Alcune stazioni di posta in val di Crati. Vetturini e briganti.

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Flaviano Garritano ____________ Le stazioni di posta ai tempi dei briganti e delle diligenze. Alcuni esempi in val di Crati lungo la cosiddetta via Popilia.



Le vie di comunicazione rappresentano lo sviluppo dei territori.


Quaderno n. 16 Settembre 2019 Stampato in proprio www.issuu.com www.academia.edu


Sin dall’antichità affrontare un viaggio era sempre un rischio: sia per il pericolo di essere derubati ma anche, come in alcuni casi, per la propria vita. Le strade impraticabili, alcune erano delle mulattiere, la mancanza di ponti per l’attraversamento dei fiumi, il pericolo di contrarre malattie quali la peste o la malaria, erano tutte cause probabili di epiloghi tragici per il viandante. In Calabria, o meglio nel Regno delle due Sicilie, la situazione era veramente precaria per quanto riguardava la viabilità; chi doveva recarsi a Napoli per lavoro o per studi affrontava il viaggio la maggior parte delle volte per mare con il battello a vapore da Paola a Napoli che, seppur meno rischioso, durava molto, circa un mese, ed in condizioni pessime (caldo, luoghi angusti, poca igiene ed il mal di mare). Viaggiare invece con le diligenze era un viaggio che si sapeva quando si iniziava ma non si sapeva quando finiva, e come finiva! In questo opuscolo mi soffermerò in particolare sulle stazioni di posta1, in particolare una che è ancora in piedi nella val di Crati (vedi foto copertina) vicina al torrente Finita e situata lungo la via Popilia nel Comune di Lattarico, molto vicina all’attuale stazione ferroviaria di Torano Castello. Un grosso casolare con Le stazioni di posta furono istituite da Ferdinando IV di Borbone nel 1778. 1


quattro torrette angolari, per sventare eventuali assalti di briganti, e due grossi portoni che servivano per far entrare le diligenze e cambiare i cavalli; questo è quello che ne rimane oggi. Vivendo oggi in una società frenetica in cui le abitudini e le condizioni di viaggio sono totalmente cambiate non ci avrei mai pensato che questo grosso casolare in mezzo alla campagna un tempo poteva essere così importante.

La vecchia sede stradale che seguiva il tracciato della carrozzabile delle Calabrie.

Molte volte vi sono passato con l’auto e mai mi sono chiesto cos’era finché un giorno mi trovavo con l’amico Pietro, che conosce bene tante cose del nostro


passato, e mi parlò di una storia di un brigante che si nascondeva in quel casolare. A quel punto mi si aprì un mondo, un salto a ritroso nel tempo. Ma facciamo un po’ di ordine! Le stazioni di posta, come quella in copertina, erano usate per il cambio dei cavalli delle diligenze postali così da permettere la continuazione del viaggio con cavalli freschi ed arrivare presto a destinazione, oltreché per consegnare documenti e lettere ai vari destinatari.

La stazione di posta dove si nascondeva il brigante Mosciaro situata vicina al torrente Finita.


Nelle stazioni di posta i procaccia si scambiavano la corrispondenza ed ognuno ritornava al proprio paese con il suo calesse o il proprio cavallo; erano costruite ad una distanza costante l’una dall’altra, ogni stazione di posta era a circa otto miglia geografiche ed erano ubicate lungo la via Popilia. Per viaggi circoscritti la diligenza pubblica era il mezzo più economo, ma il modo migliore per viaggiare era quello di servirsi della propria carrozza ed usare i cavalli di posta, in modo tale da averne sempre di freschi e riposati per continuare il viaggio. Vista l’orografia del nostro territorio era opportuno scegliere sempre una carrozza robusta e leggera in modo tale da poter attraversare facilmente anche i territori di montagna e risparmiare sul numero di cavalli di rinforzo. La stazione di posta veniva chiamata anche rilievo e con l’arrivo delle autovetture il servizio delle stazioni di posta fu sostituito dagli autobus detti appunto postali. In oriente questo servizio era organizzato già da tempo e si chiamava Caravanserraglio, utilizzato per le soste della carovane che attraversavano il deserto. In questi luoghi si incontravano persone di diversi luoghi con diverse culture e conoscenze, ciò permetteva lo scambio di idee con chiaro vantaggio per lo sviluppo delle conoscenze; ciò che è mancato proprio qui da noi al Sud con il mantenimento di retaggi del passato fino ai giorni nostri quando grazie alle nuove tecnologie si stanno abbattendo le distanze fisiche e le informazioni circolano liberamente.


Vincenzo Padula scrive nel 1865, subito dopo l’unità d’Italia, che “la costruzione della postale2 fece nascere nelle terre e nei villaggi collocati lunghesso quella, la classe dei carrettieri e calessieri” 3. Inoltre dal Padula apprendiamo anche altre informazioni specifiche in quel periodo riguardo proprio alle stazioni di posta ed alla situazione dei mezzi di comunicazione, infatti nonostante ci fossero in tutta la provincia di Cosenza quarantaquattro carri (oltre quindici napoletani fatti venire dall’appaltatore della salina di Lungro), il numero dei calessi invece era notevolmente minore ovvero appena nove e lo stesso Padula ci spiega pure il motivo che era da imputare al fatto che “…l’unica strada carreggiabile sia la postale, e questa delle quattro dominanti dei circondarii non unisce che tre, toccando lungo il suo corso , tranne due o tre terre, villaggi e borgate scarse di abitatori e di traffici”. Queste poche righe del Padula ci fanno capire anche qual era la situazione dei commerci legata ai trasporti e la mancanza di strade percorribili era l’esempio che l’economia locale ne era fortemente penalizzata; la mancanza di strade carrozzabili poneva i paesi del circondario fuori dalle rotte commerciali con grave discapito per la vita economica degli stessi abitanti costretti a vita grama e dove il povero doveva subire continuamente le angherie dei ricchi baroni locali, 2 3

La strada carrozzabile. V. Padula, Persone in Calabria.


latifondisti e conservatori. A tal proposito non capisco come ancora qualcuno parla di Regno delle due Sicilie all’avanguardia, basta leggere e documentarsi con dati di fatto concreti, reali e tangibili della situazione di allora. La Calabria era isolata dal resto del mondo con comunicazioni e mezzi di trasporto quasi inesistenti, anche brevi tragitti richiedevano tempi lunghissimi e pericolosi. Adesso torniamo alle parole del mio amico Pietro: il brigante Mosciaro. L’amico Pietro, passando davanti a questo casolare mi raccontò che questa zona era nota come luogo di ritrovo di briganti, in particolare perché si poteva incontrare il brigante Mosciaro che assaliva e derubava i viandanti e le carrozze. La zona della stazione di Posta, situata vicino al torrente Finita, era molto boscosa ed era luogo ideale per i briganti che vi si potevano nascondere per assalire chi vi passava. Lamonaca Savino nel suo opuscolo4 sul paese di Regina conferma e scrive tutto quello che mi aveva detto Pietro. La comitiva di Masciaro assaliva, derubava ed in alcuni casi uccideva i viandanti che passavano in prossimità della stazione di posta situata vicino al torrenete Finita; secondo Lamonaca alcune volte i briganti della comitiva di Masciaro, ingannando i viandanti, li invitavano nel Lamonaca S, Regina e la sua storia, Cosenza, Mit, 1982, p. 131. 4


casino (che prima era stazione di posta) e dopo averli fatti mangiare e bere li uccidevano per rubare tutti i loro averi; così continuarono per diverso tempo fintantoché una di queste persone che avevano imprigionato nel casolare riuscì a scappare, avvisata un bel po’ di gente circondarono il casolare ed uccisero la banda dei briganti. Il brigate Mosciaro era ben conosciuto dalla gente della zona ed era molto temuto, ancora oggi gli anziani si ricordano il detto: chi passa per Finita senza essere rubatu, Mosciaro o è muartu o è carceratu. Il casolare oggi è una proprietà privata della famiglia Solima o Solami. In conclusione possiamo dire che dopo qualche secolo dall’istituzione delle stazioni di posta la situazione al Sud non è cambiata di molto per quanto riguarda le vie di comunicazione se confrontata con altre regioni d’Italia, tanti sono gli esempi di arretratezza di questa terra, un divario economico dovuto non solo alla mancanza di strutture ma anche alla scarsa voglia del calabrese di cambiare lo stato delle cose, e chi non si è adeguato è emigrato! L’emigrazione oggi più che mai è il vero male del Sud con paesi e realtà completamente svuotate, una piaga che ha creato dei paesi fantasma. Concludo con le parole di Vincenzo Padula: “…l’uomo si conforma agli obbietti, tra cui versa: hanno dell’asino, e del mulo, forzuto, cocciuti, impertinenti”.


La locanda del procaccia di Ferramonti di Tarsia (Fonte Marchianò Franco),


Quella che doveva essere la stazione di posta Posteraro a Mongrassano scalo. (Fonte Franco Marchianò).




Stazione di posta nei locali dell’abbazia della Matina a San Marco Argentano.


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