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Semestrale Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 456) art. 1 comma 1 - DCB – Bologna. In caso di mancato recapito inviare al CMP di Bologna per la restituzione al mittente previo pagamento resi.

LA LEGGEREZZA DELLA POESIA NEL VIDEO DELLA FONDAZIONE HOSPICE

FINALMENTE UNA BUONA NOTIZIA: UNA NUOVA DIGNITÀ PER LA DISCIPLINA IN CURE PALLIATIVE

CURA DEL CORPO, CURA DEL PENSIERO E CURA DELL’ANIMA


S O M M A R I O EDITORIALE

NUOVI TRAGUARDI PER LE CURE PALLIATIVE di Vera Negri Zamagni

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IN PRIMO PIANO

FINALMENTE UNA BUONA NOTIZIA: UNA NUOVA DIGNITÀ PER LA DISCIPLINA IN CURE PALLIATIVE di Danila Valenti

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IL FUTURO DELLA SANITÀ E IL RUOLO DELLE FONDAZIONI di Deborah Bolognesi

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I NOSTRI EVENTI

CURA DEL CORPO, CURA DEL PENSIERO E CURA DELL’ANIMA di Louisette di Suni

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APPROFONDIMENTI

LÀ DOVE TUTTO HA AVUTO INIZIO

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I NOSTRI EVENTI

LA LEGGEREZZA DELLA POESIA NEL VIDEO DELLA FONDAZIONE HOSPICE di Grazia Gotti

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INSIEME FACCIAMO GRANDI IMPRESE

HOSPES Periodico della Fondazione Hospice MT. C. Seràgnoli Onlus Anno 8 Numero 17 - II/2013 Direttore Editoriale Vera Negri Zamagni

Direttore Responsabile Giancarlo Roversi Coordinamento editoriale Simona Poli Progetto grafico Humus Design

di Simona Poli

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LA VOLONTÀ DI LASCIARE UN SEGNO

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RINGRAZIAMENTI

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Stampa Digigraf

Stampato su carta con fibre riciclate


EDITORIALE

NUOVI TRAGUARDI PER LE CURE PALLIATIVE Carissimi lettori, dai contributi raccolti in questo numero della nostra rivista emergono due messaggi forti. Innanzitutto il recente riconoscimento in Italia della Disciplina “Cure Palliative” come disciplina autonoma, che si aggiunge alle altre specialità mediche con pari dignità. L’iter di questo riconoscimento non è stato né facile né rapido, ma non poteva più essere procrastinato, data la pratica ormai diffusa e l’opinione pubblica ampiamente favorevole. Si apre ora la strada invocata più volte dalla nostra Fondazione di una vera e propria “Scuola di Specializzazione in Cure palliative”, che potrà elevare la pratica ai livelli di ancora maggiore eccellenza e consapevolezza. Il secondo messaggio si legge in filigrana negli altri contributi ed è che le innovazioni sociali (come anche quelle tecnologiche) vengono prodotte da chi ci crede, da chi sposa un progetto perché è in grado prima di altri di riconoscerne le ricadute positive sulla società e si batte con costanza e fantasia per sensibilizzare l’opinione pubblica, trovare le risorse per la sperimentazione e infine fare pressione sulle autorità pubbliche per una nuova legislazione. L’Hospice MT.C. Seràgnoli ha svolto in Italia questo ruolo di antesignano delle Cure palliative, insieme con poche altre realtà italiane. Ora la sfida è duplice: riuscire a generalizzare le buone prassi, che non restino patrimonio di pochi privilegiati, e costruire un sistema di qualità, che tenga insieme le varie componenti delle cure palliative e non soltanto quella farmacologica. Il nostro contributo a questa sfida non mancherà, anche per il livello di complessità organizzativa e culturale ormai raggiunta dalla nostra Fondazione, e prossimamente avremo altre novità da comunicare. Buona lettura! Vera Negri Zamagni* (*) Presidente Associazione Amici della Fondazione Hospice MT. C. Seràgnoli

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IN PRIMO PIANO

Finalmente una buona notizia: una nuova dignità per la disciplina in cure palliative

Riconoscimento legale della figura e del ruolo del medico palliativista anche ai fini concorsuali.

di Danila Valenti * Con il parere favorevole del Consiglio Superiore di Sanità, il 7 febbraio 2013 la Conferenza Permanente per i Rapporti fra Stato Regioni e Province Autonome ha sancito l’individuazione della Disciplina “Cure Palliative” nell’area della medicina diagnostica e dei servizi per la categoria professionale dei medici, tra le discipline nelle quali possono essere conferiti gli incarichi di struttura complessa nelle Aziende sanitarie. Questo significa che da oggi esiste, riconosciuto legalmente, il medico palliativista anche ai fini concorsuali. Se fino ad oggi, per potere assegnare un incarico dirigenziale di Struttura Complessa veniva indetto un concorso nell’ambito dell’Oncologia o dell’Anestesia, ora viene finalmente indetto un concorso in Cure Palliative, assicurando così ai pazienti e alle loro famiglie una competenza specifica e definita per una ottimale organizzazione dei servizi. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (22 aprile 2013) del Decreto del 28 marzo 2013 “Modifica ed integrazione delle tabelle A e B di cui al decreto 30 gennaio 1998, relative ai servizi ed alle specializzazioni equipollenti” sono stati inoltre definiti i servizi e le scuole equipollenti (Ematologia, Geriatria, Malattie infettive, Medicina Interna, Neurologia, Oncologia, Pediatria, Radioterapia, Anestesiologia e Rianimazione). Grazie a questo Decreto, le Cure Palliative, quale disciplina autonoma, si confrontano con pari dignità, con le altre Discipline, con l’obiettivo di garantire Cure Palliative a tutti i malati inguaribili, non solo oncologici, in un quadro organizzativo delineato nelle dimensioni strutturali e di processo. É un passo fondamentale per il pieno riconoscimento della “specificità” delle competenze che negli anni i palliativisti hanno costruito e che è definita nel core curriculum del Medico Palliativista, pubblicata da SICP nel luglio 2012. La specificità disciplinare delle Cure Palliative è determinata dalla capacità di dare risposte efficaci al malato e alla famiglia nella fase di inguaribilità di una malattia, dando voce al bisogno del paziente e rispettandone i valori e le volontà, nell’ambito di una empatica relazione d’aiuto malato - équipe. L’impostazione e la gestione del percorso di cura prevede un approccio clinico interdisciplinare e centrato sul malato (patient centered) ridefinendo continuamente, in accordo con il paziente (medicina delle scelte condivise) i bisogni e gli obiettivi di cura. Da questo deriva la centralità “core” delle competenze inerenti: valutazione multidimensionale del dolore e della sofferenza, approccio clinico transdisciplinare e multi professionale; lavoro interprofessionale e d’équipe, comunicazione empatica con il paziente e la famiglia. La Società Italiana di Cure Palliative ha promosso e sostenuto con convinzione questo percorso attraverso la definizione sempre più precisa dei nuovi contenuti disciplinari e, negli ultimi due anni, ha prodotto, anche per questo scopo, oltre al curriculum formativo per i medici palliativisti, anche i core curricula specifici per i medici di medicina generale, gli infermieri, gli psicologi, i fisioterapisti e gli assistenti sociali che operano nella Rete di Cure Palliative. Sul piano formativo, il prossimo obiettivo è la Scuola di Specializzazione in Cure Palliative.

Come sono disciplinate all’estero L’autonomia della Disciplina Cure Palliative da anni è riconosciuta a livello internazionale. La Gran Bretagna è stato il primo paese a riconoscere la Scuola di specializzazione in Cure Palliative nel 1987, seguita dall’Irlanda, nel 1995, con cattedre specifiche e dedicate presso diverse università. In altri paesi, fra cui l’Australia, la Nuova Zelanda, il Canada, gli Stati Uniti questa autonomia è riconosciuta già da alcuni anni, sia pure in forme diverse (specialità o sub-specialità). In Europa hanno riconosciuto la sub-specialità (cioè una seconda specializzazione, più breve, da conseguire dopo una specializzazione piena) in Polonia (1999), in Romania (2000), in Slovakia (2005), in Germania (2006) e in Francia (2007). In Spagna, in Norvegia e in Svezia, in Danimarca, in Finlandia, in Islanda, Malta, Israele e nella Repubblica Ceca sono in corso dei processi di certificazione delle Cure Palliative. Le Società Scientifiche locali stanno operando per raggiungere l’obiettivo. In Italia, con questo nuovo riconoscimento, un altro passo importante è stato compiuto.

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(*) Responsabile Rete delle Cure Palliative AUSL di Bologna Vice Presidente SICP


IN PRIMO PIANO

Il futuro della sanità e il ruolo delle Fondazioni di Deborah Bolognesi

La consegna dei diplomi dell’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa ha offerto lo spunto per una serie di riflessioni. Il 10 maggio si è tenuta l’annuale Cerimonia di consegna dei diplomi dell’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa. Quest’anno, oltre alla conclusione della 5° edizione del “Master in Medicina Palliativa: modelli organizzativi, clinica, ricerca, leadership”, è stato celebrato anche il termine della prima edizione del “Corso Universitario di Alta Formazione in Cure Palliative Pediatriche”, l’unico corso in Italia dedicato alla formazione dei professionisti che assistono i piccoli pazienti. Nell’ambito della Cerimonia sono state premiate le migliori tesi degli studenti che rappresentano un significativo contributo scientifico allo sviluppo della cultura delle cure palliative e in particolare di quelle pediatriche. La Cerimonia ha rappresentato l’occasione per avviare una riflessione su alcune delle tematiche più importanti che hanno determinato lo sviluppo delle cure palliative e che ne influenzeranno le dinamiche future con la tavola rotonda “Il futuro della Sanità e il ruolo delle Fondazioni”. Il Professor Stefano Zamagni, Docente di economia politica dell’Università di Bologna esperto del terzo settore, ha introdotto e moderato l’incontro valorizzando il contributo degli attori privati non profit in un ambito come quello socio-sanitario che sta assistendo negli ultimi decenni ad una sostanziale riduzione delle risorse. Introducendo il tema della sussidiarietà circolare ha illustrato i modelli che garantiscono un approccio universalistico e valorizzano le risorse della società civile e le organizzazioni che la animano, siano esse Fondazioni, Cooperative sociali, e Associazioni di promozione sociale. La sussidiarietà circolare consiste nel garantire forme di interazione fra la sfera degli enti pubblici, delle organizzazioni della società civile e della Business Community, in modo da avviare progetti eccellenti nel pieno riconoscimento degli attori. Lo sviluppo del settore sanitario e delle cure palliative dovrebbe essere affrontato con queste dinamiche partecipate. Kathleen Foley, direttore medico del programma di sviluppo mondiale delle cure palliative per la Fondazione Soros di New York, ha presentato il ruolo innovativo delle Fondazioni per lo sviluppo di politiche globali in questo ambito grazie al riconoscimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nel corso degli ultimi trent’anni molto è stato fatto in tutto il mondo dagli attori privati non profit, a partire dalla pubblicazione e diffusione di documenti programmatici, linee guida, piani di formazione per la lotta al dolore del cancro, di altre patologie, per la cura dei sintomi e per l’importanza di un approccio globale al paziente e alla famiglia, possibile solo con un intervento di cure palliative. L’attività delle Fondazioni, in particolare della Fondazione Soros che dal 1994 opera anche in questi ambiti,

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IN PRIMO PIANO

si concentra oggi sul rafforzare le buone pratiche laddove già avviate, ma soprattutto sul diffondere le cure palliative in tutti i paesi del mondo in cui non esistono ancora risposte adeguate per la gestione del dolore e di tutti i sintomi che compromettono la qualità della vita dei pazienti. Attualmente la Fondazione Soros ha in attivo ventotto progetti ed è soddisfatta per il livello di diffusione delle cure palliative, grazie anche al forte contributo dato dagli attori privati membri della società civile presenti in tutte le realtà nazionali. Kathleen Foley ha auspicato che questo processo virtuoso possa continuare per garantire, a tutti i tipi di pazienti, cure appropriate e una sempre maggiore dignità della vita. Nel percorso di sviluppo di buone pratiche vi è molta attenzione sul tema fondamentale della collaborazione e della risposta delle istituzioni pubbliche alle iniziative delle Fondazioni e di tutti gli attori della società civile. In ambito internazionale le cure palliative si sono sviluppate con un buon grado di collaborazione pubblico privato, a conferma del riconoscimento di un bisogno assistenziale primario. Solo in alcuni paesi le istituzioni hanno mostrato, inizialmente, una scarsa attenzione alle iniziative avviate dalle Fondazioni e dagli attori della società civile che pur con perseveranza e determinazione hanno garantito la diffusione di tali cure. Un aggiornamento sugli sviluppi in Italia e in Europa, con un focus sulle cure palliative pediatriche, è stato presentato da Silvia Lefebvre D’Ovidio, presidente della Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio che opera del 1999 con la

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mission di promuovere le cure palliative per i pazienti più fragili e vulnerabili quali i bambini e gli anziani. In Italia dalla fine dal 2001 al 2013 abbiamo assistito ad una prima identificazione, ad un sempre maggiore sviluppo e ad un pieno riconoscimento della necessità di mettere a disposizione dei piccoli pazienti e delle loro famiglie servizi integrati di cure palliative pediatriche. Negli ultimi anni a livello europeo si sta richiamando l’attenzione anche sugli interventi rivolti alle fasce più anziane della popolazione affrontando quindi anche la tematica della gestione di tutte le patologie complesse che richiedono assistenza palliativista. Questi risultati sono resi possibili anche grazie al ruolo delle Fondazioni che si impegnano in ambito sanitario, della loro capacità di incidere sul territorio nazionale porgendo attenzione sia ai bisogni dei pazienti e delle famiglie, sia alle strutture e ai professionisti coinvolti in prima linea nell’erogazione dei servizi di assistenza. Forme di sinergie e collaborazioni fra tutti gli attori della società civile potrebbero risultare ancora più efficaci. In conclusione i contributi alla tavola rotonda hanno evidenziato il ruolo fondamentale dell’Italia nella promozione delle cure palliative in tempi anticipatori rispetto alle istituzioni pubbliche, portando anche l’esempio emblematico della Fondazione Hospice a Bologna.

Le tesi vincitrici del Premio First 5° edizione del Master in Medicina Palliativa: modelli organizzativi, clinica, ricerca, leadership “Hai mai sentito parlare di cure palliative?” Progetto educativo-informativo presso le scuole superiori A cura di Luca Furlanetto, Martina Gulini, Monica Mazzolani, Ilaria Miranda, Alessio Pagnini, Marta Rampi, Giovanna Ruta.

Corso di Alta Formazione in cure palliative pediatriche “Valutazione dello stato di benessere del paziente con paralisi cerebrale severa associata a deficit cognitivo attraverso la somministrazione della scala “Pediatric Pain Profile” e “Face Legs Activity Cry Consolability” A cura di Leda Benati, Alessia Di Cecco, Alessandra Orlandi, Marina Perazzini, Silvia Soffritti, Ingrid Volpe.


I NOSTRI EVENTI

I nostri “Incontri a tema”

Cura del corpo, cura del pensiero e cura dell’anima

di Louisette di Suni Per articolare una proposta culturale sempre più improntata al dialogo, al confronto e alla qualità, quest’anno l’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa e la Fondazione Hospice MT. C. Seràgnoli hanno scelto di unire le forze a quelle di una storica istituzione bolognese, il Centro San Domenico. Il tradizionale appuntamento degli Incontri a tema, infatti, organizzato dall’Accademia delle Scienze e giunto ormai alla settima edizione, si è tenuto tra febbraio e aprile del 2013 in collaborazione con il ciclo “I martedì di San Domenico”, che a sua volta, da più di quarant’anni, propone dibattiti e convegni su temi filosofici, etici e religiosi. Un’alleanza per la città che parte da valori condivisi, nel nome di una cultura “alta” ma anche aperta, improntata al massimo rispetto per tutte le opinioni e alla ricerca costante di un possibile terreno di incontro e di scambio. Nel Salone Bolognini del Centro San Domenico – che ha ospitato anche le precedenti edizioni degli Incontri a tema – , i relatori si sono confrontati su un argomento cruciale e complesso come quello della cura, intesa in tutte le possibili sfumature di significato. Nel primo incontro Paolo Cornaglia Ferraris – medico, giornalista e saggista – e Mauro Magatti – Preside di Sociologia all’Università Cattolica di Milano, oltre che editorialista del Corriere della Sera – hanno fatto il punto sul concetto di cura del corpo: partendo dalla sua esperienza professionale e umana, Cornaglia Ferraris ha sottolineato come, al di là degli aspetti esteriori, legati all’importanza dell’immagine con cui ci “presentiamo” al mondo, tutti noi abbiamo difficoltà a relazionarci con il corpo in modo sano. Perché la cura è, prima di tutto, relazione, con se stessi e con gli altri, tanto più se si parla del rapporto tra medico e ammalato. Troppo spesso il paziente è chiamato a districarsi nel dedalo delle competenze e degli specialisti, e questa mancanza di coordinamento può causare un grande senso di solitudine e di frustrazione che va combattuto e contrastato. Il professor Magatti invece ha posto l’accento sul circolo vizioso “potenza-volontà di potenza” che caratterizza la nostra epoca. Un atteggiamento che finisce per indebolire i legami più autentici, rendendo sempre più difficile la scoperta

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I NOSTRI EVENTI

Grande affluenza di pubblico per l’ultima edizione del tradizionale evento promosso dall’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa e dalla Fondazione Hospice M.T. C. Seràgnoli che ha visto l’affiancamento del Centro San Domenico.

di un senso che compensi “l’infinita progressione” che ci siamo imposti. Una possibile alternativa è offerta, secondo Magatti, dalle parole del filosofo tedesco Robert Spaemann, che invita a concepire la misura non come “un limite imposto dall’esterno, il principio di realtà contro il principio di piacere, ma un thelos nel duplice significato della parola: un limite che è in pari tempo un fine”. Nel secondo incontro Armando Massarenti – responsabile dell’inserto domenicale del Sole 24 Ore – e Roberto Mancini – professore presso il Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Macerata – hanno discusso di cura del pensiero. Secondo Massarenti, prima di tutto è importante condurre una “vita pensata”: grazie all’esercizio quotidiano della filosofia, anche partendo da cose apparentemente banali possiamo coltivare la consapevolezza e la “mobilità” intellettuale, ovvero la capacità di mettersi sempre in discussione e di aprirsi al mondo. Perché, come Platone fa dire a Socrate, “una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta”. Una posizione ribadita da Roberto Mancini, che ha parlato di “incuria nei confronti del pensare”: il nostro tempo ha rinunciato a “pensare” la storia e la civiltà, per inseguire il dogma del mercato e della competizione più spinta. Il pensiero invece ci è indispensabile perché permette di abitare la realtà, rendendola più comprensibile e soprattutto più umana. Nell’ultimo incontro, infine, Umberto Galimberti, filosofo e psicanalista, ed Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose, hanno invitato il pubblico a riflettere sul significato

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dell’espressione “cura dell’anima”, ripercorrendo il significato di quest’ultimo termine nell’arco della storia, dal punto di vista della filosofia, della psicologia e della teologia. Padre Bianchi identifica l’anima con la vita interiore di ogni uomo, guidata dalla coscienza e illuminata dalla costante presenza dello Spirito Santo. Un vero e proprio cammino dunque, un pellegrinaggio che può condurre alla pienezza di vita e quindi alla salvezza. Tornando sul concetto di cura, Galimberti ha ricordato come con Heidegger esso abbia assunto due sfumature diverse: la prima esprime il senso del procurare qualcosa di necessario, la seconda, ben più importante, del prendersi cura di qualcuno. Il che, alla fine, non è altro che la capacità di mettersi in relazione, nella consapevolezza della nostra comune condizione umana. Ancora una volta, gli Incontri a tema hanno rappresentato un prezioso momento di riflessione, sia per la levatura dei relatori che per la molteplicità dei temi toccati. Un’occasione che tutti potranno condividere grazie ai piccoli volumi della collana “Incontri”, pubblicati dalle Edizioni Asmepa, che riportano in forma testuale ognuno dei dibattiti proposti: La cura del corpo, La cura del pensiero e La cura dell’anima saranno pubblicati entro l’autunno 2013.


APPROFONDIMENTI

Alle radici di un cammino che ci unisce: il St. Christopher’s Hospice di Londra

Là dove tutto ha avuto inizio

Gli allievi della sesta edizione del Master in Medicina Palliativa hanno visitato la prima struttura fondata una cinquantina d’anni fa da Dame Cicely Saunders che rappresenta una pietra miliare nella storia del movimento degli Hospice. La nostra avventura ha avuto inizio tra i banchi del Master, circa un anno fa. Sin dalle prime lezioni, dedicate all’inquadramento storico delle cure palliative e all’analisi dei principi che ne ispirano la filosofia di fondo, abbiamo avvertito il desiderio di ‘risalire alle origini’, ripercorrendo, anche geograficamente, i primi passi di quella storia. Il movimento delle cure palliative, che promuove i valori della salvaguardia della dignità della persona umana nel percorso della malattia e nel fine vita, nasce in Inghilterra una cinquantina d’anni fa grazie a Dame Cicely Saunders. Il St. Christopher’s, da lei fondato, fu in assoluto il primo Hospice e rappresenta, quindi, una pietra miliare nella storia del movimento. Di qui l’idea, il desiderio, il sogno di visitare il St. Christopher’s Hospice. Nel corso dei mesi, grazie al prezioso contributo di tutti noi studenti, al supporto organizzativo dell’Accademia e della Fondazione Hospice Seràgnoli, il sogno è diventato un progetto vero, realizzabile e infine… realizzato! Dopo un viaggio di circa un’ora e mezza siamo arrivati, puntuali ed emozionati, alla Sede del St. Christopher’s che si trova a Sydenham, sud-est di Londra. Qui siamo stati calorosamente accolti ed invitati a raggiungere l’attiguo “Education Centre”, il Centro di Formazione dell’Hospice. Un graditissimo welcome coffee ci ha permesso di fare la conoscenza della prima dei relatori che ci avrebbero accompagnati nel corso della giornata di formazione a noi dedicata. Mrs. Jane Taylor, fisioterapista in pensione ed attualmente la numero 1001 dei volontari presso l’Education Centre, è stata anche una delle persone che ha assistito personalmente Dame Cicely nel suo percorso di fine vita, conclusosi proprio al St. Christopher’s nel 2005.

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APPROFONDIMENTI

Il crescente accreditamento istituzionale raggiunto dall’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa nell’ambito della ricerca e della formazione, ha favorito la creazione di un network di prestigiose istituzioni internazionali operanti nel campo delle cure palliative. Questa rete di relazioni internazionali ha stimolato la mobilità di ricercatori e docenti e in quest’ambito si è svolta la visita degli studenti del Master all’Hospice St. Christopher’s di Londra. Questo articolo con il resoconto del viaggio e dell’esperienza vissuta si deve proprio a loro e più precisamente a: Loredana Birgolotti, Alessandro Cocchi, Renato Decarli, Monica De Faveri, Marina Degani, Maria Maddalena Frangione, Francesca Martinazzi, Arianna Mencaroni, Marzia Meneganti, Gian Carlo Odorico, Valeria Pantanella, Filomena Palmieri, Giovanna Poddi, Maria Prisco, Samantha Serpentini.

Nel corso della sua presentazione Mrs. Taylor ci ha regalato un ritratto di Cicely Saunders talmente vivido e ricco di ricordi personali che abbiamo compreso, non solo con la mente, il grande senso di umanità che aveva guidato la sua vita e che in qualche modo aveva spinto noi fin lì. Il Direttore Medico del St. Christopher’s, Dr. Nigel Sykes, ci ha delineato un quadro aggiornato sullo ‘stato’ della medicina palliativa in Gran Bretagna, sottolineando in particolare il grande valore da loro attribuito alle human skills, le ‘competenze umane’ che ogni praticante deve sviluppare e saper mettere in atto se sceglie di lavorare in cure palliative. Naturalmente, una realtà organizzativa complessa e che ha scopi così ambiziosi come il St. Christopher’s può essere letta anche attraverso le cifre: l’Hospice ha 48 posti letto ed assiste 970 pazienti l’anno per una degenza media che si colloca tra i 14 e i 16 giorni. Il 25% dei pazienti torna a casa con dolore e sintomi sotto controllo. Molti pazienti al domicilio sono seguiti dall’Hospice che ha una rete di assistenza sul territorio in cui sono coinvolti anche i medici di base, in un rapporto che vede il St. Christopher’s agire come centro di riferimento altamente specializzato per il coordinamento e la gestione di tutti gli aspetti dell’assistenza. Tra i pazienti, l’80% sono oncologici mentre il restante 20% soffre di patologie diverse, tra cui: BPCO, SLA, insufficienza cardiaca, malattia di Parkinson. Lo staff include 330 operatori e 1001 volontari; un dato molto interessante è che il St. Christopher’s dipende per il 38% dal National Health Service e per il 62% da donazioni, eredità e fundraising. La visita guidata all’Hospice è stata un momento davvero emozionante che ci ha permesso di vedere e vivere il grande sogno pensato e poi realizzato da Cicely Saunders; un sogno che nasce dall’incontro nel dopoguerra di una giovane Cicely con David Tasma, un ebreo polacco rifugiato dal Ghetto di Varsavia. David promise a Cicely che sarebbe stato “la

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finestra nella sua casa” (“I will be a window in your home”); e così fu…proprio a partire da quella finestra il sogno divenne realtà. Nello spirito della fondatrice, che pensava ad un luogo aperto, pieno di luce, un’ideale agorà anche per la circostante comunità dei residenti. L’Hospice comprende oltre alle camere, attualmente in ristrutturazione, e agli ambulatori, anche la “pilgrim room”, una stanza dedicata alla ricerca spirituale, una palestra attrezzata, un laboratorio artistico, un “hairdressing salon”. L’“Anniversary Centre”, inaugurato nel 2009, consente a pazienti, parenti, visitatori ma anche semplici membri della comunità di poter usufruire di una confortevole e luminosa zona bar, dotata di ampie vetrate aperte sul meraviglioso giardino interno. La seconda parte della giornata ci ha visti impegnati in altre tre relazioni. Lorna Malcom, fisioterapista, ci ha parlato del programma riabilitativo per i pazienti dell’Hospice, impostato sul raggiungimento della migliore qualità di vita possibile, con livelli minimi di dipendenza, a prescindere dalle aspettative di vita. L’infermiera Mary Brice ci ha sapientemente introdotto alla nuova tematica delle cure palliative nello scompenso cardiaco; mentre le assistenti sociali Betsy Barker e Lesley Adshead ci hanno illustrato i servizi di supporto al lutto offerti presso l’Hospice. Infine, la grande risorsa del St. Christopher’s: i volontari. A tutti i livelli, logistico, organizzativo assistenziale ed anche nel supporto al lutto, centinaia di volontari affiancano il personale dell’Hospice e consentono al sogno di Cicely Saunders, di continuare ad essere un modello per le cure palliative nel mondo. Porteremo con noi, nella nostra esperienza personale e professionale, le visioni e le sensazioni vissute… e le indimenticabili parole di Cicely Saunders “You matter because you are you”, fondamento imprescindibile di ogni relazione terapeutica.


I NOSTRI EVENTI

La leggerezza della poesia nel video della Fondazione Hospice di Grazia Gotti*

Presentato in anteprima a Bologna, il video istituzionale realizzato con le illustrazioni di Mara Cerri e Magda Guidi, la musica di Mario Mariani e la voce fuori campo di Angela Baraldi. Per promuovere presso il grande pubblico una realtà come la Fondazione Hospice Seràgnoli era necessaria una ricerca tesa a trovare qualcosa di semplice, diretto, autentico, umano, come l’arte e la poesia. Nell’ipotesi di un racconto per immagini, pensare al disegno, alla mano, allo straordinario potere dell’illustrazione, linguaggio che può mettere in scena un mondo reale o fantastico senza limiti, è stato abbastanza naturale. Poi si è trattato di indirizzare lo sguardo alla ricerca delle poetiche, degli stili, delle culture iconografiche. Da principio ho guardato alla Francia, paese molto più avanzato del nostro nella comunicazione, nella grafica di pubblica utilità, che tiene in gran conto l’apprendere a produrre le figure, con alcune fra le scuole più prestigiose d’Europa. Ad osservare la grafica degli ospedali francesi, come quella degli uffici pubblici, si coglie una notevole cura e attenzione agli elementi estetici che definiscono l’identità di un luogo, di un progetto, di un’azione civica. Spinta da questo senso civico avevo passato in rassegna cataloghi di mostre recenti, alla scoperta di giovani talenti, abbandonando la più facile scelta di professionisti, riconoscibili per una forte identità stilistica. Lasciarmi trasportare dallo stupore, dalla meraviglia di ciò che è nuovo, visto per la prima volta, ancora non conosciuto, interpretato, catalogato, è stato un esercizio molto utile che mi ha permesso di percorrere una strada che poi ho abbandonato, come succede spesso nei percorsi di ricerca. Sono tornata alla memoria personale, fedele e preziosa compagna di

viaggio, una memoria visiva, affettiva. E ho pensato a Mara Cerri, ai suoi primi disegni, alla sua linea e alla leggerezza del tocco. Dalla linea al colore, il percorso di Mara si è arricchito nel tempo di sempre nuove sfumature, conservando intatta la sua fluttuante leggerezza e poesia. La conoscevo da tempo, a mio parere Mara era autrice sin da subito e lo ha dimostrato nei lavori che presto tanti editori hanno accolto. È così albi per bambini che imparano a leggere, le immagini artistiche in tenera età hanno cominciato ad apparire sugli scaffali delle librerie italiane. Studentessa della scuola del libro di Urbino, che aveva già dato al mondo internazionale illustratori come Gianluigi Toccafondo, Mara Cerri, con la collega Magda Guidi, si è cimentata con il disegno animato e precisamente con la versione animata del suo grande album Via Curiel 8 pubblicato nel 2009 dal Orecchio Acerbo, una delle fucine editoriali più creative dell’ultimo decennio. Era un libro dedicato all’educazione sentimentale e veniva dopo prove quali Dentro gli occhi cosa resta e A una stella cadente. Il corto animato di Mara e Magda aveva ricevuto il Premio Arte France al Festival Internazionale di Annecy ed è stato giudicato il migliore fra i corti italiani al festival di Torino 2011. Mara e Magda hanno accettato di far parte di questo progetto, hanno visitato l’Hospice e lavorato a lungo con Maurizio Marinelli. Ora il corto circola nei grandi e piccoli schermi planetari, portando a tutti un messaggio poetico, semplice, diretto, autentico.

(*) Giannino Stoppani, libreria e casa editrice

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I NOSTRI EVENTI

L’intervista

Insieme facciamo grandi imprese

di Simona Poli

Quali sono le ragioni che hanno determinato la scelta del Gruppo Hera di sostenere la Fondazione Hospice Seràgnoli attraverso l’iniziativa “Insieme facciamo Grandi Imprese”? Siamo convinti che sostenendo questo genere di iniziative sia possibile ricavarne un beneficio di valore incredibilmente superiore a quello, prettamente economico, del nostro contributo, riscoprendo il significato di alcune parole che la crisi – economica e morale a un tempo – ha un po’ esautorato. Una di questa parole è “impresa”. Cosa significa oggi fare impresa? Davvero possiamo limitare la sfera semantica di questo vocabolo al solo ambito dell’imprenditorialità? Non occorre – forse – ripensare il ruolo delle aziende nel contesto più ampio delle comunità di cui queste stesse aziende fanno parte? “Grandi imprese”, allora, sono soprattutto quelle che testimoniano il radicamento sociale di chi le intraprende, la sua capacità di fare squadra con il territorio, valorizzando le esperienze positive che attraverso l’impegno delle persone cementano le nostre comunità. Collaborare con la Fondazione Hospice Seràgnoli ed essere vicini alle persone che vi si dedicano significa – credo – restituire all’etica d’impresa quella centralità da cui dipende il tasso di sostenibilità sociale della nostra economia. Non si tratta di concedere qualcosa alla

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filantropia, al mecenatismo, alla solidarietà sporadica ed estemporanea. La questione è semplice e al tempo stesso capitale: o siamo disposti, come comunità, a rivedere le nostre priorità oppure rischiamo di non sopravvivere alla fase che stiamo attraversando. In questo contesto il cammino che la Fondazione Hospice Seràgnoli continua a percorrere parla al cuore di tutti noi, ricordandoci cosa vuol dire far parte di un’unica comunità. La Fondazione è attiva in ambito assistenziale, formativo, divulgativo e nella ricerca. In quale settore avete deciso di indirizzare il vostro sostegno e perché? Abbiamo deciso di orientare il nostro sostegno alle attività di ambito formativo. Si tratta di una scelta che riflette un nostro convincimento di fondo circa il ruolo giocato dalla conoscenza nei processi di costruzione del valore, processi che valgono per aziende come la nostra – che nella formazione crede e investe – ma anche per il mondo dell’associazionismo e del volontariato, soprattutto là dove le prestazioni richieste esigono standard elevati di competenza e professionalità. È il caso, ad esempio, degli Hospice Seràgnoli. L’istituzione dell’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa testimonia esattamente questa consapevolezza, alla quale guardiamo con favore, contenti di poter contribuire ad attività formative di alto livello. La tecnologia più importante con la quale possiamo incidere positivamente nel nostro ambiente e sul nostro lavoro consiste, infatti, nell’insieme di competenze che siamo in grado di mettere in gioco e,


I NOSTRI EVENTI

Colloquio con Giuseppe Gagliano, direttore centrale Relazioni Esterne di Hera SpA, una delle “imprese amiche degli Hospice Seràgnoli” che ha scelto di sostenere i progetti in ambito formativo svolti dall’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa. Una feconda collaborazione diretta a restituire all’etica d’impresa quella centralità da cui dipende il tasso di sostenibilità sociale della nostra economia.

Hera nel 2012 ha compiuto dieci anni, qual è stato in questi anni il progetto più importante che l’azienda ha portato avanti nell’ambito della Responsabilità sociale? È complicato indicare, fra gli altri, un singolo progetto o una singola iniziativa. Non ho paura di dimenticare qualcosa, però vorrei che fosse chiaro come la Responsabilità Sociale d’Impresa rappresenti – per Hera – non già una sorta di momento accessorio, da “allegare” a titolo decorativo alle proprie consuete attività, bensì un comun denominatore che le percorre tutte, rapportandole costantemente a parametri che ne certifichino la sostenibilità economica, sociale e ambientale. Si tratta di una scelta strategica che riguarda da vicino la natura assolutamente peculiare del nostro business, che investe servizi – energia, acqua, ambiente – di cui la comunità non può fare a meno e sui quali, pertanto, sentiamo di dover operare in una logica di “missione civile”. Ogni anno, del resto, procediamo alla stesura di un Bilancio di

Sostenibilità, nel quale questo nostro impegno si ancora a percentuali e numeri precisi, pubblici, consultabili da tutti. Al suo interno, di fatto, viene raccontato in dettaglio tutto il nostro mondo: gli investimenti che ricadono sul territorio, i controlli di qualità sull’acqua di rete, il contenimento delle emissioni dei nostri termovalorizzatori, le campagne di sensibilizzazione sul risparmio energetico, le politiche a favore della sicurezza sul lavoro, dell’occupazione, delle pari opportunità, le garanzie a sostegno della maternità e della paternità, gli asili aziendali, le misure a tutela dei lavoratori con disabilità, le risorse investite nella formazione del personale, il rapporto e il dialogo con gli enti locali, i progetti educativi condotti nelle scuole del territorio, le convenzioni con l’Università, il sostegno alla cultura, alle arti e ai soggetti che, come la Fondazione Hospice Seràgnoli, lavorano nel tessuto più vivo delle nostre Comunità. Per un’azienda come Hera, dunque, parlare di responsabilità sociale d’impresa significa chiamare in causa un modello di leadership a cui tutti i nostri manager sono tenuti ad attenersi scrupolosamente, interpretando con maturità un ruolo che li vede impegnati in azienda e, al tempo stesso, partecipi di una comunità e di un territorio nel cui destino è fondamentale sapersi riconoscere. Simili questioni sono valide sempre ma rivelano tutta la loro concretezza in momenti particolari, penso ad esempio al terremoto che nel 2012 ha colpito l’Emilia, momenti nei quali il contributo di un soggetto come Hera può fare la differenza per tanti cittadini e tante imprese. 13

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soprattutto, nella nostra capacità di implementarle nelle situazioni più diverse attraverso un’elasticità mentale che si acquisisce sul campo, a diretto contatto con gli esperti del settore. Contribuendo alla preparazione degli operatori palliativisti, allora, crediamo di poter intervenire attivamente per migliorare le condizioni complessive nelle quali questi pazienti, così particolari e così diversi – in fondo – da tutti gli altri, si trovano ad affrontare una vicenda il cui peso umano è tanto gravoso da meritare l’assistenza migliore.


I NOSTRI EVENTI

La volontà di lasciare un segno Redigere il proprio testamento è un gesto di elevato valore morale, civile e simbolico, nonché l’espressione più concreta e tangibile di libertà individuale. Abbiamo raccolto la preziosa testimonianza di una persona che ha scelto, con il suo gesto, di aiutare i malati inguaribili.

“Ho voluto destinare un lascito alla Fondazione Hospice MT.C. Seràgnoli per un motivo semplicissimo: mettere in grado professionisti capaci e volenterosi di aiutare persone che ne hanno bisogno. Ho conosciuto l’operato della Fondazione attraverso diverse testimonianze di amici e conoscenti che concordano nel definire l’Hospice Seràgnoli un’eccellenza nell’assistenza ai malati inguaribili. Devo aggiungere che questa mia scelta è stata influenzata anche da una dolorosa esperienza personale risalente a circa tredici anni fa, quando mia madre è mancata dopo oltre un mese trascorso nell’ospedale di Cento. Quindi so per esperienza diretta quali e quante siano le necessità di chi assiste un parente gravemente malato: si ha praticamente bisogno di tutto. All’epoca l’Hospice Seràgnoli ancora non esisteva. Poi, negli anni successivi, come dicevo, ho sentito spesso parlare della qualità dell’assistenza e del conforto che ricevono i pazienti in primis, ma anche i loro familiari. E quante volte mi sono detta: che gioia se anche mia madre avesse potuto beneficiare di una tale struttura. Tutto qui, non ho parenti e mi è sembrato naturale far sì che grazie al mio lascito ci siano delle persone che potranno avere quell’aiuto che mia madre non ha potuto avere.” P. T. per informazioni:

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Tel.: 051.271060 E-mail: lasciti@FondazioneHospiceSeragnoli.org


RINGRAZIAMENTI

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