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RIAPERTURE: NOTIZIE DAI RIFUGI E DAI CLUB ALPINI
L'Adige | 1 Giugno 2020
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Fiori segnano le distanze tra gel e take away
Dal legno intagliato per i dispenser di gel igienizzante ai fiori dipinti come segnaposto distanziati. La gente di montagna, come sempre, mette allegria e fantasia anche nell'affrontare le criticità. E sarà un'estate che ne presenterà tante, quella dei rifugisti trentini. Dopo la partenza, già da qualche settimana, delle strutture di media montagna come malghe e ristoranti, tra sabato e ieri hanno aperto anche i primi rifugi in quota. Al Sette Selle, in Val dei Mocheni, per il gestore Lorenzo Ognibeni - con la sua famiglia ed i loro collaboratori - è stato un inizio diverso dal solito. Come sarà per tutti i suoi colleghi al lavoro in queste giornate frenetiche. Da qui al 20 giugno prossimo, il via della stagione scatterà per tutti. «Il calore con cui accogliamo chi arriva qui e lo stesso di sempre - spiega - ma senza dubbio è un inizio diverso. Abbiamo pensato al modo per far sì che tutte le indicazioni per il distanziamento e la sicurezza vengano rispettate, mettendoci anche un po' di fantasia». Ecco allora che assieme alle provviste, nei giorni scorsi la squadra del Sette Selle è salita in quota anche con stampi e vernice: su ogni panca sono stati dipinti dei grandi fiori colorati per indicare ad ogni escursionista dove sedersi nel rispetto delle distanze. «Poteva andare meglio ma anche peggio: siamo partiti - commenta ancora Ognibeni - e stiamo pian pianino prendendo confidenza con tanti accorgimenti che dovremo adottare per tutta la stagione. Ma lo spirito è sempre lo stesso e i sorrisi pure, anche se nascosti dalle mascherine». Anche al San Pietro, nell'Alto Garda, la stagione è partita in questo fine settimana: piatti tutti da asporto, consegnati dalla casetta esterna che il gestore Andrea Berteotti ha allestito assieme ai suoi collaboratori e tutti sul grande prato esterno con la meravigliosa vista sul lago. Primi atti di una stagione complicata ma che, intanto, è partita. E non è poco, viste le premesse. Questi restano comunque giorni di attesa per tutta la categoria. Dalla Provincia si attende ancora una risposta definitiva per quel che riguarda i pernottamenti, che da sempre rappresentano il grosso delle entrate stagionali, soprattutto per le strutture più in quota. Il nodo da sciogliere resta quello sull'equiparazione dei gruppi alle famiglie di conviventi. La comitiva può essere considerata gruppo di conviventi? Se si, la capienza delle camerate potrebbe essere "salva" altrimenti il taglio di due terzi ventilato dal protocollo provinciale sarebbe una dura realtà. Una decisione in merito era attesa entro il fine settimana ma sarà necessario attendere probabilmente dopo il ponte del 2 giugno. «Speriamo le disposizioni definitive arrivino in fretta - auspica Roberta Silva , del Roda di Vael in Valle di Fassa. Con l'annuncio della riapertura alla circolazione dal 3 giugno stanno arrivando - per fortuna - le prime richieste e al momento non sappiamo ancora su che numeri le nostre strutture possano contare». «Siamo tutti preoccupati. Ma siamo gente di montagna, abituata alle avversità. L'entusiasmo prevale anche sui timori per le difficoltà che dovremo affrontare», spiega Duilio Boninsegna , gestore del Pradidali, nelle Pale. Le sue parole fotografano bene l'umore dei rifugisti trentini, ai blocchi di partenza dopo settimane ricche di dubbi e momenti di confronto. Una settimana fa era arrivata l'approvazione delle linee guida da parte della Provincia, poi le videoconferenze: dapprima tra i 33 gestori delle strutture di proprietà della Sat, a seguire quella dell'associazione che raccoglie gestori e proprietari delle oltre 140 strutture trentine tra rifugi, malghe e realtà ricettive di media montagna. «Le incognite sono ancora tante - spiega ancora Boninsegna - legate soprattutto alle procedure da seguire nel caso in cui si verifichino casi di febbre o malesseri. Siamo strutture che per essere raggiunte richiedono sforzi fisici, ore sotto il sole o la pioggia. C'è sempre qualcuno che si ritrova con qualche linea di febbre. Vedremo che succederà quest'anno in questi casi. L'importante, per ora, è partire». A ribadirlo è stato anche l'assessore provinciale al turismo Roberto Failoni: un attestato di stima, per i rifugi, ma anche un onere: quello di aprire al massimo entro il 20 giugno è infatti un obbligo, che ha costretto alcuni dei gestori ad accelerare i tempi, dato che quest'anno l preparazione della stagione è stata quantomai difficoltosa tra lockdown prima - che ha di fatto bloccato ogni possibilità di fare manutenzione - e necessità di adeguarsi alle disposizioni anti contagio poi. «La speranza è quella di poter contare anche sulla collaborazione dei nostri ospiti - riflette Eleonora Orlandi dell'Altissimo - e sulla consapevolezza che le regole andranno sempre rispettate. Noi ci stiamo impegnando, rivedendo anche la nostra organizzazione: siamo in attesa del via libera per la realizzazione di una tettoia per accogliere gli escursionisti in sicurezza in caso di maltempo; abbiamo ripensato la disposizione delle tavole sia all'interno che all'esterno del rifugio; abbiamo rivisto il menù, ad esempio con i taglieri che saranno sostituiti da piatti monoporzione. Noi siamo al lavoro, l'importante è che tutti facciano la loro parte. Sarà l'unico modo per andare incontro ad una stagione il più possibile serena per tutti».
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Fra terra e cielo con le guide alpine «Così è cambiato l'andare per monti»
Alessandra Segafreddo CORTINA Ripartono le Guide alpine di Cortina con lo stesso entusiasmo e nuove regole da rispettare. Paolo Tassi, guida e Scoiattolo, ripercorre questi mesi e rivela le novità per l'estate. Come avete vissuto il lockdown? «Rinchiuderci in casa è stata una bella sofferenza. Direi che abbiamo fatto di tutto per mantenerci in forma: ognuno si è attrezzato una "palestra" casalinga per fare esercizi, trazioni, balzi, step, insomma ogni tipo di esercizio domestico da fare da soli o in compagnia dei propri famigliari. Abbiamo anche letto, libri di montagna chiaramente. Ci siamo inventati video e aperitivi facendo finta di essere in un rifugio o su qualche cima. Non ci è mai mancato un po' di spirito nonostante si vedesse sciogliere la neve dalla finestra, un vero peccato non poter andare a sciare con quelle giornate meravigliose». Come la pandemia cambia l'approccio alla montagna? «L'approccio alla montagna è diventato più rispettoso ed intenso. Mi spiego meglio: andare in montagna per noi era la consueta quotidianità che ci offriva una visione costante della condizione della stessa. Non essendoci andati per un po', dobbiamo riprendere con calma quella confidenza e conoscenza sia dal punto di vista ambientale che fisico. Questo vale per tutti, non solo per noi professionisti. Oltretutto adesso abbiamo un nuovo protocollo da rispettare che riguarda soprattutto l'aspetto igienico tra i partecipanti alle nostre attività. Però mi piacerebbe cominciare a parlare di un nuovo riavvicinamento sociale consapevole piuttosto che di un distanziamento. Facciamo sì che le uscite in montagna si trasformino in occasioni di incontro e condivisione nel rispetto delle norme, non è mai troppo tardi per farsi nuovi amici o rincontrarne di vecchi». Quali novità avete in serbo per l'estate? «Quest'estate andremo incontro a una clientela nuova, che verrà in montagna per la prima volta, e a una clientela abitudinaria, che ha grande passione delle Dolomiti. Per questo noi proporremmo delle escursioni facili per i neofiti con approcci brevi anche par arrampicare e fare qualche ferrata. Per chi, invece, è nostro cliente abituale abbiamo scovato una serie di percorsi "nascosti" e abbandonati di difficile orientamento. "Una Cortina celata" è il nome che abbiamo dato all'iniziativa, sorprendente e meravigliosa più di sempre, lontana dai percorsi usuali ormai troppo frequentati. Per il benessere fisico abbiamo anche organizzato una serie di escursioni abbinate allo yoga con un'istruttrice specializzata, perché dopo un lungo periodo di inattività dobbiamo tutti rimetterci in moto nella migliore maniera possibile». C'è qualche percorso o attività che non proporrete?«Proporremmo tutte le nostre attività tradizionali, limitando il numero di partecipanti ad alcune proposte. Sicuramente entreremo nei rifugi comportandoci con maggior educazione e rispetto, ma dal punto di vista alpinistico non ci porremo alcuna barriera, tanto che l'unico confine che conosciamo è quello tra terra e cielo». Il calo delle prenotazioni turistiche degli stranieri sarà un problema anche per voi? «La clientela straniera ci aveva abituato ad una destagionalizzazione del turismo, questo farà si che ci sarà una contrazione della stagione in termini di giornate lavorative, ma spero che il sogno di venire a vistare le Dolomiti e toccarne la roccia sia solo rimandato e non di molto. Gli stranieri in genere, organizzandosi in anticipo, sono clienti puntuali e ordinati. La clientela italiana tende ad improvvisare o ad organizzarsi in breve termine. Con questa situazione sarà più difficile organizzarsi all'ultimo, bisognerà prenotarsi tutto con anticipo: dalle nostre attività, ai rifugi ed a tutte quelle occasioni nelle quali si rischia un eccessivo numero di presenze nello stesso luogo allo stesso tempo. Dovremo avere più ordine che significa anche più rispetto per il prossimo affinché tutti possano godere del proprio spazio in montagna». Perché è importante affidarsi a voi? «Affidarsi ad un professionista non vuol dire solo percorrere la montagna in maggior sicurezza, ma incontrare un profondo conoscitore della stessa dal punto di vista storico e naturalistico. Abbiamo visto tutti come le fake news ci abbiamo destabilizzato il pensiero e offerto scenari a volte improbabili. Ecco, credo che il professionista della montagna sia quella persona che ci può indicare la via giusta sulle terre alte, l'attività corretta per quelle che sono le aspettative dei nostri clienti della montagna. Offriamo la migliore sicurezza in base ai protocolli sanitari vigenti e la migliore gestione del rischio e dell'avventura tra le montagne». Con quale attività comincerete? «Con i corsi di scalata per i ragazzi residenti. Dalla settimana prossima organizzeremo i nostri corsi che raddoppiamo rispetto agli anni precedenti. I ragazzi sono il nostro futuro, hanno bisogno di tornare a muoversi ed uscire da casa e dalla visione dei computer che hanno avuto davanti agli occhi vista la chiusura delle scuole. Alcune delle Guide che operano con noi ora, hanno cominciato a fare i primi metri in verticale legati assieme a noi, alcuni anni fa. I giovani sono il nostro futuro». --
Corriere delle Alpi | 2 Giugno 2020
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Oltre 180 mila euro per ferrate e bivacchi
belluno Ammontano a poco più di 180 mila euro i lavori di sistemazione di sentieri, ferrate e bivacchi presenti in provincia di Belluno. Nei giorni scorsi la Regione Veneto ha pubblicato la ripartizione dei fondi, assegnati sulla base della legge 11 del 2013, che anche quest'anno saranno nel complesso a 150 mila euro. Nel bellunese ne arriveranno poco più di 110 mila, concentrati soprattutto nelle vallate dolomitiche.La legge regionale prevede che siano le Unioni montane a coordinare i lavori, anche su delega dei Comuni come nel caso delle ferrate. Gli interventi sulle vie ferrate vengono affidati alle guide alpine che si occupano sia della manutenzione che
della sorveglianza, mentre i lavori sui sentieri vengono concordati tra Unioni montane e sezioni locali del Cai che svolgono l'attività manutentiva con il supporto del volontariato.I progetti e quindi le domande di finanziamento vengono inoltrati alla Regione entro marzo ed entro giugno vengono stanziati i fondi per l'esecuzione delle attività durante l'estate.A ricevere la somma più consistente è l'Unione montana Agordina, alla quale sono stati assegnati 32.079 euro a fronte di un importo ammissibile di 56.580 euro per 9 vie ferrate, un sentiero attrezzato, 8 bivacchi e 13 sentieri con brevi tratti attrezzati. L'Um Valle del Boite, invece, riceverà 26.241 euro per 42.500 euro di lavori su 20 vie ferrate, 8 sentieri attrezzati, 2 bivacchi e 4 sentieri con brevi tratti attrezzati. Al terzo posto l'Um Cadore-Longaronese-Zoldano con 15.686 euro di finanziamento a fronte di una domanda di 27.934 euro per 4 vie ferrate, un sentiero attrezzato, 4 bivacchi e 3 sentieri con brevi tratti attrezzati. Lavori importanti anche per l'Um del Centro Cadore, alla quale vanno 15.465 euro a fronte di interventi per 20.260 euro su 6 vie ferrate, 14 sentieri attrezzati, 12 bivacchi e 9 sentieri con brevi tratti attrezzati. Molto più contenuti gli importi per gli altri territori: 15.100 euro il preventivo dell'Um Comelico che riceverà dalla Regione Veneto 9.205 euro per sistemare 3 ferrate, 3 sentieri attrezzati, 4 bivacchi e un sentiero con brevi tratti attrezzati; l'Um Feltrina invece eseguirà interventi per 7.701 euro coperti dalla Regione con 4.458 euro per 2 bivacchi e 5 sentieri con brevi tratti attrezzati. L'Um Valbelluna deve lavorare su 3 vie ferrate, 3 bivacchi e 2 sentieri con brevi tratti attrezzati e spenderà 4.660 euro con un finanziamento regionale di 3.353 euro. Per l'Um Alpago il finanziamento è al 100 per cento dei 2.687 euro preventivati per la manutenzione di un sentiero attrezzato, un bivacco e 6 sentieri con brevi tratti attrezzati e infine ammontano a 2.600 euro i lavori coordinati dall'Um Belluno-Ponte nelle Alpi che ha solo sentieri alpini e riceverà dalla Regione 1.322 euro.Le necessità provinciali sarebbero maggiori a causa dei danni provocati da Vaia, ma i mezzi rimangono limitati. --i.a.
Corriere delle Alpi | 6 Giugno 2020
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Auronzo, il rifugio ai piedi delle Tre Cime riapre il 20 giugno senza pernottamenti
Gianluca De Rosa AURONZO Il rifugio Auronzo alle Tre Cime di Lavaredo riaprirà i battenti il 20 giugno con una grande novità: camere chiuse per tutta l'estate con impossibilità, dunque, di pernottare nella struttura. L'annuncio è arrivato dal presidente della sezione Cai di Auronzo, proprietaria del rifugio, Stefano Muzzi. Alla base della decisione non solo le recenti disposizioni in materia di sicurezza sanitaria ma anche una serie di interventi di ristrutturazione di cui il rifugio è attualmente oggetto e che, proprio alla luce del momento, hanno indotto i vertici della sezione Cai a modificare i piani in corsa. «Dovevamo realizzare una scala esterna per permettere ai nostri ospiti di salire alle camere evitando di affollare gli spazi interni del rifugio» ha spiegato Muzzi, «nel frattempo è emerso che anche la scala interna necessitava di un intervento di riqualificazione non più procrastinabile. A quel punto, alla luce di quanto successo con la questione coronavirus, dopo una serie di incontri abbiamo deciso di lasciar perdere momentaneamente la scala esterna e procedere con i lavori a quella interna. Lavori che, di fatto, non ci permetteranno di aprire la zona notte perché non raggiungibile». I lavori alla scala interna del rifugio inizieranno a breve così come altri interventi, già messi in cantiere e previsti durante l'estate. «Abbiamo dovuto dimezzare i posti a sedere interni passando da 100 a 50» prosegue Muzzi, «e per ovviare alle mancanze di posti abbiamo ampliato l'offerta esterna acquistando panche e tavoli che metteremo sulla terrazza. Limitandoci al solo servizio di ristorazione, il personale sarà dimezzato, almeno inizialmente, passando dalla dozzina di dipendenti dell'anno scorso ai sei collaboratori previsti per quest'anno. È una decisione del momento che valutiamo di rivedere in corso d'opera, in base alle presenze che ci auguriamo ugualmente numerose. È chiaro che la situazione sarà molto diversa rispetto al passato. Abbiamo già stimato una perdita di svariate centinaia di migliaia di euro». Anche la gestione del rifugio Auronzo in tempo di coronavirus richiederà nuove accortezze rispetto agli anni scorsi. «Metteremo una persona all'ingresso del rifugio per gestire ingressi ed uscite» annuncia il presidente Stefano Muzzi, «anche i servizi igienici situati all'interno del rifugio subiranno una stretta rimanendo a disposizione dei soli ospiti della struttura. Il viavai degli anni scorsi non potrà più esserci e per questo siamo pronti a limitare al massimo i movimenti all'interno del rifugio». Tornando ai lavori di ristrutturazione del rifugio Auronzo, parte dei lavori riguarderà la sostituzione di porte ed infissi: «Sono lavori che avevamo già previsto prima del coronavirus e che porteremo ugualmente a compimento nonostante le difficoltà del momento» assicura Muzzi. Nel frattempo la strada è stata riaperta e nel lungo ponte del 2 giugno sono centinaia le persone che sono salite fino ai piedi delle Tre Cime per cimentarsi nel giro ad anello. Parcheggio abbastanza pieno, ad esempio, il 2 giugno in una bella giornata di sole. In quota c'è ancora neve e se le previsioni per il fine settimana saranno rispettate ne dovrebbe arrivare dell'altra. --© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 6 Giugno 2020
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Turni per mettersi a tavola al Bristot ma tutto è condizionato dal tempo
BELLUNO Buona la prima. Il post Covid del rifugio Bristot ha fatto registrare un gran numero di presenti. Quanto basta per essere soddisfatti anche se non è ancora tempo di festeggiare. «Il primo giorno di lavoro è andato benissimo. È stata una grossa iniezione di fiducia dopo un periodo non facile» spiega Marta Avesani, «siamo alle prese con un periodo di cambiamenti che riguardano tanto noi gestori dei rifugi che la nostra clientela. Entrambe le parti sono chiamate a venirsi incontro, garantendo necessità ed esigenze». Nel primo giorno di apertura, il Bristot ha concentrato il servizio al tavolo nella parte esterna del rifugio, tenendo quella interna chiusa. «Sono disposizioni dettate dal momento, non per questo vuol dire che faremo così per tutta l'estate» chiarisce Marta, «le disposizioni in materia di distanziamento sociale del resto parlano chiaro e noi intendiamo rispettarle insieme alle restanti regole. Per questo motivo abbiamo deciso di lavorare esclusivamente all'esterno grazie agli spazi ampi che garantiscono maggiore serenità tanto al cliente quanto a noi. Gli spazi interni sono ridotti, questo ci limita al momento. Alla luce di quanto appena detto, quest'anno più di altri anni sarà fondamentale il sostegno del meteo. Un altro aspetto importante è poi quello della prenotazione. Chiediamo ai nostri clienti di telefonarci prima di raggiungere il rifugio, sia per prenotare il proprio posto a tavola ma anche per sapere se lo stesso rifugio è aperto o chiuso. Valuteremo eventuali aperture e chiusure periodicamente, anche in base alle previsioni meteo. Dovremo adattarci tutti a questa nuova disposizione che ruota attorno alla prenotazione telefonica. Dal canto nostro terremo aggiornata quotidianamente la nostra pagina Facebook». Step by step direbbe qualcuno: potrebbe essere questo il motto del rifugio Bristot per la stagione estiva stando a quanto spiega il suo gestore Marta Avesani, di origini veronesi: «Anche sul fronte dell'offerta siamo pronti a valutare cambi in corsa. Martedì, nel giorno di apertura, abbiamo preparato solo panini, comodi e veloci da servire. Abbiamo inoltre concentrato il servizio spalmandolo su tre turni: dalle 11 alle 12.15, dalle 12.30 alle 13.45 e dalle 14 alle 15. 30. Tra un turno e l'altro abbiamo effettuato la sanificazione di panche e tavoli evitando così confusione e pericolosi assembramenti. Detto questo, al momento andiamo avanti così valutando a seconda delle situazioni eventuali modifiche. Sarà un'estate diversa per tutti, servirà spirito di adattamento, lo stesso che a noi non manca come non mancano ottimismo e positività». Dopo l'apertura del 2 giugno il rifugio Bristot si ferma, oggi e domani sarà chiuso a causa delle pessime condizioni meteo previste. «Il rifugio è condivisione» ha concluso Marta Avesani, «inevitabilmente qualcosa cambierà anche sotto questo aspetto perché, rispetto al passato, non saremo in grado di offrire ospitalità a tutti coloro che ci raggiungeranno. Per questo insistiamo sul discorso della prenotazione». --DIERRE© RIPRODUZIONE RISERVATA
L'Adige | 7 Giugno 2020
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La Sat: regole anche sui sentieri
Non solo laghi. Dopo un lungo periodo di inattività fisica per l'emergenza sanitaria i trentini si riprendono le "loro" montagne. Anche lungo i sentieri e nei pressi dei rifugi è bene ricordare alcune regole, soprattutto in vista dell'arrivo dei turisti e del rischio di assembramenti. Dalla Sat centrale arriva un vademecum per i presidenti di sezione, ma utile a tutti i soci che si preparano alla ripartenza della stagione dei rifugi, con gite programmate ed escursioni di gruppo. È di alcuni giorni fa la lettera della presidente della Sat provinciale Anna Facchini che ricorda come l'attività sociale rimanga sospesa, così come c'è lo stop per tutti i corsi e le attività formative delle scuole di alpinismo, scialpinismo, escursionismo e alpinismo giovanile. Per quanto riguarda le escursioni, il riferimento è alle indicazioni delle sezioni venete del Cai che equiparano le gite con l'attività di accompagnamento professionale. Tra le indicazioni, viene ricordato che in questa prima fase il numero massimo è di 10 soci più due capi gita, con iscrizione obbligatoria e conservazione dell'elenco partecipanti per almeno 14 giorni. Il trasporto viene organizzato in autonomia tra i partecipanti: se per i conviventi non ci sono problemi, per i conoscenti è prevista in auto la presenza di una sola persona oltre all'autista, entrambi con le mascherine e a distanza di un metro. Ogni partecipante all'escursione deve compilare un'autocertificazione dichiarando di non essere in quarantena e di non presentare sintomi da Covid-19. Vengono inoltre ricordate le regole di distanziamento lungo il sentiero: un metro con mascherina e due metri senza, ma con obbligo di indossarla quando si incrociano altre persone. Per la sosta pranzo all'aperto la distanza tra non conviventi è di almeno due metri. Le sedi sociali della Sat possono essere riaperte, ma con divieto di assembramento e di organizzare incontri culturali, corsi o convegni. Sì alle riunioni dei consigli direttivi, ma solo se è garantito uno spazio di quattro metri quadri a persona. Tutti i locali devono essere sottoposti a pulizia e sanificazione straordinaria, con regolamentazione degli ingressi dei visitatori.
Trentino | 7 Giugno 2020
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Pale di San Martino, la frana del Cimerlo si è già arrestata
PRIMIERO SAN MARTINO Si è fermata la frana che ha interessato la Val Pradidali e in particolare il massiccio del Cimerlo, nelle Dolomiti che fanno parte del Gruppo delle Pale di San Martino; un imponente distacco di massi nella giornata di mercoledì 20 maggio aveva preoccupato i
responsabili del Corpo forestale e l'ufficio geologico della Provincia, nonché i soci della sezione locale della Sat che curano i sentieri ai piedi del massiccio dolomitico. La grossa frana era stata preceduta da una serie di cedimenti con diverse scariche di massi e pietrisco che erano arrivate in fondo al ghiaione, sollevando nuvole di polvere. Per diversi giorni successivi erano continuati ad intervalli irregolari ulteriori cedimenti tanto da sconsigliare le verifiche sul terreno ed interessando quindi il gruppo elicotteri che con a bordo esperti della Provincia e della Sat locale hanno ispezionato dall'alto la zona, verificando la portata del franamento roccioso. Pericolo localizzatoLa zona interessata si trova a sinistra del Sass Maor e della Cima Stanga e cioè uno dei torrioni del Cimerlo, proprio sopra il "Boal dei Pisoti". I sopralluoghi hanno escluso l'interessamento del sentiero e della ferrata "Dino Buzzati", uno dei più classici ed apprezzati tracciati nelle Pale di San Martino; successivamente, e in particolare, gli uomini dell'ufficio sentieri della Sat hanno potuto constatare la situazione di pericolo che riguardava il sentiero Sat 742 dalla località Bivio strada forestale Alto Portela (quota 1389) alla località Portela Pedemonte bivio E 742 (quota 1633) nel comune catastale di Tonadico. Ecco quindi che l'amministrazione comunale di Primiero San Martino di Castrozza, sentiti i responsabili provinciali, ha emesso una ordinanza di chiusura temporanea del suddetto tratto al transito pedonale e veicolare, ritenendo che sussistano motivi di incolumità pubblica. Le ragioni del crolloIl dottore forestale ed esperto in fenomeni glaciologici, Erwin Filippi Gilli, aveva spiegato così al nostro giornale l'evento franoso verificatosi nel massiccio del Cimerlo: «Le frane in roccia non sono eventi rari sulle Dolomiti ma sono quelle che costruiscono i ghiaioni che stanno alla base delle pareti rocciose e che caratterizzano il paesaggio; il più delle volte si tratta di fenomeni legati al gelo/disgelo. L'acqua presente nelle fessure - spiega Filippi Gilli - le allarga gelandosi e destabilizza in questo modo l'ammasso una volta che si scioglie. Uno dei crolli più noti nel gruppo delle Pale è quello del dente del Cimone nel 1904: frana durò alcuni giorni. Dal 2000 in poi, comunque, si sono verificate numerose frane per crollo nell'area delle Pale di San Martino». Come ulteriore informazione a beneficio degli escursionisti, ora tornati in zona dopo il lockdown, possiamo dire che il Rifugio Pradidali è accessibile dal sentiero n. 709 che parte dalla Ritonda - Cant del Gal.©RIPRODUZIONE RISERVATA
Trentino | 7 Giugno 2020
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Per i rifugi la ripartenza è lenta
VALENTINA LEONE TRENTO Mai come quest'anno il meteo giocherà un ruolo determinante per i rifugi. Giornate di sole, con un tempo abbastanza stabile, permetteranno infatti ai gestori di riguadagnare terreno e posti venuti meno nelle sale da pranzo, per pasti e servizio bar, accogliendo le persone negli spazi esterni delle strutture. Pochi dubbi, invece, sulla voglia di turisti e "locali" di fare escursioni, a piedi o in mountain-bike: ieri, nonostante il meteo non fosse dei migliori, il sentiero che dal rifugio Graziani porta all'Altissimo pullulava di sportivi e famiglie con bambini. Gestito da ormai tre anni dalla giovane Eleonora Rigotti insieme alla mamma Nora Orlandi, il rifugio in cima, di proprietà della Sat, ha riaperto proprio ieri anche se in modalità "ridotta": almeno fino al prossimo weekend compreso non si potrà pernottare e non ci sarà il tradizionale menu con antipasti, primi e secondi. Poi si entrerà nel pieno della stagione, con tutte le nuove norme anti-Covid. Regole ormai assorbite, con tanti sforzi e sacrifici, «ma per noi è fondamentale un punto: che nessuno, venendo qui, si ammali, e che il rifugio non si trovi costretto a chiudere. Quello sarebbe un brutto colpo», dice Eleonora mentre corre tra un tavolo e l'altro per prendere le ordinazioni e servire panini caldi e birre. «Per questi due weekend faremo così, anche perché di fatto stiamo ancora facendo lavori per adeguare la struttura e manca ancora qualcosa, ma avevamo voglia di aprire e rivedere i nostri clienti». La risposta non si è fatta attendere: in tanti - tutti rispettosi delle regole e a debita distanza - si sono presentati al rifugio per un pranzo all'aperto. Certo, è l'inizio di una stagione partita un po' ingolfata a causa dell'emergenza sanitaria e, come detto, il sole ieri non era sfolgorante, ma all'appello c'erano non solo alcune comitive trentine ma anche escursionisti dal Veneto e dall'Alto Adige.«Avremo meno posti a sedere all'interno - da 85 circa a una trentina - ma riusciremo a mettere una decina di tavoli in più fuori», ci spiega la titolare del rifugio, mostrandoci i segni apposti su tutte le panche per indicare la distanza di un metro in caso di persone non appartenenti allo stesso nucleo familiare. «Abbiamo dovuto anche rinunciare al bagno interno, perché non aveva la finestra per l'areazione, e resta dunque quello esterno. Lo stesso dicasi per i posti letto: il bivacco, che contava dieci posti, non possiamo più utilizzarlo per accogliere persone per la notte in quanto servirà da spazio di contenimento in caso di brutto tempo. Avevamo invece sei stanze da sei posti, e adesso abbiamo solo 8 posti agibili, salvo non vi siano nuclei familiari, con persone che quindi possono pernottare nella stessa camerata». I tanti sacrifici e stravolgimenti che la pandemia sta comportando non spaventano chi, già di suo, è abituato già normalmente a dover fare i conti con tante variabili: «Io voglio essere positiva, ovviamente speriamo che il meteo sia clemente, anche perché di base è un aspetto che comunque incide parecchio sulla frequentazione della montagna. L'intenzione è anche di non rinunciare ad avere dipendenti, anzi: credo che ridurli, dovendo rispettare così tante regole, diventa un rischio. Insomma, a maggior ragione abbiamo bisogno di personale. Nel weekend, ad esempio, avremo una persona che si occuperà esclusivamente della sistemazione degli ospiti e del controllo dei tavoli». Rigotti ha inoltre deciso di mettere a punto una piccola "rivoluzione" ecologica: "Quest'anno utilizzeremo stoviglie biodegradabili: un modo per minimizzare i contatti dei camerieri con oggetti adoperati da altre persone. Un modo per garantire maggiore sicurezza sia agli ospiti, che alla fine del pasto potranno gettare tutto negli appositi bidoni, sia per i nostri dipendenti. Economicamente è una bella spesa, e anche a livello estetico capiamo che non è il massimo, ma quest'anno l'obiettivo principale è abbattere i rischi". ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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I rifugi del Cai sono pronti alla riapertura gli affitti sono stati sospesi fino a fine agosto
Francesco Dal Mas I rifugi del Cai sono pronti a riaprire, i sentieri sono stati recuperati alla massima sicurezza. In settimana arriverà una richiesta delle sezioni di tutto il Nordest perché restino almeno il 50% dei posti letto. In ogni caso servirà la prenotazione, anche per le consumazioni. Il Cai, intanto, ha fatto obbligo a tutti i gestori di riaprire, sospendendo però gli affitti sino a fine stagione. E, al tempo stesso, confermando gli sconti ai tesserati, che la Confcommercio aveva chiesto di cancellare.UN PO' DI NUMERIIl Cai Veneto ha 50 mila tesserati; il 10% che manca all'appello lo recupererà entro fine anno. Le sezioni sono 66, 18 in provincia di Belluno. 180 di media i volontari che queste sezioni hanno attivato per la manutenzione dei sentieri. SENTIERI«Grazie al lavoro dei volontari, quasi tutti i sentieri sono stati riportati in sicurezza», garantisce Renato Frigo, presidente regionale del Cai. La Regione ha messo a disposizione 150 mila euro, di cui una settantina per le Unioni montane che dovranno attivare le guide alpine nella manutenzione delle ferrate, alcune ancora coperte di neve. 8000 circa i km di sentieri riattivati, di cui 4500 nel Bellunese. È ciascuna sezione del Club Alpino a prendersi cura, stagionalmente, della preparazione dei percorsi, per la quota assegnata. Qualche danno è stato provocato dalle ultime nevicate e dalle raffiche di vento che hanno fatto schiantare parecchie piante. RIFUGINumerosi rifugi, tra i più importanti come l'Auronzo e il Carducci, riapriranno a fine settimana. Sono 36 quelli del Cai sulla montagna veneta, un centinaio i rifugi privati. Di fronte al tentennamento di alcuni gestori, «il Cai ha preteso che i suoi rifugi siano tutti aperti», fa sapere Frigo. C'è il timore di un'estate dai bilanci in rosso. «Noi crediamo di no», confida il presidente regionale, «in ogni caso abbiamo sospeso gli affitti sino a settembre. Si deciderà se far pagare e quanto, in base all'andamento della stagione». L'affitto, si sa, serve alle sezioni per pagare i lavori che di anno in anno vengono realizzati nel proprio rifugio. «Conosciamo le preoccupazioni di carattere economico dei nostri collaboratori, ma - sottolinea il presidente - non possiamo rinunciare al dovere istituzionale di presidiare la montagna, specie la più difficile».SCONTIConfcommercio Belluno ha chiesto al Cai di rinunciare quest'estate allo sconto per i soci. Il Club alpino ha deciso di confermarlo. Non fosse altro perché è il socio, con una quota della tessera, a provvedere alle spese di manutenzione del rifugio. I prezzi? Sono stati mantenuti quelli dell'anno scorso. PRENOTAZIONEI segnali sono quelli di un assalto alle alte quote. «Tanti gestori sono preoccupati, come ci hanno anticipato», riferisce il presidente, «perché non sono attrezzati a contenere le grandi masse. Le consumazioni dovranno essere diluite in tre o più turni. Quindi è indispensabile prenotare e rispettare gli orari. Da qui la necessità che le presenze, per quanto possibile, siano diluite nei sette giorni della settimana e non concentrate tutte di sabato o domenica. Inoltre si abbia la consapevolezza di essere in un rifugio alpino, non in un albergo».COORDINAMENTOC'era stato il timore, all'uscita dal lockdown, che i rifugi dell'Alto Adige e, in parte, quelli del Trentino volessero darsi proprie regole, meno stringenti, per agevolare l'arrivo degli escursionisti. «Ci siamo accordati», informa Frigo, «per un comportamento uniforme, a partire dal distanziamento nell'accoglienza notturna. Ci siamo imposti di mantenere il 50% dei posti letto. È una percentuale sufficiente, se verrà coperta anche durante la settimana».LAVORILe precipitazioni nevose non hanno provocato chissà quali danni ai rifugi. Per cui non sono stati attivati cantieri particolari. Il rifugio Boz concluderà a giorni la messa in opera dei panelli solari, poi sarà pronto. La ristrutturazione del rifugio Torrani, il più in quota di tutti (si trova ai 3 mila metri del monte Civetta), scatterà dal prossimo anno. A fine giugno riprenderà l'attività anche questo "nido d'aquila". --© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 8 Giugno 2020
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Sistemati molti sentieri che solcano la Schiara Gran lavoro per i volontari
Fabrizio Ruffini BELLUNO I sentieri bellunesi tornano pian piano alla normalità e si presentano ancor più belli e fruibili grazie al lavoro dei del Cai bellunese. Dopo aver aperto un varco, l'anno scorso, nel disastro lasciato da Vaia, ora l'opera dei volontari si concentra sulle rifiniture dei percorsi e su importanti migliorie che rendano i tracciati più pratici anche per i meno esperti. Per arrivare a questo risultato è stato fondamentale il contributo del Comune di Belluno, che si spera possa diventare una costante per permettere l'opera dei volontari impegnati nelle manutenzioni, stagione dopo stagione. «I lavori sono partiti il 5 maggio, dopo che, con le prime aperture post lockdown, ci si era resi conto che l'afflusso di escursionisti e alpinisti era aumentato», spiega il presidente del Cai di Belluno, Sergio Chiappin. «Se l'anno scorso lo scopo era aprire un varco, quest'anno si continuerà con lavori di miglioria». La figura imprescindibile durante tutti i cantieri aperti dal Cai bellunese è quella di Giovanni Spessotto, responsabile della protezione dei sentieri, nonché coordinatore della struttura operativa sentieri del Cai regionale: «Ci siamo attivati fin da subito per sistemare i sentieri dell'Alta via numero 1, in particolare il tratto che porta al Settimo alpini, in modo da garantire la fruibilità degli amati tracciati che da lì portano al Bianchet e alle altre località della Schiara. Ci siamo occupati di alcuni disgaggi sulla frana del Mompiana per migliorarne la stabilità, avvertendo comunque gli escursionisti, con dei cartelli, di prestare la massima attenzione alla possibile caduta di materiale; abbiamo
anche migliorato la prima parte del sentiero, prolungando il cordino messo nel 2018». Il secondo intervento portato a termine, in collaborazione con i carabinieri forestali, ha riguardato l'anello che dal Bianchet porta verso il bivacco La Varetta, la casera Vescovà e attraversa poi la val Vachèra: «Era uno dei lavori che non eravamo riusciti a fare lo scorso anno», continua Spessotto, «ora i nostri due rifugi sono accessibili e hanno attorno anelli molto interessanti dal punto di vista escursionistico».Per permettere ciò, l'anno scorso il Comune aveva dato un contributo alla sezione Cai e al comitato usi civici di Bolzano Bellunese e Vezzano per la manutenzione dei sentieri della Schiara: «Questo contributo è stato molto prezioso, sia per migliorare il nostro lavoro, che per l'acquisto di attrezzature, dpi e corsi di formazione specifici per i volontari. In particolare i corsi per l'uso della motosega, indispensabili nel post Vaia per garantire la sicurezza degli operatori. Speriamo che la collaborazione con il Comune e l'assessore Giannone possa continuare anche in futuro», spiega Chiappin. «Un ringraziamento enorme, inoltre, va all'ente Parco, grazie al quale abbiamo potuto ripristinare la teleferica del Settimo alpini e portare a termine altri interventi, e ai carabinieri forestali, sempre disponibili».I volontari che partecipano ai lavori della commissione sentieri sono una quarantina, tra vecchi e giovani soci: «Questo testimonia la passione verso il territorio che si è riusciti a passare alle nuove generazioni», aggiunge Spessotto, «queste persone sono fondamentali per noi e poter contare su un contributo ci permette di donare loro un riconoscimento minimo, un semplice pasto o un pernottamento durante le giornate di lavoro». --© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 8 Giugno 2020
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Servono fondi per realizzare il nuovo bivacco Sperti
BELLUNO Partenza alla grande per il Bianchet e a breve tocca al Settimo alpini. Dopo i primi weekend di riapertura della stagione, il riscontro di pubblico al rifugio Bianchet è già positivo, con un'ottima affluenza che si è mantenuta stabile nelle giornate di attività. «La gente non vedeva l'ora di poter tornare all'aria aperta e quale miglior destinazione se non la montagna?», commenta Spessotto. «Ora ci concentreremo sulla sistemazione della parte alta delle forcelle, quindi il monte Coro, la forcella Mompiana e gli altri sentieri che ci permetteranno di chiudere ulteriori anelli che amplieranno l'offerta sul gruppo dello Schiara, nonché sull'installazione della nuova tabellazione dell'Alta via numero 1. Dopodiché ci attende un intervento più impegnativo lungo il sentiero 502, dedicato agli escursionisti esperti, lungo la Val di Piero».Si attende, infine, lo sblocco dei fondi regionali per realizzare il nuovo bivacco Sperti, che si spera possa essere messo a disposizione, con la sua ferrata rinnovata, tra la fine dell'estate e l'autunno. --f.r.
Trentino | 9 Giugno 2020
p. 36 segue dalla prima
Piove ed è caos rifugi (causa protocollo Covid)
VAL DI NON Malghe in quota e rifugi, il dilemma quotidiano tra regole e la realtà di chi opera spesso in situazioni estreme condizionate dal maltempo (che in montagna capita spesso) e norme pensate a tavolino per gli assembramenti di città. Domenica, per cercare di capirne di più, abbiamo fatto un salto a Malga Rodezza sulla Predaia, a quota 1.570 ai piedi del Corno di Tres, uno dei più frequentati balconi panoramici della valle di Non sulla val d'Adige. La malga è anche un agritur ed è gestita da una giovane coppia di malgari, Adele Eccli ed Igor Rizzardi, che sfidano questa difficile stagione della ripresa dal lockdown con coperti (intesi come posti a sedere per gli avventori) ridotti da 40 a 11. Ci sono, è vero, anche vari posti all'esterno sotto una stabile tettoia di legno, ma questo vale solo per mezzogiorno, mentre è noto che le maghe con servizio cucina, soprattutto nei fine settimane, sono frequentate di sera: e a quell'ora all'aperto non ci si sta proprio. Abolito anche il servizio bar al banco, possibile solo per avventori che rimangono all'esterno, per non dire degli obblighi, mascherine a parte, di sanificare continuamente tavoli dentro e fuori con un dispendio di tempo, risorse, energie. Una limitazione di operatività che va a discapito non solo dell'economia della giovane famiglia dei gestori (tra l'altro baciata poco più di un mese fa dalla nascita di una bella bambina, Elena) ma anche con l'imbarazzo di dover rifiutare servizi e ospitalità quando si raggiunge (e nei fine settimana capita in un baleno) i numeri concessi dal cervellotico protocollo anti Covid.«Oggi piove e, raggiunto il numero dei coperti assegnati, non possiamo far entrare gli escursionisti che cercano un po' di calore o almeno di andare in bagno: i controlli capitano anche qui e rischiamo di perdere in un attimo tutto il guadagno di un intero week end», afferma Igor. La malga è anche "caricata" con il bestiame: per ora solo una dozzina di bovini, che stanno ben larghi nell'ampio stallone che in passato ospitava molti più capi. «Infatti questa malga, sulla carta, avrebbe un pascolo potenziale per 70 UBA (sigla che sta per Unità Bovina Adulta, ndr), ma il rimboschimento e l'abbandono nel corso dei decenni lo ha notevolmente ridotto facendo avanzare il bosco. Adesso, grazie alla nuova amministrazione Asuc di Tres, proprietaria della struttura, è iniziata un'operazione di pulizia del sottobosco e gradualmente il pascolo dovrebbe tornare com'era fino a trent'anni fa», ci spiega Lino Rizzardi, papà di Igor e gestore a sua volta della Malga Nuova di Coredo a quota 1.562 a un'ora di sentiero a piedi da qui verso il Roén.Mangiare in malga è sinonimo di allegria oltre che di sapori autentici e buon cibo, ma è difficile sopravvivere con questi
protocolli. «Noi chiediamo cortesemente a tutti di aver pazienza e di rimanere nei limiti, ma ci sono obblighi per noi che spesso debordano da norme pensate a tavoli e con l'occhio di città», commenta Lino Rizzardi. Il riferimento è ai casi di soccorso e di emergenza che vanno garantiti: «La malga, oltre che di servizio al turista ha anche la funzione di rifugio e di bivacco, è un presidio per il territorio e di soccorso con obblighi di ospitalità per chi è in difficoltà, che sono una innata regola di chi vive in montagna: dobbiamo invece star qui con il bilancio e con il pallottoliere a contare che entra e chi esce per non incorrere in sanzioni». Un presidio dunque, ma se la burocrazia lo fa chiudere è difficile che torni a vivere.©RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 9 Giugno 2020
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Regole differenti per strutture a pochi chilometri di distanza: gli operatori chiedono chiarezza Rifugi, la beffa del distanziamento: un metro in Veneto, due in Sudtirol
AURONZO Un caso curioso accompagna la riapertura dei rifugi d'alta quota situati al confine tra Bellunese ed Alto Adige. Questione di metri, legati al distanziamento sociale richiesto dalle normative vigenti in materia di sicurezza sanitaria. Normative che si presentano diverse tra regione e regione, rischiando così di creare confusione tanto tra i rifugisti quanto tra i turisti. Un esempio, utile a rendere l'idea, chiama in causa il rifugio Carducci, situato sul versante sud della Croda dei Toni e dunque sul territorio auronzano, ed il rifugio
Zsigmondy Comici, collocato sul versante opposto, sul territorio di Sesto. I due rifugi distano l'uno dall'altro una mezz'ora di cammino e sono peraltro legati da un profondo legame di amicizia tra i rispettivi gestori. un metro dI QUA, DUE DI LAEppure, a pochi giorni dalla riapertura, per il Carducci vige la regola del metro di distanziamento mentre per il Comici la normativa territoriale parla di due metri. «L'auspicio è quello di riuscire a trovare un punto di intesa in grado di rendere la situazione uguale per tutti», ha chiesto a gran voce Bepi Monti, storico gestore del Carducci, che riaprirà i battenti ufficialmente sabato. Monti ha portato la vicenda all'attenzione dei vertici del Cai Veneto, la settimana scorsa nel corso di una riunione alla quale, oltre ai rifugisti veneti, ha partecipato anche una delegazione istituzionale regionale. Un appello che non è caduto nel vuoto. «L'auspicio espresso da Bepi Monti è sulla stessa lunghezza d'onda di ciò che pensa il Cai Veneto», ha sottolineato il presidente Renato Frigo, «riteniamo infatti che il metro di distanziamento attualmente in vigore in Veneto sia il giusto punto d'incontro tra la sicurezza del turista e le esigenze del rifugista. Con il metro di distanziamento, da applicare soprattutto nelle camerate oltre che nelle sale da pranzo, un rifugio perde il 50% dei posti. I due metri, attualmente in vigore in Alto Adige, fanno precipitare i conti portando la perdita di posti al 70%». trovare la sintesiFrigo, a proposito di un distanziamento nei rifugi «uguale per tutti», ha annunciato che nei prossimi giorni terrà un nuovo incontro a tema a cui parteciperanno delegati istituzionali di Regione Veneto, Provincia di Trento, Provincia di Bolzano e Regione Friuli. «Proporremo di introdurre il metro in tutti i rifugi del Cai», ha annunciato Frigo. Una vicenda, quella del distanziamento diverso da regione a regione, che coinvolge più versanti confinanti dell'alto Bellunese come l'area delle Tre Cime di Lavaredo dove, lungo lo stesso percorso, gravitano i rifugi Auronzo e Lavaredo (territorio di Auronzo) ed il Locatelli che invece ricade sul territorio di Sesto. Monitorata anche l'area del passo di Monte Croce Comelico che segna la linea di confine tra Sesto e Comelico Superiore, ma la vicenda chiama in causa anche Sappada che segna un altro fronte confinante, quello col Friuli. «Aspettiamo con trepidazione il ritorno dei turisti stranieri che rappresentano i principali fruitori delle Alte Vie, fonte di guadagno primario per i rifugi d'alta quota», ha detto ancora Renato Frigo allargando gli orizzonti attorno al tema rifugi, «sono soprattutto tedeschi ed austriaci. Senza di loro l'attività turistica si presenta fortemente limitata». A proposito delle norme vigenti in materia di ospitalità, Frigo è categorico: «Un rifugio, in caso di necessità o emergenza, deve spalancare le proprie porte a persone in difficoltà. È impensabile lasciare fuori qualcuno, magari sotto un temporale, perché lo impongono le normative in materia di distanziamento sociale. Il rifugio deve fare il rifugio».Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 9 Giugno 2020
p. 32
Sekou, "promozione" in vista «Oltre al pane, farà i dolci»
AURONZO Sekou è tornato. Un anno dopo, il giovane migrante di origini gambiane ha riaperto le porte del rifugio Carducci: anche quest'estate farà il pane in altissima quota, oltre che lavare i piatti e, più in generale, dare una mano in cucina. La storia di Sekou Samateh inizia al mare per concludersi in montagna. Una storia a lieto fine, come certamente non se ne registrano tante, iniziata da migrante su un barcone della speranza arenatosi a Lampedusa appena maggiorenne e proseguita nel Bellunese, prima in Alpago e poi ad Auronzo dove oggi Sekou vive insieme ad altri ragazzi africani, anch'essi migranti, ognuno con il suo lavoro e la sua storia personale fatta di sofferenze e di difficoltà.Sekou ce l'ha fatta, grazie alla sua grande passione per la cucina.Ha imparato a fare il pane in una piccola bottega del suo villaggio, in Gambia, e dopo una prima esperienza al Carducci durante la scorsa estate, quest'inverno ha trovato lavoro nel famoso ristorante "La Perla" di Corvara.La sua stagione è finita anzitempo, più o meno con un mesetto di anticipo per via del coronavirus, ma Sekou non si è fasciato la testa. È tornato ad Auronzo e, dopo aver rispettato pazientemente la quarantena, in attesa della riapertura del Carducci ha approfittato del tempo libero per dare una mano alla comunità su altri fronti, compresa la sistemazione del sentiero della val Giralba che porta ai piedi della Croda dei Toni, a quota 2297 metri d'altezza. Sekou si è messo a disposizione insieme ad altri volontari e, tutti insieme, con la regìa esperta di alcuni elementi del Cnsas di Auronzo, ha contribuito alla sistemazione del sentiero che oggi permette di raggiungere il Carducci (attraverso pian delle Salere) in tutta sicurezza.Nel frattempo, a proposito del suo lavoro al Carducci, per Sekou c'è "aria di avanzamento" : oltre al pane farà anche i dolci.«Stiamo pensando di dare più spazio a Sekou in cucina assumendo come lavapiatti un altro ragazzo africano, suo grande amico», ha annunciato Bepi Monti, «molto però dipenderà da come evolverà la stagione. Facciamo i debiti scongiuri». --dierre© RIPRODUZIONE RISERVATA
L'Adige | 12 Giugno 2020
p. 13
Rifugi, gli escursionisti in gruppo potranno dormire assieme
Buone notizie per i rifugi trentini: da lunedì 15 giugno i gruppi di escursionisti saranno di fatto equiparati ai conviventi e potranno dunque dormire assieme. Nelle camere, poi, sarà rivisto anche il taglio di due terzi della capienza che era stata decisa nelle scorse
settimane: il taglio sarà di un terzo. In stanze da sei, dunque, potranno alloggiare quattro persone non conviventi e non due come er stato deciso nella stesura iniziale delle linee guida. La decisione è stata presa ieri dalla giunta dopo un confronto con i referenti della parte sanitaria della gestione dell'emergenza e della ripartenza. A "salvare" le strutture in quota da prospettive poco incoraggianti per i mesi a venire è stata l'introduzione del concetto di "frequentatori abituali": se un gruppo di persone - come si presume sarà il caso dei gruppi di escursionisti che prenotano in rifugio, impegnati in ascensioni, traversate - è composto da soggetti che si frequentano abitualmente, potranno dormire assieme, al pari di un gruppo di conviventi. Una notizia attesa dai rifugisti, che pian piano si accingono ad aprire le porte delle loro stutture (alcuni hanno già iniziato la loro stagione: è il caso dell'Antermoia che ha aperto ieri: nella foto in alto il gestore Martin Riz ) e che erano ancora in attesa di indicazioni certe con le quali gestire le prenotazioni. Le. Po.
Corriere delle Alpi | 16 giugno 2020
p. 27
Al Boz lavori quasi finiti, il Dal Piaz riapre sabato con posti letto dimezzati
FELTRE Il Cai lavora per far trovare agli escursionisti i rifugi più efficienti sotto il profilo energetico e al passo con le misure di sicurezza anticoronavirus. Sono in fase di conclusione i lavori al Boz per l'installazione dell'impianto fotovoltaico e al Dal Piaz per l'ampliamento della cucina. Le due strutture riapriranno al pubblico sabato, con nuove regole in base alle disposizioni sul distanziamento. Per la ripresa delle attività in montagna, il Club alpino italiano ha predisposto una serie di raccomandazioni pubblicate sul sito internet della sezione di Feltre insieme a un decalogo per i frequentatori dei rifugi. LAVORI STRUTTURALI Il progetto più consistente riguarda il rifacimento e potenziamento dell'impianto fotovoltaico al rifugio Boz, operazione nell'ottica dell'abbattimento dell'anidride carbonica. L'importo è 57 mila euro, coperto per la maggior parte dal Cai centrale, a cui si aggiunge il contributo del Parco, più l'integrazione della sezione (circa 10 mila euro). «L'intervento è quasi concluso. Non è ancora finito perché negli ultimi giorni ha piovuto, ma mancano piccole cose», dice il presidente della sezione di Feltre Ennio De Simoi. Parallelamente, «al Dal Piaz stiamo ampliando la cucina, per renderla più funzionale anche alla luce delle nuove normative con un investimento di 13 mila euro. Per fine mese finiamo». RIAPRONO I RIFUGI L'unico che ha già un po' di esperienza è il Dal Piaz, che nelle scorse settimane si è reinventato con l'asporto nei week-end per focaccia, panini, crostate e bevande. Da sabato la riapertura al pubblico con nuove regole. Il cambiamento più grosso riguarda la capienza per la notte. I posti letto sono ridotti almeno della metà ed è obbligatoria la prenotazione. Il Boz ha 36 posti e il Dal Piaz 22, da dimezzare, ma a fare eccezione sono le famiglie che possono stare insieme. I rifugi non possono più dare le coperte, ciascuno deve portarsi il sacco a pelo, e i bagni non avranno l'asciugamano. VOGLIA DI MONTAGNA Per la stagione estiva c'è ottimismo: «Credo che ci sarà un incremento degli escursionisti. La montagna non è penalizzata quest'anno, mi aspetto un maggior afflusso», commenta Ennio De Simoi. Che aggiunge: «Il Cai fa la sua parte dando un kit anti Covid-19 ai rifugi con ionizzatore, termometro e saturimetro. Inoltre, i canoni di affitto saranno posticipati al 30 settembre». SI TORNA A CAMMINARE IN LIBERTA' Il Cai organizza per domenica prossima un'escursione lungo il sentiero tematico dei covoli (ripari sotto roccia che ospitavano piccole comunità preistoriche) della valle di Lamen, all'interno del Parco delle Dolomiti. Iscrizioni on-line sul sito internet della sezione, dove si trovano le informazioni.
Trentino | 17 giugno 2020
p.36
Spirito giovanile come nuova linfa per il "Cacciatori"
Nuova gestione al Rifugio ai Cacciatori, nella Val d'Ambiez, l'amena valletta dolomitica che si diparte da San Lorenzo verso il Gruppo del Brenta. Da quest'anno il rifugio viene gestito, dopo sette anni di gestione Margonari e due anni di gestione Raffaelli-Greppi, da due giovani di San Lorenzo in Banale: Yerta Flori e Mirko Bosetti, che dell'entusiasmo giovanile fanno la loro bandiera. «Noi vogliamo riprendere la vecchia tradizione paesana, che sul Cacciatori ha sempre riposto grandi speranze», esordiscono all'unisono i due giovani, che ribadiscono di essere nel solco della tradizione: infatti il rifugio venne fondato nel 1958 dai giovani cacciatori del paese sotto la guida di Anselmo Calvetti. Naturalmente dovranno essere rispettate tutte le norme dei protocolli di sicurezza sanitaria per i rifugi, concernenti distanziamento,
numero di clienti all'interno del rifugio, numero di posti-letto. «Per l'interno ci siamo attrezzati con la modifica sostanziale delle salette», dice Yerta illustrando anche la novità dell'esterno, con alcuni capienti tavoloni massicci sul piazzale antistante. I programmi del "nuovo" Cacciatore sono tanti. In questi rientra anche la manifestazione a carattere provinciale denominata Uomo Probo, curata dal Comune di San Lorenzo Dorsino e dall'associazione Ars Venandi. La coppia lancia numerosi progetti. «Crediamo che proprio in questo periodo di Covid19 sia necessario per chi ama la montagna reinventarsi e rilanciare la bellezza delle nostre valli dolomitiche... Crediamo che questo rifugio, grazie alla sua posizione intermedia e allo splendido anfiteatro che lo ospita, possa essere una meta speciale per tante persone diverse: da chi vuole partire da qui per trekking a chi vuole arrivare fin qui e poi star qui a godersi la giornata». Anche l'handicap della strada disagevole sembra superato grazie alle cure del Comune. Naturalmente nessuno intende togliere il divieto al traffico privato (possono circolare in auto solo i due taxi e i censiti), che da alcuni decenni tutela quest'oasi di pace. «Vorremmo che fosse un punto di partenza anche per far conoscere la montagna a chi non la frequenta abitualmente, organizzando nel tempo attività di escursione...», concludono Yerta Flori e Mirko Bosetti.
Gazzettino | 19 giugno 2020
p. 15, segue dalla prima, edizione Belluno
La ripartenza in salita dei rifugi di montagna
di Franco Soave Due lunghi mesi senza presenza umana. L’incertezza sulle possibilità di riaprire, poi finalmente il via. La corsa contro il tempo per organizzare tutto per bene secondo le regole –stringenti e difficili da applicare –dettate dall’emergenza Covid 19. Infine l’apertura, i primi escursionisti e con loro anche un bel po’ di problemi. I rifugi alpini, da un secolo e mezzo simbolo di accoglienza e protezione per chi va in montagna, aprono la porta. Alcuni l’hanno già fatto, la maggior parte lo farà da domani. Ma nulla è come prima, anche se la voglia di ricominciare ha già proiettato sui sentieri moltissime persone. «È vero, a rifugio ancora chiuso i gestori raccontano di molta gente che chiamava per informarsi sull’apertura - osserva Renato Frigo, presidente del Club alpino del Veneto - Insomma c’è molta voglia di ripartire ma bisogna farlo con attenzione, la montagna non è un ambiente semplice, le persone dovrebbero conoscere sempre il proprio limite». Per i rifugi come si annuncia la stagione? «Il quadro un po’ alla volta si sta chiarendo. Sappiamo che fino a quando non avremo il vaccino dovremo convivere con il Covid, e questo vuol dire avere con sé mascherina, gel per le mani e soprattutto mantenere la distanza tra le persone, aspetto che preoccupa parecchio perché la struttura di molti rifugi è anziana, spesso la tipologia è quella spartana di una volta, votata alla condivisione». Nonostante le difficoltà, si ricomincia. Il Club Alpino come è intervenuto? «Per aiutare i gestori, come Cai Veneto abbiamo chiesto alle sezioni di sospendere gli affitti fino a settembre, mentre il Cai nazionale ha messo a disposizione di ogni rifugio, ovviamente gratis, il kit anti-Covid: termometro, ossimetro, generatore di ozono; dovrebbe arrivare a tutti entro pochi giorni». Quest'anno i posti tavola come i posti letto saranno ridotti. «È chiaro. In Veneto i rifugi Cai sono 35, 31 in provincia di Belluno; offrono 1904 posti letto, che verranno ridotti a novecento, e 2931 posti pranzo che diventeranno circa 1600. Ma oltre mille di questi ultimi sono esterni e quindi vincolati alle condizioni del tempo». Sarà obbligatoria la prenotazione come il distanziamento, ma se una sera di pioggia battente, con il rifugio al completo, bussano dieci persone il gestore cosa farà? «Su questo problema ho scritto alla Regione afferma Frigo - ma secondo noi il gestore deve accogliere, altrimenti cadrebbe la stessa missione e funzione del rifugio. Perché esistono regole etiche e di buon senso nei confronti di chi va in montagna, e l'accoglienza è un elemento che contraddistingue il rifugio alpino». La Regione per il momento non ha risposto ma il Cai confida in una sorta di silenzio-assenso. Apriranno tutti i rifugi? «L'unico per cui esistono ancora dubbi è il Torrani (Cai Conegliano, quota 2984 al Pian de la Tenda, sotto la cima della Civetta, versante di Zoldo; ndr), lassù c'è ancora più di un metro di neve. Gli altri entro fine giugno dovrebbero aprire tutti». A proposito della frequentazione e dell'affollamento di certi luoghi, l'era Covid cosa può insegnare? «Quello dell'affollamento è un problema serio. In Trentino alcune aree sono organizzate con posteggi e bus navetta; quando i posteggi sono pieni, si cambia zona. Ecco, se vogliamo regolare i flussi nelle aree affollate non possiamo scaricare tutto sui rifugi. Se i posti auto per andare, per esempio, al Vandelli e al lago del Sorapìss sono tutti occupati non può essere il gestore a farsi carico del traffico dei turisti, devono essere le amministrazioni locali, organizzando dei posteggi, anche a pagamento. E quando i posti auto sono esauriti, si va da un'altra parte. Ed evitando il sovraffollamento di alcune zone se ne valorizzano altre, altrettanto belle, dove non va quasi nessuno». Mario Fiorentini è gestore del rifugio Città di Fiume, di fronte alla nord del Pelmo, e presidente dell'Associazione Gestori Rifugi Alpini del Veneto (Agrav); fondata due anni fa, l'Agrav oggi ha 41 associati tra rifugi Cai e privati di tutto il Veneto. I gestori, dunque, aprono ma Fiorentini non è molto ottimista. «La stagione? Un bel punto di domanda - afferma - Gente che gira ce n'è ma le modalità con cui devi assicurare il servizio penalizza in maniera significativa. Vuoi un esempio? Oggi al rifugio alcune persone hanno chiesto una birra ma quando ho spiegato che dovevano aspettare il loro turno hanno preferito andarsene. Insomma, l'accesso regolamentato per la gente diventa un problema. Molto poi dipende anche dalla disponibilità e dall'organizzazione dello
spazio all'interno di ogni rifugio, dalla sala ai servizi igienici. Nei giorni scorsi ho fatto lo steward al checkpoint, come mi hanno soprannominato, ma piazzare una persona fuori a dirigere il traffico significa avere in organico un elemento che non fa niente. Altro problema, lo spazio esterno (per chi ce l'ha): un aspetto che dipende molto dal tempo. Qualcuno ha detto mettete un tendone ma chi parla così non ha idea di come può essere il tempo in montagna, dove un colpo di vento può far volare via tutto! Non dico questo per piangere il morto, si tratta di dati oggettivi». I turisti sono informati di cosa devono fare e soprattutto sanno come comportarsi? «Poco. Lo steward deve anche fare comunicazione. Informare è difficile, l'evoluzione costante della situazione-Covid non aiuta ma secondo me si poteva fare meglio. Credo che Regione, associazioni e gli enti sul territorio dovrebbero informare di più. Il Cai, per esempio, è ovvio che si relazioni con i propri rifugi ma in Veneto ci sono meno di 40 rifugi Cai e un centinaio di privati. E poi i rifugi sono uno diverso dall'altro per cui è difficile fornire regole che accontentino tutti, per questo bisogna dare centralità alla figura del gestore con cui deve relazionarsi chi frequenta il rifugio. Insomma, non è semplice come potrebbe sembrare». Proprio i gestori, qual è dunque la posizione degli associati Agrav? «Come associazione abbiamo organizzato una videoconferenza con loro. Chi ha già aperto sostiene che in un primo momento la gente rispettava le regole, ora invece c'è scarsissima attenzione, la sensazione diffusa è che l'emergenza sia finita. Ma non è così. Fuori dal nostro rifugio abbiamo piazzato un cartello su cui c'è scritto Area controllata, vietato entrare, attendere il gestore. Bene, c'è chi entra e dice C'era scritto che non si poteva entrare. Appunto. Ma il denominatore comune oggi è una sola domanda: riusciremo a sbarcare il lunario?». Prevedere come andrà quest'anno, dunque, è molto difficile, anche perché stranieri in giro ancora non ce ne sono; quelli che provengono dai Paesi più lontani e avevano prenotato hanno disdetto subito, l'Europa invece sta aspettando di vedere cosa succede. E nelle Dolomiti negli ultimi anni la presenza degli stranieri si è avvicinata al quaranta per cento. Gli italiani affollano i weekend, durante la settimana invece i sentieri parlano altre lingue. Se mancano loro è un bel problema.
Corriere delle Alpi | 20 giugno 2020
p. 21
I rifugi riaprono con meno posti, ma poche restrizioni
Gianluca De Rosa BELLUNO L'attesa è finita: la stagione estiva dei rifugi apre ufficialmente oggi. Con qualche dubbio ma sicuramente con tanta voglia di fare ed una maggiore serenità rispetto a quanto immaginato poche settimane fa. Gli oltre cento rifugisti bellunesi puntano a recuperare in fretta il tempo perso causa Covid 19 con una speranza che li accomuna: il ritorno dei turisti stranieri. «Dopo tante parole è finalmente arrivato il momento dei fatti» commenta Guido Lorenzi, presidente del sindacato gestori rifugi, «nelle scorse settimane c'è stato un lungo rincorrersi di situazioni che ha creato allarmismo tra i rifugisti. Oggi per fortuna le cose si presentano molto diverse da come ci erano state propinate. Disposizioni da adottare in materia di emergenza sanitaria ce ne sono state ma si sono rivelate meno complesse di quanto immaginato. Questo ci permette di tirare un sospiro di sollievo ed al tempo stesso guardare alla stagione estiva con rinnovato ottimismo. Vivremo un paio di settimane di adattamento per poi tuffarci in quella che sarà la prova del nove, concentrata nei mesi di luglio ed agosto anche se per un rifugista è difficile poter fare un programma a medio e lungo termine. Quest'anno, a maggior ragione, sarà importante vivere di giornata in giornata». A proposito di disposizioni, Lorenzi punta l'attenzione attorno a quella che si presenta come l'unica, grande, novità, dell'estate 2020: «Ogni rifugio avrà meno posti per mangiare e dormire e questo significherà meno introiti, a fronte di un aumento dei costi dovuti ai lavori sostenuti. La novità rispetto al passato sta nella cancellazione della camerata in cui, fino a qualche mese fa, un rifugista lasciava liberamente dormire due tedeschi, due coreani, due italiani e due inglesi. Questo non potrà più succedere ma va anche detto che non succederà perché i primi a non volerlo sono i clienti. A proposito dei pernottamenti, prima di ogni prenotazione il cliente vuole sapere come e dove dormirà in maniera molto dettagliata, ho già ricevuto diverse segnalazioni in tal senso». Come si è mosso il sindacato dei rifugi in queste settimane di lockdown? «Abbiamo mantenuto vivi i rapporti con i rifugisti quotidianamente ricevendo indicazioni ed anche idee, sicuramente c'è stato tanto confronto come non era forse mai successo in passato. Oggi siamo tutti sulla stessa barca nonostante i rifugi, per caratteristica, si presentano molto diversi gli uni dagli altri». Il coronavirus potrebbe aver impresso un cambio di rotta al turismo d'alta quota: cosa dovranno fare i rifugisti per adeguarsi ai tempi che corrono? «Più che il rifugio sta cambiando il modo di fare turismo in montagna. Chi è alle prese con progetti di ristrutturazione dovrà inevitabilmente fare i conti col presente modificando qualcosa in corsa. Camere piccole e confortevoli al posto delle grandi camerate, tipicità di un rifugio fino a poche settimane fa, rappresenteranno la nuova frontiera dell'ospitalità ad alta quota».
Corriere delle Alpi | 20 giugno 2020
p. 21
Al Settimo Alpini si attende il 27
BELLUNO Apertura posticipata di una settimana per il rifugio Settimo Alpini. I gestori Marino De Colle e Lara Forcellini hanno scelto sabato 27 giugno per riaprire ufficialmente i battenti del rifugio tanto amato dai bellunesi, storico punto di riferimento per sentieri e vie ferrate nel gruppo della Schiara. La decisione è da rimandare a lavori in corso, che non riguardano il rifugio ma la teleferica, al momento inagibile. «Entro martedì verrà rimessa in funzione» assicura Lara Forcellini, «da quel momento inizieremo a portare su tutto il necessario riattivando di fatto il rifugio». Anche per Marino e Lara quelli appena trascorsi non sono stati mesi semplici anche se il peggio, oggi, sembra essere alle spalle. «La riapertura verrà accompagnata da una serie di inevitabili punti interrogativi. Il primo riguarda la presenza di turisti stranieri che ad oggi si presenta in forte dubbio» prosegue Lara, «dal canto nostro abbiamo adeguato il rifugio seguendo gli standard indicati. Abbiamo diminuito gli spazi interni al fine di garantire il giusto distanziamento sociale ma al tempo stesso abbiamo aumentato la fruibilità di quelli esterni confidando nell'aiuto del meteo che quest'anno sarà determinante. Per quanto riguarda le camere non abbiamo grossi problemi avendone tante». Che estate sarà per il Settimo Alpini? «Ci aspettiamo tanti italiani concentrati soprattutto nei weekend» risponde Lara che annuncia una novità: «Mio marito Marino è una guida alpina e quest'anno sarà a disposizione dei nostri clienti per effettuare in sicurezza sentieri e vie ferrate della nostra zona, da sempre molto amata dai bellunesi. Chi non se la dovesse sentire di andare da solo potrà chiamare in rifugio e prenotare, insieme ad un tavolo, anche un'uscita guidata».
Corriere delle Alpi | 20 giugno 2020
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«Teniamo alla nostra salute e a quella dei clienti, qui da noi si dovrà rigare dritto» «Al Vandelli niente far west: chi viene qui rispetti le regole»
di Francesco Dal Mas CORTINA «Il Vandelli non diventerà mai il far west, scordatevi di arrivare quassù e di fare quello che volete. Qui si rispetteranno, nel modo più severo, le misure sanitarie, perché noi gestori vogliamo tornare a casa sani e salvi; e così i nostri collaboratori e tutti quegli escursionisti ed alpinisti che si affideranno alla nostra accoglienza». È il messaggio che Sabrina Pais, che con il marito ha in gestione il rifugio Vandelli ormai da 21 anni, lancia a tutti i cercatori di avventura, anzi di avventure, che saliranno al lago Sorapis e al rifugio che lo protegge. «Anche perché», aggiunge, «il lago Sorapis è sì straordinario, ma fragile; l'eccessiva frequentazione ha creato sentieri dappertutto ed ha comportato la scomparsa di piante e fiori che ora non si vedono più». La famiglia Pais si trova in rifugio da ormai due settimane, per organizzare al meglio l'apertura di oggi. Anzitutto si è dotata, fra i collaboratori, di un giovane addetto alla sicurezza che presiederà l'ingresso al Vandelli, anzitutto con l'igienizzazione delle mani e la mascherina. Sarà lui stesso ad accompagnare gli ospiti al tavolo o a farli attendere - distanziati - in attesa che si liberi un posto. Per una bibita e un panino è stato predisposto un chiosco esterno. Il pranzo, possibilmente su prenotazione, si svolgerà in quattro turni a partire dalle 11.30. Tavoli all'interno ma anche all'esterno. Vietati gli assembramenti, quindi le code. Dimezzati i posti letto. In caso di maltempo? «Ho già avvertito l'Azienda sociosanitaria e l'Ispettorato del lavoro che io non chiuderò la porta in faccia a nessuno, se c'è maltempo. Esigerò, però, che ciascuno per ripararsi all'interno porti la mascherina». Vi augurate, considerato l'ottimo rapporto con le Regole di Cortina, che sia assicurato anche quest'anno il servizio con i Forestali... «Noi non siamo autorizzati ad intervenire intorno al lago, dove purtroppo ci si concedono tutte le leggerezze di chi scambia queste rive per una spiaggia qualsiasi». La signora Sabrina non ha mai immaginato una qualche forma di pagamento, da suggerire alle Regole, per contenere i frequenti assalti (anche 3 mila persone al giorno). Però si dice certa che le Regole predisporranno a valle altri parcheggi in modo da multare coloro che posteggiano l'auto nelle aree non autorizzate e numericamente sostenibili. Previsioni per l'estate? «Non dipenderà tanto dalla paura di muoversi, per non rischiare il contagio, quanto dal tempo. Se i meteorologi cederanno al "terrorismo", per il popolo dei rifugi sarà dura». Ad ogni telefonata di prenotazione, Sabrina comunque consiglia: «Prima di partire verificate il meteo e portativi nello zaino un ricambio».
L’Adige | 20 giugno 2020
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Rifugi al via, in quota più forti del Covid-19
di Ugo Merlo
Neppure la pandemia è riuscita a far slittare la tradizionale data d'apertura dei rifugi in Trentino, quella del 20 giugno. Ma quella dei rifugisti è stata una vera corsa. Contro il tempo, con protocolli stilati solo qualche settimana fa, alle prese con tante incertezze e con davanti una stagione che sarà per forza di cose diversa, non facile. Nonostante tutto, oggi si parte. C'è chi ha già aperto da qualche giorno e chi, per problemi logistici, lo farà al più tardi tra una settimana. Tutti pronti ad accogliere in sicurezza gli escursionisti che hanno già ricominciato a salire tra le montagne del Trentino che durante il lockdown sono state regno della sola fauna. Il Cai a livello nazionale, la Sat e l'Associazione dei rifugi in Trentino, oltre alla Fondazione Dolomiti Unesco, hanno diffuso una serie di regole per godere della vita in quota con la massima attenzione a contrastare il pericolo di contagio: da parte loro, i gestori dei rifugi - che per settimane hanno tremato di fronte alla possibilità di dover tagliare di due terzi i posti letto e dover disseminare i gruppi in più stanze - sono stati rinfrancati dall'attenuazione delle misure sui pernottamenti (gruppi che potranno dormire assieme, capienza salva per i due terzi) e sono pronti. Preparati e consapevoli del loro ruolo, soprattutto in questo momento. Per il popolo delle vette l'andare in montagna in questo tempo assume un valore in più di un immaginario liberatorio. Nel basso Trentino ai 2.060 metri del Damiano Chiesa Eleonora Orlandi è al lavoro da alcuni giorni e si augura che tutti rispettino le regole. Al Prospero Marchetti allo Stivo Alberto Bighellini è aperto da una settimana ed è pronto con distanziamenti e sanificazioni, mentre al Casarota, sulla Vigolana, Lorenza Delama ha aperto dal 23 di maggio e il rifugio ha una terrazza che permette di avere il distanziamento corretto. Nel Lagorai, all'Ottone Brentari, in Cima d'Asta, Emanuele Tessaro apre oggi: «In settimana abbiamo fatto i carichi con l'elicottero e abbiamo predisposto le barriere per il distanziamento fisico. Arriva qualche prenotazione da chi fa la via del granito: sono fiducioso». Al Sette Selle Lorenzo Ognibeni ha riaperto nei fine settimana dopo il blocco. In Val di Cembra, al Potzmauer, ecco il gestore Roberto Leonardi: «Abbiamo aperto da maggio per i fine settimana. La gente è stata collaborativa e comprensiva, utilizziamo il grande prato. Nei prossimi giorni avrò ospite il cantautore Simone Cristicchi, che ama ritirarsi in questi boschi». Nel Gruppo della Pale di San Martino i rifugi apriranno tutti il 27 di giugno. «Sulle Pale - dice Mariano Lott gestore del Pedrotti alla Rosetta - i rifugi, tranne il Treviso, già operativo, aprono sabato 27: il mio, il Pradidali, il Velo della Madonna e il Mulaz. C'è stato un pò di ritardo per l'adeguamento alle norme Covid. La funivia del Rosetta aprirà sabato prossimo assieme ai rifugi e speriamo bene». Nel Gruppo del Catinaccio tutti aperti e al Gardeccia ai 2.000 metri dell'omonima località Marco Desilvestro dice: «Siamo aperti, con tutte le misure per la prevenzione dai contagi. Ma ci avviamo ad una stagione che sarà sotto tono». Roberta Silva del Roda di Vael ha aperto ieri. Le email non mancano: «Abbiamo qualche prenotazione, ma solo di famiglie». Al Passo Principe Sergio Rosi dice: «Abbiamo aperto da una settimana, ma siamo a ritmo molto ridotto, con la metà dei collaboratori». All'Antermoia il gestore è Martin Riz: «Abbiamo aperto da una settima, ci siamo attrezzati per il distanziamento, certo sarà una stagione strana, ma la montagna ha spazi per vivere distanziati e sono ottimista». In Marmolada, al Pian dei Fiacconi, Guido Trevisan ha aperto da ieri «con ottime condizioni per lo sci alpinismo». Nel Gruppo Brenta il Graffer, sotto il passo del Grostè, è gestito da Roberto Manni: «Abbiamo aperto da due giorni, adeguando il rifugio alle nuove norme. Sta arrivando qualche prenotazione. Speriamo di uscire presto da questo incubo». Al Tuckett e Sella «ci aspetta - dice Alberto Angeli - un'annata con tante incognite. Siamo però ottimisti ci siamo adattati alle disposizioni attuali, sperando che nel corso della stagione vegano riviste le restrizioni». Al XII Apostoli Fratelli Garbari Aldo Turri apre oggi: «Abbiamo predisposto tutto secondo le norme sanitarie». Il Pedrotti alla Tosa, ai 2495 metri della Bocca di Brenta è aperto da oggi: «La mia decima stagione al Pedrotti alla Tosa sarà purtroppo condizionata da questo virus, ma io e la mia famiglia siamo ottimisti», spiega Franco Nicolini. All'Alimonta «viviamo giorno per giorno nella speranza di lavorare», spiega Ezio Alimonta. Al Silvio Agostini in val d'Ambiez Roberto Cornella ha aperto da una settimana: «Qualche prenotazione sta arrivando, vedremo come si mette questa stagione, non sarà di certo facile». Nel Gruppo dell'Adamello il Laghi San Giuliano ha aperto ieri con tutte le misure necessarie per la prevenzione sanitaria. Al Città di Trento all Mandron Davide Galazzini è prudente: «Apriamo oggi in contemporanea con la strada della val Genova. La stagione partirà a rilento, le funivie del Tonale apriranno il 4 luglio». Anche il Caduti dell'Adamello al passo delle Lobbie, in mezzo alla neve apre oggi. Il gestore Romano Ceschini non ha prenotazioni. Stessa situazione per Marco Bosetti al Dante Ongari al Carè Alto, mentre il Val di Fumo è aperto da una settimana. Nel Gruppo della Presanella, al Giovanni Segantini in val d'Amola Egidio Bonapace ha promosso una simpatica iniziativa sui social. «Abbiamo fatto, per l'apertura, su Facebook e Instagram un conto alla rovescia: ha avuto molte visualizzazioni. Per il resto abbiamo adattato il rifugio alle nuove norme». Sul versante nord al Francesco Denza Mirco Dezulian ha già aperto lo scorso fine settimana e parla di alpinismo: «C'è un buon innevamento e la nord della Presanella e io sono ottimista». Nel Gruppo Ortles Cevedale come ci confermano i gestori del rifugio Silvio Dorigoni in alta val di Saent Cecilia Iachelini e del Guido Larcher al Cevedale Manuel Casanova, apriranno il 27 giugno. La Iachelini sottolinea come l'apertura delle frontiere con l'estero stia dando delle prospettive». Il Mantova al Vioz, il nido d'aquila della Sat con i suoi 3535 metri, aprirà a fine mese, come ci dice Mario Casanova: «Apriamo il 30 giugno, perché l'innevamento in quota è ancora abbondante. Non abbiamo prenotazioni, vedremo come andrà».
L’Adige | 23 giugno 2020
p.18
Rifugi, un’estate anche di cantieri
di Leonardo Pontalti Apertura? Non per tutti. E non per colpa del Covid-19. Nella giornata che tradizionalmente ha aperto la stagione dei rifugi, c'è chi in quota è ancora alle prese con i cantieri. In Brenta, il rifugio Brentei salterà completamente la stagione. L'emergenza sanitaria ha convinto i proprietari della struttura, il Cai di Monza e I gestori, la famiglia Leonardi, a rivedere la tabella di marcia dei profondi interventi che entro il 2022 dovrebbero dotare il rifugio di una nuova terrazza panoramica - il cui progetto l'anno scorso in sede di presentazione aveva fatto discutere - e numerose altre migliorie, per permettere ad una delle strutture più gettonate del Trentino di unire valore storico della struttura pur rinnovandosi radicalmente. I lavori erano partiti già in pieno lockdown, con la gru che svetta sulla silhouette assieme al Crozzon già da fine inverno. In questi giorni si sta procedendo a consolidare la facciata nord, che poi verrà in parte "coperta" dalla nuova struttura panoramica. I lavori avrebbero dovuto durare tre anni e procedere gradualmente permettendo così al rifugio di rimanere sempre aperto nei mesi estivi ma l'emergenza - con una convivenza complicata tra esigenze legate al distanziamento e alle metrature parziali garantite dal cantiere attivo - ha spinto a optare per la chiusura totale. Una scelta fatta a malincuore - spiega la famiglia Leonardi - ma che è permetterà di procedere più velocemente e accorciare presumibilmente i tempi degli interventi». Nel 2021 il cantiere dovrebbe essere ancora attivo ma il rifugio sarà aperto. I lavori costeranno circa 2 milioni di euro. «I lavori si sono resi necessari perché la struttura era datata», aveva spiegato in sede di presentazione del progetto uno dei figli del gestore Luca Leonardi, Michele: «Nel tempo erano stati fatti dei miglioramenti ma che ormai non riuscivano più a garantire una fruibilità adeguata. Dovendo rispondere alle normative nuove di legge, si è arrivati al punto di dover ristrutturare in maniera più decisa.» Non cambierà la ricettività, come da normative peraltro, che rimarrà di 98 posti letto, ma ci sarà un ampliamento della sala da pranzo. L'attuale volume della struttura, considerando sia il rifugio vero e proprio che il bivacco invernale ora spostato rispetto alla struttura principale, è di 2.802 mc, l'aumento richiesto dal Cai di Monza è di 709 mc, ovvero il 25% in più rispetto alla situazione attuale che porterebbe le strutture ad un volume complessivo di 3.511 mc. Riaprirà invece, ma solo tra un mese circa, il Sandro Pertini, ai piedi del Sassolungo. «Sono in corso profondi lavori di rinnovamento della struttura - spiega il gestore Lorenzo Battisti - che ci permetteranno di avere a disposizione due nuovi bagni esterni, tre a supporto della sala principale e due per le stanze. Stiamo approntando anche gli allacciamenti all'acquedotto e un rinnovamento della cucina. Ma a partire da metà luglio dovremmo riuscire a riaprire».
Corriere delle Alpi | 24 giugno 2020
p. 17
Prenotazioni cancellate nei rifugi delle Dolomiti
BELLUNO Tavoli vuoti causa code. Anche alcuni rifugi delle Dolomiti hanno subito pesanti ripercussioni a causa delle code che si sono formate domenica sulla regionale 203 e in autostrada. «Domenica avevo alcuni tavoli prenotati ad orari ben precisi, perché adesso le normative impongono che anche nei rifugi si debba prenotare il proprio posto», spiega Mario Fiorentini, gestore del rifugio Città di Fiume e presidente dell'associazione Gestori rifugi alpini del Veneto (Agrav). «Molte persone hanno telefonato per disdire, perché erano ancora in coda, in auto, e non sarebbero arrivati in tempo per il pranzo». «Una situazione del genere purtroppo incide sull'organizzazione del lavoro, anche perché adesso manca completamente il turismo straniero e i tavoli non si possono riempire se restano vuoti», aggiunge. La speranza di Fiorentini è che si trovi subito una soluzione: «A qualcuno verrà in mente di trovare un modo per evitare che si ripeta quel che è accaduto domenica», conclude. «Anzi, mi sembrerebbe logico che venisse individuata la soluzione più efficace». «I lavori devono essere fatti, per carità, ma speriamo che finiscano il prima possibile», aggiunge Guido Lorenzi, gestore del rifugio Scoiattoli e rappresentante Ascom del settore. «Il Coronavirus purtroppo ha posticipato l'avvio di alcuni cantieri, non mi sento di dare colpe a nessuno in questa situazione. Mi auguro solo che gli interventi vengano velocizzati e che per luglio possano terminare».
L’Adige | 25 giugno 2020
p.37
Rifugi, anniversari e voglia di ripartire Da sabato saranno tutti usufruibili con le precauzioni previste dal virus
di Mauela Crepaz PRIMIERO Con sabato tutti i rifugi delle Pale di San Martino sono aperti, come pure gli impianti Colverde Rosetta per raggiungere l'altipiano. Seppur tra mille difficoltà legate ai restrittivi protocolli Covid-19, la voglia di ripartire è tanta.
Si attendeva l'estate 2020 come la stagione dei festeggiamenti: il decennale del Palaronda Trek, l'innovativo percorso in quota "inventato" dai rifugisti che permette di pernottare in tutti e cinque i rifugi delle Pale (Volpi al Mulaz, Pedrotti alla Rosetta, Velo della Madonna, Pradidali, Treviso-Canali) che in questi anni ha registrato un successo incredibile, con un crescente numero di adesioni soprattutto di alpinisti stranieri; il 40° dell'inaugurazione del Rifugio del Velo (era il 21 settembre 1980), ricordando che il primo bivacco fu inaugurato nel 1965. Ricorreva allora il 45° anniversario della prima ascensione lungo lo spigolo nord ovest della Cima Madonna. E quest'anno si sarebbe dovuto festeggiare il centenario dell'ardita salita compiuta da Gunther Langes e Erwin Merlet il 20 giugno 1920, che per tutti divenne lo "Spigolo del Velo". Ci sono inoltre i 150 anni della conquista del Cimon della Pala da parte di Edward Robson Whitwell, Santo Siorpaès e Christian Lauener: l'impavido terzetto salì per il versante nord del ghiacciaio del Travignolo, per una via perigliosa che fu abbandonata dopo il 1889 quando Ludwig Darmstädter con Johann Niederwieser (Stabeler) e Luigi Bernard segnarono la via normale. Se poi vogliamo aggiungerci pure i 115 anni dall'ascensione della parete sud-ovest del Cervino delle Dolomiti da parte di "Kaiser Leu", all'anagrafe Georg Leuchs l'11 agosto 1905, abbiamo un quadro quasi completo. La sua fu un'impresa epica: 500 metri di verticale in solitaria. All'appello, manca un tassello, che permette anche ai meno impavidi di raggiungere la vetta del Cimon: i 50 anni della storica via ferrata "Bolver Lugli". Un anno da record, insomma. Elisa Bettega, gestrice del Velo, è positiva: "Purtroppo non faremo eventi causa la situazione, ma ricorderemo senz'altro gli anniversari che ci vedono protagonisti". Sarà un'estate diversa, non ci piove, anzi, si confida nel bel tempo visto le norme che limitano i posti interni ed esterni. Ma la gente di montagna non teme le sfide. Mariano Lott, guida alpina che gestisce il Rosetta, sottolinea come ci sia grande intesa tra rifugisti: "Lavorare in sintonia anche per quanto riguarda il rispetto dell'ambiente e il controllo delle regole affinché ci sia una montagna pulita tenendo presente che le Pale sono patrimonio Unesco". E di amicizia parla il collega guida Sebastiano Zagonel, del Mulaz: "Le forti nevicate hanno causato danni alla teleferica, ai pannelli fotovoltaici e pure alla storica targa appesa da più di 60 anni. Ma per fortuna gli amici del Mulaz mi hanno aiutato non poco a ripristinare il tutto a tempo record. Nei rifugi è fondamentale avere molti amici". Duilio Boninsegna dal Pradidali commenta: "I detriti della recente frana del Cimerlo, portati dall'acqua, hanno creato un profondo solco a valle della teleferica, obbligandoci all'uso dell'elicottero per i rifornimenti con notevole aggravio di costi in una stagione già problematica per la grande limitazione dei numeri delle persone che potremo accogliere in rifugio e la mancanza degli ospiti stranieri che in condizioni normali sono più della metà. Ma ce la metteremo tutta per dare il miglior servizio possibile". È andata meglio alla guida alpina Tullio Simoni, che con la famiglia gestisce il piccolo rifugio Canali: sono riusciti ad aprire già il 12 giugno scorso.
Corriere delle Alpi | 28 Giugno 2020
p. 34
Aperta la stagione al rifugio comunale Pian de Fontana
LONGARONE Riaperta la stagione al rifugio Pian de Fontana. Meta molto conosciuta dagli alpinisti, si trova infatti nel percorso dell'Alta Via numero 1, attira visitatori anche dall'estero.La proprietà è comunale con la gestione a cura del Cai di Longarone e da ormai una ventina di anni in mano alla passione della coppia vicentina Elena Zamberlan e Antonio Tedde. Si raggiunge dalla località Soffranco ed è inserito all'interno di vari percorsi nel Parco delle Dolomiti che portano alla località dove è situata la struttura a 1632 metri. Nel corso degli anni ci sono stati molti lavori migliorativi con la creazione di cucine e posti letto ma anche di un impianto fotovoltaico e uno micro idroelettrico che ha reso l'edificio tra i più innovativi tecnologicamente in Italia.La strada di accesso e la teleferica avevano subito danni per via di Vaia ma ora è stato tutto rimesso in sesto, anche grazie alla collaborazione del Cai che garantisce sempre una buona pulizia dei sentieri. Per informazioni contattare la mail piandefontana@livecom. it o il numero 0437 1956135. --E.D.C.
Corriere delle Alpi | 29 Giugno 2020
p. 11
Pienone nei rifugi ma le mascherine sono inesistenti: «Non c'è rispetto»
Francesco Dal Mas BELLUNO Assalto ai rifugi, anche lassù dove persiste la neve, come al Rifugio Berti, in Comelico, sotto il Passo della Sentinella. Gli escursionisti veneti si sono riversati in massa sulle alte quote, ma lassù è avvenuto ciò che è accaduto nelle ultime ore a quota zero. «Nessun rispetto delle regole», protesta Bruno Martini, il gestore del rifugio Berti. «Due o tre mascherine ogni 10 persone che entrano e si accomodano in sala da pranzo».Ma il peggio accade all'esterno. Martini ha fissato dei cancelli. Ti puoi immaginare se gli
avventori fanno la fila. No, li scavalcano o si arrampicano sulla terrazza per prendere posto ai lavori quando i camerieri non hanno ancora provveduto alla pulizia. «Siamo preoccupati per la sicurezza sanitaria sia dei nostri ospiti», sottolinea Martini, «che per la nostra e dei collaboratori».Il gestore è d'altra parte soddisfatto delle prime due giornate di apertura, ritardata appunto causa la neve. «Davvero tantissimi gli italiani, i veneti, più numerosi che negli ultimi anni. Ma ci auguriamo che diventino anche più educati, perché io non posso fare il carabiniere», sottolinea.«Pienone, pienone», annuncia dall'alto del rifugio Mulaz, sulle montagne sopra Falcade, Sebastiano Fagonel, cogestore del rifugio. «In questi primi fine settimana di apertura va addirittura meglio che nel 2019», ammette. «È durante le settimane che i passaggi arrivano col contagocce».Perché "passaggi"? Il Mulaz è una delle tappe dell'Alta Via alpinistica n. 2, da Bressanone a Feltre, un itinerario molto frequentato dagli appassionati tedeschi del trekking alle alte quote, che quest'anno non si sono palesati, restano invisibili.Gli italiani, sabato e ieri, non hanno mancato di farsi sentire, oltre che vedere. Il chiasso tipico dell'assalto, dopo tre mesi di lockdown. «Di assalto, da queste parti, non è il caso ancora di parlare», mette le mani avanti Mansueto Siorpaes, che da 47 anni gestisce il Nuvolau, in faccia alle Tofane. Mancano completamente gli escursionisti stranieri che tra giugno e luglio facevano la parte del leone nelle presenze in quota. «Un'assenza che ci preoccupa, perché a 15 giorni dall'apertura dei confini dell'area tedesca, non ci sono riscontri. Invece», riconosce, «abbiamo tanti italiani».Soddisfatto, dunque? «Non proprio, perché i comportamenti precauzionali lasciano a desiderare. Io, per esempio», racconta Mansueto, «sto all'ingresso, come una sentinella, per chiedere che entrino con la mascherina e igienizzandosi le mani. Non tutti si portano appresso i dispositivi. E c'è anche chi, pur con la mascherina, si siede al tavolo, toglie la canottiera intrisa di sudore, e la stenda sul tavolo da pranzo, accanto al minestrone. Se gli fai osservazione, protesta».Il Vandelli, sul lago Sorapis, ha registrato anche ieri un notevole afflusso di escursionisti. «Siamo ai livelli dell'anno scorso, specie nei fine settimana» ammette Sabrina Pais, anima della gestione del rifugio. «Si fa pesante la mancanza di stranieri, che, purtroppo, continuano a disdettare. Non ci chiedono indietro la caparra, ma noi la compensiamo con voucher che valgono due anni». I pernotti, dunque, non ci sono. Per i pranzi ci si turna, fino alle 15, a volte anche fino alle 16. Le misure di sicurezza vengono rispettate con severità. Non si entra al bar o in sala mensa se il posto non è ancora disponibile. Proteste per le code? Fino ad oggi nessuna», spiega Sabrina, «perché l'informazione esterna per quanto riguarda i comportamenti è abbondante e chiara, anzi chiarissima». –
Corriere delle Alpi | 30 Giugno 2020
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Montagna, «escursionisti impreparati»
Francesco Dal Mas BELLUNO Nel mese di giugno sono accaduti incidenti in montagna più numerosi di quelli che succedono in agosto. Il Corpo del Soccorso Alpino, Cnsas, dopo tre mesi di lockdown, aveva messo in conto l'assalto in quota anche di persone che la montagna l'avevano visto solo con il binocolo, «ma non ci aspettavamo», ammette Rodolfo Selenati, presidente regionale, «tanta improvvisazione da parte di chi si fionda lungo sentieri che nemmeno conosce». Il campionario di domenica è, in questo senso, molto esemplare. Già alle 9. 30 l'elicottero del Suem di Pieve di Cadore volava a Borca di Cadore in località La Chiusa, dove una ciclista, arrivata a un ponte di legno lungo la ciclabile reso scivoloso dalla pioggia, perdeva il controllo della mountain bike e cadeva sbattendo la testa. «Gli incidenti in bici sono sempre più numerosi, perché spesso mancava una preparazione specifica. Abbiamo notato, ad esempio, che le cadute più frequenti avvengono con la bici a pedalata assistita. Si trova comodo salire, anche lungo sentieri impervi, piste forestali magari fangose o disseminate di sassi. Quando si scende, si sbaglia a frenare e si vola». Il turista o l'escursionista improvvisato non solo manca spesso di preparazione fisica, ma anche non è attrezzato. Oppure non sa usare i "ferri del mestiere". È accaduto, quindi, che i ramponi abbiano arpionato la gamba o il piede. E, troppo spesso, quando ci si avverte in pericolo si chiamano i soccorsi ma... senza esito. I volontari sono stati chiamati domenica in Valle del Mis, a Sospirolo, per un malore sul sentiero dei Cadini del Brenton. Una volta sul posto, però, i soccorritori non hanno trovato la persona, che si era ripresa e allontanata senza aspettare. Quest'anno succede sempre più spesso; talvolta le squadre arrivano sul posto e si sentono dire che l'infortunato "si arrangia" perché non vuol essere ricoverato in questo o in quell'ospedale. «Vuol dire che non sta così male, ben per lui, ma perché allora chiamare il soccorso? Il fatto è», aggiunge Selenati, «che troppo spesso si viaggia da soli e, quando capita il minimo infortunio, magari banale, si telefona immediatamente a un numero dell'emergenza. Salire in gruppo significa anche assicurarsi reciprocamente supporti più calcolati». Sempre più numerosi anche i soccorsi di animali, di cani in particolare. Domenica pomeriggio i proprietari di un Terranova hanno chiesto aiuto perché, arrivati quasi in cima a Forcella Giau, il cane, una femmina di 60 chili, si era accasciata, probabilmente per la stanchezza, e non si muoveva più. È intervenuto l'elicottero dell'Air Service Center atterrato nelle vicinanze. Interventi di questo tipo sono ovviamente a carico di chi chiama, che si troverà a pagare un conto salatissimo. L'elicottero del Suem ovviamente non fa questo servizio, almeno che non soccorra il proprietario che ha al seguito l'animale. «Ognuno è libero di portare in montagna chi vuole, ma a parte l'episodio di domenica», sottolinea Selenati, «spesso interveniamo per recuperare cani che in passeggiata vengono lasciati liberi. E in quanto tali si muovono alla caccia di eventuali animali di cui avvertono la presenza nel bosco. Capita che non ritrovino la strada del ritorno. Ecco, bisogna trovare il modo di imporre l'uso del guinzaglio». Nel 2019 il Cnsas è intervenuto in 908 operazioni di salvataggio, in diminuzione del 4, 3%. «L'impressione», conclude Selenati, «è che quest'estate i numeri torneranno a salire, smentendo ogni illusione che i nostri villeggianti si fossero meglio preparati alle escursioni. Si pensi che negli zaini di chi soccorriamo non troviamo spesso neppure un cambio della biancheria o la giacca a vento». --© RIPRODUZIONE RISERVATA