sbocco, grezzamente avventuristica, una via capace solo di creare confusione, dividere e scoraggiare l'azione degli inquilini e dei lavoratori, che favorisce di fatto proprio coloro che si dice di voler combattere e cioè i padroni.
Oggi più che mai, invece, è necessaria la massima unità nella azione per poter cambiare effettivamente la situazione. L. B.
lente successo acquisendo un accordo integrativo aziendale.
L'accordo integrativo prevede un premio di 100 mila lire annue (40 mila subito e 60 mila nel luglio 1970) e il riconoscimento dei delegati di reparto. Questa vittoria dei lavoratori della Binda è stata possibile grazie all'unità e alla compattezza dimostrata sia durante le assemblee che hanno deciso la piattaforma rivendicativa e le forme di lotta, sia durante le cinque giornate di sciopero culminate con una manifestazione davanti gli uffici della direzione dell'azienda a Porta Romana.
Ancora una volta, dunque, l'unità dei lavoratori ha piegato l'intransigenza padronale.
Forti di questi risultati, i lavoratori della Binda puntano ora con rinnovata volontà di lotta alla soluzione dei problemi ancora irrisolti. A. M.
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SCUOLA OCCUPATA
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A seguito dell'articolo apparso sul nostro giornale del mese di ottobre « 11.000 bambini fuori dagli asili » ricordiamo ai cittadini dei nostri quartieri ed in particolare di Gratosoglio, che ancora una volta l'Amministrazione Comunale di centro sinistra ha cercato di tappare le falle della propria politica scolastica lesinando i fondi per costruire scuole a tutti i livelli commettendo un altro errore di valutazione nei riguardi degli abitanti di Gratosoglio.
Ciò non ha consentito di mantenere la « promessa » di assegnare alcune aule della scuola del Ronchettino per la sistemazione di un centinaio di bambini, rimasti esclusi dalle scuole materne del quartiere. A questo punto l'azione unitaria dei genitori dei bambini esclusi, riuniti in assemblea dall'Associazione Inquilini, ha fatto sì che ancora una volta con un'azione decisa (occupazione della scuola del Ronchettino da parte dei genitori e dei bambini) si sia riusciti a risvegliare gli amministratori di centro sinistra. Questi infatti si sono subito precipitati a Gratosoglio per verificare la situazione esistente nelle varie scuole materne sistemando rapidamente i bambini nel-
le scuole stesse.
In precedenza, i bambini, erano stati esclusi in base alle discutibili graduatorie fatte applicare dal Comune e per mancanza di volontà e collaborazione da parte delle dirigenti delle tre scuole che fino all'ultimo hanno avversato tale sistemazione.
Gran parte di questi disagi sono da attribuire quindi all'Amministrazione Comunale che con la costruzione della quarta scuola materna a tempo debito avrebbe risolto la situazione di necessità che, per il nostro quartiere, come abbiamo già scritto altre volte, è di primaria importanza.
Anche questa volta i cittadini hanno imparato, una volta di più, che quando non vengono risolti i loro problemi devono ricorrere alla protesta decisa ed unitaria anche per la soluzione delle più elementari esigenze civili nei nostri quartieri.
Onde evitare analoghe situazioni a quella che ha portato alla protesta per la scuola materna, ci auguriamo che si proceda al più presto alla costruzione di nuovi complessi scolastici con aule ed attrezzature sufficienti per tutti.
L. M.
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Scuola materna S. Abbondio UN'OCCASIONE PERDUTA
E' un sacrificio uscire la sera, quando si hanno bambini di 4 anni, bisogna ricorrere ai nonni che spesso abitano lontani, perchè possano custodirli durante le ore di assenza. Questo abbiamo fatto noi mamma e papà di una bimba che frequenta la scuola materna, per poter partecipare entrambi ad una assemblea che la scuola materna S. Abbondio ci aveva chiamati a partecipare prima della apertura delle scuole.
C'era, e c'è tutt'ora in tutta Italia, l'annoso problema della mancanza di aule che possano accogliere tutti i bambini che ne hanno diritto.
In quella occasione però con grande sollievo di tutti, ci è stato riferito che nel nostro quartiere il problema non si poneva, e che a tutti i bambini era assicurato il proprio posto. Durante quella assemblea inoltre — dove prese la parola la direttrice didattica, l'assistente sociale e un membro plel comitato di Quartiere della zona — venne eletta una commissione composta da insegnanti e genitori con lo scopo di mantenere un contatto permanente fra scuola e genitori, per discutere, sollecitare e possibilmente risolvere i problemi che si sarebbero presentati in avvenire.
Le scuole poi, si sono aperte e i nostri bambini hanno cominciato a frequentare regolarmente.
L'ottobre è splendido, con giornate piene di sole: il 18 ottobre, quando in tutte le nostre abitazioni inizia il riscaldamento, le finestre si tengono spalancate.
Nessuna mamma si preoccupa quindi che la scuola non sia riscaldata.
I giorni passano, l'aria si rinfresca e si comincia a chiedere il perché di questo mancato riscaldamento.
E... signora, gli scioperi dei metalmeccanici. Manca un pezzo meccanico che non permette alle caldaie di funzionare. Ma forse domani...
Questo per parecchi giorni.
Dopo le quattro giornate di vacanza, il giorno 5 novembre le aule sono ancora gelate e la temperatura è notevolmente diminuita.
Le mamme casalinghe tengono a casa i loro bimbi; le mamme che lavorano imbottiscono il più possibile i loro e, non avendo altra scelta li mandano a scuola.
Bambini al freddo!
Il malcontento comunque cresce. lo, e altre mamme, cominciamo a farci sentire con più insistenza. E' assurdo che non vi sia nessun mezzo d'emergenza, una stufa elettrica che il Comune di Milano possa mettere a disposizione per riscaldare almeno un'aula dove tenere al caldo i pochi bambini ormai rimasti e le loro insegnanti.
No, non è possibile.
La direttrice dice, interpellate le autorità competenti non ha ottenuto nulla anzi riceve l'ordine di « chiudere la scuola a tempo indeterminato ”. L'assistente sociale del quartiere, sollecitata ad interessarsi del problema, propone un'assemblea delle mamme nella scuola, ma la direttrice si rifiuta di indirla (« non vuole confusione »).
La famosa commissione insegnanti-genitori non ne è neanche informata. Il centro sociale organizza di sua iniziativa un'assemblea dei genitori.
Giovedì 6 novembre, una delegazione di genitori si reca con l'assistente sociale al « Comitato di Zona » ed esprime tutta la propria indignazione. Il Comitato di Zona unanime stabilisce di interessarsi del problema ed esprime anch'esso il disappunto per la negligenza del Comune di Milano per non aver provveduto al riscaldamento almeno con mezzi di emergenza.
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Qui subentra la bacchetta magica (che io chiamerei di malcostume e sottogoverno della cosa pubblica). Nel giro di 24 ore il riscaldamento funziona! e, badate bene, non la stufa elettrica ma l'impianto di termosifoni. Sabato mattina (giorno 8) tutte le mamme ricevono la telefonata dalla scuola che lunedì 10 riprenderanno regolarmente le lezioni.
Ora io mi domando: perchè il riscaldamento non ha regolarmente funzionato dall'inizio, dal momento che è stato dimostrato che l'impianto era funzionante, o per lo meno ci sono volute solo 24 ore per metterlo in funzione? Questo avrebbe evitato: bronchiti e influenze ai nostri bambini; di far ricadere le responsabilità sui metalmeccanici che scioperano per i loro sacrosanti motivi.
Non solo, ma secondo me, giusto sarebbe stato da parte della scuola, invitare tutti i genitori (era un motivo più che valido) per metterli al corrente di come stavano veramente le cose, ed insieme con la nostra collaborazione, i nostri bambini avrebbero ottenuto senz'altro molto prima il caldo di cui avevano diritto.
Perchè questa mancanza di fiducia verso i genitori?
Dov'è la tanto decantata collaborazione fra scuola e genitori?
Ancora una volta si è persa l'occasione di collaborare con noi e non si è avuto fiducia della possibilità di riuscire tutti insieme a risolvere i problemi.
Mirella Rota
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"209„ e sciopero generale al Consiglio di zona
Nella seduta del 25 novembre scorso, il Consiglio di zona ha preso in esame e approvato una petizione presentata dal Collettivo della Federazione Giovanile Comunista del quartiere Chiesa Rossa, corredata da oltre 500 firme di cittadini della zona, nella quale veniva richiesto il prolungamento della linea dell'autobus 209 fino in via Larga, verso il centro cittadino, e fino a Tre Ronchetti, passando all'interno del quartiere Gratosoglio, verso la periferia.
Questo primo risultato ottenuto dai giovani comunisti attraverso una democratica pressione popolare di massa, dovrà essere tenacemente sostenuto dal Consiglio di zona per assicurare alla cittadinanza della nostra periferia un efficiente trasporto pubblico. Ci auguriamo che il Consiglio della Zona 15 non venga meno anche questa volta alle aspettative dei cittadini.
Nel corso della stessa serata il gruppo liberale ha avuto l'impudenza di presentare un ordine del giorno di plauso alle « forze dell'ordine » in riferimento agli incidenti avvenuti a Milano il 19 novembre in occasione dello sciopero generale.
Ma questo squallido tentativo di provocazione reazionaria e antioperaia non ha avuto successo. Solamente i tre consiglieri liberali presenti e il consigliere missino hanno votato questo ()renne del giorno.
Le forze democratiche, che in questa occasione hanno saputo tenere un'unità consona ai sentimenti della cittadinanza della nostra zona, hanno fermamente respinto questa provocazione presentando e votando invece il seguente ordine del giorno:
« Il Consiglio della Zona 15, riunito nella seduta del giorno 25 novembre, in riferimento agli incidenti accaduti durante lo sciopero generale del giorno 19 e alla morte dell'agente di P.S. Antonio Annarumma, esprime il proprio cordoglio per il luttuoso evento e chiede una approfondita inchiesta in merito al fatto, solidarizza con l'ampia e unitaria lotta dei lavoratori e chiede che alle manifestazioni sindacali non siano più presenti le forze di polizia ».
Il documento è stato approvato dai consiglieri del PCI, del PSI, del PSIUP e della DC, fra gli applausi del numeroso pubblico.
Questo episodio, insieme alla convocazione di una prima parziale assemblea popolare sul problema del riscaldamento centralizzato
Il dito nell'occhio
al quartiere Stadera (assemblea su cui torneremo), ci fa sperare che il Consiglio della Zona 15 abbia finalmente deciso di uscire dall'immobilismo che lo ha finora caratterizzato e che incominci a muoversi verso una nuova maggioranza veramente democratica e popolare che isoli fascisti e liberali che nella nostra periferia hanno scarsissimo diritto di cittadinanza.
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AUGURI - AUGURI - AUGURI - AUGURI - AUGURI
In via dei Missaglia, fra via Santa Teresa e via Boifava, sulla facciata di quel fabbricato perennemente in costruzione che avrebbe dovuto ospitare un supermercato e un modernissimo centro civico, sono stati applicati dei magnifici riflettori. Forse per meglio illuminare quelle centinaia di milioni di cemento che rappresentano un vero e proprio « monumento » allo spreco e alla cattiva amministrazione del centro-sinistra milanese?
* *
Saranno PSU o saranno PSI? E' l'ansiosa domanda che si pongono i pochissimi « miracolati » del sottogoverno di centro-sinistra, preoccupandosi della sorte toccata ad alcuni dirigenti socialdemocratici della zona.
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Siamo curiosi di vedere quanto tempo trascorrerà prima che il Comune di Milano si decida a recintare opportunamente quella scarpata situata all'angolo di via Agilulfo con via Neera che, specie dopo le giornate di mercato, si trasforma in uno sconcio e puzzolente deposito d'immondizie. Chi è disposto ad azzardare quelche previsione?
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Quasi 400 famiglie della Baia del Re (in via Palmieri 18-22 e in via Barrili 17-21) si chiedono perchè l'I.A.C.P. non si sia ancora deciso a fare almeno un minimo di manutenzione anche nelle loro case. Non è stata ancora scartata l'idea della demolizione?
.A1 quartiere Chiesa Rossa, fra gli abitanti di via Giovanola, incomincia a serpeggiare la convinzione che l'amministrazione comunale di centro-sinistra voglia sfruttare la fossa che corre accanto a tutta la strada per l'allevamento intensivo dei topi giganti. Ma cosa se ne faranno gli assessori della DC, del PSU e del PSI di questa selezionata fauna cittadina? Che si tratti di qualche nuova arma segreta?
In via Tibaldi, su un'area dove sorgevano alcune case di vecchia edilizia economica, l'I.A.C.P. sta costruendo tre fantastici grattacieli con appartamenti da 140-150 metri quadrati ciascuno e tripli servizi. Per riscattare un appartamento basteranno poche decine di milioni. Chissà quanti manovali e pensionati della nostra periferia potranno sistemarsi in questi stabili? E chissà che bel manifesto stamperanno i dirigenti socialisti dell'Istituto? (Pare che il testo del manifesto sarà il seguente : « Il PSI per la casa - In via Tibaldi alloggi popolari per lavoratori, purchè con reddito annuo superiore ai 50 milioni »).
D. D. T.
VITA DI PARTITO
La campagna di tesseramento al PCI per il 1970, apertasi il primo novembre scorso, si sviluppa alla sezione Clapiz in un clima di entusiasmo e di grande consapevolezza politica. A 25 giorni dall'apertura della campagna circa il 60 °Io degli iscritti dell'anno scorso hanno già rinnovato la tessera; 18 giovani, uomini e donne, sono stati reclutati al Partito; è stata costituita una nuova cellula territoriale al quartiere Torretta e si sono create le premesse per la formazione di una nuova cellula di fabbrica alla Cartiera Binda.
La Sezione è al lavoro per conseguire rapidamente risultati ancora più soddisfacenti.
II seminario di formazione politica per operai e studenti sui principi del marxismo-leninismo, organizzato dalla sezione Clapiz, stà registrando un considerevole successo di partecipazione. Ogni serata di studio (al momento in cui scriviamo se ne sono già tenute quattro) è stata caratterizzata dalla presenza di circa 60-70 studenti e lavoratori che hanno contribuito ad animare le conversazioni e il dibattito. Il seminario continua con una frequenza settimanale (di norma ogni venerdì sera) e tutti i giovani della zona sono invitati a parteciparvi. * *
L'iscrizione per la prima volta al P.C.I. da parte di 20 lavoratori, l'inserimento negli organismi dirigenti della sezione di giovani compagni, decine di attivisti mobilitati: questi sono i primi risultati positivi nella campagna di tesseramento 1970 al P.C.I. iniziata dalla Sezione « Paghini il primo di novembre. Se a questo si aggiunge che a tutt'oggi ben 195 compagni (pari al 67 Vo del 1969) hanno già rinnovato la tessera 1970, si ha un'idea di come venga sempre più consolidandosi la presenza e la organizzazione del Partito a Gratosoglio e quanto i risultati già ottenuti siano di stimolo e di soddisfazione per tutti i comunisti.
Hanno fin' ora sottoscritto per milanosud N. N. L. 9.000 Dante L. 3.000 D. F. L. 2.500 LUIGI G. L. 500 L. L. L. 2.000 VARI L. 3.600 6
G LC) O N cr) a) -o c co o 4=, o o o co W .S2 Sia il 19 70 un ann o d i p ace e di p rog re sso soc ia le p e r tu t t i i lav ora tor i o D Cf) 2 o
I.
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OPERAI, STUDENTI UNITI NELLA LOTTA
La nostra esperienza è cominciata tempo fa, quando ci presentammo davanti all'Istituto Magistrale « Gaetana Agnesi » cercando di prendere un contatto con le ragazze dell'Istituto; risposero al nostro invito una decina di ragazze che invitammo ad una riunione il sabato seguente. In quella riunione vennero discussi e spiegati in maniera semplice il significato di « scuola filtro-classista » e vennero fissati obbiettivi intermedi su cui lottare, per arrivare ad una mobilitazione totale dell'Istituto su obbiettivi di carattere generale.
A quella riunione ne seguirono altre, dove insieme al gruppo di studentesse che si era formato decidemmo di aderire allo sciopero generale del 15 ottobre. La mattina, il collettivo al completo si portò davanti all'Istituto Agnesi con altri studenti di Milano, si picchettò la scuola, ci fu uno scontro verbale con il preside che « democraticamente »! uscì fuori e chiamando per nome le studentesse le invitava ad entrare; soltanto 110 ragazze su circa 1000 che frequentano l'Istituto restarono fuori e insieme ci recammo in corteo all'Arena.
Analizzando lo svolgimento della giornata, criticamente, ammettemmo un nostro grave errore. Avevamo picchettato senza informare sufficientemente le ragazze del perchè dello sciopero. Pochi giorni dopo il preside rifiutò un'assemblea generale e le ragazze fissarono da sole l'assemblea all'Università Statale per il giorno 28 ottobre. Ci fu un lavoro di volantinaggio e di affissione di cartelli dove si spiegavano il perchè di quella decisione e i punti da discutere nell'assemblea.
Il giorno prima dell'assemblea il preside inviò una circolare in tutte le classi dove si rendeva noto che « concedeva » l'assemblea per il giorno 6 novembre; era chiara la manovra del preside che premeva, sulle più paurose e sulle meno preparate politicamente in modo da boicottare l'assemblea del giorno dopo.
La mattina seguente i picchetti (più di 50 ragazzi, tra collettivo Gratosoglio e allievi del « Giorgi ») si disposero in maniera tale da non consentire l'entrata nella scuola; intanto con megafoni alcuni compagni spiegavano alle ragazze il perchè del rifiuto all'assemblea
Ass. Inquilini Stadera
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Inquilini!
Rafforzate e sostenete la Vostra associazione.
strumentalizzata dal preside (egli di solito interviene con la sua autorità nelle assemblee delle ragazze), si era formata una folla di ragazze che non entrava neppure al richiamo « democratico » del preside e alle grida isteriche di taluni professori e professoresse. Visto il mal partito, il preside o chi per lui chiamò la polizia, che presentandosi in borghese, per non spaventare le ragazze, ruppe i picchetti e invitò con la « grazia - che la distingue le ragazze ad entrare. Purtroppo le allieve impaurite entrarono quasi tutte e fuori si formò un gruppo di 150 allieve che parteciparono all'assemblea all'Università Statale. Furono discussi tutti i punti all'ordine del giorno, e le risoluzioni vennero portate all'assemblea indetta dal preside.
Quell'assemblea fu una vittoria
conquistata dalle allieve che avevano partecipato a quella precedente; infatti fuorono portate sostanziali modifiche allo statuto compilato e approvato l'anno scorso, con il benestare del preside. Le più importanti sono: potere decisionale dell'assemblea; partecipazione di elementi esterni all'assemblea.
Questo successo segnava di fatto la possibilità di collaborazione attiva su obiettivi di carattere generale tra studentesse e operai. Questa collaborazione è scattata con lo sciopero generale nazionale del 19 novembre sul problema della casa. Le ragazze dell'Istituto Agnesi ancor prima che il Provveditore agli Studi di Milano avesse deciso la chiusura di tutte le scuole di Milano, avevano dato la loro adesione allo sciopero generale, dopo aver tenuto assemblee in tutte le classi: 640 ragazze si sono pronunciate per lo sciopero, 240 contro e una cinquantina di astensioni.
Ora le ragazze si preparano alle nuove lotte per conquistare obbiettivi importanti, come: 1) agibilità politica all'interno dell'Istituto; 2)
la possibilità di usufruire delle aule nell'orario extra scolastico per fini didattici e non; 3) cogestione della cassa scolastica.
Fare questa cronologia degli avvenimenti è forse noioso, ma si potrà notare che con la costanza dell'intervento davanti alla scuola e con la chiarezza politica di non strumentalizzare le lotte ma di renderle omogenee e di far capire alle ragazze che la scuola oggi in Italia è al servizio dei padroni e dello stato borghese, si è passati da insuccessi iniziali ad una mobilitazione quasi totale dell'Istituto, (il comitato di coordinamento è formato da circa 40 allieve, e ogni classe ha la sua rappresentante).
Certo la strada è ancora lunga e piena di difficoltà prima che si giunga ad una effettiva e reale collaborazione tra studenti e operai, ma noi crediamo che proseguendo questa strada, con chiarezza politica, si possa arrivare alla conquista di un domani migliore per tutti, per gli operai e per gli studenti. Ora più che mai.
Operai e studenti' uniti nella lotta.
Ugliano Aniello
TV: STRUMENTO DI CLASSE
Chi segue abitualmente il telegiornale delle 20,30 non può non essersi accorto dello spazio che la TV dedica in questo periodo alle lotte dei lavoratori, spazio che non si deve solo considerare come numero di minuti che da questo argomento vengono assorbiti. C'è stato un fatto assolutamente nuovo nella tecnica di presentazione della lotta sindacale che dobbiamo rilevare ed è l'inserimento nel profilo della notizia di brevi filmati sulle manifestazioni dei lavoratori svoltesi nelle varie città, nonchè di riprese filmate delle trattative (Confindustria, Intersind, Pirelli) tra rappresentanti dei lavoratori e padronato.
Non possiamo nè dobbiamo illuderci che questa scelta della TV sia stata una scelta volontaristica.
Se noi esaminiamo infatti con attenzione le carenze incredibili di obbiettività di questo strumento di classe, se noi consideriamo le scelte che determinano ogni sera l'economia del Telegiornale, quotidiano spettacolo di malafede, compren-
diamo che solo la grande estensione e la potenza delle lotte dei lavoratori in questo « Autunno caldo » hanno costretto la TV a prendere atto di questo grande movimento della classe operaia.
Volendo comunque analizzare il modo con cui la TV diffonde la cronaca sindacale e le lotte dei lavoratori non mancano certo gli appigli per una critica estremamente severa. Nello spazio di due-tre minuti il presentatore avvolto nella sua aria di perbenismo distaccato dalla realtà e con una voce priva di intonazione informa i telespettatori sulle rivendicazioni e sulle lotte di decine di categorie di lavoratori di modo che lo stesso sindacalista più informato si troverebbe nella quasi impossibilità di riassumere con esattezza ciò che è stato detto.
I filmati delle grandi manifestazioni operaie ci mostrano quasi sempre sparuti gruppetti di lavoratori presi di spalle di modo che oltretutto sia impossibile leggere gli striscioni ed i cartelli, come av-
venne ad esempio in occasione delle grandi e responsabili manifestazioni fatte a Milano dai lavoratori della Pirelli Bicocca.
Mai dunque, o solo quando vi è spinta eccezionalmente dalle esigenze della cronaca, la TV ci mostra il vero volto dei nrandi movimenti di massa.
Una ulteriore dimostrazione della mistificazione e della falsa informazione di cui accusiamo la TV ci è stata data il 19 novembre, giorno dello sciopero generale. Il Telegiornale principale ha dato una versione falsa e provocatoria degli incidenti di Milano riversandone la responsabilità su di un « gruppo leninista - e dando una falsa interpretazione delle dichiarazioni dei dirigenti sindacali.
Tutto questo per nascondere le vere responsabilità dei gravissimi incidenti che si devono attribuire solo ed esclusivamente alla brutale ed ingiustificata aggressione poliziesca.
M. Pucci
Nella foto: l'assemblea operaia vota
3
Caro - città caro - casa, caro - affitti
Attorno agli obiettivi della lotta per la casa si può dire che esista ormai una generale consapevolezza. Una consapevolezza che i comunisti hanno contribuito a determinare con le loro lotte nel Paese e nel Parlamento: sono comuniste, infatti, le proposte di legge per il blocco degli affitti e degli sfratti, per la riduzione dei fitti dell'IACP, per l'equo canone, per la riforma urbanistica, ecc.
Nel quadro generale dei temi e delle occasioni di lotta, bisogna però localizzare, promuovere ed articolare anche le battaglie settoriali e particolari, così da assicurare una sostanziale aderenza alla realtà, alle situazioni concrete.
In questo momento, a Milano e nella nostra Zona, i temi della lotta sono quelli del « carocittà, caro-casa, caro-affitti », e l'occasione immediata di mobilitazione è rappresentata dalla revisione del piano di edilizia economica predispoto in base alla legge n. 167 per l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia popolare. La « 167 », chiariamo, è strumento di intervento che conferisce al Comune, attraverso il controllo delle aree fabbricabili, il ruolo di protagonista della pianificazione del territorio e della ristrutturazione della città. Ma soprattutto è lo strumento per condizionare il mercato delle aree e contenere il costo della casa e degli affitti.
Ebbene, il piano di revisione dell'assessore D. C. Cannarella disattende tutti i problemi, magari fingendo di affrontarli. E cioè l'edilizia pubblica non serve qui per soddifare il diritto alla casa e alla città da parte delle classi popolari, nè inverte la tendenza alla loro espulsione dalla città, alla segregazione negli spogli quartieri periferici, alla permanenza in zone di degrado.
E' sufficiente un esempio a noi
vicino : di fronte alle esigenze elementari dei pensionati dei quartieri Spaventa e Stadera, alle condizioni inumane in cui vivono gli immigrati nei tuguri lungo la via Chiesa Rossa o gli sfrattati nei baraccamenti del centro sfrattati, il piano propone l'edilizia prefabbricata della casa a riscatto del quartiere Missaglia (vale a dire 2 truffe in una).
Ma non in questo solamente stanno i problemi. Gli affitti hanno ormai raggiunto il tetto delle possibilità economiche dei lavoratori : 30-40 mila lire mensili nelle case popolari, 50-60 mila in quelle private : e la rapina e l'arbitrio dei padroni di casa si fanno più sfacciate : valga l'esempio dello speculatore Donnagemma che al quartiere Tor-
retta ha aumentato gli affitti di 50 mila lire all'anno. Ma lui in fondo fa il suo mestiere. Sono gli Enti Pubblici che si sono messi sulla stessa strada, contribuendo con una sbagliata politica delle aree, della prefabbricazione, della casa a riscatto, a creare i problemi gravissimi dei quartieri lontani dal centro, malserviti, dagli affitti proibitivi (quando si può entrarci in affitto).
A questo va aggiunto il fatto che lo stato delle abitazioni (in via Spaventa, Bonghi, Carcano, De Sanctis, Palmieri, Chiesa Rossa, a Gratosoglio vecchio, ai Tre Ronchetti, ce ne sono moltissime da « risanare »!) e l'inadeguatezza dei servizi, peggiorano le condizioni di esistenza della popolazione.
Questi sono dunque sommariamente i problemi: alla mobilitazione e alla volontà di lotta generali, deve sapersi oggi associare una lotta che ponga in termini concreti sul tappeto la questione della casa con tutte le sue molteplici sfaccettature. Il compito di creare un movimento di massa, che unifichi e generalizzi gli obiettivi e le esperienze parziali e indirizzi le forze sociali in lotta contro le reali controparti, i gruppi monopolistici e le forze politiche che ne mediano il potere, è compito delle forze che lottano in generale per reali trasformazioni nel Paese e che anche di questo problema, dunque, devono fare un terreno di confronto e di unione e una occasione di reale cambiamento nei rapporti di forza del Paese.
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LETTERE IN REDAZIONE
FRA IL DIRE E IL FARE ...
« Domenica 16 novembre 1969 si è tenuta a Gratosoglio, nei locali della Sezione del P.S.I. una "tavola rotonda" alla quale hanno partecipato, oltre a numerosi cittadini, vari consiglieri comunali: Andreini per il P.C.I., Ciocca per il P.S.I. e il Consigliere comunale e vice presidente dell'I.A.C.P. Cavalera quale rappresentante dell'I.A.C.P.; presenziavano inoltre l'Associazione Inquilini ed altre organizzazioni democratiche.
Abbiamo notato con compiacimento che da parte dei vari consiglieri comunali e del Signor Cavalera c'è stata veramente un'unità di intendimenti, cioè è stata chiesta l'unità di tutti gli inquilini delle Case Popolari di Gratosoglio per portare avanti la lotta per la riduzione dei canoni di affitto e per la democratizzazione dell'I.A.C.P.
Cavalera ha detto anche che la -casa deve essere considerata come un servizio sociale come i trasporti tranviari, gli ospedali, ecc.
Il 21 novembre al Senato è stata approvata una legge sui fitti nella quale di sociale non c'è nulla, sempre che si consideri "sociale" l'interesse della stragrande maggioranza dei cittadini e non quello delle grandi immobiliari.
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ma per il rispetto dei fatti, risulta che fra coloro che hanno votato a favore di questa legge ci sono anche i rappresentanti del partito ai quali appartengono tanto il consigliere Ciocca, quanto Cavalera. E allora, come la mettiamo? ».
Mario Fanton
La mettiamo, caro Fanton, richiamandoci a un antico proverbio popolare che dice: « tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare ». Soprattutto se il « dire » si riferisce a comizi pronunciati in quartieri popolari e in un periodo molto vicino alle elezioni amministrative; mentre il « fare» ha riferimento con azioni compiute in diversi anni su comode poltrone dell'I.A.C.P. o di qualche assessorato. Non si tratta qui di stabilire se il Cavalera e il Ciocca erano sì o no in buona fede e neppure quanto essi possano contare sulle decisioni del loro partito. Si tratta invece di verificare quanti fatti hanno finora corrisposto alle loro parole. A noi sembrano molto pochi soprattutto se pensiamo alla politica fin qui seguita dall'I.A.C.P. e dalle amministrazioni comunali e provinciali, istituti questi nei quali, assieme alla D.C., il P.S.I. con Cavalera e Ciocca hanno portato avanti una politica antipopolare contraria agli interessi dei lavoratori.
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NO AL FASCISMO DEI PADRONI
Come avevamo previsto il padronato e la destra reazionaria, messi alle strette dalle lotte dei lavoratori, hanno attuato una volgare e violenta campagna antioperaia e anticomunista utilizzando, come è loro costume, la polizia, la teppaglia fascista e la cosiddetta stampa di « informazione».
La reazione padronale tende ad alzare un polverone con il malcelato fine di offuscare il significato politico delle lotte contrattuali e, in modo particolare, vorrebbe travisare il significato dello sciopero generale al quale, come tutti sanno, hanno partecipato ben 19 milioni di lavoratori, di artigiani, di piccoli commercianti.
Il grande padronato e tutte le forze reazionarie interne ed esterne all'attuale governo ed alla sua maggioranza si sentono isolate e battute dal crescere del possente moto unitario, civile, democratico che chiede il miglioramento delle condizioni dei lavoratori e profonde riforme delle strutture della società.
Tali forze hanno cercato e cercano di uscire con ogni mezzo dal terreno su cui già si sentono perdenti e di spostare lo scontro sul piano della rissa, della provocazione e della violenza.
A tale scopo, si è tentato e si tenta di usare una più generale campagna di incitamento all'odio antioperaio, antisindacale, antistudentesco, anticomunista. Si è tentato e si tenta così di giocare la carta del cosiddetto scontro tra gli opposti estremismi al fine di trovare su questa base la possibilità di eludere le richieste del mondo del lavoro e di perpetuare il corso conservatore della politica italiana o di trovare addirittura sbocchi reazionari alla crisi di fondo del Paese. Tale linea non è passata e non passerà.
Contro il teppismo e la provocazione reazionaria fascista si è levato e si leva il grande schieramento unitario e democratico di massa in lotta per le proprie rivendicazioni e per il rinnovamento della società italiana.
Occorre, però, che la manovra reazionaria trovi anche la risposta politica che è necessaria. E' questo il momento, dunque, per-
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chè tutte le forze della sinistra laica e cattolica sappiano trovare le convergenze e la unità necessaria per respingere le provocazioni fasciste, per denunciare le manovre conservatrici e reazionarie, per appoggiare sempre più concretamente e chiaramente anche sul piano politico gli obbiettivi rivendicativi e di riforma posti dalle masse lavoratrici e studentesche.
Il nemico da battere è il padronato, sono le forze reazionarie e conservatrici sulle quali ricade anche la responsabilità di un uso anticostituzionale della polizia e dei servizi dello Stato.
La reazione può e deve essere battuta. Condizione indispensabile è il rafforzamento dell'unità dei lavoratori intorno alle forze di sinistra ed in primo luogo intorno al P.C.I.
Armiamoci... e partite
Questo detto, che la saggezza popolare ha coniato appropriatamente, era molto diffuso fra il popolo italiano durante il nefasto periodo dell'ultima guerra per significare l'ignominia della classe dirigente d'allora e dei suoi lacchè, (i gerarchi fascisti) che parlavano tanto di « dovere verso la patria », di « necessità di spazio vitale per il popolo », di bandiere ecc. ma poi a lasciare la pelle su tutti i fronti del mondo mandavano i soliti figli degli operai e dei braccianti.
Armiamoci (con fucili modello '91) e... partite (in carri bestiame 8 cavalli o 40 uomini), con le scarpe di cartone pressato, con le pezze ai piedi e mantelline per morire di freddo nell'inverno russo, badando solo ad accumulare soldi sulla pelle altrui e senza richiare la propria.
Questa frase mi è spontaneamente tornata alla memoria mercoledì, 19 novembre u.s., in occasione dello Sciopero Gene rale proclamato dalle tre Orga
nizzazioni Sindacali per il diritto alla casa e per altri problemi che necessariamente dovevano essere affrontati se vogliamo che finalmente, dopo 25 anni dalla Liberazione tutto il Paese faccia un passo in avanti sulla strada del progresso sociale. Mi è tornato alla memoria leggendo un volantino lanciato per le strade dai fascisti (leggi MSI) che diceva, fra le altre castronate: lavoratori... andate a lavorare.
Quell'andate è sintomatico in quanto dice più di cento discorsi chi siano i finanziatori di tali libelli antioperai. E' infatti chiaro che quell'« andate a lavorare » sta a significare che chi li finanzia è abituato a non lavorare, ma a sfruttare il lavoro altrui e che la loro speranza è proprio quella di potere continuare ancora per un pezzo così. Anzi, in essi vi è la speranza di poter dire ancora una volta: « Armiamoci e... partite ». Ma le cose sono assai cambiate. Tutti se ne sono accorti girando mercoledì 19 novembre per Milano. E' una data da segnare in rosso sul calendario. Una città deserta. Una città che protestava, che urlava la sua protesta per farla sentire anche ai più sordi. Si sentiva nell'aria che Milano proletaria era consapevole di vivere una giornata della massima importanza per il progresso di tutto il Paese.
E sono convinto che i finanziatori di quell'« andate a lavorare» nella loro grande paura di questa Milano arrabbiata, siano rimasti indifferenti alla notizia che c'era scappato il morto. A loro non interessa minimamente che fosse vestito con la divisa della Polizia come non è mai interessato che i milioni di morti in guerra portassero la divisa dell'Esercito o che i quasi cento lavoratori assassinati dal 1945 ad oggi vestissero la tuta da lavoro o gli stracci dei braccianti meridionali. A loro interessa solo che il primo, i secondi e gli altri siano sempre e comunque i figli dei soliti operai e dei soliti braccianti. A loro interessa solo fare soldi sempre e comunque sulla pelle altrui. A loro interessa poter dire ogni tanto « Armiamoci e... partite ». Ma deve finire e finirà. Quanto è vero che domani sorgerà il sole.
Paolo Guffanti
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periodico democratico a cura delle Sezioni Clapiz - Paghini del Partito Comunista Italiano
Redazione: Via Gratosoglio n. 108 e Via Neera, 7
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