APPUNTI SUL RESTAURO DEL CASTELLO DI MASNAGO (VA)

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IL PORTALE DEL

RESTAURO

APPUNTI SUL RESTAURO DEL CASTELLO DI MASNAGO (VA). A CURA DEL DOTT. MAURO BRUSA

Appunti di Restauro| Brusa


Un monumento visitato dalla popolazione varesina ma poco conosciuto nella sua vicenda conservativa. Il 16 luglio 1981 venne firmato il contratto di acquisto del complesso CastiglioniMantegazza-Panza conosciuto dai cittadini di Varese come Castello di Masnago: in questo modo si concluse amichevolmente la procedura di esproprio che il Comune di Varese aveva iniziato per acquisire al patrimonio comunale questa proprietà. Il prezzo totale della compravendita fu di lire 680 milioni per un complesso immobiliare composto dal Castello, una dependance e dal parco. Il Castello ha 30 stanze e una superficie di 1150 mq: 250 sono costituiti da un cortile interno e dall’ambiente di passaggio che dal portone di ingresso della casa immette alle scale ed al cortile, 600 come spazio museale. In totale si dispone di 1200 mq situati su due livelli. Inoltre ci sono degli spazi che sono utilizzati come luoghi di servizio e locali di deposito. Il parco si estende su una superficie di poco meno di tre ettari:in esso vi sono molte piante di particolare pregio. Nel corso degli anni sono state abbattute quelle malate e ripiantate quelle pregiate. Tutto il complesso è vincolato ai sensi della legge 28 giugno 1939n. 1497 sulla protezione delle bellezze naturali disposto dal Ministero della Pubblica Istruzione con decreto del 15 giugno 1953. Erano necessari degli interventi di ristrutturazione per riportarlo in vita dopo anni di abbandono. Il 20 ottobre 1982 venne affidato all’architetto Franca Helg dello Studio Albini-Helg-Piva di Milano l’incarico per una possibile destinazione della struttura a museo,la progettazione di massima del rinnovamento e del restauro del Castello. Le condizioni del Castello erano pessime. La pioggia che penetrava dal tetto faceva temere danni agli affreschi, di conseguenza il primo lavoro realizzato fu quello di sistemare la copertura del tetto. Le opere vennero eseguite dal gennaio al giugno del 1983 per un importo di poco superiore ai 130 milioni di lire. Grazie alle risorse destinate all’edilizia pubblica residenziale venne sistemata la casa del custode i cui lavori si protrassero da settembre 1982 ad aprile 1983;la spesa fu di lire 73 milioni. Un periodo di stasi fece seguito ai primi interventi: in questo lasso di tempo lo studio di architettura proseguì le indagini e gli accertamenti per fornire una proposta progettuale definitiva. Nel 1985 per usufruire di un contribuito della regione Lombardia di 560 milioni di lire venne approvato dalla giunta municipale il progetto esecutivo della sistemazione e del restauro dell’immobile. Il piano di intervento generale previsto doveva attuarsi per lotti, il primo comportava una spesa di 850 milioni di lire a parte di un costo complessivo di1,8 miliardi. Il provvedimento contemplava il restauro del Castello con sistemazione ed adattamento a sede museale comprendente la pinacoteca, incentrata su opere del XVIII e XIX secolo, la biblioteca


specialistica per tale settore, un centro culturale articolato su spazi per esposizioni temporanee, incontri, dibattiti, un possibile centro di restauro. Nessun impianto di riscaldamento, solo un servizio igienico e una sola scala che si poteva definire tale: questi erano i servizi presenti nel Castello al momento dell’acquisto. I pavimenti erano irregolari, i pochi serramenti di legno esistenti erano irrecuperabili. I lavori del primo lotto comprendevano: la realizzazione di un cunicolo esterno al Castello per le tubazioni dell’impianto di riscaldamento e per una parte degli impianti elettrici, la sostituzione degli allora esistenti solai in legno con solai in laterocemento, la costruzione di una nuova scala in acciaio con pedate in beola, la creazione di sevizi igienici. Le fasi costruttive del Castello sono state classificate in tre periodi, in base al loro periodo di costruzione. La torre è la parte più antica e la sua costruzione risale al XII secolo,gli affreschi sono contenuti nella parte risalente al XV secolo. L’ultima fase è a pianta regolare e venne costruita fra il Seicento ed il Settecento e contiene decorazioni interne la cui realizzazione risale all’Ottocento. La ristrutturazione effettuata ha comportato la sistemazione della torre e della parte quattrocentesca del Castello con una superficie utile complessiva di circa 700 mq su due livelli. E’ stata così sistemata la parte più pregevole della costruzione, grande un po’ più della metà di tutto il complesso. I lavori vennero eseguiti dall’impresa del geometra Augusto Caravati di Varese che restaurò numerose cappelle del Sacro Monte di Varese. La direzione dei lavori venne affidata all’ingegner Antonio Vania, capo dell’ufficio tecnico comunale. La consulenza in corso d’opera ed il coordinamento delle prestazioni specialistiche erano sotto la responsabilità dell’architetto Franca Helg. Nel giugno del 1989 l’architetto Helgvenne a mancare ma fino all’ultimo momento - nonostante fosse afflitta da forti dolori -partecipò a tutte le riunioni per definire i particolari costruttivi e la scelta dei materiali. I lavori si svolsero regolarmente nella piena aderenza delle previsioni progettuali. La demolizione di alcune parti di muratura al piano terreno permise di riscoprire alcuni archi e volti che erano prima nascosti. Due ambienti dal punto di vista operativo hanno comportato una speciale attenzione e precisamente il rifacimento delle coperture di due locali al piano terreno:il primo avente una superficie di 85 mq, di forma trapezoidale, coperto da un solaio ligneo che si voleva a tutti i costi conservare; il secondo, sempre di forma trapezoidale e con una superficie di 36 mq era coperto da una volta a botte lunettata che aveva già manifestato segni di dissesto statico ma che si voleva conservare. L’apertura al pubblico della struttura come museo imponeva la realizzazione di un nuovo solaio mentre la qualità delle strutture esistenti ne imponevano la conservazione. Per questa ragione è stato deciso di smontare pezzo per pezzo il solaio ligneo della sala al piano terra e di ricavare nelle travi principali lo spazio utile per inserire robuste travi portanti d’acciaio. Ora la sala è in grado di sopportare un carico accidentale di 500 kg per ogni mq. Le travi principali di legno non erano in buone condizioni in corrispondenza degli appoggi perché attaccate dai tarli. Osservando oggi la copertura della sala al piano terreno non ci si accorge assolutamente dei lavori eseguiti. Le strutture lignee oggi visibili non hanno più alcuna funzione portante. Per quanto riguarda la copertura del secondo locale venne utilizzato un metodo diverso. Dapprima si pensava di


ricostruire la volta a botte lunettata, ma durante lo smontaggio della struttura emersero segni di precedenti interventi:vennero scoperte delle travi in elementi precompressi messe in opera dai precedenti proprietari perché la copertura non era affidabile. Sondaggi più accurati per accertare la consistenza e lo spessore degli appoggi della copertura hanno portato alla scoperta di una primitiva decorazione geometrica che era stata nascosta dalla volta. Le decorazioni scoperte erano la dimostrazione che quella copertura era un rifacimento di epoca posteriore. Si decise di intervenire con una copertura piana in laterocemento collocata su di un solaio in legno utilizzato come cassero a perdere, soluzione adottata per le coperture degli altri ambienti. Come impianto di riscaldamento è stato scelto quello a pannelli radianti posati sul pavimento:questo tipo di sistemazione è stato adottato per quegli ambienti che conservano gli affreschi, allo scopo di non installare nei locali corpi scaldanti ad elevata temperatura. Per quanto riguarda l’impianto di illuminazione sono stati scelti materiali e corpi illuminanti della ditta ERCO, una società specializzata nella risoluzione dei problemi di illuminazione dei musei. Questa ditta, ha fornito gli impianti di illuminazione nei più importanti musei di tutto il mondo tra cui i Musei Vaticani ed il Louvre. Per il pavimento vennero utilizzate piastrelle in cotto della ditta IL FERRONE di Impruneta. Con i summenzionati lavori e con l’incarico affidato alla ditta di Bruno Giacomelli di Sesto Calende per il restauro degli affreschi si concluse una fase importante perché si esaurì l’intera somma di 1,8 miliardi di lire. La seconda fase che ha completato il restauro del Castello - con la sistemazione degli altri 500 mq della parte meno antica -iniziò poco dopo perché venne presentato il progetto esecutivo dallo studio Albini-Helg-Piva.


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