Unfolding Evolutions

U N F O L D I N G E V O LU T I O N s marcela diaz \ wessel huisman \ paul lorenz \ marsha steinberg

LINEA

IL CATALOGO \ THE CATALOGUE

IDEAZIONE \ CONCEPT

CURATORE \ CURATOR

Arte Studio S.r.l.

Rolando Bellini

PRESIDENTE \ PRESIDENT

PROGETTO GRAFICO \ GRAPHIC CONCEPT

Pasquale Celona

Jacopo Celona

VICE PRESIDENTE \ VICE PRESIDENT

TRADUZIONI \ TRANSLATIONS

Piero Celona

Arte Studio S.r.l.

DIRETTORE ARTISTICO \ ARTISTIC DIRECTOR

STAMPA \ PRINT

Rolando Bellini

Art and Pixel, Firenze

DIRETTORE \ DIRECTOR

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Jacopo Celona

o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione

CURATORE \ CURATOR AND EXHIBITION PROJECT

scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore.

Lilia Lamas

La presente edizione può contenere eventuali refusi o errori per i quali Arte Studio declina ogni responsabilità.

COORDINATORE EVENTO \ EXHIBITION MANAGER Angelina Herrera

© Arte Studio S.r.l. © LINEA Spazio Arte Contemporanea Tutti i diritti riservati Finito di stampare nel mese di settembre 2012 a cura di Arte Studio S.r.l., Firenze.

Printed in Italy www.spaziolinea.org

U N F O L D I N G E V O LU T I O N s 8 S E T T E M B R E \ 7 OT TO B R E 2 0 1 2

SPAZIO ARTE CONTEMPORANEA

Sintonizzarsi con il mondo dell’arte contemporanea Jacopo Celona

Ogni epoca storica ha avuto il proprio iter culturale ed è nel destino di ogni artista essere lo specchio del suo tempo.

Nella nostra contemporaneità, grazie all’ausilio delle nuove tecnologie che ci permettono di rimanere in contatto quasi costante con il mondo civilizzato, tutto viaggia a grande velocità. Gli stessi artisti hanno a disposizione più mezzi per esprimersi, possono rimanere continuamente aggiornati e dialogare tra loro in tempo reale. Questa rapidità evolutiva, collegata alla velocità con cui la società muta valori e credenze, concede agli artisti a noi contemporanei processi creativi sempre più estemporanei. L’opera d’arte assume le caratteristiche di un processo in divenire, di uno spazio infinito che coinvolge tutto e tutti in modo soggettivo.

Talvolta risulta difficile riuscire ad essere in sintonia costante con l’artista, che è strumento di tale processo, e con il mondo dell’arte contemporanea, che è lo spazio in cui opera.

Da cosa nasce quindi la volontà di creare un luogo che si pone a metà strada tra la galleria e il museo?

Questo spazio rappresenta una “linea” di congiunzione con l’attualità artistica internazionale, grazie all’utilizzo di uno strumento elementare quale l’offerta di un luogo in cui poter realizzare un confronto e un possibile incontro, dunque un rapporto diretto tra artista e fruitore, un luogo che permetta concretamente un 4

approfondimento in grado di consentire al visitatore di avere una percezione personale e più consapevole del mondo dell’arte contemporanea. Vogliamo dare, in altri termini, l’opportunità a chi lo desideri di un approccio lifelong learning, ponendo le basi che consentano al pubblico di avere un accesso diretto e continuativo all’arte, così da ampliare gusti e preferenze ma soprattutto una diversa e nuova sensibilità artistica. Per far questo, crediamo che si debba guardare oltre le dinamiche del mercato, concentrandoci nella ricerca di un’arte senza preconcetti o etichette che possa essere fruita da un pubblico sempre più vasto ed interessato.

Tale principio, naturalmente, è mutuato dall’esperienza diretta della Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea, che dal 1997 e per ben otto edizioni, è riuscita nell’intento di portare a Firenze oltre cinquemila artisti da più di novanta paesi, con lo scopo di creare un momento di scambio ed incontro culturale e sociale tra artisti e visitatori.

LINEA è la naturale prosecuzione di questo processo, uno spazio permanente e poliedrico in continua evoluzione.

Una chiave a stella per l’incontro degli occhi con 4 artisti rolando bellini

Sosteneva Carla Lonzi: “L’opera d’arte è stata da me sentita, a un certo punto, come una possibilità d’incontro, come un invito a partecipare rivolto dagli artisti direttamente a ognuno di noi”.1 Le parole di Lonzi mi pare corrispondano allo spirito della mostra che mi accingo a prefatare, nel rispetto dell’insegnamento del grande filosofo Bertrand Russell, nel modo più sintetico possibile; una mostra ch’è frutto di un lavoro di équipe richiamante altri fatti. 2 Al tempo stesso, la prima mostra proposta da questo nuovo spazio espositivo che, difatti, viene inaugurato con questo evento. Quanto esplicitato da tali parole finisce per corrispondere pure al luogo che si inaugura non soltanto come spazio o galleria d’arte contemporanea che va a unirsi alla costellazione delle esistenti e operative in Firenze, ma anche come luogo laboratoriale in senso ampio e in parte nuovo, quanto meno per la capitale della Toscana. È vero, quello di Carla Lonzi è un assunto affatto personale, e datato: legato com’è a un periodo storico ben preciso ma condivisibile a tal punto, ancor oggi, da poter essere adottato in questa circostanza come incipit del mio intervento o implicante tali argomentazioni collaterali

da essere assunto, addirittura, come ideale chiave a stella (Primo Levi, docet)³3 con cui entrare nel cuore del problema.

Il problema dell’incontro degli occhi,³4 autentico, conoscitivo, con il fare degli artisti e con le rispettive personalità loro.

Due o tre, cinque, sette artisti (un ricorso alla numerologia di Fibonacci?) 5 oppure la singola esposizione dell’uno o dell’altro artista, il problema che si pone resta invariato e manifesta un duplice registro: un’educazione al vedere di matrice goetheana e, contestualmente, la messa a punto di quest’incontro che costituisce in sé un delicato problema epistemologico.

Molto altro ancora, solitamente trascurato nella gran parte dei casi in cui si attuano esposizioni transeunti improntate alla contemporaneità.

L’invito da parte degli stessi artisti a confrontarci con le loro opere è, in primo luogo, un invito a misurare noi stessi, a fare un po’ di autocritica. Esso è anche, implicitamente, un invito ad evitare le secche della ovvietà, i falsificazionismi ricorrenti che minano, oggi più che mai, l’universo artistico contemporaneo (e non) dando spazio, piuttosto, all’inautentico ma che gravano maggiormente sulla critica d’arte militante, manifestando in crescendo i

1. C. Lonzi, Autoritratto, et al. Edizioni, Milano 2010, p. 3.

2. La Biennale Internazionale d’Arte di Firenze, frattanto giunta alla sua IX edizione, 2013.

3. Richiamo esplicito al noto scritto di P. Levi.

4. Credo sia superfluo segnalare l’allusione al dire, sempre persuasivo e anzi icasticamente illuminante, di Leonardo da Vinci!

5. Inaspettato richiamo, possibile?, a Mario Merz e alla cosiddetta “Arte Povera”?

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crampi di un ambito – la cosiddetta “letteratura artistica” (Julius von Schlosser)6 di settore – ormai sfinito o forse già definitivamente compromesso o collassato (un discreto correttivo al Giulio C. Argan che profetizzava come imminente se non già come avvenuta una mai verificatasi “morte dell’arte”: a esser venuta meno è semmai la sua storiografia contemporanea). E di contro, con tutta la prudenza del caso, un invito che può declinarsi in opportunità… L’opportunità per un reinizio e per abbozzare un desueto banco di prova: allestimenti parlanti, una critica in atto. Un drastico discrimine tra vero/falso focalizzato sul singolo fare, questa e quella poetica in grado di gettare fuoribordo zavorra ottusa come il mercato dell’arte che ha generato una metamorfosi paradossale: la trasfigurazione dell’opera d’arte quale essa fosse, in prodotto. E ancora, la dissipazione della forma e, in luogo d’essa, una vacuità insostenibile.

Un messaggio cifrato, rischio di abbandonarmi al gusto di una scrittura criptica, per addetti ai lavori, altro malessere contemporaneo. A cui occorre porre rimedio riprendendo le fila di un discorso mai pronunciato fino in fondo e che tuttavia non è stato definitivamente abbandonato e resta come sospeso nell’aria, assieme alle famigerate polveri sottili.

Soppiantare le immagini con le più pertinenti forme, il cui significato e il cui valore – artistico, naturalmente – può essere decrittato unicamente dopo aver fatto l’esperienza diretta, personale, di que6. J. Von Schlosser Magnino, La letteratura artistica, La Nuova Italia, Firenze, 1996

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sto incontro. Nel caso, un accadimento articolato in quattro incontri convergenti su una coralità grunge, o quasi. Vale la pena informare, senza troppe cerimonie, i lettori che ognuno dei quattro artisti invitati potrebbe rappresentare assai bene non dico la complessità contemporanea ma perlomeno i quattro angoli cardinali di un vichiano universo mondo, i punti cardinali di uno spaziotempo indicibile: vediamo in estrema sintesi di dire come e perché, cercando di tratteggiare un qualche viatico all’incontro a cui si è invitati dagli artisti stessi.

Incontro favorito – confesso – dal dialogo serrato che ho sostenuto con Lilia Lamas, che mi ha portato infine a redigere assieme a lei, a quattro mani, al seguito del repertorio iconografico – il testo princeps del catalogo (le immagini difatti restituiscono in modo diretto le identità plastiche e/o pittoriche e grafiche delle opere, senza residui, viceversa sempre presenti nel testo scritto che ne azzarda una descrizione wittgesteineana) – i profili sommari che seguono questa breve nota introduttiva, questa prefazione. Si tratta di sintetici profili similari a medaglioni rinascimentali, idealmente equidistanti e correlati a queste mie note e al saggio di Lilia e, al tempo stesso, un sommesso omaggio a Firenze; medaglioni, posso aggiungere, che seguono l’ordine di apparizione in catalogo deciso da Jacopo Celona, in sé un atto critico diretto, – a voler sottolineare le molteplicità di intervento e orientamento critico disponibili in

un’esposizione, dall’allestimento al catalogo ecc. – un percorso espositivo narrante e che riesce, vedremo nell’epilogo, a dare conto del comun denominatore che, a suo modo, unisce, nella diversità, le rispettive e tanto univoche personalità.

I quattro artisti.

Nell’ordine designato (da Jacopo, giova ribadire) nel catalogo, l’ordine di apparizione recitano i libretti d’opera, rispettato anche nella redazione dei nostri profili o medaglioni: Marcela Diaz, Wessel Huisman, Paul Lorenz, Marsha Steinberg. 7 A cui si rinvia per un primo approfondimento e una integrazione, il nostro lettore. I quattro artisti: Marcela Diaz, artista messicana, o della scultura-tela mitopoietica in fibra di cocco, Wessel Huisman, pittore olandese, o del ritorno alla memoria raccolta entro nitide figurazioni rispondenti a meditate composizioni acriliche, Paul Lorenz, pittore americano, e il superamento del segno nel segno pittorico?

Marsha Steinberg, ebrea-americana che ha radici in Firenze, o dell’invito a partecipare all’incontro con la pittura attraverso la pittura stessa… Dobbiamo tirare le fila del nostro ragionamento. Lo si farà parlando precipuamente e anzi unicamente di Steinberg – per le ragioni che si vedranno immediatamente – la quale viene dunque ad assumere un ruolo dantesco di guida ideale in questo nostro viatico o portolano verso l’incontro con l’arte. L’arte di ognuno di loro. Ruolo che ella, attraverso la propria personificazione o proiezione pittorica svolge con iro-

nico sdegno, voltandoci le spalle in un certo senso e invitandoci, letteralmente, all’osservazione della pittura nella pittura.

I “Cattivi maestri” – magistrale intitolazione, una spia indiziaria ineludibile – per M. Steinberg incarnano una rottura senza appello verso la tradizione, e dunque possono ben rappresentare il susseguirsi di strappi o rivolgimenti epocali caratterizzanti le arti tutte a muovere dal primo ‘900; impersonano anche uno stacco nei confronti d’ogni inferenza culturale a tutto vantaggio della riscoperta delle risorse sorgive, della propria animalità selvaggia della propria sensitività primigenia e dunque assolutamente indipendente rispetto all’altra metà di ogni individuo, quella sociale, subordinata all’educazione collettiva che è anch’essa fra le molle profonde dell’agire artistico ma in subordine rispetto a quanto è sorgivo in ogni artista e corrobora l’estrinsecazione dell’emozione, della psiche. Che ora può esprimersi liberamente attraverso, nel caso di Marsha, la pittura, per gli altri la scultura e altro ancora. Dando vita così a un gesto pittorico (per tornare alla nostra Steinberg) catartico e innovatore! Nel mentre l’autrice parrebbe avventurarsi, quadro dopo quadro, sulle orme del leggendario Frenhofer di balzachiana memoria, 8 la più bella leggenda dell’arte moderna. Per spingersi oltre i termini dello stesso “ritorno alla pittura” che è per lei, californiana d’hoc e fiorentina d’elezione, un reincontro con i suoi maestri e un passeggiare assorto den-

7. Vedi in questo stesso catalogo, R. Bellini e Lilia Lamas, Profili, come medaglioni rinascimentali dei quattro artisti, passim 8. Cfr. D. Ashton, La leggenda dell’arte moderna, Feltrinelli, Milano, 1982

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9 tro i quadri, direbbe Umberto Eco.aSi è detto così, giungendo fulmineamente a una conclusione, che cosa unisce – e al tempo stesso, che cosa divide – questi quattro artisti. L’invito suggerito esplicitamente (ma non senza accentazione esistenzialista e politico-sociale, non senza auto contemplazione indotta, non senza intoppi o limiti che erano tipici di certi anni, anni difficili, irti di spine), da Carla Lonzi va soggiacendo dunque, in quest’esposizione corale, a una differente istanza. Un’istanza caratterizzata da una rinnovata limpidità: esso può declinarsi in un nuovo incontro con le forme che dettano di ognuno dei quattro artisti, da Marcela Diaz a Wessel Huisman, da Paul Lorenz a Marsha Steinberg, il rispettivo linguaggio, consentendone la narrazione per immagini cui si è fatto cenno nei profili summentovati che – opportuna avvertenza – debbono esser letti a chiasmo (nell’ordine preferito o desiderato: prima, dopo, durante), unicamente, devo aggiungere, al testo di presentazione della galleria LINEA, a firma di Jacopo Celona, con il presente testo e con l’altro contributo in catalogo di Lilia Lamas e ancora con le brevissime biografie, null’altro che un autoritratto simbolico di ognuno. Qualsivoglia inferenza culturale, politica, sociologica o antropologica o altro ancora, è del tutto marginale e irrilevante. Conta unicamente l’arte nelle sue movenze plastiche, nelle sue ragioni formali che esprimono pienamente il suo linguaggio. Del resto, quello che autenti-

camente li unisce è il riscontro di un puro fatto artistico. Sono tutti e quattro, questi artisti, anche se secondo declinazioni fortemente personalizzate cui le differentissime radici e le rispettive appartenenze linguistiche, le diversificate esperienze o biografie intellettuali danno un apporto ulteriore, e sono senza incertezze o infingimenti, creatori di forme. Parlano, grazie a un’indiscussa autenticità, un impegno etico e estetico radicale seppur stemperato secondo differenti accenti; parlano attraverso queste forme dando fiato al proprio lessico tutto intento a dar vita e cioè forma a specifiche poetiche. Posso e debbo concludere, allora, recitando assieme a Ragghianti un assunto a cui credo e che può darsi come suggello delle nostre riflessioni: “Chi è in grado di capire le opere d’arte come esseri viventi, quali sono, è un signore della terra”.10

9. U. Eco, L’opera aperta, forma e indeterminazione nelle poetiche contemporanee, Bompiani, Milano, 1962; id., Passeggiate nei boschi Narrativi, Fusconi, Milano , 1994 10.

C. L. Ragghianti, Arte essere vivente, Pananti, Firenze 1984, p. 67.

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Profili, come medaglioni rinascimentali dei quattro artisti rolando bellini & lilia lamas

Marcela Diaz o della scultura-tela mitopoietica (rievocante la salvifica tessitura e contro tessitura di Penelope?) in fibra di cocco, una pratica “indigena” con cui quest’artista messicana che si può pur sempre definire scultrice realizza opere tridimensionali di scala sopraumana, opere ambientali che disconoscono il Modulor lecorbusiano e travalicano l’installazione, opere a loro modo tribali o per usare una parola difficile, “primitiviste”.11 Opere che si propongono come fossero forme da abitare-indossare similmente a un poncho o un ampio abito-casa e opere che, invece, si offrono come forme impossibili ma pur sempre vincolate all’anatomia umana (in competizione con Botticelli?) che possono richiamare più precisamente eroici trascorsi artistici – in un caso almeno richiamano un famosissimo dipinto devozionale di Piero della Francesca, la cosiddetta Madonna della misericordia, a voler dire che la storia dell’arte è comunque attiva, sottotraccia – ma, all’unisono, quello che esaltano soprattutto è, crediamo, quanto scandisce il tempo della tessitura. Un tempo remoto che ci riconduce alle origini della civiltà e, simultaneamente, un tempo attuale che si espone in tutta la sua fragilità inquieta, in tutta la sua inafferrabilità (Fluxus?). Lo sco-

po forse è di ricondurre l’uomo contemporaneo frattanto smarritosi al piacere delle cose primarie, naturali, disarmantemente semplici con cui tessere-costruire un tempo-vita ob ovo, tramite una processualità che rassomigli a una litania e favorisca il rituale della preghiera, che sola può favorire un reincontro con il mito. In cui acquista nuovo significato e altro sapore l’attuazione di una forma primeva, denudata d’ogni implicazione culturale. Meglio ancora: finalmente spogliata d’ogni implicazione esterna per affermarsi in sé, nella propria identità selvaggia e pura.12 Wessel Huisman, pittore olandese, o del ritorno alla memoria raccolta entro nitide figurazioni rispondenti a meditate composizioni, a sogni o visioni cristallizzate con l’addensarsi del medium pittorico adottato, il moderno acrilico. Declinato in bianco e nero (evocazione ironico-paradossale di certo espressionismo tedesco come del primo Andy Warhol deprivato tuttavia d’ogni drammaticità? O traslazione di certe rappresentazioni filmografiche contemporanee – a voler ribadire, alla Ragghianti, che il cinema è “arte figurativa”,13 o no?).

Accidentalità prive, totalmente prive di quei caratteri di riconoscibilità che le rendono descrivibili eppure raffigurate det-

11. L’implicazione antropologica si pone, qui, in termini oppositivi rispetto alle trascorse ricerche di improbabili relazioni deterministiche tra primitivismo e arte del XX secolo, giustamente stigmatizzate da chi ebbe a condannare l’univocità autoreferenziale di W. Rubin, Primitivism in the 20th Century Art, MoMa, New York, 1984 12. Paragonabile dunque all’ultimo Le Corbusier, stando a Carlo L. Ragghianti. Cfr. L’opera di Le Corbusier, catalogo mostra palazzo Strozzi Firenze, 1963 13. Cfr. C. L. Ragghianti, Cinema arte figurativa, Einaudi, Torino 1952; id., Arti della visione I, Einaudi, Torino 1975.

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tagliatamente, con paradossale precisione e parimenti con inaudita sommarietà, consentono di cogliere, all’interno d’ogni inquadratura (il richiamo ai tanto vituperati scatti fotografici del tempo degl’impresionisti cosiddetti è, mi pare, palese), il sentore appercettivo del limite violato, dell’illogico che prende forma e si lascia identificare declinando in un’apparente ovvietà ma assolutamente indicibile. Vuota, ferma, onirica. Anche quando le ambientazioni riconducendo a luoghi vissuti, luoghi della memoria, come le inarrestabili metropoli contemporanee lasciano intendere, nel bianco, e nel nero, sempre sottotraccia, la presenza di un flusso vitale inarrestabile.

Anche in questo caso, è l’assurdo, il vuoto.

Galleggiante in un tempo sospeso. 14 Uno dei luoghi della memoria dell’artista è senz’altro il cuore di New York, Manhattan, richiamata in un raffinato scenario non privo d’elegiaca nostalgia, di sommessa poesia in bianco e nero. A voler esser didascalici, facilmente identificabile grazie alla presenza inconfondibile del Christal Palace che in questo caso particolare acquista una leggerezza che, personalmente, ci ricorda le città invisibili di Italo Calvino.15 Paul Lorenz, pittore americano, e il superamento del segno nel segno pittorico?

Parrebbero i suoi dipinti una tela di ragno dissennato ch’ha perduto la propria geometria per dedicarsi a una cosmogonia alla Ilya Prigogine. Una cosmogonia, dunque, in cui il tempo e lo spazio sono

rovesciati, polverizzati, e in cui la materia e l’antimateria si fronteggiano, appese pariteticamente al filo di un unico segno.

Ritrovi in questo segno il tempo dell’infanzia e dello “schiribillo”,16quando non c’era ancora posto per l’avvento di un segno narcisistico, erotico, che vuol disegnare o designare, ritrarre o riconoscere e dunque denominare il mondo per possederlo. Possederlo, naturalmente, attraverso medium simbolici, carichi di storia: la grafite, la caseina, l’inchiostro. Cosicché quel segno si fa prezioso come un’antica grafia tracciata su pergamena entro il chiostro di uno scriptorio altomedievale. E sembra assumere nel suo accadimento intenso e brulicante, caparbio e ripetitivo, ostinato e imprevedibile, un’unica identità di segno. Entro il cui groviglio autocontemplativo – l’affermazione del proprio essere –anche lo spazio e il tempo si confondono, si mescolano, si disgregano o si riannodano sovrapponendosi incessantemente. Sennonché, in questo agglomerato, questa fantasmatica matassa di segni filamentosi, accade una inaspettata rivelazione. Tornando a osservare ogni singola opera con maggiore attenzione e occhio sgombro d’ogni pernicioso apriorismo, si può scoprire entro le densità o le rarefazioni, le accelerazioni e di contro le pause semiografiche, per dirla alla Roland Barthes,17 che vi è una vibrazione: queste figurazioni oniriche e spaesanti mostrano di essere anche espressione di accenti sentimentali, dolcemente nostal-

14. Cfr. M. Heidegger, Tempo ed essere, Guida, Napoli, 1998 15. Cfr. I. Calvino, Le Citta invisibili, Mondadori, Milano 1996 16. Nell’accezione affrontata in C. L. Ragghianti, Arte essere vivente, Pananti, Firenze 1984.

17. Cfr. R. Barthes, Il grado zero della scrittura, Einaudi, Torino, 2003

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gici, un inno sommesso alla vita.

Marsha Steinberg o dell’invito a partecipare all’incontro con la pittura attraverso la pittura stessa. Se Carla Lonzi avesse visto di quest’artista ebrea-americana e italiana-fiorentina (Artaud e il suo “doppio”?) i quadri del ciclo che si espone ne avrebbe fatto, probabilmente, la figura emblematica del suo dire. Una pittura che si rispecchia nella pittura dei propri eroi, opera di figure mitopoietiche che l’hanno orientata all’avvio della propria ricerca artistica.

Meglio ancora: una pittura che mette in scena l’incontro agognato dai pittori suoi maestri ideali con il loro stesso dipingere. E che viene manifestandosi in una materia classica, la pittura a olio. Perlomeno dopo una certa data, sinonimo stesso di “pittura” moderna. Ma che può egualmente declinarsi in una pittura anti-classica, rappresentata in questo caso da tutte le altre tecniche succedanee. Per tornare infine alle origini, alla purezza dei pigmenti e al rigore dei pennelli che nella pittura contemporanea, nel fervore del sorgivo post-moderno, finiscono per assume un significato e un ruolo emblematici. Mitici addirittura, dopo 18 la apocalittica caduta della modernità.³³ Quest’incontro con la pittura attraverso la pittura finisce per assumere una rinnovata epicità (ma sospesa, heideggerianamente) e il timbro narrativo, per immagini, di un neoplatonico Zarathustra.19 ³Paradossalmente quanto magicamente. E così la stessa personificazione simbolica di Marsha

che va esplorando i dipinti assorbendone estasiata ogni essenza, ogni vernice, i solventi e i leganti, con la stessa voluttà con cui assorbe le forme che si impossessano dei quadri, svelando le rispettive anime delle opere magistrali di de Kooning o di Rothko, finisce per invitare alla scoperta della vita che, ieri come oggi, è nella pittura.

18. Allusione al saggio di U. Eco, Apocalittici e integrati, 1964; vedi anche A. Bonito Oliva, Transavanguardia, 1979 19. Il richiamo, naturalmente, è al ben noto “mito della caverna” di Platone; vedi anche F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, a cura di G. Colli e M. Montinari, Milano, Adelphi, 1993

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unfolding evolutions Lilia Lamas

Una città di incommensurabile ricchezza artistica e storica come Firenze, che mantiene vivi i legami tra il passato e il presente, crea una relazione unica in ogni persona. Nella correlazione complessa di una città dove l’arte è una componente forte, dove si colloca l’arte contemporanea? Questa domanda ha molte risposte a seconda della persona a cui viene rivolta. La miriade di ramificazioni della vita, della società, della cultura, e dell’arte in una città rinascimentale sono infinite, e talvolta contrastanti. Unfolding Evolutions presenta quattro artisti internazionali che, mediante tecniche differenti offrono un’interpretazione personale di questa connessione tra passato e presente attraverso lo spazio, la storia, la cultura, i materiali, l’architettura o sé stessi.

La scultrice messicana Marcela Diaz dà forma alle emozioni attraverso tecniche di tessitura a mano usando fibre indigene come henequen, cocco e cotone.

Marcela crea oggetti e figure eteree di piccole e grandi dimensioni che creano un legame tra l’osservatore, la storia culturale e la ruvidità di un materiale usato in maniera poliedrica dai Maya, ma purtroppo caduto in disuso dopo la prima guerra mondiale lasciando molti senza lavoro. Marcela riutilizza questo materiale creando strutture delicate, a volte malinconiche, stabili o sospese. Il materiale alcune volte si tinge di colori vibranti e 12

terrosi, richiamando in molti casi la figura della donna. Il suo lavoro acquisisce una forza immensa, fisica ed emotiva, attraverso il materiale e l'eleganza delle figure che trasformano lo spazio con la loro presenza.

Wessel Huisman, pittore olandese con una formazione in arte, storia economica e sociale, evoca visivamente l'ombra di un ricordo passato che accompagna la sua esperienza e quella dello spettatore attraverso innumerevoli strati di sfumature di bianco e nero, creando ricche superfici. Inizia il suo processo, come dice lui "la mente viaggia nel tempo", utilizzando una fotografia che si evolve e si sviluppa in un’astrazione che ricorda lo spazio, la forma e la luce di un paesaggio o di una figura, creando un'atmosfera misteriosa e tranquilla. La luce nel lavoro di Wessel gioca un ruolo importante che influenza la realtà vissuta e il modo in cui il passato viene ricordato.

Paul Lorenz è un pittore americano e professore che unisce le discipline dell'architettura e della pittura astratta. I suoi dipinti parlano dello spazio, del colore e del movimento creando composizioni liriche, ma con minuziosa precisione evidenziata nei titoli dei quadri con il numero dei segni e il conteggio delle linee. Lui utilizza il tempo come ispirazione, come se fosse un diario. Tale processo contra-

stante viene apprezzato maggiormente grazie alla rappresentazione, attraverso una griglia perfetta di piccole e ricche astrazioni di linee e colore, di una spaziotemporalità mobile e multiforme che dà un senso di poesia e struttura ad un tempo, declinabile in una speciale razionalità metafisica.

Marsha Steinberg è una pittrice americana che vive e lavora a Firenze da più di trent’anni. Si tratta nel suo lavoro “Cattivi Maestri” di un’appropriazione dei dipinti dei suoi eroi dell’espressionismo astratto, ma naturalmente di un'appropriazione mitopoietica e simbolica in cui si manifesta l’interazione tra lei stessa e il loro

lavoro. Un'audacia che chiede allo spettatore di condividere la stessa esperienza mentre guarda questi grandi quadri ad olio. La donna sembra fare una domanda mentre guarda ciò che è caos che è espresso dagli Abstract Expressionists, che in tal modo vanno creando ciò che lei chiama uno “specchio infinito”. La figura femminile raffigurata nei quadri è, forse, la personificazione della stessa autrice, di Marsha, che in tal modo parrebbe suggerire un incontro diretto, vivificante, con la storia dell'arte nel momento in cui ella va esprimendo, sulla tela, la propria personale poetica. Questa donna, così, può essere sia un simbolo sia un'autorappresentazione, come anche lo spettatore.

Interno di LINEA Spazio Arte Contemporanea

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m a rc e l a di a z

Entes fibra di cocco e colore coconut fiber and color 2011

Nuestras Ni単as fibra di cocco e colore coconut fiber and color 2012

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Dialisis fibra di cocco e colore coconut fiber and color 2012

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WESSEL HUISMAN

The early light II acrilico su tela \ acrylic on canvas 150 x 150 cm 2012

Every happy endings needs to have a start acrilico su tela \ acrylic on canvas 140 x 180 cm 2010

To the heart of it all - Fall 1967 acrilico su tela \ acrylic on canvas 180 x 140 cm 2011

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PA U L L O R E N Z

May 28, 450 Lines grafite, caseina e inchiostro su pannello graphite, casein and ink on panel 30 x 30 cm 2009 - 2012

May 30 grafite, caseina e inchiostro su pannello graphite, casein and ink on panel 30 x 30 cm 2009 - 2012

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June 14 grafite, caseina e inchiostro su pannello graphite, casein and ink on panel 30 x 30 cm 2009 - 2012

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M A R S H A ST E I N B E RG

Cattivi Maestri de Kooning e Donna n. 13 olio su tela \ oil on canvas 149 x 127 cm 2011

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Cattivi Maestri Rothko e Donna n. 3

Cattivi Maestri de Kooning e Donna n. 11

olio su tela \ oil on canvas 165 x 143,5 cm 2011

olio su tela \ oil on canvas 130 x 170 cm 2011

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BIO G RA F I E

MARCELA DIAZ dal 2001 al 2004 studia scultura e design con l’insegnante Gerda Gruber presso la Gruber Jez Fundation a Cholul, Yucatan, Messico. Nel 2005 si dedica alla ceramica frequentando un workshop con l’insegnante Gerda Gruber presso la Gruber Jez Fundation a Cholul, Yucatan, Messico. Nel 2008 partecipa alla Biennale dell’Habana a Cuba e nel 2007 alla New Interactiv Art Biennale presso la Gallery of the Peon Contreras Theater di Mérida, Messico. Del 2008 la sua ultima personale al Museo Latino di Omaha, Nebraska, USA.

Irving Petlin) e presso l’Università di Berkeley in California. Dopo aver vinto il quinto premio per la pittura alla Biennale di Firenze del 2001, Paul sviluppa corsi di pittura astratta presso MFA program dell’Academy of Art University di San Francisco, dove attualmente insegna presso il cyber-campus. Lorenz è membro del Pintura Fresca, un gruppo di pittori astratti che espongono a livello internazionale. Nel 2009 Lorenz ha fatto la sua prima personale in Europa presso la Galerie Daniel Vignal di Toulouse, Francia.

WESSEL HUISMAN durante i suoi studi presso l’Accademia di Belle Arti e Design di Arnhem nel 1979, studia storia presso l’Università Radboud di Nijmegen. Nel 1981 si laurea con lode in storia sociale ed economica. Inoltre, si è specializzato in filosofia, filologia e sociologia empirica. Anche se non ha mai lavorato come ricercatore la sua opera artistica rivela un interesse intrigante e unico nei confronti della storia. Pensare in termini di episodi di tempo e di sviluppo storico - una sorta di “viaggio della mente nel tempo” - ha decisamente determinato il suo orientamento, non solo per lo studio del passato ma anche del presente. La sua attività artistica lo ha portato a realizzare che il suo interesse scientifico e il fascino per le primavere del passato provengono dalla medesima fonte.

MARSHA STEINBERG nasce a Los Angeles ma da anni vive e lavora a Firenze. Si è diplomata presso l’Accademia d’Arte di Firenze ed ha preso un Master in Arte ed Incisione presso la California State University a Northridge. Nel 1986 inizia ad insegnare a Firenze in diverse scuole e attualmente insegna Disegno della Figura presso il Dipartimento d’Arte della California State University International Program sempre a Firenze. Ha partecipato a numerose mostre sia collettive che personali ricevendo diversi riconoscimenti come il Premio Internazionale Biella per l’Incisione, Special Finalista nel 1996. Le sue opere sono presenti in molte collezioni sia pubbliche che private, tra queste il Museo d’Arte Contemporanea di Florina in Grecia, il Museo alla Pace dedicata a Galileo Galilei a Vico nel Lazio, la Baronessa Charlotte Ricasoli, Time Warner di New York, Atria Senior Living Group, Manhattan, New York, Price Waterhouse, New York, Delta Airlines, VIP First Class, Kennedy Airport, New York.

PAUL LORENZ nasce a Chicago e vive e lavora a Chicago, Berkeley, California e ora a Paducah in Kentucky. Dopo la laurea in Architettura presso l’Illinois Istitute of Technology di Chicago, studia pittura ad olio alla Scuola d’Arte di Chicago, all’International School of Art in Italia (con Nicolas Carone e

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BIO GRA P H I ES

MARCELA DIAZ from 2001 to 2004 she studied sculpture and design with Gerda Gruber in the Gruber Jez Fundation to Cholul, Yucatan, Mexico. In 2005 she devoted herself in ceramics by attending workshops with her teacher Gerda Gruber at the Gruber Jez Foundation in Cholul, Yucatan, Mexico. In 2008 she participated in the Biennial of Havana in Cuba and in 2007 the New Interactiv Art Biennale at the gallery within the Peon Contreras Theater in Mérida, Mexico.

In 2008 her most recent solo exhibition was a the Latino Museum of Omaha, Nebraska, USA. In 2012, she participated in the A-Part Festival in France.

at the School of the Art Institute of Chicago, the International School of Art in Italy (under Nicolas Carone and Irving Petlin) and the University of California, Berkeley. After winning a fifth place medal for painting at the Florence Biennale in 2001, Paul developed classes in abstraction for the MFA program for the Academy of Art University in San Francisco, where he currently teaches through their cyber-campus. Paul is a member of Pintura Fresca, an international group of abstract painters, exhibiting worldwide. Paul had his first solo exhibition in Europe at Galerie Daniel Vignal in Toulouse, France in 2009.

WESSEL HUISMAN Whilst going to the Academy of Fine Arts and Design in Arnhem in 1979, Wessel Huisman studied history at the Radboud University in Nijmegen. In 1981 he graduated with honours in social and economic history.

Furthermore he specialised in philosophy, philology and empiric sociology. Although he has never worked as a scientist his artistic oeuvre reveals an intriguing and unique interest in the past. Thinking in terms of time episodes and historical development - a kind of ‘mind travelling in time’- he has decisively determined his orientation not only on the past but also with the present. His artistic activities brought him to the realisation that his scientific interest and the fascination for his own past spring from the same source.

MARSHA STEINBERG born in Los Angeles, California. Lives and works in Florence, Italy.

Marsha Steinberg is a graduate of California State University at Northridge. She received her B.A. and M.A. in painting and etching.

She also received a painting degree from the Accademia di Belle Arti di Firenze. She was an under-graduate as well as a graduate student in the CSU-IP-Florence program, while also attending the Accademia di Belle Arti di Firenze. Steinberg has participated in various art exhibitions in Italy and in the U.S.A. winning numerous awards. Prof. Steinberg has also exhibited her art in Greece, France, The Netherlands, Canada and Australia. Her art is part of permanent museum collections in Greece and in Italy. Marsha was a finalist in the Premio Internazionale Biella per l’incisione, 1996; Virgilio d’Argento- Premio Lubam Accademia di Belle Arti di Firenze, 1978.

PAUL LORENZ was born in Chicago and has lived and worked in Chicago, Berkeley, California and now Paducah, Kentucky.

After graduating from the Illinois Institute of Technology in Chicago with a degree in architecture, he went on to study oil painting

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U N FO L D I N G E VO L U T I O N s SPAZIO ARTE CONTEMPORANEA

ISBN 978-88-98105-00-7