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Anno V N. 39-40-41-42 26.09.2009 www.filotea.info

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I CRISTIANI E LA FATICA DI PENSARE

Se noi risolviamo i problemi della fede col metodo della sola autorità, possediamo certamente la verità, ma in una testa vuota! (San Tommaso) Morte e vita si incrociano nel fluire del tempo. Una bella riflessione sul tempo è quella che fa Domenico Pezzini, sacerdote e docente di lingua e letteratura inglese medioevale, nel suo libretto, Nel fluire del tempo, pubblicato da l’Ancora. E’ dalla percezione del tempo che prende il sopravvento in noi che dipende come viviamo il tempo e come ne parliamo: “Il tempo sta, come ben dice il poeta gallese Dylan Thomas, tra l’onnipotenza e il nulla, tra la percezione di un bene gratuitamente offerto e tutto a nostra disposizione, e un limite che vi si stringe attorno come una prigione da cui non si può uscire. Memoria come riflessione, desiderio come intenzione, il presente come attenzione. Tre nodi centrali su cui si sviluppa una interessante riflessione. Nella memoria biblica, ci si rende conto che la Bibbia è un racconto in cui si muovono delle persone, con i loro comportamenti, i loro grovigli di sentimenti. Al centro della celebrazione eucaristica, poi, c’è un comando preciso: “Fate questo in memoria di me”. Se la riflessione guarda indietro, il desiderio guarda in avanti. Il tempo futuro, che sembra non esistere, è in realtà già nel presente in quanto energia trainante. All’incrocio tra la riflessione e l’intenzione sta l’attenzione, nel tempo presente. “Se siamo creature smemorate, se non coltiviamo e proteggiamo i nostri desideri, saremo anche naturalmente ‘dis-attenti’: niente interessa seriamente, niente piace davvero, niente cattura la nostra attenzione. O saremo ‘dis-tratti’,

Punto di vista Nel fluire del tempo cioè trascinati qua e là verso obiettivi fasulli, correndo il rischio della dissipazione, o della dissoluzione della persona. E’ chiaro che il presente si salva, o si redime, solo se lo si tiene ben dentro il flusso del tempo, se non si dimentica da dove si viene e dove si va, se alla luce dell’esperienza si correggono errori di impostazione, se rimanendo nel fascino del progetto, o della ‘visione’, si trova la forza di superare momenti di stanca che portano o ad arrestarsi o a volere, inutilmente, tornare indietro”. Filotea


In libreria

problemi, per le rivalità politiche dei genitori dei due giovani e per le evidenti connessioni con i poteri economico, giudiziario, giornalistico e politico dell’isola, una rete così solida - rizzaglio è una rete a forma di campana - cui è difficile sfuggire perché i piombini che girano tutt’intorno la portano a fondo e poi una corda la serra e dentro ci restano i pesci.

Nora Possenti Ghiglia, La portinaia del buon Ulrich Beck, Il Dio personale. La nasciDio. La biografia di Leletta d’Isola, Ancora, ta della religiosità secolare, Laterza, 2009, 16,00 euro 2009, 16,50 euro “Non deve essere facile scrivere la vita di Leletta d’Isola. Mancano infatti nella sua vita grandi eventi sociali o ecclesiali a cui lei abbia preso parte con una funzione di leadership. Tutta la ricchezza di questa meravigliosa creatura sta nel suo intimo, nel suo donarsi a Dio sempre più profondamente, nella sua capacità di ascoltare gli altri, i loro problemi e le loro sofferenze e di dare a tutti una risposta giusta, ben calibrata, tale da poter essere percepita.” (dalla Prefazione del card. Martini). Con questo volume l’autrice riesce nel compito di tracciare la biografia di Leletta, “un’anima di fuoco”, una contemplativa nel mondo, una guida spirituale al femminile. La portinaia del Buon Dio, come si definiva. Andrea Camilleri, La rizzagliata, Sellerio, 2009, 13,00 euro La vicenda ruota attorno alla redazione della RAI siciliana. Il direttore, Michele Caruso, tralascia di dare la notizia dell’avviso di garanzia a Manlio Caputo, figlio del leader della sinistra siciliana, accusato dell’omicidio della sua fidanzata, Amalia Sacerdote, anche lei un cognome importante perché suo padre è il segretario generale dell’Assemblea Regionale Siciliana. La ragazza è stata trovata morta a casa sua con il cranio fracassato da un pesante portacenere e quel cadavere crea non pochi

Nazione, religione e violenza; un triangolo fatale ha caratterizzato il XIX secolo ed è culminato nelle esperienze delle guerre mondiali del XX. A questi pericoli, tutt’altro che svaniti, si sono sovrapposti, rafforzandoli, i fantasmi di una possibile guerra atomica e, in generale, della società globale del rischio. Oggi il mondo globalizzato presenta zone di conflitto sociale e religioso molto più estese e diffuse che in passato: c’è minore accordo sulla regolamentazione della sessualità, sul valore della libertà e dell’autonomia individuali rispetto alla comunità e nessun accordo sull’urgenza del rischio derivante dal terrore; perfino le minacce della catastrofe climatica o il valore della vita umana sono oggetto di scontro di fedi. Come possono le religioni universali contribuire a spegnere la violenza religiosa che imperversa in Europa da almeno cinquecento anni? Forse, sostiene Ulrich Beck, la religione oggi non è più soltanto parte del problema ma anche della sua soluzione. Nelle società occidentali, che hanno ormai interiorizzato l’autonomia dell’individuo, si sta infatti sempre più diffondendo una nuova forma di religiosità, indipendente dalle Chiese ufficiali e legata al progetto di vita e all’orizzonte di esperienza della persona.


Di chi parliamo, quando parliamo di... “soeur Emmanuelle”

Intervista a soeur Emmannuelle l’anno precedente la sua morte

Dalla intervista a Soeur Emmanuelle, a cura di Viviane Chocas in “Le Figaro” del 21 ottobre 2008 (traduzione di http://www.finesettimana.org/ ) Spirito sveglio, parola chiara: cinque giorni prima della sua scomparsa, Soeur Emmanuelle parlava a ruota libera della vita e della morte. Quella vita che l’ha “appassionata”, quella morte di cui diceva di “non aver paura”, anche se temeva “ciò che la precede”. Confidava ancora, ridendo, di essersi messa d’accordo con la Madonna ”. Un’intervista-testamento riassunta in queste parole: “Basta amare.” L’ultima volta che ci siamo viste, due anni fa, lei aveva insistito su questa frase molto semplice: “Siamo tutti diversi, siamo tutti da amare.” Amare di più, è la sua ricerca permanente... Ero abbastanza giovane quando sono stata colpita da questa frase di Bernadette Soubirous: “Basta amare.” Quelle semplici parole. Amare Dio, lasciarsi amare da lui, e quell’amore... darlo ai propri fratelli e sorelle. Basta amare. Sant’Agostino diceva: “La misura dell’amore è... ...è amare senza misura”. È così vero! Bisogna amare senza misura. Se no, non funziona. Se si pensa sempre a sé... Lascia perdere il resto! Basta amare con tutta l’ani-

ma, con tutta l’intelligenza, con tutto il proprio essere. Si impara? Si sviluppa a poco a poco. E dà una vita estremamente bella. La misura cresce man mano nel tempo. Ma amare non è una cosa così semplice. È un soffio... Un soffio? È appassionante lasciare che questo soffio ti porti via. È un fatto di respirazione? In fatto di inspirazione! Cioè... Ho l’impressione di aspirare Dio, lo respiro... e lo traspiro (ride). È molto umano questo. Si ama con la testa, col cuore, col corpo... Sì, si ama con tutto il proprio essere di carne. È bello questo. Dà alla vita un rilievo straordinario. Ha imparato anche ad amare se stessa? È importante amare se stessi? Non è facile amare se stessi, non mi è molto facile, perché sono conscia dei miei difetti che mi impediscono di amare con tutto il mio essere. Questo è il problema. Vorrei sopprimere tutti gli ostacoli, passare oltre per amare. Sono prima di tutto interiori, personali, questi ostacoli? C’è di tutto. Delle cose che possono venire dalla per-


Breve biografia di soeur Emmanuelle Nasce a Bruxelles nel 1908, di origine ebraica, e muore nel 2008 in Francia. Dopo aver vissuto il trauma della morte del padre sotto i suoi occhi e la giovinezza tra Parigi, Londra e Bruxelles, sceglie la vita religiosa di Notre-Dame de Sion, Madeleine Cinquin prende il nome di soeur Emmanuelle. Insegna a Instanbul in Turchia, in una scuola per ragazze di un quartiere povero della città. Qui si ammalerà di tifo. Superata la malattia, sarà trasferita in Tunisia, dove deve occuparsi delle figlie dei francesi che hanno colonizzato il paese. Cade in una leggera depressione e rientra a Parigi, dove si laurea in lettere alla Sorbona. Dal 1964 al 1971 è trasferita in Egitto per insegnare in una scuola di Sion ad Alessandria. Anche qui per lei l’esperienza è negativa, perché le allieve vivono fuori dal mondo. Smette di insegnare e comincia ad occuparsi delle ragazze di un quartiere povero. Nel 1971 va in pensione come insegnante, vorrebbe partire per il lazzareto di padre Damiano, con i lebbrosi de Il Cairo, ma non ci riesce. Allora, in accordo con la sua congregazione, decide di andare a vivere in una bidonville de Il Cairo in Egitto. Qui, collaborando con le chiese locali, dà vita ad una comunità di persone e ad una serie di progetti nel campo della sanità, dell’educazione e del sociale in genere. In Francia sarà ammiratissima dopo il suo libro Chiffonière avec le chifonniers, del 1977, pubblicato in Italia nel 2009, Straccivendola con gli straccivendoli. sona stessa, se non è molto simpatica, o da sé, quando si è un po’ stanchi, o si manca di coraggio. Cristo ha amato gli uomini fino in fondo, è nel Vangelo. Prima della sua passione, della sua morte e resurrezione. Basta amare fino alla fine. Non è così semplice! Lei ha lottato nella sua vita perché questa voglia di amare non era così forte in lei? Certo, perché non mi sforzavo abbastanza. A poco a poco, ho cercato di fare meglio, e un po’ ci sono riuscita. Per resistere tanto e raggiungere fra poco 100 anni, lei ha dovuto proprio amarlo questo mondo! Se non l’avessi amato, sarei arrivata alla stessa età! Non è questa la questione. La questione è che amare la vita dà alla vita stessa una colorazione molto bella. Appassionante. La vita l’ha sempre appassionata? Ogni minuto ci porta qualcosa di bello da fare, o dentro di noi, o pregando, o con gli altri. In Europa ho constatato una sorta di noia. L’Europa è triste. Tra gli straccivendoli del Cairo, questo non esisteva. (Scusa la parola, ma tutti sghignazzavano) Ridevano tutti. Rientro in Europa nel 1993, pensando che la vita sarebbe stata meravigliosa e mi imbatto in persone che non smettono di lamentarsi. E del tempo, e del parente, e del marito, e della moglie... di tutto! (ride) Quegli anni al Cairo sono stati gli anni più belli per lei? Gli anni che ho passato nella bidonville con gli straccivendoli, sono stati una meraviglia... Non c’è niente che possa essere paragonato a quel periodo. Perché l’ha portata all’estremo? Perché mi ha portata ad avere dei rapporti molto buoni, molto forti, con Dio prima di tutto, e con gli uomini. Come Gesù bambino, a dare con una mano e a ricevere

con l’altra. In che modo la preghiera la aiuta? La preghiera è il mio respiro. È tutto per me. È la preghiera che mi dà la forza di vivere, e di cantare nel mio cuore. E la lettura? Continua a leggere, vero? Anche il giornale? Naturalmente, leggo il giornale La Croix tutti i giorni, leggo i titoli e gli articoli che mi interessano. Perché questo gusto, sempre, dell’attualità? Perché esisto. Noi esistiamo. Desidero sapere ciò che succede nel mondo per prendere tutto nel mio cuore, e offrirlo a Dio. Ci pensa a quel momento? All’incontro con Lui? Ci penso molto. Mi dico: “Emmanuelle, ancora un po’ di pazienza.” Quello che mi interessa è il momento dell’incontro. Questo sì, è bello. Come diceva il nostro padre fondatore, la morte è il più bel giorno della vita. Il giorno in cui, finalmente, la fidanzata vede il fidanzato faccia a faccia, il bambino suo padre, la sposa il suo sposo. È il più bel giorno della vita. Mica male, eh? Significa che lei lo aspetta senza paura? Arriva a questo? Non ho paura della morte. Ma di ciò che la precede... Per quello... non sono sicura. Ma, insomma, mi sono messa d’accordo con la Madonna : prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte: l’ho detto milioni di volte, mi rimetto a lei, non mi preoccupo.


Viviamo la Parola di Dio

XXX Domenica - Coraggio, alzati!

Ger 31,7-9/Eb 5,1-6/Mc 10,46-52

[Dal sito www.tiraccontolaparola.it]

Dio è venuto per insegnare agli uomini ad essere a servizio gli uni della gioia degli altri, lui, il Maestro, si è fatto servo perché imparassimo a mettere i nostri carismi a disposizione degli altri fratelli e sorelle. La lunga riflessione del vangelo di Marco volge ormai al termine e Pietro, maestro di Marco, ci ha fatto, nelle ultime settimane, una straordinaria catechesi sull’essere Chiesa. Il mondo, il nostro mondo, stanco di maestri, ha bisogno di testimoni. Nauseato dalle parole e dalle immagini, ha bisogno di gesti autentici e di ascolto. Sconfortato dai litigi, cerca qualcuno che, davvero, voglia costruire senza contrapporre sempre, a prescindere. In queste settimane in cui abbiamo riflettuto su cosa Gesù chiede alla comunità dei propri discepoli, ci siamo accorti della nostra fragilità, del grande divario tra il desiderio e la realtà, tra le troppe lentezze e incoerenze che abitano il nostro cuore e il grande sogno di Dio che è la Chiesa. Eppure: è proprio a noi che il Signore chiede di essere testimoni, a noi di diventare segno, di mostrare con la nostra vita – un poco almeno! – che la luce può attraversare i nostri cuori. Cecità Il cristiano è un cieco e un mendicante, come tutti. Come tutti sta ai bordi della strada della vita, tende disperatamente le mani per avere di che vivere: attenzione, affetto, approvazione. Spesso, però, il mondo lo invita a tacere, a non disturbare, a lasciar perdere, a rassegnarsi. Anche Dio – ci dicono – in fondo è infastidito dai nostri lamenti. Se insistiamo, se urliamo più forte, ad un certo punto sentiamo che Gesù, il Nazareno, il Figlio di Davide, ci chiama e ci incoraggia. Qualcuno, un discepolo, un amico, un evento, ci ripete: “Coraggio! Alzati, ti chiama”. Ci fidiamo (i fratelli che ci invitano ad avere coraggio lo fanno con amore e disinteresse!), ci alziamo dalle nostre paralisi, abbandoniamo le nostre incommensurabili paure, gettiamo il mantello della lamentela e siamo raggiunti dal Signore. Il Signore, oggi e sempre, ci chiede cosa vogliamo da lui. Potremmo chiedere mille cose: fortuna, denaro, affetto, carriera. Chiediamone una sola: la luce. Luce: che importa avere fortuna se non sappiamo riconoscere chi ce l’ha donata? Luce: quanto denaro serve per colmare il cuore incolmabile di desiderio? Luce: quante volte l’affetto diventa oppressione e dolore? Luce: che ci importa diventare qualcuno se restiamo tenebra? E accade: il Signore ci ridà luce agli occhi e al cuore. Ora, illuminati, possiamo diventare discepoli.

Illuminati Bartimeo è rimasto lo stesso, la sua vita non cambia ma, ora, ci vede, ora sa dove andare, ora si mette a seguire Gesù. Il cristiano vive le difficoltà e i problemi di tutti, non è diverso, né migliore, solo ci vede alla luce del vangelo. E le cose non fanno più paura, il buio è sopportabile, il Signore ci cambia la vita. Ecco cosa dobbiamo annunciare: c’è qualcuno che ti ridona luce, che ti permette di vederci chiaro, e questo qualcuno è Dio. I discepoli di Gesù, nei primi anni, venivano chiamati in diversi modi: i “Nazareni”,“coloro che seguono la via” e, ancora, gli “illuminati”. Non dobbiamo portare una nostra luce, solo restare accesi, abbracciare stretti il Vangelo e il Maestro per ricevere da lui luce e pace. Nelle tenebre fitte del dolore diventiamo capaci di comunicare luce, non la nostra ma quella del Maestro. Il cristiano diviene, come Bartimeo, colui che grida che Gesù, il Figlio di Davide, lo ha guarito, incurante dei rimproveri di chi gli sta intorno. Il cristiano racconta, narra, le opere di guarigione interiore che ha avuto, attento più a testimoniare la straordinaria generosità di Cristo che a soffermarsi sulle proprie povertà. Il cristiano è attento alle mille cecità, ai mille mendicanti di senso e di felicità che incontra sulla strada. “Coraggio, alzati, ti chiama!” Il tempo è gravido e, come Gesù, sentiamo compassione della folla che vaga come pecore senza pastore. Nella nostra povertà, nelle nostre debolezze, popolo di riconciliati, non di professionisti del sacro, raccontiamo, mettendoci in gioco, dell’incontro che segna la nostra vita. Solo così Gesù arriverà a scaldare i cuori di altra gente. Non bastano e non devono bastare i preti, a servizio della comunità, certo, ma non detentori dell’annuncio. No: nelle fabbriche, nei bar, nelle discoteche, nelle scuole, nei condomini, lì dove la gente vive, soffre, lavora, discute, ama, lì deve esserci un cristiano che illumina con la sua presenza. Lì può esserci un cristiano che con i suoi gesti smonta la falsa idea di un dio noioso e rompiscatole che purtroppo abita la coscienza di molti battezzati, per lasciare spazio alla seducente immagine del Dio di Gesù Cristo, Padre ricco di tenerezza e di perdono. La Chiesa italiana, tutta intera la Chiesa, può e deve recuperare l’essenziale dell’annuncio, senza salire sulle barricate, ma dicendo ancora all’uomo mendicante di bene, di senso, di felicità: “Coraggio, alzati, il Signore ti chiama!”.


Idee per mettersi in viaggio

Assisi - La cittadella www.cittadella.org

9-13 novembre 2009 Come nasce una chiesa (Atti 1,15) esercizi spirituali tenuti dal biblista Giancarlo Bruni, della Comunità di Bose 26/29 novembre 2009 Noi e gli altri. La sfida della interculturalità alla filosofia. Seminario di filosofia Monastero di Camaldoli www.camaldoli.it 3-7 dicembre 2009 XXX Colloquio ebraico-cristiano Le vie del dialogo. Esperienze di dialogo ebraico-cristiano oggi in Italia Filotea Libreria cattolica editrice Registrazione Tribunale di Aosta n. 3/04 del 17.03.04 Foglio settimanale Direttore responsabile Cristina Lordi Stampato in proprio Aosta - Via Hotel des Etats, 17 Tel. 016544527 / 3355265761

Fraternités monastiques de Jerusalem (in francese) http://jerusalem.cef.fr 2 marzo - 5 marzo 2010 - Vézelay Lectio divina: souffrance des hommes et compassion de Dieu I ritiri online durano circano una settimana e propongono un programma quotidiano inviato via mail. Le “routes” si svolgono su un periodo più lungo, come l’avvento o la quaresima e prevedono un programma settimanale di invio di mail. I percorsi biblici non prevedono né momenti particolari né l’invio di mail, ma solo la lettura guidata di un libro della Bibbia.

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